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A. Abati, Delle frascherie

Digli Ìz5/b'y GoÒqIc I 153 ° rÌ dÌ ?; P sci tfmnt • , . eS V' Leni Lem ?uf sul ri d., ABA 1 A Delle frascherie. ^ 7 aSun t homines, QuiC uld Fa- gaudia, discursus, no- ) 1 , . {far 1fisT 1651. V0 ^?uPtas, votum, ag LÌbellÌ T ? In 16, picc. fi - In Venetia Per M. m. p. con ang., fr. lett. oro c.c. n.n. pagg. leg. SU1 piatti e cord.; SI?, bella antxp. allegorica 8 ,rr j. _ i L. 6.000 v '{Vedi Passano) NAZIONALE FONDO t#* DORI A V ^ 93 NAPOLI / —* •• >• > 6 * - 4 V jwl 9B a ' -pglS \l \ pfili \ , x^Jfm v€l . nt T T 17 FRA SCHERIE D I ANTONIO ABATI Fafci Tre. Quicquid agunt homines timor Gaudia , , , votttm > ira, voluptas , dtfcurjus > Farrago noftri eft Libelli . IuucnaL Satira prima..; " ///£ Per Matteo Leni Co» Licenza, de Superiori , e Triuilegij Del Sommo Pontefice. Del Rè Cattolico nello Stato Milano Della Sereniflìma Repulsa di Venetia , . e di Genoua , e d’altri Potentati • di , A,L V , ILLVSTRISSIMO Et Eccellentiflìmo Signor mio Padron Colcndiflimo Il Signor DON LVIGl DE BENA VIDES Cariglio , e T oledo Marchcfe di Fromiftà , e di Caratila * Conte 4Ì Pinco Del Configlio fupremo di Guerra Maeftà Cattolica, della 9 Suo Gouernatore , e Capitan Generale dello Stato di Milano, E all’HercoIe di Lindo offriuagiàvn Popolo maldicen ze , non farà ftrano ad vn’Heroe d'Herculea Fortezza , come V. E. è , facrikhi boggi la mia Satira Vittime di fàcrificij di n detrai- 1 ; Efoerto almeno, che Natura del tributo haurà gran proportione con le doti dichilo riceue Le cen Ture Saffiche fpeC detrattioni 1 la . d’vn poètico fiirore ^arrotano, eie Virtù militari di V.E. alla cote d’vn gcnerofo fde^ gno s’ aguzzano 5 oltre che dall$ Satira fon lacerati come nemici * i Viti * e da vn Guerriero Ilio pari j fon combattuti»* come viti j , i Nemici ì Nel rdlo [‘ombre delle mie fo all* ira ., ìmperfcttioni in quefte carcc fa- ranno elprimere maggiormente le luminofo differenze di Lei. I Vi** ti j, Ch’io prendo à dannare, foiLi finti i e le Virtù, che nell’ Eccelli Voftra Quefto ^ammirano L brò per * fon vere^ gli oggetti * vi^- tioflèhe rinchiiid&nUriti lecoftdànttógioni de buoni , e le vitali- momenti 5 ed eiia tà de < ..wj 1 per ie impref- - r , prdfioni valorofe, che ha fecò^ mentà le publiche lodi della Fama j e decerne memorie de* Secoli i Dirò quello lòlo in elpreffione d* le n o f r- vna verità impaciente & Che di lilentió. cotefto ampilfimo Stato da* Vna fòla fatica dell* E* V. tutta là* Tua quiete riconofce Se Cremona la . il fu edificata à parer di Tacito, cò- ri me e; trans ^Tadum agcntcs , propugnaculum aducrjus Gallos > no della Maellà Iac % Galli, le altri Cattolica per di- fela di quella Frontiera te contra i non la Froncecoraggiofil u deirEccell. voftra , eh' è l’Idea del [I. Coraggio Spagnuolo > < f ii- ì- Con doueuacontraporfi dal prouido cen- ie i* non aufpici j dunque di si Sotto gli gloriole In» fègne vien hoggi à militare coiiil Tempo, efJnuidia larmaSatira la quale, perche nudà^d’ or^amento Uà in atto di troncar Le- tra » . ‘ . . gni inutili nella Campagna, c bramosi di trouare lòtto l'ombre del filo Priuilegiato Tronco i ricoueri, quando le Icoppiaffero ingiurie i Cieli,e di godere la vicinanza del filo minacceuole Scettro, qua- do le buratterò à tergo i Mattini IlSig DiegoGera,ch'è vn pierofò regolatore dogai mia Fortuna, lucrando all' Eccell. Voltra le mie riuerentjffime preci jcl’obligatio- ni , douute alle file Gratic , fi degnerà, come miltico Sacerdote, d’offrire à V. E. , eh* è vn Nume propicio a’ miei voti, quelli Fogli d'impreffadiuotione, checonlàall’ E. V . cro hora al fuo Nome , humililfimamente nV inchino & Di Venetiaadi S. Ottobre 165 r. D.V.E. tne m* m* Hum, din. & r& ’l / oblig. Serti. Antonio Abati . Digiiized by,t . . L’ ABATI AL LIBRO. «6&£3 3«» :a la fpunta gi i- u 0* ia» lie o le- e», ic .a- y. p la homai » pigritie al tua Luce , ò Libro . camino Affretta palli ; pompe ; e molto mepremendo vie non legnate da humanoveffigio> Tei certo, che non ti mancheranno fterponi» che ti sferzino, pruni , che ti pungano. Oh quanti Libri fon’ hoggi, il Pellegrinaggio non vuol no deui hauerle tu, che che peregrinano con la Giornea d*vn bel Titolo ; c fra gl’ incartati arnefi non hanno poi habito da mutar comparfa, e vefUmento, che*» groflolano non rta Sò >che amererti d’hauer teco Compagni, da confabulare in cammino ; ma non ti verri fatto. Molti ancora dormono; perche non hantardi » perche il Viaggio loro è più corto del tuo : & altri precorfero i tuoi mouimetiti col notturno raggio; perche fi vergognano d’erter vifti» e godono di peregrinare alla cieca. p • • - w y 1 * Non ti . cu- rar ' • / • i che fe’l tuo Viaggio tende i gloriola potrefti giugner di notte; perche alla_^ Gloria non mai , che neH’Occidente s’arriua Non badare d raffazzonarti molto; perche meta, no Pellegrini glTngegni . altri vfeiranno li Sor- e {limolale fonnacchiofc • ‘ , . , loro Stampe rar di quelli ; già che la Luce delle è come quella d‘vna Prigione fegreta à i Rei » che più vale à pigliar* aria,ch’d farli vedere . Non feria gran fatto in quello tuo caminar folitario, che vrtalfi ne* Malandrini » Non ti itupire dell’incontro ; perche i Ladronecci han- no per lo più origini dalle cateftie; non hd e chi robba, va à ruba . Preparati d’ hauer* i pagare chi ti fa ingiuria; e t’alficura intanto, che anuerrdà’ Ladri , come alla Cornacchia d’bfopa, che fpogliara delle rapite penne , moffe il tifo i sbrauet** i pennuti , ò come quell’ Alino > che giandofottolamafchera d’vn Cuoio, che Aio Volpe , che lo riconob, fù derifo dalla non era * al ragghiare . Spero , che ti conuerrà far tranfito per molte Città, e’n quelle trouerai , fe ben cerchi qual- be • , che dotto, e nobile huomó, chenonpouero di fpirito t’offrirà patrocini), & hofpiti). Imièi Padroni , & Amici fon pochi ; ma fon tali , che, per honorarmi , fon rteuro, che ti accoglieranno pellegrino, ti compariranno inefperto, ti ripareranno'lacero, ti rilloreranno llanco. TirammentOjchctuhaigran fembianza cattino , pere’ hai téco vn Mondo di cofe Mondo è hoggi poco di buono fuperbire , ; e , di e nel però non t’in* s’alcuno t’inalzalfe alle llelle , dicen* doti, che l’intelligenza de’ tuoi verfì è Phebo, ò che nelle trafitture de’ Viti; ti porti da Mari fc .'più corto, fe vuoi lode di celelle Natura , in Dfgitifed . . cbfc proféflala i A* quei Perfonaggf i che potino compartirci fplendorc , balena i "tuoi lumi . A' quegli Amici j che fono trombatoti del tuo hònòrato talento,. tuona le loro glorie 1 ina: A’ quei Giganti » che per foprafarti , ardifcono n d’ inalzarli > Oué non è dato lord il giiignere * ia& ° nk fulmina le tue Satire ; Nel vagare fra Ingegni ftranieri , e barbari > Compatirci quei molti * che non intenderanno i ai tuoi detti , lóffri quei moltiflìmi , che diranno > ipc iion hauer tu l’intendimento loro; confiderà* ilo) che non lenza cagione t’ho facto io ragionare à ueg npe cjtiefté tfre .ci, • , ti :ftl noi) gli Ephefij Se piaci ad vnó in qualche cofa , di, che per monefii . fe gli difpiaci in molte , dì » che palli il veder altri . Telo ftomachi in tutte, di lui ti ìoln ìua! roi mit :hc rat tir cofàggiofamente ì che anch’egli in tutte le par* ti ti fi naufea . Sempre la tua Fede fari più autentica della fua , perch’è di fctitto * e fon teco Teltinlomj , che la confermano Setu corifeguilfi mai accoglienza fui beneuoio labro di qualche Grande, fanne conto, perche Trincipibus placuific viris non ultima Ictus efl ed > di quegli Afiarchi I nofiri Perfonaggi ice Hor, t nè temere i che alcuno d'éfsi habbia parentele in xMià per imprendere i tuo danno la difela t'j , di cui mormorandó vai * d^uropa , e d’Italia fon ve- non mentite lodi fon degni; onde noti cureranno , che in Arte tn fiùga cenfure in que*; gli Afiatici, che non furono mai in Natura • I T.* ti, e di ?bo dai »,i . • , . ;*: Chwriu eris I{ot»a Contrettatus vbi , donee tc defcrat mambus fordefcere vulgi Caperis, aut tincas pafces taciturnus inerte s , +Aut fttgies ticam , aut vnSus mittcris llerdam l Due cofe puoi fperar di buono , che fé non, yi- V urai immortale , forfè morrai incorruttibile-*,; perche non ti mancano Sali ; e fe auuerri mai ch’altri Libri comparifc^no più di te ornati alla luce , forfè niuno d’efsi fari di te più,neceflario alla correttione d’vn' Età corrotta . f Inchinati al merito di quel Perfonaggio , d cui facrafti le tue fperanae , prima di farti conofcerc, edacui traheftii guiderdoni, prima d’ offrirgli 1 tributi . In quello Secojo vanno anche al rouefeio i Pianeti ; ondepotrebb’ effere , che tu confeguifst vn giorno dal fuoMar.te quelle beneficenze, che non aflaggiafti ma^ da vn Gioue . Vanne in buon’ hora . Vini lieto ; c gii che fei parto d’vna Telia* sforzati d’ha-r uer ccruello : j ì Addio i^iui V. (Vi Figlio, L lìunm TITIANO abanq o Al Libro. r Tbro,tu nafei édefjò . Ui Non ti Ugnar Je in Proui maligni Pi Natura i teneri Natali mali, i Barribìn Genera Ivuidia à ndfeere infermi . i nati Libri i Vermi . IL • \ t > f:oi^ li] J \ i 1 IL SIGNOR lire JLV1GI FICIENI Al Libro. EtCaior de l*Età, Partofèco do (guarda Nafci con tano in man fono al mio , Per combattere , e trar totio codardo ' „ incatenato al tuo Valor facondo . *1 s. HftYjS 2da di palme ficurt La penna Che \ io non circondo tua già trasformata in dardo quagiìt p dominando Afro infingardot Letto in Pindo farai piu che nel Mondo* Jìogjgi non s'erge al Ver balga di Paro , I Li ombra fi fìgge di pungente Alloro ; ^ ifcplettri j chtammaejtrii al mondo è caro* Grato fta fold il tuo ferir canoro A'Al cupo fen de Potiti taffittato Auaro ; m ogmjlraf che vtbri , hapunta dioro* g,i J 3.CI' LET- i f LETTORE. I f «tetti at* 4S«5** Tl ki ZV quello \ bf Critica Libro di finta non mi cadde in mente di peccare cantra X' la vera bumanità di alcuno peperò molto meno nella Diuimtà di quei SReligiofiprecetti , tore fui fempre. I <- de quali oflerua- 7 i prò fello dun- que, che le voci Fato , Defttno, For- tuna , Sorte , ‘Dei, Jdolt efinuli fi, no in quefle Carte puri termini dì Foeta , e non impuri mottui UV 0 d! ani- mo Etbnico. . st 77 DELLE i mW' •1 t r DELLE FRASCHERIE U FASCIO PRIMO. \ in ri ri ENAVA MI vn feco- dubbio, s’erail tirannico, in cui regnaua Ca- 14 ligola, ò’I calamitofo m or l'Afia in lo, che facea egli gelli 1 anhelaua , j ^* 4 in cui d’eflferc. Ifla-jjj^ del Cielo crefceuano di pari grado il conl’humane ingordigie, comene'corpi .infermi con l'ardore d'vna febre s’auanza $ »• anche la fete. E perche, à parer di Solone, non fa mai guerra , la difuguaglianza de gli humori hauea cagionata sì 2 « PIutf l’egualifà i 5 ì beUicofaintemperiealle tranquillità dell.Afia > che pareuano rinouate à' fuoi irrepa^ A rabili i HE , , Delle Frafcherie rabili efterminij le riuali opprelfioni Mitridate, e d’vn Siila . d'vn A molti Grandi quali pareua tolto reflfcre, perche loro la potenza di fare, altri , à* mancaua alimentinoli , rimaneuano,chc sii & à molti Sudditi , i rimafugli de'Sudditi le cui faticofe induftric erano cotidiani facrificij a’Padroni, non reftaua altra cagione di viuer lieti, che il non ! hauer più da perderete più da temere. Intanto,perch’è natura de’mortali loflferuarc f con occhio tomo le profferita imperiofe, fembraua apri ma fronte vn refrigerio del trauagliato Vulgo, poter vantare co Yuoi maggiori vna confinile proportionc nelle ! difauuenture; mentre la Fortuna , auuezza. à baleftrare i percoiTc,da lei ^riuati , con le Grandi , la vi- qualifìcaua fcgnalate sii i lipefa conditione de’ fuoi colpi volgari. Era vn folazzo de’miferi, il veder depreffi ed auuallati quei Monti , che poco dianzi nella penofa vallea de gFinfimi aduggia* uanocon l'ombre loro tiranniche i Temi delle Virtù humanc;epóderauafioiSauij, ch’etfendo la Fortuna vna efecutrice de'diuini decreti, non conueniuale,il farti vincer di gloria da quei tali, che delle Deità fi fanJt- X no | Fafcio v. a * ÌUi Primo. noémuli;mapiùtofloinfegnare con colpi di maeflreuole fòrza qucfto gran dogma à’ Principi che non per altro fi fé cieca Fortuna, che per non diftinguere dal vulgo l* imaginatc franchigie de* Potenti, ferendo con vgual finiflra chi viue E perche reputauafì comunemente, che i maggiori Ti; 0B ,. T1( . n: ^ ranni deli’vniuerfo à difperdere fuflero feelti per fato fi Regni Afiatici, viueanoin ^Vdubbio ipopoli; com’auueniua a’ Romani nelle contefe d’Othone , e di Vitellio, per £° a °j c quald'efli doucuano ricorrere a’Tempij, facrar le preci, ò deteftare i voti; mentr’era ie “ certo, che faria flato fempre il peggiore, chi i c r 3 \ * I* 1 iiaueffe vinto. 1 : IV ! a i J c! ‘ m 1: >§ Haueuano antichi, & honorati l’Ionia alcuni ben'agiati Patritij affari per Europei, che , per effere de’beni d’vna Urani era foituna corredati, men de gli altri i mali delle inteftine calamità fentiuano . Eran coftoro dimoranti in Ephefo : e quantunque di fi- * c: miglie diftinti , vniti però di volere, ne au nauano per lo più fra me- infeparabili conforti/ .la vita. na & 10 Godeuafra giata vn vanto Rinomea Stamperme Cauaiiero quelli di priuile- A 2 alto cf 1 I 1 I . 4 . Delle Frascherie i alto legnaggio , il quale haueua in fe ftefifo quelle due prerogatiuc congiunte, che fra i nobili indiuidui di quel fecolo trouauanfi malagcuolmentediuifc, cioè a dire,diuino nelle faenze, & huiiumiffima-. Idea ne’ coftumi. S’erano à cala di Stamparne trasferiti invìi giorno eftiuo alcuni de’praricati^- Ingegno micijper diuertir quiui col follicuo di qu al- che eiemplare ragionamento la noia d'vn fonnacchiofo meriggio ; ma parendo all hofpitc,che gli animi loro fufl'cro anche dai ) vn’infolito ftupore ingombrati, vago di fcuotere dalla mefta taciturnità i loro viuaci talenti , prefe a fauellar’ a’medefimi in cotal guifa Amici . non sò,fe vi facciano più guerra i ò vi diano più penfieri le guerre Di grafia ponderate alquanto, qual fia hogpenfieri , gi rhauere,e’l faper voftro.I danni,che dalle militie, e da’Grandi munì per l’Afia fi traggono, fon co ma la natura ha fatto co- : mune quel ch’è grauiflimoi acciòc he fegualità nella fierezza del fato ci riconfoli 1 Cicli fono ineforabili ; ne per ingiurie fi placano, e però, fe la volontà non termina V - il j . Tafcio Primo . , / pianto col configlio della ragione , non attendete , che le ftelle ad iftanza de’noftri il cflf rfr; ani iin< m èli tti ]ual d'ir oaT ledi ;oi ) if nii La Volontà arbitrij li dian fine talento fi si alleuiar gllnfòrtunij, ed archi- . , ch’a Tuo tettar le letitic , ha forza di conuertir ogni cofa, fenon in oro, in quello almeno, che con l’oro non fi compra. E'maggior ventura quella di quella di Mida , che In penafot de l'auide preghiere X ratte hauea su le dita auree miniere Perdefte,è vero,vna gran parte delle foilanze voftre; ma, fe ponderate, che la maggiore ancora ne ritenete, voi acquiftato moIto.Confiftono folo le voftre perdite, in dimenticare quel che vi rimane, quel che il Cielo non vi tolfe.La Fortuna vile fobrij, ma non digiuni erri ent ho: e da ; anzi ha corpi digiuni Horiempierebbono con le voftre reliquie. Ricordateui, ch’è fatio quel volere che ha quel che vuole, quando non vuole , non quel che può Auampano di mar- nia,che fi - nego ; ICC nali incendi) le Prouincie d’Afia,nol occ ma fe la T erra non sà celfar gli alimenti al- eli le ìfol lc fiamme, haurà ben’humoreda eftingueril Cielo irif • ; min il y ‘i^on A A - 3 . non 4 , . 6 Delle Frafcherie Nonfempregli Aquiloni , De L'aereo fcntier volubiionde Squaffanfremendo a l'ampia Bruma d'Olenij fegni « , H ereinia / le- Non mandanfempre i gelidi Trioni , I T ronchi adulti d vedovar difronde # \ Virtu che Lfuolo afeonde , J , Spunta in aprico al variar dvn Cielo ; È à chi [offerfe ilgelo , Dal' Arabiche vie Porta vn' Aprii l' A ut urne don del Die . Pithagora comandò a’fuoi cìifcepoli che nè il cuore , nè il cerebro diuoraflèro cioè , che non fuflfe da loro con le fide apprenfioni diftemprato il ceruello, nè il cuore con Smoderate cure trafitto Meglio e hauer ne la fete Alma , che rida , eh'à riuo dor mouer Tantaleefauci» .-Ne la lieta penuria efatia Bauci , * Ne la eopia penofa e voto Mida . f E' così natura dcH’amicitie palefare 1 s & ; W « cuori, come delle mciìitieTafconderlbGIì animi turbati fon come Tacque torbide , le quali non fanno feernere ne’ fondi deTiu- mi quelle arene, che nelle limpidezze trafpaiono . Nelle ape rte chiarezze de’difcod? JRaT* ' A liofili . . . Fafeto Primo noftri fi 7 . (coprano da noi à vicenda i più occulti penetrali dell’anime, efifofirano ^ «’ con lieta toieranza le mede trafitture del Cielo.La Patienza è vn Nume tutelare de* miferi,v.n Cu do de della noftra conditione* Diceua vn faceto ingegno Ho feinpre intefa dir tjueflafe riferita , Boxfa de Letterati è la Penuria , Moneta de la borfa è la Patienza , Qui (ogghignarono in vicendeuoli fpofrcgli oli i ro, ap- ilo alkletitia» &airattentione auuiati, così profeguì E‘ vero , che la (ecura hilarità dVn fiorito fecolo, come quello d’Augufto era, nudrifee gli ardori delle emulationi, e* pruriti ambi- com. dell a Glori a 4 C ertamen virtutis , tio gloriafehciun, cito rei Gli r,k ria- raf- Otf 1 rì- Amici; e Stamperme vedendoli & . , », . hominum affetfus^ifc T a- Come in contrario i moti Rcgni fcuotono Ogni valorosi coftanza da gl'ingegni hu mani, il che auuenne ne’terapi della efpedidone di Xerfe contra la Greeia ; ma che vogliam far noi desienti noftri,ò Amici; mentre co fi girano i Cieli? a fpettiamojche’i Satirico ci fgridi, che 1 para/as quidem art et audemus cognofeereì 1 Quell 4 A Tacu* fatali de*- * * » cDelUVrafcherie 8 Quell'ammaflfare in fe fteflo 1^ fenza vfo vn vitio tanto peggiore in deir Auaritia, quanto che vn dotto Capo morte non benefica i porteti » come vn Erario colmo Sia dunque il mio Albergo dottrine de’libri , è . inauuenire vn’erudita Paleftra delle vo-^ parti in voi ftre menti ; e fe le lettere fiiron non vi venga humore di dar loro entro vn neghittofo otio ricco la tomba.Non v’è il più pouero d'vn d'vn’induftriofa fatica , auaro , nè il più ignorante d*vn dotto torpido; ma dirò meglio . E' così vergognofo perdere il pofleduto, quando fi trafeura* come difficile il ritenere quel che s'hà quando non s’cfercita . I fegreti ftudij non così va gliono à i profitti , come l'vfo d’vnaJ 6 O^nt.palefe reminifeenza . plusfifepares , vfius . quam cura vfum dottrina va^ let^Mc Quintiliano Sei moto di ruinofe? fine dottrina ' , . il concorfo d vna-» competenza emula , Totio d vna priuata_* pace non ci negherà almeno d'vn compagneuole rifcuotimcnto la molla ne /ara poco a chi non può appagare defiderij del guerre * ci toglie hoggi ; i fapcre, Ouid. 7 il grattarne i pruriti. E‘ vero, che juc benefinis equ* referato carcere currit9 ‘ / CÌtm ; . . \ Pafcio Prima p . C* q**os pratereat,quofuefcquatur, habet J e n n’ Ma, fé Tcfcmpio dell'altrui carriere non fàrà fprone à progredì nofti i potrà ciafcu, no di noi conchiudere con Luciano , che *facilUmum eft iuxtaprouerbtumfolum tur - tic, > rentem vincere oi Mentre con ifcambieuoli ragionamenti u- giua Stamperme difponendo a’virtuofì ;o . io co pi. )fo gli animi de’fuoi Amici, & effi co' loro voti concordi à’ fuoi profìttcuoli contigli accorreuano, ecco d’improuifo fopra- paflatépi uegnendo Ticleue,il filo de’loro comincia- a, ti difeorfi ià, Era interruppe coftui per le agitationi dVna tra- on feorfa vita ns Fortuna . Com’huomo di verfatile natura > nel biafmo de’praui huomini , e nella com- (uj foprannomato Io fcherno di Hicndatione de*buoni Satiraparcaiche in doppia banda , Si vantauafaper con vnfotfiata •j* ofe \Zj ari Ribaldar , raffreddar mano , e utuanda, Seguì vn tépo le Corti, per guadagnar* ui;ma le fuggì poi,per non perderfì.Le ftel- Wj pa* cho dcl (el'hauean formato miglior Poeta, ;hc Cortegiano ; perche fapeua piu fìngere co* rit, merlando in carte , che trauerfando in Cor* te; i i , Delle Frafcherie IO tc;e però era folito direnile le nature Corammorbano , od impoucrifcono • tesnane Quelle V ergini Mufe,le quali il vitiofo fe- perche non può violarle ò non sa honorare, perch’ha vergogna, fu- colo,ò non ama * rono con fuo decoro tràportate da lui vna volta alla Reggia d’ vn’ imperiale Personaggio, la cui accreditata Pietà ò traccìaua ò mcritaua facon- die,che lo decantafTero • * miicric da fòccorrere, y s Etfj>cs& ratto fludiorum in Cffare tantu ; SoIhs enim trtsics hac tefejiate Camoenas Re exit, ehm tam celebres,notique Poeta: . < ' . Ralneolum Gabijs,Rom* c onda cere furnos „ Tentarent . Tratto al fine dal ge-nio d’vna placida^' fpeculatiua,ritolfe alle attiuità cortegiane. 1 e diedi fra le contratte amicitie all’ingenuo godimelo dVna priuata quie-, l’arbitrio 1 ; t te.La vera Filofofia,diceua egli, tutte le cofeinfegna, fuor che il viuer co’ Principi; trouarramore della verità, vuol ripofo,e libertà di vita . Entrò con ridente vifo Ticleuc nello llanzedi Sta mper me; & a gli Amici, che 1 perch’ella, nel • ' • 1 : della cagione delle fue improuife : letitie richie- il ^ * , Fafcio Primo . 1 1 ’ or. o richiefero,così incontinente rifpofe fc. . • > V engo, Amici, di Corte, oue fpettatore . mitrouaidVn bell’atto . La Padrona idi intimò à’Caualieri più ricchi della Palazzo ; hoggi appunto s'è appiccata la mifchia • na Hot ’e vn leggiadro fpettacolo, il vedere •fauu da vn lato vn Donatore, che vuol'effer rubato dalla Volontà, per obligarla Fortuna, on c dall’altro vn* Auara , che vuol doni dalla Fortuna, per non hauer oblighialla Volonfi le, partati fu. Città, che girtero à giocar feco in & - . r)L ta . Voi già intcndefte la Cifra . I denari di • quei Giucatorifon come gli Animali , che vifitaiono il Leone infermo niuno netor^ na in dietro . Si portano borfoni pieni ma fi fanno \foti, perche i voti non fi fanno, che perriceuer grafie Penfar di vincere èca-^ ini fo da procedo , il vincere è corpo del deliato . Il Giuoco è di Primiera , ma le regolo fon difordinate . Chi non fa fempre parto u ; ; . • tll c0 . : non può far paffata , chi non getta al mom !£ te,ftà fempre baffo, e moftra molta puntuaIità, chi moftra pochi punti . Infomma chi 11 I non afeonde le Primiere , fi fà veder fra gli II ~ * , virimi, e chi vince col Fluflo , è tenuto in-. quel luogo, onde ifluffi hanno efito. Hor zi h che i' , tDeBeFrafeberie 12 che dite di quello fecoletto, Amici? Dou'c quel tempo d’Augufto il quale fi vantò in vna lettera a Tiberio , di non hauer maggiore, e più comoda occafione di donare che in giuoco ? Hoggi il Giuoco vale d oc- Dame noftre,pcr giuftificarc ofAcuta o mores : cafione alle lor furti . . , , E vi marauigliate diffe ridendo Starna per me, die le Dame impouerifeano chi , gioca con effe?non fapete,ch'è proprio del le donne ridurre glihuominiin camicia? E però,foggiunfe allhora Ticleue, dourebbo- no gli huomini giuocar tirato;mentrc fi vede,chele donne hanno Tempre giuoco largo^ inuitano . Vadan tutti; ma di gratia-, diuertiamo da sì laide trufferie la lingua# A' che tendono, A mici, i difeorfi voftri ? Io ragionaua poc'anzi,replicò Stamper- me , mi nelle turbolenze belliche del modo da tranquillare i noftri anie come il ; Boccaccio,ne’rifchi della Peftilcnza , prefe occafione da folleuar con nouelle delle Tue fòrefane; cosi nojgià che a noi Iùué. i — i cuori pareuami opporr Arte benigna y Et melme lutofinxit fracordta T itan > M* - che t , . Fafcio 7rimo l’c , ne'quali le militie,per far lauori in campagna, danno ferie acquartieri, con varie FRASCHERIE, ò in 0. '0 re» oc . chò in quelli giorni cfliui fodi ragionamenti di lettere fi riftoraflero gli animi noftri, dalle militari calamità abbattuti in gran parte re Non meno de’già difpofti Amici, appagoflì Ticleuedelfauio configlio di Stam- IH ci de a?l pcrme, e piacquclifopra tutto l’efdufiua, che fi diè in comune a paffatempi di Giuoco per contraporfi , ne’cafi delle meftitie nonfclo alcoftume de gl'idioti Cittadini , btx iv >la di quei tempi , ma etiandio alla natura d- vn certo Principe Italiano ,che vedendoli idi affretto à celebrare i? V iai me rf P cut )Oli wt\ ) con le ritiratezze il lut- to , cagionatoli dalla morte del Padre, non feppe trouar miglior mezo per additare , Corte la neceflìtà , che haueua di temprare le fue cupe doglie con qualche hoalla neftofolleuamento, che’l traftullarfi frai fuoi confidenti al giuoco delle carte ; onde poteua dirli di lui quel che d’vn fimil calo * efagera Seneca. * Proh pudor Imperi] . Prin-Unt*‘ cipis Fontani lugentisfororem Alea folatium animifui . n, Si rimimi; :hc » il Palatino paffatempo , di (Te Tide- 1 Dette Vrafcherie 4- pcrch’era Ticleuc à quel Romanefco,à cui, à vincere, folctuttol dì affilò à giucare , adattare quell’ antii curiofi di Corte & uano co detto Romanusfedendo vincit Lafc ifi va indotto a que’ delle noftre ; e particolarmente vino il Grandi , ne' quali il Mondo non fa mediocri "iuoco nè l’adulterio , come ne’ . . chi la dottrina di quefte carte à , iuu€. * farebbe ^/ea tu*fJs .\ ¥ UTpc (jr adulterium wcdiocYwus Satirico • dille il] j . Giuoco ètràlecofehonefte comprelo; che di e ben fauij ponno additarli coloro luihoneftamente, e con fine anche d'arri11 , vagliono ; ma dirò bene, il megiior Artefice è il pe^gior' huomo; e di quei buoni huomini, fchiar venture fi che in elfo per lo più che ne' fuoi efercitij confumano indifcrctar l'hore , eccoui le praticate lcioo chezze. Logorare in meftiero da giuoco i fuo fenno. afpettare conlefauiczzed’ vn arte le diferetioni d’vna ftolta fortuna, metì care da fe medefmo à prezzo di timori le, fallacie d’vna fperanza. auuenturare nel- mente 1 : *> l'incerto di friuola carta tefori . il ficuro de' fuoi rimettere à gli arbitrij d’vn cafò l’ar: • te < . *iFafcìo f fchi, & al rifehio d’vn’auuerfario inuito at> j e finalmente. per vn punto in vil» punto impouerirli . perder il Tempo in tenerli M ‘ ; jc ; breue tempo quelle foftanze , che con longhezzadi tempo s'adunano . Purtroppo è giuoco i’humana vita , fenza che la vita ne’ giuochi medefimi reperimenti. Diceua vn faceto Poeta Giovo fiam noi di quefia aitara etade . " ot[ l 1 . te d’vn’arbitrio . inuitarc PAuuerfario a’ rft ita C 7rimo , ino lioc trf'u lii Quanti prouar vid’ io dagli Auuerfari JnfraCOPPE dimenfia arme di SPADE , Et à quanti i BAST ON tolfer DE ISA RI% irei :hci E fie ciò non vi bafia l’an Quatipochi in buo PV NT 0 hafinto PASv Qudti in mal PV NT 0 hano perduto ilRE. )CB :et mi :ret 1U0 “ vdite queflo E qudti RE vidi refiarne in ASSO v iui in arbitrio di , (S0_, (STO, Nume cieco Auucrfarij c amicheuoli non ergiamo 11 i difeapitt delle noftre vedute.non pugniamo noi con ,n ' : , Palliamo dunque in più valcuoli. efcrcitij queft’horc ; già che ad altri acquifti s’indrizzano leinduftrie noftre.A’paflaggidell’erudite Carte non aflifte Fortunale fono ** • , ma godiamo , . fra alle concorditi Deità fper- ^ giuri,mafacrificij .coniumiaraoinfomma *. te’ con , . Delle Trafchcrie 14 ! Ticleue à quel Romanefco,à cui, pcrch’era à vincere, folctutto'l dì aflifo à giucare , uh & :en uano i curiofi di Corte adattare quell’ antico detto. Romanusfedendo vìncìt Lalcilì )0[ . j )re và indotto e particolarmente à que* 'F la dottrina di quelle carte à chi delle noltre ime. ; Grandi , ne' quali il Mondo non fa vitio il giuoco , nè l’adulterio , come ne' mediocri 3 Alea turpis , farebbe ; & adulterium mcdi'ocribus Turpe . dille il Satirico Giuoco è tra le cole honelle comprefo; fauij ponno additarli coloro , che di Iuihoneftamentc, e con fine anche d'arrifchiar venture lì vagliono ; ma dirò bene Il e ben che in elfo per lo più il meglior Artefice è il huomo; e di quei buoni huomini. che né' fuoi clercitij confumano indiferetamente Fhore , eccoui le praticate fcioc£ thezze. Logorare in meltiero da giuoco k peggiori fuo IcnncK afpettare con le fauiczze d’ vn* arte le difcretionid’vnallolta fortuna, mer«>'. caredalemedefmo à prezzo fallacie T incerto tefori . di timori d’vna Iperanza. auuenturarc di friuola carta il lo nel- fìcuro de* fuoi rimettere à gli arbitri) d’vn calo Fari f te pigiti « | . t Tafeio 'Primo te d’vn’arbitrio felli, ^ r . / inuitare PAuuerfario à’ rr« & al rifebio d’vn’auucrfario inuito at> tenerli £ . ,• vn pun to in viu e finalmente per punto impouerirfi . perder il T empo in breue tempo quelle foftanze , che con longhezza di tempo s'adunano Purtroppo è giuoco l’humana vita fenza che la vira ne* giuochi meddimi reperimenti. Diceua vn faceto Poeta . > c , jj lf j , Giaco fiam noi di quefta auara ctade . guanti prouar vid’io dagli Auuerfarì jj *nfra di tnenfa arme di SPA DE , Et a quanti i BASE ON tolfcr DENARI* c* • E fe ciò non vi bafia ; 1 * J > ' “ 3* tij 1 , vdite queflo , (SO, guati pochi in bua PVN T 0 hafitto PASV guati in mal PENE 0 hdno perduto il RE. E qudtiRE vidireftarnein ASSO, (STO, Palpiamo dunque in più valcuoli eferdqueft’hore già che ad altri acquifti s’in; drizzano le induftrie noftre. A’paflaggi dell’erudite Carte non affitte Fortunale fonò iui in arbitrio di Nume cieco i difeapitt delle noftre vedute.non pugniamo noi con c 1 ma godiamo Auucrfarij, fra concordio amicheuoli non ergiamo alle Deità fpermuri, ma facrifìcij . coniumiamo infomma . c • ^ i i con . 'i 6 Delle Trufcberie con vantaggio il T cmpo , per difporci inJ vn tempo à quei beni, che per opra di tempo non fi dileguano Qui replicarono i loro vnifòrmi voti gli alianti Amici; e Stamperme fentendo, che s’eran tutti nell'antepofto partito confermati, ordinò à tre Serui fuoi,i quali nella-, 4 Arte del Cato fapeuano coli bene in- 4 bell’ \ tonare, com'andar malamente intonati, che alcuna delle loro moderne , e più poetiche canzonette cantaffero . Ponderò,che la Mufica meglio di qualunque Arte potè- ua richiamare all'orecchio J vn’animo pro- fondato nelle meftitie ; perche folleuato in tal parte, fi rendere poi più dilpofto al falutare riceuimcnto di quei difcorfi , che alF* Intelletto tramandanfi . Aflìfi intanto gli Amici,epoftiimuficaliinftrumenti in affetto , indi à poco alzarono concordemente i Cantori all' armonia della feguente^ Canzonetta i concenti loro; e cosi cominciarono • in L ? ' c V s c 4 Parte J - 7 . Tafcio Primo . T> 1- #7 Verno, e giàfiorifcono Colli, Prati* Jt Nuouifiati ;li L'aria gelida addolcirono « ic | ?r- Tributari 7 , ^ A Defuoi liquidi Diamanti, Sciolto ilfièyfen vanno à i mari intri 1 Tfvri immobile Madre i Figli erranti • * :hcj Ma ,fe torce il Verno ilpiede, Toflo riede te- Al rotar di foche Lune x-| to )W , ^ Se di Morte armi importune ^ T Vocano al miferhuom tAlmad la Pace , v ilu Tornapoluejmbra rejla,vn nulla giace - ^ sdf t t id • . Parte Aprile , e fìu non forano Lefrefch'aure . ite * ' nif \i ] . M piagge aure Calda vampa alfen cofpirano % erde Faggio Secco langue à i Soli eflìai , Che , neljuol chinando il raggio ] V - A ^ la fcte comun furano B i - £ .4 riuf, ’ìia] , Delle Ffafiherie* iS Ma il piede yfe torce Aprile Tofto riede ; Alrotar di poche Lune , ’* ' - ' “ fct • . Se di Morte armi importune Trocano almifer huom l Alma.fi la Pace% Tornapolue, ombra refia^vn nulla giace » />*/»/<? #7 Luglio s' infrondano , Secchi arbusti • adujli piogge nuoue h ornaifecondano • 1^0 abonda £ da * curuo Legno ; prole hor nera , hor bionda la Spofa de l'Olmo ilfeno ha pregno piede , ,/£ torce vn Luglio il pomi ! il Tofto riede , • : Alrotar di poche Lune . ^rwi importune </i & Trocano almifer*huom l' Almafi Torna polite, o/w&v* la Pace , v* nulla giace Parte . , Fajcio Primo. parte Autunno , e' giorno adombrano l Nubi greui, - ' Sparfe neui : • ’q < 11 erte cime à' monti ingombrano • > Ecco fende , Eronchi c(i alpini Africo fofco y E fé*lfoco i . Tronchi accende > Del Verno reo vindicatore ì HBofco • JMa, fe torce - Autunno il piede , Topo riede , '**t c il r : ’ ( . Al rotar dipoche Lune s : vii w ' Se di Morte armi importune T rocano almiferhuom t Alma e la Pace , T polue, ombra refia w? nullagiace « Grata al fommo riufci la teftura di que^ fta Cazonctta à gli vditorijauuifandofiin eflfai motiui, trarri dal Lirico in quei verfì. Erigora mitefeut z>ephyris'tverpraterit afias . , , Interitura ,/ìmul mox Bruma recurrct iners . Damnatame celerei repatant coelefiia Lunp ; Opomifer autumnusfruges ejfudcrit,& ^ rti Nos vbidecidimus pitto pius R.neas,quo , Tullus diues,& Ancus , Pulitisi vmbra fumus . B 2 Quan- , . 20 ne Delle Frascherie Quantunque l’Intercalare della Canzopareflfe per le rimembranze di morte Svi più atto à concitar meftitia, ch'à diffiparla pero Stamperme, che miglior cominciamento non poteua dadi à’ioro arbitradVn_# ri) efercitij,che con la ponderatione Sc( un dille sì neceflario fine.Godcrono tutti, oltre < 2tt E que- mq veder quiui imitata l’inferma , di non J maniera de moderni Mufici , che non d’altra morte cantano tutt’hora nelle lor canzoni, che di quella d’Amore . Non hanno tanti occhile fcole delittori , nè tanti ohi- ile llo sni cti mè gli Spedali, quanti begli occhi, e quanti * ohimè d'amorofe agonie difegnano,& efa- c lano hoggi nelle loro muficali Càzonettc i e’Poetaftri ftor- ( Mu- c i Verdeggiatoli difcepoli , piati,che feruendo alhdiotiimo d'vna deloro metri \ fon certi di non meritar ne’medefimi altro nome, che d’Abecedarij diPoefia. V'è di, peggio, che le loro amorofe cantilene, ò dettano ne gli Vditori i fopiti rimorfì di libidine,© ne rinouano grirritamenti lìca , — con la fanciullaggine - — J$uod non excitat inguetì Vox blanda , cantò il S atirico . Ridicolo * jperòparmi,che Agamennone trouafle colà 1 ! i II . . 21 Tafiio Primo. )- là vn :e conferuar fàpeflc Clitenneftra in pudicitia; 1, n- a- ci; de* loro fentimenti filile al- contr’ in- netta».. no mt A :tt( :or /iu tri Ltr è ri ,< che con vn fuono Dorico Erano già tornati all' attétione gli Amiquando vn Mufico , come che prefagó nj •hi , Se Clitcnneftra fùflfe hoggi, ò vedrebbe cangiata T arte ne'Mufici ; od in fe fteflà la natura. "L, le. Citaredp A Amore , prefe a cantar le facetie di quefta Mor vattene via; Perche' L C iel niha concejjò Canzo- \ , Chefuor di te mi (Ha , Per non effervn dìfuor di meftejfo Già mai nonfarà vero , Che ni alletti ilferen di due pupille . v -v naufragato Nocchiero Fugge iafpetto ancor diacque tranquiile . Amorferma la man , muoui il tuo pie Via , via , nonfai per me • lili lo/guardo rilucente Piu non m arde il ceruello ; Non ho piu chiodi in mente , ;o: : co \ ,a . La tenaglia à la borfa)> al cor martello .. m B 3 gjtcft' . 22 Delle Trafcherie Quefl'animata cera Al Sol de gli occhi altrui piu non confumo % A la Bellezza altera piu non porta il miofoco orma difumo • Amorferma la man muoui il tuo pie • Via , via, nonfai per me . Vinco ,fuggendo vn volto , Sano fuggendo vn guardo • , A' mirar non mi volto, Ch'a Ujfaue d’Amor Remora è vn guardo. Rete di belle chiome amorafa mia Fe piu non allaccia ; V De la F emina il nome par,eh e dica al mio cor (ctd, • La F F? MIN Ac• Amorferma la man muoui il tuo pie •• Via via nonfai per me A' pena haueuano terminate gli Amici c • , , . , quelle lodi, che^iudicarono alla canora^ Poefia conuenirfi, che vno de’Cantori con voce di Baffo iè pompa del feguente com- ponimento, in periona d’vn'A mante, quale fpinto da vn’amorofa Politica , rollò alla militia ; ma prima affirc della morte, volle ta, i s*ar- prendere da vni_. come Tua vi- congedi eftremi Vn 1 i i ì il di far tranfito Donnicciuolajch'egli amaua, 1 ( , , Fafcio Primo V N polìtico tcob humore , , . *3 . , Nina mia, mia m'haforzato. A diuentar Soldato 2j me nacque etAmore i qucftaforza in Che fé la Guerra , e Amore S on due maligemelli , Ef e i mali noue Ili Eifacerban tal hor vecchio dolore Per tua cagion gir* a la Guerra io deggio h Perche d'Amore al tedio Ondiio mefchin vaneggio , il L' incontrar dì morirfolo è il rimedio • Parto a la Guerra , o Nina , Corro a rimedi ardito Al *. Ma pria cheferitor spartoferito r lif Su ri Minacciano ruina ;o: La fcorreria Onde i ni l vi 1 muro , cor • - \l del rifa mio , , e'delparlar la ti giuro mina , C he fin' ad hor non mifon bene accorto ’ar ik quefto fragil Lofiral delguardo K s . Eal tuo leggiadro vifo Sevo dietro à Mafia che vuol ^ , la Guerra ,ofe la porto • lafpada , M'ho pofia a la cintura . Giudica tu , Ben mio , doue mi vada Gii B 4 . A ,, , w *4 JDel/eFrafeherte {da\ Già che lemfio,fciagura Vuol che vn Capoguerrierfia la mia fraTu di campar ne la Città procura , Fatti pur buonefpefe E fe in battaglia il mio valor compenfa gualcheferro inhumano S l k Si ,* O' facendo lift V dìfefe , In Trincierà di muro io refto morto A Tu per l vital confòrto mano Potrai colferro in 1 Finche haurai prouifionne la Eìfpenfa , Far T rinciere di carne à la tua menfa • Così da te lontano , Mentre tu magni piano , Et io forte Morrò , TO « l l ( e tu viuraidi l A FIAT* combatto, diPVNT Sii ch'io viua , cada giu di Flegetonte à riua t Giuro per lo tremendo Ma, s egli auuten , l Ó Spiritaccio d Orlando ti , Ch' io t'amerò marciando , Ch' io t’ amerò marcendo ; E s' auuerrà , che tn perigliofa fquadrd Io campi , amando te , gucfto mio Re , che di feruir mi quadra , Et ha quadrini affai. sa i Sarà i , , Pafiio 'Primo 2$ . Stride SU' ADRI il SE’, $ tu Donna de FIOR, Nina farai ; Menti io per te ne tarme , e ne l'amore Sarò Fante di RICCHE, Affo di CORE. U, n , ,, ’ , . I B- • " * • * , * *’V*« ’v % • • \ * . » m Se farà laffetto mio V ENTV RIER nel tuo cerueUo, Ne l' amar farotti aneli io Duro piu dvn COLONNELLO ; eh' al fin fu 7 tuo Guanciale Non fia LVOGOTenente il GENERatei Pur r, , Se tAffédio alcun ti pone , Ratta pur la Ritirata Ne in ftlir la tua magione TS, Habbia H Altrimente , à dirla fchietta , DiCAPITAN diuenterei CORNETTA* Jda il troppo De gli rf fri rimirare occhi tuoi Mi faria \ » ardir di far fcalata; . : ^ t imperiofo lampo barattare Col Padiglione tuo quello del Campo s Già che'l Defino vuole Che fan di te le luci mie digiune , Resta in pace , o mio Sole Ecco vado à veder •" — le MeTgc Lune . ^ I tuoi . j , li I * Delle Frafcberie tuoi ficofi guardi è: Son cagion , Nina mia , ch’io cangi loco • parto , perche tu ni ardi. Non difionuiene il mio cammino al fico , vn dì Drudo asoldato , Che da C idolo amato kl Così dieeua Al fin fi E Mifero ^ ofio , , far z#* T arapata /w ? , C/'f , lac * M rimafi vccifi mt • vede , , /'» rio Martial tendone du, * • mefiiero d‘Amore Sempre fi perde -E/ io uà bi; , Ogni Amante e poltrone . Nel me marcio . ctieglihebbe il piede Da Pldol fuo diuifi Comparue inguerra utó $ difiacco , nelfintir il core ; mi fon per . - • a A ' ‘ - hi s toi quefio efimpìo accorto , Che in guerra ancor chi no ha corefe morto . Lefacetie non infoile del cantato com- ponimento allettarono, non me*ho dell' altró l’orecchie de gli afcoltanti;. ma perche , diceua Petrarca I«r. 5 A Puòfi in bel cantar ejfir moleflo , Stamperme diè congedo à’ Mulìci, tti kr P Sii ve bi com'à quelli, à cui poteua adattarli quel motto dello m I» r», Tafiio 27 Primo. dello Spartano intornò al Rofignuolo Mjfe erminì > Vox tu es j preterea rìthil . . T grò dille all’hora il Pingeriuo Ticleue concerto mufìco hebbe nome j gli {concertati > , non dirò perche dalle Muftt^ ma ben silolpettacolo de-» muli di quelli Artefici » la deformata enfiatura naua il flauto , lo franfe di gote, )ttt o # mentre fo* r 1 Più tofto, fe dob* , biàmotaluolta adirarci de' moci del Tuono » come fàrfoleua vitij vaglia- g 6 Tibe- Gracco * Quelli , quando in orare fen* tiuali fouerchiamente concitato da fdegno » voleua » che vn fuo SerUo, che dietro * lttt rio la Bigoncia aflifteuali, fonalfe vn’iftrumen* to mufìco > e con eflò ammolline rafpret** zc della lùa vocale alterigia Rideuafi dell'erudita facetiatli Ticleue ; quaflflo Stam* perme, voltoli a’ circollanti V ditori,fauel- jn> per- ?;• \ . ir/* lef » rammentiamoci , che Pallade , di cui lìamo feguaci, per non vederli in volto qiiel* lòlorointalguifa* Hor dunque, Valorofì, polche vaghi vi veggio di dar principio à qualch’ ingegno* mi feiogliefte vn dubbio , natomi » non hà molto , dalla pòderationc del corrente Secolo » ed c • Chi fo gareggiamelo» godrei»che > ì . 2f Delle Vrafcherie Qn doterebbe imitarfi hoggi ne' [entimemi dell’animo , od Her adito, col humane , cornea piangere le anioni miferie dejjè, , o Democrito come inettie , col rider/i . Trouauali quiui Rorazalfè, (oggetto per chiarezza d’Aui riguardeuole , e per habiti acquidati , e naturali , di commendabili prerogatiue ; nè meno eloquente nel difendere i Rei nel Foro , che feuero nel far* efuli dal Foro della propria cofcienza lo T«it. colpe . Fattoli quefti in gioucntù Settario quelTEluidio Prifco Pretore 7 apprelfo Tacito impiegò l’ingegno in Filofofìa,non come i più, per viuer difutile fotto quello nome ampio; ma per ferula Republica fecuro àtt colpi di Fortuna . Seguitò i Madri , che tengono elfer beni le fole cofe honede , e mali le brutte . Potenze , e nobiltà , e ciò ch’è mori del nodro animo, nè beni , nè mali Rorazalfe fu il primo adeflcr richiedo di parere fopra il propodo quelito, come quegli , che più di qualunque altro crede* ^ 3in; lidi p ill l, ira, tre{ nia ki Iole , Fafcio Primo. 0. uafi nell’Arte 1 29 Decla matoria verfato; onde prò mollò più toftojdavn’impulfod* inge- gnofo capriccio, che da vn’ arbitraria eler- U tione di Natura , efpofe indi à poco alla diJ[ fefa d’Heraclito i Tuoi eloquenti motiui in * talguifa. N prigioniere fafee I Lagrime, bili E elette pref,agir à far L’ vn ftulgor fugitiuo ha lo . Su l aperte Campagne In rugtadofto duol A Iha lo piagne • Pianto è il precurfore deirhumana pére- rfto II lici grinatione tèi d’additarci la via, che nè :(lo me de- i le ftacelle % /’ 101 , • Co' mejli rai di moribonde Stelle trio no- tormenti , dabortiuo dì piagne i momenti Così ne l’Oriente , Perche lfuo Lì nafteente di- oli < naftee ' Lbi- elfo • • Sgorga il Mortai , che . la Tua cura è d’appianare , e menar fuole alla^. Valle delle mondane miferie l’età ventura . Egli è il primo atto dell’ humanità no- bambini con virilità , impreco dalla natura con artificio . Lagrimiamo i danni prima , che ne auuengano acciòche improuifo non ne (opprima il ftra , efpreflfo da’ dolore * - . piagniamo i falli prima di cora- Wfc . Delle Frafcberie 50 metterli , perche non paia malagcuole il pentimento, colile lacrime in noi, come praui humori, fono inditi] dc'morbi , e co- » me atti di penitéze, fon pronoltico de* miffatti futuri. Hor*ecco pie muta 1* iffl Alia frai colpi del Cielo , fra le colpe de’Grandi ; Il II H huomo sì barbaro in effa , che fotto le premure di quello torchio non dillilli vna lagrimofa pietà da’fuoi lumi? Fiere iubet pietas , cantò il Poeta farà re m . I giulli Giudici piagne ; non condannano ma chi là piagnere come , chi <1 Ilio dotti i non incolpano delle tcmpelle i Mari ma i m > V enti Chi è fauio piagne i miferi , perche piangono i mali; non piagne i mali, . I , M perche lìano lagrimati da’ linieri, e così non lagrima fingiurie della fortuna, ma^ l’ humana. Gran prouidenza di natura . rcn infirmila Il pianto è vn’humore , ammaliato da piaga di mi| che fpremuto mitiga delle mil’crie la piaga ; e quando pur taluolta lìa inutile il luo sfoga mento, lì può dir con quel Sauio . Piango , perche nulla gioua . E non èlagrimeuole il vedere, che fui terreno d'vn volto cada cosìinfecondo vn’humo- j? ferie, re, p toi , , Fafeto Primo, 1 : I* lì E le u jf re,di cui habbiamo sì prodighe le cagioni? Molti furono, che mai non rifero ; niu- no , che non piaqgefle mai . Democrito c’hebbe , diflfe Perfio 8 sì petulante la milza nel ridere, è certo, chepiangen. fteflò , do nacque; e fe fife poi, fu ridicolo; per- che il ridere deirhumanc miferie è vn’imitare ì mentecatti , che i fuoi obbrobri]' non conofcono. èvn deridere il Cielo fteflò» il quale, fe impiaga i mortali, gode etian- dio, che ne piangano ; perche le lagrime e perche il ; ai pianto è il fangue delle noftre piaghe * Il pianto , come più malageuole àfimu* larft del rifo porta fece più fembianza di , hi ® de’ feriti fon rifo de’ feritori li; veritiero , più attrartiua di compatimento* h Piangendo, le paflioni fi sfogano, lene* > fl ceffìtà s'additano , i rimedi] s’auucntura* W no. non v*è maggior’argomento di ftunì pidezza , che il non commouerfi à quei mali, in cui concorre la forza del dolor rif * priuato , e la ragione del compatimento $ no , comune. Anche il rifo s'ammanta alle volte di lagrime . Cefare , perch’era lieto in veder la tefta di Pompeo , mafeherò *r . le vergo- gnofe . , ~~yr ' Delle Trafcberie a2 gnofe letitie co' pianti . Lo fletto fè anche Xerfe in quel giorno, in cui mirando da-, vn eminente poggio il tranfito della fua*. poderofa Armata , hebbe à dire à fe fletto R Vno ftuol furibondo , ~ guai Vicario di Morte , Te fegue , Di o Xerfe Grecia à i , e par , che fèco forti danni epilogato vn Mondo < A far f atollo ilfeno Di tante Turbe , al prouidù Bifolco Mdncan fpatij di glebe, e già vien A la Cerere Greca efca di folco Credefì però da' Sauij , metti • che Xerfe, fàtt< anch’effo imitatore d'Heraclito , lagrima^ fe nelle fue indomite potenze la caducità humana ponderando , che in vn numero ,* , che hauerpareuanod’innumefembianza , nel girar d’vn Secolo, non ne farebbe , per reliquia del Tempo, rimaflo viuo vn foP huomo. Nell’efempio d’armati rabili la duque della ferità impietofìta ponderate , d' k vn Xerfe o mortali Come di Morte à l'horridop enfierò, Jn vn volto guerriero , , :£ . j «CC Cue natia fierezza arma i fuoì vanti, forejticra pietà celebra i pianti . Appa- 1 , . Tafiio Primo. di! ^ de' fuoi Compagni Rorazalfe • ^ 33 Appagati haueua, e compunti gli animi $ il faggio diìcorfo di quando ecco Stamperme fi riuoltòconvnpiaceuole ghigno ad Egideargo s come che rauuifafle nella fua_. lieta , e praticata natura vna ingegnosi di contraporfi con le difefe difpofitione comendate lagrime di llo- Era Egideargo vn Caualiero di sì pla- del rifo alle ** fczalfe cidi , & amorofi coltami , di sì ameno ,0 Ingegno , che da chiunque* conuerfaua feco , poteua ragioneuolmcnte appellarli con quell’attributo di Tito . la delitia dell' human genere . II fuo animo era alieno dal nudrire rancori , dal raeditar vendette ; e fe pur* vn neceflario rifentimento ad vna di quelle paflìoni il traheua, reputaua , come quell' Agricola di * Tacito , piùhonoratoil vindicarfi,che'lTaci«, portar’ odio. Ambiua i beni di Fortuna per occalioni da collocar’ in altrui i benefici] , ftimaua beneficio vn’inchiella da ^^difciplinato r J : ir “ uc m Jir . c0 n ' F ! ' recar altrui le fortune . . Era infomma vna incomparabile Idea dell’Amicitia in quel fecolo « col giouare , fapeua obligar g fi ' 9 .te , . . V ‘DeÙcFrafcherie j4 mali- jjre animo non di fumofa ma di chiara gloria era colmo For Eletto al fuccedenteDifcorfo Egidear- tot ingrati ; con l’amare , difciplinar’ i gni ; e con tutti il fuo generoso to , • go da gi’inuiti del giudiciofo Stamperme ornò i fcaltra , fuoi auucrfarij fentimenti d’vna- & afpcttata eloquenza e così à » die no fot fauellar s’efpofc humanità , à mio credere mondane miferie che il deplorarle, fé niuna cofa è più conueneu le ad vn Sauio d’vn grand’ animo tale-» non può additarli' quello , che dalle me-n ftitie è debilitato , e confùfo . V*è forfè alcuno fra noi , che ambitiofo d’ apparir fenfìtiuo nell’ altrui duolo, ami d’accompagnare i comuni danni con la pompa», Più atto ' E , il d’ deridere le > , % KT* delle fue fieuolezze ? cui è non meno & immedicabile il male, fue priuationi de’ tuoi voti , • • vn tempo , il in patire, che tenti dipalefarc le e di folennizare la vanità con fermi hauremo in neceffario le lagrime? Troppo in- occhi, fe allavifia dell’altrui lippitudine piangono ; e mali interpreti faremo de’ benefici) del Cielo , fe gli ir, querelandoci d’effo , non coippcnfiamo la - P rc: j , 1 .Fafcio f & l0n Trìmo • quanto tolfe col paflaquanto diede . Contra preferite perdita di to godimento di Fortuna dobbiamo ridendo inoltrar , e non additar le codardi die co' finghiozzi . Non può meglio il Sani uio dominar le ftelle, che in negare di si! fentir' ofifefe dall’influenze, che in deprezzar ridendo ifuoi-colpi. Se le vere Iagrilerf me non caggiono mai fenza le fifle apìelprenfioni di chi lefgdrga, chi è quello cuo che piangendo non s'abbandoni ,e meal & ditandofololc fue perdite, non trafeuri i mnipari? E non diralTi ftolto colui, che dai eal Tuo holpitio bandito, ami meglio di lagi i mar Tefiglio, che d’ire inueftigando i I voleri del Cielo , i capricci de off ricouri c ipi gli huomini ne Ibernarono gli agf, noi nei,i go ; ma , fe ridendo polliamo lolleuarci eh da quei mali, che in noi dalle conccpute rei meftitie deriuano , non faremo di noi ftef* fi Tiranni à dilanimarci, od à negare vn_. fiilutilero coraggio alle noftr’Almc? 3 de s’eglièvero, chea' mali porta per lo più vicilfitudinidel miglioramen[in il Tempo le jJ’to, chi n’alficura, ch’eftcnuati dalle no(Ire arbitrarie meftitie polfiamo fauci’ a^ l0 M* w fronti intrepide >ari 1 il i el C 2 gio . ,, . *Delle Frafcb erte 36 — •/ * ©io di riueder cambiate le leene , c mi-> meglio pur gliorati gli atti alla Vita ? ficentiar viuendo il dolore, chcnudrirci in feno le fue licentiofe frodi , perche n'vc- P tempo cioè nell’età di fan- ve< ne’ Tuoi ftelfi ciullo chi ne* progrelfi della vita principi; , il ripi- glia, altro non fa che rimbambire , per invecchiar piu tolto, non v’ècofapiù nemica della Natura , ch’vn dolor lungo ; poi- ché per elfo breuiano gli attributi di Natura s’ab- di rifìbile il titolo catto b che le iti ira Heraclito non meritò titolo d'huomo, perche rhuomojch’cragioneuole, hebbe ilrifo, >P ili; qu . . 21 F termina del piangere cidano 11 1 . quella cofa , ch’eccita purch’dfo dal labro d’vn mente- non ifgorghi, è per Io più in noi giuditio dell'intelletto , che , oltre il vn fenfo e l’imaginatione comune, conofce efler quella deforme , ammirabile , ò dilettenoie. ciò non è dato à’ Bruti, i quali non hanno attione di ridere , perche manca loro la potenza Son morbi di predominante Natura le lagrime de fanciulli c però Zoroaftro che nafeendo rife , fe pronoftico d’hauer 5 lor 5 le fr ic: t 1»; *> ni ì d" cc rei t j V. àriu- dn . '37 Fajcio Vr'trho ^ lto irci w ini mpi i& tri >oi al> à riufciVvn Mago, cioè vn’operantc fopralc fàcultà di Natura . Ma ponderiamo i pianti de l’Età virile (li , che vergogna de . Altro non fon que- gli (piriti humani, i quali reflringendofi dentro, per non fari} vedere infelici in qualche auuenuto male, mandan fuori l’acqua , che fopra la membrana del cerebro fi genera da' vapori, che non ponno efalare dalla caluaria onde in contrario argomentando, fe gli fpi; riti, per l’accennato conofcimento s’alle, e per rifarli della pallata contrit- grano dilatano, e ridono, farà gloria., 10: tione, ib( de* m^fefimi nel corpo noftro , ic uer capite te dicarle inettic, vi 0 fe te 01 fi le doppo ha- ftrauaganze dell’Afia , e’1 dilatarli il giu* in rifate, vero rifo del moderno fecolo è il finpuò anche apparir fui volto di perfona , che nafeonda lo fdegno , e eh* ami di far piagnere altrui, tale fu quello , 9 d'Vlilfe, apprclfo Homcro, chevolcua ”orB* vccidere i Proci , ò quello di Giouc , ap- He *U prelfo Hefiodo, ch’era irato cò Prometeo. E* nudo in vero queU’animo , che pale* fainapcrtòlelue pallioni ma non fi lo* da quello nel corrente fecolo , che non 11 to; e quello 1 10 11 o c ; C 3 diftin- . jS a « , ‘Delle Frafcberie diftinguendò corpi dall’animo i , chiama vergognofo , chi c nudo Anibaie, quando vide farli moietta Fortuna al fuo Im J • perio anhclato, per isfògare fuoi cupi i difpetti, forrifetta la grimofe turbe,' * feti. *4 onde foggìunfe il Petrarca 2 E così auuicn , che l’animo eiafcuna Sua pajjton [otto contrario il Ricopra con la vifta hor ch*ar j pero / alcuna , •volta io rido , manto bruna , hor . o canto, perche non ho,fe non quejl •vni da celare il mio angofeiofo pianto • Eacciol Via , Oh Hor fentitc come , mondani i difaftri d’vna ridente beffa iian degni. - " , • k/ 1 I * , ) à’ vi ujp P f '* il i II * •‘fV *»! f itJV * ’ r/' f iii f ' • 1 t JjSi * * • ,/* ^1 i i • - • far* .J * » f M r * * t * \ 1 T ori 4 ir* je i* J _ r i . é r» » < - V f 2 * » aJ* - • -» h ì -4 • j RH Ult tU-iVifc-oL -*' azli 'l ‘ifl'J ^'T t O-':': r "toH om i iQj Li. filila o 1RI, Digiti^ed tr À . I W RIDICOLI satira. '•w • tvJW ** 1*3 5®* Erfe vìi giorno versò pianto ridicolo; Perche pc monche in centinaio d'anni Si coneffe di morte vngran perìcolo . Dcfidcrij di vita affai Tiranni Nutria Vn * Viv 1 ^ imaginando , haueffe corfo fecolar rapidi i vanni . l’ingordo , N t morbi moderni hoggi vedeffe * Diria ridendo, A gran ragion da' Numi Oh, fe Perpurga de gli humor Morte s’eleflc Chi per titolo alteri hebbe i tofiumi , Moggi l’entrate fue troua [otterrà ; Ch'vna cenere al fin fine è de’ .. Z fumi. Lutta di Morte hoggi i fuperbi atterranno; Perch’ à i Morrai, che de l’ A nteo nó hà- Le fortezze natie toglie vna Terra. ytàC ato Delle Frafcberìe _ echio fi fanné Z>'vn acqua Acheronte a fi e Vaneggianti Narcifi ; e i Midi auari , Drudi già di ricchezze , à P luto l ì vannoi 'Quel che viuo chiudea morti denari , Per traghettar la giu l’onda , che fiagnd. Soldi non ha da’ vedonili Erari • ragna » *2*^ corpo f/rf veft'ta feriea Moggi fi mira ad altra ragna colto , £,sVn V erme il coprì,!’ altro lo magna, , \* Cw/ y f * v ^ o por tutto opre di morte afiotto, ^ chiaritej ombrate chiarezze , . Auualiate Sento eminenze cìtarfi al , e regno tolto • t V i ri, / l k Tribunal di Bite Le perfidi Alme-, e ne la Curia negra Scrtuer fentenze à proceffate vite . t “ Chi dunque non hauria l’anima allegra Se Morte alfa dhumane piaghe e impia trasforma in pigmee £arti di Fiegra ? , i Vii Digitized b; Si l m ct h ., Tafcto Primo. Spento fa Segro I Mondo , Non gli urti Perche di Morte addita Spento fa Segro M r il ; 4.1 e ìnflujfo etafiro morir , ma la architettollo il Mondo ; Mafiro e la fattura 0 vn momento leggier fi dark vanto j Disfare a grifi;hi Secoli le mura • ’ » - bucata del cor faccia fra tanto il lagrimofo Heradito , e congiunga Con rfii, 1 . m , Naturai \ cener di Cartago acqua di pianto Pria eh'a porto di gaudio il meflo giunga , Haurk da fare vn peTgo ; De Mutin le le Reggie pur fembianza, e mente , Re abuchi , Si trasformino in befiic i 1 e la corrente lagrime fue molto fa lunga . N Regga ficettro , e corona Orfo , e Sergente, fm Ventofitk dt fotterranei buchi Cagioni al fin de la gran Madre antica pirti’, . Paralitichi morbi , V e mal caduchi « Cadan Delle Trafcherie. 42 Cadati le Fra le Torri al piano mine ; e la formica De uc ditone o £ con l'humor 1 altrui colonie s erga ; gl fuol riuefta vna fontanea Gorgo , .. ‘ gli ortica . huomini immerga ; S' 1 , che 1fuo Vadron non bcue il Coppier Giouial laie fommerga. Vna Fame grauofa in meffè Itene Tiranneggi i mortali y e fa di fiate Con penuria Sian dinflujjì Le Cune di di Vin pefiiferi copia di Nette ammorbate Tr Afa ; e fan da Morte alfine Co' parti fcmrnil Tombp impregnate deggio lagrimar l'altrui mine ; Pur che'L Cielo da me colpi allontani , Le fuggite lentie hauro vicine . Non Qual di Strimonie Gru Palate mani K Scriuon lettre ne Paria , allhor che vanno. Ad C# intimar penduta guerra à iNaui y Tal , Fafcio Primo . 4 Tal sii i Campi de 1‘ Afta a nofiro danno S' intimin guerre , e de' 4 . W k, . Tendano i S'intoni ancor Corni ilfoco Fra vn h onorato inganno • da gli Auuerfari armati onore Trombe mart tal fojfìn la Sorte , ^ Campionfchieratì L' h orrida mifchia ; e le hi , e' l coraggio D'alterne morti , e d f co'fiati , le JSleghin crudi Guerrier . ilfuon r imbombe cadute fchiere pace di tombe • Trionfante ardimento alzi bandiere ; E'n Città minacciate i ricchi Dari Temano e. t giorni , / Menelai Contro irate incurfion neghi Natura «i . , e'L Ciel i le fere , ripari ,prouino il buono , Fochi Senoni , ^ ìd ariani acciari , T ugni anco vn Gioue ; 0 ’ji e fe da Inferno Etnei Ergon fcale su tEtra Alme Giganti Faccian tomboli poi di Capatico, t •*&*<*»» ’i* Dcu' :ed by.Coogle . Ddk Frascherìe 44 Deitìo pianger per quefio? 1 Cardini del Cielo ; ohib'o & • piangano gli Già che i altri m Mare A che gioua fianfranti viuo io riderò de’pianti « ; e la . io fia Vita , in mar nocino ? à crefcer vento . il fofpiro Che vale ilpianto ì d dar' à Ì onde vn ritto. Segua norme celefi human talento Sereno Ciel nega le neui al fuolo. Sereno cor nega le neùi al mento • . Date^ prego , V orecchie à queflo filo; Per faper fe da l'Alma ancorché Madre FJfer mai può legitimato vn duolo • , # Venne hiert vn Corriere , e cofe ladre Coniò di Lidia Fu , . ch'era morto il a cafo principale Potteretti il i Padre Fra morto vn Signor sì liberale Che la manco Virtù c'hauejfe adoffi r Fra il crefcer i letti a lo Spedale , , , •| Vacejt . m e Fafeio Che 45 • Giufiitia abondar , T ac 4 per tutto , come vn arena , cantone vrbano Difpenfaua Ragione a borfa piena . • * • Solea dir'. Vuoi Giufiitìa ? caccia mano ; )# Ma pero intendiamoci à fcritture * E fa la tua Ragion fatta de plano fa C hifvn Plato?ohib'o.piùgrade fa j l J \ dajjc il Macellar carne fenz,' ojfo • a La nti ’M Primo i Tacea dar per vn foldo vn pane groffò Di quefia pofia-, an^i votea con pena , ntu citi , , .. , • év/jw le letterature , vn' animato Credendone pare a pien di fcritture . De le Mufe il Valor femore ha filmato Alpar delfangue efento dir eh' a quefie Daua per ogni verfo vn Marchefato « ; , E pur s'odcn di lui nuoue funefle ; pur Cocchio di lui , chiujfò in oblia i Più 'vigilie non ha, non ha più fefie « -£ v x Dunque \'l , Delle Frafeherie j.6 Dunque , pere' huomo tal cadde , e morto , Per ragion di pietà pianger bifogna ? Ne lagrimate voi ? no . ne metiio • vergogna , d" io DirOy non lagrimar La fua ruina? Ohibò .fi gratti lui , s' egli ha la rogna . Egli e morto , e non piagne Sian mefii quei , che per goder pedina , Son flacchi matti , ^ p affano con guai Lf lor VIT Elle in carne di V ACCI A* N Sian mefii queiy che , per amar due rai, Nonchiudongli occhile con piufranofato .. Viuon corriui , e non arriuan mai , Malinconico fia quelli affamato , Che y fenica morbo hauer Serica merito hauere , «SV* «/fifa , Dieta \ ^4 digiunato • w*/ moneta E come haueffe vn Vefeouato in parti Ha fenzl entrata vn tifoidi Poeta . . , Fafcio Voi , che del viuer , jE nel ceruel, Primo . hauete larti lieto cha 47 Imprimete concetti , f Con lo , fate flupir l’empie Medufe feudo di Palla , e che nonfitte Pireneo ,fuerginator J$ual nl , Ufciuie efclufe , le di , Mufe , Date gli animi voflri à l’hore liete , dkri palma „SV bramate la vita A' lefitta di cor corfa di Lethe , ; rocellofo dolor fempre Agita fo il Legno , <r Alma d'vn e poi lo tira al fondo i Chea mar di vita vn'allegrezza è calma Se bramate d’hauer tempo giocondo , Fate conto veder T urba di metti , Mouer l(ti corfa di Palio in quefio - mondo « . ’ . . : Fate conto , che vn cafehi , vn dietro refii9 Vn pajjt auanti , vno in fudor fi empre Chi vuol hauer gufo maggior di quifi x Lafji correr il Mondo , e rida fempre * K’Oit C;w.::.vv. .... - « i~’i S •<> f tf - i, : . . Appa- =PWÌ DelleTrafcherie jfS Solleuò al fbmmo gli animi de gli Vettori il giocondilfimo componiméto d’Egi- deargo; nt eh; ma parendo à Stamperme, non ter douer’ efcludere dalle fue fauoreuoli derilioni i motiui di Rorazalfè , che haueua me an; faputo, qualnouelloSimonide, fauorég-n oe giarle lagrime, decretò in lòdisfàtiono ài d’ambidtie, douerli con placido Tenti men- tot to lòffrire le calamità comuni ; nè com- $lo mouerli per effe à diletti di ri lo , ne à dolori di lagrime. il tormentarli per gli altrui po 1 mali è vna humanità inutile, il dilettante |ar è vn piacere inhumano . 3 Tarn mollis e- n uadit , diffe Platone, qui in lacrymas rifu frofufiorc refoluitur , quam qui dolore lacry~ b a Hat. i mare compellitur . Terminata quella ingegnofa gara , va* rie cole li motiuarono in giro intorno alle cagioni delle correnti Guerre , & alle neceffità , od à ufi Je j offe reh 5 capricci de Potenti , nel di . Si fc da principio vna riflef- Gc {ione d’encomij, e di compatimento lo* pragli Europei Monarchi, che, contrae fufcitarlc Ti ÌVfo de gli Aliatici , armar do difefe de'loro Stati ; anzi ché d'altrui p sadditauajio eferciti alle alle rapir e non meno inco.rotti pri chi . . . Tajcio Trìmo 49 . Scotti nelle fozzure d’ vn pacifico luflb \ che moderati nell’ ambinone d’ vna pòìgj tenza bellica . Si commendarono parimente i Grandi dVn Europeo Senato che animati più da forza di non edotte diuiti e, che da foccorfi d’vna Pietà collegata , contra ^ingiurie d’vna podcrofa bar- not , ci: iei res 3 K barie, le ragioni della loro sfidata libertà ile jgloriofamentefchermiuano D'altri Principi , le Chimere del o empieutilo di modriTAfia, tarono confùfamente da i fi cui caborbot- curiofi DicitOr feguenti penfieri i Alcun di loro, diceua Stamperme, di- fendeua con l’arme vn popolo , con pretedo difottrarlo all’altrui Tirannide; ma di domar gli 4 fe gli veniua in acconcio offeniori , e di dominar gli offefi , hau10 u rebbeanch’eflo hauuto il zelo di Siila, ò di quel Lupo d’Efopo , che s’offerfe per : to ^Guardiano del parto alla Scrofa In altri, foggiugneua Ticleue, il luflb 'Tirannico haueua quafi didrutte le pro- i| jiff prie diuitie, e gli agi de’ Sudditi; e perche i Signori di queda fchiatta dimano idi rap più vergognosa la Pouertà dell’Infamia; ine! J ofl .. i D fmJ ~ come * •. - . 50 Delie Frafcberie come che la Pouertà i vieti l’elTere à’ Gran—Jh Tribùnaie , che la giudichi , v’cra alcuno , che conl’auanzodi pochi armati tentaua la^ forprefa di mura non cuftodite • La neceflità , ch'è vn gran patrocinio delle miferie Immane , fpezza ogni ritegno di legà chi vuol § c > c Come diceua Filopemene, lavare la robba d'altri, fa di meftieri hadi, e l’Infamia non habbia in dTi Ei !i(l< PC le } ni». hr jii uer del fuo ’k * Alcun* altro, bisbigliaua Egideargo, 1 q non contento delle naturali fortune guer* tu reggiaua per cupidigia di potenze nuoue* r 1 defiderij fon come i Numeri , ne’ quali all’ vno fuccede l'altro . con Tefempio deh la nafccntc ingordigia d’ Aleflanaro credeuafi , eflèr miferia nc’Grandi hauer mol- J to da bramarci ne ponderauafi, eflerpiù miferabilc , hauer cagione di temer moh mentr’ è più facile ad vn pouero fuggir’ il difprezzo , eh' ad vn ricco l’Inuidia V’era alcuno , rammentaua Rorazab fe , che acccndeuafi à’ marnali fde^ni col to ; vicino fors’ fu Ja , per vendetta di riceuute o ffcfe, anche per guerra fra ... , beftiali occafioni gli Etoli ' , , e gli , e come Arcadi , ò. fra \ I àm 1 , Primo . / Latini, I Principi, 4 Tafcio Rimili, dille.# a» fra k Euripide , non cangiano con facilità gli fdegni . ritengono collantemente il primo impeto per non parer concitati fenza ca- eh: Ijl i e* , ne- nù les uci ha- 30. gione , Era però curiofo il vedere, chi per vendicarli d’vna lieue ingiuria , poneua à ripentaglio il fuo Stato, I Grandi fono alle volte, cornei Fanciulli, che, fe molte noci, c’hanno in feno,vnane-» vien loro tolta , per ifdegno ne difpergo* no tutte T altre , non vogliono il tutto , di quando mi fi nega loro vna parte Si ponderò in comune il fallo di qual- che Potente , che tratto da ambitofo prujd rito di ( Gloria , vniua armate, e difiipaua leggi . Efoitaualo l’ Ambitione , ad efer:re citar più tolto le pene d’vn Ferro, ch'à iol viuere tra le colpe d'vn’otio. La vita hupii ok mana , diceuano i Configlieri Catoni , al jg' li al cd 1 ì ò fèrro è firn ile . Se fi efercita, filogora con fuo fplcndore , fe viue torpida , fi confuma da ruggine . Brama l’huomo taiuolta le glorie dalle calamità ; perche il male è jpeflò più noto del bene & vna cruda.» tempeftaèpiùfàmofadVnaferenità tran; quilla . Pur che apparecchi i P a titoli al fuo, cada- *m, ., . Delle Frafcherìe j*2 & al vulgo vna fauola, non cadauero, cura, che l’impeto d’vn cuore fi diffonda in piu mali. Con Brigata tutta motteg- , che alcun’ altro non hauendo regola di Gouerno , fàccua i Latini per li Paffiui perche non fapeua mantenerli fra i Neutri . ch’altri donaua le fue adherenzc per tema , altri vendeuale per bifogno ch’altri riuoltaua cafacca perche dal lato apparente era frulla ; & in quella poi come incapace di riuolta nuoua, riceucua il Politico con fua vergogna inemen; ; dabili rotte dal Molte Tempo rifleflìoni fi grandezza , & alpotenza de’ Minillri fra i qua, alcuno , quali ramo , smalzaua dirittamente fu’l Tronco & altri che di trauer- li ; fi , feorgeua carco di molti frutti, con_. del Tronco medefmo frangeuafi. difuguaglianze loro rendeuano mo- danno Le membri di qualche Imperio , nella guila, che in vn corpo allhora nafceil mollro ; quando vn membro trafeende in ftruofi i grandezza Pi' bo uai ito i gn< fui ma 1 fecero confufamen- te intorno alla meritata la feditiofa rct Vii rifo della giauafi io ’ la proportionc, douutali. Pareua- pò toc ch’c &Uj talli fili' me iia' ler «ri ini Ut , r Fa/cio Primo. toc rcuano però da più parti rinouati gli efcm- idi pi 5 di Cecina , y e di Valente Miniftri di TìcU ambo potenti, ambo emuli, ambo rapaci ambo ruinofi. 6 II comodo priVitelli© ; ie? , >rì uato ;rl feofto fè perdere l’Imperio , il configlio de' Ciouani , e 1 odio na- Romano, Chi fi faceua Arbitro di qualche Regno , additaua che nel Monarca non re- ifc efr , no, gnafle l’Arbitrio. Ila- fui poi, Rè; mentre ih‘o. 11 Minifiro vegghiaua Rè dormiua fui MiniURèfaccualumcal Minifiro, peril che ftudiafic Ja fua caufa , c quefti dauà iet> Nel ponderar nec ]ci la mano al Rè, perche fcriuefie la fentenza . > grauezze, fi motteg-* giò che aliai meglio odorafle Toro , trat-ì to da Vcfpafiano dall’orina , di quello * le , ch’eftorfe Nerone ,nel dalle lagrime de’Vafche alcun’Vfficiale imi-» rafie 7 7 hemiftocle , il quale volendo ri, 2^. fcuoter denari in Andro , difie d'hauer menati due Dei , la Forza , e la Perfuafionc; e poco valeua à’Sudditi il rifpondere d hauer due altre Dee, la Po u cita fcei cTImpofiìbiltà. ittt 0 . : oib luti, nio JcJ pj. falli. S’attcftò tcuanfi , Almeno, doppiamente i già che rifeo-s tributi, hauefiero hauuto arbitrio i Magnati, di far venir du6 • ,, Delle Frafcherie jy volte Tanno la State * e TÀiitiirtno * come Hibrea à Marcantonio * Ma il fatto era* che alcuni non efigeuanoperlo Rè le Gabelle clTerano loro pagate * ma pagauano al Rè le Gabelle di quel ch’efidiflfe * geuano per elfi * Si narrò in riftrctto Popolo vrt * che da vna parte terteua Configlio* per tradir* vn Rè * dalTaltra vn Rè fàceua confulte per aggrauar’vn Popolo. Là era vn feme di fepolta difcordià-. non facile à conofcerfi, qui vn germoglio * di crefciuta congiura carli * Le * difficile feditioni interine , à sbarbi- che per lo più,ò dal bifogno , per Tirannia cagiona- ò dal tedio delle preferiti cofc deriiiano * fono appunto come la Fcbre ethica to , , che nel principio è facile à curarli; fi difficile à conofcerfi ma fc fi trafcura,col tempo de à conofcerfi. di fa difficile à curarli , facile Là vedeuafi vnpedeftre Popolo far teda contra le braccia lunghe de' Nobili da qui le braccia de’ Nobili hauer cuore di vna Regia tefta Là vdiuafi vna Follia tiranneggiar’ vn porli à' piedi Rè, per dar’ inditio di lenncuquì pareua ,vn r .. Rè a< Cli . Rè afpettaril seno, per dilciplinar la Follia, trt La tentò yna imperiofa Fortuna d'eieuareà premio di comando linduftrie di chi obediua qui osò vna feruile Inuidia dannare à pena d'Oftracifnio il inerito di chi imperaua fo rk r l * i*tìi & lltt E perche in Cintate di/cordi , ob crebra* Principummutationes inter Libertatern, ac licentiam incerta parita quoque res Iìl magni* motibu* agebantur , vedeuafi vna_. Natione, hor pcnlòfa di viuerc in libertà 8 in ads da ribellarli hor*in , »ari» er 1 iori riti:- hk: :erf :icp, cciii ir tt jbili atto di tentar ribel- mentre la ftefla , voimpetuofa nelle rifolurioni , folla ne’ giildicij , facendo peggiori i rimedij de’ mali , parcua peccare, perpentirli , e pentirli per peccar di nuouo. Efageraiiafi finalmente il pazzo abufo del fccolo , in render grafie al Cielo delle ftragi * fatte non de' nemici di Dio , ma de gli huomini > mentre i Monarchi Aliatici dando titolo di Predatore ad vn Gioue, facrificauangli vna portione de’ furti , colioni , per eflcr libera lubile ne* configli ; , Ri . Ipfumquevocamus - ~m—'i»predam ì partemque Iouem ^ cantò ^ 4 , U3.< / . i i era l'vfo 9 1 l * me de’ ciechi Romani ar’ g Taci, D 9 Vl «- a Delle Frafeberìe y6 Tad. 1 Tacito di Gin Pilone , che all'vdita della morte di Ger- cantò il Poeta. Motteggia tei manico ammazza vittime, e corre a'Tem- Fe Ne- me rone , ne* quali fi rendeuan gratie al Cielo de gli homicidij , fi marauiglia , che i (acrificij , foliti à ferii anticamente per pro- tei pij , e deteftando THiftorico i tempi di 4 ?e l fperità riceuute , s’offrifiero allhora per di- letto di calamità lagrimeuoli. Si conchiufe ,che per cui l’ il maggior difordine, per cui tentano la Fama i Priuati, cojtl* e pur fi sà , difa iomma cura attendeuano ; com.fc z Tiberio à Sciano, cateris mortahbus in eo (lare confiHa , quodfibi conducere putenti Principimi diuerfam effe fortem , quibus precipua rcrum ad Famam dirigend „ - E perche i corpi muoiono , ò per interhomogenee, indifpoiitioni di qualità òpcreftrinfcche cagioni di fregolata vita , credeuafi da alcuno , lìuìo. , effer l’Afia ad vn mortifero rifehio vicina; mcntr’è delfina d’ogni Città,diceua Anibaie,’ fenonlena- feono inimici fuor di cafa,produrli dentro* ' J V. Afia era inferma ,s'originaua da* Capi, i quali non alla Fama, ch’efler deue rintereflc de' Grandi , ma alPIntercfle, ne coi V» 4 -4 Si ùu ile COI nii Od ito T . Pafcìo ” Gii Primo Si decretò info mma, tutti 5 7 Regni ha- i eia, uer gli Orti, i Meriggi, c gli Occafi ; e’ 4 Periodi d’ogni Imperio, eìfer fatali, co- wia N me jO- e. diflfe Cratippoà Pompeo. 4 Qf, he pr& r i Platone organizò con fa fila Idea vna IIat ben ordinata Republicaj c pur non fep- pe aflìcurarla dalle alterationi , e dal fine ; conchiudendo , quodmhil inJlatu (uo matte dt ; fed ambita quoddam tempori,s muta- fa retur. Ma , perche ne gli eflrcmi difeorfi moè tiuò Stamperme , che le corruttioni de!*" Regni nafceuano per lo più da’ Grandi ; come che ipefei dal Gapo à putrefar co:0n | mincino , recitò à gli Amici vna morale* à* Capi de gli Eferciti Afiatici di que)j# Oda A Ro tenore. effc, A* Gaver: * > “* r . A' G VERNIERI PRINCIPI DELI' ASIA. Cu ODA. Autalo infido Mòuc a entro i martiri inferni iti orma di fame ; E al grane duol dì flagellate brame Negan dolce momento Arbitri eterni . E cibò fugace voi cui diede il Ciel gioia di Pace , Gite penando in bellica baldanza ; E pafiendo co' rtfihi P efiate a C hamo , ; ìco vna Speranza , d' oro efia rapace Chiedon pace 4 te felle ; e par che crei , Per punir gli vccifir , fulmini vn Giour, E voi fuperbi entro fulminee prone Tate nuoui Salmonei onta a gli Dei • , f Forfè al cader ctvrì Auuerfarlo e angue Erger credete a vofira Fama i vanni ? Folle ardir vi Infìnga', à gli altrui danni Le poteze infierir,gloria è d’ vn Angue Già Se V Fafcio Primo } . 9 2E Già del Foro venal foprd la felce Stride Penuria a l’affamate fchiere ; Mentre i couil di fuggitine Fere Sopra ì Campi negletti erge vna felci . Già già di Morte a th orrida licenza Mtfio rmuntia il Mietitor la falce ; Mentre * di SpiCa ilfuól voto * e di tratee, m Fertile appar d'vna Cadmea fernetta* , 'tu ii, », Scoppino pur , guai pria , Liarmi del giel f , t ( 0 i # t! ^ $ g Nubi tonanti nudo Cult or non pauei Manca al Nume la meffe , e piu non hauc La riuenta Ennea l’ are fumanti • Le le . prouide glebe à la coltura Marte i Tduri ha tolti; van dintorno i desìi lumi hà volti Gli empi Cacchi di E in Centra ftuol Bri are6 L' ingorda man d Argo la cura, miferi audn%t èfiremi marre à' queruli Bifolchi ; Anz,i immoti Cadaueti de' Solchi Ciacdon gli Aratri , ouhebber toba ifemì• Bejlan le , 6o Delle Trafili erte* Gli heredi altier dt terren culti , e vafli Nutre il confin di baffo. Valle angujla £, In te ; chi Corigin trahe d'Arbor vetufta ro?a Cafa h umiliati ha i fafti . d?affifo in quadriga , e d auro graut Parue iC S ol, che in fuo carro efea dal lido, Hor fembra nudo il Giouane Abido , Ch'à fe medefmo è rematore , e naue . SlU'l > T d Mifero honor de gli Aui . Aure di Corte A Jl • )pz Indarno homai fafto di /angue attende C^’oue Fortuna profpera non fplcndc, , *; Lo iplédor de'Natali ombra è di Morte. Già de vofiri Gucrrier gli empi appetiti A' caftifeni altrut tendon rapina ; * \ Ne più raccoglie Prole finàie à i ’ II, ) n homai laurea Lucina £i Gen/tor mariti • r< £ fe indarno tento l'egra Conforte, Contra Ianni di Sejlo oprar gli fchermi In 'Lan tra i ferri hoggi le Spofe inermi * & vu inferma hontjla fuggon la Morte . Uh l 4 s* , Fafcio Marnai chiufi S*} fuga p Primo . ? 1 6 ripari Tefcr di Fabro adamantini ordigni , vp U Temprano a Marte h ornai Fabri maligni* per pt Ila H, affalir le Veneri, gli acciari . \ Oh, di legge natia nato al difpre^zoì Temerario piacer di Marte infuno Moui à prede d' Amorfor^adimano-, (zo, Metre à merce d'Amore hi, rii M'vdifte, oc Son •tic. o Duci . a t Innocenze le colpe Sono offefe di •voi sferre et Alaci, Folli , otte gite? { [oft Amore è prez-» ah , che le vie rapaci à meta d’Honor rupi feofeefe « Ah, fe'l dolor ctvn popolo caduto Pietà non verge, il voftro mal lamoudl Erme fon le Cittadi , e che vi gioua iti Votarui vn Pegno, e riempierlo a Pluto iti , A ' • 'X' Tn }f(: ì > ; Habbiate pur su trionfali Sogli D'vna Delta corona i crin recinti, vostra man, che' Vincitori ha vinti, A' S' offrali ramo di Cuma , e vi germogli^ pugni . 62 . Delle Trafeherie jet pugni in prò oli vofirire arte di Stelle. fcf Ampio il Pegno a voi fia, quanto circonda Fra ilfen etArabia , e d A man la fponda , Fra l'Indica Malacca , e i flutti d’H elle , 1 j m «aefl D‘ Alcide i fini , e di Lieo le mete Varcar faccia volti arme amico , > Cielo , Seithia, temendo voi, tremi di gelo. Libia , bramando voi , ferua di fete Miferì , e che fa poi f « di fpatio molto Crefc crete a Fortuna il vvfiro Regno £' cieca si , ma vanno i dardi al fegno i £ gran berfaglio anco da ciechi è colto Le Ca Qui terminò il fuo nobile componi mento Stamperme, al cui merito fi bisbiAmici, come ad Ingegno, che nella moral poefia-. godeua in quel tempo il Candidato della gliarono torto encomij da gli Gloria. Ticleue intanto irritato dalla bellicofaldeadi Stamperme à più impatien- vna Satira centra., comporta già da lui in te furore, trafle fuori le Guerre d’ Alia Europa , in cala del generofo Egideargo, incili mi £« Tu $ ì . Fafcio Trimo . 63 in cui vantauafi d’ hauer Tempre hauuto alle Tue naufraghe fortune , ò’I porto, ò la merce j e dando faggio con la lettura di quella Satira d’ vn nuouo, ma regolato h Alle in tal genere, così adire incominciò. LA GVERRA SATIRA, «•S**33 I * Vi Arme /7JV^^. Arma,virumq;cano. Le Dóne,i Caualier, l’Arme, gli amori. e Canto X Arme pierò fe , c'1 Capitano gjwftut? >lco{ iois wpum s'odia isb , ognun s'arma , ognun vafuorti T indarno a i Campi il buo Caton eimboba . C(| , 'Torna , torna , poltron sfuggi i rumori. ’iit lei bel Suona à morir , più eh' fuegliar la tromba ; a al foldo di Pluton fpirti arroliati lift T. itn Mandan le[alme a quartierarfi in tomba . Ì\P mi L * .. __ 'V .V|4 " mKUi ^ mKÈÈmÈM Son ^Detle Fr<t[cherie 4a* f Son di barbara j Regi/ petti bile j hoggi ammalati e de la bile i h mali Son h oggi da Rebarbari purgati . r /t gt infiammati cor fangui venali r* Ordina il Fato in bellica licenza, E a pienezza et humor purghe borfali , Cìa de lujji natiui in afiinenTgt Viuono i Grandi , e de gli altrui metalli Prouan gli egri fuogliati vn appetenza % r £u\ deliran le Corti ; e perchi Del Son paTgpo Aiace addolorar le Regie follie i falli l ouile doglie à i V , f 1 alfalli. ( Tutf Arme e il Mondo . ilFantaccinpiìt vile l f Colfamelico degno y e mercenario de* Regni vna frittata hojhle, j ( Vuolfar am Anco il Soli che ne crea , par fanguinario ; Poiché sfatto fenfal d‘ Alme d Caronte Tutto t'anno fi troua in Sagittario . ss*-»?* Nudo k , I Thermodontt "Eludo fiuolo cola fui Suifiera a fabricarne i dardi , Sudano à gara , e r iracmone , c Bronte I il ferro ; e Tuh' Arme e il Mondo Sudan \ ìli. . le Mufi , . a incoraggiar codardi- e de la gloria infana Vn prurito febrilfinitola i tardi . y Ognun vuol £ fegue Brigliador , vuol Durindana ; ~ ognun , ne V attaccar tenzoni , 1S e empio altier de l' Albagia Romana i f i W £ I pur furo i Roman grandi è poltroni Se la Guerra di Canne vecifi tanti, , Confiderate , s era di B afoni. utt * y/rwd’ e il Modo. il Mar legni ha notài/, M Qucfli à «f # . Che, fe in bofeo natio vi(fero immoti, Mofiran morti su tonde i pie v.iganti , ’ ' . . £ Nduale £nìa pajfan di fopita , ** remoti tacita tempefia i fortini forefiifr turbati co' moti. .. - T— - — 6$ Non fan Delle Frafcherie Clajji auucrfarie orma meri prtfia Col pie de remi ; onde inalzar fa fpume Di flutti adulterati onda modefta • ' Già la fchiera di phorco , e' l patrio Numè Stanno à mirar su placida marina , Qual foco efiingua à tante Vite il lume • 'Tute' Arme e il Mondo à fabricxrruina U eh . C onera il patrieio ftuolo armafi ilGracco\ E le man contra i Capi ardon la mina. Aftuol plebeo , che per grauezze e fiacco , Negan pane i Minifilri ; ond' et rebello Dona a i ladron de la farina il facco . Così doppia le ftragi Che l fangue vn fol macello ; altier di Moflra contra fcorticato Gregge i Pafitor Tajji intanto lo Scettro , d core , e ceruello. chi lo regge , Sferra piu , che foftegno y e più non s'ode Era i rumor de* Tambun vn fuon di legge • é < A : Epur Ai * Fafcio Primo. E pur danfi h oggidì glorie à « forma» il , Che penne le altrui E'I mafchero fatto Che vn varco ri > la frode ; manto di lode mar le aprì ne la E per paffar \ tU 6? . Poeta ogn'hor l’arme dì Setfe t ti»fé in roffo il ' ’ ** * d'iniquità diuerfe /zWfl ^ * su di Salamina naui Perfe durerà la Cecropia alpina Terra Erfe oltraggio di ponti à la marina . Canta quel, che Giugurta e' Cimbri atterra* Quel che corfe da Pella a CIndiano Per trionfar più * che portar la guerra • , p" y h'* Canta quel lufeo ancor de Che fé ne Ne ^ capì Canta , u 1 111 uf N xj C Africano* l'aria fua tanti Cafiellt * da C Egitto al Mauritano ; » cti a' Pirenei ruppe i Cancelli * E doue tien la nofira Europa Occafo Vd Orto foggiogo di PananeUt» E 2 * Canta | , 68 L ,, , , Delle Frafcherie Canta , che per valor piu , che per cafo Die di morfo d C Italia e manco poco, ; Ch’ anco tton dajfi al Culifio di nafo . V 4 Canta , chi diede d l’AntìRomd il fico Quell che fprezzv de ÌEpirota i doni E 1 nemico a i lioman magno Antioco . fcr 7 color rA* pifilano d i Cantoni E' lferro, vfi d far filchi 4franger ghie. Cangiano in Scimitarre, e'n Morioni, Canta M ^ <7 4r/? ^andati la piche Vrubri / V olficij Sabbigli Hetrufii £ Cartago @r Athene, e Sparia,e T hebe. Canta de ’ <?//>/, , «’ <7 // , , , - -V I l il l ! Centra popoli immerft , e popoli arfi Canta il Valor di Vinitiane Armate , Per cui La Rinomea voli riha fparfi . Canta M da fi br ilgiornate colui , che jSano i Roman quando , ilfuo dito intinj Dentro il rotto VafeL di Mitridate. fri - «j. •Oig • B Fafiio gitici) che'n gitici) che glucl , Primo . 6p malinconie Perfio coflrinfc , i Sanniti in collera ha dijh at'ti , flemme Romane africa 'linfe . *Canta Colui , che fece dar da i Putti Vn £ buon Cavallo d /’ Afino Pedante , Hóratio fol contra i Pi . . tutte . h ornai tanf armene tahle Febea cuoci [onore ,\ Le cui penne Tromhette aliano un Fante . M’han rotto De il Capo la Schiatta Hanno , lingua i Poeti , e non han core ; Core non han , da far morir chi %>tue ; Vita non han) da rauuiuar chi muore Chiaman P alla vnaDea grata d chi fritte . v» E rimirano poi con guardo bieco Le Palle de i Cannoti) come nociue . Nel periglio guerrier Serfe fu cieco y Che )S dfeiugar tante fue Turbe i fiumi , C ode ne Cacque y e ghfe danno il C reco* E 3 £ qudi 70 JE Delle Trafcherie quai del grati Pelleo furo i cofiumi ? Manco nel me^zo 'vnjtianhclaua il tuttO> E fu mortai chifi ponea fra i Numi . , Qual de le guerre fue Cefare ha il frutto f Chiprima vnhuom\e poifu Dio chiamato Da vn Bruto a vn brutto termine coHutto* E , Che fa Pompeo quell* inclito Soldato ? In mano al fin del Traditor rimane—* Mal capitato , e Che n'e di Mario l ben decapitato . entro paluftrt tane Di Minturnia palude Trombe defuot , oue ha paura difnor sindon le Si , rancs* Metto fin finalmente ha la brauura • Chi la dura à la Corte , è vincitore; Mà nc la Guerra al fin perde chi dura. Quel , che infegna à temer fot col rigore D Armi Tiranej tradirne ti infegna\ (re. Che d’oflequio infedel,Mafho è’J timo- $ I Cà Quel* ,; , Tafcio Qutl, che , S* vccifo i, £ pur s‘armano Benché n Vitti atti homicida in van fi [degna muore . Hoggi T inftabil Diua, Fi vicende Temili anco in chi regna • m mi viffe ?t Primo . i flutti Marine pur PArgina, ctEuboa Nane fdrufeita , C li vrti airifchiar vuol di C apharea riua, . £ pur s'armano Difcordia E l* i altrui Morte à Sotto il , e la crinita i Regi arme e di Vita . manto et Aftrea copron la furba i Grandi anzi col voto folo Collera ; D‘vn Fecial u Campi dubbi Regni agitale turba-/ i Ne* manifìfii De le Capriccio lor arman piangono il fiamme attaccate ; la Turba,, duolo e pur fon tutti , jrcj O' l'acciaio , o la pietra , o'I folfaiolo i • ira. ut (* JL' haucr più Stati in fua balia ridutti C hiamanjiuoui Nembrotti, arte da caccia, E priuate le t iti e i comun 'tJw lutti . agri? % E * Hog"i * ss* •sfr * T*. à , 7z Delle Tcrafcheric Hoggi il Modo è comun. di Fera ha piccia» Ogn’ vn è Cacciator di fua ruina, <y con rete , ò con ferro, ò co la traccia* S’empia d'oro la Cajfa efia rapina Ognvn cerca ,fe n hai ; ma non già donde• , Buó* odore è il guadagno , e fia d’orinaCosì alTiranno E intanto Terche il reo penficr il furto lecito fia , rifponde j altrui più che Spartano, non fi nafcondè . à radon forza di mano. Purché in Erario AVllcIian fia viuo, Moia ne Tribunal GIVSTiniano. Fa guèrra ho^ei 1 4 Morbo ' e de* Regni vn dominarfurtiuo ; GRECOfu, SETE d'imperio Fallo fu del LATINO, vn' ABLATIVO. Rine del . L'htman defio per dirnela fui [trio. Sempre il Mondo fconuolfe ; e nonfapete , Quatto nocque à Utaha vn Defidcrio ? , Con fecca Morte à le Tartaree viete Pocht Tirarmi andar pero die foie ; I, Vcfjrro Sicario a Galliche Compiete . Formar Uggì infornai guaftar , k % Son de Chorrida Guerra L fon fabriche fue dittine atti levaiadrt laltrui ruine. . Oh cjfranti , oh quatti in fra i co fritti Padri Tentar con l’arme altrui farft Padroni £ del Trono Roman dtuenir ladri ! , M Sfami Cefare tu La libertà che no. , U o, , Hel tuo Capo Tirannico . £ in guerra lo, per qual cagioni in tanti V fOr Quando Al Porco Tu, Uì\ lioj membri hauefi , riponi ? tu Vefpafian , *7beffi , v 3 in pelle di Volpe , * di Leone d vn Vttel guerra mouefii ? che armato ti fpecehi , */ tuo ladrone h x l°r > perehe non guardi ? batter ti vanti Km col ferro & ^ pur nafccftì Ottone . Ladri \ - • . ? M t W # fDelleFrafcberie •jj. Ladri de T-rni altrui fur tutti quinti Ladri fur gli ftranier , ladri i Romani Ladri fur Capitan , ladri fur Fanti . E fe furano in guerra Se fura Capitani, i altri in Che furatigli il Capo , guerra capitati le marni hor che faran un Sono alCapo regai mano i Soldati, Sono a r Inferno altrui Spirti infelici , Sempre nati a dannar, fempre dannati . ^ C Jtajfomigliano il Gatto , il qual nemici w Topi combatte, e in cafo cCappetito, più de Topi ladron, ruba a gli Amici Si . Oh Numa tu, che intento al facro rito ì Mai per rubar, ne per pugnar con l'Hojh C, , Da tHojlta Mira, Son non [et partito coni hoggì le defire Le [aiuti x •» d’ v»' Aitar k » e à Aggiogar difpofie de l'Afta e ne l’inganno ; le leggi alari ha rtpofte 0 , OTa- Ut Vi k u, \ 0 ' Fafcio Primo 7} . Compagnie paganfi ogrì anno ; Ter^ty 0 T Perche contìnue a noi fian le ergane , Perche fra noi la C ompagniafia danno • ft . Padren , che fi dia pane . hoggi chi regna » Voglion et Afta i a chi[quarta le carni iti! Sen/a pelle intaccar, non tofa lane ut Con • t Arm i hoggi fi affiegna una tuffa ella gabba , vna Gabella tnfiegna% la feufa de fri, Al Vafalle ni Ma cti pacifico ; Per dar neruo à la Guerra , hoggi fi loffia Smagrato affatto il popolo di un fangue • Che i lombi poi di porca Pace ingrajfia • i 1 , ir,% tt "jji Cofi contempla il Tributario efiangue Picchi i Mintflri , e ’/ popolo tradito , Vn 0 f gj » nemico , che ride , un Re >cbe langue« buon Secolo doro , otte fei gito ? Re tue colpe i tuoi colpi erandiciancc • Marte flava prigion per JFUoruficito » , *6 XtggeM Delle Frafckerie Afirct con le due spada ancor non svdia ;• ira» mdn Siùncc, , ne Capitano « tele di ragni infra le lance . Il, Letmo hauea Vulcano carte, Sempre rincbiufa , e non legge af in Giano . Ch' apriffevfeto di guerra il ve echio tei Bottega di . Fortune altrui godea la parte Senza riffe il vici n \ ne parca nato , jV dar martiri , afar Martini vn Marte De <J> le , ’Dormia fotto vn fol tetto vn vicinato . / Conti e Contadini eran C ognati i ’ , E in tutti apria fpirti conformi vnfdtt, Cauta Sobrietà tendea gli agguati A' chiùfi morbi e in faccia à Galateo Facean da Trombe , e da Bombarde i flati * ; E s'vfciua Era il V ùc o da Tìfeo\ vna brufea parolina , Meffun fia da Procure . , cenno d’vn guardo ^ vn Caducc» u •yier t pì» i A I , Fafiio Primo. 77 Pace era vnaSerua; ella in cantina h La Spillala i va/t , e a le celle nette fi W( Con la /topa et oline ogni mattina . :dT Il capo non rompean tante Trombetta 11 braccio non ntouean tanti Tamburi r ] il eor non accendean tante 'vendette . ^ r "Non fi fi a porta , ó chiatte à gli h abituri J Licite Lune bau ed l C telo # non la ( Le Tortezze crandAlme , e Terra non di muri • T^ion reggea Piato . ’J ancor Regni/otterrà \ non patta di terren pondo ficarca Riprefaglie di furie Anima , ch'erra * E . forbici sfitccendate battea la Parca] ^ Ne trahcua Caronte a le fue ritte Reggimenti di fpirti in sk la barca l. non facea d'opre /urtine i Regi ; onde ve sii a t Inferno Serica i lauor penofi ombre fifiiue , JProcejfi Eaco su $ Altri 1 78 DelleFrafcherie Altra Natura ha il fe colo moderno ìm o Solfra lire del ferro e lamor etoro. h Sol di J,angue la giù nero è tl quinterno. '. Cl Sol co'furti foJHenfi hpggi il Decoro ; Che megho e il dir.de 1‘altrui robba io viuo, : hì, a Che' l dire altrui.fenz,amia robba io moro. L\ f Vanti pur con beltà angue attrattìuo bn Frine tra i Greci fuot. d’oro il femhiante B halafciuo. hoggidì volto Frine Più di | - Fc Di man d'ingegno educatìon cotante , Dal nafeer del Bigatto al far calzette . Non pofe mai Vn' » lltalian Mercante ; guanti in viuande , in habiti , in ricette ; ]>' Perchabbia fuo fcola di culto Scolamenti di borfa vn Padre mette % ii il Figlio b j £ 4 E pur laffretta al tumulo vn tumulto ; E per belliche vie mouendo l'orma ' k , Stimola a fera •-* il fuo meriggio adulto • Porge I* Q \ . FaJcioPrim. 79 Porge al Fanciullo il Preccttor la . Per trarlo da m Che prima le man del faper norma , cPvn' Ignoranza Anime l’ informa, Ma in pochijjimi di \ torna à vacanza ; Che l voto Padre fuo penfa , che fi 1 L'empir la tefia y vh crapular di pania . 0 Son \ • , morbo de le menti, Fatiche da poltron, mal di pazzia-. s » le lettere in noi Pedanteria Beffe di Corte, c j ;g Vn'huomo Elementar fol gli Balla, che lappia; e perche Baflan fol de le Scole i Elementi ftia fondato, fondamenti • ‘ tt!t Sì dice il Padre ; e'I Figlio Jregolato ' Z>e le regole altrui lafcia il precetto , i[:) £ (l ' ’ > (l> col furto gtterrier cangia il Donato . Hot brado impugnafior s impugnala ilpetto , or dà colpi à credenza , hor le nfeote , , H Guerriero in fifiodeetmori fretto - , so , . DeSe Frafcherie; 1 'Al 1 Guerra armi idiote', . più atto a rimitar fpalle al' Ch’ai nemico Guerricr montar le gotc K i» musai à la D La nel vitto rapace, & impudico 1 7* 1 ' ' $] S'ammaeftra il Gorgon ; finche flagella yn colpo nmtto il fm colpare antico • . * •&% La Guerra è p va’Aite,incuila vita ancella Stadi in lezzo de’vitij, c’n cui fi della Più fentina di mal, che fentinella Ecco in carriera Anibaie i arresta Ci ; Su le Campane vie tanto è sfrenato Che in Terra di lauor /tonatogli afflai , f Tra i fomenti di Bacco effeminato /£ Roma , che 7 defta , l'ebro non pa(]a\ E l’ opre d'vna man vince vn palato . vn Marcantonio a Uffa , .1 Che, per tracciar Madonna Cleopatra , La Signora Vittoria a dietro Uffa . Seco fa fttinga tfc AU v Fafcio A • 1 la Lupa Primo . di Rima, il teo 8 ri non latra ; T Perche corre et Amor dietro vna rota , idolatra . E pria , che Vincitor , 1 ^ le gioie fue E pur dentro vna fòia ; mentre heuèa , vài!? il Ufiirto, Ch’ altro non è , ch’vn fòl boccon la Gioia, , Ch f per non parer ne tammd^zar cattino , generare è buono ; r# r * £ che gradi di bene hoggi ha Gradino • Cia fu ragion etvn bellicofo tuono . il ratto di Bellezza fulminanti ; Ho^gi effetti di guerra i ratti fono I Ea polare E di doppio f, t à l’Amante , a la fiete, Scolar Marte e il Pedante ja folate vn Amor i reni bicchier Bacco • Voi, che ef ira venti tAlma accendete , E con la man, che doppio [angue fura , per dar le piaghe altrui , paghe volete , a , % 9 Delle Frajcberie S.zi Voi , ctiofate atterrar de là Natura Vofira Di il Ut, vigor , per rinforzar con Arte pofiiccio padron l’ armi Voi, eh' ad altri acquiftate , , t le \ ì mura , ( pam Ut e hauete Ne . t altrui danno , e di fembianti ignoti Fate vecifar pria , che nemico vn Marte* Dite infelici voi, dite idioti Pereti amate % Da i vn ti rigor ? perche vi piace Penati a penar torcere i moti ? fonando parte à la Guerra vnhuomo audace Non credo già , che la fua Madre dica, Horsù Figliuolo mio vattene in pace • Ma dirà bene, il Ciel ti benedica F vuoi lajfir quefta tua Madre v C & Per gir nelfen de la tua tot l , l .'JA . nuoua , Madre antica ( !| 4 ; H Moggi Ippolito alcun non fi rinou ; E à rauuiuar quel che di vita e cajfo , f Altro vi vuol Fratei, che chiara d’voua, * f Monta t . . ., , m Monca, tifino vn dì mefto ìlfuo fajfo, Portando inuidia à vn bel Deftrier robufio Ch‘ a tocchio del Padronfifacea grafo , w. Mavifto fot darme rii, il Cauallo onufto Ctì dfitto di TrÒbe infra i Cano mar ciana Sorto il Trombo n ,fparò il Cannon di gufo (r* 'sì Oh fon fui io dicea vifo di faua °gg* han fortuna gli Afim far mìei \ Et io fiocco Afinon mi Lamentaua , fk f J fa , H Dir fanità tAfinità fotrei Non vo à morir fcrcti Afino fon nato E yfevandajft. ft , ; Arcafino farei. A? Guerre andrò quando non ho fiìt fiato , Che, de la felle mia fatto vn Tamburo, Darò morto foltron core al Soldato . 0. ' ltl Meglio , Amici, e il camfar ne C h abituro, che habitar camfi i cori human confila . jf\ jj Non la norma A Pelea , ma d Epicuro - * hnA n F i L'Oio . SjL . 'Delle'Frafcheric L’Otio è Maftro de* mal , la Pace è /cola i Oue imparano ogn’hor le Turbe tenere I mal de la. Lulìuria, è de la A Gola. Meglio è Marte feguìr,che ftar co Venerei E Valor ne la Guerra incenerire. E viltà ne la Pace il couar cenere • v Le Fortune à i mefehin porta vn'ardire. Le Fortezze ne i cor crealafciagura. E' de’ noftri dolor gloria il foffiire * Cedeà Forza Ragione, vna Brauura (ria Regge il Modo, e corregge, e’n lui lì glo- Non gir foggetta à lordili di Natura . Hoggi ìn battaglia è vn’opra meritoria 1 'Folto honor , tolta vita, e Regno tolto Quel che in pace è vergogna , in guerra (è gloria. Cercar venture al vento, opra è da ftolto Di Marte al Venturier ipeflfo il Dettino Da col pocolpatire vn goder molto i Anzi j . Fafeto Primo . 8j Taladino. Anzi quello è vn pende;* Campar la vita,oue la Morte accampa; E vna botta arrifchiar per vn bottino V ..... (lampa , gfiefle ragion ne la fua mente Chi tra Fere et fopo ha d'huom la lingua £ Chi fatti ha di Leon ,fe non ha zampa , . pria che vói famma di Cielo cfinga a, Brani Tifei , deh non vi fa ctifdcgno , Che contro uoi le mie wagion dif ingua « Ma Ter la Fe, per la Patria , e per io Pegno Son tire bone(le , e uoi mofrate ardire Ter una paga , ohibò , vender lo fdeguo. Me farebbe uergogna il uender t ire , Ter comprare a lauita un allegrezza ; Ma uoi per foldi , ohibo, gite d morire Soffrir cafo di • morte e gran fortezza ; la patria tana , Ma il tracciar lei fuor de ,'*Al giudicio de'Saui e debolezza* 5 3 Colui , , $6 .Coltri , Delle Frafaherie rJr fìen fra la delìtìa vrband. Incruftati Regno fuoi giorni e muore poi, può di compostone h umana i ejfer , Ma di che lode fete degni Che v'offrite à vn morire voi. , Dal viuer afpro Nefiate à dir Da , \ il qual vi leua e dal peccare in noi ? , che il voflro Honor ricetta. caduta di membri vna [alita, filuaft Pallone cui l’atterrar [cilena . Parche il voler con perdita di vita Perder ffenno maturo , o etade acerba Sol per hautr Refurrettion mentita , morendo in tomba dherbai, Efperar poi di quella Diua i ratti, ([erba. Seppelliifi Che trahe l’huom dalfepolcro , Morti immortali miei Pronafte Inferno , coffa e e in vita il da matti . & anhelate à Gloria Sperateti u nome , e diffperafied fatti. j . Fafcio Primo . 8? Sapete voi quel eh e dira CHifioria ? Ch'ofafte hauer la Volontà cattiva, 'Sol , ,, , \ . per fami chiamar . Buona Memoria* può viver in pace, in pace viua Clfi Nonfa torbido inchioftro i nomi chiarì. , Coni*altrui penna in Ciel maino s arriva . La Guerra al Gioco de le Carte è pari Doue fi perde * e vincefi tal volra .Doue aflìftono Rè > Fanti, e Denari* Ma più la Guerra de le Carte è ftolta dipinta à Spada vera, Che da Spada Da Punto à Punta è differenza molta. in van non fi fiora , in vanfi fiera ; An%i del colpo onde vn Guerriero e morto , Doue , La colpa del morir fiefjo e Mogliera * tronchi da voi con fiotto corto Lungo fiorar ; perche nel Campo andare Non è mica la via d'andare a THorto • Non fi ? 4 far. l &S M m » 'Delle Frafcherie. fur^fe in Campagna piaceri di filarè , E qui vibrar ne gli altrui membri il Ferri, Huomfia tra voi , che da le Fere impare « £ quando mai, doue fa mtnfa il Cerro, À l'obliquo ferir d irto Cinghiale Q, Li , Spirar fi vide infuofuantaggio il Verro Al piu fiacco £eon colpo mortale V Herculeon Nemeo mai non auuenta\ So , Nè al compagno Rigor Tigre fa male • Sol di fua filirpe efiirpator diuenta huom eh' à turbar tutt'i mondan cofiòrtiì £ f l Tauro tenta . \ Mira in vn giorno fuo Febo piu morti , Che in vnanno non crea T urbe nafccntt Nèftmbran pari i nojlri Occafi d gli Orti, ; Piange fi uol fcminil £vccife genti ; • Le. , Varcar £ Alpe / Atlante Mi 1 oi EHfejfo in vau.per rtiiouarl(u,fcampa ; c Che ,s\auanzaterren , manca»ferventi* J ^ t i 'gufi* ,. . Fafcio Trimo Slue/lA alme» , Femine auancate Eflingnejfe le *f Se moiòn l’opre i Dal i, E -, vdite vampa . che vai la Rapa? Feri» Pace imparate ; me, fé Vera faper jit nti, cofittme altrui, , . ,, z# . eh' arde noi , bellica rm , et opere guerriere la quidtta bramate . . > Sonle Guerre de l'Afia H idre, e Chimere Per diletto di Rè fon Cacciagioni Per Inferno de’ Popoli Megere Me rcantie fon di Ladroni à fe Corpi d‘ enrrata Fa de 1* Anime altrui càbio à i Demoni Lecite Che fa >a, per tirar’ Ma. che? da voi Soldati hoggi e formata 20; V onta Infernale la Mercantiafa C accia 0jj Fiamma nudrite ff t t . voi , che in altri e nata Voi d*vn Capo regai fiere le Braccia Chtfarguerra in perfona il cor nonjiaue ,Z>t farla poi con vofira mano ha faccia, v m Schia- . Delle Frajcberie Schiatti , e Remi voifiete à l’altrui Nane j Siete V igilie voi de l altrui Fette , /Wfer#* Porte «. * .S’i , <? Sentinella , £ ^ C hiaue. *' t*- pugnar per altrui voi non O'i itè fra lor O'i Rè fra lor fi correfie s dggiufieriano romperian le Hauer, fenza pagar, i , « ^ guai ; tefie • • debiti affai, Perdere, e Tempre hauer vitto, e veftito. Far guerra ad altri, e no combatter mai, è de* Grandi; ma il Soldato ardito Stenta , le viue > feruc , fe hà comando; Se perde , ha male ; fe deue , è fpedito Vfo (> I Non sd il mefehin,perche maneggi vn brando; Corre incontro a la Morte Afpetta la , e non sa doue 1 ; 4 Vittoria , e non sa quando • 1 Sotto il firnido Marte , difreddo Giouc*, \ Da’ Penati domcfiici lontano , Vero timor alfa fperanza il muout-• f 4 . vFafcio Primo 9t * . > '(mano) J l SefaCRA DA SSO il pie 1*ASTOLFO ha in Keftitoha dì GVIDONy no di ZERBINO', E‘ n mezzo } FERRaù sepr'e T RI STAno* , * , - FRONTINO ; E fempre vn RODOMO NT E ne lafame E fempre al Companatico un SOBRI NO « Sempre in faccende fidagli ; l r Efipete , perche uote ha Se de la E Pero 1> * x Fame le brame? la Guerra efioreIla, douer , ctiuna Suora un'altra chiame dijfe in battaglia il Re di Pella i Se et Aleffàndro ho fiabile il fembiante % Manca il mobil di Magno a la mafieIla* E che direm del rtpofdr Aun Fante ? Ha ilfiolper piameli molle Cielper tetto; Popi la tefia , oue uagar le piante • Marito de la Morte è ftato detto * Più che Fratello,il Sonno de la Guerra ; R Perc’hà pari fra lor la A vi Tombali Letto » Anzi . \ Dette "Frascherie p2 3f Anzi talhor chi per dormir s’atterra] ; Gli aperti lumi fuoi non ferra mai ; 0’ non gli apre giamai quando li ferra . \ , A! Dunque dfonni ficuri Ritorcete , o , i vostri rat D C ompagni ; e del Compagno Sembrino al vofiro mal Medici i c, guai Ik Ac cbilie infra iGuerrìerihebbe un guadagno] Che inuulnerabil fe ftigio Pantano Tutte le membra fue fuorché il calcagno, h Paffar volete Acchille ? e batter lontano Ogni rifchto guerrier dai membri vojlri? Date infuga il calcagno ,e anetieifafatto % T Siate ì piu brani voi de* empi nofiri , Piu foldati de' abij y e de Marcelli , F Più potenti di Dario , e di Seffiri . t m Siate pur quei Smargiajft , o Farinelli , Chefpatcan Guglie> e fpiccan Promontori Sbejfdn Gtgantt , e sbuffati Mongtbelli» ni se tic Fafcio T De i pi • o Decori la perditi , t Je cori farete \ e col ceruello infuno Non foni ; » Primo haurete i humori radicali •: Al ferreo colpo ogni corpaccio humano Diuien criuello ai fin, ma non da biade ; jch’v n bel morir no fa magnar pi» grano. «n à> Dimettete ni Foderi le Spade / nel corfo vitale che ve rimafo , E ofate tl pie su le natie contrade • E , t '(k E, già chilVERBO mio v'ha C-0 A a (to, perfuafo CORDA t\\a da huomo , e no da Put- Concluderò , che de la Guerra il CASO ii: ,j» Sfpre il GENE REfi NVMEro ha difrutti. V /’ f era, benché poetica, reputali la deferittiont delle Afianche guerre , e di quei follihuomini, ch'alia militia arrollati, lcfo- mentauano ; e però fu così còmendata la nuoua forma del Satirico fide chanci deteftata Fan* # defilarle hebbe arte, come ^ , barbane de gli Afiarchi , che di con>mendarle hebberp jutura. tica 5) *. 9 Delle Frafcberìe ^ di niuna Si ponderò, che i buoni Poeti cofa più agramente fi rlfentono , che delle Guerre, le cui turbolenze ftruggono in.* s cotanto alla cflì quella ferenità di mente , poetica facuità conueneuole . Non piacneua così Ouidio le miferie della fua_. relegatane, come il vederfifrabellicho feorrerie malficuroj ond'hcbbe à dire-». 0 n\d. ou!d. 6 Precor ut pojjtm tutius effe mifer , & li al- troue più chiaramente 7 Terra uelim pr*pior,nulliquc obnoxta bello Detur-crit noftris pars bona dempta malis . A’ tal propofito recitò Ticleue le fcguenti facetie , compofte già da lui in Europa, mentre vedeuafi, con genio auuer. fario ali’ Armata , coftretto à feguiro ma ìtìeflad’vn fuo bellicofo, Principe le veftigia giuftiflijno ìu i V< • Dt hi: , f h t 3 , QTfclh t. ** v ^ )h,i: r. , iti? i J il i* C‘"j « — —- Son I , , ini On eli: l3 alt pii chiamato à la Guerra, & ecco porto Pria, ch'io giunga ferire , à Alma , pria d ammazzare, V l £ ,pria etimmortalar , , vna ferita , èfuorhfetta-, faccia ho dimorto . tua. Io non fot huom di fpirito ire Che t Trdr £àr J td e i lB iiu:' penfi ' vn la pelle dì fra sì grofjò gìimpeti di Marte, a nemici , e farne carte j inchioftro difangue , e penna dojfo . Tuon di Bombarda, e Fulmine di spada Celar fara ne la mia vena ilfangue . » Dotte cafca la gente , e doue langue , Forzi} , che’l verfo ancor languido cada ufl* 3jp 0* Ne auuerrà mai Giouial Poefia , che'l Martial' lanoso > mi faccia fare ; An\i fempre farà l’Intercalare De la mia Canzonetta, ohimè, chiù moro , De' Bronzi} tuoni , e de le Spade i Lampi Cantan le Mufe entro Cafialie mura ; Che fol conuienft a F emine la cura Di domeftico tetto , e non di Campi r - Aman * ’*> 1 . , p6 Delle TrafcbertQ M Antan quiete i verfi. in folitari Bufcbi lidi Filomena erge i puoi canti ; £ muti i pepo/i guidanti fua cuna ilfremito de mari . fiatiji •* E ver,fi il braccio mio gli Che lt Lettere, Ma finto • . I uomini atterra , ci Armi hauran tentone', dir, che fintile qui ione fi le Scole e non in , Guerra Si decide a ’• 1 Da ì perigli guetrier fuggir lontano Sempre fui uago, e di combatter fchiuo Pmhetmeinnft, : inetti tuffato tonino, Son formati dtp,ede, e non di mano Come dunque eantar le confinante Pofs io di Rime al rimenar do tarmi ? come vfitr da la Stanza i carmi p £ ' mn mftra Campa fatta è di Stante} ^ E cS nar„^ Fame ndJa lÌ Provincia di faW 6ueUarde n-K ' > Mcn 'Mta ; mt ruoi mali • Tot narratiua *Ue -T al,a giurandoli, che ac Kmita Afiatiche, e ca I». Faine' , . Fafcio Primo. 1 'Fame non doueua 97 diftinguerfi col fileni tio dalla bellicofa Sorella , di cui l’antecedente Satira haucua rumoreggiato tanto Rorazalfe recitò la feguente Satira in per. fona d’vn Poeta , che prouando nella Città di Side vn'infolita penuria di pane_f, i. m prende partito di lkentiar da fe la K ri. <0 Mu- fua ia , per potere , tra le fameliche grauezze, da cotidiani difpcndij alleggierirfi LAsatira. FAME V * V I» Orna Mufa >di phocide al Paefe; £ su i Nomi auandati alfecold’croy »• , o Filando Et emùaccampa à tuefpefe9 ili ìo mi pafeo di fpùhe , non e etalloro ; V I E mal potrei ne immortai tuo Chiofro Viuer difama hor hot che difame io moro, (’ 'ri , Hr f “ % v* » • A . . *•!•%.' \J _ ^ * . Non ammette due cure il petto noHro . Ne la .compra del pan fpender moneta i a; 5 ìtf Nel crear poefie , jpurgere tnchioflro , , lic'; t'I'f inf & * è « > * ,1 1 * * . Delie Frafiherie 9* <;' “1 legge inalterabil di Pianeta , £ Che (tia fempre sfornito Fin che tu fei Zitella , . • Doue fon Pudicitie , iui il & -• f no Uro Forno , io Poeta . ha foggiorno D mal de la Penuria , e’i bcnefìtio Sta de la Copia oue fi troua il Corno, Il » no/tro , ou'ha guadagni il vitto % non haurai di pan corpo [atollo y Nel fecol Tu Se non vini di carne a lelfi fi l’efercitio • b già di parnafo al Protocollo , Che fra'l Poeta >el Pan nata e disfida ì Apollo . Perche fecer rumor tane , & £ vn Poeta in van fi fida Pan le cortefie (da » c Tenea da Pane, e non da Phebo vn Mida' Ricchi V Trottar hoggi del ' V'e peggio ancor , lantiche careftic Dà Natura eran morbi , e le moderne Tofticcìo mal fon di rapaci Arpie • A 99 Già la Figlia di Cerere da inferne ForTgfu tolta e da infernali brame Rapita boggi vna Cerere fi fccrne. IV , Drudi io Di io ' i, £ • oa ladron con Cerere i le fenfali trame granar grauidi fanno { in cafa altrui fan feminar la 7k Fame. Già promìfer penurie al teagio* Anno Le Stelle boggi à l‘ojferuar de*patti y Quel che'l Cielo ha promcjfod Ladri dano . * & ; , Da* Campi fiejji hanno i frumenti efratti ifi * tt Certi ingordi Campion ladri da fune y hauer , piu che le tratte , / tratti, Degni d Voglion cofior fi , che le plebee fortune Orfane fan d'argenti , e per vn peift* Adottine penurie habbta il Comune * • n \ ^ Al buon Mercato il mal Mercante auue^zt Eftrahe , per guadagnar comprifrumenti , F fa falir nel pan calato il prtffro G 2 , Quindi , , , . ioo Delle Trafilerie Quindi che nafee poi? Sicarie genti. Perche giunte Ji vedono a Poliremo, Ferman la man su i peregrini argenti , Piè fgomentai Ladron la Forca ,o'l Remo Che le Panze de l'huom nonhan cerudii \ ,• Nè fi pafce à configli vn ventre feemo Per gli altrui falli hoggì prouiam flagelli . Non v'e Farina , e Farinaccio e morto. Mancati Farine , e crefcon Farinelli • . Se non vedo Trittolemo riforto Prejlar fervenze à careftie Villane : Veggio ne' pianti ogni appetito ajforto . & Hecale , Irò in su le ftrade vrbane Chiedon piangendo a l'imbriaca forte D'vn Mida auaro vn vomito Ma quei non apre , di Pane a chi non porta, porta F) fi pur getta vn tozzo al Pellegrino , Lunghe non fon le carità di Corte. Muore . ; * r Fafcio Muore La ’ e!b Primo i - or intanto ; anhelando *vn fol quattrino^ Turba , e in Corte poi viue alperdente De' p oneri palati il Palatino . così va . Se nel rodente Digiun mordo gli Auari, ha gran ragione Morder la linguafior che non rode il dente Mufa mia ^ ® ^ ' . di me tompafilone , Se fiam fiorai tn fecolo peruerfo Io cangiar efcrcitio , e tu ladrone . Babbi dunque ^ E' ver, t W r» da Virtù diuerfo Ma, per girar di Poefia lo /patio, Non han forza digiuni i pie delVcrfo - W ’ che'l cibo e > , /Quando di Lira il Sonatore Horatio Canta Euohe dOttauian ne CHorto , Credcmi,Mufa mia , che'l uentre ha fatio . \ ; 0 Non fa immortai la Pouerta fa morto v La V ita è vn nauigar porto la Gloria ^ Ma non va fenza bifeotti al Porto fft , • Wl , . fi G 3 Po/» « ; , io2 Delle Frascherie Voler gran nome entro t altrui memori* t fri* etinalzar Le fue fofianze nane % E' vna vera follia di vanagloria • Son già da me le Poefe lontane , ho concetti £ fol ne* PANEGIRICI Perche GIRO ogni giorno à trottar VEpicuro, PANE • che etAtomi rifretti Compofe il Mondo, il noflro Pan guardajje XfAtomi noi faria , E s*Euclide , fa ma di Panetti • noi vita menaffe Direi, che il Pan , perche s inghiotte inter0, . Vn Punto indiuifibile chiamajfe Vuoi tu fentir con attra frafe pan fignifica tutto il vero - vale il dir , ? in parlar Greco * (zero. Ma in lingua nofira hoggi ogni Ne « Pan d/ Eternitade hai 1 giorni tuoi fan da Mentre la Menfa mia e vn teco. Parca guaft , la Par ea ha feto. la , , . io TafcioTrimó $ Z* Menfi mia Siracufini ha i fifii , Se di Panche non manchi £ copofta » Pan fu Dio de* Paftori,hoggi è de’ Patti* f . ; * , •• una Pagnotta tofla D'vna Fame dentata era il rifiuto 9 S'al tempo antico ^ '• Delitia da /dentati hoggi e la crofia « ^ ] J f • ^ ^ [ J | r ! ! I | —J J ,, K i JM Sparfe molliche homai, tó^zo caduto . , T Non trafeuran le menfe ; e non fi vede Con la muffa cerulea Pan barbuto • il Muoui dunque da me , Mufi E y il tuo piede credi à' detti miei \ già che la bocca , non s’apre a magnar > s*apre à la Fede» ii Chi fdegno Anco (f A' i caricò SÌIlOlù* ì/IiO P! DlOIBtJ , Satire fcocca * l’Oche affamate bancari baldanza Galli sbraueggiar dentro vna Rocca» ' 1 & * ti v» v'/U « i • ;.w fc v ’v Mentre dunque è di Pan tanta mancanza. Che fol ci refia ilfupplicar Fiorenza $ Che de la Crufca fua c'empia La parila, , ,/« . 1 - rr rr Jl >JL C J 4 • ' . : m %, * ’ . [io£ Delle Frafcherie ' Habbi M i ' mia bella, babbi patienza . La gran Penuria hoggt a penar feforta « Hoggi,che manca il mcrto à l’aftinéza , « E‘ il viuer caro e Caritadc è morta . , I «< 1 ufo. j ( , Famofa , non meno che famelica riucomunemente la Satira, recitata da- Icì Rorazalfc ; e quali che la Fame del Componimento hauefle hauuto vigore d’imprimer contagio della medefima ne gli ftomachi de gli V ditòri Amici , paflarono tutti indi à poco alle loro Cafe , per adempieruene i voti . E qui parue alla curiofa Brigata d’hauere impiegati in profitto d - opere gli efercitij delle lue follazzeuoli parole in quel Giorno , * ^ £ % [ jj 3 ,V\ ir Line del Primo v t Lafehi /* . . *» ft q * C( Ci f > DELLE P * , ftt, % DELLE FRASCHERIE FASCIO SECONDO. ;E RM O CLE da Paufania à 1 richiedo dire ™* Ma per qual via poteuafi acquiftar fama in fpofe. Con , vii tratto , l’vccidere ri- va Famofo. onde Paufania, priuando di vita Filippo , fi die vita nelle memorie de’pofteri.Da tal'efempio Staniperme eftrafle alla curiofità de’fuoiragu- colpi ai satira i ramou vitij colo, fuflé hoggi il più efficace methodo per eternarli nelle commendationi, e ne’ u '>' J fogli * ed by Google , . io<jT Delle Frafcherie Aggiunfe in proua de’ fuoi argo* . menti , più honorata effer la Fama del Satirico di quella dell’ homicida ; perche all’attione di Paufania come maligna , fi fogli t di fé , deuono le cenfure della Satira; prefa del Satirico , come ma zelante l’im2 non.» , merita di Paufania le pene così Paufania ha vn danneuole nome , vccidendtf chi per valore fi faccanoto ; c'1 Poeta ha vna d< . lodèuole memoria , trafiggendo , chi fi fa palefeper colpe . Ma perche è così mala geuole il faper’vccider con gloria, come il raffrenare vn'irritato fdegno da gl* impeti della vendetta, propofe Stampermc vn più ftrano ; ma ingegnofo dubbio da rifoluere ; Sa f* a k sai il fin IO] e fu Ai . Qual fia più fecolo , difficile il faperfar nel nottro vna Satira , ò to’ 7 ;or non farla. ire Trouauafi nella brigata Momartc,huo- mo nella Critica verfatifiimo ma nel refto più di buona che , eruditione ornato, come non , e dotto; •eli lai di molta., chi moltó magna , è più fàno di colui , che di poche h Fafcio Secondo 107 . c di buon* ciche lì ciba; così erudito può diri! * non chi lelTe molto » ma chi clc£j l : ! le s il buono « Fùinuitato !’ ® à 0L Momarte da Statnperme, & à rispondere all'antepofto quelito , dare alcuna maeftreuole notitia fopra le difpolìo à , ond* egli , maggior difficultà verte* ® uanel fabricar bene vna Satira» elpofe I ^ Tuoi eruditi fondamenti in tal forma # La poetica facultà ha due cagioni } vna 1! “ Satiriche origini 4 ® prouare » che la ! cc‘ naturale c l : P , l’altra auuenticia * La naturale c la felicità delflngegno nel Poetare* l’impulfo à l’Arte ; e quello dalla coftitu* Giulio Fil mico » . ed altri giudiciarij Matematici aflegnano ^ tiene de* Pianeti deriua fa ni 0 u ’ ° tc :i co* loro Aphorifmi alcuni ftellati caratted*vn chiaro Poeta * che alla formatione concorrono & io sò *che Gildarmo celebre, & efpertiKìmo Aftrologo d'Europa ri >* nell’erigere la figura ad vno de’ noti Ingem’afcoltano, dilfe * che per gni * c ^ c hauer’ elfo in V enere vniti Prima Mercurio , la Luna , e con Gioue nel Sagittario al dello Scorpione, giudicaualo vn’ac fopra tutto l’eA k' cuore lCl cuto,e qualificato Poeta} ‘ n : ' fcr Digiti? ed by C ioS ‘DeìleTrdfcherie1 fer Marte Decima in in Cafa di Mercurio irìdicaua in lui vna famofa,e rifentita indi- natione, nel lacerare gli altrui vitij con La cagione auuentitia è vn' Ertali , ò Furore , per cui molte volte accado Satire. che i'huomo da fuor di fe rapito , e dimenticante fe fteflò , fi verta d’altri . così auue- niuain Colofone al Sacerdote d' Apolline Tacit. Clario,chc* à detto di Tacito, non fapendo leggere , rendeua in verfi i rifponfi. , «at. Platone nel Fedro 9 formò , come fapete , quattro generi di furori, da altrettante Deità prò molfi , cioè il vaticinante da c C( d U < d lìl fo )r e ÌTì e l Bacco , il poetico dalle Mule ramarono da Venere #. e la^ fuperftitiofa Antichità porgendo à quefte tic fauole orecchie , volle più torto riconofce- ite Apollo miftico da , il oc , ta poetico •s* impeto dalle vane influenze d'imaginarie Deità, che da fe medefima. CHièfanodimente, proua hoggi, anche col parere de gli Eruditi , che l'auuen- ca re dirittamente il dono di quefto fe. di furor poetico nafea dalle fequenti ca- cc Dalla temperie naturale , ouero acrimonia d’vn'acce fa malinconia . da gli eh ò dall’amore, rr fitio gioni . affetti interni > cioè dall'ira, c’han- ne Fa/cio Secondo . ìop c'hanno facultà anch'elfi di concitar facondia ne gli animi . dal vino , che fcuote ime ridi- le torpidezze d’vn’ Ingegno , riaccendendolo , come in Ennio , & Anacreonte au~ ueniua ; e finalmente dalla lettura de’Poc- ca Efc act ti migliori, per la quale concepiamo furor limile. nifi affi )Ì in li tei vn Riftrette però quelle cagioni alla più fondata , e nelle poetiche nature più imprcfla,cioè, che'l Furore, come Arinotele infegna » deriui da vn’ accenfione d’atra bile, affermo,, che in niuno èpiufìffa, e piu connaturale quella accela commotione di Ipiriti che nel Satirico, il quale non da altro affetto riceue il poetico eccitamento, che dall’ira, che pur di furore-* , ,.d hebbenome. o# cantò 4 4 • il Facit inàignatio verfum . Satirico. L'origine de’ Poemi Udii, che per parer 5 di Plinio fu auanti la Guerra di Troia, 0 :fld otf ,lwfc dice vn’ Autore, che dallo fdegno Satiri- co d’vna Donna nafeeffe. Narra quelli, chevna Vecchia villaneggiò vn Giouapej perche fu da lui vitata ncll’homeroi mentre quegli furiofamentepalìaua per la % , . o Delle Frafcberie 1 1 efprimendo à cafo la Donna nell* impeto dello fdegno vn’ ingiuria metrica piacque ai Garzone il numero ; & indi poi via; fi & prefe occafione di poetare Lo fdegno accende lla la bile flaua; que- appicca il fuo calore nell'atra; e la in- fiammatione d'effe , rompendo nelle latebre della fantafia , i cui moti fon Tempro dalla fàcultà intellettiua fecondati, fa rauouerc, e mifchiarc quelle imagini di cofe, fantafia fi cuftodifcono ; e quindi nafce quella mentale concitatone , di cui che nella ii i; fauella.' Giuuenale , che fu della Latina Satira l’Archetipo > non fu mai più ingegno/amente Satirico, che quando da maggiori impulfi di fdegno fu concitato . Volle , di Roma di: lai Sn in. fct ve # tore che i vitij fd mo- 0! tei Oc gli fuffero fpro- e ne al piede, perche gli dauano fui nafo ; con furore impetuofo comincia . (cialcm • * & lèt 8C. gluVltra Sauromatasfugete bine libetr OceAriti quotiex a liquid de moribus Audet , , 6)ui Curiosfimulatf? BACchunAÌiA u'tuut, motiuid'vn contra fùriofo fdegno in quelle parole pur Moftrò pari mente impreffi ‘Romo. • « i - 'Et t ri' , r - Fafcio Seconda neE fio ipo f Ili i £ v rii Et quando vbcrior vitiorum copia ? quando iL*. M aior auaritia patuitfwus f alea quando Hos animo*? Riceuendo dunque la Satira più dallo fdegno, che altronde ifuoi fondamenti. dirò hora, che quello genere nel fuo fcue neceflario {regolamento è più di laK fabile p& qualunque , altro difficile ; perche hauenqualche af- c*afa> 0 do come dille Cafaubono, 8 , :o(t wn 1c finità con le fauole de* Drammatici , vicn* «*• anche ad eflere nelle agitationi de gli a feti , e nella varietà delle cofeperpletfo ? e verfatile, e però capace di più là Itili Qui errano à tutto Cielo alcuni moder- é ni Poeti fi me te dura, ò d’vna Canzonetta Lirica, òd’vn* Oda, detta da elfi Pindarica, ò d’vn puro *-- , Bemicfco che fiflatili lingularmente nella , credono d’efler pervna poetica Imitationc-. ; é nella guifa , che fra i Pittori Tvno efede di $ dar buon* odore della fua Arte,- perch'efi legge nel Campo della Natura la loia-. ptf 1 ii ni ‘r ofli t all’antica fètti Maeftri d* Imitatione d’vn Fiore, l’altro, quali educato ne gli Eremi * vuol gloria , non di fa* per ritraere Figure humane ; ma ben li Paefi , com’eranonelk prima Creaticme * Aa 0 r» dd —» "T Delle trafiberie - AA Mondo, forma- ancora in cui non era vagheggiarli. I altro tr che d to l'Huomo.per in 0 huomim dipingere à ha fole imparato in vn S perche foli» di «traerli , ! l prigione, f-amno oleuro di quadro \ , pretende di meritare, nel titolo Aitehce d’ vn perfetuflimo pografo nc m il fomiglià- nc alle per- pi Poeta, eh za, è neceflario.ch’vn neUa afpira lappi» tutto , fcttioni cala, a. , “TeYaPoefia ha con la Pittura ‘ gu.l^ , & ntraer tutto, pcichc ch’vn Pittore deue Natura.’ di opera ogni imita omnia neceffi efi fette ; tatur , « dille Cardano q«w*m . & Horatio duel' >i. del Poeta , dille lando “ parimente qmduisimitaUtHTvda. _« Argilla Imitatane di La Satira, come piena come Machine, così di Natura, < . - Hot. tutte le hebbe nome, che d'Arte, non altronde cole ; onde da Satura , cioè piena di varie come ilfuo vero Caratterino , il P^ praticato, puòdiriì hoggi tempo per doppiezza di & in vn più ii men° fin lo Ice J J j n» i / /, vago . . materie il .. # # viram t Per ragionare de; fuoi principi) , • da «. .. * , Fafcio Secondo m mento con . 1 i 3 de gli Scrittori eruA diti , che la prima maledicenza hebbo; origine dalla Dithirambica e che mentre gli huomini s'vniuano cola per facrificate inr à Bacco , e cantarle Tue lodi , cominciarodei ìà no à poco à poco ad inferir tra effe il biadino de’ vicini. Vn lume di quella Greca licenza rimane anche hoggi in Napoli d’Italia ne* temdella Vindemia, ne* quali è permeilo e? pi l’autorità ; ini; ice ufe )CIÓ à ciafcuno de’ Vindcmiatori il villaneggiar chi palili- ; così accenna Horatio di quei fecoli. inp- ut fa -Exprefla arbufto regerit constitit durus Vindemiator imiittus , cui fepe viat or Cejfifet . Scherzòtra le cerimonie di Bacco quella amabile libertà del cenfurar* altrui finche più licentiofa rendendoli , riuoltò Io fcherzo in ifdegno e lo fdegno trafeorfe poi à lacerar’ anche i buoni. ,* >ne coi ; 5* me 0 ili,! fp 3 Libcrtafque rccurrcntes tcccptx per ttnnos Luftt amabiliteridonee iamjtutti tpcitam In rabietn verti ccepit iocus Cr per honefttu , Ire dowos impune minax dille ur Horatio • n- la 'Delle TrafcherU £ ì i Da sì licentiofo Aumentò prcfe Vecchia Co media che tu di , 'originò tf maledir qùeftasi la cenzaCbfparfa; e la mànieta di gioconda ,j che ragkmemeno giuevwua iloti menu reputo reputò non di vede*. uole dal popolo > il qual godeul repreffl^ ih. tal re i: ci de guifa l'odiofa irìfolcrtza ti tc Patritij . « . * m j malus^ut Si quts eratdignusdefcribi,quod anificartus , aut alioqui A Ut mcechusforet C , FUmOfui multd tum libertate notabant i di , forze popolari dominio all autoriin Athcrte i e ridiitto il poteriti hilOmini, raftà di pochi i ma di in grati patte i Poeti li lóro ma- Domate finalmente la le eh tif tn frenarono particolarmenledica temerità * sbigottiti te . d’Eupoli > fatto annegare dalMcmpio Konefi fucile in etim di fcri- h Pblliortè bere > qui pbteft profcnbere, difle Se dà Alcibiade. 5 appretto Suetonio ;,i * -« lui ; quefto fu promulgata vnà leggìi al publiche tion ardite alcuno d’cfporre viuD co Carmi infami cotìtra i *vim 6 Scd in vitiUm libertus excidit , ». £ 0' tex efb ucceptu, cbotujquf se. tei Iti & Btgnam legetegì , •_ j urpiter oltticuit fublato iure nòeend* Ma perche Patti haueuino nella de4 , - i trat- k h m. Tafctó Seconda i ]cè ftas m . ale a 'p, tflttione habituatc ìe lirtguej élclufi dal : Scèna il Choi yiui * tollerò dalla lacerare ro * in ctil folcua la zliòndarfi ; 0 |r ^ i2 £ 0 ^ \ L 1 . \ 1 ^ ^ l ^ prindpal maledicenvece al- & inuentaUdóin fuà cune digreflioni * cauillaUàno in èffe ì detinot^ ti , e gUictitti de’ Poeti de fanti, e qui teggiauafi enigmaticamente de* vitij de Cefcò anche J, i r 5 < di quella irt poto tempo Comedia * 7 detta dal ia fòrmi , MazZone Mezzana* patendo à’Potehti* che anche i motti enigmatici contrai lot vitij lì riflettertelo* e che luffe inhumanirà biafmar Topere de gli Scrittori defunti* Fra quei tempi della vecchia Cóme-*. dia* e della Mezzana hebbe origine lflu Tragedia la quale , benché dica alcuno Scrittore , che più antica della Comedia filise ; tuttaUolta faperìdofi , che ilCaratterifmo Comico è più femplice del Trala , gtco* èverifimile, Com'ariche è di parere § lo Scaligero* * che qUcfìó da quello trà-Scau* helfe l'origine» Certo però è » ch'etiandio nella prima Tragedia > che Satirotragedia chiamò poi* fi introdticeuanò Satiri à mordere co’ loro ridicoli falijl'humane> fi ... . H 2 tac- a . nf , Delie Frafcherie taccherelle, acciò che lo Spettatore fra le feuerità Tragiche riceuclfò qualche follegli Scherzi ; onde Horatio uamento da dilfe Hox. 9 , fauellando della Tragedia.- Vetum ita rifores , ita commendare dicaces Conucniet Satiros , ita vertere feria lud Fra la vecchia Comedia, la Mezzana, di Com, & vn genere la Satirotragedia póni mento detto Siilo, à cui diè nomo Sileno vno de' primi Satiri nutricij di Bacco , andò ne’ Greci efercitandofi la Poefia maledica ; poiché dalla Comedia nuoua che s’inuentò poi , panie cfigliata la mal- * dicenza ; contenendo quella, contra l’ vfo dell’antica , argomenti finti, & vna feuera teflura Da quelle Greche origini tralfero occafionei Latini di dar nome di Satira alla loro maledica Poefia ; e quantunque creda alcuno, chela Satira da principio anche Scenica apprefiò i Romani ; 1 •«‘‘«•tutta volta attella Scaligero , Satyram k extra feenam excuU Latinis acccptam , dali f fùflfe & tanu>. L'Inuentione della • Romana Satira fuor di leena fù aflegnatada Horatio à Lucilio ben- ; a T feto Sècorìdo hk bctìche antica r® * dà altri fcrittori 1 . 1 jr credei? eflcr più t . Ho,a * tftnc omnis pendet LuciliusJjofcefecutus MuUttstantù pcdibHsjwmerifquefacetus> ** A Emuriftii naris lini ]o» )i» Bit' 'd ohi mi' N * £ ; , meritò il primo vantò } c come che quello genere di Componimento hauea perduta la forma Teatrica de gli Antichi » vi creò egli con le lue Madrina Lucilio lite & vn nuouo , eie in piare Carattcrifmo fuor di /cena ; onde Horatio che n’emulò l’inuentione,hebbe à dire. , — — — -*—r- *~r H£C ego ludo Mg* nec in *defonet, certdtiajudìce Tarpa 1 , Horc; % Nec rededt iteru,atq\iteru fpettada Teatris # Quello nome di' Satira perche deriuò anche da’ Satiri foliti , ò à difeoprire nel-» la nudità le vergogne , od à palefar l’animo sù le labra,come inclinati al vino che 4 operea recludìt parue inuentato da’Ro- Hoia » mani, per difeoprire, ò degli altrui vitij le vergogne , ò del proprio cuore gli af* f»1 fetti j j ff \i ccrt dp* dii , , , • . i. • < , Quella ingenua fàcultà di riprenderà Bit 1 il ir fehza: ritegno le colpe fortunata , : <• i ; Immane , forti ma pericolosa licenza H 3 vna appreflq Giuue' jOOglc^ 1 1 $ Delle Frascherie- Giuueqale, dcHoratio, pò trarre i da vn* intrepido quali fi fentiro- i no- % inftinto, à minare fpecialmente' i vitiofi nelle loro Satire ; e benché Horatio , come in rifehio di rimanerne vccifo da- cenfurati , fuflfe da Trebatio perdalo, à tacere in quelle pa- 0 ir role#^ * * Vitalis metuo , E Vt fii & maiorum ne quìs jmicus tuttauolta non m Vi Frigore te feriaty fepp’ egli ritenertene \ ma conchiufe 0 £uot capitumviuunt ± totidem Jludtorum Millia.me pe dibus ddettat claudere Verba 1 fi- .. Lucili ritu rn le . che anch’egli non publicaua in le Satire perche Libelli infamatorij non fi credettero y e ciò par , che accenni in quei verfi. 7 Non recitacuiqud,nifi amicisjdqy coa&us x Ma forfè, quel tempo Non vbiuis te S; , , coram uè quìbuslibet , tir tu dì Comunque fatte, mercè di quel libero Se- L nominati L. rincontri di catti ga mento i on- di colo non ne huomini ritratterò mai da’ de poteua dirli di quei tempi , quel che diccua Tacito d'altri. Rara il . r-r- . Tafcio. seconda to' no oro Ino •di pi. , uà $drd temporum felicitate , vbi fentire qua qua feptias , dicere licep . velis , Perfio , che non volle auuenturarfi à * & quefta aperta franchigia con l'efempio del precurfore Horatio , riformò non po- co in fe fteflfo la licenza del dir Satirico ; mentre col nome aperto pochi della fua Età tafsò * e molte volte col fuppofito nofa jjj me di Titio , e di Meyio ; e benché vna^ volta vnimpetuofo fdegno lo concitane à mormorar di Roma cominciò però; ma non finì perche dir volendo per foiv ma d’interrogatione , Chi non è ignorati-» te in Roma ? dille 9 Roma quis non f , ; m ^ Altri tempi, altre cure fon’ hoggi . L’arte del cenfurar le colpe in ifcritto, che di Satir ica ha il titolo , è diuifa fra la pura Sa-, tìra fa , e’( Libel lo infamatorio La pura Satira come anche la poetica fempre permeffa , e qualificata il che non alimene del Libello infamatorio , ch’c dannato dalle Leggi • quefto ha per fine la fola infamia di chi fr mentoua quella ha per oggetto. , tutta , fri dalla facoltà ciuile ^ ,0 il fa t ; folo vtile di chi afcolta. La Satira c vn’Arteda Macftro perche H , 4 flagel- * . 120 DelleBrafcherte flagellando infogna $ t Hot. & volte co* fot* alle vn faceto Me infinuando norme , imira , dice Horatio , i)Maeftri medefimi. dbur* Vt pueris olim dant eruttala blandi lcuamcnti — d’ , 1 Dottore*, elemcnta vclint vt dtfeere prima % ,,N,on’ richiede, però mai delcttarioni fenza dogmi; perche in vn Maeftro 1 ’infè* gnare è debito , il dilettare honorario f onde hauer non deuono il nome di.vere non d’altro che di feur* rilità ridicole fon colme quantunque il , ridicolo ha vna neceflfaria conditone di Satire quelle, che qucfto , Componimento La. prima intentione della Satira è di roder? i vitij e fico me il Fifico applica-, ,< alle volte {< . ferro , ò c auole fopite forze svecciti-» no , ò'ie fugate fi reuochino ; così gii Antichi diedero à curar gli animi fiumani à' Satirici, i quali raddrizzando icurui coltami de gli huomini , con la loro tagliente mordacità rcfccaflero da’ medefimi sii humori contaminati , e'femi delle iriterne pcrturbationi . Se vero il detto di Ta- teriojcol quale L ài r li t j * U % membro ò ad vn , Tad.citO j.^h tfYìtU erunt '* li ' , dome hominem c così Diòftis i Tafcio Secondò* iiie rftn de’ praui humori , fian febri * 21 cioè altera-* tioni di /piriti, recalcitranti col é La Satira è nata più à ni, ferire i male* viti; dell* I-tuomo, cherHuomone’vitij; e però ioni nfe gloria di palefarl’ Ardete, io; glio rei THucmo ' 1 cosìleggc di Natura* che fiano Satiro* ouefon vitij* come che nelle cafe* oucj fon cibi , fian topi , e ne’ corpi , ou’è copia fol { illf‘ nel 11 . non Libello è fatto più per rie* vitij, il (f berfa- pungerà chei vitij dcll’Huomo è però ardifee di publicare non l’Arciero . Infomma il berfaglio * la Satira , deue fralehonefte cofeannouerarfi, e chil’efdude*ò non sà , ò merita nel Libello i ri* 6(5 ici ;ci& La Satira On le normefettere +e in vn gioconde couri. C Sempre ilpeceor dalpcccator difiingue't w Scopre i peccati , e ì peccatori afeonde • Se la publica Afrea colfiero cfinga e Dannati Rei , cantra £ oprar dannata. ** So» di privata Afirea ferri le lingue » Hùomo e da ben , chi contra i mali irato É demenda cagion ,pria che d'offefa 5 Per quefio ancor contra Chuman peccato Sin le Prediche altrui Satire in Ghiefa • -, li!* i ce- lici tftf T* /J tt >1 0:0 , . , chem J22 alcuno vfa. ì che giuftitia, Ttpreahorriua l’human genere col Quel commendare, come TU C politica , vitioT., è Più mone cetto della colpa < diceua d odiare l praut tali ; egli altri, perhvvomini , perch’eran a peci praui , imputo, odiauano non che peccatori deprezzarci cato, non Carme infamarono è Il Genere del per la legge delquello , che fu già vietato, parendo a Romani le dodici Tauole ; Cittadino alle fentenze che le eolped’vn Magiftrati j.anai che alle de' Giudici , e de' fi rimetteffeio Poeti de' cenfure Variamente però gl'Imperadon anucenfurc fennrono • chi di sì fatti Libelli,, ò c di Catullo * che gl I ver fi di Bibacujo mordeuano , furono da Au- I de di cr ef m e In eh A Pr m & ar da Imperatori corno (offerti , e lafciati leggere { e nuderà* N*n fatili dixertm Tacito , ditte «amque /tuta., tiene magie an Sapienza adgmtaytdcnttn . txolefcunt ; fi irafeare , d HoLe leggi di Theodofio, d’ Arcadiche materia pianorio furono anch’efle in tal Detrattori iogccuoli , nè vollero,, che i che non ciaceffero à pene*. Quel Tiberio , flagelli , non-. lenza rcligio(o giorno jafsò gufto ’i. , ; di tr; te ài Ci , Fafcio Secondo • 123 i t ne fece calo in principio ; come che in vna Città in coi era libertà nell’oprarc » non Taci, à gli huòmini imporli freno nel ni dire, Conobb'egliallhora, eflfer fòiba il c credere,/ con Tautorità prefente, poter* t*a P pi eftingucre la. memoria deU’Htà futura-, i mentr’ è noto che Tempre piùoflcruabile 101 e {limata fi rende f autorità de 1 caligati à Ingegni ; nè altro mai riportò chi puntili doueflfe pr? ; 1 m che vergogna a* ià à fe fteflò , e gloria à gli Autori , Quei Signori dell* Alia , che oprando male contra i Sudditi *danno loro materia di dir male,, dourebhono più de ani odo ci gli altri {offrirne le mormocationi ,, VnRè antico in Europa Mentendo , che i popoli da lui grauati , ne mormorauano, hebbe & à dire ; E' douerc, che parlino àlor modo,. co.* loro, denaii in» M riti 0 i’H: Nerone fu di vario fenti mento nel giu-. Schiamazza al Senato. ‘có^ tra Antiftio Pretore, c’haueua fatti Cartelli contra eflò j e fe Peto Trafea nonio dicar’i Libelli, M difendeua , era vccifo , non rilegato ma non è ingiurio » che va Granidc fulmini fui contra ifuoi Detrattori le pene, lo ftrano 101 ischein qijelfecolo furono anchefofpct- pii [ ac «. ' tc f e fc < Delle ’F/afcherté Tacs te , c pericolofe le lodi ftefFe Cordo al tempo . 7 ^ m Cremlino di Tiberio fu accufato d’hauer Iodato in publid annali Marco Brutoti e v*c di peggio anche i fogni fucoffa fofpetti in quei tempi * Nelli mperio 8 di Claudio s’vdi accufaro vn Caualiero* che haueua fognato di veder l’I mperatorc con alcune fpiche dii grano, volte capo- j^o; ^ * * Taci. j f N piede * e detto poi* ch’era lignificato di carcftìa . hor penface , che auuerrebbe.# hogglìchi diceffe , che vere careftie , non fognate , diano promoffe da’ Magnati Aliatici non dalle (felle, al ficuro anch’ effo farebbe di carelfia punito , perche non magnerebbe pane Comunque fia , lc $ Ma ^ l’Arte de gl’infànviro. dannata j e m oltc volte i Principi ne punifcono -gli Autori, per non dar forza alle paffioni de’ maligni rij * Taci. ^ c « . 0!; Libelli è giuftamente danno dell’innocenza Augufto medefi mo fu il in de’ Sudditi. 9 pri ino , M Do che ìjcl* ì progrelTo di tépo fè cafodi Stato i Cartelli* molfo dalla malignità di Caflìo Seucro, che don ei&haueua Caualieri , e Dame di ‘fi conto infamati. ,k Mólto: meno poi devono gli huo mini . j . Fafcio Secondo! nuM medelimi ufe 12 Cenfurarla vita de’ Grandi , ò fentir le cenfure , de- quantunque raal- uagi fuflfero « Mane appretto Luciano /par- (are la di lift Gioue con Mercurio , e Mercurio ri- x Tace ineque enim tutum ejtift* Luci. fponde.. 1 perii vei tibi dieere , vel audire mihi • lieti m af Horatiomoftrò d'intendere, che fàttifoprale perfóne innocenti; TOC nel biafmo delle colpeuoli rbbt lio me di Libello hauer luogo, ,noi 1 gftf i’f Dii 0 r d iroa tiig* Si quis ma che potette j il , . Hor* i-.i Opprobrijs dignum latrauerit integer ipfi , tu mijpts. abibis . Soluentur rifu tabula . ' non Li- i ch’erano belli Infamatori)' futtero quelli, Ma ad Horatio douette crederli , nafee- fe , , ria queftione indilfolubilc, fe à trouar s’ha- nelle , chi fotte à torto , e chi à ragione vi- tuperato ; anzi che J Suetonio nomina Libello famofo quello , che fu fcritto contra’ Domitiano benché fceleratiflìmo Il dotto Mazzone forma con quelli ^ , i. tei; ntl uà m y quilìtiil Libello . * re- Scrittura , continente il biafmo altrui sfotta, e public at a da huomo maligno , filo per recare y o manifefiare , o rinouare l'infamia daf tti • Dice frittura , * . “ 4 il Libello famofo e vna-j Mazz. chq ha luogo dicagion for- 126 Dèlie Frà[cherì& formale* per abbracciare anco la profai già che Horatio intele fola mente de’ ver* fi . La Cagion materiale confitte in quelle parole . continente il biafmo altrui ; perche il Libello fàmofó cagione non ha altro oggetto La: è dinotata da qUella_4 vnhuomó maligno , claufo la . fatta da per- che la malignità è loia, & adeguata cagióne di quelle cole. Il fine fi freme in quella circoftanza per retare , manifefta . . tinfamia altri \ perche il Libello ógni volta , che imputa il delitto j ad vn Innocente, porta infamia j fe fico- d re, e rinouare , la raanifefta ; di delitto» già feoperto , la rinòua fe pula * Soggiunge anche il MaZzone,che quat* tro conditioni concorrono ad vfi Libello Limolò * La prima è la Scrittura perche ; * fe le detrattioni fono à voce, non ponno hauer nomedi Libello. La feconda che , il biafmo altrui fiail proprio foggetto della Scrittura perche ,* ;u 2 j quando in ella fi trat- 0r jer . efficiente pre delitto fegreto b,’ jel] > \itì £ fi ^ l[ Cr iQl « - n ^ y U ^ J f tafseri) le lodi de’ molti e tra elle filile fra*, , tnezzata 1 infàmia d'alcuno non faria , puro Libello fimofo- Laterza èia publica* aonc ; perche non publicandofi * il Cartello, ' & r Fafcio Secondo . io , er» quarta è il fine * dell’ infàmia ; che però pHi* còftùnii altrui ; ;lk ftoricòì ilqliale biafina il per palefare là verità del fatto j Li iif non haurebbe reietto ilio proprio là fc belio Fartlofd ; c tinto i non fi Li-* meno chi fcriue del- 3 f[. leitfaieoperatiòhid'aicùno, hon còrtarte di dishonbrarlo ; ma di correggerlo » ò cj pei* altro f ia te dal fecdr’ infàmia. ji à micheliole fine * che fia differenDà qUeftc premei del Mazzòiié fi deue tratré vha heteilaria *> benché da lui nort diftintaj cohfequettza,, 0 cioè che per la forminone d’vri Libello fia vii* cileiitiale requifitò il riome delfihfainalò ; quando però rapertà defcrittiònc p e J [co uii dèi Perfona'ggio i ^ ( lit Jt, dell ’infainia * 1* indididùo firìgiilifo od viia pròtiatà cònfdfiòne dèlio Scrittore noti facefle fenz’ altra gioia dilcertìer chi fùfle ; Là mancanza del fiome dcll'irifaffiatd toglie il nòmè di Libello al compóninteilfa $ i Lettori interpreti percogniettùre imaginate ve lo adattalfelo ; ciò non balta à condannarne l’Autore ; poiché lai $ tOj èbéche j[. t jjj, Scrittura^ fe non diftingtieella lièlfa Lfòttaggiói ^ rio fine > tiòrt che ptiò haiiéte il il il Per-» fuó necefsa-i biàfino demoftratiuo di . Delle trafcheric quello ; e’n cotal guiSa Immaginato Scrittore faria così degno d'aflòlutione, ò di feda, come quel Cacciatore, che, Scoc- tur cando all’aria vn colpo , td con la caduta dello ftrale à percuotere im pedatamente , & in remota parte chi pafla Parue già ridicola la Sentenza d’vn* Italiano Principe, il quale aScriuendo à Suo biaSmo vna maledica poefia, edìnpofta da vn chiaro Ingegno , à puro efercitio di venifle :pc Jnr qui vn; le: pur talento e nella quale non esprimendoli il o nomedell’infemato, poteua il predicato kì vitio applicarli à molti , fè decretare in nal iScritto, che il Poeta, come reo di leSa». Maeftà, gaftigatofuflè; ma non andò mol- cip to , che n vide aftìlTo contra il Principe vn Hi Cartello in profa , in cui contencuafì , che chi in vigore delle leggi Poeta; non doueua punirli ma il Principe , il com’autore di due Cartelli infamatori; ; l'vnp contra il Poeta da lui infamato, per Autore non clTendo , nè prouandofì •h* Jiu tic di Libello, tale ; l'altro contra Se ftefso ; perche s’era adoSsato vn delitto, dannato dalle leggi con pena di morte , e di cui non s’era fetta in Sua perSona mentione alcuna nel Componimento • Sotto s i>e le ,, . Fajcio Secondo 1 . 2 p 1 cri*. 4' ò fc0 £. Sotto la Tirannide non v*è minutiaficura . I detti , i fogni , le meditationi , i fofpetti , fon prefi in delitto di lefa Maeftà Così doppoi primi . annidi Tiberio , e di Nerone auueniuaj c quell' infame di Caligula , che pur (offrì vna volta il mordace motto d'vn £arto, e di Religione offefa lati ìi a ggi joì 120 j r; kj leggefi, ch'arder facerte vn Ppeta per vii puro equiuoco Supportele accennate conditioni,quegenere di maledica Pocfia , che di Libello infamatorio ha nome, è il piùdanfto nubile , e di qualunque altro il più (concio. Se è noto l'Autore, ne hà pena dal Prin* cipc,s’èofcuro, ne perde l'aura dal publico. Fra due gran contrari contraffa, chi v’artende. tra il prurito del palcfarfi,' j ^ ch'è vn’impulfo d’operante Natura, per qualificarli ne’ parti b dte cr - ; e tra la politica , ch’è . viuéire, e far profeflìone di veridico 7 £ , tac- biafmi , e le lodi di mentouati Perfonaggi.Sc fi biafinano, fi corre rifehio, eia in Afia or del vn neceflario effetto di fenno ^itar le pene della legge Chi vuol 7 tacere [}& fe fi i lodano, fi mente. per venire ad vna particolar dirtin, X tione Ma . i jo Delle Frafcherie rione di quei Satirici componimenti hebbero faccia di Cartelli ; nè furon , c' tjn tali- in foftanza, io n’addurrò alcuni, per additarui cosile argutie , con cui tefliiti furono , com’anche i giuditij di quelli , appref- Icr quali ò reftarono impuniti gii Autori , come innocenti , od approuate le Scrittu- Ut, re,comefacetie. Faceto , e più degno di rifo , che di pena , fi reputò già in Italia vn Componi- L‘k fo i Vm l f t 0/ Inf Cre Mi mento Contra una attempata , e deforme fa Dama , la quale , per comparir più •vaga, filetta ogni mattina impiaftrar/i di ‘Buffetto il m, i vifo £ La Poefia è tale ^ . D * adulatori inganni i Lidia tracciando l orme Nel «; K tf t fa. volto fuo defirme # Cerca emendar di vecchia etade i danniì Ut Ma in be van Varte affaticai Che y -per vigor dvno fallato Sii la Aprile , guancia fenile Non trahe d tìelena ifiori He cuba antica . c£, Ce; , ,, Fafiio Secondo . i . ji Coff purpurei colori Sparge fìnte fiammelle in sm le gote; crede iq noi di non mentiti ardori £ Vampe vibrar da £ fe le polpe £>’ impallidito fue frodi ignote le ; eflinte labro Col fuo viuo cinabro Vinduflremanoha j tinte , Infra i liquor tenaci Crede in amor tendere il vifeo à i baci Ida de* vani artifei Son le fue colpe vltrici ; £ fon fue coke a l'atra notte vguali Ch' accrefce piu quanto più cela i mali . Già de' meriggi fuoi fpente ha £ offefc', ' £ , , di porpore accefe £ingerfi indarno fuole (Sole , Roflèggia il Ciel, quando in Occafo è il Quefte graui parole, Fatto vn Peleo ne l'ira, Cantai taltr hier su la gttando bum or n. i falto Del ridicolo flil toccar Che malamente può Condannar Ber fentite ' • Mconia Lira la chiaue ; leggiere zx>e vn. verfo grotte• in brauar rime più braue , I 2 VttA ,. i V j2 Delle Frafcberie Na Ddma> che d' Alctto Bsforniglia Quando Ha Ma leuaft a la figura , da letto , diletto di Pitturai Ritratto , sì firano e il fuo Che dà fptrto à la Natura E pur n afeonde il naturale E , affatto ; fon (HI pietofo , e ladro e la pittrice, e Effa in vn tempo l Quadro • bianchezza » i color non vuol Perche andria col lordo vnita ; Tinta ofeura anco difprez,&a , Era per timor et Sol con effer chiarita oftro il vifo accende , Che Beltà quando è fparita , Ne brutti nuanci vna vergogna , ejter de Ond' io credo affermar poffa , Che le vergogne fue l’hanfatta roffa • , Perche forfè e f\imofettA y E? vna fiamma il vifo tinger Perche Venere fia detta P' vn Vulcanico dipinge . , •Tafcìo secondo . 3 3 1 Ma fiouuiemmi altra cagione, Vn color di carne finge fere ha la gu ancia fua m a grò il boccone £ in tener mafehera tale , % , La fua fa filuarefimA Piangerla piu Camatale vna fiata d' V Il tenor di fiue' brutture \ Ma del pianto la bucata Scoprirla maggior lordure . In veder fuo roffio t rupia Penfiai tofto le figure a C' ha di doppio Che color Uro y , C Anglico in pochifilmo intcruallo $e incarnato nastro , , è di fuori , e fitto giallo . Gran vantaggio veramente fituefta Se le Dama viene in volto porta. •ùrl Non può mai diuentar fimorta ; £ ,/evn giorno à l'improuifio Eimanejfe in terra morta , lìauer potria tal' Epitaffio al fluefta \v accidente , Femina vifio . e sì fiera , Ch‘ a dif petto di Morte ha buona cera • I 3 Squac- , - , belle Trafcherlè Squaccheraterifd fecero della rtarràtd Pocfia «li Vditori; e perche di tratta u a il * Tlclctié tosi replicò a vii MOfhar- le tei Simili ficerie più di rifb, che di éenfura degne {piegai anch'io vita volta ^ Sopra vn sìmico iil ra h che filetta Uri - , gerfi di nero la canuta barba , >5 per t apparir più gioitane i Vaitele, vi prego kt ; n i V oi su là barba Tintoretto fere. il Ettofono in correggerai // Còfrèggiòi E con tagion la Coriettion Vi deggiO} Mentrefui mento vnÀ inentità bautte /* Per celarui da Morte , efitte peggio j Eflinto e ilpel, fi coÀ nero il veggio •< h » È Ci kaureiin Sepolto è il pel, fe lui cip etto r G Voi di -pel mafeheràto ejfer volete Sempre ho vide di nòtte in Càfà itoià* > Sopra il carbon tè teneri •Verfife *V :V a no il Carboìo che su là etite t fià £ - M , li vi configlio Non * dite . . Se ili confejfate Padri ho detta Ut bugia Gli altri dicoh bugia -, ma M Je , i . voi là fate * tori Jgi I® Contra l ; ; , Pafiio Secondo . i $ 5 Cantra Dorine di mala Fama* rcpisliò Momarte , e fopra Amici di lodata co'liftdcnzà iiiun morto Satirico deué in grado di Libello interpretarti > hè dannarti mai * Tale ancora è lo fchcrzo del feguento • Madrigale, nel quale Vn' ^Antico rimprvHera pieetamiate all altro la frequente verbofità ’ delle Lettere , uiar foleuali . T e de' Carmi y che in- Ante profe ferinete , e tanti c4rmi t eh emulator di Scipion voi fletei Perch’ambidue Cznzgine ftruggete ; Con le lettere È perche e^uefo e poco , €èncludero £ la voftra , c'ht bbe Cartagtf ilfoco Cai taglile Hafpetta Rutila bebbt Roma in C w « -a k y *. \ ' voi , quegli con Tarmi j » \v a^ • 4 * \ v . j , (tà . la uoflra il net* ^ ^ -, Minor cafo poi deue farli di quelle feriiche , per puro fcherzo di chi ferrile, contra Dónicciuole di fofpetta fama motreggiano * V dite alcuni verfi j inuiati già da me tufe , I 4 Ad . ' a . 13 6 Delle Frafcherie nAd vna (yiouanetta di Cari adduceua per argomento che , dellaJua pudicitia l'Età troppo tenera . c l } C He quellA tu a Beltà , l Perche kuoua rAfJtmbrA , intAttA JIa % Bella GiouAne Pub effèr ; mia. 1 1 tua chi sà ? ' ' • J C Che 7 dubbio mio fia vero , Con qucfio efempio il prono Vna Femina è limile al bicchiero, Ch'adoprato da molti, è Tempre nuouo • c Già che ci damo à dmili digreflioni in- C allhora Egideargo , recite- s . j < J» trodotti , dille rò anch'io vn Componimento, che affai più di qjLicft’ vltimo merita annouerarfì tra facetie , benché di ccnfure da fparfo Vna publica Femina risponde /. « c agra- h mente ad vno strologo di lei inva- o ( ì ghito, chele batteva fatta la (geni- tura • e dice cos^ • 2 C f Fafcio Secondo C . 137 H' io viftimi in amor , voi pretendete w* Perche dipinta hauete La mia Ne Sorte futura la vofira Afrologica figura ; M a non poffofilmarui altro, che un matto , Benché'l ceruello aguTfifo Hauefie de CAfroLogo cCAbrado , Che conofcea tutte Le fpine al tatto » Ari\i diro, che in furia Entrar deurei perche ; S’egli e uero mi fate Che Ih uomo fauio domina Mentre habbiate concetto , Ch' io fila Secondo In il ingiuria • quel detto , le felle , foggetta al dominar di quelle , uofro cenno capo hauro pitela pazzia , che Ifenno* Voi mi lignificate. Che in quefio uofro Aftrologante ufficio Hauete fatto il Calcolo, el Giudicio. Quando quefio affermiate , Fatta AltroIoga anch'io de' uoftri guai , Diro, per quanto il mio cernei penetra , Che fate male affai , Perehe queifhefan Calcoli,han la pietra* Circa mm 1 Circa il . Delle Frafcherie 8 3 s , Giudicio poi Veglio affermar , che ue rie foco in uoh Voi malignate in uita Dodici Cafe , e darui una mentita Io fotrei per la gola ; Cafa mia fempre una fola . Fujfero Cafe almeno Ma fon , uoftra merce ,fianz>c da fieno che fu , la , Vi ponete vn Leone , T oro Capra , Montone , E Beggie del Citi , conuerfe in felue. Fate gli Bei dómefticar con belue , le Onde in efempio Anco uofiro molti Signor del fcol noflro D'inalbar certe Befiie hanno i coftumi , Perche con Befiie hoggi hano hofpitio i Nu- Futto 7 dì noi cantate , ( rni Che fon queft occhi miti Se da flellanti irai ’ < . luci (Iellate ; Pio nono in noi buone fortune Boue scintefé mai , Chefi dajfer uenture anco d Mi promette Che cEt in io * felle * le Stelle ? di uoi l’Afro logia , ' 1 Afcen dente ho Gioiti uedo per prone , Che farefie Afcendente ì , in Cafa mìa Ma o Pafcio Secondo I Ma dì Giouc Non par . , , . i 3 Jf Pianeta il che in voi fi none , M entie in voi per Qiouar non e tnbhehi a Altra robba vi vuole j Per dirla in Afirologiche paiòle ; . Che parlar ìSe volete di Radice, e Direttiorìéj daltrui Cogniurìtione; la Altro vi vuoi i che in fedeltà d'ÀmóYè f dEjJtr* il Gah Maggiore; f Altro vuol qùeftò ufi • . .O a > * Ch’ un Pianeta combufto i Pongani pur del Sòie mio tardore In igneo fegno il core . N ’ . è’ defitti di uoi , benché infiammati , Sempire il mìo cor fia crudo ; '[ ( Ne mai mi cfuadrerah Vofiri quadrati ; Se non hauro dvd QHon lo Scudo j 0 £ ìnfiommafie denar uoi non haurete X).i 4 Cafa mia Retrògrado farete le monete ± Se iàerran • fonerò ,bench\ Efiopo , (fi/0 * V’ accoglierti benché in brutterà un ’Méf Jluell' Ovofcopo uofirb Vifignifiea fiol che C Oro iò feopo ) An^i in protia ui mótttOi Che ne’ termini errate 9< C , , ut • , . ijlo Delle Frafcherie Trino Se in di Venere trouate ; Perche' n vece di Trino Vuol la V enere mia femore il Quatrino.’ Se quattrin non mi date , ^ il Ciel , quanto pojft > Chahbiate un di mezzo Zodiaco adofjo prego Prego , habbiate nel petto un Sagittario E ne gli occhi un Aquario, Che per Donna infedele habbiate' un giorno Di dentro i Pefci e fuora il Capricorno, , E per fin de guadagni Leone alfiancaci Cancro^ ut magni • Già che fi fauella di Feminc , e di vena- Rorazalfe , quel che motteggiò vna volta vn Drudo Poeta. li , dirò anch'io , difle Contracerta Donnicciuola, che cercato haucua l’amante C l pirgli qualche anello gli chiaua in dito . ri- ra- fpefio che s ita et vna Vefle divelluto 9 e foleua , I adoc- c ^ Fafcio Secondo LA Vn . 1 1 4 . mia Vernina aitata M'ha coufegnato in mano contaccio crudel di robba cara , Vefie di Velluto piano V eliuto piano ? piano Per una . . «S 'ella me piu e di Vafta V eHe pero Vna VeHe ? tri/la , mai non ha nisia . e di quali ? Se mi lafeto mendico . E , come haurai penfieri Di uoler Vejle , io le dicea l'altr hieri t Mentre tu uiui in peccati mortali ? Non fai Ma ch'ai tempo antico , Donne da bene eran Ve Bali? è poco mal^fe chiede Sol le ; Ch'e nel rubar piu braua * £>uàdo in mia ma qualche Aneiletto uede^ Con mel caua ; quand' egli e fuori ufeito • Oh uediam come ua dentro il mìo ditt i bel garbo E dice poi , , A pena ue l'ha pofto ; Che mi rifponde toHo . Vd ben C Anello offe . , •/ \ * V à ben y replico anch’io , ma non permei ok £ • — -» 4 * 1 Delle Frafchem- leggiadro motiuo Oh TYr ww Ffi , Quintana in fìgge nuoue , 1‘ Anello e non i fi muoue , /4 if^2f JaJìon do ne l'Anello , f ySw conino £ £ £ , Perche vfo de’ familiari ragionamene ti,prefeàdir Ticleue, che il difcorfo d' vno ecciti fpecie di fefteuoli materie al C ompagno, già & a che d'vn’auaro Drudo s motteggiò Rorazalfè , vien' à me in ta^ glio di rifèrirui vna faceta defcrittione di v Vn liberal Franee [e , che, cento t anni v s delle bellette d’ vna Romana, [pendeva profafamentcj fàjnuaghito/ì inetta; q :rn ;h( ma la cenfura non può hauer hello nè ; titolo di Li* perche il Poeta nò vi lacera f ama ; il nome , 11 Sonetto ò tale , vi palefa V N Caualier di Francia principale Vna Moglie pofticcia E ^perche in In lui Corpo Italtari copia ;* ia n .* • fia bene il fuo ' v •- $ ' > in cafa tiene l'Originai | a] , ^ , male . ’’ £'& ^ * 4 ? 'Fafcio Secondo E' liberale , e ha fieri E' incatenato > e dona le catene del Letto , e de 4? 143 . libcr ale , L'oro in borfa gli sala j * non le . cene gli cale . Schernifee ognun de la fua borfa i falli y Hefi dice altro in Campidoglio>e in Bachi9 Se non che fan troppo Piccioni i Galli • Hor quando fa che di volerfi fianchi Vna Donna da noi gli aurei metalli , L Se ne'gufili d' Amor pagano i FRANCHI , Che vai, porre in pcrme. Tele pure dubbio, diffcStam- fàcetie, ancorché Sati- , cagionino diletti , ò rifentimenti ne animi? V oi lapete, quanto rideffe Ephclo di quel mio Sonetto riche gli Contra vn Zerbino , in cui fa vcrda vna fineflra vn vafo d'ac- fato qua. Odalo Momarte, àcui forfè non farà ancora peruenutoà notitia per la fua lun, * ga lontananza da Ephefo . Era • Il < ., 44. ‘DelleFrafeherit 1 E , Ra vna vn volta Gioitane lafciuo Poltron di cor , ma h Avna fpada bratta. iv Riccio il capei, co me Interrogattuo , muTtacci à Parentefi portaua . Sempre a Donne correa , ma non corriuo ; Sempre lafciuo e un foldo non lafc'taua ; Così haueua nel pie L'argento viuo , ' fe| M , Mentre l'argento in borfa agoniTgua . fornicando jmefire vn dì fen giua )fc ^SgancC ecco ergendo ad vn balcon la frote Lauoglt il capo un vafo di lifciua legge e di SMufa Animai le Corna le crei , p A S iea tl ( h jlic Corna in altrui iv ba dannar non dei J$uel eh' al mio^Re nel generare Fa r L Natura , Ch'un cornuto , lei ln« . hauea Pargutie pronte . Se la Beltà di fpe echio non uà priua , Ecco Narcifo hà ritrouato il Tonte Qui > ridendo con gli altri, Momarte, riattaccò il fuo interrotto ragionamento ; c cofi rincominciò à dire. Era già in Etolia vn Re , che fol badau,a à far’ impudiche l'altrui mogli , non curando la dishoneftà della Tua . fi fparfeper Calidone vn tal Componimento Biffe uno allhor , che E I 1UJ ; perche aumene ì le tiene m Non : F , . Non fti fi reputarono per infamatori; que* verfi da’ Giudici di quella Curia,pcrche feppc , che vennero da Prouincie remocui crcdcuafì , oue altri Rè erano , ed à molto meglio adattata la cenfura. Ma forfè , che il Rè fteffo d’Erolia , foggiunfeEgideargo, non haurebbe curato lo feorno del Poeta , mentre sì poco prcmcuali il corno della Moglie fi te Anche C M in Afia. di Corona ha la faa chioma adorna Stima un nulla di Corna il uìtubero ; Per quefto auuie,chefra Corona,* Corna Nonfa di differenza altro che un zero . Si diè qui applaufo allo fcherzo d’Egideargo; e Momarte repigliò tofiocon^ , le feguenti narratine Ognun filar’ il Marito il fuo filo . quanto Agrippina sa, , mentr’ effa la tela faceffe de’pu- blici affari teflèua. . ti V n'antico Poeta motteggia co’ fegucn* verfi della melénfilggìne di Claudio in , (offrire gli vfurpati domini; della Moglie • è però ridicolo , dar titolo di Libello ad vn’ Hiftoria di quei tempi publicata an, che da va Tacito. K Al o 146 Delle Irafcherie A L Tempo antico in negotiar di flat\ Vn cece non naie a neffuna Donna • , H oggi ognuna ha la faua in Magiflrato • X) Imperante imperito ecco s' indonna Inguifa tal la fua Mogliera uana , la Clamide in lui cangiafi inGonn4* Che Apre un Tacito il labro e cofa ficaia Sembra , dictglt a un popolo Guerriero , , Vna Donna imperar Clajfe Romana ^ • # • La Torta maneggiar uuol de t Impero % Nona Agrippina-, e Maflro Claudio intato, Non fembra Imperai or, ; ma Pafticciero . j t j Nelfuofajlo rapito e altera tanto , Che piagne Roma, alfuofumofo orgoglio , Coni e proprio dafumo il uafeer piant % profanato ha in Carrozza il Campidoglio E fe‘l morale Anne Vuol La 0. non y4 j j j j la fconfiglta % { Natica fua metter nel Soglio,, • ( v- Roma fi Fafcìo Secondo . 147 JSema intantofi turba , e marauigha\ pur cofiei d' Imperator Romani £' Madre , e Moglie efu Sorella,e Figlia, \ £ 1, i, , Mot come mai ponno i $ome da vn fejfo Roma maneggi humanì Buon fine hauerfe feminil Medea Moggi alCapo viril tronche hà Umani? <• tal t dicea , Nafeera gran faperfè in Poefia Madre non ha> chi Che vn gran k Perche di ! t Ma chi Dea} principio di Filofofa Hauer pojfàn 1 del fapere e le Donne , io ben lo feerno , FILO fan , non di SOFI A , crede , chefia bugna al Gouerno Yna Femina vana ,a(jai vaneggia Non e buona al Gouerno, e buona al Verno, . i Perche. a noto fi C he de Che i a quel che ha trono in Reggia , Chuomo ha la mole , notturni piacer Donna maneggia , diurni affar Splende Cinthia la notte , e lgiorno I . ..... K 2 il Sole Vera- • 14 $ Delle Frafeherie Veramente lo più le , Donne difle allhora Ticlcue, per fùron Tempre alle feienz’e &à’Gotierni poco atte. In Ephefo fteflo fon così .zotiche , che di tutto il libro di Nafone , il quale douria pur piacere ad effe mentre infegnò i remedij d’ Amore * non fanno altra fauola , che quella della^ Figlia d’Inaco ; perche fe chiederete loro . Approdo Ouidio chi è Vacca ? tutte vi refponderanno. * Io ( I ,• , ° uid * In Africa ripigliò mente al Principe Momarté venne di Feda , di andar iìtando alcune Fortezze nel Tuo Stato Uc vi- nc ; e i giudicio dc’Glofatori, che l’artificio deluifi il nome , ta in_# perche Popoli apprefero, che la vifita-/ fu(Te più diretta àiperanza di carpir tribùti da’ Sudditi che à timore di patir forpre, feda* nemici, vn Bellhumore lafciò vagar per la Cittcà i feguenti verfi , ne' quali però i Sauij della Coite più dannarono il l’incognito Poeta $ poiché oltre il tacerla doppiezza dell’ equiuoco ! n Ho pc £ Mi b fcc r it< ; baftaua à difenderlo DisJite. k( . Fafcio Secondò P Brcbe fta forte vìi feno . \ p 4 , Lo Scolar di Galeno Suol vifitar le debolezze altrui ; Ma fon hoggi in cofiui L'arti del medicar di varie forti Per far deboli altrui , vifita i Forti . L'Adulatione , che non fàuella mai à gli huomini *na alla fortuna d’eflì , crcfle -, già ad vn Monarca della Morea vna Sta- marmo, mcntr’cgli era ancora viStupiuano i Sauij di quefto honore,non meno di quel che fecero i Romani tua di tto, 1 Tempio, facrato al viNerone, non cflendo in vfo, far pompe diuine al Principe , fe non doppo morte . Aggiugmeuafì , che’l Goucrno di quel Monarca fapeua di Tirannico,- onde folean dire alcuni con efeandefeenza , che douea più tofto lo fcalpello infiggere nel fuo viuo capo vn fol colpo per darli me, rito di morto che percuoterne tanti nel fuo fimulacro per darli fembianzadi viuo* E perch'era focto la Statua vna In*fcrittionc d’Encomij sì adulterini, chepareua contener più ipenzogne, che noto, vn Poeta non ofeuro di colà spallando „ nellerettionc del tto , , morr , li apprefè tofto dalla rapace mertlória vn* Amico , che (eco era , mia cartai iti ma rìotitia trafmeflfei foj urono dà quel- f lo immantinente fegiftrate la , ; * offcnliue interìtioni efponeflfe O Su Corregiani ; Mille note fcolpite i fan fà, carini ,* i ui j® Poefia di coftui. H piu de Marmi adulaiion majjiccè Danfi a l' infamie ttie glorie pojìicce Per poter dir , chan faccia tojla i Marmi. T gii qu . la gii noti potrei dar loro taccia di Libello , ne condannar* tle l’Autóre pei'che non fece egli precorfere publicatione di Scrittura che le fue Eccoui gli & al- yc £<• d encotnij un complimento hotre do Oh menzogne vn impetrite . ha . p il compimento in nói compie mentendo Non di man, ma di Dotitian le Pietre efercitarti £ j nt ojfìtiO , dóurcfti al [eYuitio non Segretari i SaJJi Non v'ècofapiù della Giuftitia nemica diflc qui R òrafe alfe , come oprar male, e voler* efTer commendato per buono. Il delidbrio della Gloria , in ehi non la meriStaffieri batter, 0 ^ pajji p\> ( fu j p , p 0 e dej rn . \ I* I* i • folirò d'appefire quel gli ifatìi Non così ì grò* che Volendo Vnó girico recitarli Ne- vn Pane- ^ spai, à iua lòdetefliitó itosi difieli; Scriui le lodi di Mario j ò d’ Allibale , acciòche i imitarlipòfliamo f che deuono negar- fece 4 Pefeennio fa . 'Lodarci viuenti è bef- rtìaffimc Imperatóri dà Cui fi fpera , i quai fi tèfnono , e eh erhtr potfofiò * Io deriderò di piacer vino rrtà d’ cfler lodato * > ; morto Tiberio, tornò à dife Momarte che fà Vn'Imperàdore di fofpefòi c d’irrcfoluto , /, gioditio ,lafciaua marcire i Cittadini ne' Gouerni , ò 5 ne filile cagione il tedio , d' hauer à permutarli * ò rinuidia di veder pòchi buo mini ricchi ne' fiuti delle Provincie* Vn’ofcurò Ingegno , fpinto da_* indifereto zelo * rinfacciò alf Imperatóre 1 f, fotto figillo di lettera le fue lentezze pVegiuditij * e* che da quelle ne’ Sudditi riiultàuano ma rton hebbe luogo il Componimento fra i Cartelli perche il Priodpe non ne publicò la miilione ; c fi valle del motiuo quantunque temerario per , vn gioueuole rifeuotimento di Natura . , : > - r, !l j , K 4 I lenii tLì* . , , Delle Fra/cherie i/2 I fenfi dello Scrittore furon tali TM iberio mio, per tante flemme c c'hai , § h erti a un Nume i Titoli flap enti-, Che,fe gli Dei nel Cicl ttiuono eterni Tu eterno ancor non lajinifci mai, Perche largo di mano ejfcr non fai , Lungo ti mostri , in permutar Gouerni ; Per quefto auuiejstianoflri humori interni Con tante flemme tue I bile V c i: tu fai tuoi Gouernator uiuon etinganno fc . Fra Venere compratale Afircauendutay 0' ne ruban la Lana o Corna danno . , Per la tua Naturacela irrefoluta , Che non li muta mai afforchi fi fanno . . Ti f< Sempre fa porcherie , chi non fi muta . Quelli, e limili Componimenti , benché di Cartelli non meritino le condanna gioni , non deuono meritar ne meno ii lodeuole titolo di Satire, ancorché Satirici liano; nella guifa, che vn membro, non deue appellarli huomo , benché d’hu mano bullo li /picchi . Per dar faggi compiutid’vn’Arte, fono nccelfariele ampiezze. L’Arteècomela fiamma, fe ha paftura, fi dilata . E però anche certo , che la vera.. iti P< r ti. Se int Cl; lar Hit u, de k v §atira con è organizata di tai diff membri. 1 ( EJtgifìzed i , . Fafcio Secondo chcd’Autorc fappia , in 153 qual guìfa debba generarli, e diftinguerli . 6 ta nulU ejuarum ad certum nume- , legibus Partes in Sati- Sc * ìk rum , certamuc difpofinonem deducaris , diffe Io Scaligero . Si sa bene , che la Satira è vn Corpo nelle fuc confufioni ordinato; c benché habbia in vfo alle volte di fuolaztare oltre ifuoi Tenitori;, tornano però fempre al centro i fuoi giri e come dello ; Pindarico auuicne, dilatando il camalle fuc prodezze, addita fempre con Itile po fuagamento l’ampiezza delle lue facolingegnofe : 7 Abrupta omnia , non tamen non c ohaventia , ditte fauellando di lei lo. lo tà s«u. Scaligero. In quelle parti, intricate perla integrità dVn ordine, con/ìHe la dittìcultà c la bellezza della Satira . Politiano fàuci- landò de’ fuoi compostoli, ditte. * Summa inaqualitas , nuncftriCti , &cajligati i nane uagi , effufi Due fono gl'idiomi della Satira ripren- p^ illis & . dere, e fcherzare. 9 !* Dccius y ditte Pallenies radere mores & ingenuo culpam 9 Perfìo .Richiede però per trattamen- to di quelli due meflieri -- ^ . irf dejigere ludo vna pronta elpe-^ rien- 1 t /4 Delle FPdfckeriù due ftili graue» e faceto; e chi non sà vgualmente» e con felicità maneggiare» non iì ponga à far Satire.»; ricnza di cr< qucfti te perche meriterà la sferza di chi sà Le e altro irtgegnofi * » rai ta; Ariófto * Pc bench'e d* huomini pef ne Satire dell’ Aretiilò d’ altri antichi farle»'. •» 'dell* e di gridoin quel fecolo nondeuono à moderni fcruir di norme* bene . fon lodeuoli* come nate à fecondar quei tempi , non cornea educate à difcipIinar’irtoftri.Chiledifende haggi » ha l’Ingeg no così rancido * co- peir delincarle me quel fecolo era * I loro fiili fon più gar-* mlhchefcnfati; perche poche vaghezze vi fi olferuano , che habbianò fòrza d'inatcare in noi là cantonata d’vn Ciglio * Ancheti moderno Secolo và producendo tal-bora di quefte Anticaglie;mi il commendarlp rimettefi à i partiali delBerni, il quale in quei tempi infegnaua à poetaro piti ne* mercati che nelle Accademie * La purità femplicc de' verfi non bada precifamenà coftituire vii buon Poeta l P E D Si I A èc pii he inej rali con I 1 , té Satirico* l lai to. re, §tn 'Nofutis eftpuris tterfum conferirete ueriic, ditTUa Horatio i anzi di’ egli medefifnO-' ere- itfi fu . Pafcio Secondò V • icredeua Uri Satirici ramente ^ . • eflfer ; tolto dal rìurriero perche de'Mae* iritefe di {stuellar Conobbe; fiorì baftare pu- la puri- rrìa doticriì il titolo di gran Poeta in tal geriere à chi valeuactiandio tà alle Satire; ; hellatefturadilòcuti^nipiu tenore* (pus , * £ Primi ego me illoru dcderìmtfuibut ejfe Pdc- E scerpa numero^nef éh'rm eociudefe Versi Dixeris effefattanefdì cjhìsfc ribattuti nos. Sermoni propiOTÀJutcs hunc ejfe P oc i am . 1 ngemùm,cuifitpui mcns dtuinior,dtq\os , JMagndfonaturi^dei nominis huius honorem Non deUepelò la Satira alto Con la nobiltà dello Tolleuarfi tant* Itile* chertott Tap- pia per lo più ftudlofamente abbaflarfiton la caduta d’vna popolare fucetia. Quella inegualità , che in altri itili puramente mo-* i od Heroici è vitio *' nel Satirico è conditionc di raddoppiatà virtù La Satira è vn gioco di Palla * che inalzata ricade al bailo* caduta rimbalza in alto. con liciti cangia méti tic dello l’vditoq rc , allettandolo con le dolcezze alTintelli- rali genza di più Teucri airtmaeflramenti. Horado il qual Teppe nella Satira più confi, gliare,che oprare, diè v norma di quelle diffe- ' t . i /6 Delle Rrafcherìe differenze, , H°ra. ì quando diflc_> . . - > Jl rmone opus cftjnodo trìflifape ioeofi. Dcuc il Satirico nella riprenfione de' vitij far l’ vlficio hor di Rhetore , hor di Poeta», Jor. 4 li qti k vn Difendete uieem modo Ebetoris,atq- Poetxs Interdum urbani parcentis taribus , atque y Exttmantis eas confu Ito y •tii Ma però è conueneuole, che prcuaglia più frequentemente nella poetica piaceuolezza,come in luinatiua, che nella feucrità d’Auuocato, come àlui ftraniera. oJtrej che non fa oftacoloal credito d’vna veri- iir :io i. dica riprenfione 5 Hor. Ridicolo. ridentem dieere uerum , il jQuis uit it ? foggiunfe Horatio ]UC h . Cì Alcuni abozzati Poeti, ne' quali le dolcezze fanno bile , fi perfu adono , le jjacetie d’vna Poefia repugnare alle fauiezze de* Compofitorij come che i parti dell'Ingegno richiedano Tempre quella feria grauità, che per lo più a’ coftumi dell’animo è conueneuole . non fanno i melenfi , che il far ridere con marauiglia non è d ordinaria fattura ; ma , come infegnò Horatio ne' Ridicoli» Pi l 'eri Ci Vi J 111 In Tafció secóndo i*7 . n quoque uirtits, u—S nft qaAdAm tamen hic a . raflòmigliano à Pittori Ho:* perche I Poeti fi quelli come imitatori di Natura non re- , i ; * ftringonolaloro Ai te più nel difegno d* vn Principe che dVn « Paltoniere; e però quei Poeti , i quali, icriuendo in grauc, abborrono in altrui quelle argute fàcetie , di cui itlcfpeiti fi palefano , può inamente dirfi i c’habbiaiio di quel, che non fanno, cioè del Ridicolo. 1 due Stili graue , e faceto iti , due fogge s’adattano alla Satira , ò diuifi , ò congium Diuilò ilfacetoleggefìinGiuucnalein ti . queiverfi* 7 r Incide Calliope , licct hic confidne . nonefl Cantandum i res utra agitar^narrate puellx Pieridcs .profit mihi uos dtxiffe puellas . Diitifa poi concatena il Satirico à quelli veffi vtta Virgiliana grauità, mentre dice. * Cuiam femtanimu lacerar et Flauius orbem " y Iti mas , & ca.luofcriiìret Róma N croni * ^ -, r Riattacca di nuouo d quelli verfi vna ìnafpettata, e cadente fòcetia , dicendo, v incidtt Adriaci fpaciìi admir abile Rhobi jj» Ante domar» V cncris . -• k Comin- 1 t .-,a N \j8 (peHeFrafcberìe Cqmincia Giuuenale vna, graue Satira di qyefto tenore. ,uJ f Jguamuis dìgreffu ueteris confufus amici y Laudo tante uacuis.quodfede figere C umi$ Dcjhnet , atque unum Ciue donare Sybilia• Termina poi la medefima con vn facet juu. tq fentimento in tal guifa i . nc W , qu vr di C ^ Scdiumenta uocant& fol inclinat^eudu efiy Vt uirga LJ am mihi commota $a dudum multo oc Jnnuit. P* t Congiugne!! parimente in vna frafo medefima il faceto , e 1 graue ; c quefta è maniera la più conueiieijqle , e praticata della Satira, e di Giuuenale precifamente , che più 4 ogni altro feppe formarne Videa . Qui è nccefiario , fapere , che lo \a co io (e - grauità Satiriche > di cui hoggi pochi pof fiedono intelligenza , fon differenti affatto c molte ridicole am-. Ha polle ammette la noftraSatira, che 1 feue-» xo ftile delle loro Odi condanna . Tutt’i verfi di Giuuenale fon portati per ** dalle Pindariche • j lo più con gioconda amplificatione ; e con tutto che riconofceffe egli per grand’ huo- — ^^ Venufma digna Lucerna mo Horatio in quel verfp juJ. } , Se H lei il ; , li Fafcie Secondo non voUe però imitarlo 159 ; ma nelle Satire, Igfsò frali , e norme più di quel genere , lui cfemplari in . . Vuol’cfprimete Giuuenale l’attione d* vno * che rulla, fingendo di dormire, e 7- 4 V igilanti(tenere nafo —— 4 1 , Chi diccfle hoggi fùor di Satira in graue Vegghiantmari, daria fui nafo al ficuro;hauendo pon à fare cpn quello membro, più (a vigilia , che il fonno ; e pur quiui è Vagamente detto. Vuol deferiuere vna commotione collera , in cui fi di ftringono i denti , Irriden- do ; c dice coneuidenza d’vna graue ^euolezza-. ’ —7 5 pia' » ; Per . | ; efondete bilem luu* Cogaris , prejfoque diu ftridere molari . Chiama il Tempio della Dea lfide Ruf- fiano , perche in elio foleuano, alcuni trafipar’ adulteri. 6 ~ Iftaca Sacraria Lena , Hoggi non (aria ammeifo nella graue defcrittiòne de* noflri T empii sì temeràrio titolo. Vdite cornagli accoppia, ridicolo in quelli verfi il graue, eT . Ver- Iulu f . i6o Delle Frafckcrie 7 iuu. . -, \ , # 7 ycrtigine te cium Ambulai Agemini* e xfargìt me lucerni fa . Quefhi è deferittione Satirica d’vn’imhriaco che tradotta in frafe di pura grauità non Tuonerebbe così acconcia Chi dicefl’e hoggi in vn’Oda . difeefe in Ctelo , fedirebbe da’ Cenfori metrer fofiopra il Cielo , e la Terra ; e pur’ in Satira , di • E ** > ncila quale * juu. i fentimenti fon più acconciamente detto da Giuuenale . s Defendere iujjtt inCoelum . Fauellando di Claudio , volle dire il Poeta, che trasferito in Cielo, fùfle di nuouo — Jnfcri» iti , luu. 1 fatto difendere à Anche Seneca fcherzando sMv.ca mente d’efTo eoelune , dilTe. * defeendit 1 ? riftretti, fu da gli Dei Superiori « * < - . ' gl*- Satiri- toftqudm Claudi«s . Dille alrroue Giuuenale* Surda nihilgemeret grane buccina . Non panerebbe forfè da vn Pindarico il Sordo ad vn’Inftru mento e pur’ il Satirico chiama Sordo chi non /ente, e chi non & fentirfi altro u e ancora difse fi titolo di ; , imig. — . 2 Surdo uerbere cadii . Più dura parrebbe la rraslatione di Per.’ fio , il quale traporta il vocabolo Sordo ' dall* s . 5 . , Spirent cinnamd furdum . *«f. Et Horatio l’adatta 4 * al fenriméto del gufto. exfurdant vina palatum Hor; Qui ancora fi ftrepiteria da' Critici s Algentem rapiat canario Solem . Per Sole freddo intende Giuuenale Stanza , che habbia vna_. Sole di verno chi adattaffe quella forma, e le antecedenti ad vn verfo graue, e le recitane poi , auuerebbeli quel che d’vn Poeta Italiano!! racconta , il quale vantauali d’haucr fitto porre in purga vn Ccnfore con certa meil . tafora; poiché ftomacato quegli infentirperturbo , e contorfe sì fattamente il collo , che fu forzato à medicarfene Varie, licentiofe, imitabili fono le la , a fi & frali de’ Poeti Latini Satirici ; ma però non deuonfi traportare altroue, che nelle Satij re r e ; / non fempre dobbiamo' tracciare^ come lecite, • le arditezze, e valerli delle ttccttioni per regole , come alcuni fanno. Dirò folo, che la Satira è capace di quelle doppiezze ingegnofe , con le quali rendendo più malageuole la fua teftura , vien* anche à meritare 6 dal Cafaubono titolo etra. , ‘ • L non ^ ' j ma non di plebeo Poema, dito di carme crii* cl ; quefto Secolo la ripren(ione de vitij perch e in vfo l'adularli ; ^ Adularteli gens prude ntijjtma laudat E' difficile in ; • , iuu. p — Sermonem indocliyfaciem defirmis amici iratur voceni anguftam qua deterius nec M ^ , vj cui la libertà del dire è perduta; iuu. — . 8 Vnde illa c priorum C( Scribendì quodeuque animo flagrate liberei Simpltcttas. E la Satira, difle lo Scaligero Seal 9 m Efi Poema liberti ,fimile(f\ Satirica nat urf. Omnia fufeji acq; habìsjnodo altquìd die at . ^ perche ha dò i Hot. per fine contrarie che vuol i 0 f > E piu difficile di tutti I q fe , morder ur gallina marito ; llle fonar E- difficile la Satira in quefto fecoloj irv. ejuo , dire,- i generi la Satira ^ ; due colè in vn certo mo- cioè lo (degnarli * e ridere U( ; milchiar l'vtile delle ripren- dolce delle argutie . i idonea dicere vitf. lue un da , E’ difficile la Satira perche i vitij , cck me inferri anche nelle deprauate aarure ^ lioni col ò . & ^ ' tj ; de’ Poeti w , ponno malageuolmente * — z? - ^ ^ eflef dannate da' mcdelinii in altrui; e per ló piùle colpe , che nel nemico lì rinfaccia- tìe no. . i \ , Fafcio Secondo non iìo, . i^i poflledon© dall’ Auucrfariò j che leaccufa . E'cosipcnuria d’huomini fi Che pfaui non fiano,comc| di i^octii che fi fclcgnino delle prauita humanei fc quelli Poeti fuflèro , farebbero anche le Satire ; ChififdegriadVtì male* fe ne duole* chi le ne duole, fchiamazza ; Qjici tali , che più vagliono à tefler su Panegirici , che le Satire fono ; più Cortegi.ini, che Poeti; behche Poeti viuj 1 am cora ponilo cflèfe quelli, che Cortigiani fono cioè quei tali , che non etTendo huomini da bene paiono eflerc Élfendo doppia. l’elòquenzà, vna ora; * * toria, vna poetica, è certOichc diffidimelitè pervaderebbe, chi reputato fufle catti-» Uo j e malamente faria perfuafo vn’Vditore * che attendefle buon cotlfiglio da colui* in cui è fofpetta la iraude a il Satirico deue ò parere , od effer mondo del delitto che * jiahna id altrui s perche altrimente i Lettori riderianfi d efiò » coifierife Xenocrate, vedendo,- andar vfl Ladro al Patibuloj perche i maghi©, chea maggiori Ladri * ha-» Ueflèro La dannato d minore di,lìicultà i ' * della Satira fi L > fà 2 \ maggiore in 6 1 *Delle Vrafcherie jf. in quello Secolo ,in cui oltre la crefciuta grauità dello ftile , e 1* inlerimento dell* e, s*è trouata anche da* buoni Poeti vna più ingegnofa maniera^ ruditioni più folte nel Ridicolo , medianti le forme , e gli equiuoci, ne* quali gli Antichi della noftra lingua no hcbbero,nè taléto, nè lume • Non efclude la Satira le lodi ‘ quantun- i que di pochi , c parcamente nè perdona < , ,* taluolta le cenfure à lo fteflò farli lecito , Autore , per c e la de- c l’auuentarle in altrui ; ftrezza , che in tai requifiti è ncccflaria , le fue difficultà aumenta . i- Richiede generalmente i Sali , che più di qualunque altra cofa fanno rifplcnder le Satire, nella guifa , che le Lucerne , fc v’è Sale dentro , ardon meglio . Ammette alle volte i Dialoghi , i quali rendono etiandio più difficile la telluri Satirica per la oppolitione de’ fenli ; non deuono in ciò imitarli che non facendo diftintione tori, cafe. filli 3 dille gli ma t « J i < Antichi, d’Interlocu- cagionarono ne’ verfi fentimenti con- Ex perturbata f / J t ratione perfonaruytuj , l Cafaubono . In quefto peccò più di c Ama Fafcìo Secondo 1 . Amala Satira particolarmente tifmo ma vi vuorArte in viario oratoria* , ^ l’Idio4 idio- qu& inter ; tifmum precipue adamant , rem 6f « &poetica* virtutes raro procedit 4 PolIr* , magneque indiget temperamento Non efclude qualche ofeurità od ambiguità j perch’è naturale vna indiftintaimplicanza in chi hà fdegno ò teme di lacerar* apertamente vn vitiofo * plerumque . > obfcuri cunt , & implicati , & fubdole , toi»»* multa ambigue du . Infomma i Satirici conchiufe Politiano, in argomento fil i e 4 . delle loro elaborate indùReprebcndunt acriter infultant im, Polir, potenter , vafie cauillantur , optate obrepunt , effluunt lubrici , tergiuerfantur difftmulant , ardent , , illudunt y verfant , fufpendunt y feriunt , pungunt , prouocant , titillant , fiomacantur , attonant ceu fulmine omnia , & concuttunt . Fra i Latini i Satirici più renomati, e fono Giuucnale, Horatio» e Periìo, letti tutti non come Maeftri imitar fi poflono,* ma 7 in tutto Che nuoce dille Ci- cerone . , venuftà d'Apelle giugner* in alcuni luoghi l'audacia di Zeufi, la diligen, alla ci* > , ì$6 . Delle Frafcbcrie za di Protogene, l’ingegno di Timante, la grauità di Nicofanc ? Quelle qualità mille, & vnite alla noqità de’ próprij arti^ (ormano così nel Pittore , come nel Poeta yna tal maniera , che non altronde poi , che dalla propria miniera può vantar l’origine, non forti mai grido di grand* huomo in queft’Arti, phi non hebbe Arte ficij di fabricarii la proprietà d’vno feruile, * fior. „ ? e n* non faper muouer Itile palli, . tlCi nò *£ 7 in l è atto ne sùP nc che impreftioni delle altrui veftigia 8 O imitatoresferuum pecus vt mibifcpe Bilem , [ape iocum vejtri mouere tumultui; , Horatio . chi fi contentane della fola inuenterebbe mai i 9 ni, non hilenim crcfcitfola imitatione, dille Seneca. Nello fcriuere , fi deuono feguir le veftigia de’ buoni , ma nella guifa, che fa il Pedante , il quale feguita il Difcepolo, c pur lì ne lai dille fei imitatione ne Chi è commolfo à far Satire naturale concitatone d’animo , da vna_, ò libidi-» ncd’Arte, pongali ad imitar* i migliori; maauuerta , dille Quintiliano , ne r cjuocL facilius eft , deteriora imitetur , ac fe abun~ ' de ftmilem putet oc vu ft 1\ e! dice guidarlo qJin. fo, , , fi vitia maxtmorum ar«* 2; 11 d. d< ri d ? 'fafcìo Secondo, téf | . fficum corife quatur . niuno de* foprannomati Poeti imitarli dcpc e particolarmente Horatio , che non la perdo-* Nel tartare à npmei vitiolj , ; f nò à gli Amici ftcfli. 1 Omne vafer vitium ridenti Flaccus amico Tagit, dirte Perite; e Scaligero lo chiama Pctf* ingrato, e barbaro > perche ' non s’aftenne dal riprendere etiandio Mecenate (otto nome di , Scah * Maichino T In Horatio oltre vua pronta acutezza pel colpir tutti i vitij , fi può anche imitare ‘ Ja gran felicità nello (piegamento, ma non tempre la tea triuiale, cprofaica locutioc ne . Non ha egli mai cola eleuata ma occupato tempre intorno à precetti più 4 tram vulgati de’ coftumi. Pajftm in aliena ; fit cafra , non quam transfuga e Stoico , Ca fa. tamquam explorator fed tan. - fpefl'o za d’Ariftofane , C^afaub