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ABA 1 A Delle frascherie.
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7 aSun t homines,
QuiC uld
Fa-
gaudia, discursus,
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1
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1fisT
1651.
V0 ^?uPtas,
votum,
ag LÌbellÌ
T
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In
16, picc.
fi
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In Venetia Per M.
m. p. con ang.,
fr. lett. oro
c.c. n.n. pagg.
leg.
SU1 piatti e cord.;
SI?,
bella antxp. allegorica
8
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j.
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L. 6.000
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'{Vedi Passano)
NAZIONALE
FONDO
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DORI A
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NAPOLI
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17
FRA SCHERIE
D
I
ANTONIO ABATI
Fafci Tre.
Quicquid agunt homines
timor
Gaudia ,
,
,
votttm
>
ira, voluptas ,
dtfcurjus
>
Farrago
noftri eft
Libelli
.
IuucnaL Satira prima..;
"
///£
Per Matteo Leni
Co» Licenza, de Superiori ,
e Triuilegij
Del Sommo Pontefice. Del Rè Cattolico nello Stato
Milano Della Sereniflìma Repulsa di Venetia ,
.
e
di
Genoua , e d’altri Potentati
•
di
,
A,L V
,
ILLVSTRISSIMO
Et Eccellentiflìmo
Signor mio Padron Colcndiflimo
Il
Signor
DON LVIGl DE BENA VIDES
Cariglio , e T oledo
Marchcfe di Fromiftà , e di Caratila *
Conte 4Ì Pinco
Del Configlio fupremo di Guerra
Maeftà Cattolica,
della
9
Suo Gouernatore , e Capitan Generale
dello Stato di Milano,
E all’HercoIe di Lindo
offriuagiàvn Popolo
maldicen
ze , non farà ftrano
ad vn’Heroe d'Herculea Fortezza , come V. E. è , facrikhi
boggi la mia Satira Vittime di
fàcrificij di
n
detrai-
1
; Efoerto almeno, che
Natura del tributo haurà gran
proportione con le doti dichilo
riceue Le cen Ture Saffiche fpeC
detrattioni
1
la
.
d’vn poètico fiirore ^arrotano, eie Virtù militari di V.E.
alla cote d’vn gcnerofo fde^
gno s’ aguzzano 5 oltre che dall$
Satira fon lacerati come nemici *
i Viti * e da vn Guerriero Ilio pari
j
fon combattuti»* come viti j , i Nemici ì Nel rdlo [‘ombre delle mie
fo
all* ira
.,
ìmperfcttioni in quefte carcc
fa-
ranno elprimere maggiormente
le luminofo differenze di Lei. I Vi**
ti j, Ch’io prendo à dannare, foiLi
finti i e le Virtù, che nell’ Eccelli
Voftra
Quefto
^ammirano
L
brò per
*
fon vere^
gli oggetti
*
vi^-
tioflèhe rinchiiid&nUriti lecoftdànttógioni de buoni , e le vitali-
momenti 5 ed eiia
tà de
<
..wj
1
per ie impref-
-
r
,
prdfioni valorofe, che ha fecò^
mentà le publiche lodi della Fama j e decerne memorie de* Secoli i
Dirò quello lòlo in elpreffione d*
le
n
o
f
r-
vna verità impaciente
&
Che
di lilentió.
cotefto ampilfimo Stato da*
Vna fòla fatica dell* E* V. tutta là*
Tua quiete riconofce Se Cremona
la
.
il
fu edificata à parer di Tacito, cò-
ri
me
e;
trans ^Tadum agcntcs
,
propugnaculum aducrjus Gallos
>
no della Maellà
Iac
%
Galli, le
altri
Cattolica per di-
fela di quella Frontiera
te
contra
i
non la Froncecoraggiofil
u
deirEccell. voftra , eh' è l’Idea del
[I.
Coraggio Spagnuolo
>
<
f
ii-
ì-
Con
doueuacontraporfi dal prouido cen-
ie
i*
non
aufpici j
dunque di
si
Sotto gli
gloriole In»
fègne vien hoggi à militare coiiil Tempo, efJnuidia larmaSatira la quale, perche nudà^d’ or^amento Uà in atto di troncar Le-
tra
»
.
‘
.
.
gni inutili nella Campagna, c bramosi di trouare lòtto l'ombre del
filo Priuilegiato Tronco i ricoueri, quando le Icoppiaffero ingiurie
i
Cieli,e di
godere la vicinanza
del filo minacceuole Scettro, qua-
do le buratterò à
tergo
i
Mattini
IlSig DiegoGera,ch'è vn pierofò regolatore dogai mia Fortuna,
lucrando all' Eccell. Voltra le mie
riuerentjffime preci jcl’obligatio-
ni , douute alle file Gratic , fi degnerà, come miltico Sacerdote,
d’offrire à V. E. , eh* è vn Nume
propicio a’ miei voti, quelli Fogli
d'impreffadiuotione, checonlàall’ E. V .
cro hora al fuo Nome ,
humililfimamente nV inchino
&
Di Venetiaadi
S.
Ottobre 165 r.
D.V.E.
tne
m*
m*
Hum, din.
&
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’l
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oblig. Serti.
Antonio Abati .
Digiiized
by,t
.
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L’ ABATI
AL LIBRO.
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la fpunta
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u
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ia»
lie
o
le-
e»,
ic
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y.
p
la
homai »
pigritie al
tua Luce ,
ò Libro .
camino Affretta
palli ;
pompe ; e molto mepremendo vie non legnate da humanoveffigio> Tei certo, che non
ti mancheranno fterponi» che ti sferzino, pruni , che ti pungano. Oh quanti Libri fon’ hoggi,
il
Pellegrinaggio non vuol
no deui
hauerle tu, che
che peregrinano con la Giornea d*vn bel Titolo ; c fra gl’ incartati arnefi non hanno poi habito da mutar comparfa, e vefUmento, che*»
groflolano non rta
Sò >che amererti d’hauer teco Compagni, da
confabulare in cammino ; ma non ti verri fatto. Molti ancora dormono; perche non hantardi
»
perche il Viaggio loro è più corto del tuo : & altri precorfero i tuoi mouimetiti col notturno
raggio; perche fi vergognano d’erter vifti» e
godono di peregrinare alla
cieca.
p
•
•
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y
1
*
Non
ti
.
cu-
rar
'
•
/ •
i
che fe’l tuo Viaggio tende i gloriola
potrefti giugner di notte; perche alla_^
Gloria non mai , che neH’Occidente s’arriua
Non badare d raffazzonarti molto; perche
meta,
no Pellegrini glTngegni . altri vfeiranno
li
Sor-
e {limolale fonnacchiofc
•
‘
,
.
,
loro Stampe
rar di quelli ; già che la Luce delle
è come quella d‘vna Prigione fegreta à i Rei »
che più vale à pigliar* aria,ch’d farli vedere .
Non feria gran fatto in quello tuo caminar
folitario, che vrtalfi ne* Malandrini » Non ti
itupire dell’incontro ; perche i Ladronecci han-
no per lo più origini dalle cateftie;
non hd
e chi
robba, va à ruba . Preparati d’ hauer* i pagare
chi ti fa ingiuria; e t’alficura intanto, che anuerrdà’ Ladri , come alla Cornacchia d’bfopa,
che fpogliara delle rapite penne , moffe il tifo i
sbrauet**
i pennuti , ò come quell’ Alino > che
giandofottolamafchera d’vn Cuoio, che Aio
Volpe , che lo riconob, fù derifo dalla
non era
*
al ragghiare .
Spero , che ti conuerrà far tranfito per molte
Città, e’n quelle trouerai , fe ben cerchi qual-
be
•
,
che dotto, e nobile huomó, chenonpouero di
fpirito t’offrirà patrocini),
&
hofpiti).
Imièi
Padroni , & Amici fon pochi ; ma fon tali , che,
per honorarmi , fon rteuro, che ti accoglieranno pellegrino, ti compariranno inefperto, ti ripareranno'lacero,
ti
rilloreranno llanco.
TirammentOjchctuhaigran fembianza
cattino
,
pere’ hai téco vn
Mondo di cofe
Mondo è hoggi poco di buono
fuperbire
,
;
e
,
di
e nel
però non t’in*
s’alcuno t’inalzalfe alle
llelle
,
dicen*
doti, che l’intelligenza de’ tuoi verfì è Phebo,
ò che nelle trafitture de’ Viti; ti porti da Mari
fc .'più corto, fe vuoi lode di celelle Natura , in
Dfgitifed
.
.
cbfc proféflala i A* quei Perfonaggf i
che potino compartirci fplendorc , balena i "tuoi
lumi . A' quegli Amici j che fono trombatoti
del tuo hònòrato talento,. tuona le loro glorie 1
ina:
A’ quei Giganti » che per foprafarti , ardifcono
n
d’ inalzarli > Oué non è dato lord il giiignere *
ia&
°
nk fulmina le tue Satire ;
Nel vagare fra Ingegni ftranieri , e barbari >
Compatirci quei molti * che non intenderanno i
ai
tuoi detti , lóffri quei moltiflìmi , che diranno >
ipc
iion hauer tu l’intendimento loro; confiderà*
ilo)
che non lenza cagione t’ho facto io ragionare à
ueg
npe
cjtiefté tfre
.ci,
•
,
ti
:ftl
noi)
gli Ephefij
Se piaci ad vnó in qualche cofa , di, che per
monefii . fe gli difpiaci in molte , dì » che
palli il veder altri . Telo ftomachi in tutte, di
lui ti
ìoln
ìua!
roi
mit
:hc
rat
tir
cofàggiofamente ì che anch’egli in tutte le par*
ti ti fi naufea . Sempre la tua Fede fari più autentica della fua , perch’è di fctitto * e fon teco
Teltinlomj , che la confermano
Setu corifeguilfi mai accoglienza fui beneuoio labro di qualche Grande, fanne conto, perche
Trincipibus placuific viris non ultima Ictus efl
ed
>
di quegli Afiarchi
I nofiri Perfonaggi
ice
Hor,
t
nè temere i che alcuno d'éfsi habbia parentele
in xMià per imprendere i tuo danno la difela
t'j
, di cui mormorandó vai *
d^uropa , e d’Italia fon ve-
non mentite lodi fon degni; onde noti
cureranno , che in Arte tn fiùga cenfure in que*;
gli Afiatici, che non furono mai in Natura •
I
T.*
ti, e di
?bo
dai
»,i
.
•
,
.
;*:
Chwriu
eris
I{ot»a
Contrettatus vbi
,
donee tc defcrat
mambus fordefcere
vulgi
Caperis, aut tincas pafces taciturnus inerte s ,
+Aut fttgies ticam , aut vnSus mittcris llerdam l
Due cofe puoi fperar di buono , che fé non, yi-
V
urai immortale
, forfè morrai incorruttibile-*,;
perche non ti mancano Sali ; e fe auuerri mai
ch’altri Libri comparifc^no più di te ornati alla luce , forfè niuno d’efsi fari di te più,neceflario alla correttione d’vn' Età corrotta .
f
Inchinati al merito di quel Perfonaggio , d
cui facrafti le tue fperanae , prima di farti conofcerc, edacui traheftii guiderdoni, prima
d’ offrirgli 1 tributi . In quello Secojo vanno
anche al rouefeio i Pianeti ; ondepotrebb’ effere , che tu confeguifst vn giorno dal fuoMar.te quelle beneficenze, che non aflaggiafti ma^
da vn Gioue . Vanne in buon’ hora . Vini lieto
;
c gii che fei parto d’vna Telia* sforzati d’ha-r
uer ccruello
:
j
ì
Addio
i^iui
V.
(Vi
Figlio,
L
lìunm
TITIANO abanq
o
Al Libro.
r
Tbro,tu nafei édefjò .
Ui Non
ti
Ugnar Je in
Proui maligni
Pi Natura
i
teneri Natali
mali,
i Barribìn
Genera Ivuidia à
ndfeere infermi .
i nati Libri i
Vermi .
IL
•
\
t
>
f:oi^ li]
J
\
i
1
IL SIGNOR
lire
JLV1GI FICIENI
Al Libro.
EtCaior de l*Età, Partofèco do (guarda
Nafci con tano in man fono al mio
,
Per combattere , e trar totio codardo
'
„
incatenato al tuo Valor facondo .
*1
s.
HftYjS
2da di palme ficurt
La penna
Che
\
io
non circondo
tua già trasformata in dardo
quagiìt
p
dominando Afro infingardot
Letto in Pindo farai piu che nel Mondo*
Jìogjgi
non s'erge al Ver balga di Paro ,
I
Li ombra fi fìgge di pungente Alloro ;
^ ifcplettri j chtammaejtrii al mondo è caro*
Grato fta fold il tuo ferir canoro
A'Al cupo fen de
Potiti
taffittato Auaro
;
m
ogmjlraf che vtbri , hapunta dioro*
g,i J 3.CI'
LET-
i
f
LETTORE.
I
f
«tetti at*
4S«5**
Tl
ki
ZV quello
\
bf
Critica
Libro di finta
non mi cadde in
mente di peccare cantra
X'
la
vera bumanità di alcuno peperò
molto meno nella Diuimtà di quei
SReligiofiprecetti ,
tore fui fempre.
I
<-
de quali oflerua-
7
i
prò fello dun-
que, che le voci Fato , Defttno, For-
tuna , Sorte , ‘Dei, Jdolt efinuli
fi,
no in quefle Carte puri termini dì
Foeta , e non impuri mottui
UV
0
d! ani-
mo Etbnico.
.
st
77
DELLE
i
mW'
•1
t
r
DELLE
FRASCHERIE
U
FASCIO PRIMO.
\
in
ri
ri
ENAVA
MI
vn feco-
dubbio, s’erail
tirannico, in cui regnaua Ca-
14
ligola, ò’I calamitofo
m
or
l'Afia in
lo, che facea
egli
gelli
1
anhelaua
,
j ^*
4
in cui
d’eflferc. Ifla-jjj^
del Cielo crefceuano di pari grado
il
conl’humane ingordigie, comene'corpi
.infermi con l'ardore d'vna febre s’auanza
$
»•
anche la fete.
E
perche, à parer di Solone,
non fa mai guerra , la difuguaglianza de gli humori hauea cagionata sì
2
«
PIutf
l’egualifà
i 5
ì
beUicofaintemperiealle tranquillità dell.Afia > che pareuano rinouate à' fuoi irrepa^
A
rabili
i
HE
, ,
Delle Frafcherie
rabili efterminij le riuali opprelfioni
Mitridate, e d’vn Siila
.
d'vn
A molti Grandi
quali pareua tolto reflfcre, perche
loro la potenza di fare,
altri
,
à*
mancaua
alimentinoli
,
rimaneuano,chc
sii
& à molti Sudditi
,
i
rimafugli de'Sudditi
le cui faticofe
induftric
erano cotidiani facrificij a’Padroni, non reftaua altra cagione di viuer lieti, che il non
!
hauer più da perderete più da temere. Intanto,perch’è natura de’mortali loflferuarc
f
con occhio tomo le profferita imperiofe,
fembraua apri ma fronte vn refrigerio del
trauagliato Vulgo, poter vantare co Yuoi
maggiori vna confinile proportionc nelle
!
difauuenture; mentre la Fortuna , auuezza.
à baleftrare
i
percoiTc,da
lei
^riuati
,
con le
Grandi , la vi-
qualifìcaua
fcgnalate
sii i
lipefa conditione de’ fuoi colpi
volgari.
Era vn folazzo de’miferi, il veder depreffi
ed auuallati quei Monti , che poco dianzi
nella penofa vallea de gFinfimi aduggia*
uanocon l'ombre loro tiranniche i Temi
delle Virtù humanc;epóderauafioiSauij,
ch’etfendo la Fortuna vna efecutrice de'diuini decreti, non conueniuale,il farti vincer
di gloria da quei tali, che delle Deità fi fanJt-
X
no
|
Fafcio
v.
a
*
ÌUi
Primo.
noémuli;mapiùtofloinfegnare con colpi
di maeflreuole fòrza qucfto gran dogma à’
Principi che non per altro fi fé cieca Fortuna, che per non diftinguere dal vulgo l*
imaginatc franchigie de* Potenti, ferendo
con vgual finiflra chi viue E perche reputauafì comunemente, che i maggiori Ti;
0B
,.
T1(
.
n:
^
ranni deli’vniuerfo
à difperdere
fuflero feelti per fato
fi
Regni Afiatici, viueanoin
^Vdubbio ipopoli; com’auueniua a’ Romani
nelle contefe d’Othone , e di Vitellio, per £° a
°j
c
quald'efli doucuano ricorrere a’Tempij,
facrar le preci, ò deteftare i voti; mentr’era
ie “
certo, che faria flato fempre il peggiore, chi
i
c
r
3
\
*
I*
1
iiaueffe vinto.
1
:
IV
!
a
i
J
c! ‘
m
1:
>§
Haueuano antichi, & honorati
l’Ionia alcuni ben'agiati Patritij
affari per
Europei,
che , per effere de’beni d’vna Urani era foituna corredati, men de gli altri i mali delle
inteftine calamità
fentiuano . Eran coftoro
dimoranti in Ephefo
:
e quantunque di fi-
* c:
miglie diftinti , vniti però di volere, ne
au
nauano per lo più fra
me-
infeparabili conforti/
.la vita.
na
&
10
Godeuafra
giata
vn vanto
Rinomea Stamperme Cauaiiero
quelli
di priuile-
A
2
alto
cf
1
I
1
I
.
4
.
Delle Frascherie
i
alto legnaggio ,
il
quale haueua in fe
ftefifo
quelle due prerogatiuc congiunte, che fra
i nobili indiuidui di quel fecolo trouauanfi
malagcuolmentediuifc, cioè a dire,diuino
nelle faenze, & huiiumiffima-.
Idea ne’ coftumi.
S’erano à cala di Stamparne trasferiti
invìi giorno eftiuo alcuni de’praricati^-
Ingegno
micijper diuertir quiui col follicuo di
qu al-
che eiemplare ragionamento la noia d'vn
fonnacchiofo meriggio ; ma parendo all
hofpitc,che gli animi loro fufl'cro anche dai
)
vn’infolito ftupore ingombrati, vago di
fcuotere dalla mefta taciturnità i loro viuaci talenti , prefe a fauellar’ a’medefimi
in
cotal guifa
Amici . non sò,fe vi facciano più guerra i
ò vi diano più penfieri le guerre
Di grafia ponderate alquanto, qual fia hogpenfieri
,
gi rhauere,e’l faper voftro.I
danni,che dalle militie, e
da’Grandi
munì per l’Afia
fi
traggono, fon co
ma la natura ha fatto co-
:
mune quel ch’è
grauiflimoi acciòc he fegualità nella fierezza del fato ci
riconfoli
1 Cicli
fono ineforabili ; ne per ingiurie
fi
placano, e però, fe la volontà non
termina
V
-
il
j
.
Tafcio
Primo .
,
/
pianto col configlio della ragione , non
attendete , che le ftelle ad iftanza de’noftri
il
cflf
rfr;
ani
iin<
m
èli
tti
]ual
d'ir
oaT
ledi
;oi
) if
nii
La Volontà
arbitrij
li
dian fine
talento
fi
si alleuiar gllnfòrtunij, ed archi-
.
,
ch’a Tuo
tettar le
letitic , ha forza di conuertir ogni
cofa, fenon in oro, in quello almeno,
che con l’oro non fi compra. E'maggior
ventura quella di quella di Mida , che
In penafot de l'auide preghiere
X ratte hauea su le dita auree miniere
Perdefte,è vero,vna gran parte delle foilanze voftre; ma, fe ponderate, che la maggiore ancora ne ritenete, voi acquiftato
moIto.Confiftono folo le voftre perdite, in
dimenticare quel che vi rimane, quel che il
Cielo non vi tolfe.La Fortuna vile fobrij,
ma non digiuni
erri
ent
ho:
e
da
; anzi ha corpi digiuni Horiempierebbono con le voftre reliquie. Ricordateui, ch’è fatio quel volere
che ha quel che vuole, quando non vuole ,
non quel che può Auampano di mar-
nia,che
fi
-
nego ;
ICC
nali incendi) le Prouincie d’Afia,nol
occ
ma fe la T erra non sà celfar gli alimenti al-
eli
le
ìfol
lc
fiamme, haurà ben’humoreda eftingueril
Cielo
irif
•
;
min
il
y
‘i^on
A
A
-
3
.
non
4
,
.
6
Delle Frafcherie
Nonfempregli Aquiloni ,
De L'aereo fcntier volubiionde
Squaffanfremendo a l'ampia
Bruma d'Olenij fegni
«
,
H ereinia / le-
Non mandanfempre i gelidi Trioni ,
I T ronchi adulti d vedovar difronde # \
Virtu che Lfuolo afeonde
,
J
,
Spunta in aprico al variar dvn Cielo ;
È à chi [offerfe ilgelo
,
Dal' Arabiche vie
Porta vn' Aprii l' A ut urne don del Die
.
Pithagora comandò a’fuoi cìifcepoli
che nè il cuore , nè il cerebro diuoraflèro
cioè , che non fuflfe da loro con le fide apprenfioni diftemprato il ceruello, nè il cuore con Smoderate cure trafitto
Meglio e hauer ne la fete Alma , che rida ,
eh'à riuo dor mouer Tantaleefauci»
.-Ne la lieta penuria efatia Bauci , *
Ne la eopia penofa e voto Mida .
f
E' così natura dcH’amicitie palefare 1 s
&
;
W
«
cuori, come delle mciìitieTafconderlbGIì
animi turbati fon come Tacque torbide , le
quali non fanno feernere ne’ fondi deTiu-
mi quelle arene, che nelle limpidezze trafpaiono . Nelle ape rte chiarezze de’difcod?
JRaT*
'
A
liofili
.
.
.
Fafeto Primo
noftri
fi
7
.
(coprano da noi à vicenda
i
più
occulti penetrali dell’anime, efifofirano
^
«’
con lieta toieranza
le
mede
trafitture del
Cielo.La Patienza è vn Nume tutelare de*
miferi,v.n Cu do de della noftra conditione*
Diceua vn faceto ingegno
Ho feinpre intefa dir tjueflafe riferita
,
Boxfa de Letterati è la Penuria ,
Moneta de la borfa è la Patienza ,
Qui (ogghignarono in vicendeuoli
fpofrcgli
oli
i
ro,
ap-
ilo
alkletitia» &airattentione auuiati, così
profeguì
E‘ vero , che la (ecura hilarità dVn fiorito fecolo, come quello d’Augufto era, nudrifee gli ardori delle emulationi, e* pruriti
ambi- com.
dell a Glori a 4 C ertamen virtutis ,
tio gloriafehciun,
cito
rei
Gli
r,k
ria-
raf-
Otf
1
rì-
Amici; e Stamperme vedendoli
&
.
,
»,
.
hominum affetfus^ifc T a-
Come in contrario
i
moti
Rcgni fcuotono Ogni valorosi coftanza da
gl'ingegni hu mani, il che auuenne ne’terapi della efpedidone di Xerfe contra la Greeia ; ma che vogliam far noi desienti noftri,ò Amici; mentre co fi girano i Cieli? a fpettiamojche’i Satirico ci fgridi, che 1
para/as quidem art et audemus cognofeereì
1
Quell
4
A
Tacu*
fatali de*-
*
*
»
cDelUVrafcherie
8
Quell'ammaflfare in
fe fteflo
1^
fenza vfo
vn vitio tanto peggiore
in
deir Auaritia, quanto che vn dotto Capo
morte non benefica i porteti » come vn
Erario colmo Sia dunque il mio Albergo
dottrine de’libri , è
.
inauuenire vn’erudita Paleftra delle vo-^
parti in voi
ftre menti ; e fe le lettere fiiron
non vi venga humore di dar loro entro vn neghittofo otio
ricco
la tomba.Non v’è il più pouero d'vn
d'vn’induftriofa fatica
,
auaro , nè il più ignorante d*vn dotto torpido; ma dirò meglio . E' così vergognofo
perdere il pofleduto, quando fi trafeura*
come difficile il ritenere quel che s'hà
quando non
s’cfercita
.
I fegreti ftudij
non
così va gliono à i profitti , come l'vfo d’vnaJ
6
O^nt.palefe reminifeenza . plusfifepares , vfius
.
quam cura vfum dottrina va^
let^Mc Quintiliano Sei moto di ruinofe?
fine dottrina
'
,
.
il concorfo d vna-»
competenza emula , Totio d vna priuata_*
pace non ci negherà almeno d'vn compagneuole rifcuotimcnto la molla ne /ara
poco a chi non può appagare defiderij del
guerre
*
ci toglie
hoggi
;
i
fapcre,
Ouid. 7
il
grattarne i pruriti. E‘ vero, che
juc benefinis equ* referato carcere currit9
‘
/
CÌtm
;
.
.
\
Pafcio Prima
p
.
C* q**os pratereat,quofuefcquatur, habet
J
e
n
n’
Ma, fé Tcfcmpio dell'altrui carriere non
fàrà fprone à progredì nofti i potrà ciafcu,
no di noi conchiudere con Luciano , che
*facilUmum
eft iuxtaprouerbtumfolum tur - tic,
> rentem vincere
oi
Mentre con ifcambieuoli ragionamenti
u- giua
Stamperme difponendo a’virtuofì
;o
.
io
co
pi.
)fo
gli animi de’fuoi Amici, & effi co'
loro voti concordi à’ fuoi profìttcuoli contigli accorreuano, ecco d’improuifo fopra-
paflatépi
uegnendo Ticleue,il filo de’loro comincia-
a,
ti difeorfi
ià,
Era
interruppe
coftui per le agitationi
dVna
tra-
on
feorfa vita
ns
Fortuna . Com’huomo di verfatile natura >
nel biafmo de’praui huomini , e nella com-
(uj
foprannomato Io fcherno di
Hicndatione de*buoni
Satiraparcaiche in doppia banda ,
Si vantauafaper con vnfotfiata
•j*
ofe
\Zj
ari
Ribaldar , raffreddar mano , e utuanda,
Seguì vn tépo le Corti, per guadagnar*
ui;ma le fuggì poi,per non perderfì.Le ftel-
Wj
pa*
cho
dcl
(el'hauean formato miglior Poeta,
;hc
Cortegiano ; perche fapeua piu fìngere co*
rit,
merlando in carte , che trauerfando in Cor*
te;
i
i
,
Delle Frafcherie
IO
tc;e
però era folito direnile le nature Corammorbano , od impoucrifcono •
tesnane
Quelle
V ergini Mufe,le quali
il
vitiofo fe-
perche non può violarle
ò non sa honorare, perch’ha vergogna, fu-
colo,ò non
ama
*
rono con fuo decoro tràportate da lui vna
volta alla Reggia d’ vn’ imperiale Personaggio, la cui accreditata Pietà ò traccìaua
ò mcritaua facon-
die,che lo decantafTero
•
*
miicric da fòccorrere,
y
s
Etfj>cs& ratto fludiorum in Cffare tantu
;
SoIhs enim trtsics hac tefejiate Camoenas
Re exit, ehm tam celebres,notique Poeta:
.
<
'
.
Ralneolum Gabijs,Rom* c onda cere furnos
„
Tentarent
.
Tratto al fine dal ge-nio d’vna placida^'
fpeculatiua,ritolfe alle attiuità cortegiane.
1
e diedi fra le contratte amicitie
all’ingenuo godimelo dVna priuata quie-,
l’arbitrio
1
;
t
te.La vera Filofofia,diceua egli, tutte le cofeinfegna, fuor che il viuer co’ Principi;
trouarramore della verità,
vuol ripofo,e libertà di vita .
Entrò con ridente vifo Ticleuc nello
llanzedi Sta mper me; & a gli Amici, che
1
perch’ella, nel
•
'
•
1
:
della cagione delle fue improuife
:
letitie
richie-
il
^
*
,
Fafcio Primo .
1
1
’
or.
o
richiefero,così incontinente rifpofe
fc.
.
•
>
V engo, Amici, di Corte, oue fpettatore
.
mitrouaidVn bell’atto . La Padrona idi
intimò à’Caualieri più ricchi della
Palazzo ;
hoggi appunto s'è appiccata la mifchia •
na
Hot ’e vn leggiadro fpettacolo, il vedere
•fauu da vn lato vn Donatore, che vuol'effer rubato dalla Volontà, per obligarla Fortuna,
on
c dall’altro vn* Auara , che vuol doni dalla
Fortuna, per non hauer oblighialla Volonfi
le,
partati
fu.
Città, che girtero à giocar feco in
&
-
.
r)L
ta
.
Voi
già intcndefte la Cifra . I denari di
•
quei Giucatorifon come gli Animali , che
vifitaiono il Leone infermo niuno netor^
na in dietro . Si portano borfoni pieni ma
fi fanno \foti, perche i voti non fi fanno, che
perriceuer grafie Penfar di vincere èca-^
ini
fo da procedo , il vincere è corpo del deliato . Il Giuoco è di Primiera , ma le regolo
fon difordinate . Chi non fa fempre parto
u
;
;
.
•
tll
c0
.
:
non può far paffata
,
chi
non getta al
mom
!£ te,ftà fempre baffo, e moftra molta puntuaIità, chi moftra pochi punti . Infomma chi
11
I
non afeonde le Primiere
,
fi
fà
veder
fra gli
II
~
*
,
virimi, e chi vince col Fluflo , è tenuto in-.
quel luogo, onde ifluffi hanno efito. Hor
zi
h
che
i'
,
tDeBeFrafeberie
12
che dite di quello fecoletto, Amici? Dou'c
quel tempo d’Augufto il quale fi vantò in
vna lettera a Tiberio , di non hauer maggiore, e più comoda occafione di donare
che in giuoco ? Hoggi il Giuoco vale d oc-
Dame noftre,pcr giuftificarc
ofAcuta o mores
:
cafione alle
lor furti
.
.
,
,
E vi marauigliate diffe ridendo Starna
per me, die le Dame impouerifeano chi
,
gioca con effe?non fapete,ch'è proprio del
le donne ridurre glihuominiin camicia? E
però,foggiunfe allhora Ticleue, dourebbo-
no gli huomini giuocar tirato;mentrc fi vede,chele donne hanno Tempre giuoco largo^ inuitano . Vadan tutti; ma di gratia-,
diuertiamo da sì laide trufferie la lingua#
A' che tendono, A mici,
i
difeorfi voftri ?
Io ragionaua poc'anzi,replicò Stamper-
me
,
mi
nelle turbolenze belliche
del
modo da tranquillare i noftri anie come
il
;
Boccaccio,ne’rifchi della Peftilcnza , prefe
occafione da folleuar con nouelle
delle Tue fòrefane; cosi
nojgià che a noi
Iùué. i
—
i
cuori
pareuami opporr
Arte benigna y
Et melme lutofinxit fracordta T itan >
M* -
che
t
,
.
Fafcio 7rimo
l’c
, ne'quali le militie,per far lauori in campagna, danno ferie
acquartieri, con varie FRASCHERIE, ò
in
0.
'0
re»
oc
.
chò in quelli giorni cfliui
fodi ragionamenti di lettere fi riftoraflero
gli animi noftri, dalle militari calamità abbattuti
in gran parte
re
Non
meno de’già difpofti Amici, appagoflì Ticleuedelfauio configlio di Stam-
IH
ci
de
a?l
pcrme, e piacquclifopra tutto l’efdufiua,
che fi diè in comune a paffatempi di Giuoco per contraporfi , ne’cafi delle meftitie
nonfclo alcoftume de gl'idioti Cittadini
,
btx
iv
>la
di quei tempi
,
ma etiandio alla natura d-
vn certo Principe
Italiano ,che vedendoli
idi
affretto à celebrare
i?
V
iai
me
rf
P
cut
)Oli
wt\
)
con
le ritiratezze
il
lut-
to , cagionatoli dalla morte del Padre, non
feppe trouar miglior mezo per additare
,
Corte la neceflìtà , che haueua di temprare le fue cupe doglie con qualche hoalla
neftofolleuamento, che’l traftullarfi frai
fuoi confidenti al giuoco delle carte ; onde
poteua dirli di lui quel che d’vn fimil calo *
efagera Seneca. * Proh pudor Imperi] . Prin-Unt*‘
cipis Fontani lugentisfororem Alea folatium
animifui .
n,
Si rimimi;
:hc
»
il
Palatino paffatempo , di (Te
Tide-
1
Dette Vrafcherie
4-
pcrch’era
Ticleuc à quel Romanefco,à cui,
à vincere, folctuttol dì affilò à giucare ,
adattare quell’ antii curiofi di Corte
&
uano
co detto
Romanusfedendo vincit Lafc ifi
va indotto
a que’
delle noftre ; e particolarmente
vino il
Grandi , ne' quali il Mondo non fa
mediocri
"iuoco nè l’adulterio , come ne’
.
.
chi
la dottrina di quefte carte à
,
iuu€.
*
farebbe
^/ea tu*fJs
.\
¥ UTpc (jr adulterium wcdiocYwus
Satirico
•
dille il]
j
.
Giuoco ètràlecofehonefte comprelo;
che di
e ben fauij ponno additarli coloro
luihoneftamente, e con fine anche d'arri11
,
vagliono ; ma dirò bene,
il megiior Artefice è il
pe^gior' huomo; e di quei buoni huomini,
fchiar venture
fi
che in elfo per lo più
che ne' fuoi efercitij confumano indifcrctar
l'hore , eccoui le praticate lcioo
chezze. Logorare in meftiero da giuoco i
fuo fenno. afpettare conlefauiczzed’ vn
arte le diferetioni d’vna ftolta fortuna, metì
care da fe medefmo à prezzo di timori le,
fallacie d’vna fperanza. auuenturare nel-
mente
1
:
*>
l'incerto di friuola carta
tefori
.
il
ficuro de' fuoi
rimettere à gli arbitrij d’vn cafò l’ar:
•
te
<
.
*iFafcìo
f
fchi,
& al rifehio d’vn’auuerfario inuito
at>
j
e finalmente. per vn punto in vil»
punto impouerirli . perder il Tempo
in
tenerli
M
‘
;
jc
;
breue tempo quelle foftanze , che con longhezzadi tempo s'adunano . Purtroppo è
giuoco i’humana vita , fenza che la vita ne’
giuochi medefimi reperimenti. Diceua
vn faceto Poeta
Giovo fiam noi di quefia aitara etade .
"
ot[
l
1
.
te d’vn’arbitrio . inuitarc PAuuerfario a’ rft
ita
C
7rimo
,
ino
lioc
trf'u
lii
Quanti prouar
vid’ io dagli Auuerfari
JnfraCOPPE dimenfia arme di SPADE ,
Et à quanti i BAST ON tolfer DE ISA RI%
irei
:hci
E fie ciò non vi bafia
l’an
Quatipochi in buo PV NT 0 hafinto PASv
Qudti in mal PV NT 0 hano perduto ilRE.
)CB
:et
mi
:ret
1U0
“
vdite queflo
E qudti RE vidi refiarne in ASSO
v
iui in arbitrio di
,
(S0_,
(STO,
Nume
cieco
Auucrfarij
c
amicheuoli non ergiamo
11
i
difeapitt
delle noftre vedute.non pugniamo noi con
,n '
:
,
Palliamo dunque in più valcuoli. efcrcitij queft’horc ; già che ad altri acquifti s’indrizzano leinduftrie noftre.A’paflaggidell’erudite Carte non aflifte Fortunale fono
**
•
,
ma godiamo
,
.
fra
alle
concorditi
Deità fper-
^ giuri,mafacrificij .coniumiaraoinfomma
*.
te’
con
,
.
Delle Trafchcrie
14
!
Ticleue à quel Romanefco,à cui, pcrch’era
à vincere, folctutto'l dì aflifo à giucare ,
uh
&
:en
uano i curiofi di Corte adattare quell’ antico detto. Romanusfedendo vìncìt Lalcilì
)0[
.
j
)re
và indotto
e particolarmente à que* 'F
la dottrina di quelle carte à chi
delle noltre
ime.
;
Grandi , ne' quali il Mondo non fa vitio il
giuoco , nè l’adulterio , come ne' mediocri
3
Alea turpis ,
farebbe
;
& adulterium mcdi'ocribus
Turpe
.
dille il
Satirico
Giuoco è tra le cole honelle comprefo;
fauij ponno additarli coloro , che di
Iuihoneftamentc, e con fine anche d'arrifchiar venture lì vagliono ; ma dirò bene
Il
e ben
che in elfo per lo più
il
meglior Artefice è il
huomo; e di quei buoni huomini.
che né' fuoi clercitij confumano indiferetamente Fhore , eccoui le praticate fcioc£
thezze. Logorare in meltiero da giuoco k
peggiori
fuo IcnncK afpettare con le fauiczze d’ vn*
arte le difcretionid’vnallolta fortuna, mer«>'.
caredalemedefmo à prezzo
fallacie
T incerto
tefori
.
di timori
d’vna Iperanza. auuenturarc
di friuola carta
il
lo
nel-
fìcuro de* fuoi
rimettere à gli arbitri) d’vn calo Fari
f
te
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«
|
.
t
Tafeio 'Primo
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^
r
.
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inuitare PAuuerfario à’ rr«
& al rifebio d’vn’auucrfario inuito at>
tenerli
£
.
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vn pun to in viu
e finalmente per
punto impouerirfi . perder il T empo
in
breue tempo quelle foftanze , che con longhezza di tempo s'adunano Purtroppo è
giuoco l’humana vita fenza che la vira ne*
giuochi meddimi reperimenti. Diceua
vn faceto Poeta
.
>
c
,
jj
lf
j
,
Giaco fiam noi di quefta auara ctade .
guanti prouar vid’io dagli Auuerfarì
jj
*nfra
di tnenfa arme di SPA DE ,
Et a quanti i BASE ON tolfcr DENARI*
c*
•
E fe ciò non vi bafia
;
1
*
J
>
'
“
3*
tij
1
,
vdite queflo
,
(SO,
guati pochi in bua PVN T 0 hafitto PASV
guati in mal PENE 0 hdno perduto il RE.
E qudtiRE vidireftarnein ASSO, (STO,
Palpiamo dunque in più valcuoli eferdqueft’hore già che ad altri acquifti s’in;
drizzano le induftrie noftre. A’paflaggi dell’erudite Carte non affitte Fortunale fonò
iui in arbitrio di
Nume
cieco
i
difeapitt
delle noftre vedute.non pugniamo noi con
c
1
ma godiamo
Auucrfarij,
fra
concordio
amicheuoli non ergiamo alle Deità fpermuri, ma facrifìcij . coniumiamo infomma
.
c
•
^
i
i
con
.
'i
6
Delle Trufcberie
con vantaggio il T cmpo , per difporci inJ
vn tempo à quei beni, che per opra di tempo non fi dileguano
Qui replicarono i loro vnifòrmi voti gli
alianti Amici; e Stamperme fentendo, che
s’eran tutti nell'antepofto partito confermati, ordinò à tre Serui fuoi,i quali nella-,
4
Arte del Cato fapeuano coli bene in-
4
bell’
\
tonare, com'andar malamente intonati,
che alcuna delle loro moderne , e più poetiche canzonette cantaffero . Ponderò,che
la Mufica meglio di qualunque Arte potè-
ua richiamare
all'orecchio
J
vn’animo pro-
fondato nelle meftitie ; perche folleuato in
tal parte, fi rendere poi più dilpofto al falutare riceuimcnto di quei difcorfi , che alF*
Intelletto tramandanfi . Aflìfi intanto gli
Amici,epoftiimuficaliinftrumenti in affetto , indi à poco alzarono concordemente i Cantori all' armonia della feguente^
Canzonetta i concenti loro; e cosi cominciarono •
in
L
?
'
c
V
s
c
4
Parte
J
-
7
.
Tafcio Primo .
T>
1-
#7 Verno, e giàfiorifcono
Colli, Prati*
Jt
Nuouifiati
;li
L'aria gelida addolcirono «
ic
|
?r-
Tributari
7
,
^
A
Defuoi liquidi Diamanti,
Sciolto ilfièyfen vanno à i mari
intri
1
Tfvri immobile Madre i Figli erranti •
*
:hcj
Ma ,fe torce il Verno ilpiede,
Toflo riede
te-
Al rotar di foche Lune
x-|
to
)W
,
^
Se di Morte armi importune
^
T Vocano al miferhuom tAlmad la Pace
,
v
ilu
Tornapoluejmbra rejla,vn nulla giace
-
^
sdf
t
t
id
•
.
Parte Aprile , e fìu non forano
Lefrefch'aure .
ite
*
'
nif
\i
]
.
M
piagge aure
Calda vampa alfen cofpirano %
erde Faggio
Secco langue à i Soli eflìai ,
Che , neljuol chinando il raggio ]
V
-
A
^
la fcte
comun furano
B
i
-
£
.4
riuf,
’ìia]
,
Delle Ffafiherie*
iS
Ma
il piede
yfe torce Aprile
Tofto riede ;
Alrotar di poche Lune
,
’*
'
- '
“
fct
•
.
Se di Morte armi importune
Trocano almifer huom l Alma.fi la Pace%
Tornapolue, ombra refia^vn nulla giace »
/>*/»/<?
#7 Luglio
s' infrondano
,
Secchi arbusti
•
adujli
piogge nuoue h ornaifecondano •
1^0
abonda
£
da
*
curuo Legno ;
prole hor nera , hor bionda
la Spofa de l'Olmo ilfeno ha pregno
piede ,
,/£ torce vn Luglio il
pomi
!
il
Tofto riede ,
•
:
Alrotar di poche Lune .
^rwi importune
</i
&
Trocano almifer*huom l' Almafi
Torna polite, o/w&v*
la
Pace ,
v* nulla giace
Parte
.
,
Fajcio Primo.
parte Autunno , e' giorno adombrano
l
Nubi greui,
-
'
Sparfe neui
:
•
’q
<
11 erte cime à' monti ingombrano •
>
Ecco fende
,
Eronchi
c(i
alpini Africo fofco y
E fé*lfoco i
.
Tronchi accende
>
Del Verno reo vindicatore ì HBofco •
JMa, fe torce
-
Autunno il piede ,
Topo riede ,
'**t
c il
r
:
’
(
.
Al rotar dipoche Lune
s
:
vii
w
'
Se di Morte armi importune
T rocano almiferhuom t Alma e la Pace ,
T polue, ombra refia w? nullagiace «
Grata al fommo riufci la teftura di que^ fta Cazonctta à gli vditorijauuifandofiin
eflfai motiui, trarri dal Lirico in quei verfì.
Erigora mitefeut z>ephyris'tverpraterit afias
.
,
,
Interitura ,/ìmul
mox
Bruma recurrct iners .
Damnatame celerei repatant coelefiia Lunp ;
Opomifer autumnusfruges ejfudcrit,&
^
rti
Nos vbidecidimus
pitto pius
R.neas,quo
,
Tullus diues,& Ancus
,
Pulitisi vmbra fumus .
B
2
Quan-
,
.
20
ne
Delle Frascherie
Quantunque l’Intercalare della Canzopareflfe per le rimembranze di morte
Svi
più atto à concitar meftitia, ch'à diffiparla
pero Stamperme, che miglior cominciamento non poteua dadi à’ioro arbitradVn_#
ri) efercitij,che con la ponderatione
Sc(
un
dille
sì neceflario fine.Godcrono tutti, oltre
<
2tt
E
que-
mq
veder quiui imitata l’inferma
, di non
J
maniera de moderni Mufici , che non d’altra morte cantano tutt’hora nelle lor canzoni, che di quella d’Amore . Non hanno
tanti occhile fcole delittori , nè tanti ohi-
ile
llo
sni
cti
mè gli Spedali, quanti begli occhi, e quanti *
ohimè d'amorofe agonie difegnano,& efa-
c
lano hoggi nelle loro muficali Càzonettc
i
e’Poetaftri ftor-
(
Mu-
c
i Verdeggiatoli difcepoli
,
piati,che feruendo alhdiotiimo d'vna
deloro metri \
fon certi di non meritar ne’medefimi altro
nome, che d’Abecedarij diPoefia. V'è di,
peggio, che le loro amorofe cantilene, ò
dettano ne gli Vditori i fopiti rimorfì di libidine,© ne rinouano grirritamenti
lìca
,
—
con
la fanciullaggine
-
—
J$uod non excitat inguetì
Vox blanda , cantò il S atirico . Ridicolo
*
jperòparmi,che Agamennone trouafle colà
1
!
i
II
.
.
21
Tafiio Primo.
)-
là vn
:e
conferuar fàpeflc Clitenneftra in pudicitia;
1,
n-
a-
ci;
de* loro fentimenti
filile
al-
contr’
in-
netta»..
no
mt
A
:tt(
:or
/iu
tri
Ltr
è
ri
,<
che con vn fuono Dorico
Erano già tornati all' attétione gli Amiquando vn Mufico , come che prefagó
nj
•hi
,
Se Clitcnneftra fùflfe hoggi, ò vedrebbe
cangiata T arte ne'Mufici ; od in fe fteflà la
natura.
"L,
le.
Citaredp
A
Amore
,
prefe a cantar
le facetie di quefta
Mor vattene via;
Perche' L C iel niha concejjò
Canzo-
\
,
Chefuor di te mi (Ha ,
Per non effervn dìfuor di meftejfo
Già mai nonfarà vero ,
Che ni alletti ilferen di due pupille .
v
-v
naufragato Nocchiero
Fugge iafpetto ancor diacque tranquiile .
Amorferma la man , muoui il tuo pie
Via
,
via , nonfai per me •
lili
lo/guardo rilucente
Piu non m arde il ceruello ;
Non ho piu chiodi in mente ,
;o:
:
co
\
,a
.
La tenaglia à la borfa)> al cor martello .. m
B
3
gjtcft'
.
22
Delle Trafcherie
Quefl'animata cera
Al Sol de gli occhi altrui piu non confumo %
A
la Bellezza altera
piu non porta il miofoco orma difumo •
Amorferma la man muoui il tuo pie •
Via , via, nonfai per me .
Vinco ,fuggendo vn volto ,
Sano fuggendo vn guardo •
,
A' mirar non mi volto,
Ch'a Ujfaue d’Amor Remora è vn guardo.
Rete di belle chiome
amorafa mia Fe piu non allaccia ;
V
De la F emina il nome
par,eh e dica al mio cor
(ctd,
•
La F F? MIN Ac•
Amorferma la man muoui il tuo pie ••
Via via nonfai per me
A' pena haueuano terminate gli Amici
c
•
,
,
.
,
quelle lodi, che^iudicarono alla canora^
Poefia conuenirfi, che vno de’Cantori con
voce di Baffo iè pompa del feguente com-
ponimento,
in
periona d’vn'A mante,
quale fpinto da vn’amorofa Politica ,
rollò alla militia
;
ma prima
affirc della morte, volle
ta,
i
s*ar-
prendere da vni_.
come Tua vi-
congedi eftremi
Vn
1
i
i
ì
il
di far tranfito
Donnicciuolajch'egli amaua,
1
(
, ,
Fafcio Primo
V
N polìtico
tcob
humore
,
,
.
*3
.
,
Nina mia,
mia m'haforzato.
A diuentar Soldato
2j
me nacque etAmore i
qucftaforza in
Che
fé la Guerra , e Amore
S on due maligemelli
,
Ef
e i mali noue Ili
Eifacerban tal hor vecchio dolore
Per tua cagion gir* a la Guerra io deggio
h
Perche d'Amore al tedio
Ondiio mefchin vaneggio ,
il
L' incontrar dì morirfolo è il rimedio •
Parto a la Guerra , o Nina ,
Corro a rimedi ardito
Al
*.
Ma pria cheferitor spartoferito
r
lif
Su
ri
Minacciano ruina
;o:
La fcorreria
Onde
i
ni
l vi
1
muro
,
cor
•
-
\l
del rifa
mio
,
,
e'delparlar la
ti giuro
mina
,
C he fin' ad hor non mifon bene accorto
’ar
ik
quefto fragil
Lofiral delguardo
K
s
.
Eal tuo leggiadro vifo
Sevo dietro à
Mafia che vuol
^
,
la Guerra ,ofe la porto •
lafpada
,
M'ho pofia a la cintura .
Giudica tu , Ben mio , doue mi vada
Gii
B 4
.
A
,,
,
w
*4
JDel/eFrafeherte
{da\
Già che lemfio,fciagura
Vuol che vn Capoguerrierfia la mia fraTu di campar ne la Città procura ,
Fatti pur buonefpefe
E fe in battaglia il mio valor compenfa
gualcheferro inhumano
S
l
k
Si
,*
O' facendo
lift
V
dìfefe ,
In Trincierà di muro io refto morto
A
Tu per
l
vital confòrto
mano
Potrai colferro in
1
Finche haurai prouifionne la Eìfpenfa ,
Far T rinciere di carne à la tua menfa •
Così da te lontano ,
Mentre tu magni piano ,
Et
io forte
Morrò
,
TO «
l
l
(
e tu viuraidi
l
A
FIAT*
combatto,
diPVNT
Sii
ch'io viua ,
cada giu di Flegetonte à riua t
Giuro per lo tremendo
Ma, s egli auuten ,
l
Ó
Spiritaccio
d Orlando
ti
,
Ch' io t'amerò marciando ,
Ch' io t’ amerò marcendo ;
E
s' auuerrà , che tn perigliofa fquadrd
Io campi , amando te ,
gucfto mio Re , che di feruir mi quadra ,
Et ha quadrini affai.
sa
i
Sarà
i
, ,
Pafiio 'Primo
2$
.
Stride SU' ADRI il SE’,
$ tu Donna de FIOR, Nina farai ;
Menti io per te ne tarme , e ne l'amore
Sarò Fante di RICCHE, Affo di CORE.
U,
n
,
,,
’
,
.
I
B-
•
"
*
•
*
,
*
*’V*« ’v
%
•
•
\
*
.
»
m
Se farà laffetto mio
V ENTV RIER nel tuo cerueUo,
Ne l' amar farotti aneli io
Duro piu dvn COLONNELLO ;
eh' al fin fu 7 tuo Guanciale
Non fia LVOGOTenente il GENERatei
Pur
r,
,
Se tAffédio alcun ti pone ,
Ratta pur la Ritirata
Ne in ftlir la tua magione
TS,
Habbia
H
Altrimente , à dirla fchietta ,
DiCAPITAN diuenterei CORNETTA*
Jda
il troppo
De gli
rf
fri
rimirare
occhi tuoi
Mi faria
\
»
ardir di far fcalata;
.
:
^
t imperiofo lampo
barattare
Col Padiglione tuo quello del Campo s
Già che'l Defino vuole
Che fan di te le luci mie digiune ,
Resta in pace , o mio Sole
Ecco vado à veder
•"
—
le
MeTgc Lune .
^
I tuoi
.
j
,
li
I
*
Delle Frafcberie
tuoi ficofi guardi
è:
Son cagion , Nina mia , ch’io cangi loco •
parto , perche tu ni ardi.
Non difionuiene il mio cammino al fico ,
vn dì Drudo asoldato ,
Che da C idolo amato
kl
Così dieeua
Al fin fi
E
Mifero
^
ofio
,
,
far
z#*
T arapata
/w ?
,
C/'f
,
lac
*
M rimafi vccifi
mt
•
vede ,
,
/'»
rio
Martial tendone
du,
*
•
mefiiero d‘Amore
Sempre fi perde
-E/ io
uà
bi;
,
Ogni Amante e poltrone .
Nel
me
marcio .
ctieglihebbe il piede
Da Pldol fuo diuifi
Comparue inguerra
utó
$
difiacco ,
nelfintir
il core ;
mi fon per
.
-
•
a
A
'
‘
-
hi
s
toi
quefio efimpìo accorto ,
Che in guerra ancor chi no ha corefe morto
.
Lefacetie non infoile del cantato
com-
ponimento allettarono, non me*ho dell'
altró l’orecchie de gli afcoltanti;. ma perche , diceua Petrarca
I«r.
5
A
Puòfi in bel cantar ejfir moleflo ,
Stamperme diè congedo à’
Mulìci,
tti
kr
P
Sii
ve
bi
com'à
quelli, à cui poteua adattarli quel motto
dello
m
I»
r»,
Tafiio
27
Primo.
dello Spartano intornò al Rofignuolo Mjfe
erminì >
Vox tu es j preterea rìthil .
.
T
grò
dille all’hora
il
Pingeriuo Ticleue
concerto mufìco
hebbe nome j
gli
{concertati
>
,
non dirò
perche dalle Muftt^
ma ben silolpettacolo de-»
muli di quelli Artefici »
la
deformata enfiatura
naua il
flauto , lo franfe
di gote,
)ttt
o
#
mentre fo*
r
1
Più tofto, fe dob*
,
biàmotaluolta adirarci de'
moci del Tuono » come fàrfoleua
vitij
vaglia- g
6
Tibe-
Gracco * Quelli , quando in orare fen*
tiuali fouerchiamente concitato da fdegno » voleua » che vn fuo SerUo, che dietro
* lttt
rio
la Bigoncia aflifteuali, fonalfe vn’iftrumen*
to mufìco > e con eflò ammolline rafpret**
zc della lùa vocale alterigia Rideuafi dell'erudita facetiatli Ticleue ; quaflflo Stam*
perme, voltoli a’ circollanti
V ditori,fauel-
jn>
per-
?;•
\
.
ir/*
lef
»
rammentiamoci , che Pallade , di cui lìamo feguaci, per non vederli in volto qiiel*
lòlorointalguifa*
Hor dunque, Valorofì, polche vaghi vi
veggio di dar principio à qualch’ ingegno*
mi feiogliefte
vn dubbio , natomi » non hà molto , dalla
pòderationc del corrente Secolo » ed c •
Chi
fo gareggiamelo» godrei»che
>
ì
.
2f
Delle Vrafcherie
Qn doterebbe imitarfi hoggi ne' [entimemi dell’animo , od Her adito, col
humane , cornea
piangere le anioni
miferie
dejjè,
, o Democrito
come inettie
,
col rider/i
.
Trouauali quiui Rorazalfè, (oggetto per
chiarezza d’Aui riguardeuole , e per habiti acquidati , e naturali , di commendabili
prerogatiue ; nè meno eloquente nel difendere i Rei nel Foro , che feuero nel far*
efuli dal Foro della propria cofcienza lo
T«it.
colpe . Fattoli quefti in gioucntù Settario
quelTEluidio Prifco Pretore 7 apprelfo
Tacito impiegò l’ingegno in Filofofìa,non
come i più, per viuer difutile fotto quello
nome ampio; ma per ferula Republica
fecuro àtt colpi di Fortuna . Seguitò i
Madri , che tengono elfer beni le fole cofe
honede , e mali le brutte . Potenze , e nobiltà , e ciò ch’è mori del nodro animo, nè
beni , nè mali
Rorazalfe fu il primo adeflcr richiedo
di parere fopra il propodo quelito, come
quegli , che più di qualunque altro crede*
^
3in;
lidi
p
ill
l,
ira,
tre{
nia
ki
Iole
,
Fafcio Primo.
0. uafi nell’Arte
1
29
Decla matoria verfato; onde
prò mollò più toftojdavn’impulfod* inge-
gnofo capriccio, che da vn’ arbitraria eler-
U
tione di Natura , efpofe indi à poco alla diJ[ fefa d’Heraclito i Tuoi eloquenti motiui in
*
talguifa.
N prigioniere fafee
I
Lagrime,
bili
E
elette
pref,agir
à
far
L’ vn ftulgor fugitiuo ha
lo
.
Su l aperte Campagne
In rugtadofto duol A Iha lo piagne •
Pianto è il precurfore deirhumana pére-
rfto
II
lici
grinatione
tèi
d’additarci la via, che
nè
:(lo
me
de-
i
le ftacelle %
/’
101
,
•
Co' mejli rai di moribonde Stelle
trio
no-
tormenti ,
dabortiuo dì piagne i momenti
Così ne l’Oriente ,
Perche lfuo Lì nafteente
di-
oli
<
naftee
'
Lbi-
elfo
•
•
Sgorga il Mortai , che
.
la Tua
cura è d’appianare , e
menar fuole alla^.
Valle delle mondane miferie l’età ventura . Egli è il primo atto dell’ humanità no-
bambini con virilità , impreco dalla natura con artificio . Lagrimiamo i danni prima , che ne auuengano
acciòche improuifo non ne (opprima il
ftra , efpreflfo da’
dolore
*
-
.
piagniamo
i falli
prima di cora-
Wfc
.
Delle Frafcberie
50
metterli , perche non paia malagcuole il
pentimento, colile lacrime in noi, come
praui humori, fono inditi] dc'morbi , e co-
»
me atti di penitéze, fon pronoltico de* miffatti futuri.
Hor*ecco pie muta
1*
iffl
Alia frai
colpi del Cielo , fra le colpe de’Grandi
;
Il
II
H
huomo sì barbaro in effa , che fotto le
premure di quello torchio non dillilli vna
lagrimofa pietà da’fuoi lumi?
Fiere iubet pietas , cantò il Poeta
farà
re
m
.
I giulli Giudici
piagne ;
non condannano
ma chi là piagnere come
,
chi
<1
Ilio
dotti
i
non incolpano delle tcmpelle i Mari ma i m
>
V enti
Chi è fauio piagne i miferi , perche piangono i mali; non piagne i mali,
.
I
,
M
perche lìano lagrimati da’ linieri, e così
non lagrima fingiurie della fortuna, ma^
l’
humana.
Gran prouidenza di natura .
rcn
infirmila
Il
pianto
è vn’humore , ammaliato da piaga di mi|
che fpremuto mitiga delle mil’crie
la piaga ; e quando pur taluolta lìa inutile
il luo sfoga mento, lì può dir con quel Sauio . Piango , perche nulla gioua . E non
èlagrimeuole il vedere, che fui terreno
d'vn volto cada cosìinfecondo vn’humo-
j?
ferie,
re,
p
toi
,
,
Fafeto Primo,
1
:
I*
lì
E
le
u
jf
re,di cui habbiamo sì prodighe le cagioni?
Molti furono, che mai non rifero ; niu-
no , che non
piaqgefle
mai . Democrito
c’hebbe , diflfe Perfio 8 sì petulante
la milza nel ridere, è certo, chepiangen.
fteflò
,
do nacque;
e fe fife poi, fu ridicolo; per-
che il ridere deirhumanc miferie è vn’imitare ì mentecatti , che i fuoi obbrobri]' non
conofcono. èvn deridere il Cielo fteflò»
il quale, fe impiaga i mortali, gode etian-
dio, che ne piangano ; perche le lagrime
e perche il
;
ai pianto è il fangue
delle noftre piaghe
*
Il pianto , come più malageuole àfimu*
larft del rifo
porta fece più fembianza di
,
hi
® de’ feriti fon rifo de’ feritori
li;
veritiero , più attrartiua di compatimento*
h Piangendo, le paflioni fi sfogano, lene*
> fl
ceffìtà
s'additano ,
i
rimedi] s’auucntura*
W no. non v*è maggior’argomento di ftunì pidezza
, che il non commouerfi à quei
mali, in cui concorre la forza del dolor
rif
* priuato , e la ragione del compatimento
$
no
,
comune.
Anche
il
rifo
s'ammanta
alle volte di
lagrime . Cefare , perch’era lieto in veder
la tefta di
Pompeo , mafeherò
*r
.
le vergo-
gnofe
.
,
~~yr
'
Delle Trafcberie
a2
gnofe letitie co' pianti . Lo fletto fè anche
Xerfe in quel giorno, in cui mirando da-,
vn eminente poggio il tranfito della fua*.
poderofa Armata , hebbe à dire à fe fletto
R
Vno ftuol furibondo ,
~ guai Vicario di Morte ,
Te fegue ,
Di
o Xerfe
Grecia à
i
,
e par , che fèco forti
danni epilogato vn Mondo
<
A far f
atollo ilfeno
Di tante Turbe , al prouidù Bifolco
Mdncan fpatij di glebe, e già vien
A
la Cerere Greca efca di folco
Credefì però da' Sauij
,
metti
•
che Xerfe,
fàtt<
anch’effo imitatore d'Heraclito , lagrima^
fe nelle fue indomite potenze la caducità
humana ponderando , che in vn numero
,*
, che hauerpareuanod’innumefembianza , nel girar d’vn Secolo,
non ne farebbe , per reliquia del Tempo,
rimaflo viuo vn foP huomo. Nell’efempio
d’armati
rabili la
duque della ferità impietofìta
ponderate
,
d'
k
vn Xerfe
o mortali
Come di Morte à l'horridop enfierò,
Jn vn volto guerriero ,
,
:£
.
j
«CC
Cue natia fierezza arma i fuoì vanti,
forejticra pietà celebra
i
pianti .
Appa-
1
,
.
Tafiio Primo.
di!
^ de' fuoi Compagni
Rorazalfe
•
^
33
Appagati haueua, e compunti gli animi
$
il
faggio diìcorfo di
quando ecco Stamperme
fi
riuoltòconvnpiaceuole ghigno ad Egideargo s come che rauuifafle nella fua_.
lieta
,
e praticata natura vna ingegnosi
di contraporfi con le difefe
difpofitione
comendate lagrime
di llo-
Era Egideargo vn Caualiero di
sì pla-
del rifo alle
**
fczalfe
cidi
,
& amorofi coltami
,
di sì
ameno ,0
Ingegno , che da chiunque*
conuerfaua feco , poteua ragioneuolmcnte appellarli con quell’attributo di Tito . la
delitia dell' human genere . II fuo animo
era alieno dal nudrire rancori , dal raeditar vendette ; e fe pur* vn neceflario rifentimento ad vna di quelle paflìoni il traheua, reputaua , come quell' Agricola di
*
Tacito , piùhonoratoil vindicarfi,che'lTaci«,
portar’ odio. Ambiua i beni di Fortuna
per occalioni da collocar’ in altrui i benefici] , ftimaua beneficio vn’inchiella da
^^difciplinato
r
J
:
ir
“
uc
m
Jir
.
c0
n
'
F
!
'
recar altrui le fortune .
.
Era infomma vna
incomparabile Idea dell’Amicitia in quel
fecolo « col giouare , fapeua obligar g fi
'
9
.te
,
.
.
V
‘DeÙcFrafcherie
j4
mali-
jjre
animo non
di fumofa ma di chiara gloria era colmo
For
Eletto al fuccedenteDifcorfo Egidear-
tot
ingrati
;
con l’amare ,
difciplinar’
i
gni ; e con tutti il fuo generoso
to
,
•
go da gi’inuiti del giudiciofo Stamperme
ornò
i
fcaltra ,
fuoi auucrfarij fentimenti
d’vna-
& afpcttata eloquenza
e così à
»
die
no
fot
fauellar s’efpofc
humanità , à mio credere
mondane miferie che il
deplorarle, fé niuna cofa è più conueneu
le ad vn Sauio d’vn grand’ animo tale-»
non può additarli' quello , che dalle me-n
ftitie è debilitato , e confùfo . V*è forfè alcuno fra noi , che ambitiofo d’ apparir
fenfìtiuo nell’ altrui duolo, ami d’accompagnare i comuni danni con la pompa»,
Più atto
'
E
,
il
d’
deridere le
>
,
%
KT*
delle fue fieuolezze ?
cui è
non meno
&
immedicabile il male,
fue priuationi
de’ tuoi voti
,
•
•
vn tempo ,
il
in
patire, che
tenti dipalefarc le
e di folennizare la vanità
con
fermi hauremo
in
neceffario
le
lagrime? Troppo
in-
occhi, fe allavifia dell’altrui lippitudine piangono ; e mali interpreti faremo de’ benefici) del Cielo , fe
gli
ir,
querelandoci d’effo , non coippcnfiamo la
-
P rc:
j
,
1
.Fafcio
f
&
l0n
Trìmo
•
quanto tolfe col paflaquanto diede . Contra
preferite perdita di
to
godimento
di
Fortuna dobbiamo ridendo inoltrar
, e non additar le codardi die co' finghiozzi . Non può meglio il Sani uio dominar le ftelle, che in negare di
si! fentir' ofifefe dall’influenze, che in deprezzar ridendo ifuoi-colpi. Se le vere Iagrilerf me non caggiono mai
fenza le fifle apìelprenfioni di chi lefgdrga, chi è quello
cuo che piangendo non s'abbandoni ,e meal & ditandofololc fue perdite, non trafeuri i
mnipari? E non diralTi ftolto colui, che dai
eal Tuo holpitio bandito,
ami meglio di lagi i mar Tefiglio, che d’ire inueftigando i
I voleri del Cielo , i capricci de
off ricouri c
ipi gli huomini ne Ibernarono gli agf, noi nei,i go ; ma , fe ridendo polliamo lolleuarci
eh da quei mali, che in noi dalle conccpute
rei meftitie deriuano , non faremo di noi ftef*
fi Tiranni à dilanimarci, od à negare vn_.
fiilutilero coraggio alle noftr’Almc?
3
de s’eglièvero, chea' mali porta per lo più
vicilfitudinidel miglioramen[in il Tempo le
jJ’to, chi n’alficura, ch’eftcnuati dalle no(Ire arbitrarie meftitie polfiamo fauci’ a^
l0
M*
w fronti intrepide
>ari
1
il
i
el
C
2
gio
.
,,
.
*Delle Frafcb erte
36
— •/
*
©io di riueder cambiate le leene , c mi->
meglio
pur
gliorati gli atti alla Vita ?
ficentiar viuendo il dolore, chcnudrirci
in feno le fue licentiofe frodi , perche n'vc-
P
tempo
cioè nell’età di fan-
ve<
ne’ Tuoi
ftelfi
ciullo
chi ne* progrelfi della vita
principi;
,
il
ripi-
glia, altro non fa che rimbambire , per invecchiar piu tolto, non v’ècofapiù nemica della Natura , ch’vn dolor lungo ; poi-
ché per elfo
breuiano
gli attributi di
Natura s’ab-
di rifìbile il titolo
catto
b
che
le
iti
ira
Heraclito non meritò titolo d'huomo,
perche rhuomojch’cragioneuole, hebbe
ilrifo,
>P
ili;
qu
.
.
21
F
termina
del piangere
cidano
11
1
.
quella cofa
,
ch’eccita
purch’dfo dal labro d’vn mente-
non ifgorghi, è per
Io più in noi
giuditio dell'intelletto , che , oltre
il
vn
fenfo
e l’imaginatione comune, conofce efler
quella deforme , ammirabile , ò dilettenoie. ciò non è dato à’ Bruti, i quali non
hanno attione di ridere , perche manca loro la potenza
Son morbi di predominante Natura
le lagrime de fanciulli c però Zoroaftro
che nafeendo rife , fe pronoftico d’hauer
5
lor
5
le
fr
ic:
t
1»;
*>
ni
ì d"
cc
rei
t
j
V.
àriu-
dn
.
'37
Fajcio Vr'trho
^
lto
irci
w
ini
mpi
i&
tri
>oi
al>
à riufciVvn Mago, cioè vn’operantc fopralc fàcultà di Natura . Ma ponderiamo
i
pianti de l’Età virile
(li
,
che vergogna de
.
Altro non fon que-
gli (piriti
humani,
i
quali reflringendofi dentro, per non fari}
vedere infelici in qualche auuenuto male,
mandan fuori l’acqua , che fopra la membrana del cerebro fi genera da' vapori,
che non ponno efalare dalla caluaria onde in contrario argomentando, fe gli fpi;
riti,
per l’accennato conofcimento s’alle, e per rifarli della pallata contrit-
grano
dilatano, e ridono, farà gloria.,
10:
tione,
ib(
de* m^fefimi nel corpo noftro ,
ic
uer capite
te
dicarle inettic,
vi
0
fe
te
01
fi
le
doppo ha-
ftrauaganze dell’Afia ,
e’1 dilatarli
il
giu*
in rifate,
vero rifo del moderno fecolo è il finpuò anche apparir fui volto
di perfona , che nafeonda lo fdegno , e eh*
ami di far piagnere altrui, tale fu quello ,
9 d'Vlilfe, apprclfo Homcro, chevolcua ”orB*
vccidere i Proci , ò quello di Giouc , ap- He *U
prelfo Hefiodo, ch’era irato cò Prometeo.
E* nudo in vero queU’animo , che pale*
fainapcrtòlelue pallioni ma non fi lo*
da quello nel corrente fecolo , che non
11
to; e quello
1
10
11
o
c
;
C
3
diftin-
.
jS
a
«
,
‘Delle Frafcberie
diftinguendò
corpi dall’animo
i
,
chiama
vergognofo , chi c nudo Anibaie, quando vide farli moietta Fortuna al fuo Im
J
•
perio anhclato, per isfògare
fuoi cupi
i
difpetti, forrifetta la grimofe turbe,'
*
feti.
*4
onde
foggìunfe il Petrarca
2
E così auuicn , che l’animo eiafcuna
Sua pajjton [otto
contrario
il
Ricopra con la vifta hor ch*ar
j
pero
/ alcuna
,
•volta io rido
,
manto
bruna
, hor
.
o canto,
perche non ho,fe non quejl •vni
da celare il mio angofeiofo pianto •
Eacciol
Via
,
Oh
Hor
fentitc
come
,
mondani
i
difaftri
d’vna ridente beffa iian degni.
-
"
,
•
k/ 1
I
*
,
) à’
vi
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P
f '*
il i II *
•‘fV
*»!
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*
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2
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Li.
filila
o
1RI,
Digiti^ed tr
À
.
I
W
RIDICOLI
satira.
'•w
•
tvJW
** 1*3 5®*
Erfe vìi giorno versò pianto ridicolo;
Perche pc monche in centinaio d'anni
Si coneffe di morte vngran perìcolo .
Dcfidcrij di vita affai Tiranni
Nutria
Vn
*
Viv
1
^
imaginando , haueffe
corfo fecolar rapidi i vanni .
l’ingordo
,
N
t morbi moderni hoggi vedeffe *
Diria ridendo, A gran ragion da' Numi
Oh, fe
Perpurga de gli humor Morte
s’eleflc
Chi per titolo alteri hebbe i tofiumi ,
Moggi l’entrate fue troua [otterrà ;
Ch'vna cenere
al fin fine è de’
..
Z
fumi.
Lutta di Morte hoggi i fuperbi atterranno;
Perch’ à i Morrai, che de l’ A nteo nó hà-
Le
fortezze natie toglie
vna Terra.
ytàC
ato
Delle Frafcberìe
_
echio fi fanné
Z>'vn acqua Acheronte a fi e
Vaneggianti Narcifi ; e i Midi auari ,
Drudi già di ricchezze , à P luto
l
ì
vannoi
'Quel che viuo chiudea morti denari ,
Per traghettar la giu l’onda , che fiagnd.
Soldi non ha da’ vedonili Erari •
ragna
»
*2*^ corpo f/rf veft'ta feriea
Moggi fi mira ad altra ragna colto ,
£,sVn V erme il coprì,!’ altro lo magna,
,
\*
Cw/
y
f
*
v
^
o
por tutto opre di morte afiotto,
^ chiaritej
ombrate chiarezze ,
.
Auualiate
Sento
eminenze
cìtarfi al
,
e regno tolto
•
t
V
i
ri,
/
l
k
Tribunal di Bite
Le perfidi Alme-, e ne la Curia negra
Scrtuer fentenze à proceffate vite .
t
“
Chi dunque non hauria l’anima allegra
Se Morte alfa dhumane piaghe e impia
trasforma in pigmee £arti di Fiegra ?
,
i
Vii
Digitized b;
Si
l
m
ct
h
.,
Tafcto Primo.
Spento fa Segro
I
Mondo
,
Non gli
urti
Perche di Morte
addita
Spento fa Segro
M
r
il
;
4.1
e ìnflujfo etafiro
morir ,
ma
la
architettollo il
Mondo ;
Mafiro
e la fattura
0 vn
momento leggier fi dark vanto j
Disfare a grifi;hi Secoli le mura • ’
»
-
bucata del cor faccia fra tanto
il lagrimofo Heradito , e congiunga
Con
rfii,
1
.
m
,
Naturai
\
cener di Cartago acqua di pianto
Pria eh'a porto di gaudio il meflo giunga ,
Haurk da fare vn peTgo ;
De
Mutin
le
le
Reggie pur fembianza, e mente ,
Re abuchi ,
Si trasformino in befiic i
1
e la corrente
lagrime fue molto fa lunga .
N
Regga ficettro , e corona Orfo , e Sergente,
fm Ventofitk dt fotterranei buchi
Cagioni al fin de la gran Madre antica
pirti’,
.
Paralitichi morbi ,
V
e
mal caduchi «
Cadan
Delle Trafcherie.
42
Cadati
le
Fra
le
Torri al piano
mine
;
e la formica
De uc ditone o
£ con l'humor
1
altrui colonie s erga ;
gl fuol riuefta vna fontanea
Gorgo
,
..
‘
gli
ortica .
huomini immerga
;
S'
1
,
che 1fuo Vadron non bcue
il Coppier Giouial laie fommerga.
Vna Fame
grauofa in meffè Itene
Tiranneggi i mortali y e fa di fiate
Con penuria
Sian dinflujjì
Le Cune
di
di
Vin
pefiiferi
copia di Nette
ammorbate
Tr
Afa ; e fan da Morte alfine
Co' parti fcmrnil
Tombp impregnate
deggio lagrimar l'altrui mine ;
Pur che'L Cielo da me colpi allontani ,
Le fuggite lentie hauro vicine .
Non
Qual
di Strimonie
Gru Palate mani
K
Scriuon lettre ne Paria , allhor che vanno.
Ad
C#
intimar penduta guerra à iNaui y
Tal
,
Fafcio Primo
.
4
Tal sii
i
Campi de
1‘
Afta a nofiro danno
S' intimin guerre , e de'
4
.
W
k,
.
Tendano
i
S'intoni ancor
Corni
ilfoco
Fra
vn h onorato inganno •
da gli Auuerfari armati
onore Trombe
mart tal fojfìn
la Sorte ,
^
Campionfchieratì
L' h orrida mifchia ; e le
hi
,
e' l coraggio
D'alterne morti , e d
f
co'fiati
,
le
JSleghin crudi Guerrier
.
ilfuon r imbombe
cadute fchiere
pace di tombe •
Trionfante ardimento alzi bandiere ;
E'n Città minacciate i ricchi Dari
Temano
e.
t
giorni ,
/
Menelai
Contro irate incurfion neghi
Natura
«i
.
,
e'L Ciel
i
le
fere ,
ripari
,prouino il buono ,
Fochi Senoni , ^ ìd ariani acciari ,
T ugni anco vn Gioue ;
0
’ji
e fe da Inferno Etnei
Ergon fcale su tEtra Alme Giganti
Faccian tomboli poi di Capatico,
t
•*&*<*»» ’i*
Dcu'
:ed
by.Coogle
.
Ddk Frascherìe
44
Deitìo pianger per quefio?
1 Cardini del Cielo ;
ohib'o
&
•
piangano gli
Già che
i
altri
m Mare
A che gioua
fianfranti
viuo
io riderò de’pianti «
;
e la
.
io fia
Vita , in mar nocino
? à crefcer vento .
il fofpiro
Che vale ilpianto ì d dar' à Ì onde vn ritto.
Segua norme celefi human talento
Sereno Ciel nega le neui al fuolo.
Sereno cor nega le neùi al mento •
.
Date^ prego , V orecchie à queflo filo;
Per faper fe da l'Alma ancorché Madre
FJfer mai può legitimato vn duolo •
,
#
Venne
hiert
vn
Corriere , e cofe ladre
Coniò di Lidia
Fu
,
.
ch'era morto
il
a
cafo principale
Potteretti il
i
Padre
Fra morto vn Signor sì liberale
Che la manco Virtù c'hauejfe adoffi r
Fra il crefcer i letti a lo Spedale ,
,
,
•|
Vacejt
.
m
e
Fafeio
Che
45
•
Giufiitia abondar ,
T ac
4 per
tutto ,
come vn arena ,
cantone vrbano
Difpenfaua Ragione a borfa piena .
•
*
•
Solea
dir'.
Vuoi
Giufiitìa ? caccia
mano ;
)#
Ma pero intendiamoci à fcritture *
E fa la tua Ragion fatta de plano
fa
C hifvn Plato?ohib'o.piùgrade
fa
j
l
J
\
dajjc il Macellar carne fenz,'
ojfo •
a
La
nti
’M
Primo i
Tacea dar per vn foldo vn pane groffò
Di quefia pofia-, an^i votea con pena ,
ntu
citi
,
,
..
,
•
év/jw
le letterature
,
vn' animato
Credendone pare a pien di fcritture
.
De
le Mufe il Valor femore ha filmato
Alpar delfangue efento dir eh' a quefie
Daua per ogni verfo vn Marchefato «
;
,
E pur s'odcn
di lui nuoue funefle ;
pur Cocchio di lui , chiujfò in oblia i
Più 'vigilie non ha, non ha più fefie «
-£
v
x
Dunque
\'l
,
Delle Frafeherie
j.6
Dunque , pere' huomo
tal cadde , e morto ,
Per ragion di pietà pianger bifogna ?
Ne lagrimate voi ? no . ne metiio •
vergogna
, d" io
DirOy non lagrimar La fua ruina?
Ohibò .fi gratti lui , s' egli ha la rogna .
Egli e morto , e non piagne
Sian mefii quei , che per goder pedina ,
Son flacchi matti , ^ p affano con guai
Lf lor VIT Elle in carne di V ACCI A*
N
Sian mefii queiy che , per amar due rai,
Nonchiudongli occhile con piufranofato
..
Viuon
corriui , e
non arriuan mai ,
Malinconico fia quelli affamato ,
Che y
fenica morbo hauer
Serica merito hauere ,
«SV* «/fifa
,
Dieta \
^4 digiunato •
w*/ moneta
E come haueffe vn Vefeouato in parti
Ha fenzl entrata vn tifoidi Poeta .
.
,
Fafcio
Voi , che del viuer
,
jE
nel ceruel,
Primo .
hauete larti
lieto
cha
47
Imprimete concetti , f
Con
lo
,
fate flupir l’empie Medufe
feudo di Palla , e che nonfitte
Pireneo ,fuerginator
J$ual
nl
,
Ufciuie efclufe ,
le
di
,
Mufe ,
Date gli animi voflri à l’hore liete ,
dkri palma
„SV bramate la vita
A' lefitta di cor corfa di Lethe ,
;
rocellofo dolor fempre
Agita
fo
il
Legno
,
<r
Alma
d'vn
e poi lo tira al fondo i
Chea mar di vita vn'allegrezza è calma
Se bramate d’hauer tempo giocondo ,
Fate conto veder T urba di metti ,
Mouer
l(ti
corfa di Palio in quefio
-
mondo «
.
’
.
.
:
Fate conto , che vn cafehi , vn dietro refii9
Vn pajjt auanti , vno in fudor fi empre
Chi vuol hauer gufo maggior di quifi x
Lafji correr il Mondo , e rida fempre *
K’Oit C;w.::.vv. .... - « i~’i S •<>
f
tf
-
i,
:
.
.
Appa-
=PWÌ
DelleTrafcherie
jfS
Solleuò al fbmmo gli animi de gli Vettori il giocondilfimo componiméto d’Egi-
deargo;
nt
eh;
ma parendo à Stamperme, non
ter
douer’ efcludere dalle fue fauoreuoli derilioni i motiui di Rorazalfè , che haueua
me
an;
faputo, qualnouelloSimonide, fauorég-n oe
giarle lagrime, decretò in lòdisfàtiono ài
d’ambidtie, douerli con placido Tenti men- tot
to lòffrire le calamità comuni ; nè com- $lo
mouerli per effe à diletti di ri lo , ne à dolori di lagrime. il tormentarli per gli altrui po
1
mali è vna humanità inutile, il dilettante |ar
è vn piacere inhumano . 3 Tarn mollis e- n
uadit , diffe Platone, qui in lacrymas rifu
frofufiorc refoluitur , quam qui dolore lacry~ b
a
Hat.
i
mare compellitur .
Terminata quella ingegnofa gara , va*
rie cole li motiuarono in giro intorno alle cagioni delle correnti Guerre , & alle
neceffità
,
od à
ufi
Je
j
offe
reh
5
capricci de Potenti
,
nel
di
.
Si fc da principio vna riflef- Gc
{ione d’encomij, e di compatimento lo*
pragli Europei Monarchi, che, contrae
fufcitarlc
Ti
ÌVfo de gli Aliatici , armar do
difefe de'loro Stati ; anzi ché
d'altrui p sadditauajio
eferciti alle
alle rapir e
non meno
inco.rotti
pri
chi
.
.
.
Tajcio Trìmo
49
.
Scotti nelle fozzure d’ vn pacifico luflb \
che moderati nell’ ambinone d’ vna pòìgj
tenza bellica . Si commendarono parimente i Grandi dVn Europeo Senato che
animati più da forza di non edotte diuiti e, che da foccorfi d’vna Pietà collegata , contra ^ingiurie d’vna podcrofa bar-
not
,
ci:
iei
res
3
K
barie, le ragioni della loro sfidata libertà
ile
jgloriofamentefchermiuano
D'altri Principi , le
Chimere del
o empieutilo di modriTAfia,
tarono confùfamente da
i
fi
cui caborbot-
curiofi DicitOr
feguenti penfieri
i
Alcun di loro, diceua Stamperme,
di-
fendeua con l’arme vn popolo , con pretedo difottrarlo all’altrui Tirannide; ma
di domar gli
4 fe gli veniua in acconcio
offeniori , e di dominar gli offefi , hau10
u rebbeanch’eflo hauuto il zelo di Siila, ò
di quel Lupo d’Efopo , che s’offerfe per
:
to
^Guardiano del parto alla Scrofa
In altri, foggiugneua Ticleue, il luflb
'Tirannico haueua quafi didrutte le pro-
i|
jiff
prie diuitie, e gli agi de’ Sudditi; e perche i Signori di queda fchiatta dimano
idi
rap
più vergognosa la Pouertà dell’Infamia;
ine!
J
ofl
..
i
D
fmJ
~
come
*
•.
-
.
50
Delie Frafcberie
come che la Pouertà
i
vieti l’elTere à’
Gran—Jh
Tribùnaie , che la giudichi , v’cra alcuno , che
conl’auanzodi pochi armati tentaua la^
forprefa di mura non cuftodite • La neceflità , ch'è vn gran patrocinio delle miferie Immane , fpezza ogni ritegno di legà chi vuol
§ c > c Come diceua Filopemene,
lavare la robba d'altri, fa di meftieri hadi, e l’Infamia
non habbia
in dTi
Ei
!i(l<
PC
le
}
ni».
hr
jii
uer del fuo
’k
*
Alcun* altro, bisbigliaua Egideargo, 1 q
non contento delle naturali fortune guer* tu
reggiaua per cupidigia di potenze nuoue* r
1 defiderij fon come i Numeri , ne’ quali
all’ vno fuccede l'altro . con Tefempio deh
la nafccntc ingordigia d’ Aleflanaro credeuafi , eflèr miferia nc’Grandi hauer mol-
J
to da bramarci ne ponderauafi, eflerpiù
miferabilc
,
hauer cagione di temer moh
mentr’ è più facile ad vn pouero fuggir’ il difprezzo , eh' ad vn ricco l’Inuidia
V’era alcuno , rammentaua Rorazab
fe , che acccndeuafi à’ marnali fde^ni col
to
;
vicino
fors’
fu Ja
,
per vendetta di riceuute o ffcfe,
anche per
guerra fra
...
,
beftiali occafioni
gli Etoli
'
,
,
e
gli
,
e
come
Arcadi ,
ò.
fra
\
I
àm
1
,
Primo .
/
Latini, I Principi,
4
Tafcio
Rimili,
dille.#
a»
fra
k
Euripide , non cangiano con facilità gli
fdegni . ritengono collantemente il primo
impeto per non parer concitati fenza ca-
eh:
Ijl
i
e*
,
ne-
nù
les
uci
ha-
30.
gione , Era però curiofo il vedere, chi
per vendicarli d’vna lieue ingiuria , poneua à ripentaglio il fuo Stato, I Grandi
fono alle volte, cornei Fanciulli, che, fe
molte noci, c’hanno in feno,vnane-»
vien loro tolta , per ifdegno ne difpergo*
no tutte T altre , non vogliono il tutto ,
di
quando
mi
fi
nega loro vna parte
Si ponderò in
comune il
fallo di qual-
che Potente , che tratto da ambitofo prujd rito di ( Gloria , vniua armate, e difiipaua
leggi . Efoitaualo l’ Ambitione , ad efer:re
citar più tolto le pene d’vn Ferro, ch'à
iol
viuere tra le colpe d'vn’otio. La vita hupii
ok mana , diceuano i Configlieri Catoni , al
jg'
li
al
cd
1
ì
ò
fèrro è firn ile
.
Se fi efercita, filogora con
fuo fplcndore , fe viue torpida , fi confuma
da ruggine . Brama l’huomo taiuolta le
glorie dalle calamità ; perche il male è
jpeflò più noto del bene & vna cruda.»
tempeftaèpiùfàmofadVnaferenità tran;
quilla
.
Pur che apparecchi i
P
a
titoli al fuo,
cada-
*m,
.,
.
Delle Frafcherìe
j*2
&
al vulgo vna fauola, non
cadauero,
cura, che l’impeto d’vn cuore fi diffonda
in piu mali.
Con
Brigata tutta motteg-
, che alcun’ altro non hauendo regola di Gouerno , fàccua i Latini per li
Paffiui perche non fapeua mantenerli fra
i Neutri . ch’altri donaua le fue adherenzc per tema , altri vendeuale per bifogno
ch’altri riuoltaua cafacca perche dal lato apparente era frulla ; & in quella poi
come incapace di riuolta nuoua, riceucua il Politico con fua vergogna inemen;
;
dabili rotte dal
Molte
Tempo
rifleflìoni
fi
grandezza , & alpotenza de’ Minillri fra i qua,
alcuno , quali ramo , smalzaua dirittamente fu’l Tronco & altri che di trauer-
li
;
fi
,
feorgeua carco di molti
frutti,
con_.
del Tronco medefmo frangeuafi.
difuguaglianze loro rendeuano mo-
danno
Le
membri di qualche Imperio , nella guila, che in vn corpo allhora nafceil
mollro ; quando vn membro trafeende in
ftruofi
i
grandezza
Pi'
bo
uai
ito
i
gn<
fui
ma
1
fecero confufamen-
te intorno alla meritata
la feditiofa
rct
Vii
rifo della
giauafi
io
’
la proportionc, douutali.
Pareua-
pò
toc
ch’c
&Uj
talli
fili'
me
iia'
ler
«ri
ini
Ut
,
r
Fa/cio
Primo.
toc
rcuano però da più parti rinouati gli efcm-
idi
pi
5
di
Cecina
,
y
e di Valente Miniftri di TìcU
ambo potenti, ambo emuli, ambo rapaci ambo ruinofi. 6 II comodo priVitelli© ;
ie?
,
>rì
uato
;rl
feofto fè perdere l’Imperio
, il
configlio de' Ciouani , e
1
odio na-
Romano,
Chi fi faceua Arbitro di qualche Regno , additaua che nel Monarca non re-
ifc
efr
,
no,
gnafle l’Arbitrio.
Ila-
fui
poi,
Rè; mentre
ih‘o.
11
Minifiro vegghiaua
Rè dormiua fui MiniURèfaccualumcal Minifiro, peril
che ftudiafic Ja fua caufa , c quefti dauà
iet>
Nel ponderar
nec
]ci
la
mano al Rè, perche fcriuefie la fentenza .
>
grauezze, fi motteg-*
giò che aliai meglio odorafle Toro , trat-ì
to da Vcfpafiano dall’orina , di quello
*
le
,
ch’eftorfe
Nerone
,nel
dalle lagrime de’Vafche alcun’Vfficiale imi-»
rafie 7 7 hemiftocle , il quale volendo ri,
2^.
fcuoter denari in Andro , difie d'hauer
menati due Dei , la Forza , e la Perfuafionc; e poco valeua à’Sudditi il rifpondere d hauer due altre Dee, la Po u cita
fcei
cTImpofiìbiltà.
ittt
0
.
:
oib
luti,
nio
JcJ
pj.
falli.
S’attcftò
tcuanfi
,
Almeno,
doppiamente
i
già che
rifeo-s
tributi, hauefiero
hauuto arbitrio i Magnati, di
far
venir du6
•
,,
Delle Frafcherie
jy
volte Tanno la State
*
e TÀiitiirtno
*
come
Hibrea à Marcantonio * Ma il fatto era* che alcuni non efigeuanoperlo
Rè le Gabelle clTerano loro pagate * ma
pagauano al Rè le Gabelle di quel ch’efidiflfe
*
geuano per elfi
*
Si narrò in riftrctto
Popolo
vrt
*
che da vna parte
terteua Configlio* per tradir*
vn Rè * dalTaltra vn Rè fàceua confulte
per aggrauar’vn Popolo.
Là era vn feme di fepolta difcordià-.
non facile à conofcerfi, qui vn germoglio
*
di crefciuta congiura
carli
*
Le
*
difficile
feditioni interine
,
à sbarbi-
che per
lo
più,ò dal bifogno , per Tirannia cagiona-
ò dal tedio delle preferiti cofc deriiiano * fono appunto come la Fcbre ethica
to ,
,
che nel principio è
facile à curarli;
fi
difficile
à conofcerfi
ma fc fi trafcura,col tempo
de
à conofcerfi.
di
fa difficile à curarli
,
facile
Là vedeuafi vnpedeftre Popolo far teda contra le braccia lunghe de' Nobili
da
qui
le braccia de’
Nobili hauer cuore di
vna Regia tefta Là vdiuafi vna Follia tiranneggiar’ vn
porli à' piedi
Rè, per dar’ inditio di lenncuquì pareua ,vn
r
..
Rè
a<
Cli
.
Rè afpettaril seno, per dilciplinar la Follia,
trt
La tentò yna imperiofa Fortuna d'eieuareà premio di comando linduftrie di
chi obediua qui osò vna feruile Inuidia
dannare à pena d'Oftracifnio il inerito di
chi imperaua
fo
rk
r
l
*
i*tìi
&
lltt
E perche in Cintate di/cordi ,
ob
crebra* Principummutationes inter Libertatern, ac licentiam incerta parita quoque res
Iìl
magni* motibu* agebantur , vedeuafi vna_.
Natione, hor pcnlòfa di viuerc in libertà
8
in
ads
da ribellarli hor*in
,
»ari»
er
1
iori
riti:-
hk:
:erf
:icp,
cciii
ir
tt
jbili
atto di tentar ribel-
mentre la ftefla , voimpetuofa nelle rifolurioni , folla ne’ giildicij , facendo peggiori i
rimedij de’ mali , parcua peccare, perpentirli , e pentirli per peccar di nuouo.
Efageraiiafi finalmente il pazzo abufo
del fccolo , in render grafie al Cielo delle
ftragi * fatte non de' nemici di Dio , ma de
gli huomini > mentre i Monarchi Aliatici
dando titolo di Predatore ad vn Gioue,
facrificauangli vna portione de’ furti , colioni
,
per
eflcr libera
lubile ne* configli
;
,
Ri
.
Ipfumquevocamus
- ~m—'i»predam ì partemque Iouem ^
cantò
^
4
,
U3.<
/
.
i
i
era l'vfo
9
1
l
*
me de’ ciechi Romani
ar’
g
Taci,
D
9
Vl «-
a
Delle Frafeberìe
y6
Tad.
1
Tacito di Gin
Pilone , che all'vdita della morte di Ger-
cantò il Poeta. Motteggia
tei
manico ammazza vittime, e corre a'Tem-
Fe
Ne-
me
rone , ne* quali fi rendeuan gratie al Cielo de gli homicidij , fi marauiglia , che i
(acrificij , foliti à ferii anticamente per pro-
tei
pij
,
e deteftando THiftorico i tempi di
4
?e
l
fperità riceuute
,
s’offrifiero
allhora per di-
letto di calamità lagrimeuoli.
Si conchiufe ,che
per cui
l’
il
maggior difordine,
per cui tentano la Fama i Priuati, cojtl*
e pur fi sà , difa iomma cura attendeuano ;
com.fc z Tiberio à Sciano, cateris mortahbus
in eo (lare confiHa , quodfibi conducere putenti Principimi diuerfam effe fortem , quibus precipua rcrum ad Famam dirigend „
-
E perche
i
corpi
muoiono , ò per interhomogenee,
indifpoiitioni di qualità
òpcreftrinfcche cagioni di fregolata vita , credeuafi da alcuno
,
lìuìo.
,
effer l’Afia
ad vn
mortifero rifehio vicina; mcntr’è delfina
d’ogni Città,diceua Anibaie,’ fenonlena-
feono inimici fuor di cafa,produrli dentro*
'
J
V.
Afia era inferma ,s'originaua da*
Capi, i quali non alla Fama, ch’efler deue rintereflc de' Grandi , ma alPIntercfle,
ne
coi
V»
4
-4
Si
ùu
ile
COI
nii
Od
ito
T
.
Pafcìo
”
Gii
Primo
Si decretò info mma, tutti
5
7
Regni ha-
i
eia,
uer gli Orti, i Meriggi, c gli Occafi ; e’ 4
Periodi d’ogni Imperio, eìfer fatali, co- wia
N
me
jO-
e.
diflfe
Cratippoà Pompeo.
4
Qf,
he
pr&
r
i
Platone organizò con fa fila Idea vna IIat
ben ordinata Republicaj c pur non fep-
pe aflìcurarla dalle alterationi , e dal fine ;
conchiudendo , quodmhil inJlatu (uo matte dt ; fed ambita quoddam tempori,s muta-
fa retur.
Ma , perche ne gli eflrcmi difeorfi moè tiuò Stamperme , che le corruttioni de!*"
Regni nafceuano per lo più da’ Grandi ;
come che ipefei dal Gapo à putrefar co:0n
| mincino , recitò à gli Amici vna morale*
à* Capi de gli Eferciti Afiatici di que)j# Oda
A
Ro tenore.
effc,
A* Gaver:
*
>
“*
r
.
A'
G VERNIERI PRINCIPI
DELI' ASIA.
Cu
ODA.
Autalo infido
Mòuc a
entro
i
martiri inferni
iti
orma di fame ;
E al grane duol dì flagellate brame
Negan dolce momento Arbitri eterni .
E
cibò fugace
voi
cui diede il Ciel gioia di Pace
,
Gite penando in bellica baldanza ;
E pafiendo co' rtfihi
P efiate a C hamo
,
;
ìco
vna Speranza ,
d' oro efia rapace
Chiedon pace
4
te felle ; e par che crei ,
Per punir gli vccifir , fulmini vn Giour,
E voi fuperbi entro fulminee prone
Tate nuoui Salmonei onta a gli Dei •
,
f
Forfè al cader ctvrì Auuerfarlo e angue
Erger credete a vofira
Fama
i
vanni ?
Folle ardir vi Infìnga', à gli altrui danni
Le poteze infierir,gloria è d’ vn Angue
Già
Se
V
Fafcio Primo
}
.
9
2E
Già del Foro venal foprd la felce
Stride Penuria a l’affamate fchiere ;
Mentre i couil di fuggitine Fere
Sopra
ì
Campi
negletti erge
vna
felci
.
Già già di Morte a th orrida licenza
Mtfio rmuntia il Mietitor la falce ;
Mentre * di SpiCa ilfuól voto * e di tratee,
m
Fertile appar d'vna Cadmea fernetta*
,
'tu
ii,
»,
Scoppino pur , guai pria ,
Liarmi del giel
f
,
t
(
0
i
#
t!
^
$
g
Nubi
tonanti
nudo Cult or non pauei
Manca al Nume la meffe , e piu non hauc
La riuenta Ennea l’ are fumanti •
Le
le
.
prouide glebe à la coltura
Marte i Tduri ha tolti;
van dintorno i desìi lumi hà volti
Gli empi Cacchi di
E
in
Centra ftuol Bri are6
L' ingorda man
d Argo la
cura,
miferi audn%t èfiremi
marre à' queruli Bifolchi ;
Anz,i immoti Cadaueti de' Solchi
Ciacdon gli Aratri , ouhebber toba ifemì•
Bejlan
le
,
6o
Delle Trafili erte*
Gli heredi altier dt terren culti , e vafli
Nutre il confin di baffo. Valle angujla
£,
In
te
;
chi Corigin trahe d'Arbor vetufta
ro?a Cafa h umiliati ha
i fafti .
d?affifo in quadriga , e d auro graut
Parue iC S ol, che in fuo carro efea dal lido,
Hor fembra nudo il Giouane
Abido ,
Ch'à fe medefmo è rematore , e naue .
SlU'l >
T
d
Mifero honor de gli Aui
.
Aure di Corte
A
Jl
• )pz
Indarno homai fafto di /angue attende
C^’oue Fortuna profpera non fplcndc,
,
*;
Lo iplédor de'Natali ombra è di Morte.
Già de vofiri Gucrrier gli empi appetiti
A' caftifeni altrut tendon rapina ;
*
\
Ne più
raccoglie
Prole finàie
à
i
’
II,
)
n
homai laurea Lucina
£i
Gen/tor mariti •
r<
£ fe
indarno tento l'egra Conforte,
Contra Ianni di Sejlo oprar gli fchermi
In 'Lan tra i ferri hoggi le Spofe inermi
* & vu inferma hontjla fuggon la Morte
.
Uh
l
4
s*
,
Fafcio
Marnai chiufi
S*} fuga
p
Primo .
?
1
6
ripari
Tefcr di Fabro adamantini ordigni ,
vp
U
Temprano a Marte h ornai Fabri maligni*
per
pt
Ila
H,
affalir le
Veneri, gli acciari .
\
Oh, di legge natia nato al difpre^zoì
Temerario piacer di Marte infuno
Moui à prede d' Amorfor^adimano-, (zo,
Metre à merce d'Amore
hi,
rii
M'vdifte,
oc
Son
•tic.
o
Duci . a t Innocenze
le colpe
Sono
offefe
di •voi sferre et Alaci,
Folli , otte gite?
{
[oft
Amore è prez-»
ah , che le vie rapaci
à meta d’Honor rupi feofeefe
«
Ah, fe'l dolor ctvn popolo caduto
Pietà non verge, il voftro mal lamoudl
Erme fon le Cittadi , e che vi gioua
iti
Votarui vn Pegno, e riempierlo a Pluto
iti
,
A
'
•
'X'
Tn
}f(:
ì
>
;
Habbiate pur su
trionfali Sogli
D'vna Delta corona i crin recinti,
vostra man, che' Vincitori ha vinti,
A'
S' offrali
ramo di
Cuma
,
e vi germogli^
pugni
.
62
.
Delle Trafeherie
jet
pugni in prò oli vofirire arte di Stelle.
fcf
Ampio il Pegno a voi fia, quanto circonda
Fra ilfen etArabia , e d A man la fponda ,
Fra l'Indica Malacca , e i flutti d’H elle , 1 j
m
«aefl
D‘ Alcide i fini , e di Lieo le mete
Varcar faccia volti arme amico
,
>
Cielo ,
Seithia, temendo voi, tremi di gelo.
Libia , bramando voi , ferua di fete
Miferì
,
e che
fa poi f
«
di fpatio molto
Crefc crete a Fortuna il vvfiro Regno
£' cieca si , ma vanno i dardi al fegno i
£ gran berfaglio anco da ciechi è colto
Le
Ca
Qui terminò il fuo nobile componi
mento Stamperme, al cui merito fi bisbiAmici, come ad Ingegno, che nella moral poefia-.
godeua in quel tempo il Candidato della
gliarono torto encomij da
gli
Gloria. Ticleue intanto irritato dalla bellicofaldeadi Stamperme à più impatien-
vna Satira centra.,
comporta già da lui in
te furore, trafle fuori
le
Guerre d’ Alia
Europa
,
in cala del
generofo Egideargo,
incili
mi
£«
Tu
$
ì
.
Fafcio Trimo .
63
in cui vantauafi d’ hauer Tempre hauuto
alle Tue naufraghe fortune , ò’I porto,
ò la
merce j e dando faggio con la lettura di
quella Satira d’ vn nuouo, ma regolato
h
Alle in tal
genere, così adire incominciò.
LA GVERRA
SATIRA,
«•S**33
I
*
Vi
Arme /7JV^^. Arma,virumq;cano.
Le Dóne,i Caualier, l’Arme, gli amori.
e
Canto X Arme pierò fe , c'1 Capitano
gjwftut?
>lco{
iois
wpum s'odia
isb
,
ognun s'arma , ognun vafuorti
T indarno a i Campi il buo Caton eimboba .
C(|
,
'Torna , torna , poltron sfuggi i rumori.
’iit
lei
bel
Suona à morir , più eh' fuegliar la tromba ;
a
al foldo di Pluton fpirti arroliati
lift
T.
itn
Mandan le[alme a quartierarfi in tomba .
Ì\P
mi
L
*
..
__
'V
.V|4
"
mKUi ^ mKÈÈmÈM
Son
^Detle Fr<t[cherie
4a*
f
Son di barbara
j
Regi/ petti
bile
j
hoggi ammalati
e de la bile
i
h
mali
Son h oggi da Rebarbari purgati .
r
/t
gt infiammati
cor
fangui venali
r*
Ordina il Fato in bellica licenza,
E a pienezza et humor purghe borfali
,
Cìa de lujji natiui in afiinenTgt
Viuono i Grandi , e de gli altrui metalli
Prouan gli egri fuogliati vn appetenza %
r
£u\
deliran le Corti ; e perchi
Del
Son
paTgpo Aiace addolorar
le
Regie
follie
i
falli
l ouile
doglie à i
V
,
f
1
alfalli.
(
Tutf Arme e il Mondo
.
ilFantaccinpiìt vile
l
f
Colfamelico degno y e mercenario
de* Regni vna frittata hojhle,
j
(
Vuolfar
am
Anco
il Soli
che ne crea , par fanguinario ;
Poiché sfatto fenfal d‘ Alme
d Caronte
Tutto t'anno fi troua in Sagittario .
ss*-»?*
Nudo
k
,
I
Thermodontt
"Eludo fiuolo cola fui
Suifiera
a fabricarne i dardi ,
Sudano à gara , e r iracmone , c Bronte
I
il ferro
;
e
Tuh' Arme e il Mondo
Sudan
\
ìli.
.
le
Mufi
,
.
a incoraggiar codardi-
e de la gloria infana
Vn prurito febrilfinitola i tardi
.
y
Ognun vuol
£ fegue
Brigliador , vuol
Durindana ;
~
ognun
, ne V attaccar tenzoni ,
1S e empio altier de l' Albagia Romana i
f
i
W
£
I
pur furo i Roman grandi è poltroni
Se la Guerra di Canne vecifi tanti,
,
Confiderate
,
s era di
B afoni.
utt * y/rwd’ e il Modo. il Mar legni ha notài/,
M
Qucfli à
«f
#
.
Che, fe in bofeo natio vi(fero immoti,
Mofiran morti su tonde i pie v.iganti ,
’
'
.
.
£
Nduale £nìa pajfan
di fopita ,
**
remoti
tacita tempefia
i fortini forefiifr
turbati co' moti.
..
-
T—
-
—
6$
Non fan
Delle Frafcherie
Clajji auucrfarie
orma meri prtfia
Col pie de remi ; onde inalzar fa fpume
Di flutti adulterati onda modefta •
'
Già la fchiera di phorco , e' l patrio Numè
Stanno à mirar su placida marina ,
Qual foco efiingua à tante Vite il lume •
'Tute'
Arme
e
il
Mondo à fabricxrruina
U
eh
.
C onera il patrieio ftuolo armafi ilGracco\
E le man contra i Capi ardon la mina.
Aftuol plebeo
,
che per grauezze e fiacco ,
Negan pane i Minifilri ; ond' et rebello
Dona a i ladron de la farina il facco .
Così doppia le ftragi
Che l fangue
vn fol macello ;
altier di
Moflra contra
fcorticato Gregge
i Pafitor
Tajji intanto lo Scettro ,
d
core
,
e ceruello.
chi lo regge ,
Sferra piu , che foftegno y e più non s'ode
Era i rumor de* Tambun vn fuon di legge •
é
<
A
:
Epur
Ai
*
Fafcio Primo.
E pur danfi h oggidì glorie à
«
forma»
il
,
Che
penne
le
altrui
E'I mafchero fatto
Che vn varco
ri
>
la frode ;
manto di lode
mar
le
aprì ne la
E per paffar
\
tU
6?
.
Poeta ogn'hor l’arme dì Setfe t
ti»fé in roffo il
'
’
**
*
d'iniquità diuerfe
/zWfl
^
*
su
di
Salamina
naui Perfe
durerà
la Cecropia
alpina
Terra
Erfe oltraggio di ponti à la marina
.
Canta quel, che Giugurta e' Cimbri atterra*
Quel che corfe da Pella a CIndiano
Per trionfar più * che portar la guerra •
,
p"
y
h'*
Canta quel
lufeo ancor de
Che fé ne
Ne
^
capì
Canta ,
u
1
111
uf
N
xj
C Africano*
l'aria fua tanti Cafiellt
*
da C Egitto al Mauritano ;
»
cti a' Pirenei ruppe i Cancelli *
E doue tien la nofira Europa Occafo
Vd Orto foggiogo di PananeUt»
E
2
*
Canta |
,
68
L
,,
,
,
Delle Frafcherie
Canta , che per valor piu , che per cafo
Die di morfo d C Italia e manco poco,
;
Ch’ anco
tton dajfi al Culifio di
nafo
.
V
4
Canta , chi diede d l’AntìRomd il fico
Quell che fprezzv de ÌEpirota i doni
E 1 nemico a i lioman magno Antioco .
fcr
7
color rA* pifilano d i Cantoni
E' lferro, vfi d far filchi 4franger ghie.
Cangiano in Scimitarre, e'n Morioni,
Canta
M
^
<7
4r/?
^andati la piche
Vrubri / V olficij Sabbigli Hetrufii
£ Cartago @r Athene, e Sparia,e T hebe.
Canta de
’
<?//>/,
,
«’
<7 //
,
,
,
-
-V
I
l
il
l
!
Centra popoli immerft , e popoli arfi
Canta il Valor di Vinitiane Armate ,
Per cui La Rinomea voli riha fparfi .
Canta
M
da fi br ilgiornate
colui , che
jSano
i
Roman quando
,
ilfuo dito intinj
Dentro il rotto VafeL di Mitridate.
fri
-
«j.
•Oig
•
B
Fafiio
gitici) che'n
gitici)
che
glucl ,
Primo .
6p
malinconie Perfio coflrinfc ,
i Sanniti in collera ha dijh at'ti ,
flemme Romane africa 'linfe .
*Canta Colui , che fece dar da
i
Putti
Vn
£
buon Cavallo d /’ Afino Pedante ,
Hóratio fol contra i Pi . . tutte
.
h ornai tanf armene tahle
Febea cuoci [onore ,\
Le cui penne Tromhette aliano un Fante .
M’han rotto
De
il Capo
la Schiatta
Hanno
,
lingua i Poeti , e non han core
;
Core non han , da far morir chi %>tue ;
Vita non han) da rauuiuar chi muore
Chiaman P alla vnaDea grata d chi fritte
.
v»
E
rimirano poi con guardo bieco
Le Palle de i Cannoti) come nociue .
Nel periglio guerrier Serfe fu cieco y
Che )S dfeiugar tante fue Turbe i fiumi ,
C ode ne Cacque y e ghfe danno il C reco*
E
3
£
qudi
70
JE
Delle Trafcherie
quai del grati Pelleo furo
i
cofiumi ?
Manco nel me^zo 'vnjtianhclaua il tuttO>
E fu mortai chifi ponea fra i Numi .
,
Qual de
le guerre fue Cefare ha il frutto f
Chiprima vnhuom\e poifu Dio chiamato
Da vn Bruto a vn brutto termine coHutto*
E
,
Che fa Pompeo quell* inclito Soldato ?
In mano al fin del Traditor rimane—*
Mal capitato , e
Che n'e di Mario l
ben decapitato .
entro paluftrt tane
Di Minturnia palude
Trombe defuot
,
oue
ha paura
difnor sindon le
Si
,
rancs*
Metto fin finalmente ha la brauura •
Chi la dura à la Corte , è vincitore;
Mà nc la Guerra al fin perde chi dura.
Quel , che infegna à temer fot col rigore
D Armi Tiranej tradirne ti infegna\ (re.
Che d’oflequio infedel,Mafho è’J timo-
$
I
Cà
Quel*
,;
,
Tafcio
Qutl, che
,
S* vccifo
i,
£ pur s‘armano
Benché n
Vitti
atti
homicida in van fi [degna
muore . Hoggi T inftabil Diua,
Fi vicende Temili anco in chi regna •
m
mi
viffe
?t
Primo .
i
flutti
Marine pur PArgina,
ctEuboa
Nane fdrufeita ,
C li vrti airifchiar vuol di C apharea riua,
.
£
pur s'armano
Difcordia
E
l*
i
altrui Morte à
Sotto il
,
e la crinita
i
Regi arme e di Vita .
manto et Aftrea copron la furba
i Grandi anzi col voto folo
Collera
;
D‘vn Fecial
u
Campi
dubbi Regni agitale turba-/
i
Ne* manifìfii
De le
Capriccio
lor
arman
piangono
il
fiamme attaccate ;
la Turba,,
duolo
e pur fon tutti ,
jrcj
O' l'acciaio
,
o la pietra
,
o'I folfaiolo
i
•
ira.
ut
(*
JL'
haucr più Stati in fua balia ridutti
C hiamanjiuoui Nembrotti, arte da caccia,
E priuate
le t iti e i
comun
'tJw
lutti .
agri?
%
E *
Hog"i *
ss*
•sfr
*
T*.
à
,
7z
Delle Tcrafcheric
Hoggi il Modo è comun. di Fera ha piccia»
Ogn’ vn è Cacciator di fua ruina,
<y con rete , ò con ferro, ò co la traccia*
S’empia d'oro la Cajfa efia rapina
Ognvn cerca ,fe n hai ; ma non già donde•
,
Buó* odore è il guadagno , e fia d’orinaCosì alTiranno
E intanto
Terche
il reo penficr
il furto
lecito fia
,
rifponde
j
altrui più che Spartano,
non fi nafcondè
.
à radon forza di mano.
Purché in Erario AVllcIian fia viuo,
Moia ne Tribunal GIVSTiniano.
Fa guèrra ho^ei
1
4
Morbo
'
e de* Regni
vn dominarfurtiuo
;
GRECOfu, SETE d'imperio
Fallo fu del LATINO, vn' ABLATIVO.
Rine del
.
L'htman defio per dirnela fui [trio.
Sempre il Mondo fconuolfe ; e nonfapete ,
Quatto nocque à Utaha vn Defidcrio ?
,
Con fecca Morte
à le Tartaree viete
Pocht Tirarmi andar pero
die foie
;
I,
Vcfjrro Sicario
a
Galliche Compiete .
Formar Uggì infornai guaftar
,
k
%
Son de
Chorrida Guerra
L fon fabriche fue
dittine
atti levaiadrt
laltrui ruine.
.
Oh cjfranti
, oh quatti in fra i co
fritti Padri
Tentar con l’arme altrui farft Padroni
£ del Trono Roman dtuenir ladri ! ,
M
Sfami Cefare tu
La libertà che
no.
,
U o,
,
Hel tuo Capo Tirannico
.
£ in guerra
lo,
per qual cagioni
in tanti
V
fOr
Quando
Al Porco
Tu,
Uì\
lioj
membri hauefi ,
riponi ?
tu Vefpafian , *7beffi ,
v
3
in pelle di Volpe , * di Leone
d vn Vttel guerra
mouefii ?
che armato
ti fpecehi , */ tuo ladrone
h x l°r > perehe non guardi ? batter ti vanti
Km
col ferro
&
^ pur
nafccftì Ottone .
Ladri
\
-
•
.
?
M
t
W
#
fDelleFrafcberie
•jj.
Ladri de T-rni altrui fur tutti quinti
Ladri fur gli ftranier , ladri i Romani
Ladri fur Capitan , ladri fur Fanti .
E fe furano
in guerra
Se fura
Capitani,
i
altri in
Che furatigli
il Capo
,
guerra capitati
le marni
hor che faran
un
Sono alCapo regai mano i Soldati,
Sono a r Inferno altrui Spirti infelici ,
Sempre nati a dannar, fempre dannati . ^
C
Jtajfomigliano il Gatto
,
il
qual nemici
w
Topi combatte, e in cafo cCappetito,
più de Topi ladron, ruba a gli Amici
Si
.
Oh Numa tu, che intento al facro rito ì
Mai per rubar, ne per pugnar con l'Hojh
C,
,
Da tHojlta
Mira,
Son
non [et
partito
coni hoggì
le defire
Le [aiuti x
•»
d’ v»' Aitar
k
»
e
à Aggiogar difpofie
de l'Afta e ne l’inganno
;
le leggi alari
ha rtpofte
0
,
OTa-
Ut
Vi
k
u,
\
0
'
Fafcio
Primo
7}
.
Compagnie paganfi ogrì anno ;
Ter^ty 0
T
Perche contìnue a noi fian le
ergane ,
Perche fra noi la C ompagniafia danno •
ft
.
Padren , che fi dia pane
. hoggi chi regna »
Voglion et Afta i
a chi[quarta le carni
iti!
Sen/a pelle intaccar, non tofa lane
ut
Con
•
t Arm i hoggi fi affiegna
una tuffa
ella gabba , vna Gabella tnfiegna%
la feufa de
fri,
Al Vafalle
ni
Ma
cti
pacifico
;
Per dar neruo à la Guerra , hoggi fi loffia
Smagrato affatto il popolo di un fangue •
Che i lombi poi di porca Pace ingrajfia •
i
1
,
ir,%
tt
"jji
Cofi contempla il Tributario efiangue
Picchi i Mintflri , e ’/ popolo tradito ,
Vn
0
f
gj
»
nemico , che ride , un Re >cbe langue«
buon
Secolo
doro ,
otte fei
gito ?
Re tue colpe i tuoi colpi erandiciancc •
Marte flava prigion per JFUoruficito »
,
*6
XtggeM
Delle Frafckerie
Afirct con
le
due
spada ancor non svdia
;•
ira»
mdn Siùncc,
,
ne Capitano «
tele di ragni infra le lance
.
Il,
Letmo hauea Vulcano
carte,
Sempre rincbiufa , e non legge af in
Giano .
Ch' apriffevfeto di guerra il ve echio
tei Bottega di
.
Fortune altrui godea la parte
Senza riffe il vici n \ ne parca nato ,
jV dar martiri , afar Martini vn Marte
De
<J>
le
,
’Dormia fotto vn fol tetto vn vicinato .
/ Conti e Contadini eran C ognati i
’
,
E
in tutti apria fpirti conformi vnfdtt,
Cauta Sobrietà tendea gli agguati
A' chiùfi morbi e in faccia à Galateo
Facean da Trombe , e da Bombarde i flati
*
;
E
s'vfciua
Era
il
V
ùc
o da Tìfeo\
vna brufea parolina ,
Meffun fia da Procure
.
,
cenno d’vn guardo
^
vn Caducc»
u
•yier
t
pì»
i
A
I
,
Fafiio Primo.
77
Pace era vnaSerua; ella in cantina
h La
Spillala i va/t , e a le celle nette
fi
W(
Con la /topa et oline ogni mattina .
:dT
Il capo non rompean tante Trombetta
11 braccio non ntouean tanti Tamburi
r
]
il eor non accendean tante 'vendette .
^
r
"Non fi fi a porta
,
ó chiatte à gli
h abituri J
Licite Lune bau ed l C telo # non la
(
Le Tortezze crandAlme ,
e
Terra
non di muri •
T^ion reggea Piato
.
’J
ancor Regni/otterrà \
non patta di terren pondo ficarca
Riprefaglie di furie Anima , ch'erra *
E
.
forbici sfitccendate battea la Parca]
^
Ne trahcua Caronte a le fue ritte
Reggimenti di fpirti in sk la barca l.
non facea d'opre /urtine
i Regi ; onde ve sii a t Inferno
Serica i lauor penofi ombre fifiiue ,
JProcejfi
Eaco su
$
Altri
1
78
DelleFrafcherie
Altra Natura ha il fe colo moderno
ìm
o
Solfra lire del ferro e lamor etoro.
h
Sol di J,angue la giù nero è tl quinterno.
'.
Cl
Sol co'furti foJHenfi hpggi il Decoro ;
Che megho e il dir.de 1‘altrui robba io viuo,
:
hì,
a
Che' l dire altrui.fenz,amia robba io moro.
L\
f
Vanti pur con beltà angue attrattìuo
bn
Frine tra i Greci fuot. d’oro il femhiante
B
halafciuo.
hoggidì
volto
Frine
Più di
|
-
Fc
Di man d'ingegno educatìon cotante ,
Dal nafeer del Bigatto al far calzette
.
Non pofe mai
Vn'
»
lltalian Mercante ;
guanti in viuande ,
in habiti
,
in ricette ;
]>'
Perchabbia
fuo fcola di culto
Scolamenti di borfa vn Padre mette %
ii
il Figlio
b
j
£
4
E pur laffretta al tumulo vn tumulto ;
E per belliche vie mouendo l'orma
'
k
,
Stimola a fera
•-*
il fuo
meriggio adulto •
Porge
I*
Q
\
.
FaJcioPrim.
79
Porge al Fanciullo il Preccttor la
.
Per trarlo da
m
Che prima
le
man
del faper
norma ,
cPvn' Ignoranza
Anime
l’
informa,
Ma in pochijjimi di
\
torna à vacanza ;
Che l voto Padre fuo penfa , che fi 1
L'empir la tefia y vh crapular di pania .
0
Son
\
•
,
morbo de le menti,
Fatiche da poltron, mal di pazzia-.
s
»
le lettere in noi Pedanteria
Beffe di Corte, c
j
;g
Vn'huomo Elementar
fol
gli
Balla, che lappia; e perche
Baflan fol de le Scole
i
Elementi
ftia
fondato,
fondamenti •
‘
tt!t
Sì
dice il Padre ; e'I Figlio
Jregolato
'
Z>e le regole altrui lafcia il precetto ,
i[:)
£
(l '
’
>
(l>
col furto gtterrier cangia il
Donato .
Hot brado impugnafior s impugnala ilpetto ,
or dà colpi à credenza , hor le nfeote ,
,
H
Guerriero in fifiodeetmori fretto
-
,
so
, .
DeSe Frafcherie;
1
'Al
1
Guerra armi idiote',
.
più atto a rimitar fpalle al'
Ch’ai nemico Guerricr montar le gotc K
i» musai à
la
D
La
nel vitto rapace,
&
impudico
1
7*
1
'
'
$]
S'ammaeftra il Gorgon ; finche flagella
yn colpo nmtto il fm colpare antico •
.
*
•&%
La Guerra è
p
va’Aite,incuila vita ancella
Stadi in lezzo de’vitij, c’n cui fi della
Più fentina di mal, che fentinella
Ecco in carriera Anibaie
i arresta
Ci
;
Su le Campane vie tanto è sfrenato
Che in Terra di lauor /tonatogli afflai
,
f
Tra i fomenti di Bacco effeminato
/£ Roma , che 7 defta , l'ebro non pa(]a\
E l’ opre d'vna man vince vn palato .
vn Marcantonio a Uffa , .1
Che, per tracciar Madonna Cleopatra ,
La Signora Vittoria a dietro Uffa .
Seco fa fttinga
tfc
AU
v
Fafcio
A
•
1
la
Lupa
Primo .
di Rima,
il
teo
8 ri
non latra ;
T
Perche corre et Amor dietro vna rota ,
idolatra .
E pria , che Vincitor ,
1
^
le gioie fue
E pur
dentro
vna fòia
;
mentre heuèa , vài!? il Ufiirto,
Ch’ altro non è , ch’vn fòl boccon la Gioia,
,
Ch
f
per non parer ne tammd^zar cattino ,
generare è buono ;
r#
r
*
£
che gradi di bene hoggi ha Gradino •
Cia fu ragion
etvn bellicofo tuono
.
il ratto di Bellezza fulminanti ;
Ho^gi effetti di guerra i ratti fono
I
Ea polare
E di doppio
f,
t
à l’Amante ,
a la fiete,
Scolar Marte e il Pedante
ja folate vn Amor
i
reni
bicchier Bacco
•
Voi, che ef ira venti tAlma accendete ,
E con la man, che doppio [angue fura ,
per dar le piaghe altrui , paghe volete ,
a
,
%
9
Delle Frajcberie
S.zi
Voi , ctiofate atterrar de là Natura
Vofira
Di
il
Ut,
vigor , per rinforzar con Arte
pofiiccio
padron
l’
armi
Voi, eh' ad altri acquiftate
,
,
t le
\
ì
mura ,
(
pam
Ut
e hauete
Ne
.
t altrui danno , e di fembianti ignoti
Fate vecifar pria , che nemico vn Marte*
Dite
infelici voi, dite idioti
Pereti amate
%
Da
i
vn
ti
rigor ? perche vi piace
Penati a penar torcere
i
moti ?
fonando parte à la Guerra vnhuomo audace
Non credo già , che la fua Madre dica,
Horsù Figliuolo mio vattene in pace •
Ma dirà bene, il Ciel ti benedica
F vuoi lajfir quefta tua Madre
v
C
&
Per gir nelfen de la tua
tot
l
,
l
.'JA
.
nuoua ,
Madre antica
(
!|
4
;
H
Moggi Ippolito alcun non fi rinou ;
E à rauuiuar quel che di vita e cajfo , f
Altro vi vuol Fratei, che chiara d’voua,
*
f
Monta
t
.
.
.,
,
m
Monca, tifino vn dì mefto ìlfuo fajfo,
Portando inuidia à vn bel Deftrier robufio
Ch‘ a tocchio del Padronfifacea grafo ,
w.
Mavifto fot darme
rii,
il Cauallo onufto
Ctì dfitto di TrÒbe infra i Cano mar ciana
Sorto il Trombo n ,fparò il Cannon di gufo
(r*
'sì
Oh fon fui io dicea vifo di faua
°gg* han fortuna gli Afim far mìei \
Et io fiocco Afinon mi Lamentaua
,
fk
f
J
fa
,
H
Dir fanità tAfinità fotrei
Non vo à morir fcrcti Afino fon nato
E yfevandajft.
ft
,
;
Arcafino farei.
A? Guerre andrò quando non ho fiìt fiato
,
Che, de la felle mia fatto vn Tamburo,
Darò morto foltron core al Soldato .
0.
'
ltl
Meglio , Amici, e il camfar ne C h abituro,
che habitar camfi i cori human confila
.
jf\
jj
Non la norma
A
Pelea ,
ma d Epicuro
-
*
hnA
n
F
i
L'Oio
.
SjL
.
'Delle'Frafcheric
L’Otio è Maftro de* mal , la Pace è /cola i
Oue imparano ogn’hor le Turbe tenere
I
mal de
la.
Lulìuria, è
de
la
A
Gola.
Meglio è Marte feguìr,che ftar co Venerei
E Valor ne la Guerra incenerire.
E viltà ne la Pace il couar cenere •
v
Le Fortune à i mefehin porta vn'ardire.
Le Fortezze ne i cor crealafciagura.
E' de’ noftri dolor gloria
il
foffiire *
Cedeà Forza Ragione, vna Brauura (ria
Regge il Modo, e corregge, e’n lui lì glo-
Non gir foggetta à
lordili di
Natura
.
Hoggi ìn battaglia è vn’opra meritoria 1
'Folto honor , tolta vita, e Regno tolto
Quel che in pace è vergogna , in guerra
(è gloria.
Cercar venture al vento, opra è da ftolto
Di Marte al Venturier ipeflfo il Dettino
Da col pocolpatire vn goder molto
i
Anzi
j
.
Fafeto Primo .
8j
Taladino.
Anzi quello è vn pende;*
Campar la vita,oue la Morte accampa;
E vna botta arrifchiar per vn bottino
V
.....
(lampa ,
gfiefle ragion ne la fua mente
Chi tra Fere et fopo ha d'huom la lingua
£
Chi fatti ha di Leon ,fe non ha zampa
,
.
pria che vói famma di Cielo cfinga a,
Brani Tifei , deh non vi fa ctifdcgno ,
Che contro uoi le mie wagion dif ingua «
Ma
Ter la Fe, per la Patria , e per io Pegno
Son tire bone(le , e uoi mofrate ardire
Ter una paga , ohibò , vender lo fdeguo.
Me farebbe
uergogna
il
uender t ire ,
Ter comprare a lauita un allegrezza ;
Ma uoi per foldi , ohibo, gite d morire
Soffrir cafo di
•
morte e gran fortezza ;
la patria tana ,
Ma il tracciar lei fuor de
,'*Al giudicio de'Saui e debolezza*
5
3
Colui ,
,
$6
.Coltri
,
Delle Frafaherie
rJr fìen fra la delìtìa vrband.
Incruftati
Regno
fuoi giorni e muore poi,
può di compostone h umana
i
ejfer
,
Ma
di che lode fete degni
Che v'offrite à vn morire
voi.
,
Dal viuer
afpro
Nefiate à dir
Da
,
\
il
qual vi leua
e dal peccare in noi ?
,
che il voflro Honor
ricetta.
caduta di membri vna [alita,
filuaft Pallone cui l’atterrar [cilena .
Parche
il voler con perdita di vita
Perder ffenno maturo , o etade acerba
Sol per hautr Refurrettion mentita
,
morendo in tomba dherbai,
Efperar poi di quella Diua i ratti, ([erba.
Seppelliifi
Che trahe l’huom dalfepolcro ,
Morti immortali miei
Pronafte Inferno ,
coffa
e
e in vita il
da matti .
& anhelate à Gloria
Sperateti u
nome
,
e diffperafied fatti.
j
.
Fafcio Primo .
8?
Sapete voi quel eh e dira CHifioria ?
Ch'ofafte hauer la Volontà cattiva,
'Sol
,
,,
,
\
.
per fami chiamar . Buona Memoria*
può viver in pace, in pace viua
Clfi
Nonfa torbido inchioftro i nomi chiarì.
,
Coni*altrui penna in Ciel maino s arriva .
La Guerra al Gioco de le Carte è pari
Doue fi perde * e vincefi tal volra
.Doue aflìftono Rè > Fanti, e Denari*
Ma
più la Guerra de le Carte è ftolta
dipinta à Spada vera,
Che da Spada
Da Punto
à Punta è differenza molta.
in van non fi fiora , in vanfi fiera ;
An%i del colpo onde vn Guerriero e morto ,
Doue
,
La
colpa del morir fiefjo e Mogliera *
tronchi da voi con fiotto corto
Lungo fiorar ; perche nel Campo andare
Non è mica la via d'andare a THorto •
Non fi
? 4
far.
l
&S
M
m
»
'Delle Frafcherie.
fur^fe in Campagna piaceri di filarè ,
E qui vibrar ne gli altrui membri il Ferri,
Huomfia tra voi , che da le Fere impare «
£
quando mai, doue fa mtnfa
il
Cerro,
À l'obliquo ferir d irto Cinghiale
Q,
Li
,
Spirar fi vide infuofuantaggio il Verro
Al piu fiacco £eon colpo mortale
V Herculeon Nemeo mai non auuenta\
So
,
Nè
al compagno Rigor
Tigre fa male •
Sol di fua filirpe efiirpator diuenta
huom eh' à turbar tutt'i mondan cofiòrtiì
£
f l Tauro tenta
.
\
Mira in vn giorno fuo Febo piu morti ,
Che in vnanno non crea T urbe nafccntt
Nèftmbran pari i nojlri Occafi d gli Orti,
;
Piange fi uol fcminil £vccife genti ;
•
Le.
,
Varcar £ Alpe / Atlante
Mi
1
oi
EHfejfo in vau.per rtiiouarl(u,fcampa ;
c
Che ,s\auanzaterren , manca»ferventi*
J
^
t
i
'gufi*
,.
.
Fafcio Trimo
Slue/lA
alme» ,
Femine auancate
Eflingnejfe le
*f
Se moiòn l’opre
i
Dal
i,
E
-,
vdite
vampa
.
che vai la Rapa?
Feri» Pace imparate ;
me, fé
Vera faper
jit
nti,
cofittme
altrui,
, .
,,
z#
.
eh' arde noi , bellica
rm
,
et opere guerriere
la quidtta
bramate
.
.
>
Sonle Guerre de l'Afia H idre, e Chimere
Per diletto di Rè fon Cacciagioni
Per Inferno de’ Popoli Megere
Me rcantie
fon di Ladroni
à fe Corpi d‘ enrrata
Fa de 1* Anime altrui càbio à i Demoni
Lecite
Che
fa
>a,
per
tirar’
Ma. che? da voi
Soldati hoggi e formata
20;
V onta Infernale la Mercantiafa C accia
0jj
Fiamma nudrite
ff t
t
.
voi , che in altri e nata
Voi d*vn Capo regai fiere le Braccia
Chtfarguerra in perfona il cor nonjiaue
,Z>t farla poi con vofira mano ha faccia,
v
m
Schia-
.
Delle Frajcberie
Schiatti , e Remi
voifiete à
l’altrui
Nane j
Siete V igilie voi de l altrui Fette ,
/Wfer#* Porte
«.
*
.S’i
, <?
Sentinella , £
^
C hiaue.
*'
t*-
pugnar per altrui voi non
O'i itè fra
lor
O'i Rè fra
lor fi
correfie
s dggiufieriano
romperian le
Hauer, fenza pagar,
i
,
«
^
guai ;
tefie •
•
debiti affai,
Perdere, e Tempre hauer vitto, e veftito.
Far guerra ad altri, e no combatter mai,
è de* Grandi; ma il Soldato ardito
Stenta , le viue > feruc , fe hà comando;
Se perde , ha male ; fe deue , è fpedito
Vfo
(>
I
Non sd il mefehin,perche maneggi vn brando;
Corre incontro a la Morte
Afpetta la
,
e non sa
doue
1
;
4
Vittoria , e non sa quando •
1
Sotto il firnido
Marte , difreddo
Giouc*, \
Da’ Penati domcfiici lontano ,
Vero timor alfa fperanza il muout-•
f
4
.
vFafcio Primo
9t
*
.
>
'(mano)
J l
SefaCRA DA SSO il pie 1*ASTOLFO ha in
Keftitoha dì GVIDONy no di ZERBINO',
E‘ n mezzo } FERRaù sepr'e T RI STAno*
,
*
, -
FRONTINO ;
E fempre vn RODOMO NT E ne lafame
E fempre al Companatico un SOBRI NO «
Sempre in faccende fidagli
;
l
r
Efipete
,
perche uote ha
Se de la
E
Pero
1>
*
x
Fame
le
brame?
la Guerra efioreIla,
douer , ctiuna Suora un'altra chiame
dijfe
in battaglia il
Re di
Pella i
Se et Aleffàndro ho fiabile il fembiante %
Manca il mobil di Magno a la mafieIla*
E che
direm del rtpofdr
Aun
Fante ?
Ha ilfiolper piameli molle Cielper tetto;
Popi la tefia , oue uagar
le
piante
•
Marito de la Morte è ftato detto *
Più che Fratello,il Sonno de la Guerra ;
R
Perc’hà pari fra lor la
A vi
Tombali Letto »
Anzi
.
\
Dette "Frascherie
p2
3f
Anzi
talhor chi per dormir s’atterra]
;
Gli aperti lumi fuoi non ferra mai ;
0’ non gli apre giamai quando li ferra .
\
,
A!
Dunque
dfonni ficuri
Ritorcete , o
,
i
vostri rat
D
C ompagni ; e del Compagno
Sembrino al vofiro mal Medici
i
c,
guai
Ik
Ac cbilie infra iGuerrìerihebbe un guadagno]
Che inuulnerabil fe ftigio Pantano
Tutte
le
membra fue fuorché il calcagno,
h
Paffar volete Acchille ? e batter lontano
Ogni rifchto guerrier dai membri vojlri?
Date infuga il calcagno ,e anetieifafatto %
T
Siate ì piu brani voi de* empi nofiri ,
Piu foldati de' abij y e de Marcelli ,
F
Più potenti di Dario , e di Seffiri .
t
m
Siate pur quei Smargiajft , o Farinelli ,
Chefpatcan Guglie> e fpiccan Promontori
Sbejfdn Gtgantt
,
e sbuffati
Mongtbelli»
ni
se
tic
Fafcio
T
De
i
pi
•
o
Decori la perditi , t Je cori
farete \ e col ceruello infuno
Non foni
;
»
Primo
haurete
i
humori
radicali
•:
Al ferreo colpo ogni corpaccio humano
Diuien criuello ai fin, ma non da biade ;
jch’v n bel morir no fa magnar pi» grano.
«n
à>
Dimettete
ni Foderi
le
Spade /
nel corfo vitale che ve rimafo ,
E ofate tl pie su le natie contrade •
E
,
t
'(k
E, già chilVERBO mio v'ha
C-0 A
a
(to,
perfuafo
CORDA t\\a da huomo
,
e no da Put-
Concluderò , che de la Guerra il CASO
ii:
,j»
Sfpre il
GENE REfi NVMEro ha difrutti.
V
/’
f
era, benché poetica, reputali la deferittiont delle Afianche guerre , e di quei follihuomini, ch'alia militia arrollati, lcfo-
mentauano ; e però fu così còmendata la
nuoua forma del Satirico fide chanci
deteftata Fan*
# defilarle hebbe arte, come
^
,
barbane de gli Afiarchi , che di con>mendarle hebberp jutura.
tica
5)
*.
9
Delle Frafcberìe
^
di niuna
Si ponderò, che i buoni Poeti
cofa più agramente fi rlfentono , che delle
Guerre, le cui turbolenze ftruggono in.* s
cotanto alla
cflì quella ferenità di mente ,
poetica facuità conueneuole . Non piacneua così Ouidio le miferie della fua_.
relegatane, come il vederfifrabellicho
feorrerie malficuroj ond'hcbbe à dire-».
0 n\d.
ou!d.
6
Precor ut pojjtm tutius effe mifer ,
&
li
al-
troue più chiaramente
7 Terra uelim pr*pior,nulliquc obnoxta bello
Detur-crit noftris pars bona dempta malis .
A’ tal propofito recitò Ticleue le fcguenti facetie , compofte già da lui in Europa, mentre vedeuafi, con genio auuer.
fario ali’ Armata , coftretto à feguiro
ma
ìtìeflad’vn fuo bellicofo,
Principe le veftigia
giuftiflijno
ìu
i
V<
•
Dt
hi:
, f
h
t
3
,
QTfclh
t.
**
v
^
)h,i:
r.
, iti? i J
il
i*
C‘"j
«
— —-
Son
I
,
,
ini
On
eli:
l3
alt
pii
chiamato à la Guerra,
& ecco porto
Pria, ch'io giunga ferire ,
à
Alma , pria d ammazzare,
V
l
£ ,pria etimmortalar
,
,
vna ferita ,
èfuorhfetta-,
faccia ho dimorto
.
tua.
Io non fot huom di fpirito
ire
Che
t
Trdr
£àr
J
td
e
i
lB
iiu:'
penfi
'
vn
la pelle
dì fra
sì grofjò
gìimpeti di Marte,
a nemici ,
e farne carte
j
inchioftro difangue , e penna dojfo
.
Tuon
di Bombarda, e Fulmine di spada
Celar fara ne la mia vena ilfangue .
»
Dotte cafca la gente , e doue langue ,
Forzi} , che’l verfo ancor languido cada
ufl*
3jp
0*
Ne auuerrà mai
Giouial Poefia
,
che'l Martial' lanoso
>
mi faccia fare ;
An\i fempre farà l’Intercalare
De la mia Canzonetta, ohimè, chiù moro ,
De' Bronzi} tuoni , e de le Spade i Lampi
Cantan le Mufe entro Cafialie mura ;
Che fol conuienft a F emine la cura
Di domeftico tetto , e non di Campi r
-
Aman
*
’*>
1
.
,
p6
Delle TrafcbertQ
M
Antan quiete
i
verfi. in folitari
Bufcbi lidi Filomena erge i
puoi canti ;
£
muti i pepo/i guidanti
fua cuna ilfremito de mari .
fiatiji
•*
E
ver,fi il braccio mio gli
Che
lt
Lettere,
Ma finto
•
.
I
uomini atterra ,
ci Armi hauran tentone',
dir, che fintile qui ione
fi
le Scole e non in
,
Guerra
Si decide a
’•
1
Da ì perigli guetrier fuggir
lontano
Sempre fui uago, e di
combatter fchiuo
Pmhetmeinnft,
:
inetti tuffato tonino,
Son formati dtp,ede,
e non di mano
Come dunque
eantar le confinante
Pofs io di Rime al rimenar
do tarmi ?
come vfitr
da la Stanza i carmi
p
£
'
mn
mftra Campa fatta è di Stante}
^
E
cS
nar„^
Fame ndJa
lÌ
Provincia di
faW
6ueUarde
n-K
'
>
Mcn
'Mta ; mt
ruoi mali
•
Tot
narratiua *Ue
-T al,a
giurandoli, che
ac
Kmita Afiatiche,
e
ca
I».
Faine'
,
.
Fafcio Primo.
1
'Fame non doueua
97
diftinguerfi col fileni
tio dalla bellicofa Sorella , di cui l’antecedente Satira haucua rumoreggiato tanto
Rorazalfe recitò la feguente Satira in per.
fona d’vn Poeta , che prouando nella Città di Side vn'infolita penuria di pane_f,
i.
m prende partito di lkentiar da fe la
K
ri.
<0
Mu-
fua
ia , per potere , tra le fameliche grauezze,
da
cotidiani difpcndij alleggierirfi
LAsatira.
FAME
V
*
V
I»
Orna
Mufa >di phocide al Paefe;
£ su i Nomi auandati alfecold’croy
»•
,
o
Filando Et emùaccampa à tuefpefe9
ili
ìo mi pafeo
di fpùhe
,
non
e
etalloro ;
V
I
E mal potrei ne immortai tuo Chiofro
Viuer difama hor hot che difame io moro,
(’
'ri
,
Hr
f
“
%
v*
»
•
A
.
.
*•!•%.'
\J
_
^
*
.
Non ammette due cure il petto noHro .
Ne la .compra del pan fpender moneta
i
a;
5
ìtf
Nel crear poefie , jpurgere
tnchioflro
,
,
lic';
t'I'f
inf
&
*
è
«
>
*
,1
1
*
*
.
Delie Frafiherie
9*
<;'
“1
legge inalterabil di Pianeta ,
£
Che (tia fempre sfornito
Fin che tu fei Zitella ,
.
•
Doue
fon Pudicitie
,
iui
il
&
-•
f
no Uro Forno ,
io
Poeta .
ha foggiorno
D
mal de la Penuria , e’i bcnefìtio
Sta de la Copia oue fi troua il Corno,
Il
»
no/tro , ou'ha guadagni il vitto %
non haurai di pan corpo [atollo y
Nel fecol
Tu
Se non vini di carne a
lelfi
fi
l’efercitio •
b
già di parnafo al Protocollo ,
Che fra'l Poeta >el Pan nata e disfida ì
Apollo .
Perche fecer rumor tane ,
&
£
vn Poeta in van fi fida
Pan le cortefie
(da »
c Tenea da Pane,
e non da Phebo vn Mida' Ricchi
V
Trottar hoggi del
'
V'e peggio ancor , lantiche careftic
Dà Natura eran morbi , e le moderne
Tofticcìo
mal fon
di rapaci Arpie
•
A
99
Già la Figlia di Cerere da inferne
ForTgfu tolta e da infernali brame
Rapita boggi vna Cerere fi fccrne.
IV
,
Drudi
io
Di
io
'
i,
£
•
oa
ladron con
Cerere
i
le fenfali trame
granar grauidi fanno {
in cafa altrui fan feminar la
7k
Fame.
Già promìfer penurie al teagio* Anno
Le Stelle
boggi à l‘ojferuar de*patti
y
Quel che'l Cielo ha promcjfod Ladri dano .
*
&
;
,
Da* Campi fiejji hanno i frumenti efratti
ifi
*
tt
Certi ingordi Campion ladri da fune y
hauer , piu che le tratte , / tratti,
Degni
d
Voglion cofior
fi
, che le plebee fortune
Orfane fan d'argenti , e per vn peift*
Adottine penurie habbta il Comune *
•
n
\
^
Al buon
Mercato
il
mal Mercante auue^zt
Eftrahe , per guadagnar comprifrumenti ,
F fa falir
nel pan calato il prtffro
G
2
,
Quindi
,
,
, .
ioo Delle Trafilerie
Quindi che nafee poi?
Sicarie genti.
Perche giunte Ji vedono a Poliremo,
Ferman
la
man
su
i
peregrini argenti
,
Piè fgomentai Ladron la Forca ,o'l Remo
Che le Panze de l'huom nonhan cerudii \
,•
Nè
fi
pafce à configli vn ventre feemo
Per gli altrui falli hoggì prouiam flagelli .
Non v'e Farina , e Farinaccio e morto.
Mancati Farine , e crefcon Farinelli •
.
Se non vedo Trittolemo riforto
Prejlar fervenze à careftie Villane
:
Veggio ne' pianti ogni appetito ajforto .
&
Hecale ,
Irò in su le ftrade vrbane
Chiedon piangendo a l'imbriaca forte
D'vn Mida auaro vn vomito
Ma quei non apre
,
di
Pane
a chi non porta, porta
F) fi pur getta vn tozzo al Pellegrino ,
Lunghe non fon le carità di Corte.
Muore
.
;
*
r
Fafcio
Muore
La
’
e!b
Primo
i
-
or
intanto ; anhelando *vn fol quattrino^
Turba
,
e in Corte poi viue alperdente
De' p oneri palati
il
Palatino
.
così va . Se nel rodente
Digiun mordo gli Auari, ha gran ragione
Morder la linguafior che non rode il dente
Mufa mia
^
®
^
'
.
di me tompafilone ,
Se fiam fiorai tn fecolo peruerfo
Io cangiar efcrcitio , e tu ladrone .
Babbi dunque
^
E' ver,
t
W
r»
da Virtù
diuerfo
Ma, per girar di Poefia lo /patio,
Non han forza digiuni i pie delVcrfo
-
W
’
che'l cibo e
>
,
/Quando di Lira il Sonatore Horatio
Canta Euohe dOttauian ne CHorto ,
Credcmi,Mufa mia , che'l uentre ha fatio .
\
;
0 Non fa immortai la Pouerta fa morto v
La V ita è vn nauigar porto la Gloria
^
Ma non va fenza bifeotti al Porto
fft
,
•
Wl
,
.
fi
G
3
Po/»
«
;
,
io2 Delle Frascherie
Voler gran nome entro t altrui memori* t
fri* etinalzar Le fue fofianze nane %
E' vna vera follia di vanagloria •
Son già da
me
le
Poefe lontane ,
ho concetti
£ fol ne* PANEGIRICI
Perche GIRO ogni giorno à trottar
VEpicuro,
PANE
•
che etAtomi rifretti
Compofe il Mondo, il noflro Pan guardajje
XfAtomi noi faria ,
E
s*Euclide
,
fa
ma
di Panetti •
noi vita menaffe
Direi, che il Pan , perche s inghiotte inter0,
.
Vn Punto indiuifibile
chiamajfe
Vuoi tu fentir con attra frafe
pan fignifica tutto
il vero
-
vale il dir
,
?
in parlar Greco * (zero.
Ma in lingua nofira hoggi ogni
Ne
«
Pan
d/ Eternitade hai
1 giorni tuoi fan da
Mentre la Menfa mia
e
vn
teco.
Parca guaft ,
la Par ea ha feto.
la
, ,
.
io
TafcioTrimó
$
Z* Menfi mia Siracufini ha i fifii ,
Se di Panche non manchi
£ copofta »
Pan fu Dio de* Paftori,hoggi è de’ Patti*
f
.
;
*
,
••
una Pagnotta tofla
D'vna Fame dentata era il rifiuto 9
S'al tempo antico
^
'•
Delitia da /dentati hoggi e la crofia «
^
]
J
f
•
^
^
[ J
|
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!
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|
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J
,,
K
i
JM
Sparfe molliche homai, tó^zo caduto
.
,
T
Non
trafeuran le menfe ; e non fi vede
Con
la
muffa cerulea
Pan barbuto •
il
Muoui dunque da me , Mufi
E
y
il
tuo piede
credi à' detti miei \ già che la bocca ,
non s’apre a magnar > s*apre à la Fede»
ii
Chi fdegno
Anco
(f
A'
i
caricò
SÌIlOlù* ì/IiO P! DlOIBtJ
,
Satire fcocca
*
l’Oche affamate bancari baldanza
Galli sbraueggiar dentro
vna Rocca»
'
1
&
*
ti
v»
v'/U
«
i
•
;.w
fc
v
’v
Mentre dunque è di Pan tanta mancanza.
Che fol ci refia ilfupplicar Fiorenza
$ Che de la Crufca fua c'empia La parila,
,
,/«
.
1
-
rr
rr
Jl >JL
C
J
4
•
'
.
:
m
%, *
’
.
[io£ Delle Frafcherie
'
Habbi M
i
'
mia bella, babbi patienza .
La gran Penuria hoggt a penar feforta «
Hoggi,che manca il mcrto à l’aftinéza ,
«
E‘ il viuer caro e Caritadc è morta .
,
I
«<
1
ufo.
j
(
,
Famofa , non meno che famelica riucomunemente la Satira, recitata da-
Icì
Rorazalfc ; e quali che la Fame del Componimento hauefle hauuto vigore d’imprimer contagio della medefima ne gli
ftomachi de gli V ditòri Amici , paflarono
tutti indi à poco alle loro Cafe , per adempieruene i voti . E qui parue alla curiofa
Brigata d’hauere impiegati in profitto d -
opere
gli efercitij
delle lue follazzeuoli
parole in quel Giorno
,
*
^
£
%
[
jj
3
,V\
ir
Line del Primo
v
t
Lafehi
/*
.
.
*»
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*
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Ci
f
>
DELLE
P
*
,
ftt,
%
DELLE
FRASCHERIE
FASCIO SECONDO.
;E
RM O CLE
da Paufania à
1
richiedo
dire
™*
Ma
per
qual via poteuafi acquiftar
fama in
fpofe.
Con
,
vii tratto
,
l’vccidere
ri-
va
Famofo. onde Paufania,
priuando di vita Filippo
,
fi
die vita nelle
memorie de’pofteri.Da tal'efempio Staniperme eftrafle alla curiofità de’fuoiragu-
colpi ai satira i
ramou
vitij
colo, fuflé hoggi il più efficace methodo
per eternarli nelle commendationi, e ne’
u
'>'
J
fogli
*
ed by
Google
,
.
io<jT
Delle Frafcherie
Aggiunfe in proua de’ fuoi argo*
.
menti , più honorata effer la Fama del Satirico di quella dell’ homicida ; perche all’attione di Paufania come maligna , fi
fogli
t
di
fé
,
deuono le cenfure
della Satira;
prefa del Satirico
,
come
ma
zelante
l’im2
non.»
,
merita di Paufania le pene così Paufania
ha vn danneuole nome , vccidendtf chi
per valore fi faccanoto ; c'1 Poeta ha vna
d<
.
lodèuole memoria , trafiggendo , chi fi
fa palefeper colpe . Ma perche è così mala geuole il faper’vccider con gloria, come il raffrenare vn'irritato fdegno da gl*
impeti della vendetta, propofe Stampermc vn più ftrano ; ma ingegnofo dubbio
da
rifoluere
;
Sa
f*
a
k
sai
il
fin
IO]
e fu
Ai
.
Qual fia più
fecolo
,
difficile
il faperfar
nel nottro
vna Satira
,
ò
to’
7
;or
non farla.
ire
Trouauafi nella brigata Momartc,huo-
mo nella Critica verfatifiimo
ma nel refto più di buona che
,
eruditione ornato,
come non
,
e dotto;
•eli
lai
di molta.,
chi
moltó
magna , è più fàno di colui , che di poche
h
Fafcio Secondo
107
.
c di buon* ciche lì ciba; così erudito può
diri! * non chi lelTe molto » ma chi clc£j
l
:
!
le
s
il
buono
«
Fùinuitato
!’
® à
0L
Momarte da Statnperme,
&
à
rispondere all'antepofto quelito ,
dare alcuna maeftreuole notitia fopra le
difpolìo à
, ond* egli ,
maggior difficultà verte*
® uanel fabricar bene vna Satira» elpofe I
^
Tuoi eruditi fondamenti in tal forma #
La poetica facultà ha due cagioni } vna
1!
“
Satiriche origini
4
® prouare » che la
!
cc‘
naturale
c
l
:
P
,
l’altra
auuenticia
*
La naturale
c
la felicità delflngegno nel Poetare*
l’impulfo à l’Arte ; e quello dalla coftitu*
Giulio Fil mico »
.
ed altri giudiciarij Matematici aflegnano
^ tiene de* Pianeti deriua
fa
ni
0
u
’
°
tc
:i
co* loro Aphorifmi alcuni ftellati caratted*vn chiaro Poeta
* che alla formatione
concorrono & io sò *che Gildarmo celebre, & efpertiKìmo Aftrologo d'Europa
ri
>*
nell’erigere la figura ad vno de’ noti Ingem’afcoltano, dilfe * che per
gni * c ^ c
hauer’
elfo in
V enere
vniti
Prima Mercurio , la Luna , e
con Gioue nel Sagittario al
dello Scorpione, giudicaualo vn’ac fopra tutto l’eA
k'
cuore
lCl
cuto,e qualificato Poeta}
‘
n
:
'
fcr
Digiti? ed
by
C
ioS
‘DeìleTrdfcherie1
fer
Marte
Decima
in
in
Cafa
di
Mercurio
irìdicaua in lui vna famofa,e rifentita indi-
natione, nel lacerare gli altrui vitij con
La cagione auuentitia è vn' Ertali , ò Furore , per cui molte volte accado
Satire.
che i'huomo da fuor di fe rapito , e dimenticante fe fteflò
, fi
verta d’altri
.
così auue-
niuain Colofone al Sacerdote d' Apolline
Tacit. Clario,chc* à detto di Tacito, non fapendo leggere , rendeua in verfi i rifponfi.
,
«at.
Platone nel Fedro 9 formò , come fapete , quattro generi di furori, da altrettante
Deità prò molfi , cioè il vaticinante da
c
C(
d
U
<
d
lìl
fo
)r
e
ÌTì
e
l
Bacco , il poetico
dalle Mule ramarono da Venere #. e la^
fuperftitiofa Antichità porgendo à quefte
tic
fauole orecchie , volle più torto riconofce-
ite
Apollo
miftico da
, il
oc
,
ta
poetico
•s*
impeto dalle vane influenze d'imaginarie
Deità, che da fe medefima.
CHièfanodimente, proua hoggi, anche col parere de gli Eruditi , che l'auuen-
ca
re dirittamente
il
dono
di quefto
fe.
di
furor poetico nafea dalle fequenti ca-
cc
Dalla temperie naturale , ouero
acrimonia d’vn'acce fa malinconia . da gli
eh
ò dall’amore,
rr
fitio
gioni
.
affetti interni
>
cioè dall'ira,
c’han-
ne
Fa/cio Secondo
.
ìop
c'hanno facultà anch'elfi di concitar facondia ne gli animi . dal vino , che fcuote
ime
ridi-
le torpidezze d’vn’
Ingegno , riaccendendolo , come in Ennio , & Anacreonte au~
ueniua ; e finalmente dalla lettura de’Poc-
ca
Efc
act
ti migliori, per la quale concepiamo
furor limile.
nifi
affi
)Ì
in
li
tei
vn
Riftrette però quelle cagioni alla più
fondata , e nelle poetiche nature più imprcfla,cioè, che'l Furore, come Arinotele infegna » deriui da vn’ accenfione d’atra bile, affermo,, che in niuno èpiufìffa,
e piu connaturale quella accela commotione di Ipiriti che nel Satirico, il quale
non da altro affetto riceue il poetico eccitamento, che dall’ira, che pur di furore-*
,
,.d
hebbenome.
o#
cantò
4
4
•
il
Facit inàignatio verfum .
Satirico.
L'origine de’ Poemi Udii, che per parer 5 di Plinio fu auanti la Guerra di Troia,
0
:fld
otf
,lwfc
dice vn’ Autore, che dallo fdegno
Satiri-
co d’vna Donna nafeeffe. Narra quelli,
chevna Vecchia villaneggiò vn Giouapej perche fu da lui vitata ncll’homeroi
mentre quegli furiofamentepalìaua per la
%
,
.
o Delle Frafcberie
1 1
efprimendo à cafo la Donna nell*
impeto dello fdegno vn’ ingiuria metrica
piacque ai Garzone il numero ; & indi poi
via;
fi
&
prefe occafione di poetare
Lo fdegno accende
lla
la bile flaua;
que-
appicca il fuo calore nell'atra; e la in-
fiammatione d'effe , rompendo nelle latebre della fantafia , i cui moti fon Tempro
dalla fàcultà intellettiua fecondati, fa rauouerc, e mifchiarc quelle imagini di cofe,
fantafia fi cuftodifcono ; e quindi
nafce quella mentale concitatone , di cui
che nella
ii
i;
fauella.'
Giuuenale , che fu della Latina Satira
l’Archetipo > non fu mai più ingegno/amente Satirico, che quando da maggiori
impulfi di fdegno fu concitato . Volle
,
di
Roma
di:
lai
Sn
in.
fct
ve
#
tore che i vitij
fd
mo-
0!
tei
Oc
gli fuffero fpro-
e
ne al piede, perche gli dauano fui nafo ;
con furore impetuofo comincia . (cialcm
•
*
&
lèt
8C.
gluVltra Sauromatasfugete bine libetr
OceAriti quotiex a liquid de moribus Audet ,
,
6)ui
Curiosfimulatf? BACchunAÌiA u'tuut,
motiuid'vn
contra
fùriofo fdegno in quelle parole pur
Moftrò pari mente impreffi
‘Romo.
•
«
i
-
'Et
t
ri'
,
r
-
Fafcio Seconda
neE
fio
ipo
f
Ili
i
£
v
rii
Et quando vbcrior vitiorum copia ? quando iL*.
M aior auaritia patuitfwus f alea quando
Hos animo*?
Riceuendo dunque la
Satira più dallo
fdegno, che altronde ifuoi fondamenti.
dirò hora, che quello genere nel fuo fcue neceflario {regolamento è più di
laK
fabile
p&
qualunque
,
altro difficile
;
perche hauenqualche af- c*afa>
0 do come dille Cafaubono, 8
,
:o(t
wn
1c
finità con le fauole de* Drammatici , vicn* «*•
anche ad eflere nelle agitationi de gli a
feti , e nella varietà delle cofeperpletfo ? e
verfatile, e però capace di più
là
Itili
Qui errano à tutto Cielo alcuni moder-
é
ni Poeti
fi
me
te dura, ò d’vna Canzonetta Lirica, òd’vn*
Oda, detta da elfi Pindarica, ò d’vn puro *--
,
Bemicfco
che
fiflatili
lingularmente nella
, credono d’efler pervna poetica Imitationc-. ;
é nella guifa , che fra i Pittori Tvno efede di
$ dar buon* odore della fua Arte,- perch'efi legge nel Campo della Natura la loia-.
ptf
1
ii
ni
‘r
ofli
t
all’antica
fètti Maeftri d*
Imitatione d’vn Fiore, l’altro, quali educato ne gli Eremi * vuol gloria , non di fa*
per ritraere Figure humane ; ma ben li
Paefi , com’eranonelk prima Creaticme
*
Aa 0
r»
dd
—»
"T
Delle trafiberie
-
AA Mondo,
forma-
ancora
in cui non era
vagheggiarli. I altro
tr
che d
to l'Huomo.per
in 0
huomim
dipingere
à
ha fole imparato
in vn S
perche foli» di «traerli
,
!
l
prigione,
f-amno oleuro di quadro
\
,
pretende di
meritare, nel titolo
Aitehce
d’ vn perfetuflimo
pografo
nc
m
il
fomiglià- nc
alle per- pi
Poeta, eh
za, è neceflario.ch’vn
neUa
afpira lappi» tutto ,
fcttioni
cala,
a.
,
“TeYaPoefia ha con la Pittura
‘
gu.l^
,
&
ntraer tutto, pcichc
ch’vn Pittore deue
Natura.’
di
opera
ogni
imita
omnia neceffi efi fette ;
tatur
,
«
dille
Cardano
q«w*m
.
&
Horatio duel'
>i.
del Poeta , dille
lando
“ parimente qmduisimitaUtHTvda.
_« Argilla
Imitatane di
La Satira, come piena
come
Machine, così di Natura,
<
.
-
Hot.
tutte le
hebbe nome, che
d'Arte, non altronde
cole ; onde
da Satura , cioè piena di varie
come
ilfuo vero Caratterino ,
il
P^
praticato, puòdiriì hoggi
tempo per doppiezza di
& in vn
più
ii
men°
fin
lo
Ice
J
J
j
n»
i
/
/,
vago .
.
materie il
..
#
#
viram t
Per ragionare de; fuoi principi)
,
•
da
«.
..
*
,
Fafcio Secondo
m
mento con
.
1 i 3
de gli Scrittori eruA diti , che la prima maledicenza hebbo;
origine dalla Dithirambica e che mentre
gli huomini s'vniuano cola per facrificate
inr
à Bacco , e cantarle Tue lodi , cominciarodei
ìà no à poco à poco ad inferir tra effe il biadino de’ vicini.
Vn lume di quella Greca licenza rimane anche hoggi in Napoli d’Italia ne* temdella Vindemia, ne* quali è permeilo
e? pi
l’autorità
;
ini;
ice
ufe
)CIÓ
à
ciafcuno de’ Vindcmiatori il villaneggiar chi palili- ; così accenna Horatio di
quei
fecoli.
inp-
ut
fa
-Exprefla arbufto regerit constitit durus
Vindemiator
imiittus , cui fepe viat or
Cejfifet
.
Scherzòtra le cerimonie di Bacco quella amabile libertà del cenfurar* altrui
finche più licentiofa rendendoli , riuoltò
Io fcherzo in ifdegno e lo fdegno trafeorfe poi à lacerar’ anche i buoni.
,*
>ne
coi
;
5*
me
0
ili,!
fp
3
Libcrtafque rccurrcntes tcccptx per ttnnos
Luftt amabiliteridonee iamjtutti tpcitam
In rabietn verti ccepit iocus Cr per honefttu
,
Ire dowos impune minax
dille
ur
Horatio •
n-
la
'Delle TrafcherU
£
ì i
Da sì licentiofo Aumentò prcfe
Vecchia Co media che tu di
,
'originò
tf
maledir
qùeftasi
la
cenzaCbfparfa; e la mànieta di
gioconda ,j che ragkmemeno giuevwua
iloti menu
reputo
reputò non
di vede*.
uole dal popolo > il qual godeul
repreffl^ ih. tal
re
i:
ci
de
guifa l'odiofa irìfolcrtza
ti
tc
Patritij
.
«
.
*
m
j
malus^ut
Si quts eratdignusdefcribi,quod
anificartus , aut alioqui
A Ut mcechusforet
C
,
FUmOfui multd tum libertate
notabant i
di
,
forze popolari
dominio all autoriin Athcrte i e ridiitto il
poteriti hilOmini, raftà di pochi i ma di
in grati patte i Poeti li lóro ma-
Domate
finalmente
la
le
eh
tif
tn
frenarono
particolarmenledica temerità * sbigottiti
te
.
d’Eupoli > fatto annegare
dalMcmpio
Konefi fucile in etim
di
fcri-
h
Pblliortè
bere > qui pbteft profcnbere, difle
Se
dà Alcibiade.
5
appretto Suetonio
;,i
*
-«
lui
;
quefto fu promulgata vnà leggìi
al publiche tion ardite alcuno d’cfporre
viuD
co Carmi infami cotìtra i
*vim
6
Scd in vitiUm libertus excidit ,
».
£
0'
tex efb ucceptu, cbotujquf
se.
tei
Iti
&
Btgnam legetegì
,
•_
j urpiter oltticuit fublato iure nòeend*
Ma perche Patti haueuino nella de4
,
-
i
trat-
k
h
m.
Tafctó Seconda
i
]cè
ftas
m
.
ale
a
'p,
tflttione habituatc ìe lirtguej élclufi dal :
Scèna il Choi yiui * tollerò dalla
lacerare
ro
*
in ctil folcua la
zliòndarfi ;
0
|r
^
i2
£
0
^
\
L
1
.
\
1
^
^
l
^
prindpal maledicenvece al-
& inuentaUdóin fuà
cune digreflioni * cauillaUàno in èffe ì detinot^
ti , e gUictitti de’ Poeti de fanti, e qui
teggiauafi enigmaticamente de* vitij de
Cefcò anche
J,
i r 5
<
di quella
irt
poto tempo
Comedia
*
7
detta dal
ia
fòrmi
,
MazZone
Mezzana* patendo à’Potehti* che anche i motti enigmatici contrai lot vitij lì
riflettertelo* e che luffe inhumanirà biafmar Topere de gli Scrittori defunti*
Fra quei tempi della vecchia Cóme-*.
dia* e della Mezzana hebbe origine lflu
Tragedia la quale , benché dica alcuno
Scrittore , che più antica della Comedia
filise ; tuttaUolta faperìdofi , che ilCaratterifmo Comico è più femplice del Trala
,
gtco* èverifimile, Com'ariche è di parere
§
lo Scaligero* * che qUcfìó da quello trà-Scau*
helfe l'origine» Certo però è » ch'etiandio
nella prima Tragedia > che Satirotragedia
chiamò poi* fi introdticeuanò Satiri à
mordere co’ loro ridicoli falijl'humane>
fi
...
.
H
2
tac-
a
.
nf
,
Delie Frafcherie
taccherelle, acciò che lo Spettatore fra le
feuerità
Tragiche riceuclfò qualche follegli Scherzi ; onde Horatio
uamento da
dilfe
Hox.
9
,
fauellando della Tragedia.-
Vetum ita rifores , ita commendare dicaces
Conucniet Satiros , ita vertere feria lud
Fra la vecchia Comedia, la Mezzana,
di Com, & vn genere
la Satirotragedia
póni mento detto
Siilo, à cui diè
nomo
Sileno vno de' primi Satiri nutricij di Bacco , andò ne’ Greci efercitandofi la Poefia
maledica ; poiché dalla Comedia nuoua
che s’inuentò poi , panie cfigliata la mal-
*
dicenza ; contenendo quella, contra l’ vfo
dell’antica , argomenti finti, & vna feuera
teflura
Da quelle Greche origini tralfero occafionei Latini di dar nome di Satira alla
loro maledica Poefia ; e quantunque creda alcuno, chela Satira da principio
anche Scenica apprefiò i Romani ;
1
•«‘‘«•tutta volta attella Scaligero , Satyram k
extra feenam excuU
Latinis acccptam ,
dali
f
fùflfe
&
tanu>.
L'Inuentione della
•
Romana Satira fuor
di leena fù aflegnatada Horatio à Lucilio
ben-
;
a
T feto Sècorìdo
hk
bctìche
antica
r®
*
dà
altri fcrittori
1
.
1 jr
credei? eflcr più
t
.
Ho,a *
tftnc omnis pendet LuciliusJjofcefecutus
MuUttstantù pcdibHsjwmerifquefacetus>
**
A
Emuriftii naris
lini
]o»
)i»
Bit'
'd
ohi
mi'
N
*
£
;
,
meritò il primo vantò } c come che quello genere di Componimento
hauea perduta la forma Teatrica de gli
Antichi » vi creò egli con le lue Madrina
Lucilio
lite
&
vn nuouo ,
eie in piare Carattcrifmo
fuor di /cena ; onde Horatio che n’emulò
l’inuentione,hebbe à dire.
,
— —
— -*—r- *~r
H£C ego ludo
Mg* nec in *defonet, certdtiajudìce Tarpa
1
,
Horc;
%
Nec rededt iteru,atq\iteru fpettada Teatris
#
Quello nome di' Satira perche deriuò
anche da’ Satiri foliti , ò à difeoprire nel-»
la nudità le vergogne , od à palefar l’animo sù le labra,come inclinati al vino che
4 operea recludìt parue
inuentato da’Ro- Hoia »
mani, per difeoprire, ò degli altrui vitij
le vergogne , ò del proprio cuore gli af*
f»1
fetti
j
j
ff
\i
ccrt
dp*
dii
,
,
,
•
.
i.
•
<
,
Quella ingenua fàcultà di riprenderà
Bit
1
il
ir
fehza: ritegno le colpe
fortunata ,
:
<•
i
;
Immane ,
forti
ma pericolosa licenza
H
3
vna
appreflq
Giuue'
jOOglc^
1
1
$
Delle Frascherie-
Giuueqale, dcHoratio,
pò
trarre
i
da vn* intrepido
quali
fi
fentiro-
i
no-
%
inftinto, à
minare fpecialmente' i vitiofi nelle loro
Satire ; e benché Horatio , come in rifehio
di rimanerne vccifo da- cenfurati , fuflfe da
Trebatio perdalo, à tacere in quelle pa-
0
ir
role#^
*
*
Vitalis metuo ,
E
Vt fii
& maiorum ne quìs jmicus
tuttauolta
non
m
Vi
Frigore te feriaty
fepp’ egli ritenertene
\
ma
conchiufe
0 £uot capitumviuunt ± totidem Jludtorum
Millia.me pe dibus ddettat claudere Verba
1
fi-
..
Lucili ritu
rn
le
.
che anch’egli non publicaua in
le Satire perche Libelli infamatorij non fi credettero y e ciò par , che
accenni in quei verfi.
7 Non recitacuiqud,nifi amicisjdqy coa&us x
Ma forfè,
quel tempo
Non vbiuis
te
S;
,
,
coram uè quìbuslibet ,
tir
tu
dì
Comunque fatte, mercè di quel libero Se-
L
nominati
L.
rincontri di catti ga mento i on-
di
colo non ne
huomini
ritratterò
mai
da’
de poteua dirli di quei tempi , quel che diccua Tacito d'altri.
Rara
il
.
r-r-
.
Tafcio. seconda
to'
no
oro
Ino
•di
pi.
,
uà
$drd temporum felicitate , vbi fentire qua
qua feptias , dicere licep .
velis ,
Perfio , che non volle auuenturarfi à
*
&
quefta aperta franchigia con l'efempio
del precurfore Horatio , riformò non po-
co
in fe fteflfo la licenza del dir Satirico
;
mentre col nome aperto pochi della fua
Età tafsò * e molte volte col fuppofito nofa
jjj
me di Titio , e di Meyio ; e benché vna^
volta vnimpetuofo fdegno lo concitane
à mormorar di Roma cominciò però;
ma non finì perche dir volendo per foiv
ma d’interrogatione , Chi non è ignorati-»
te in Roma ? dille 9 Roma quis non f
,
;
m
^
Altri tempi, altre cure fon’ hoggi . L’arte del cenfurar le colpe in ifcritto, che di
Satir ica ha il titolo , è diuifa fra la pura Sa-,
tìra
fa
,
e’(
Libel lo infamatorio
La pura Satira come anche la poetica
fempre permeffa , e qualificata
il che non alimene del
Libello infamatorio , ch’c dannato dalle
Leggi • quefto ha per fine la fola infamia
di chi fr mentoua quella ha per oggetto.
,
tutta
,
fri
dalla facoltà ciuile
^
,0
il
fa
t
;
folo vtile di chi afcolta.
La Satira c vn’Arteda Macftro perche
H
,
4
flagel-
*
.
120
DelleBrafcherte
flagellando infogna $
t
Hot.
&
volte co* fot*
alle
vn faceto Me infinuando
norme , imira , dice Horatio , i)Maeftri
medefimi.
dbur*
Vt pueris olim dant eruttala blandi
lcuamcnti
—
d’
,
1
Dottore*, elemcnta vclint vt dtfeere prima %
,,N,on’ richiede,
però mai delcttarioni
fenza dogmi; perche in vn Maeftro 1 ’infè*
gnare è debito , il dilettare honorario f
onde hauer non deuono il nome di.vere
non d’altro che di feur*
rilità ridicole fon colme
quantunque il
,
ridicolo ha vna neceflfaria conditone di
Satire quelle, che
qucfto
,
Componimento
La. prima intentione della Satira è di
roder? i vitij e fico me il Fifico applica-,
,<
alle volte
{<
.
ferro , ò c auole fopite forze svecciti-»
no , ò'ie fugate fi reuochino ; così gii Antichi diedero à curar gli animi fiumani à'
Satirici, i quali raddrizzando icurui coltami de gli huomini , con la loro tagliente mordacità rcfccaflero da’ medefimi sii
humori contaminati , e'femi delle iriterne pcrturbationi . Se vero il detto di Ta-
teriojcol quale
L
ài
r
li t
j
*
U
%
membro ò
ad vn
,
Tad.citO j.^h tfYìtU erunt
'*
li
'
,
dome hominem c
così
Diòftis
i
Tafcio Secondò*
iiie
rftn
de’ praui
humori
,
fian febri
*
21
cioè altera-*
tioni di /piriti, recalcitranti col
é
La Satira è nata più à
ni,
ferire
i
male*
viti; dell*
I-tuomo, cherHuomone’vitij; e però
ioni
nfe
gloria di palefarl’ Ardete,
io;
glio
rei
THucmo
'
1
cosìleggc di Natura* che fiano Satiro*
ouefon vitij* come che nelle cafe* oucj
fon cibi , fian topi , e ne’ corpi , ou’è copia
fol
{
illf‘
nel
11
.
non
Libello è fatto più per
rie* vitij,
il
(f
berfa-
pungerà
chei vitij dcll’Huomo
è però ardifee di publicare
non l’Arciero . Infomma
il
berfaglio *
la Satira
,
deue
fralehonefte cofeannouerarfi, e chil’efdude*ò non sà , ò merita nel Libello i ri*
6(5
ici
;ci&
La Satira
On le normefettere +e in vn gioconde
couri.
C
Sempre ilpeceor dalpcccator difiingue't
w Scopre i peccati , e ì peccatori afeonde •
Se la publica Afrea colfiero cfinga e
Dannati Rei , cantra £ oprar dannata. **
So» di privata Afirea ferri le lingue »
Hùomo e da ben , chi contra i mali irato
É demenda cagion ,pria che d'offefa 5
Per quefio ancor contra Chuman peccato
Sin le Prediche altrui Satire in Ghiefa •
-,
li!*
i ce-
lici
tftf
T*
/J
tt
>1
0:0
, .
,
chem
J22
alcuno vfa. ì
che giuftitia, Ttpreahorriua l’human genere col
Quel commendare, come
TU
C
politica ,
vitioT., è Più
mone
cetto della colpa
<
diceua
d
odiare
l
praut
tali ; egli altri, perhvvomini , perch’eran
a peci praui , imputo,
odiauano
non
che
peccatori
deprezzarci
cato, non
Carme infamarono è
Il Genere del
per la legge delquello , che fu già vietato,
parendo a Romani
le dodici Tauole ;
Cittadino alle fentenze
che le eolped’vn
Magiftrati j.anai che alle
de' Giudici , e de'
fi rimetteffeio
Poeti
de'
cenfure
Variamente però gl'Imperadon anucenfurc fennrono •
chi di sì fatti Libelli,, ò
c di Catullo * che gl
I ver fi di Bibacujo
mordeuano , furono da Au-
I
de
di
cr
ef
m
e
In
eh
A
Pr
m
&
ar
da
Imperatori
corno
(offerti , e lafciati leggere { e
nuderà* N*n fatili dixertm
Tacito
,
ditte
«amque /tuta.,
tiene magie an Sapienza
adgmtaytdcnttn .
txolefcunt ; fi irafeare ,
d HoLe leggi di Theodofio, d’ Arcadiche
materia pianorio furono anch’efle in tal
Detrattori iogccuoli , nè vollero,, che i
che non
ciaceffero à pene*. Quel Tiberio ,
flagelli , non-.
lenza
rcligio(o
giorno
jafsò
gufto
’i.
,
;
di
tr;
te
ài
Ci
,
Fafcio Secondo
•
123
i
t ne fece calo in principio ; come che in vna
Città
in coi era libertà nell’oprarc »
non
Taci,
à gli huòmini imporli freno nel
ni
dire, Conobb'egliallhora, eflfer fòiba il
c
credere,/ con Tautorità prefente, poter* t*a
P
pi eftingucre la. memoria deU’Htà futura-, i
mentr’ è noto che Tempre piùoflcruabile
101
e {limata fi rende f autorità de 1 caligati
à Ingegni ; nè altro mai riportò chi puntili
doueflfe
pr?
;
1
m che vergogna
a*
ià
à fe fteflò
,
e gloria à gli
Autori , Quei Signori dell* Alia , che oprando male contra i Sudditi *danno loro
materia di dir male,, dourebhono più de
ani
odo
ci
gli altri {offrirne le
mormocationi
,,
VnRè
antico in Europa Mentendo , che i popoli
da lui grauati , ne mormorauano, hebbe
& à dire ; E' douerc, che
parlino àlor modo,.
co.*
loro,
denaii
in»
M
riti
0
i’H:
Nerone fu di vario fenti mento nel
giu-.
Schiamazza al Senato. ‘có^
tra Antiftio Pretore, c’haueua fatti Cartelli contra eflò j e fe Peto Trafea nonio
dicar’i Libelli,
M
difendeua , era vccifo , non rilegato ma
non è ingiurio » che va Granidc fulmini
fui
contra ifuoi Detrattori le pene, lo ftrano
101
ischein qijelfecolo furono anchefofpct-
pii
[
ac
«.
'
tc
f
e
fc
<
Delle ’F/afcherté
Tacs te , c pericolofe le lodi ftefFe
Cordo
al
tempo
.
7
^
m
Cremlino
di Tiberio fu accufato
d’hauer Iodato in publid annali Marco
Brutoti e v*c di peggio anche i fogni fucoffa fofpetti in quei tempi * Nelli mperio
8
di Claudio s’vdi accufaro vn Caualiero*
che haueua fognato di veder l’I mperatorc
con alcune fpiche dii grano, volte capo-
j^o;
^
*
*
Taci.
j
f
N
piede * e detto poi* ch’era lignificato di
carcftìa . hor penface , che auuerrebbe.#
hogglìchi diceffe , che vere careftie , non
fognate , diano promoffe da’ Magnati
Aliatici non dalle (felle, al ficuro anch’ effo farebbe di carelfia punito , perche non
magnerebbe pane
Comunque fia ,
lc
$
Ma
^
l’Arte de gl’infànviro.
dannata j e m oltc
volte i Principi ne punifcono -gli Autori,
per non dar forza alle paffioni de’ maligni
rij
*
Taci.
^
c
«
.
0!;
Libelli è giuftamente
danno dell’innocenza
Augufto medefi mo fu il
in
de’ Sudditi.
9
pri ino ,
M
Do
che ìjcl*
ì
progrelTo di tépo fè cafodi Stato i Cartelli*
molfo dalla malignità di Caflìo Seucro,
che don ei&haueua Caualieri , e Dame di ‘fi
conto infamati.
,k
Mólto: meno poi devono gli huo mini
.
j
.
Fafcio Secondo!
nuM
medelimi
ufe
12
Cenfurarla vita de’ Grandi , ò fentir
le
cenfure
,
de-
quantunque
raal-
uagi fuflfero « Mane appretto Luciano /par-
(are
la di
lift
Gioue con Mercurio , e Mercurio ri- x
Tace ineque enim tutum ejtift* Luci.
fponde..
1
perii
vei tibi dieere , vel audire mihi •
lieti
m
af
Horatiomoftrò d'intendere, che
fàttifoprale perfóne innocenti;
TOC
nel biafmo delle colpeuoli
rbbt
lio
me di Libello
hauer luogo,
,noi
1
gftf
i’f
Dii
0
r
d
iroa
tiig*
Si quis
ma
che
potette
j
il
,
.
Hor*
i-.i
Opprobrijs dignum latrauerit integer ipfi
,
tu mijpts. abibis
.
Soluentur rifu tabula
.
'
non
Li-
i
ch’erano
belli Infamatori)' futtero quelli,
Ma
ad Horatio douette crederli , nafee-
fe
,
,
ria queftione indilfolubilc, fe à trouar s’ha-
nelle
,
chi fotte à torto , e chi à ragione vi-
tuperato ; anzi che J Suetonio nomina Libello famofo quello , che fu fcritto contra’
Domitiano benché fceleratiflìmo
Il dotto Mazzone forma con quelli
^
,
i.
tei;
ntl
uà
m
y
quilìtiil Libello
.
*
re-
Scrittura , continente il biafmo altrui sfotta,
e public at a da huomo maligno , filo per recare y o manifefiare , o rinouare l'infamia daf
tti • Dice frittura ,
*
.
“
4
il Libello famofo e vna-j Mazz.
chq ha luogo dicagion
for-
126 Dèlie Frà[cherì&
formale* per abbracciare anco la profai
già che Horatio intele fola mente de’ ver*
fi . La Cagion materiale confitte in quelle
parole . continente il biafmo altrui ; perche
il
Libello fàmofó
cagione
non ha altro oggetto La:
è dinotata da qUella_4
vnhuomó maligno ,
claufo la . fatta da
per-
che la malignità è loia, & adeguata cagióne di quelle cole. Il fine fi freme in
quella circoftanza per retare , manifefta .
.
tinfamia altri \ perche il
Libello ógni volta , che imputa il delitto
j
ad vn Innocente, porta infamia j fe fico-
d
re, e rinouare
,
la raanifefta
;
di delitto» già feoperto , la rinòua
fe
pula
*
Soggiunge anche il MaZzone,che quat*
tro conditioni concorrono ad vfi Libello
Limolò * La prima è la Scrittura perche
;
*
fe le detrattioni
fono à voce, non ponno
hauer nomedi Libello. La feconda che
,
il biafmo altrui fiail
proprio foggetto della Scrittura perche
,*
;u 2
j
quando
in ella fi trat-
0r
jer
.
efficiente
pre delitto fegreto
b,’
jel]
>
\itì
£ fi
^
l[
Cr
iQl
«
-
n
^
y
U
^
J
f
tafseri) le lodi de’ molti e tra elle
filile fra*,
,
tnezzata 1 infàmia d'alcuno non faria
,
puro Libello fimofo- Laterza èia
publica*
aonc ; perche non publicandofi
*
il
Cartello,
'
&
r
Fafcio Secondo
.
io ,
er»
quarta è il fine
*
dell’ infàmia
;
che però pHi*
còftùnii altrui ;
;lk
ftoricòì ilqliale biafina
il
per palefare là verità del fatto j
Li
iif
non haurebbe reietto ilio proprio là
fc
belio Fartlofd
;
c tinto
i
non fi Li-*
meno chi fcriue del-
3 f[.
leitfaieoperatiòhid'aicùno, hon còrtarte di dishonbrarlo ; ma di correggerlo » ò
cj
pei* altro
f ia
te dal fecdr’ infàmia.
ji
à micheliole fine * che fia differenDà qUeftc premei
del Mazzòiié fi deue tratré vha heteilaria *>
benché da lui nort diftintaj cohfequettza,,
0 cioè che per la forminone d’vri Libello fia
vii* cileiitiale requifitò il riome delfihfainalò ; quando però rapertà defcrittiònc
p
e J
[co
uii
dèi Perfona'ggio i
^
( lit
Jt,
dell ’infainia
*
1*
indididùo firìgiilifo
od viia pròtiatà cònfdfiòne
dèlio Scrittore noti facefle fenz’ altra gioia
dilcertìer chi fùfle
;
Là mancanza del fiome dcll'irifaffiatd
toglie il nòmè di Libello al compóninteilfa
$
i Lettori interpreti percogniettùre imaginate ve lo adattalfelo ; ciò non
balta à condannarne l’Autore ; poiché lai
$ tOj èbéche
j[.
t
jjj,
Scrittura^ fe non diftingtieella lièlfa
Lfòttaggiói
^ rio
fine
>
tiòrt
che
ptiò haiiéte
il
il
il
Per-»
fuó necefsa-i
biàfino demoftratiuo di
.
Delle trafcheric
quello ; e’n cotal guiSa Immaginato Scrittore faria così degno d'aflòlutione, ò di
feda, come quel Cacciatore, che, Scoc-
tur
cando all’aria vn colpo ,
td
con la caduta dello ftrale à percuotere im pedatamente , & in remota parte chi pafla
Parue già ridicola la Sentenza d’vn* Italiano Principe, il quale aScriuendo à Suo
biaSmo vna maledica poefia, edìnpofta
da vn chiaro Ingegno , à puro efercitio di
venifle
:pc
Jnr
qui
vn;
le:
pur
talento e nella quale non esprimendoli il o
nomedell’infemato, poteua il predicato kì
vitio applicarli à molti , fè decretare in nal
iScritto, che il Poeta, come reo di leSa».
Maeftà, gaftigatofuflè; ma non andò mol- cip
to , che n vide aftìlTo contra il Principe vn Hi
Cartello in profa , in cui contencuafì , che chi
in vigore delle leggi
Poeta;
non doueua punirli
ma il Principe
,
il
com’autore di due
Cartelli infamatori; ; l'vnp contra il Poeta
da lui infamato, per Autore
non clTendo , nè prouandofì
•h*
Jiu
tic
di Libello,
tale
;
l'altro
contra Se ftefso ; perche s’era adoSsato vn
delitto, dannato dalle leggi con pena di
morte , e di cui non s’era fetta in Sua perSona mentione alcuna nel Componimento •
Sotto
s
i>e
le
,,
.
Fajcio Secondo
1
.
2
p
1
cri*.
4'
ò
fc0
£.
Sotto la Tirannide non v*è minutiaficura . I detti , i fogni , le meditationi , i fofpetti
,
fon prefi in delitto di lefa Maeftà
Così doppoi primi
.
annidi Tiberio , e di Nerone auueniuaj c
quell' infame di Caligula , che pur (offrì
vna volta il mordace motto d'vn £arto,
e di Religione offefa
lati
ìi
a
ggi
joì
120
j
r;
kj
leggefi, ch'arder facerte
vn Ppeta per vii
puro equiuoco
Supportele accennate conditioni,quegenere di maledica Pocfia , che di Libello infamatorio ha nome, è il piùdanfto
nubile , e di qualunque altro il più (concio.
Se è noto l'Autore, ne hà pena dal Prin*
cipc,s’èofcuro, ne perde l'aura dal publico. Fra due gran contrari contraffa,
chi v’artende. tra
il
prurito del palcfarfi,'
j
^
ch'è vn’impulfo d’operante Natura, per
qualificarli ne’ parti
b
dte
cr
-
;
e tra
la politica
,
ch’è
.
viuéire, e far profeflìone di veridico
7
£
,
tac-
biafmi , e le lodi di mentouati
Perfonaggi.Sc fi biafinano, fi corre rifehio,
eia in Afia
or
del
vn neceflario effetto di fenno
^itar le pene della legge Chi vuol
7 tacere
[}&
fe
fi
i
lodano, fi mente.
per venire ad vna particolar dirtin,
X
tione
Ma
.
i
jo Delle Frafcherie
rione di quei Satirici
componimenti
hebbero faccia di Cartelli ; nè furon
,
c' tjn
tali- in
foftanza, io n’addurrò alcuni, per additarui cosile argutie , con cui tefliiti furono , com’anche i giuditij di quelli , appref-
Icr
quali ò reftarono impuniti gii Autori ,
come innocenti , od approuate le Scrittu-
Ut,
re,comefacetie.
Faceto , e più degno di rifo , che di pena , fi reputò già in Italia vn Componi-
L‘k
fo
i
Vm
l
f
t
0/
Inf
Cre
Mi
mento
Contra una attempata , e deforme fa
Dama , la quale , per comparir più
•vaga, filetta ogni mattina impiaftrar/i di
‘Buffetto il
m,
i
vifo
£
La Poefia
è tale
^
.
D
*
adulatori inganni
i
Lidia tracciando l orme
Nel
«;
K
tf t
fa.
volto fuo defirme
#
Cerca emendar di vecchia etade i danniì
Ut
Ma in
be
van Varte affaticai
Che y -per vigor dvno fallato
Sii la
Aprile ,
guancia fenile
Non trahe d tìelena ifiori He cuba antica .
c£,
Ce;
, ,,
Fafiio Secondo
.
i
.
ji
Coff purpurei colori
Sparge fìnte fiammelle in sm le gote;
crede iq noi di non mentiti ardori
£
Vampe
vibrar da
£ fe le polpe
£>’ impallidito
fue frodi ignote
le
;
eflinte
labro
Col fuo viuo cinabro
Vinduflremanoha
j
tinte ,
Infra i liquor tenaci
Crede in amor tendere il vifeo à i baci
Ida de* vani artifei
Son
le fue colpe vltrici
;
£ fon fue
coke a l'atra notte vguali
Ch' accrefce piu quanto più cela i mali .
Già de' meriggi fuoi fpente ha £ offefc',
'
£
,
,
di porpore accefe
£ingerfi indarno fuole
(Sole
,
Roflèggia il Ciel, quando in Occafo è il
Quefte graui parole,
Fatto vn Peleo ne l'ira,
Cantai taltr hier su la
gttando bum or n. i falto
Del ridicolo flil toccar
Che malamente può
Condannar
Ber fentite
'
•
Mconia Lira
la chiaue
;
leggiere zx>e vn. verfo grotte•
in brauar rime più braue ,
I
2
VttA
,.
i
V
j2
Delle Frafcberie
Na Ddma>
che d' Alctto
Bsforniglia
Quando
Ha
Ma
leuaft
a
la figura ,
da
letto
,
diletto di Pitturai
Ritratto ,
sì firano e il fuo
Che dà fptrto à la Natura
E pur n afeonde il naturale
E
,
affatto
;
fon (HI pietofo , e ladro
e la pittrice, e
Effa in vn tempo
l
Quadro •
bianchezza »
i color non vuol
Perche andria col lordo vnita ;
Tinta ofeura anco difprez,&a ,
Era
per timor et
Sol con
effer chiarita
oftro il vifo
accende
,
Che Beltà quando è fparita ,
Ne brutti nuanci vna vergogna
,
ejter de
Ond' io credo affermar poffa ,
Che le vergogne fue l’hanfatta roffa •
,
Perche forfè e f\imofettA y
E? vna fiamma
il vifo
tinger
Perche Venere fia detta
P' vn Vulcanico
dipinge .
,
•Tafcìo secondo .
3
3
1
Ma fiouuiemmi altra cagione,
Vn color di carne finge
fere ha la gu ancia fua m a grò il boccone
£ in tener mafehera tale
,
%
,
La
fua fa
filuarefimA
Piangerla piu
Camatale
vna fiata
d'
V
Il tenor di fiue' brutture \
Ma
del pianto la bucata
Scoprirla maggior lordure .
In veder fuo
roffio t rupia
Penfiai tofto
le figure
a
C' ha di doppio
Che
color
Uro y
,
C Anglico
in pochifilmo intcruallo
$e incarnato
nastro ,
,
è di fuori , e fitto giallo .
Gran vantaggio veramente
fituefta
Se
le
Dama
viene
in volto porta.
•ùrl
Non può mai
diuentar fimorta ;
£ ,/evn giorno
à
l'improuifio
Eimanejfe in terra morta ,
lìauer potria tal' Epitaffio al
fluefta
\v
accidente ,
Femina
vifio .
e sì fiera ,
Ch‘ a dif
petto di Morte ha buona cera •
I
3
Squac-
,
-
,
belle Trafcherlè
Squaccheraterifd fecero della rtarràtd
Pocfia «li Vditori; e perche di
tratta u a il * Tlclctié tosi replicò a
vii
MOfhar-
le
tei Simili ficerie più di rifb, che di éenfura degne {piegai anch'io vita volta ^
Sopra
vn sìmico
iil
ra
h
che filetta Uri -
,
gerfi di nero la canuta barba
,
>5
per
t
apparir più gioitane i
Vaitele, vi prego
kt
;
n
i
V
oi su là barba
Tintoretto fere.
il
Ettofono in correggerai // Còfrèggiòi
E con tagion la Coriettion Vi deggiO}
Mentrefui mento vnÀ inentità bautte /*
Per celarui da Morte , efitte peggio j
Eflinto e ilpel, fi coÀ nero il veggio
•<
h
»
È
Ci
kaureiin
Sepolto è il pel, fe lui cip etto
r
G
Voi di -pel mafeheràto ejfer volete
Sempre ho vide di nòtte in Càfà itoià* >
Sopra il carbon tè teneri •Verfife *V :V
a no il Carboìo che su là etite t fià
£
-
M
,
li vi configlio
Non
*
dite .
.
Se
ili
confejfate
Padri ho detta Ut bugia
Gli altri dicoh bugia
-,
ma
M
Je
,
i
.
voi là fate *
tori
Jgi
I®
Contra
l
;
;
,
Pafiio Secondo
.
i $ 5
Cantra Dorine di mala Fama* rcpisliò
Momarte , e fopra Amici di lodata co'liftdcnzà iiiun morto Satirico deué in grado
di Libello interpretarti > hè dannarti mai *
Tale ancora è lo fchcrzo del feguento
•
Madrigale, nel quale
Vn' ^Antico rimprvHera pieetamiate all altro la frequente verbofità
’
delle Lettere
,
uiar foleuali
.
T
e de' Carmi y che in-
Ante profe ferinete , e tanti c4rmi
t
eh emulator di Scipion voi fletei
Perch’ambidue Cznzgine ftruggete ;
Con
le lettere
È perche
e^uefo e poco ,
ۏncludero
£ la voftra
,
c'ht bbe
Cartagtf ilfoco
Cai taglile Hafpetta
Rutila bebbt Roma in C
w
«
-a
k
y *.
\
'
voi , quegli con Tarmi j
»
\v
a^
•
4
*
\
v
.
j
,
(tà
.
la uoflra il net*
^
^
-,
Minor cafo poi deue farli di quelle feriiche , per puro fcherzo di chi ferrile,
contra Dónicciuole di fofpetta fama motreggiano * V dite alcuni verfi j inuiati già
da me
tufe
,
I
4
Ad
.
'
a
.
13 6 Delle Frafcherie
nAd vna (yiouanetta di Cari
adduceua per argomento
che
,
dellaJua
pudicitia l'Età troppo tenera
.
c
l
}
C
He quellA
tu a Beltà ,
l
Perche kuoua rAfJtmbrA , intAttA JIa %
Bella GiouAne
Pub
effèr
;
mia.
1
1
tua chi sà ?
'
'
•
J
C
Che 7 dubbio mio fia vero ,
Con qucfio efempio il prono
Vna Femina è limile al bicchiero,
Ch'adoprato da molti, è Tempre nuouo •
c
Già che ci damo à dmili
digreflioni in-
C
allhora Egideargo , recite-
s
.
j
<
J»
trodotti
,
dille
rò anch'io vn Componimento, che affai
più di qjLicft’ vltimo merita annouerarfì
tra facetie , benché di ccnfure da fparfo
Vna publica Femina risponde
/.
«
c
agra-
h
mente ad vno strologo di lei inva-
o
(
ì
ghito, chele batteva fatta la (geni-
tura •
e dice cos^
•
2
C
f
Fafcio Secondo
C
.
137
H' io viftimi in amor , voi pretendete
w*
Perche dipinta hauete
La mia
Ne
Sorte futura
la vofira Afrologica figura
;
M
a non poffofilmarui altro, che un matto
,
Benché'l ceruello aguTfifo
Hauefie de CAfroLogo cCAbrado ,
Che
conofcea tutte Le fpine al tatto »
Ari\i diro, che in furia
Entrar deurei perche
;
S’egli e uero
mi fate
Che Ih uomo fauio domina
Mentre habbiate concetto ,
Ch'
io fila
Secondo
In
il
ingiuria •
quel detto ,
le felle ,
foggetta al dominar di quelle
,
uofro cenno
capo hauro pitela pazzia , che Ifenno*
Voi mi lignificate.
Che in quefio uofro Aftrologante ufficio
Hauete fatto il Calcolo, el Giudicio.
Quando
quefio affermiate ,
Fatta AltroIoga anch'io de' uoftri guai
,
Diro, per quanto il mio cernei penetra
,
Che fate male affai ,
Perehe queifhefan Calcoli,han la pietra*
Circa
mm
1
Circa
il
.
Delle Frafcherie
8
3
s
,
Giudicio poi
Veglio affermar , che ue rie foco in
uoh
Voi malignate in uita
Dodici Cafe , e darui una mentita
Io fotrei per la gola
;
Cafa mia fempre una fola .
Fujfero Cafe almeno
Ma fon , uoftra merce ,fianz>c da fieno
che fu
,
la
,
Vi ponete vn Leone ,
T oro Capra , Montone
,
E
Beggie del Citi , conuerfe in felue.
Fate gli Bei dómefticar con belue ,
le
Onde in efempio
Anco
uofiro
molti Signor del fcol noflro
D'inalbar certe Befiie hanno
i
coftumi
,
Perche con Befiie hoggi hano hofpitio i Nu-
Futto 7 dì noi cantate ,
( rni
Che fon queft occhi miti
Se da flellanti irai
’
<
.
luci (Iellate ;
Pio nono in noi buone fortune
Boue scintefé mai ,
Chefi dajfer uenture anco d
Mi promette
Che
cEt
in
io
* felle *
le Stelle ?
di uoi l’Afro logia ,
'
1
Afcen dente ho Gioiti
uedo per prone
,
Che farefie Afcendente
ì
,
in Cafa
mìa
Ma
o
Pafcio Secondo
I
Ma
dì
Giouc
Non par
.
,
,
.
i
3
Jf
Pianeta
il
che in voi fi
none ,
M entie in voi per Qiouar non e tnbhehi
a
Altra robba vi vuole j
Per dirla in Afirologiche paiòle ;
.
Che parlar
ìSe
volete
di Radice, e Direttiorìéj
daltrui
Cogniurìtione;
la
Altro vi vuoi i che in fedeltà d'ÀmóYè
f
dEjJtr* il
Gah Maggiore;
f
Altro vuol qùeftò ufi
•
.
.O
a
>
*
Ch’ un Pianeta combufto i
Pongani pur del Sòie mio tardore
In igneo fegno il core .
N
’
.
è’
defitti
di uoi , benché infiammati ,
Sempire il mìo cor fia crudo ;
'[
(
Ne mai mi cfuadrerah Vofiri quadrati ;
Se non hauro dvd QHon lo Scudo j 0
£
ìnfiommafie denar uoi non haurete
X).i
4
Cafa mia Retrògrado farete
le monete
±
Se iàerran
•
fonerò
,bench\ Efiopo ,
(fi/0 *
V’ accoglierti benché in brutterà un ’Méf
Jluell' Ovofcopo uofirb
Vifignifiea fiol che C Oro iò feopo )
An^i in protia ui mótttOi
Che
ne’ termini errate 9<
C
,
,
ut
•
, .
ijlo Delle Frafcherie
Trino
Se in
di
Venere
trouate ;
Perche' n vece di Trino
Vuol la V enere mia femore il Quatrino.’
Se quattrin non mi date ,
^
il Ciel , quanto pojft >
Chahbiate un di mezzo Zodiaco adofjo
prego
Prego , habbiate nel petto un Sagittario
E
ne gli occhi un Aquario,
Che per Donna infedele habbiate' un giorno
Di dentro i Pefci e fuora il Capricorno,
,
E per fin
de guadagni
Leone alfiancaci Cancro^ ut magni •
Già che
fi
fauella di
Feminc , e di vena-
Rorazalfe , quel
che motteggiò vna volta vn Drudo Poeta.
li
,
dirò anch'io
,
difle
Contracerta Donnicciuola, che
cercato haucua
l’amante
C
l
pirgli qualche anello
gli
chiaua in dito .
ri-
ra-
fpefio
che
s
ita
et vna
Vefle divelluto 9 e foleua
,
I
adoc-
c
^
Fafcio Secondo
LA
Vn
.
1
1
4
.
mia Vernina aitata
M'ha coufegnato in mano
contaccio crudel di robba cara ,
Vefie di Velluto piano
V eliuto piano ? piano
Per una
.
.
«S 'ella
me piu
e di
Vafta V eHe pero
Vna VeHe ?
tri/la ,
mai non ha
nisia .
e di quali ?
Se mi lafeto mendico .
E , come haurai penfieri
Di uoler Vejle , io le dicea l'altr hieri t
Mentre tu uiui in peccati mortali ?
Non fai
Ma
ch'ai tempo antico
,
Donne da bene eran Ve Bali?
è poco mal^fe chiede
Sol
le
;
Ch'e nel rubar piu braua *
£>uàdo in mia ma qualche Aneiletto uede^
Con
mel caua ;
quand' egli e fuori ufeito •
Oh uediam come ua dentro il mìo ditt i
bel garbo
E dice poi
,
,
A pena
ue l'ha pofto ;
Che mi rifponde toHo .
Vd ben C Anello offe
.
,
•/
\
*
V à ben
y
replico anch’io ,
ma non permei
ok
£
•
—
-»
4
*
1
Delle Frafchem-
leggiadro motiuo
Oh
TYr
ww
Ffi
,
Quintana in fìgge nuoue ,
1‘ Anello e non
i
fi muoue ,
/4
if^2f
JaJìon do ne l'Anello , f ySw conino
£
£
£
,
Perche vfo de’ familiari ragionamene
ti,prefeàdir Ticleue, che il difcorfo d'
vno ecciti fpecie di fefteuoli materie al
C ompagno, già
&
a
che d'vn’auaro Drudo
s
motteggiò Rorazalfè , vien' à me in ta^
glio di rifèrirui vna faceta defcrittione di
v
Vn liberal Franee [e , che, cento
t
anni
v
s
delle bellette d’ vna
Romana, [pendeva profafamentcj
fàjnuaghito/ì
inetta;
q
:rn
;h(
ma la cenfura non può hauer
hello
nè
;
titolo di Li*
perche il Poeta nò vi lacera f ama ;
il nome , 11 Sonetto ò tale ,
vi palefa
V
N Caualier di Francia principale
Vna Moglie pofticcia
E ^perche in
In
lui
Corpo Italtari copia
;*
ia
n
.*
•
fia bene
il fuo
'
v
•-
$
'
>
in cafa tiene
l'Originai
| a]
,
^
,
male .
’’
£'&
^
*
4
?
'Fafcio Secondo
E'
liberale
,
e
ha
fieri
E' incatenato > e dona
le
catene
del Letto , e de
4?
143
.
libcr ale ,
L'oro in borfa gli sala j *
non
le
.
cene
gli cale .
Schernifee ognun de la fua borfa i falli y
Hefi dice altro in Campidoglio>e in Bachi9
Se non che fan troppo Piccioni
i Galli •
Hor quando fa che di volerfi fianchi
Vna Donna da noi gli aurei metalli ,
L Se ne'gufili d' Amor pagano i FRANCHI
,
Che vai, porre in
pcrme. Tele pure
dubbio, diffcStam-
fàcetie, ancorché Sati-
, cagionino diletti , ò rifentimenti ne
animi? V oi lapete, quanto rideffe Ephclo di quel mio Sonetto
riche
gli
Contra vn Zerbino , in cui fa vcrda vna fineflra vn vafo d'ac-
fato
qua.
Odalo Momarte, àcui forfè non farà ancora peruenutoà notitia
per la fua lun,
*
ga lontananza da Ephefo . Era
•
Il
<
.,
44. ‘DelleFrafeherit
1
E
,
Ra vna
vn
volta
Gioitane lafciuo
Poltron di cor , ma
h
Avna fpada bratta.
iv
Riccio il capei, co me Interrogattuo ,
muTtacci à Parentefi portaua .
Sempre a Donne correa , ma non corriuo ;
Sempre lafciuo e un foldo non lafc'taua ;
Così haueua nel pie L'argento viuo ,
'
fe|
M
,
Mentre
l'argento in borfa agoniTgua .
fornicando jmefire vn dì fen giua
)fc
^SgancC ecco ergendo ad vn balcon la frote
Lauoglt
il
capo un vafo di lifciua
legge e di
SMufa
Animai le Corna
le
crei ,
p
A
S
iea
tl
(
h
jlic
Corna in
altrui
iv
ba
dannar non dei
J$uel eh' al mio^Re nel generare
Fa
r
L
Natura ,
Ch'un cornuto
,
lei
ln«
.
hauea Pargutie pronte .
Se la Beltà di fpe echio non uà priua ,
Ecco Narcifo hà ritrouato il Tonte
Qui > ridendo con gli altri, Momarte,
riattaccò il fuo interrotto ragionamento ;
c cofi rincominciò à dire.
Era già in Etolia vn Re , che fol badau,a à far’ impudiche l'altrui mogli , non curando la dishoneftà della Tua . fi fparfeper
Calidone vn tal Componimento
Biffe uno allhor , che
E
I
1UJ
;
perche
aumene ì
le
tiene m
Non
:
F
,
.
Non
fti
fi
reputarono per infamatori; que*
verfi da’ Giudici di quella Curia,pcrche
feppc , che vennero da Prouincie remocui crcdcuafì
, oue altri Rè erano , ed à
molto meglio adattata la cenfura.
Ma forfè , che il Rè fteffo d’Erolia , foggiunfeEgideargo, non haurebbe curato
lo feorno del Poeta , mentre sì poco prcmcuali il corno della Moglie
fi
te
Anche
C
M
in Afia.
di Corona ha la faa chioma adorna
Stima un nulla di Corna il uìtubero ;
Per quefto auuie,chefra Corona,* Corna
Nonfa di
differenza altro che un zero .
Si diè qui applaufo allo fcherzo d’Egideargo; e Momarte repigliò tofiocon^
,
le feguenti narratine
Ognun
filar’
il
Marito
il
fuo
filo
.
quanto Agrippina
sa,
,
mentr’
effa la tela
faceffe
de’pu-
blici affari teflèua.
.
ti
V n'antico Poeta motteggia co’ fegucn*
verfi della melénfilggìne di
Claudio in
,
(offrire gli vfurpati
domini; della Moglie •
è però ridicolo , dar titolo di Libello ad
vn’ Hiftoria di quei tempi publicata an,
che da va Tacito.
K
Al
o
146 Delle Irafcherie
A
L Tempo antico in negotiar di flat\
Vn cece non naie a neffuna Donna •
,
H oggi ognuna ha la faua
in Magiflrato
•
X) Imperante imperito ecco s' indonna
Inguifa tal la fua Mogliera uana ,
la Clamide in lui cangiafi inGonn4*
Che
Apre un Tacito il labro e cofa ficaia
Sembra , dictglt a un popolo Guerriero
,
,
Vna Donna
imperar Clajfe
Romana ^
•
#
•
La Torta maneggiar uuol de t Impero
%
Nona Agrippina-, e Maflro Claudio intato,
Non fembra Imperai or, ; ma Pafticciero .
j
t
j
Nelfuofajlo rapito e altera tanto ,
Che piagne Roma, alfuofumofo orgoglio ,
Coni e proprio dafumo il uafeer piant %
profanato
ha
in Carrozza il Campidoglio
E fe‘l morale Anne
Vuol
La
0.
non
y4
j
j
j
j
la fconfiglta %
{
Natica fua metter nel Soglio,,
•
(
v-
Roma
fi
Fafcìo Secondo
.
147
JSema intantofi turba , e marauigha\
pur cofiei d' Imperator Romani
£' Madre , e Moglie efu Sorella,e Figlia,
\
£
1,
i,
,
Mot come mai ponno
i
$ome da vn fejfo
Roma
maneggi humanì
Buon fine hauerfe feminil Medea
Moggi alCapo viril tronche hà Umani?
<•
tal t
dicea ,
Nafeera gran faperfè in Poefia
Madre non ha> chi
Che vn gran
k
Perche di
!
t
Ma chi
Dea}
principio di Filofofa
Hauer pojfàn
1
del fapere e
le
Donne , io ben lo feerno ,
FILO fan
,
non di
SOFI A ,
crede , chefia bugna al Gouerno
Yna Femina vana ,a(jai vaneggia
Non e buona al Gouerno, e buona al Verno,
.
i
Perche. a noto
fi
C he de
Che
i
a quel che ha trono in Reggia ,
Chuomo ha la mole ,
notturni piacer Donna maneggia ,
diurni affar
Splende Cinthia la notte , e lgiorno
I
.
.....
K
2
il Sole
Vera-
•
14 $ Delle Frafeherie
Veramente
lo più le
,
Donne
difle allhora Ticlcue, per
fùron Tempre alle feienz’e
&à’Gotierni poco atte. In Ephefo fteflo
fon così .zotiche , che di tutto il libro di
Nafone , il quale douria pur piacere ad effe
mentre infegnò i remedij d’ Amore *
non fanno altra fauola , che quella della^
Figlia d’Inaco ; perche fe chiederete loro .
Approdo Ouidio chi è Vacca ? tutte vi
refponderanno. * Io
(
I
,•
,
° uid
*
In Africa ripigliò
mente al Principe
Momarté venne
di
Feda
,
di
andar
iìtando alcune Fortezze nel Tuo Stato
Uc
vi-
nc
;
e
i
giudicio dc’Glofatori, che l’artificio deluifi
il
nome
,
ta
in_#
perche Popoli apprefero, che la vifita-/
fu(Te più diretta àiperanza di carpir tribùti da’ Sudditi che à timore di patir forpre,
feda* nemici, vn Bellhumore lafciò vagar per la Cittcà i feguenti verfi , ne' quali
però i Sauij della Coite più dannarono il
l’incognito Poeta
$
poiché oltre il tacerla doppiezza dell’ equiuoco
!
n
Ho
pc
£
Mi
b
fcc
r it<
;
baftaua à difenderlo
DisJite.
k(
.
Fafcio Secondò
P
Brcbe fta forte
vìi feno
.
\
p
4
,
Lo Scolar di Galeno
Suol vifitar
le
debolezze altrui ;
Ma fon
hoggi in cofiui
L'arti del medicar di varie forti
Per far deboli altrui , vifita i Forti .
L'Adulatione , che non fàuella mai à
gli huomini *na alla fortuna d’eflì , crcfle
-,
già ad
vn Monarca della Morea vna Sta-
marmo, mcntr’cgli era ancora viStupiuano i Sauij di quefto honore,non meno di quel che fecero i Romani
tua di
tto,
1
Tempio, facrato al viNerone, non cflendo in vfo, far pompe diuine al Principe , fe non doppo morte . Aggiugmeuafì , che’l Goucrno di quel
Monarca fapeua di Tirannico,- onde folean dire alcuni con efeandefeenza , che
douea più tofto lo fcalpello infiggere nel
fuo viuo capo vn fol colpo per darli me,
rito di morto
che percuoterne tanti nel
fuo fimulacro per darli fembianzadi viuo* E perch'era focto la Statua vna In*fcrittionc d’Encomij sì adulterini, chepareua contener più ipenzogne, che noto,
vn Poeta non ofeuro di colà spallando „
nellerettionc del
tto
,
,
morr
,
li
apprefè tofto dalla rapace mertlória
vn* Amico , che (eco era
,
mia
cartai
iti
ma
rìotitia trafmeflfei
foj
urono dà quel-
f
lo immantinente fegiftrate
la
,
;
*
offcnliue interìtioni efponeflfe
O
Su Corregiani
;
Mille note fcolpite
i
fan
fà,
carini
,*
i
ui
j®
Poefia di coftui.
H piu de Marmi adulaiion majjiccè
Danfi a l' infamie ttie glorie pojìicce
Per poter dir , chan faccia tojla i Marmi.
T
gii
qu
.
la
gii
noti potrei
dar loro taccia di Libello , ne condannar*
tle l’Autóre pei'che non fece egli precorfere publicatione di Scrittura che le fue
Eccoui
gli
& al-
yc
£<•
d encotnij un complimento hotre do
Oh menzogne
vn
impetrite
.
ha
.
p
il compimento in nói compie mentendo
Non
di
man, ma di
Dotitian le Pietre efercitarti
£
j
nt
ojfìtiO ,
dóurcfti al [eYuitio
non Segretari i SaJJi
Non v'ècofapiù della Giuftitia nemica diflc qui R òrafe alfe , come oprar male,
e voler* efTer commendato per buono. Il
delidbrio della Gloria , in ehi non la meriStaffieri batter,
0
^
pajji
p\> (
fu j
p
,
p
0
e
dej
rn
.
\
I*
I*
i
•
folirò d'appefire quel
gli ifatìi
Non così
ì
grò* che Volendo Vnó
girico
recitarli
Ne-
vn Pane-
^
spai,
à iua lòdetefliitó itosi difieli; Scriui le lodi di Mario j ò d’ Allibale , acciòche
i
imitarlipòfliamo
f
che deuono negar-
fece 4 Pefeennio
fa
.
'Lodarci viuenti è bef-
rtìaffimc Imperatóri
dà Cui fi fpera , i
quai fi tèfnono , e eh erhtr potfofiò * Io deriderò di piacer vino rrtà d’ cfler lodato
*
>
;
morto
Tiberio, tornò à dife Momarte che fà
Vn'Imperàdore di fofpefòi c d’irrcfoluto
,
/,
gioditio ,lafciaua marcire
i
Cittadini ne'
Gouerni , ò 5 ne filile cagione il tedio , d'
hauer à permutarli * ò rinuidia di veder
pòchi buo mini ricchi ne' fiuti delle Provincie* Vn’ofcurò Ingegno , fpinto da_*
indifereto zelo * rinfacciò alf Imperatóre
1
f,
fotto figillo di lettera le fue lentezze
pVegiuditij
*
e*
che da quelle ne’ Sudditi riiultàuano ma rton hebbe luogo il Componimento fra i Cartelli perche il Priodpe non ne publicò la miilione ; c fi valle
del motiuo quantunque temerario per
,
vn gioueuole rifeuotimento di Natura .
,
:
>
-
r,
!l
j
,
K 4
I lenii
tLì*
.
,
,
Delle Fra/cherie
i/2
I fenfi dello Scrittore furon tali
TM
iberio mio, per tante flemme
c
c'hai
,
§
h
erti a un Nume i Titoli flap enti-,
Che,fe gli Dei nel Cicl ttiuono eterni
Tu eterno ancor non lajinifci mai,
Perche largo di mano ejfcr non fai ,
Lungo ti mostri , in permutar Gouerni ;
Per quefto auuiejstianoflri humori interni
Con tante flemme tue
I
bile
V
c
i:
tu fai
tuoi Gouernator uiuon etinganno
fc
.
Fra Venere compratale Afircauendutay
0' ne ruban la Lana o Corna danno .
,
Per la tua Naturacela irrefoluta ,
Che non li muta mai afforchi fi fanno .
.
Ti
f<
Sempre fa porcherie , chi non fi muta .
Quelli, e limili Componimenti , benché di Cartelli non meritino le condanna gioni , non deuono meritar ne meno ii
lodeuole titolo di Satire, ancorché Satirici liano; nella guifa, che vn membro, non
deue appellarli huomo , benché d’hu mano bullo li /picchi . Per dar faggi compiutid’vn’Arte, fono nccelfariele ampiezze.
L’Arteècomela fiamma, fe ha paftura,
fi dilata . E però anche certo , che la vera..
iti
P<
r
ti.
Se
int
Cl;
lar
Hit
u,
de
k
v
§atira
con
è organizata di tai
diff
membri.
1
(
EJtgifìzed
i
,
.
Fafcio Secondo
chcd’Autorc fappia
,
in
153
qual guìfa debba
generarli, e diftinguerli .
6
ta nulU ejuarum
ad certum nume-
,
legibus
Partes in Sati- Sc
*
ìk
rum
, certamuc difpofinonem deducaris
, diffe Io Scaligero . Si sa bene , che la Satira è
vn Corpo
nelle fuc confufioni ordinato;
c benché habbia in vfo alle volte di fuolaztare oltre ifuoi Tenitori;, tornano però
fempre al centro i fuoi giri e come dello
;
Pindarico auuicne, dilatando il camalle fuc prodezze, addita fempre
con
Itile
po
fuagamento l’ampiezza delle lue facolingegnofe : 7 Abrupta omnia , non tamen
non c ohaventia , ditte fauellando di lei lo.
lo
tà
s«u.
Scaligero. In quelle parti, intricate perla
integrità dVn ordine, con/ìHe la dittìcultà
c la bellezza della Satira . Politiano fàuci-
landò de’ fuoi compostoli, ditte. * Summa
inaqualitas , nuncftriCti , &cajligati
i
nane uagi ,
effufi
Due fono gl'idiomi della Satira ripren-
p^
illis
&
.
dere, e fcherzare.
9
!*
Dccius y
ditte
Pallenies radere mores
& ingenuo culpam
9
Perfìo .Richiede però per trattamen-
to di quelli due meflieri
--
^
.
irf
dejigere ludo
vna pronta
elpe-^
rien-
1
t
/4
Delle FPdfckeriù
due ftili graue» e faceto; e chi
non sà vgualmente» e con felicità
maneggiare» non iì ponga à far Satire.»;
ricnza di
cr<
qucfti
te
perche meriterà la sferza di chi sà
Le
e
altro irtgegnofi
*
»
rai
ta;
Ariófto *
Pc
bench'e d* huomini pef
ne
Satire dell’ Aretiilò
d’ altri antichi
farle»'.
•»
'dell*
e di gridoin quel fecolo
nondeuono à moderni
fcruir di
norme*
bene . fon lodeuoli* come
nate à fecondar quei tempi , non cornea
educate à difcipIinar’irtoftri.Chiledifende haggi » ha l’Ingeg no così rancido * co-
peir delincarle
me quel fecolo era * I loro fiili fon più gar-*
mlhchefcnfati; perche poche vaghezze
vi fi olferuano , che habbianò fòrza d'inatcare in noi là cantonata d’vn Ciglio * Ancheti moderno Secolo và producendo tal-bora di quefte Anticaglie;mi il commendarlp rimettefi à i partiali delBerni, il
quale in quei tempi infegnaua à poetaro
piti ne* mercati che nelle Accademie *
La purità femplicc de' verfi non bada
precifamenà coftituire vii buon Poeta
l
P
E
D
Si
I
A
èc
pii
he
inej
rali
con
I
1
,
té Satirico*
l
lai
to.
re,
§tn
'Nofutis eftpuris tterfum conferirete ueriic,
ditTUa Horatio i anzi di’ egli medefifnO-'
ere-
itfi
fu
.
Pafcio Secondò
V
•
icredeua
Uri Satirici
ramente
^
.
•
eflfer
;
tolto dal rìurriero
perche
de'Mae*
iritefe di {stuellar
Conobbe; fiorì baftare
pu-
la puri-
rrìa doticriì il titolo di gran
Poeta in tal geriere à chi valeuactiandio
tà alle Satire;
;
hellatefturadilòcuti^nipiu tenore* (pus ,
*
£
Primi ego me illoru dcderìmtfuibut ejfe Pdc-
E scerpa numero^nef éh'rm eociudefe Versi
Dixeris effefattanefdì cjhìsfc ribattuti nos.
Sermoni propiOTÀJutcs hunc ejfe P oc i am .
1 ngemùm,cuifitpui mcns dtuinior,dtq\os ,
JMagndfonaturi^dei nominis huius honorem
Non deUepelò la Satira
alto
Con la nobiltà dello
Tolleuarfi tant*
Itile*
chertott Tap-
pia per lo più ftudlofamente abbaflarfiton
la caduta d’vna popolare fucetia. Quella
inegualità , che in altri itili puramente mo-*
i od Heroici è vitio *' nel Satirico è
conditionc di raddoppiatà virtù
La Satira è vn gioco di Palla * che inalzata ricade al bailo* caduta rimbalza in alto. con liciti cangia méti tic dello l’vditoq
rc , allettandolo con le dolcezze alTintelli-
rali
genza di più Teucri airtmaeflramenti. Horado il qual Teppe nella Satira più confi,
gliare,che oprare, diè
v
norma
di
quelle
diffe-
'
t
.
i
/6
Delle Rrafcherìe
differenze,
,
H°ra.
ì
quando
diflc_>
.
.
- >
Jl rmone opus cftjnodo trìflifape ioeofi.
Dcuc il Satirico nella riprenfione de'
vitij far
l’
vlficio
hor di Rhetore , hor di
Poeta»,
Jor.
4
li
qti
k
vn
Difendete uieem modo Ebetoris,atq- Poetxs
Interdum urbani parcentis taribus , atque
y
Exttmantis eas confu Ito y
•tii
Ma però è conueneuole, che prcuaglia più
frequentemente nella poetica piaceuolezza,come in luinatiua, che nella feucrità
d’Auuocato, come àlui ftraniera. oJtrej
che non fa oftacoloal credito d’vna veri-
iir
:io
i.
dica riprenfione
5
Hor.
Ridicolo.
ridentem dieere uerum ,
il
jQuis uit it ? foggiunfe Horatio
]UC
h
.
Cì
Alcuni abozzati Poeti, ne' quali le dolcezze fanno bile , fi perfu adono , le jjacetie
d’vna Poefia repugnare alle fauiezze de*
Compofitorij come che i parti dell'Ingegno richiedano Tempre quella feria grauità, che per lo più a’ coftumi dell’animo è
conueneuole . non fanno i melenfi , che il
far ridere con marauiglia non è d ordinaria fattura ; ma , come infegnò Horatio
ne' Ridicoli»
Pi
l
'eri
Ci
Vi
J
111
In
Tafció secóndo
i*7
.
n quoque uirtits,
u—S nft qaAdAm tamen hic
a
.
raflòmigliano à
Pittori
Ho:*
perche
I Poeti
fi
quelli
come imitatori di Natura non re-
,
i
;
*
ftringonolaloro Ai te più nel difegno d*
vn
Principe che
dVn
«
Paltoniere; e però
quei Poeti , i quali, icriuendo in grauc, abborrono in altrui quelle argute fàcetie , di
cui itlcfpeiti fi palefano , può inamente
dirfi i c’habbiaiio di quel, che non fanno,
cioè del Ridicolo.
1 due Stili graue , e faceto
iti
,
due fogge
s’adattano alla Satira , ò diuifi , ò congium
Diuilò ilfacetoleggefìinGiuucnalein
ti
.
queiverfi*
7
r
Incide Calliope , licct hic confidne . nonefl
Cantandum i res utra agitar^narrate puellx
Pieridcs .profit mihi uos dtxiffe puellas .
Diitifa poi concatena il Satirico à quelli
veffi vtta Virgiliana grauità, mentre dice.
* Cuiam femtanimu lacerar et Flauius orbem
"
y
Iti
mas
,
&
ca.luofcriiìret
Róma
N croni
*
^
-,
r
Riattacca di nuouo d quelli verfi vna
ìnafpettata, e cadente fòcetia , dicendo,
v incidtt Adriaci fpaciìi admir abile Rhobi jj»
Ante domar» V cncris
.
-•
k
Comin-
1
t
.-,a
N
\j8 (peHeFrafcberìe
Cqmincia Giuuenale vna, graue Satira
di qyefto tenore.
,uJ f
Jguamuis dìgreffu ueteris confufus amici
y Laudo tante uacuis.quodfede figere C umi$
Dcjhnet , atque unum Ciue donare Sybilia•
Termina poi la medefima con vn facet
juu.
tq fentimento in tal guifa
i
.
nc
W
,
qu
vr
di
C
^
Scdiumenta uocant& fol inclinat^eudu efiy
Vt
uirga
LJ am mihi commota $a dudum multo
oc
Jnnuit.
P*
t
Congiugne!! parimente in vna frafo
medefima il faceto , e 1 graue ; c quefta è
maniera
la più conueiieijqle , e praticata
della Satira, e di Giuuenale precifamente , che più 4 ogni altro feppe formarne
Videa
.
Qui è
nccefiario , fapere
,
che
lo
\a
co
io
(e
-
grauità Satiriche > di cui hoggi pochi pof
fiedono intelligenza , fon differenti affatto
c molte ridicole am-.
Ha
polle ammette la noftraSatira, che 1 feue-»
xo ftile delle loro Odi condanna .
Tutt’i verfi di Giuuenale fon portati per
**
dalle Pindariche
•
j
lo più con gioconda amplificatione ; e con
tutto che riconofceffe egli per grand’ huo-
—
^^
Venufma digna Lucerna
mo Horatio in quel verfp
juJ.
}
,
Se
H
lei
il
;
,
li
Fafcie Secondo
non voUe però imitarlo
159
;
ma
nelle Satire,
Igfsò frali , e
norme più di
quel genere
,
lui
cfemplari in
.
.
Vuol’cfprimete Giuuenale l’attione d*
vno * che rulla, fingendo di dormire, e
7- 4 V igilanti(tenere nafo
——
4
1
,
Chi diccfle hoggi fùor di
Satira in graue
Vegghiantmari, daria fui nafo al ficuro;hauendo
pon
à fare cpn quello membro,
più (a vigilia , che il fonno ; e pur quiui è
Vagamente detto.
Vuol deferiuere vna commotione
collera , in cui
fi
di
ftringono i denti , Irriden-
do ; c dice coneuidenza d’vna graue
^euolezza-.
’
—7
5
pia'
»
;
Per
.
|
;
efondete bilem
luu*
Cogaris , prejfoque diu ftridere molari
.
Chiama
il
Tempio della Dea lfide Ruf-
fiano , perche in elio foleuano, alcuni trafipar’ adulteri.
6
~
Iftaca
Sacraria
Lena ,
Hoggi non (aria ammeifo nella graue defcrittiòne de* noflri
T empii sì
temeràrio
titolo.
Vdite cornagli accoppia,
ridicolo in quelli verfi
il
graue,
eT
.
Ver-
Iulu
f
.
i6o Delle Frafckcrie
7
iuu.
.
-,
\
,
#
7 ycrtigine te cium
Ambulai Agemini* e xfargìt me lucerni
fa
.
Quefhi è deferittione Satirica d’vn’imhriaco che tradotta in frafe di pura grauità
non Tuonerebbe così acconcia
Chi dicefl’e hoggi in vn’Oda . difeefe in
Ctelo , fedirebbe da’ Cenfori
metrer fofiopra il Cielo , e la Terra ; e pur’ in Satira
,
di
•
E
**
>
ncila quale
*
juu.
i
fentimenti fon più
acconciamente detto da Giuuenale .
s
Defendere iujjtt
inCoelum .
Fauellando di Claudio , volle dire il Poeta, che trasferito in Cielo, fùfle
di nuouo
—
Jnfcri»
iti
,
luu.
1
fatto
difendere à
Anche Seneca fcherzando
sMv.ca mente d’efTo
eoelune
,
dilTe. *
defeendit
1
?
riftretti,
fu
da gli Dei Superiori
«
*
<
-
.
'
gl*-
Satiri-
toftqudm Claudi«s
.
Dille alrroue Giuuenale*
Surda nihilgemeret grane buccina .
Non
panerebbe forfè da vn Pindarico il
Sordo ad vn’Inftru mento e pur’ il
Satirico chiama Sordo chi non
/ente, e chi
non & fentirfi altro u e ancora difse
fi
titolo di
;
,
imig.
—
.
2
Surdo uerbere cadii .
Più dura parrebbe la rraslatione
di Per.’
fio , il quale traporta il
vocabolo Sordo
'
dall*
s
.
5
.
,
Spirent cinnamd furdum . *«f.
Et Horatio l’adatta
4
*
al fenriméto del gufto.
exfurdant vina palatum
Hor;
Qui ancora fi ftrepiteria da' Critici
s
Algentem rapiat canario Solem .
Per Sole freddo intende Giuuenale
Stanza , che habbia
vna_.
Sole di verno chi
adattaffe quella forma, e le antecedenti
ad vn verfo graue, e le recitane poi , auuerebbeli quel che d’vn Poeta Italiano!!
racconta , il quale vantauali d’haucr fitto
porre in purga vn Ccnfore con certa meil
.
tafora; poiché
ftomacato quegli infentirperturbo , e contorfe sì fattamente il
collo , che fu forzato à medicarfene
Varie, licentiofe,
imitabili fono le
la ,
a
fi
&
frali de’
Poeti Latini Satirici ; ma però non
deuonfi traportare altroue, che nelle Satij
re
r
e
;
/
non fempre dobbiamo' tracciare^
come lecite,
•
le arditezze, e valerli delle
ttccttioni per regole , come alcuni fanno.
Dirò
folo, che la Satira è capace di quelle
doppiezze ingegnofe , con le quali rendendo più malageuole la fua teftura , vien*
anche à meritare 6 dal Cafaubono titolo etra.
,
‘
•
L
non
^
'
j
ma
non di plebeo Poema,
dito
di
carme
crii*
cl
;
quefto Secolo la ripren(ione de vitij perch e in vfo l'adularli ;
^ Adularteli gens prude ntijjtma laudat
E'
difficile in
;
•
,
iuu.
p
—
Sermonem indocliyfaciem defirmis amici
iratur voceni anguftam qua deterius nec
M
^
,
vj
cui la libertà del dire è perduta;
iuu.
—
.
8
Vnde
illa
c
priorum
C(
Scribendì quodeuque animo flagrate liberei
Simpltcttas. E la Satira, difle lo Scaligero
Seal 9
m
Efi Poema liberti ,fimile(f\ Satirica nat urf.
Omnia fufeji acq; habìsjnodo altquìd die at .
^
perche ha
dò
i
Hot.
per fine
contrarie
che vuol
i
0
f
>
E piu difficile di tutti
I
q
fe
,
morder ur gallina marito ;
llle fonar
E- difficile la Satira in quefto fecoloj irv.
ejuo
,
dire,-
i
generi la Satira
^
;
due colè in vn certo mo-
cioè lo (degnarli
*
e ridere
U(
;
milchiar l'vtile delle ripren-
dolce delle argutie .
i
idonea dicere vitf.
lue un da ,
E’ difficile la Satira perche i vitij , cck
me inferri anche nelle deprauate aarure
^
lioni col
ò
.
&
^
'
tj
;
de’ Poeti
w
,
ponno
malageuolmente
*
— z?
-
^
^
eflef
dannate da' mcdelinii in altrui; e per ló
piùle colpe , che nel nemico lì rinfaccia-
tìe
no.
.
i
\
,
Fafcio Secondo
non
iìo,
.
i^i
poflledon© dall’ Auucrfariò
j
che leaccufa . E'cosipcnuria d’huomini
fi
Che pfaui non fiano,comc| di i^octii che
fi
fclcgnino delle prauita humanei
fc quelli
Poeti fuflèro , farebbero anche le
Satire ;
ChififdegriadVtì male* fe ne duole*
chi
le ne duole, fchiamazza ;
Qjici
tali , che più vagliono à
tefler su
Panegirici , che le Satire fono
;
più
Cortegi.ini, che Poeti; behche Poeti
viuj
1
am
cora ponilo cflèfe quelli, che Cortigiani
fono cioè quei tali , che non etTendo
huomini da bene paiono eflerc
Élfendo doppia. l’elòquenzà, vna ora;
*
*
toria, vna poetica, è certOichc diffidimelitè pervaderebbe, chi reputato
fufle catti-»
Uo j e malamente faria perfuafo vn’Vditore * che attendefle buon cotlfiglio da colui*
in cui è fofpetta la iraude a il Satirico deue
ò parere , od effer mondo del delitto che
*
jiahna id altrui s perche altrimente i Lettori riderianfi
d
efiò » coifierife
Xenocrate,
vedendo,- andar vfl Ladro al Patibuloj
perche i maghi©, chea maggiori Ladri
*
ha-»
Ueflèro
La
dannato d minore
di,lìicultà
i
'
*
della Satira
fi
L
>
fà
2
\
maggiore
in
6
1
*Delle Vrafcherie
jf.
in quello Secolo ,in cui oltre la crefciuta
grauità dello ftile , e 1* inlerimento dell* e, s*è trouata anche da*
buoni Poeti vna più ingegnofa maniera^
ruditioni più folte
nel Ridicolo
,
medianti
le
forme
,
e gli
equiuoci, ne* quali gli Antichi della noftra lingua no hcbbero,nè taléto, nè lume •
Non efclude la Satira le lodi
‘
quantun-
i
que di pochi , c parcamente nè perdona
<
,
,*
taluolta le cenfure à lo fteflò
farli lecito
,
Autore , per
c
e la de-
c
l’auuentarle in altrui
;
ftrezza , che in tai requifiti è ncccflaria , le
fue difficultà
aumenta .
i-
Richiede generalmente i Sali , che più
di qualunque altra cofa fanno rifplcnder
le Satire, nella guifa , che le Lucerne , fc
v’è Sale dentro , ardon meglio .
Ammette alle volte i Dialoghi , i quali
rendono etiandio più difficile la telluri
Satirica per la oppolitione de’ fenli ;
non deuono in ciò imitarli
che non facendo diftintione
tori,
cafe. filli
3
dille
gli
ma
t
«
J
i
<
Antichi,
d’Interlocu-
cagionarono ne’ verfi fentimenti con-
Ex perturbata
f
/
J
t
ratione perfonaruytuj ,
l
Cafaubono . In quefto peccò più di
c
Ama
Fafcìo Secondo
1
.
Amala Satira particolarmente
tifmo ma vi vuorArte in viario
oratoria* ,
^
l’Idio4
idio-
qu&
inter
;
tifmum precipue adamant , rem
6f
«
&poetica* virtutes raro procedit
4
PolIr*
,
magneque indiget temperamento
Non efclude qualche ofeurità od ambiguità j perch’è naturale vna indiftintaimplicanza in chi hà fdegno ò teme di lacerar* apertamente vn vitiofo * plerumque
.
>
obfcuri
cunt
,
& implicati
,
& fubdole
,
toi»»*
multa ambigue du
.
Infomma i Satirici conchiufe Politiano,
in
argomento
fil i e
4
.
delle loro elaborate indùReprebcndunt acriter infultant im,
Polir,
potenter , vafie cauillantur , optate obrepunt ,
effluunt lubrici
,
tergiuerfantur
difftmulant , ardent
,
,
illudunt y
verfant , fufpendunt y
feriunt , pungunt , prouocant , titillant , fiomacantur , attonant ceu fulmine omnia ,
&
concuttunt .
Fra i Latini i Satirici più renomati, e
fono Giuucnale, Horatio» e Periìo,
letti
tutti
non
come Maeftri imitar fi poflono,* ma
7
in tutto
Che nuoce dille Ci-
cerone
.
,
venuftà d'Apelle giugner* in
alcuni luoghi l'audacia di Zeufi, la diligen,
alla
ci*
>
,
ì$6
.
Delle Frafcbcrie
za di Protogene, l’ingegno di Timante,
la grauità di Nicofanc ? Quelle qualità
mille,
& vnite alla noqità de’ próprij
arti^
(ormano così nel Pittore , come nel
Poeta yna tal maniera , che non altronde
poi , che dalla propria miniera può vantar l’origine, non forti mai grido di grand*
huomo in queft’Arti, phi non hebbe Arte
ficij
di fabricarii la proprietà d’vno
feruile,
*
fior.
„
? e n*
non faper muouer
Itile
palli,
.
tlCi
nò
*£
7
in
l
è atto
ne
sùP
nc
che
impreftioni delle altrui veftigia
8
O imitatoresferuum pecus vt mibifcpe
Bilem , [ape iocum vejtri mouere tumultui;
,
Horatio . chi fi contentane della fola
inuenterebbe mai i 9 ni, non
hilenim crcfcitfola imitatione, dille Seneca.
Nello fcriuere , fi deuono feguir le veftigia
de’ buoni , ma nella guifa, che fa il Pedante , il quale feguita il Difcepolo, c pur lì
ne
lai
dille
fei
imitatione
ne
Chi
è
commolfo
à far Satire
naturale concitatone d’animo
,
da vna_,
ò libidi-»
ncd’Arte, pongali ad imitar* i migliori;
maauuerta , dille Quintiliano , ne r cjuocL
facilius eft , deteriora imitetur , ac fe abun~
'
de ftmilem putet
oc
vu
ft
1\
e!
dice guidarlo
qJin.
fo,
,
,
fi vitia
maxtmorum
ar«*
2;
11
d.
d<
ri
d
?
'fafcìo Secondo,
téf
|
.
fficum
corife quatur
.
niuno de*
foprannomati Poeti imitarli dcpc e particolarmente Horatio , che non la perdo-*
Nel tartare à npmei vitiolj
,
;
f
nò à gli Amici ftcfli.
1
Omne vafer vitium ridenti Flaccus amico
Tagit, dirte Perite; e Scaligero lo chiama
Pctf*
ingrato, e barbaro > perche ' non s’aftenne dal riprendere etiandio Mecenate (otto
nome
di
,
Scah *
Maichino T
In Horatio oltre vua pronta acutezza
pel colpir tutti i vitij , fi può anche imitare
‘
Ja
gran felicità nello (piegamento, ma non
tempre la tea triuiale, cprofaica locutioc
ne . Non ha egli mai cola eleuata ma
occupato tempre intorno à precetti più
4
tram
vulgati de’ coftumi. Pajftm in aliena
;
fit cafra , non
quam transfuga
e Stoico
,
Ca fa.
tamquam explorator fed tan. -
fpefl'o
za d’Ariftofane
,
C^afaub