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Il Castello Malaspina di Bosa

Figura 1: veduta aerea del castello e della città da F. Fois, "Il castello Serravalle di Bosa" in F. Fois (a cura di), "Castelli della Sardegna medievale", 1992 Oggetto Castello di serravalle Localizzazione Bosa Cronologia sintetica XII secolo fino ai giorni nostri 5 NASCITA DELLA FONDAZIONE DI BOSA : DAI FENICI AD OGGI Figura 2: Bosa in un rilievo I.G.M. da S. Spanu, "Il castello di Bosa", A. 1981

Università degli Studi di Cagliari Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Beni Culturali CORSO DI RESTAURO ELABORATO FINALE Docente: Prof. Arch. Tatiana K. Kirova Allievo: Schintu Sabrina Indice pag. SOMMARIO 3 SCHEDA ANAGRAFICA DEL BENE 4 NASCITA DELLA FONDAZIONE DI BOSA : DAI FENICI AD OGGI 5 IL CASTELLO DI BOSA: NOTE STORICHE 7 - La ricerca archeologica tra le rovine del Malaspina 11 REGESTO CON CODIFICA 13 ANALISI ARCHITETTONICA DELLE ROVINE 16 PROSPETTI PIANTA DEL CASTELLO 18 - Le torri del castello 19 - Nostra Signora di Regnos Altos ed i suoi affreschi tardo - medievale 24 ANALISI DELL’ INTERVENTO DI RESTAURO SCELTO 28 DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA 39 NOTE CRITICHE SULL’INTERVENTO DI RESTUARO STUDIATO 47 STATO DI CONSERVAZIONE ATTUALE DEL BENE 48 NOTE CRITICHE SULL’ATTUALE GESTIONE DEL BENE 49 2 SOMMARIO L‟ultimo lavoro di restauro eseguito nel Castello Malaspina di Bosa che risale al 2004 è stato compiuto sia per ripristinare le visite al castello, interrotte a causa del suo degrado e della sua pericolosità, sia per poter ampliare l‟utilizzazione del castello, non solo relativa alla parte della cultura ma anche a quella dello spettacolo! Per questo motivo è in progetto, oltre al restauro delle mura e delle torri, anche un aggiunta di spazi dove poter allestire opere o concerti, realizzare banchetti di nozze e varie. Per ora gli obbiettivi raggiunti sono solo quelli relativi al restauro e sono ancora in corso d‟opera…mentre quelli relativi alla parte dello spettacolo sono ancora in progettazione e in attesa di finanziamento. Un ulteriore lavoro che si vuole compiere all‟interno delle mura è quello di riproporre i camminamenti delle sentinelle nelle mura e la realizzazione di una scala nella torre maestra per poter salire alla sommità e ammirare il panorama dell‟intera Bosa! Sono in progetto anche ulteriori lavori di scavi archeologici all‟interno e nel perimetro esterno delle mura dove già in precedenza, precisamente nel 1994/1995 ad opera di Università sia sarde che non, sono stati trovati numerosi reperti ceramici relativi al XIII – XIX sec. Si spera di poter terminare i lavori per la fine dell‟anno 2009 e rendere il castello accessibile a tutti con orari precisi e guide che realizzano tour guidati all‟interno del castello e della piccola chiesa interna; cosa che purtroppo a tutt‟oggi non è possibile se non con molta pazienza da parte dei turisti e visitatori. 3 SCHEDA ANAGRAFICA DEL BENE Oggetto Localizzazione Cronologia sintetica Castello di serravalle Bosa XII secolo fino ai giorni nostri Figura 1: veduta aerea del castello e della città da F. Fois, “Il castello Serravalle di Bosa” in F. Fois (a cura di), “Castelli della Sardegna medievale”, 1992 4 NASCITA DELLA FONDAZIONE DI BOSA : DAI FENICI AD OGGI BOSA Figura 2: Bosa in un rilievo I.G.M. da S. Spanu, “Il castello di Bosa”, A. 1981 Un‟epigrafe fenicia (oggi perduta) databile al IX secolo a.C. documenta per la prima volta l‟esistenza di un etnico collettivo "Bs‟n", riferito alla popolazione di questo luogo il cui toponimo, nelle forma appunto di Bosa, è riaffermato da Tolomeo e dall‟Itinerarium Antonini. Nulla di certo si conosce dello stanziamento fenicio-punico, che dovrebbe essere localizzato vicino alla foce del Temo più di quanto non sia l‟attuale centro. La città romana sorgeva con certezza più a monte del probabile centro fenicio. Il sito romano non dovette essere mai abbandonato, nonostante le incursioni arabe, se nel 1062 si pone mano alla costruzione della Cattedrale dedicata a S. Pietro. Dal momento in cui viene costruito il castello è facile pensare che abbia inizio un lentissimo processo di trapianto urbano dal vecchio al nuovo sito. Nel XIV secolo circa Bosa viene a trovarsi in una situazione giuridica unica nell‟isola potendo partecipare a tutti i bracci, o stamenti, del Parlamento sardo: quello ecclesiastico in quanto città libera, e il militare perché parzialmente posseduta da un feudatario. Tale situazione derivava peraltro da una precisa forma insediativa. L‟attento esame tipologico e morfologico dell‟organismo urbano attuale, nell‟assoluto silenzio delle fonti scritte, porta a concludere che 5 la parte dell‟abitato di pertinenza del feudatario fosse fisicamente separata dalla città libera e composta da successive quinte edilizie che si uniformavano alle curve di livello della collina: ed è questo il rione "sa Costa", privo di chiese perché per esso poteva bastare quella del Castello. Nel 1499 una prammatica di Ferdinando il Cattolico dichiara Bosa città reale, con tutti gli onori e i privilegi connessi a tale titolo, pur lasciando il Castello infeudato all‟ammiraglio di Villamari. A quest‟epoca la funzione del feudatario è quella di esercitare una specie di protettorato sulla città. In realtà una funzione solo nominale perché, mentre la città cresce e prospera, l‟interesse dei feudatari verso il loro possedimento diminuisce e il Castello inizia la sua decadenza. Tuttavia la vitalità artigiana e commerciale del luogo non viene mai meno, anche senza incrementi demografici. Nella prima metà dell‟Ottocento la città si dà un volto dignitoso con un‟edilizia di gusto anche nelle espressioni più modeste. L‟incremento demografico è debole, pur se in questo secolo si realizzano trasformazioni urbanistiche significative. Insieme all‟acquedotto, infatti, viene realizzata la rete fognante; intorno al 1870 viene costruito un nuovo porto, costituito in pratica da una scogliera che univa l‟isola Rossa alla sponda sinistra del Temo. La popolazione conosce un‟evoluzione molto modesta anche nel corso del Novecento ed è proprio grazie a questa sua scarsa vitalità che Bosa ha potuto mantenere una fisionomia storica e d‟ambiente del tutto sconosciuto in altre città dell‟isola. CASTELLO MALASPINA SUL COLLE DI SERRAVALLE Figura 3: veduta aerea del territorio di Bosa da Google Earth 6 IL CASTELLO DI BOSA: NOTE STORICHE Figura 4: visione dell'intero perimetro del castello dall'alto da S.Spanu, “Il castello di Bosa” , A. 1981 Tra i monumenti sardi, il castello di Bosa conserva intatta la propria singolare originalità: esso identifica in qualche modo la città del Temo e mantiene il fascino di vicende che scivolano ora nella storia, ora nella leggenda. Il fortilizio sul colle di Serravalle, costruito in una posizione quasi imprendibile, è stato nei secoli il simbolo di contrastanti valori; l‟immaginazione popolare dei sardi ne ha fatto il luogo scelto da loro per combattere le epiche lotte contro gli arabi prima e contro gli aragonesi poi. I Malaspina giunsero in Sardegna con la spedizione di mercanti e guerrieri organizzata dalle Repubbliche marinare di Genova e di Pisa, alle quali il pontefice Giovanni XVIII nel 1016 promise diplomi di investitura, se avessero liberato la Sardegna dalla invasione degli Arabi. I Malaspina ricevettero in concessione le montagne della Barbagia e la piana del Temo. La famiglia dei Malaspina andò da allora a mano a mano affermandosi nell‟isola, dove costruì le rocche fortificate di Bosa, di Osilo e di Figolinas. L‟indagine storica si dimostrò necessaria per stabilire le origini di una forma architettonica, i suoi sviluppi, la sua struttura tecnica, plasmata a seconda delle esigenza materiali. 7 Attorno al 1112, secondo il Fara, i marchesi Malaspina iniziarono la costruzione delle semplice strutture del primitivo castello, i bosani videro le nuove fortificazioni come l‟espressione di un dominio militare imposto a questo lembo meridionale del giudicato del Logudoro, ma più tardi scoprirono anche il segno concreto di un possibile rilancio della vita della città, in passato gravemente minacciata dalle ripetute scorrerie degli arabi che, attraverso la foce del Temo, avevano potuto facilmente saccheggiare le povere abitazioni e le campagne. Con questa speranza fu abbandonata la vecchia Bosa ed i cittadini si spostarono sull‟altra sponda del fiume, per ricostruire le proprie case alle falde del colle, sotto la protezione del castello. Iniziava cosi a svilupparsi quel centro tardo-medievale di Sa Costa che ancora oggi mantiene una suggestione storica notevole, con i singolari viottoli che seguono le curve altimetriche del colle, con le scalinate che interrompono asimmetricamente il percorso orizzontale, con le strutture urbanistiche arcaiche. A partire da quegli anni il castello fu più volte ampliato, potenziato ulteriormente protetto, segno di una volontà ricostruttrice. Uno dei momenti più significativi è da individuarsi nella costruzione ad opera di un architetto sardo (forse Giovanni Capula) della torre maestra del mastio, attorno al 1300: l‟ulteriore fortificazione è stata decisa con lo scopo di contrastare l‟invasione aragonese dell‟isola, come è suggerito da confronti con analoghe costruzioni cagliaritane: la torre dell‟Elefante e la torre di San Pancrazio, attribuite all‟architetto Capula. Nel 1297 il papa Bonifacio VIII aveva concesso la Sardegna in feudi al Re D‟Aragona, Giacomo II, il quale iniziò a prendere militarmente possesso dell‟isola solo 25 anni dopo, nel 1323. In quel periodo si pongono i restauri, i rifacimenti e le nuove fortificazioni di numerosi castelli sardi, tra cui quello di Bosa, con lo scopo di ostacolare il previsto attacco aragonese. Nel 1308, il castello fu ceduto, con gli altri di Monteacuto e di Montiferro ai giudici di Arborea. Costoro nel 1323 lo offrirono in garanzia contro una vistosa somma al re d‟Aragona, che ne diede la signoria a Pietro Ortiz. Nel 1328 re Alfonso lo concesse a Ugone d‟Arborea, dal quale passò al fratello Giovanni ed alla figlia di quest‟ultimo Benedetta, che venne chiamata “signora di Bosa”. Nel 1354 lo possedette e lo munì adeguatamente Mariano d‟Arborea, la città ed il castello passarono infine alla giudicessa Eleonora 1. Nel 1478 a Bosa si svolse il capitolo conclusivo del giudicato d‟Arborea. Il marchese Leonardo Alagon, vinto a Macomer 1 M. Pintor, “Bosa ed il suo castello” A. 1963 8 dagli aragonesi, trovò in città l‟ultimo rifugio, prima di essere catturato in mare mentre fuggiva per Genova. Il castello e la città, dunque sono pienamente inseriti negli avvenimenti principali della storia sarda dell‟ultimo medioevo. Figura 5: torre merlata pentagonale, in primo piano un cannone dell'artiglieria in dotazione del castello da S.Spanu, “Il castello di Bosa” , A. 1981 Bosa in età aragonese (figura 5) era stata nominata villa reale, con propri rappresentanti al parlamento, con propri statuti comunali, indipendente ed autonomo, quindi, dal feudatario signore del castello e dal vescovo, presenti anch‟ essi nel parlamento, rispettivamente però nello stamento militare ed in quello ecclesiastico. Una caparbia volontà dei bosani di conservare i propri privilegi e la propria autonomia rispetto al castellano aragonese ed alle truppe di occupazione. Così si spiegano i ripetuti conflitti, non solo per ragioni di interesse, tra la città e la guarnigione che occupava il castello. Questa serie di contrasti è testimoniata fin dal 1415, allorché il castellano Pietro de Sant Johan arrivò a bombardare dall‟alto la villa, rendendosi colpevole di una serie di altri soprusi. I due sindaci di Bosa che parteciparono al parlamento del 1421, Nicolò de Balbo e Jacopo de Milia , riuscirono a far destituire dal re Alfonso il magnanimo il castellano e soprattutto ottennero che il feudatario dal quale il castellano dipendeva, Guglielmo Raimondo di Montecateno, perdesse il feudo, che venne riaccorpato per qualche anno alla corona, fino a che le condizioni disastrose della cassa reale non imposero la nomina del nuovo feudatario Pietro Ledesma. 9 In questi anni, il crescere del perimetro esterno del castello testimonia il livello di vita raggiunto e l‟esigenza di proteggere un centro vitale per i collegamenti con la penisola iberica. Alla fine del XIV o all‟inizio del XV secolo fu appunto costruita, nella piazza d‟armi, la chiesetta oggi intitolata alla Madonna di Regnos Altos, al cui interno nel 1970 circa sono stati scoperti degli splendidi affreschi di scuola spagnola. Non è improbabile che sotto Alfonso il magnanimo, in particolare per iniziativa del feudatario Pietro Ledesma, che dopo il 1433 riscattò dalla corona il castello, sia stato recintato tutto il colle, con la costruzione delle due torri poligonali e con l‟inserimento della cinta muraria della chiesetta, allora intitolata a S. Giovanni e poi a S. Andrea. I successivi ampliamenti in età spagnola, con le modifiche strutturali per la postazione delle armi da fuoco, dimostrano il ruolo centrale che il porto di Bosa si guadagnò sui traffici marittimi mediterranei. Con la costruzione dell‟Isola Rossa, il castello divenne il punto terminale al quale era finalizzato tutto un complesso sistema difensivo costiero. La città figura saldata al castello da una poderosa cinta di mura che, scendendo dalla sommità del colle lungo le due scalinate estreme, proteggeva l‟abitato fino al fiume, dove alcune torri circolari consentivano una più adeguata difesa sul lato più esposto. L‟accesso alla città era possibile attraverso tre porte: Santa Giusta, San Giovanni e, al centro, la porta in corrispondenza del ponte a sette arcate. Due ingressi aveva invece il castello. Nel 1528, per resistere ad un minacciato sbarco francese, i bosani avevano deciso di chiudere la foce del fiume, provocando così però le paralisi delle attività portuali e l‟aggravarsi del fenomeno delle inondazioni. Bosa e la Planargia decaddero progressivamente, dopo il crollo dei commerci, tanto che il feudo del castello divenne sempre più improduttivo, fino ad arrivare a ripetute rinunce da parte dei feudatari. Nel 1565 il feudo era ormai vacante da alcuni anni e Filippo II decise di riscattarlo alla corona. Nel XIX secolo, le mura della città vennero abbattute ed iniziò, secondo le indicazioni dei nuovi strumenti urbanistici, lo sviluppo edilizio verso il mare. Anche il castello fu valorizzato, con i restauri del Vivanet e dello Scano del 1893, che riguardarono prevalentemente la torre maestra. Nel secolo scorso, i ripetuti restauri sono una dimostrazione della rinnovata attenzione della città verso il castello: un‟attenzione che non è mai venuta meno, negli anni, almeno nel sentimento di una parte dei bosani. 10 Le ricerche tra le rovine del Malaspina. Nel mese di settembre 1994 è stata effettuata una prima campagna di scavi archeologici con la collaborazione e supervisione scientifica della Soprintendenza Archeologica di Sassari, condotta da archeologi medievisti, durante la quale sono emerse delle testimonianze murarie, sconosciute, che hanno messo a nudo strutture fondali e parti di pavimentazioni di probabili fabbricati precedenti alla costruzione delle rampe cinquecentesche. Individuata, presumibilmente, la presenza, attualmente non visibile, di un fabbricato nell‟area della torre poligonale Sud. Lo scavo ha interessato, nella prima fase, alcune aree funzionali al lavoro di restauro come le basi delle torri, la cinta muraria, gli ambienti antistanti la Torre Maestra, e l'area del cortile centrale. Inoltre le ricerche sono state indirizzate al rilievo e alla documentazione di tutti gli alzati, con l'obbiettivo di individuare le successioni e le sequenze originarie presenti nei corpi di fabbrica. In fase preliminare, è possibile ipotizzare che il castello, in un primo periodo, occupasse solo una parte dell'attuale spianata, intorno all'area della torre maestra; in questa zona sono stati messi in luce una serie di ambienti, che già nel corso del XIV secolo sembrano essere demoliti per fare spazio ad un successivo assetto monumentale, che comportò non solo, la costruzione della torre maestra, ma anche di una prima cinta, probabilmente merlata. Una cinta che nella parte occidentale, verso il paese, venne ampliata a più riprese nel corso del secoli XIV e XV, sfruttando i diversi riporti di terra scaricati verso quella parte. Si è iniziato con il diserbo e rimozione dei rovi che occultavano in parte una grande struttura fortemente rimaneggiata in età contemporanea che, sul versante nord, scende dal castello in direzione del centro storico di Bosa. Il lavoro è stato impostato con una radicale opera di pulizia dell‟area dai rovi e dalle discariche di rifiuti ingombranti attuali, fuori terra,per mettere in evidenza i resti dell‟opera difensiva del alto nord della collina. Si è poi proceduto alla raccolta dei reperti presenti in superficie sui terrazzamenti agricoli dei lati nord,ovest e sud del castello e loro posizionamento topografico. La superficie delle pendici del castello è risultata interessata, da una notevole concentrazione di reperti ceramici, prevalentemente età medievale e post-medievale. Le aree ispezionabili sono state suddivise in settori, per ubicare con precisione la provenienza dei reperti raccolti e studiarne la distribuzione spaziale e cronologica. Si è eseguita l‟analisi per setacciamento manuale dei cumuli di deposito archeologico sterrato dai mezzi meccanici nel cantiere regionale presso la base della scalinata del castello. I reperti 11 si dispongono in un‟ampia diacronia, che va dal XIII al XIX sec. , ma le concentrazioni più significative riguardano il XVI e il XVII sec. Effettuata anche la raccolta sistematica dei reprti presenti nei cumuli di sabbia portati dalla zona di cava alla foce del Temo per il sottofondo della nuova pavimentazione: in tale contesto sono emersi reperti di ceramica di epoca romana databili tra il I sec. a.C. e il III sec. d.C., oltre a numerosi frammenti di epoca medievale. Il lavoro svolto sul campo ha permesso di identificare, grazie alla presenza di numerose sezione esposte da lavori condotti con mezzi meccanici, elementi utilizzabili per una valutazione della consistenza dei depositi archeologici presenti sull‟altura del castello di Serravalle di Bosa. Numerosi reperti ceramici databili dal XIII al XIX sec., sono riferibili alle varie fasi di utilizzo del sito e provengono da discariche d‟uso nell‟ambito di queste stesse attività: essi costituiscono anche preziosi indicatori di storia economica, essendo attribuibili a precise aree di produzione e cronologia talora circoscritte. Si lavora ancora sui reperti recuperati per poter eseguire la schedatura del materiale e conseguire dati storicoarcheologici di maggior dettaglio, al fine di una più esaustiva interpretazione della storia del castello di Bosa e delle relazioni economiche che fra Medioevo ed età moderna, hanno interessato il capoluogo della Planargia. Un settore d'indagine da completare è quello relativo all'individuazione e schedatura delle tecniche costruttive presenti nel castello, mentre un nuovo campo d'indagine dovrà certamente riguardare un'intensa ricognizione del territorio, con l'obbiettivo di delineare al meglio la maglia degli insediamenti rurali dipendenti o precedenti allo sviluppo del castello 2. M. Milanese, “Prima campagna di ricerche archeologiche nel castello di Serravalle”, in “Bollettino di archeologia”, A. 1997 n. 46-48 2 12 REGESTO Data Notizia Fonte Rif. 1016 Diplomi di investitura alle Repubbliche marinare di T1 Pag. 7 Pisa e Genova nei confronti della Sardegna 1112 Posa prima pietra nel castello T2 Pag. 8 1185 Prima modifica apportata alla struttura del castello T3 Pag. 16 1297 La Sardegna viene donata in feudo al Re d‟Aragona T4 Pag. 8 1300 ca. Costruzione Torre Maestra ad opera di Giovanni T5 Pag. 16 Capula Primo 1300 Costruzione torre pentagona da parte aragonese T6 Pag. 20 1308 Cessione del castello ai giudici d‟Arborea T7 Pag. 8 1323 Possesso ufficiale dell‟Isola da parte aragonese T8 Pag. 8 1328 Concessione del re Alfonso ad Ugone d‟Arborea T9 Pag. 8 1354 Mariano d‟Arborea possessione del castello T10 Pag. 8 XIV-XV Probabile costruzione chiesetta del castello T11 Pag. 24 1415 Rivolta armata tra Vescovado e Ufficiali aragonesi T12 Pag. 21 1421 Destituzione del castellano Pietro de Sant Johan T13 Pag. 9 1433 Nuovi ampliamenti ad opera del nuovo feudatario T14 Pag. 21 T15 Pag. 8 Pietro Ledesma 1478 Capitolo conclusivo del Giudicato d‟Arborea svoltosi a Bosa 1499 Bosa viene dichiarata Città Reale T16 Pag. 6 1528 Chiusura della foce del fiume per evitare attacchi via T17 Pag. 10 T18 Pag. 23 mare 1554 Simo Juan Miguel comprò il feudo di Bosa dalla famiglia Villamarin 1565 Feudo rimasto vacante, Filippo II lo riscattò T19 Pag. 10 1629 Feudo accorpato alla Corona T20 Pag.23 1870 Costruzione nuovo porto a Bosa T21 Pag. 6 1893 Primo intervento di restauro ad opera di F. Vivanet e T22 Pag. 22 D. Scano 13 1913 Castello utilizzato per le elezioni a suffragio T23 Pag. 23 universale 1935 Secondo intervento di restauri ad opera di A. Vicario T24 Pag. 28 1972 Ritrovamento affreschi nella chiesetta del castello T25 Pag. 25 1974-1975 Restauro della chiesetta del castello T26 Pag. 25 1994 Prima campagna di scavi archeologici nelle rovine T27 Pag. 11 2004 Ultimi restauri effettuati nelle rovine del castello D1 Pag. 28 CODIFICA DELLE FONTI BIBLIOGRAFICHE Testo Cod. A. Mastino, “Il castello, presenza quotidiana”, in S. Spanu (a cura di) “Il castello di T1 Bosa” A. 1981 A. Mastino, “Il castello, presenza quotidiana”, in S. Spanu (a cura di) “Il castello di T2 Bosa” A. 1981 F. Fois“Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alle fortificazioni in Sardegna” A.1961 T3 A. Mastino,“Il castello, presenza quotidiana”, in S. Spanu (a cura di) “Il castello di T4 Bosa” A. 1981 F. Fois“Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alle fortificazioni in Sardegna” A.1961 T5 F. Fois“Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alle fortificazioni in Sardegna” A.1961 T6 M. Pintor, “Bosa ed il suo castello” A. 1963 T7 M. Pintor, “Bosa ed il suo castello” A. 1963 T8 M. Pintor, “Bosa ed il suo castello” A. 1963 T9 M. Pintor, “Bosa ed il suo castello” A. 1963 T10 R. Sfogliano, “Il ciclo di affreschi tardo-medievale”, in S. Spanu (a cura di), “Il castello T11 di Bosa” A. 1981 F. Fois“Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alle fortificazioni in Sardegna” A.1961 T12 A. Mastino, “Il castello, presenza quotidiana”, in S. Spanu (a cura di) “Il castello di T13 Bosa” A. 1981 F. Fois“Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alle fortificazioni in Sardegna” A.1961 T14 A. Mastino, “Il castello, presenza quotidiana”, in S. Spanu (a cura di) “Il castello di T15 14 Bosa” A. 1981 A. Mastino, “Le origini di Bosa”, A. 1974 T16 A. Mastino, “Il castello, presenza quotidiana”, in S. Spanu (a cura di) “Il castello di T17 Bosa” A. 1981 F. Fois“Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alle fortificazioni in Sardegna” A.1961 T18 A. Mastino, “Il castello, presenza quotidiana”, in S. Spanu (a cura di) “Il castello di T19 Bosa” A. 1981 F. Fois“Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alle fortificazioni in Sardegna” A.1961 T20 A. Mastino, “Le origini di Bosa”, A. 1974 T21 A. Ingegno, “Storia del restauro dei monumenti in Sardegna dal 1892 al 1953” A.1993 T22 F. Fois“Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alle fortificazioni in Sardegna” A.1961 T23 A. Ingegno, “Storia del restauro dei monumenti in Sardegna dal 1892 al 1953” A.1993 T24 R. Sfogliano, “Il ciclo di affreschi tardo-medievale”, in S. Spanu (a cura di), “Il castello T25 di Bosa” A. 1981 R. Sfogliano, “Il ciclo di affreschi tardo-medievale”, in S. Spanu (a cura di), “Il castello T26 di Bosa” A. 1981 M. Milanese, “Prima campagna di ricerche archeologiche nel castello di Serravalle”, T27 in “Bollettino di archeologia”, A. 1997 n. 46-48 ARCHIVISTICHE Documento Cod. Studio Architetto G. Gallus D1 15 ANALISI ARCHITETTONICA DELLE ROVINE Torre maestra Torre pentagona Ingresso al castello Chiesetta Figura 6: planimetria castello di Bosa da S.Spanu, “Il castello Di Bosa”, A. 1981 Il castello di Serravalle di Bosa venne fatto costruire dai Marchesi Malaspina dello Spino secco. Da un punto di vista architettonico, il complesso, secondo gli studi compiuti da Raimondo Carta Raspi e da Foiso Fois, fu costruito in varie fasi, a partire dal secondo decennio del XII secolo, allorché vennero realizzate le quattro torri del mastio, collegate da una spessa muraglia, con uno schema simile a quello del castello di S. Michele di Cagliari. Altre importanti modifiche (come ad esempio i tre spalti terrapienati per la postazione di armi da fuoco ed il rivellino addossato al mastio) furono decise dai feudatari Pietro Ledesma nel 1433 e Giovanni di Villamarí, ammiraglio della flotta aragonese, a partire dal 1468. All‟interno della cinta, nella piazza d‟armi del castello, inglobata forse all‟inizio dell‟età aragonese, fu costruita nel XIV secolo la chiesa di S. Giovanni, poi di S. Andrea (oggi di N.S. di Regnos Altos), recentemente restaurata, al cui interno nel 1972 si rinvenne un notevole ciclo affrescato, fin qui riferito ad ambiente iberico. Osservando la planimetria (figura 6) del complesso fortificato di Serravalle è possibile distinguere due strutture compositive d‟insieme: le torri e la cinta perimetrale che si snoda seguendo la conformazione del terreno alla sommità della collina, ed il castello vero e proprio 16 con tutte le modifiche che gli furono apportate nel corso dei secoli. La superficie racchiusa dalla cinta perimetrale è di circa 10.000 metri quadrati. Il castello ne ricopre circa un quinto. Lungo la muraglia di Sud-Est vi sono quattro torri. Le prime due fanno parte della struttura del castello, l‟ultima, quella pentagonale si allaccia con la muraglia delle altre due torri Nord della fortificazione che la cinta lega alle rimanenti torri di Nord-Ovest. La prima modifica apportata alla struttura del castello dovrebbe essere stata fatta attorno al 1185 all‟epoca del matrimonio di Guglielmo marchese di Massa, Corsica e Sardegna dei marchesi Malaspina con Adelasia Malaspina figlia di Moruello. La modifica constava nell‟aggiunta delle quattro torri cantonali del castello. Di queste torri cantonali a forma di quadrilatero irregolare è rimasta quasi integra una sola: quella della spigola Ovest. I lati che avrebbero dovuto essere paralleli ai lati minori del Castello, sguanciati verso l‟interno, proteggevano nella facciata di Sud-Ovest le due feritoie, mentre in quella di Nord-Est il ponte levatoio. Alla fine del XIII secolo i Malaspina trattarono la cessione di Bosa all‟Aragona, e l‟architettura della Rocca di Serravalle subì un ulteriore modifica forse ad opera dei Giudici d‟Arborea che l‟ebbero nel 1308 dai Pisani che l‟avevano tolta dai Malaspina. Il torrioncello cantonale nord del castello venne sostituito da un‟altra torre, la cui costruzione, ricorda quella delle torri maestre dell‟Elefante, e di San Pancrazio di Cagliari, opere di Giovanni Capula architector optimus come è detto nelle lapidi inserite nella muratura e che le datano ai primi anni del 1300. Niente di più probabile che le tre torri siano dello stesso maestro e che il saggio architettonico di Bosa maturi quelli di Cagliari, più imponenti. 17 Prospetti della pianta del castello Figura 7: prospetto settentrionale Figura 8: prospetto meridionale Figura 9: prospetto principale Figura 10: prospetto trasversale 18 Le Torri del castello Figura 11: Torre maestra da F. Fois, “Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alla storia delle fortificazioni in Sardegna”A.1961 La grande torre di Bosa è costruita in tufo trachitico di color ocra chiaro; alla base il bugnato è realizzato con conci di trachite rossa. Tre palchi lignei e due volte in muratura consentivano le operazioni dalle feritoie e dalla difesa piombante. Fu restaurata nel 1893 ad opera della soprintendenza ai monumenti e sotto la guida dell‟ ingegnere Dionigi Scano e dell‟architetto Filippo Vivanet. Figura 12: Stemmi sanniti nella torre maestra da F. Fois, “Il castello Serravalle di Bosa”, in “I castelli della Sardegna medievale” A. 1992 19 Sulla parete esterna, quella a nord, furono in epoca imprecisata inseriti conci con due stemmi sanniti restaurati con la torre alla fine del secolo scorso. Quello a sinistra di chi guarda tramanda presumibilmente l‟arma di Aragona, quattro pali su fondo unito. Ma mancando il colore, non si ha la certezza che appartengano a questa famiglia. L‟altro stemma, più in basso di un filare di conci porta al capo l‟aquila dell‟impero e dalla destra del capo una banda traversa, fino alla sinistra del piede, dividendo lo scudo in due, agli opposti lati della banda due fiori a quattro petali, forse stilizzazioni decorativa di fiori secchi. Potrebbe trattarsi dello stemma dei Malaspina dello Spino secco anche se i dizionari di araldica lo indicano diversamente. Essi non possono essere utilizzati - come pure è stato fatto - per datare alla seconda metà del XV secolo la costruzione della torre maestra, dal momento che le fotografie ottocentesche testimoniano il totale rifascio della fortificazione in occasione dei moderni radicali interventi di restauro. In questo periodo le difese principali del castello erano i piombatoi della Torre maestra e delle mura e la scarpata costruita a modifica della verticalità di tutte le mura della Rocca. Nella facciata di nord-est del castello venne murata la porta del ponte levatoio per cui rimase aperta la sola porta verso la città, difesa dalla torre est ora distrutta. Più tardi la cinta muraria fu sopraelevata, sono ancora oggi leggibili nelle murature del lato Nord i merli occlusi in seguito alla sopraelevazione, e fu anche ulteriormente ampliata, con la costruzione di alcune tozze torri quadrate (si è pensato all‟epoca immediatamente successiva all‟arrivo degli Aragonesi, 1330 circa). Una seconda struttura muraria tecnicamente più curata rispetto alla preesistente, formante quasi un trapezio rettangolo, venne distesa oltre le due torri a pianta quadrata ad ovest e sud della prima cinta precedentemente descritta. Gli angoli Ovest e sud di questa nuova cintura assunsero forma di torri poligonali ma non più alte delle mura, formando, esternamente, solo una sporgenza di queste, allo scopo di deviare gli urti delle macchine murali e petrarie. Ai primi anni del „300 si può far risalire la elevazione della torre bastionata a pianta pentagona, sicuramente voluto da un feudatario aragonese, nell‟angolo Ovest dell‟aggiunta muraglia difensiva, là dove il muro assumeva forme poligonali. La seconda torre a pianta ottagona non fu sopraelevata oltre l‟altezza della cortina: in questo modo il complesso raggiungeva il perimetro di 300 m., intervallato da sette torri poligonali e quadrate, racchiudendo una superficie di oltre un ettaro. Esistono altri esempi rilevanti nel resto della Sardegna. 20 Figura 13: Torre pentagona da F. Fois, “Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alla storia delle fortificazioni in Sardegna”A.1961 La torre pentagona di Bosa, in trachite grigia è fasciata orizzontalmente da quattro bande di trachite rossa, la più alta delle quali è al piede scarpato, si compone di due piani in elevazione a travatura lignea e di uno a terra con volta ad arco ribassato, in muratura. Al secondo piano si hanno due feritoie: una rivolta a sud con vista nel medio corso del Temo, l‟altra rivolta a nord con vista nell‟estuario del fiume sul porto al mare. Le feritoie testimoniano strutture murarie studiate per la disposizione di mantelleti lignei a protezione degli arcieri. Questa torre è vuota all‟interno e dalla facciata rivolta alla piazza della fortificazione. Al primo piano, in ogni torre, due porte architravate consentivano il passaggio di sei soldati ai passi di ronda sistemati lungo la muraglia perimetrale che raccorda tutte le torri. Appartengono a questo periodo il rivellino triangolare aggiunto al frontone di sud-est del Castello, lato maggiore dell‟interno a protezione di due porte, e la trasformazione di parte dei metapirgi in terrapieni scarpati. Nel 1415 in Bosa ci fu una rivolta armata per contrasti sorti tra il vescovo e gli ufficiali aragonesi a motivo di alcuni redditi del Vescovado percepiti dagli Ufficiali. La rivolta fu soffocata sanguinosamente. Questa notizia della rivolta testimonia l‟esistenza nel castello di bocche da fuoco che giustificano precedenti e seguenti trasformazioni nella struttura e architettura della fortificazione. Nel 1433 ci sono state delle ulteriori modifiche dovute probabilmente al nuovo custode del castello di Serravalle: Pietro Ledesma; quali l‟apertura di una finestra da arco policentrico sulla facciata Nord-est del Castello, l‟abbassamento del muro di Nord-ovest per potervi costruire un bastione terrapienato, con merli aperti nel 21 parapetto distanziandoli fra loro dai quattro ai cinque metri con sguanci verso l‟esterno, al fine di consentire la postazione di armi da fuoco. l bastione in parte terrapienato doveva essere sostenuto da archi, perché uno è ancora visibile nella fotografia scattata alla Torre maestra durante i lavori di restauro del 1893. Figura 14: lavori di restauro del 1893 da F. Fois, “Il castello Serravalle di Bosa. Contributo alla storia delle fortificazioni in Sardegna”A.1961 Tracce di questi archi sono ancora visibili nella muratura, così come le undici bocche d‟aria o di fumo delle sottostanti casamatte, che qui erano costruite come parte integrante della fortificazione e, a giudicare dalla corda dell‟arco, capaci di ospitare almeno sei soldati di guardia. Di fianco alla porta aperta in questo periodo un bastione rotondo proteggeva una cisterna per l‟acqua. A sud-est del bastione un muro restaurato segna all‟esterno il luogo dove probabilmente era la torre i cui ruderi potrebbero trovarsi sbanchinando detriti a terra accumulati in forma di spalto terrapienato. Figura 15: torre maestra dopo i restauri del 1893 da F. Fois, “Il castello Serravalle di Bosa”, in “I castelli della Sardegna medievale” A. 1992 22 Appare chiaro che il restauro operato nel 1893 non tenne in nessun conto storico le sovrapposizioni murarie che modificarono la struttura originaria, e , nel cercare di ricomporre l‟architettura primigenia, distrusse importanti indicazioni architettoniche per la ricostruzione della fortificazione. Uno spalto terrapienato fu creato a ridosso del muraglione esterno di sud-ovest. Il castello passo di mano in mano a svariati marchesi, principi e duci, quando poi nel 1554 Simò Juan Miguel comprò da Isabella di Villamarì la quarta parte di “Bosa nella Planargia”. Fu la fine del feudo e forse da questi anni ebbe inizio lo smantellamento del castello. Il fiume fu ostruito e rimase perenne difesa alle incursioni piratesche, ma fu la causa e la decadenza del porto di Bosa e del conseguente abbandono del castello di Serravalle. Nel 1629 circa il feudo venne accorpato al patrimonio della Corona. Il castello più tardi passò come tutti i monumenti sotto la giurisdizione dello Stato e la frazionata Planargia non ebbe più feudatari. Questa situazione durò per quasi tre secoli, fino all‟ottobre 1913, quando parte del castello. Abitato dai meno abbienti del luogo, venne utilizzato per ospitare i politici in occasione delle prime elezioni a suffragio universale. Attualmente sono in corso massicce opere di restauro che interessano tutte le strutture del castello, la chiesa e le mura di cinta, atte a restituire ad un moderno e proficuo utilizzo una parte così importante della storia non solo di Bosa ma di tutta la Sardegna. Le condizioni in cui versa il castello sono critiche, per l‟azione combinata degli agenti atmosferici e per la totale mancanza di manutenzione che, se da un lato hanno preservato la struttura da possibili rimaneggiamenti, dall‟altro hanno permesso il lungo degrado. Numerose e accurate analisi hanno evidenziato dei problemi nelle fondamenta, dove la roccia risulta lesionata e sfaldata. Anche l‟azione delle radici di piante infestanti cresciute sulle mura in piena libertà, hanno causato danni ai materiali e alle strutture in concomitanza con l‟umidità che affiora dal terreno e che sta minando i materiali di costruzione, attaccati da microorganismi che proliferano in questa particolari condizioni atmosferiche. Oltre al completo restauro delle mura si è contemplata la possibilità di ricostruire il camminamento delle sentinelle per permettere la visione di un panorama ineguagliabile. 23 Nostra Signora di Regnos Altos ed i suoi affreschi tardo-medievali Figura 16: visione interna della chiesa dall'abside da S. Spanu, “Il castello Di Bosa”, A. 1981 La chiesa, in origine intitolata a San Giovanni e descritta nel sommarione del vecchio catasto quale chiesa di Sant‟Andrea, è dedicata alla Vergine de sos Regnos Altos fin dal secolo scorso, poiché con questo nome lo ricorda lo Spano. Essa è situata all‟interno delle mura del Castello di Serravalle, ed era utilizzata come chiese del rione di “Sa Costa” per i suoi abitati. Oggi vi viene celebrata la festa di Nostra Signora di Regnos Altos ogni seconda domenica del mese di Settembre con celebrazione per tutta la settimana. Figura 17: pianta della chiesa del castello da S. Spanu, “Il castello Di Bosa”, A. 1981 L‟edificio (figura 17) si presenta allo stato attuale come un‟aula rettangolare conclusa da un abside semicircolare, con un ingresso principale in facciata spostato sulla sinistra rispetto 24 all‟asse mediano, e un secondo ingresso sul lato lungo di sinistra cui corrispondono, dalla parte opposta, due povere stanzette che fungono da sagrestia e da alloggio nei giorni di festa. Tuttavia appare evidente che soltanto la prima parte dell‟edificio, più o meno una metà, appartiene alla costruzione primitiva, mentre la restante porzione, con gli annessi locali sulla destra, è una aggiunta recente, forse dei primi del XX secolo, quando la cappellina fu ampliata per motivi di culto. Nel 1972 la Soprintendenza ai Beni A.A.A.S. di Sassari scopriva fortuitamente sotto diversi strati di intonaco i dipinti murali che decorano la chiesetta , o più propriamente la parte primitiva della costruzione, sita all‟interno del perimetro delle mura del castello di Bosa. Nessuna memoria è invece degli affreschi: il Valery, il Lamarmora e gli altri “voyageurs” tacciono in proposito; segno, questo che risale ad epoca lontana, giacché un tale monumento di pittura antica non sarebbe di certo sfuggito ad un attento osservatore come il canonico Spano nella sua “Storia de pittori sardi”. La presenza degli affreschi segnala la chiesa originaria, che doveva essere diversamente orientata, come dimostra il fatto che il ciclo, oltre ad essere lacunoso, è anche incompleto e tagliato in vari punti dalle aperture praticate più tardi e dalle mensole d‟appoggio delle capriate di una copertura che abbassava l‟altezza del soffitto, distruggendo il busto e la testa delle figure dipinte nel registro superiore. I dipinti,eseguiti con la tecnica dell‟affresco risultano cosi distribuiti: 12mq sulla controfacciata; 25mq sulla parete destra; 19mq sulla parete sinistra. Per quanto riguarda la datazione della chiesetta, gli storici concordano nell‟assegnarla al sec. XV, poiché sorge poco più indietro dello spalto terrapienato addossato al muraglione esterno di sud-ovest, creato durante gli ultimi rimaneggiamenti delle fortificazioni, che si andavano adattando alle armi da fuoco. Prima di passare all‟analisi iconografica e stilistica del ciclo, è opportuno dare qualche cenno all‟intervento di restauro effettuato tra la fine del 1974 e l‟inizio del 1975, e consistente nel consolidamento dell‟intonaco di supporto dell‟affresco sollevato e privo di coesione con la muratura sottostante; nella rimozione nei vari strati di scialbatura; nel rifacimento delle parti mancanti dell‟intonaco e nella stuccatura delle lacune presenti sulla superficie affrescata; nel fissaggio del colore e nell‟integrazione pittorica delle lacune, mediante colori ad acqua, secondo il tradizionale metodo del rigatino verticale o della macchia, al fine di riequilibrare e armonizzare il tono dell‟insieme. Il ciclo che si ispira a scene del Nuovo Testamento e alla vita dei santi, abbandonando così i temi simbolici e apocalittici prediletti in età romanica e assumendo un carattere narrativo, è articolato su due registri divisi da una cornice 25 marcapiano a mensole che finge prospetticamente una membratura architettonica. Procedendo da destra verso sinistra il registro superiore, mutilo della cintola in su all‟incirca delle figure rappresentate, presenta l‟Adorazione dei Magi, l‟Ultima Cena, i Dottori della Chiesa e gli Evangelisti; in basso, una teoria di Santi che si prolunga nella controfacciata (figura 18). Su questa, in alto, è parzialmente visibile il gruppo di S. Martino a cavallo con il povero, accanto al quale un gigantesco S. Cristoforo occupa l‟altezza di entrambi i registri. A sinistra della porta, un incerto S. Giorgio e in due scomparti sottostanti l‟ Angelo Annunziante e la Vergine Annunziata. Sulla parete sinistra in alto è rappresentata un‟altra teoria di Santi, dei quali alcuni in abito francescano ed altri di difficile lettura, perché gravemente lacunosi e in cattivo stato di conservazione; il registro inferiore illustra la leggenda del Confronto dei tre vivi e dei tre morti e il martirio di San Lorenzo (figura 19). Tutte le scene sono scompartite mediante semplici linee divisorie a tinta unita, nei due sensi, orizzontale e verticale, e come distese di colore unite si offrono anche agli sfondi, con rare eccezioni. L‟insolita commistione di elementi antichi e moderni percepibile da una prima ricognizione, insieme alla ripetizione di alcuni stilemi di evidente origine spagnola, ha indirizzato questa ricerca verso l‟area della pittura dei Pirenei spagnoli, escludendo l‟ambito figurativo italiano del 300. Una breve indagine sui motivi iconografici che compongono il ciclo non sarà inutile all‟individuazione dell‟ambiente di provenienza dell‟ignoto frescante, pur se è logico supporre la presenza di aiuti, l‟insieme si dimostra concepito in forma unitaria, sia nell‟interpretazione arcaicizzante della storia sacra, sia nei tipi fisionomici raffigurante e nell‟impostazione delle scene e dei singoli personaggi, sia infine nelle ripetizione delle vesti e dei particolari decorativi. Gli affreschi, dopo la loro analisi, vengono riferiti alla fase del gotico cosiddetto lineare, sviluppatosi in Spagna a partire dagli ultimi decenni del sec. XIII e perdurante nelle regioni del Nord, Aragona, Galizia e Navarra, ancora nel XV sec.. La condizione figurativa che sta alla base del ciclo induce ad escludere ogni influenza italiana, tanto giottesca quanto senese, com‟ è dimostrato dalle linee di tendenza predominanti nei nostri dipinti. Il riferimento più calzante per siffatti intenti formali è con gli affreschi del maestro Juan Oliver nella Cattedrale di Pamplona (intorno al 1330), nei quali si ritrovano i caratteri descritti, anche se con più marcata intensità espressiva. Si avanza qui l‟ipotesi che autore del ciclo sia un pittore provinciale proveniente dalle citate regione spagnole del Nord, e più probabilmente da Navarra, dal linguaggio ancora intriso di moduli ritardatari e fondato su schemi compositivi arcaicizzanti, nel complesso povero di soluzioni formali adeguate alla varietà di situazioni , 26 episodi e personaggi rappresentati. E invece eccezionale l‟importanza del ciclo come testimonianza di una cultura poco nota e in relazione alle devastazioni che le vicende storiche hanno operato sul patrimonio di affreschi della Sardegna, un tempo assai consistente e oggi assottigliato in uno sparuto numero di esempi. La tendenza a conservare e trasmettere schemi superati, pur raccogliendo altri stimoli che non portano a innovazioni sostanziali, spiega la difficoltà di determinare una datazione precisa per il mostro ciclo, presentando questi elementi che oscillano in un arco di tempo abbastanza lungo, tra l‟ultimo decennio del sec. XIV e i primi due del XV. Non ci sono però considerazioni che vietino di ritardare la datazione proposta fino alla metà del XV sec., qualora si accertasse che la costruzione dell‟edificio è da riferire all‟epoca degli adattamenti della cinta muraria ad opera di Pietro Ledesma. La presenza di un pittore sardo è evidentemente connessa con il programma culturale attuato dagli Aragonesi nell‟isola, che data dopo l‟inizio del sec. XV ed ha come cardine l‟allontanamento degli ordini monastici toscani a tutto vantaggio degli Ordini Mendicanti, soprattutto francesi, ed è il caso di sottolineare che Santi nell‟abito dei confratelli compaiono anche nei dipinti di Bosa3. Figura 18: Affresco registro superiore e inferiore, parete destra da S. Spanu, “Il castello Di Bosa”, A. 1981 Figura 19: registro superiore e inferiore parete sinistra da S. Spanu, “Il castello Di Bosa”, A. 1981 3 R. Sfogliano, “Il ciclo di affreschi tardo-medievale”, in S. Spanu (a cura di), “Il castello di Bosa” A. 1981 27 ANALISI DELL’ INTERVENTO DI RESTAURO IN ESAME L‟intervento di restauro che andremo ora ad analizzare è stato compiuto dallo Studio dell‟Architetto Gallus, con l‟aiuto del Geom. Cristian Manca. Si tratta dell‟ultimo restauro subito dal castello ed ancora in corso d‟opera, per l‟ esattezza ha inizio nel 2004. La documentazione qui sotto riportata ed analizzata proviene dalla relazione tecnica del restauro del castello Malaspina II lotto, progetto esecutivo del 14/01/2003. Il primo intervento di restauro subito dal castello solo però della torre maestra, come abbiamo già detto parecchie volte, è stato nel 1893 ad opera degli architetti F. Vivanet e D. Scano, ed un secondo subito parecchi anni più tardi, nel 1935 ad opera di A. Vicario, dedicato però al consolidamento dell‟intero perimetro murario. Dopo sono stati fatti diversi restauri ma non significativi. I lavori di restauro, considerate la difficoltà d‟intervento nelle pareti esterne poste sulla rocca, e lo stato di degrado del monumento, saranno dettate dalle emergenze evidenziate nella fase di rilievo e di modulazione del presente progetto, e successivamente verificate nel corso dei lavori, a seguito dell'innalzamento dei ponteggi che consentiranno una verifica puntuale dello stato delle murature, attualmente irrealizzabile, come si è potuto appurare nel corso dei lavori del primo lotto d'intervento, ultimati di recente. Procedure dell'intervento di restauro: Vegetazione : (figura 20) accurata rimozione degli elementi vegetali infestanti mediante asportazione manuale, ove possibile, il diserbo dovrà essere preceduto da trattamenti con diserbanti, previa opportuna valutazione sul tipo di prodotti da utilizzare limitando tale intervento ove strettamente necessario. Successivamente si effettuerà un lavaggio con acqua pulita, in modo da asportare residui di materiale, a pressione moderata. Efflorescenza : (figura 21) nei casi di disgregazione, sia degli intonaci sia della parte corticale delle murature di base, interessate dal fenomeno di risalita capillare, si dovrà procedere alla rimozione delle cause mediante l'intervento di deumidificazione del piede murario con la realizzazione di una barriera chimico fisica che impedisca la risalita. Nell'apparato murario a vista si procederà, previa pulitura delle parti incoerenti, al consolidamento della superficie con prodotti riaggreganti a base di acido siliceo applicati a pennello sino a rifiuto. 28 Dilavamento: rimozione delle tracce di intonaco degradato e incoerente, scarnitura dei giunti e formazione di nuovo intonaco compatibile con le caratteristiche tecniche della materia di supporto, da realizzare con il confezionamento di malte identiche a quelle esistenti, previa campionatura; Patina biologica: rimozione dei muschi e dei depositi organici tramite cicli di lavaggio con acqua nebulizzata e spazzole di saggina, scarnitura e stilatura dei giunti, delle murature interessate, con malta di calce aerea; Assenza di malta nei giunti: (figura 22–23) rimozione della malta decoesa nei giunti, consolidamento della tessitura muraria con applicazioni di prodotti consolidanti effettuate con iniezioni, stilatura con malta composta da grassello di calce, sabbia e additivi polimerici, tale da ricostituire le proprietà tecnico meccaniche analoghe alla malta originaria. Per realizzare un cromatismo più armonico si procederà alla miscelatura di polveri o inerti, di granulometria opportuna, realizzate dalla macinatura o pestatura di conci della stessa natura di quelle costituenti la muratura; Erosione, Corrosione, Esfoliazione ed Alveolizzazione: (figura 24-26) rimozione e pulizia della superficie muraria degradata (conci di calcare, tufo), mediante l'utilizzo di acqua e spazzole di saggina, soffiatura, con attrezzatura erogante acqua a bassa pressione, in modo da garantire un sottofondo stabile di ancoraggio. Per il consolidamento di porzioni di muratura si procederà con iniezioni o colatura di prodotti riaggreganti adesivi composti da resine sintetiche miscelate con calce idraulica e inerti di pietra macinata della stessa natura di quella preesistente. Nelle parti di muratura dove i fenomeni di alveolazione ed erosione risultano essere particolarmente accentuati, si procederà alla sostituzione dei conci più degradati con il metodo del " cuci e scuci" utilizzando del materiale delle stesse caratteristiche fisiche, cromatiche e dimensionali di quello esistente, in modo da ricostruire la continuità della muratura originaria. Successiva rabboccatura dei giunti con malta di calce idraulica e inerti selezionati. Lavaggio con acqua nebulizzata delle superfici aggredite dal fenomeno di esfoliazione con l'ausilio di spazzole di saggina in modo da rimuovere la patina superficiale incoerente, successivo consolidamento con l'utilizzo di prodotti riaggreganti (resine siliconiche), applicati a spruzzo o a pennello, stuccatura con getto armato di sostanze epossidiche e polvere di pietra; Perdita parziale (crollo): (figura 27-29) ricostruzione del paramento murario crollato con l'utilizzo di conci di pietra della stessa natura, cromatismo e caratteristiche di quella originaria, 29 successiva stilatura dei giunti con malta di calce idraulica miscelata con inerti dello stesso tipo; Dissesto: (figura 30) consolidamento dell'apparato murario esterno mediante le seguenti disposizioni:  realizzazione di perforazioni con ausilio di carotatrice rotante in modo da non  causare dissesti, di diametro di due o tre centimetri con interasse di 30 - 40 cm.;  appropriata; inserimento di piccoli tubi per iniezioni e loro ancoraggio alla muratura con malta stuccatura di tutti i giunti superficiali e lesioni in modo da prevenire l'uscita della malta d'iniezione, utilizzando malte diverse da quelle consolidanti, preventivamente scelte in base a prove su campioni, confezionate con malta a base di calce idraulica miscelata con inerti derivati dalla macinatura di conci dello stesso tipo di quelli  esistenti; lavaggio controllato, zona per zona, utilizzando il procedimento dei mini cantieri (1 mq.) con acqua pulita, immessa nei boccagli predisposti per caduta o a bassa pressione, in modo da rimuovere le parti di malta incoerente e garantire la bagnatura   della muratura indispensabile per una corretta procedura di consolidamento; Stuccatura delle zone dove sia stata evidenziata la fuoriuscita dell'acqua di lavaggio; iniezione di boiacca a base di legante idraulico speciale mescolato con acqua di composizione chimica che escluda la possibilità di reazione chimica con i sali (solfati, carbonati, nitrati, cloruri, ecc.) presenti nelle murature da consolidare, che abbiano le caratteristiche di consistenza (plastica, fluida, superfluida) e conseguente lavorabilità, variabile a seconda del dosaggio del legante e dell'acqua che si dovesse  prevedere a seguito delle analisi, in corso d'opera, previste nella diagnostica;  compatibilità chimico - fisica e meccanica con la muratura preesistente;  buona resistenza a cicli gelo - disgelo;  adeguate proprietà meccaniche; buona resistenza all'attacco di sali solubili. Per evitare sia il rallentamento di presa della malta (temperature basse), sia la lavorabilità (temperature elevate), la malta dovrà essere applicata in condizioni con temperatura ambiente non inferiore a 5 - 6° C. e superiore a 40°; 30  l'immissione della malta dovrà essere realizzata, ove possibile, dal basso verso l'alto facendo la massima attenzione ad una eventuale fuoriuscita della malta  consolidante; verifica della quantità di malta assorbita da ciascun foro. Lavori di restauro previsti: 1) Verifica attraverso un‟accurata diagnostica, che sarà effettuata nel corso dei lavori successivamente alla realizzazione del ponteggio e delle opere previsionali, dei fenomeni di dissesto strutturale( fessurazioni, lesioni, fenomeno di espulsione, ecc), rilevati in modo accentuato all'interno della parete sinistra della torre maestra (fenomeno di distacco) e all'esterno dell'angolo destro del prospetto posteriore (fenomeno di espulsione del cortinamento causato da presso flessione) e dello stato tensionale dei materiali (paramento lapideo, malte, intonaci, ecc); 2) Accurato diserbamento degli elementi vegetali infestanti, eseguito a mano presenti nell'apparato murario, sull' estradosso delle volte a botte e sul coronamento murario, previa estirpazione mediante taglio eseguito a mano della vegetazione emergente le mura e successiva iniezione di diserbante chimico, preventivamente testato, in modo da essiccare l'apparato radicale incuneato nella muratura e negli intonaci, per facilitare l'estirpazione dell'infestante e limitare l'eventuale dissesto delle parti di ancoraggio. Successivo ripristino dei vuoti con malta a base calce idraulica ed inerti(coccio pesto) o inserimento, ove si rendesse necessario, di conci di pietra in sostituzione dei vuoti. Successiva stilatura dei giunti con malta in coccio pesto. 3) Accurata pulizia delle pareti esterne Nord intonacate, prospicienti il terrapieno a valle, infestate dalla patina biologica (muschi, licheni, depositi organici) tramite cicli di lavaggio con acqua nebulizzata, ove si rendesse necessario con l'ausilio di pompe a bassa pressione (sistema tipo Jos), e spazzole di saggina. 4) Realizzazione di ricucitura delle lesioni gravi, presenti in alcune parti della muratura e particolarmente evidente nella torre maestra, con il sistema di microchiodatura mediante perforazione in prossimità della lesione e il successivo inserimento di barre metalliche(acciaio inox) ad aderenza migliorata di opportuna sezione, protette con resina resistente, successiva immissione di resina consolidante, taglio delle testate dell'armatura, chiusura dei fori; 31 5) Consolidamento interno dell'apparato murario dissestato mediante l‟iniezione di malte consolidanti a base calce addittivata con fluidificanti, da effettuare all'interno dell'apparato murario, per caduta, ove possibile, o mediante l'ausilio di pompa a bassa pressione fino a rifiuto completo del prodotto, previo lavaggio con acqua pulita da iniettare per caduta o a bassa pressione all'interno di tubi, opportunamente inseriti nella muratura, successiva sigillatura dei giunti con malta a base calce, in modo da far precipitare le malte interne incoerenti e bagnare nel contempo la muratura interna. 6) Ripristino dei paramenti murari in coccio pesto da porre in opera nell' estradosso della volta a botte, nei coronamenti murari (copertine, estradosso, ecc), nelle parti laterali (testate dei muri) e nella ricostruzione delle parti di muratura con evidenti fenomeni di alveolizzazione superficiale. Nel caso di alveolazioni profonde si adotterà il sistema cuci – scuci. 7) Restauro e consolidamento di tutti i vecchi intonaci da mantenere mediante l'ausilio di prodotti (estere etile di silice) a soluzione, armati con fibre di vetro, da dare a mano in modo da conservare l‟intonaco originario esistente. 8) Sarcitura delle murature con il metodo scuci - cuci su tutte quelle parti di muratura esterna che presentano alveolazioni profonde e distacchi lapidei consistenti, per cui si prevede anche la reintegrazione del paramento murario utilizzando materiale lapideo identico per caratteristiche e cromia a quello originario. Per l'approvvigionamento dei conci lapidei necessari si provvederà al recupero di parti crollate presenti, in alcuni tratti, alla base dei muri, o in cave di prestito. 9) Protezione finale delle malte e dei paramenti murari in pietra mediante l‟utilizzo di prodotti impregnanti ad effetto idrofobizzante a base di organo – silossani oligopolimeri . 10) Puntellamento complesso di archi e volte, da realizzare prima degli interventi di restauro, con struttura metallica o lignea, compresa di puntelli, centine, controventature, ecc, realizzata nel rispetto della L. 494 e 626, previo calcolo da eseguire nel corso dell'accantieramento da parte dell'Impresa, a seguito dell'autorizzazione da parte della D.L. e del Responsabile della Sicurezza, il tutto eseguito in modo da garantire sia la sicurezza alle maestranze sia alle strutture. 32 11) Esecuzione di ponteggio speciale a norma perfettamente ancorato alla muratura e alla rocca rachitica. I lavori che riguardano il secondo intervento proposto si articolano in tre fasi fondamentali: 1) completamento del restauro e consolidamento delle torri e dell‟apparato murario medioevale; 2) realizzazione della struttura polivalente prevista all‟interno dell‟antica piazza d‟armi, compresa la dotazione di scale lignee di accesso alla torre maestra, la realizzazione del camminamento di guardia, la realizzazione all‟interno della torre di guardia di un punto di informazione ed esposizione, con prodotti multimediali, dei lavori eseguiti ed in corso di esecuzione e della storia dei castelli medioevali Sardi; 3) realizzazione del parcheggio, ipotizzato ai piedi del colle Serravalle, previsto nel progetto generale, già in possesso dei nullaosta, di un parco giochi attrezzato, di camminamenti lungo i terrapieni più accessibili del colle Serravalle, del completamento dell‟impianto di illuminazione interno ed esterno delle mura, delle torri e della strada carrabile. Oltre a tali lavori è stato accantonata una somma per quelle attività di promozione e formazione che consentiranno una visibilità più completa del monumento. Nello specifico i lavori previsti riguardano: 1) Completamento della campagna di scavo archeologico nelle aree individuate nel corso delle campagne precedenti, l‟ultima in corso di esecuzione, di particolare interesse storico. Tali lavori sono propedeutici ed indispensabili per una lettura delle fasi di costruzione del monumento, che serviranno alla ricostruzione virtuale del maniero, ed alla verifica, in corso d‟opera del dimensionamento nella fase di consolidamento delle fondazioni. Tale procedura è stata utilizzata nel corso dei lavori del primo lotto. I reperti, alquanto numerosi, scoperti nel corso degli scavi e i disegni documentali e le foto dei lavori saranno esposti, dopo una cernita effettuata dagli archeologi, nel museo della città. 2) Restauro e consolidamento delle torri e delle mura mediante la seguente metodologia:  Pulizia e diserbamento delle aree d‟intervento e delle parti murarie, sia in elevato che sul terreno, da realizzare interamente a mano con il solo ausilio, ove necessario, di attrezzi minimi, facendo la massima attenzione a non creare traumi, nel corso 33 dell'estirpazione, alle murature. Nei casi in cui risultasse impossibile estirpare l'apparato radicale si ipotizza l'utilizzo di sostanze chimiche atte all'eliminazione dello  stesso. Consolidamento sottofondale prevista con pali armati o sottomurazioni che saranno messi in opera al di sotto del piede delle murature e delle torri in modo da creare un supporto stabile alle fondazioni esistenti. Tali lavori saranno eseguiti nelle parti delle murature in cui sono evidenti fenomeni di dissesto riconducibili a cedimenti sottofondali. Per evitare sollecitazioni all‟apparato murario esistente si procederà alla realizzazione dei fori di allettamento dei pali armati mediante l‟ausilio di carotatrice a rotazione, di seguito sarà inserita l‟armatura di barre di acciaio inox, di dimensione adeguata al calcolo esecutivo, ed infine sarà immessa, della malta consolidante a base calce, già utilizzata nel primo lotto d'intervento. Queste lavorazioni saranno dimensionate a seguito dell'indagine archeologica prevista nel corso della quarta campagna di scavi presente in questo progetto, in modo da verificare con assoluta  certezza lo stato delle fondazioni. Cucitura delle lesioni gravi presenti in alcune parti murarie( lato sinistro interno della torre maestra) mediante microchiodatura armata tramite realizzazione dei fori con l‟ausilio di carotatrice, inserimento dell‟armatura con barre di acciaio inox, successiva immissione a bassa pressione di malta consolidante compatibile con la natura delle murature. 3) Risanamento e consolidamento dell‟interno delle murature mediante pulitura dell‟interno con immissione di acqua a bassa pressione in modo da asportare la malta degradata ed incoerente, successiva predisposizione delle cannule da infiggere nella muratura per l‟immissione della malta consolidante a base calce già utilizzata e testata nel corso dei lavori del primo lotto. Il consolidamento previsto sarà testato e verificato, nella prima fase, con l'utilizzo dei mini cantieri. 4) Prima delle operazioni suddette si prevede un puntellamento complesso, necessario nelle fasi di consolidamento delle murature, in modo da contrastare eventuali spinte che, con l‟immissione della malta consolidante, dovessero combinarsi. Tale puntellamento sarà previsto con le paratie di protezione; sostruzione delle murature mediante il metodo scuci – cuci nelle parti in cui sono presenti alveolazioni profonde o crolli del cortinamento. Queste lavorazioni, testate e realizzate nel primo lotto d‟intervento nelle parti murarie a rischio di 34 crollo, saranno eseguite con la metodologia dei mini cantieri, di circa due mq, in modo da garantire la stabilità delle murature oggetto d'intervento. 5) Ripristino dell‟esterno delle murature mediante l‟integrazione delle parti murarie degradate con elementi similari, sia cromaticamente sia tipologicamente (pezzatura, forma), con la realizzazione, ove necessario, di reintegrazioni con malta a base calce, in coccio pesto, realizzato con malta di calce ed inerti, preparati in cantiere mediante macinatura con molazza o pestatura a mano, dello stesso tipo di quelli presenti nella muratura originaria. 6) Protezione finale del manufatto con stesura a più mani di estere etile di silice atta al consolidamento del supporto corticale delle mura e a renderle impermeabile all‟acqua nel rispetto dei cromatismi originali. Tutte le lavorazioni descritte sono state testate e realizzate nel primo intervento. I lavori infrastrutturali comprendono inoltre la realizzazione della scala di accesso alla sommità della torre maestra in modo da consentire ai visitatori l‟accesso ad uno dei punti di vista panoramici più significativi ed affascinanti. 7) La scala sarà realizzata con struttura portante in acciaio zincato e verniciato (figura 31), di colorazione da determinare in corso d'opera di concerto con la Soprintendenza, le rampe della scala e i piani calpestabili del percorso saranno costituiti da elementi in lamiera bugnata antiscivolo e profili pressopiegati a freddo in lamiera di acciaio zincato con sezione a C. Gli elementi della struttura portante saranno zincati a caldo e i collegamenti in opera saranno eseguiti con giunti bullonati ad attrito. La scala poggerà su quattro colonne e sarà collegata alla struttura muraria a livello del primo pianerottolo e del piano di arrivo; le rampe saranno sostenute da mensole. La struttura del percorso pedonale sarà costituita in modo analogo impiegando per le colonne e per le travi. Le strutture previste non alterano le opere murarie oggetto del restauro e richiedono solo l‟esecuzione di modesti plinti di fondazione. 8) Una balaustra di protezione in metallo disegnata e realizzate seguendo le norme di sicurezza. La scala di collegamento ai vari piani sarà anch‟essa in acciaio provvista di balaustra di protezione a norma di legge. La partenza della scala è ipotizzata al lato dell'ingresso della torre di guardia, si articolerà in due rampe rettilinee che porteranno alla quota dell'unica fornice presente nella muratura, posta sulla destra della torre maestra, in modo da consentire sia l'affaccio, dalla fornice, verso l'interno della valle del temo, con una 35 visione seriale, particolarmente suggestiva, della chiesa romanica di S. Pietro extramuros, sia una vista in quota dell'impianto planimetrico del mastio. Dalla quota del camminamento si accederà alla prima rampa di salita alla torre maestra, e alla rampa di collegamento del camminamento di guardia del mastio. Come già accennato, verrà ripristinato il camminamento di guardia sulle mura mediante la realizzazione di un pavimento, ove la larghezza delle mura lo consentirà, in coccio pesto che verrà integrato, nelle parti molto strette, con un camminamento in impalcato di legno lamellare. Tutto il percorso sarà protetto da una balaustra in ferro zincato e colorato (figura 32), di fattura e forma semplice dimensionata nel rispetto delle leggi sulla sicurezza. La salita e discesa del percorso sarà consentita tramite i terrapieni cinquecenteschi presenti all‟interno del recinto e la scala di collegamento descritta in precedenza. I lavori prevedono il completamento dell‟impianto di illuminazione dell‟esterno delle mura e delle torri, previsto con corpi illuminanti occultati, con lampade di cromia base ocra per le murature, e cromie bianche per le torri, in modo da differenziare le componenti delle mura. Tali differenziazioni cromatiche luminose saranno verificate in corso d'opera e concordate con la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Monumentali. E‟ prevista anche l‟illuminazione delle pareti interne della cinta muraria e delle torri. Nelle aree destinate a manifestazioni culturali e ludiche saranno installati di totem elettrici a scomparsa. 9) Sempre all‟interno del progetto è previsto il completamento dell‟impianto di illuminazione della strada di accesso carrabile, predisposto nel corso dei lavori del primo lotto, con la fornitura e posa di corpi illuminanti, a medio fusto, da concordare in fase esecutiva con la Soprintendenza. 10) Realizzazione, all‟interno della torre di guardia situata all‟ingresso del maniero, di un centro di documentazione multimediale relativo ai lavori eseguiti, a quelli in corso di realizzazione e, con successivi aggiornamenti, a quelli previsti nel presente progetto. 11) Nella torre di guardia è prevista la realizzazione di una parte della copertura, a volta a botte, attualmente crollata, prevista con struttura metallica centinata, seguendo rigorosamente il raggio di curvatura di quella originaria, coperta da lastre in policarbonato o simili. 36 All'interno è prevista la realizzazione di un pavimento in impalcato ligneo, collegato con l'ingresso mediante una rampa in legno lamellare provvista di balaustrata di pendenza, dimensione e forma secondo i dettami della normativa abbattimento barriere architettoniche, posto a quota superiore al piano di calpestio attuale, composto da una struttura portante provvista di martinetti e travi reticolari su cui si poserà l'impalcato ligneo. Il centro sarà arredato con poltroncine, con uno schermo gigante, con un totem informatico. Un sistema audiovisivo provvisto di traduttore simultaneo in varie lingue completerà la dotazione del centro. Il centro ospiterà una mostra dei castelli medioevali della Sardegna e la ricostruzione ipotetica, scaturita da indagini filologiche - storiche nonché dai risultati degli scavi archeologici effettuati e previsti, dell‟impianto originario del castello Malaspina di Bosa. Saranno inoltre esposti e messi a disposizione documenti librari e brochure informativi sui manieri medioevali. 12) Realizzazione della struttura polivalente a copertura velica (figura 33), completamente smontabile, già provvista di nullaosta, composta da:  una pavimentazione lignea realizzata con una struttura portante metallica e dei quadrotti di circa 1.00 mq. Composti da struttura d‟appoggio in grigliata e pavimentazione in legno massello lamellare. La pavimentazione sarà coperta da una tensostruttura velica, dimensionata sull‟area dell‟antica piazza d‟armi composta da travatura portante in acciaio reticolare e copertura in tessuto. E‟ prevista la fornitura e posa, differenziata secondo le varie funzioni (mostre, spettacoli, convegni, ecc) di pannelli di chiusura da ubicare ai lati della struttura. E‟ prevista anche la fornitura degli arredi (sedie, tavoli, schermo, ecc) e degli impianti tecnologici, audio, video, ecc.,al servizio delle varie funzioni. 13) Realizzazione della rampa di accesso al castello, prevista in legno lamellare, per disabili, da ubicare all'ingresso del castello e collegata con l'area espositiva prevista all'interno del mastio e con la torre di guardia tramite rampe in legno lamellare. 14) Il progetto prevede, in alcune aree del colle di Serravalle, la realizzazione di camminamenti esterni indispensabili per la visita all'esterno del castello della compagine della cinta muraria esterna e delle torri. I camminamenti seguiranno le linee guida dei terrazzamenti esistenti. E' previsto il risanamento e ristrutturazione dei muri di contenimento in muratura a secco, attualmente in grave stato di degrado. 37 Tale intervento prevede la rimozione dei muri a secco, uno scavo a sezione ristretta, la realizzazione di muri di contenimento, il rivestimento degli stessi con le stesse pietre dei muri originali. Tali lavorazioni sono già state effettuate e autorizzate dalla Soprintendenza, per i muri di contenimento della strada carrabile, nel corso dei lavori del primo lotto. A protezione dei camminamenti previsti lungo i terrazzamenti, sarà messa in opera una balaustrata in ferro zincato colorato, in modo da mantenere il coronamento murario attuale. I camminamenti previsti nel colle Serravalle saranno dotati di opportuna illuminazione radente, parallela all'andamento del percorso, con corpi illuminanti occultati. La pavimentazione è prevista con basole di basalto e trachite tessute ad "Opus incertum" con fughe larghe, in modo da consentire una crescita della vegetazione tra gli interstizi per un corretto mascheramento della stessa. Tale lavorazioni sono previste anche nelle aree identificate di particolare interesse paesaggistico, individuate planimetricamente, dove è prevista la fornitura e messa in opera di arredi in pietra o legno; di binocoli a gettone per una visione ravvicinata dello spettacolo paesaggistico del borgo, del fiume e della foce del fiume Temo. Saranno inoltre messe a dimora piantumazioni e cespugliati compatibili con il sito, tipo macchia mediterranea. 15) Sarà realizzato, nell‟area prevista dal progetto generale, nell‟area indicata dal C.T.A.R. un parcheggio per auto e pullman provvisto di illuminazione e piantumazione di mascheramento. Oltre ai lavori strutturali il progetto prevede la realizzazione di una segnaletica provvista di documentazione urbanistica, storica, che darà le informazioni ed indicazioni sul castello e sui percorsi culturali della città di Bosa. In concomitanza all‟esecuzione dei lavori di restauro sono previsti degli stages indirizzati alla formazione professionale delle maestranze, degli operatori turistici e culturali. 38 DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA Figura 20: vegetazione presente all'interno del castello Figura 21: disgregazione murature ed efflorescenze Figura 22: consolidamento della tessitura muraria andata perduta 39 Figura 23: rimozione malta nei giunti e consolidamento Figura 24: rimozione superficie muraria degradata Figura 25: consolidamento porzioni di muratura Figura 26: particolare degrado dei conci originali della muratura interna 40 Figura 27: ricostruzione del paramento murario Figura 28: particolare della muratura dopo un crollo Figura 29: crollo del paramento murario Figura 30: restauro apparato murario esterno, muraglia Nord-Ovest 41 Figura 31: scala che porta alla torre maestra e belvedere Figura 32: percorso pedonale lungo il perimetro murario Figura 33: struttura polivalente a copertura veliche 42 Figura 34: facciata nord del castello con l’ingresso principale costruito intorno alla metà del 1400 Figura 35: particolare degrado dei conci in trachite dell'ingresso 43 Figura 36: torre maestra durante gli ultimi lavori di restauro Figura 37: torre pentagona durante i lavori e creazione del camminamento lungo le mura perimetrali Figura 38: fine lavori per il camminamento delle sentinelle in direzione torre maestra, muraglia Nord-Ovest 44 Figura 39: camminamento delle sentinelle lungo la muraglia Nord-Ovest, parte centrale, particolare della vegetazione presente nel castello Figura 40: camminamento sentinelle con particolare della vegetazione sottostante lungo le mura Figura 41: camminamento sentinella verso la torre pentagona nella muraglia di Nord-Ovest 45 Figura 42: particolare degrado del muro nella torre pentagona, particolare fasce bicrome presenti nella torre Figura 43: degrado delle mura interne nella muraglia Sud-Est Figura 44: degrado delle mura esterne nella muraglia Sud-Est 46 NOTE CRITICHE SULL’INTERVENTO DI RESTAURO STUDIATO Le ragioni che hanno indotto a questo tipo di scelta progettuale, nascono dall‟esigenza, deliberata dalla Giunta Comunale, di valorizzare il castello Malaspina e le aree del colle Serravalle attraverso la conclusione dei lavori di consolidamento e restauro delle mura e torri presenti nel castello, la riproposizione del percorso del camminamento di sentinella, sulla sommità delle mura; la realizzazione di un centro di documentazione multimediale, da ubicare all'interno della torre di guardia, indirizzato alla promozione del castello Malaspina, della città Regia di Bosa, del circuito turistico - culturale delle sette città regie della Sardegna; la fornitura e posa, all'interno dell'area della piazza d'armi del Mastio, di una tensostruttura, completa di pavimento in impalcato ligneo, atta alla realizzazione di una serie di appuntamenti culturali (mostre, convegni, concerti). L‟intervento di restauro in esame risulta oltre essere di tipo conservativo nel caso delle mura e della torri restaurate, tende anche a riportarlo ad un riutilizzo per vari scopi come spettacoli e appuntamenti culturali. Però facendo questo tipo di restauro si tende a tralasciare il motivo del perché si restauri un monumento, non per poterlo riutilizzare per altri scopi ma per permettere ai turisti, agli abitanti e a chiunque vada a visitarlo di poter ammirare e pensare al tempo del medioevo e a tutti gli avvenimenti accaduti all‟ interno del monumento. Con le aggiunte poste, si è cercato di riproporre il camminamento delle sentinelle (figura 38 – 41), ma ritengo che le aggiunte siano troppo visibili e discostino troppo dai materiali presenti nel castello. Diciamo che si è proceduti con un restauro di tipo architettonico – rinascimentale, come è chiamato da Camillo Boito. Si è cercato di riproporre le parti perdute purché realizzate in modo distinto da quelle autentiche. Possiamo dire che un architetto italiano contemporanea a cui si può fare riferimento per il tipo di restauro effettuato nel castello è Gustavo Giovannoni. 47 STATO DI CONSERVAZIONE ATTUALE DEL BENE Lo stato di conservazione della cinta è risultato alquanto compromesso, a causa dei frequenti rimaneggiamenti, crolli e ricostruzioni parziali che la struttura ha subito nel tempo: una causa determinante di questo degrado è senz‟altro rappresentata dalla notevole pendenza del versante nord del rilievo e dalla fondazione a gradini che la struttura ha fatto rilevare 4. Il castello Malaspina è stato oggetto di numerosi interventi di restauro realizzati, nella maggior parte dei casi, dalla Soprintendenza ai Beni Monumentali di Sassari. Tali interventi, alcuni alquanto discutibili, sono stati indirizzati al ripristino di alcuni crolli (mensola barbacane, torre maestra) e al cortinamento di parti murarie. I lavori di restauro di alcune parti delle mura sono iniziati nel Dicembre del 1999, finanziati dalla Regione Autonoma della Sardegna nell‟ambito dell‟ Accordo di Programma della Sardegna Centrale, che presentavano gravi fenomeni di degrado con pericolo di crollo. La realizzazione delle infrastrutture di accesso: strada carrabile pavimentata in pietra e ripristino della gradinata, la realizzazione dell‟impianto idrico e fognario e la predisposizione dell‟impianto d‟illuminazione della strada, della gradinata, delle mura esterne e dell‟interno. E‟ stata effettuata una prima campagna di scavi archeologici con la collaborazione e supervisione scientifica della Soprintendenza Archeologica di Sassari, condotta da archeologi medievisti, durante la quale sono emerse delle testimonianze murarie, sconosciute, che hanno messo a nudo strutture fondali e parti di pavimentazioni di probabili fabbricati precedenti alla costruzione delle rampe cinquecentesche. E‟ stata individuata, presumibilmente, la presenza, attualmente non visibile, di un fabbricato nell‟area della torre poligonale Sud. E‟ stata, da poco tempo aperta una seconda campagna di scavi finalizzata alla prosecuzione dei primi sia alla verifica di alcuni ambiti interni (base torre pentagonale, ecc). Il presente progetto prevede la terza ed ultima campagna di scavi che si individua nelle aree oggetto d‟intervento, all‟interno e all‟esterno, che saranno propedeutiche ed indispensabili per la verifica dello stato sottofondale della torre maestra e mediana e delle parti di muratura contraffortate, oggetto d‟intervento di consolidamento e restauro, in modo, prima dell‟esecuzione dei lavori, da consentire una verifica del dimensionamento di consolidamento. M. Milanese, “Prima campagna di ricerche archeologiche nel castello di Serravalle”, in “Bollettino di archeologia, A. 1997 n. 46-48 4 48 NOTE CRITICHE SULL’ATTUALE GESTIONE DEL BENE Per anni l‟accesso al castello non è stato regolato da precisi orari convenientemente pubblicizzati così da evitare ai visitatori faticoso ed inutili ascese fino alla sommità del colle; e non ha mai funzionato un‟organizzazione pubblica o privata che potesse garantire visite guidate. Ma da quando la Comunità Montana ha assunto l‟incarico qualcosa si è mosso. Un recupero dell‟intera area con l‟obbiettivo di creare uno spazio in cui sia possibile conciliare turismo, ambiente e cultura5. Con tale intervento si creerà una maggiore fruizione turistica del maniero, consentendo un percorso ed una vista panoramica di grande pregio, fruibile, per una parte, anche dai disabili, attualmente di grande richiamo turistico. L‟intervento è atto a garantire e valorizzare del castello e delle aree del colle Serravalle attraverso la dotazione di strutture e di infrastrutture, e la creazione di percorsi panoramici allo scopo di consentire un visione panoramica della città di Bosa, il completamento del restauro delle vecchie mura e delle torri del castello in stato di degrado. 5 A. Naitana, “ La storia nei ruderi”, in “Almanacco di Cagliari”, A. 1991 n.26 49