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RACCOLTA DI SCRITTI
RIGUARDANTI
LA JUDICARIA
SUMMA LAGANENSIS
Antiche strade delle Giudicarie
tra storia e leggenda
di Matteo Rapanà
CENTRO STUDI
TIONE
JUDICARIA
2014
N. 87 · Dicembre 2014
ISSN 1724-2517
Le Giudicarie dell’800-4: La situazione sanitaria nelle Giudicarie tra
XVIII e XIX secolo, 1a parte,
a cura di Danilo MUSSI e Gilberto
NABACINO
Quadrimestrale di informazione
del Centro Studi Judicaria.
Registrato al Tribunale di Trento n.467,
3 agosto 1985.
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Graziano Riccadonna
Direttore responsabile
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Le Giudicarie dell’800-5: La situazione sanitaria nelle Giudicarie tra
XVIII e XIX secolo, 2a parte,
a cura di Danilo MUSSI e Gilberto
NABACINO
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Litografia EFFE e ERRE
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Le Associazioni di volontariato della Valle dei Laghi,
a cura di Rosetta MARGONI e Danilo MUSSI
Abbonamenti: ordinari e 24,00
Un numero e 10,00 · CCP 17332388
intestato a “Centro Studi Judicaria,
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In copertina:
Particolare del sentiero di San Vili nei pressi di Cadine
(foto D. Mussi, 2014)
Archeologia involontaria. Tre vicende che mescolano memoria, territorio, guerra, lavoro e ricerca scientifica in Valle di Ledro,
a cura di Alessandro FEDRIGOTTI e
Luca SCOZ
Chiuso in macchina nel dicembe 2014
Associata all’USPI
Unione Stampa Periodica Italiana
Biblioteca judicariense; 25
Aniche strade
delle Giudicarie
tra storia e leggenda
di Mateo Rapanà
a cura di Danilo Mussi
Centro Studi Judicaria
2014
Trato dalla tesi di laurea:
“Iinerari e vie di percorrenza premoderni nel Trenino Occidentale.
La situazione delle Giudicarie tra leggenda e realtà”.
Università degli studi di Trento. Facoltà di letere e Filosoia.
Corso di Laurea in Scienze dei Beni Culturali. Indirizzo archeologico.
Relatore: dot. Enrico Cavada; correlatore: prof. Giuseppe Albertani
Anno accademico 2005/2006
Indice
Indice
Premessa dell’autore
Foni, strumeni e problemaicità di una ricerca
Le Giudicarie
- Quadro geograico e toponomasico
- Geograia
- Idrograia
- Orograia
- Paesaggio vegetale
- Tendenze insediaive e organizzazione del territorio
La “longa manus” di Roma
- Carateri generali del sistema viario romano
- Sistema viario romano nelle aree montane
Riorganizzazione del sistema viario nel medioevo
- Carateri generali del sistema viario medievale
- Sistema viario medievale nelle regioni alpine
Il ruolo delle Giudicarie nel sistema viario premoderrno
- Percorso dei passo di San Giovanni
- Percorso del passo del Ballino
- Percorso della Val Lomasona
- Percorso del passo del Duron
- Percorso del passo della Morte
- Il seniero di San Vili
- Percorso della Val d‘Algone
Leggende giudicariesi e viabilità
- Il seniero di San Vili e la “Passio Sanci Vigili”
- Carlo Magno in Val Rendena secondo l‘iscrizione
di Carisolo
- Le streghe di passo del Ballino
- Duello al passo della Morte
Conclusioni
Schede di traccia
Bibliograia
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Premessa dell’autore
La storia di questa pubblicazione inizia molto tempo fa, durante un’estate del lontano 2005,
quando chi scrive era ancora uno studente iscrito al corso di laurea triennale in Beni Culturali presso l’Università di Trento. Al termine di un’intensa giornata di scavo archeologico sul sito foriicato di San Marino di Lomaso, il dot. Enrico Cavada, funzionario della Soprintendenza per i Beni Architetonici e Archeologici della Provincia di Trento e responsabile delle indagini
archeologiche sul sito, mi propose di indagare il sistema viario medievale nelle Giudicarie Esteriori come argomento di tesi. Dopo quasi un anno di ricerca nelle biblioteche e di cammino lungo i percorsi individuai, questo studio aveva acquistato una propria isionomia, un itolo ed era
quindi pronto per essere discusso.
Nel 2008 la ricerca si aggiudicò il premio Papaleoni, promosso dal Centro Studi Judicaria, e
nel 2010, riassunta in forma di saggio, ben igurò al premio Onesinghel bandito dalla società
Studi Trenini di Scienze Storiche. Nonostante gli apprezzameni, il lavoro non era stato pubblicato in versione integrale, ma, fortemente riassunto, ha visto la luce su Studi Trenini di Scienze
Storiche nel 2010 (LXXXIX, I, pp. 295-321) e su Judicaria nel 2012 (79, pp. 25-32)
Con il passare degli anni, gli studi, le indagini archeologiche e le aività con il Centro Studi Judicaria coninuavano a portarmi nelle Giudicarie, facendo aumentare il rimpianto per non
aver pubblicato la ricerca nella sua interezza, completa dello studio della viabilità nelle diverse
epoche, con la descrizione dei tracciai indagai, con l’esposizione delle schede di traccia e con
la bibliograia di riferimento, punto di partenza per qualunque studioso desideroso di approfondire le temaiche analizzate.
Dopo quasi 10 anni, questo lavoro ha potuto inalmente trovare uno spazio proprio nel supplemento Biblioteca judicariense. Per l’occasione è stato necessario rivedere il testo, tenendo
conto degli studi e delle ricerche compiui in questo lungo periodo di tempo. Infai questo contributo è stato aggiornato tenendo conto dei dai portai alla luce atraverso l’analisi di tracce
materiali e foni d’archivio in riferimento alle aree esaminate. In questa direzione vanno segnalai i signiicaivi risultai otenui dal progeto APSAT (Ambieni e Paesaggi dei Sii d’Altura Trenini) nel quale sono stai indagai in maniera capillare paesaggi, ediici di culto e struture foriicate di epoca medievale nell’intero territorio trenino.
Le informazioni circa queste evidenze sono state inserite nelle schede di traccia che completano il volume, cosituendone una sorta di appendice documentaria, con la precisa inalità di fornire una estrema, quanto necessaria, sintesi dell’elemento esaminato e di guidare il Letore interessato ad approfondire l’argomento verso la speciica e aggiornata bibliograia di riferimento.
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Al ine di evitare qualsiasi dubbio circa l’interpretazione di queste schede, l’Autore intende
chiarire in da ora che la voce “Prima atestazione” si riferisce alla prima menzione della traccia nelle foni scrite, mentre la voce “Periodo” indica il periodo di costruzione e di frequentazione del sito.
Necessariamente un pensiero di riconoscenza è indirizzato a tui coloro che, prima dell’Autore, si sono dedicai a questo paricolare tema, sopratuto nel caso di un’indagine mulidisciplinare come questa.
Desidero inoltre ringraziare Enrico Cavada e Giuseppe Albertoni per i preziosi insegnameni
e per le ore dedicate a seguire la ricerca, mio padre Antonio per la precisa revisione criica, Michele Dalba per le immagini e le consulenze storico-archeologiche, Danilo Mussi per la volontà e l’impegno che hanno reso possibile questa pubblicazione e per la cura nella revisione del
testo e nella graica dell’impaginazione e il Centro Studi Judicaria che ha messo a disposizione
una sede così presigiosa per divulgare questo studio.
Inine un sincero senimento di afeto e graitudine va a familiari, amici e compagni di studio che mi hanno accompagnato in questo lungo cammino.
Mateo Rapanà
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Foni, strumeni e problemaicità di una ricerca
La ricerca si propone di indagare i tracciai di collegamento di età premoderna tra le Giudicarie Esteriori e le aree circostani nel Trenino Occidentale. Sono molteplici le foni uilizzate, direte e indirete, quali geomorfologia dei luoghi, rinvenimeni archeologici, tesimonianze scritte e materiali del popolamento premoderno, toponomasica e foni d’archivio, cartograia storica, ma anche telerilevamento di fotograie aeree e modelli tridimensionali del terreno, quesi ulimi strumeni ormai imprescindibili nelle moderne indagini di archeologia del paesaggio1.
Tramite quesi indicatori si è cercato di ideniicare e di issare alcuni iinerari storici a valenza interlocale, fornendo allo stesso tempo un quadro d’insieme sulla viabilità giudicariese nel
periodo compreso tra l’epoca romana e l’età moderna, considerando come limite cronologico
il 1537, anno d’inizio della Visitaio Clesia, la visita pastorale organizzata da Bernardo Clesio alla diocesi di Trento.
Per i singoli iinerari individuai, quindi, si è cercato di veriicare ragioni, luoghi atraversai,
carateri, funzioni, trasformazioni, intensità e durata della frequentazione, analizzando i moivi
della preferenza accordata nelle diverse epoche all’uno o all’altro, oppure le cause che ne hanno determinato l’abbandono nel quadro di variazioni che hanno portato all’ammodernamento
otocentesco della viabilità, adeguando, ma anche fortemente modiicando, tracciai e tendenze abitaive con soluzioni di percorso più consone alle nuove esigenze.
L’indagine non si è proposta, tutavia, l’obieivo di ricostruire con esatezza il preciso andamento di ogni possibile tracciato montano: si traterebbe di uno scopo praicamente impossibile poiché gli iinerari anichi, prevalentemente in terra batuta, si aricolavano in un ambiente montano e, pertanto, hanno subito deviazioni, anche radicali, nel corso dei secoli, sopratutto a seguito di eveni naturali.
La presenza e la conoscenza di quesi iinerari, pur valutai come iinerari “secondari”, sono
fondamentali per comprendere il ruolo di “alternaività” e di “aree di strada” che essi hanno ricoperto nei secoli: quesi termini, espressi dalla recente storiograia, sotolineano l’idea stessa di
strada medievale2 da intendere non come un unico e deinito tracciato, ma piutosto come una
“molitudine di piccoli canali” in grado di collegare più o meno parallelamente idenici capisaldi3.
Sulla base di questo conceto, lo studio della viabilità medievale si pone nell’oica non tanto
dell’individuazione di un singolo iinerario, quanto piutosto della comprensione delle dinamiche antropiche che traggono sviluppo e condizionamento dalla variabilità e dalla pluralità di di-
1
2
3
Per approfondimeni sull’uilizzo di fotograie aeree e di modelli tridimensionali del terreno in indagini archeologiche in Trenino si veda COLECCHIA, FORLIN 2013 e i casi di studio presentai nel medesimo volume.
Per una correta interpretazione della realtà viaria montana di epoca medievale si veda la classiicazione gerarchica proposta si veda SERGI 1991, pp. 43-51.
Nella formulazione di BLOCH M., La società feudale, Torino 1962, p. 113 ripresa da SERGI 1996, p. 5.
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retrici possibili che, assunte all’interno di una prospeiva storica di lungo periodo, sono state
in grado di determinare la frequentazione di una strada e l’abbandono di un’altra4.
La ricerca ha dovuto poi tener conto dell’assenza nell’area esaminata di tesimonianze materiali direte di strade e di percorsi di epoca romana o medievale. Infai di quesi percorsi non
vi è praicamente menzione alcuna nella cartograia storica di riferimento o in altre foni documentarie coeve. Mancano, inoltre, tracce direte di infrastruture di percorrenza anica, quali pietre miliari o luoghi di sosta e altri elemeni in grado di indicare con approssimata certezza
la presenza di una diretrice di transito. Questa situazione è valida almeno ino al basso medioevo, periodo nel quale furono realizzai i primi poni documentai sul Sarca e le stazioni daziarie di Ballino e Andogno, puni stradali di riferimento che tesimoniano con sicurezza l’esistenza di un tracciato5.
Pertanto, in mancanza di evidenze materiali paricolarmente signiicaive, lo studio del sistema viario ha assunto come riferimento la situazione geomorfologica e le tendenze insediaive
nelle Giudicarie Esteriori, area di transito tra mondo alpino e padano, il cui atraversamento è
stato condizionato dalla natura del territorio, quasi interamente montano. Infai qui, come altrove, i valichi, pur numericamente scarsi e di diicile percorrenza, hanno cosituito l’unica possibilità di sviluppo di vie di comunicazione in grado di superare i rilievi montuosi che circondano questo distreto, garantendo le relazioni con le aree circostani.
In quest’oica, la carenza di tesimonianze materiali direte ha indirizzato la ricerca verso
forme di approccio rivolte all’ideniicazione di possibili tracce indirete, capaci di suggerire l’esistenza di una viabilità oggi scomparsa o ridota a semplice seniero. Una paricolare atenzione è stata quindi dedicata agli insediameni rurali e ai nuclei foriicai di origine medievale o
precedente, agli ediici di culto quali sedi pievane o cappelle minori, alla tesimonianza di ospizi e sedi di dazio, alle risorse naturali di potenziale sfrutamento e quindi di richiamo e interesse economico. Queste evidenze sono state schedate e puntualmente localizzate su cartograia
di riferimento (1:50.000 e 1:10.000).
Inine la veriica non ha potuto esulare dall’analisi delle vicende poliiche e sociali proprie
dell’ambito geograico preso in esame e dei suoi processi interni. Fondamentale è stata anche
la ricognizione direta dei tracciai ideniicai, ripercorsi con l’obbieivo di rilevare possibili elemeni di sopravvivenza anica e, sopratuto, di comprenderne posizione, variabilità e possibilità d’uso delle vie di comunicazione in relazione anche a ipoteici adatameni maturai con la
crescita del sapere praico e tecnologico.
In conclusione, pur in contesto di lacunosità di documentazione e di scarsità di tracce materiali, questa ricerca, atraverso l’elaborazione di una descrizione oggeiva e rigorosa delle tracce di frequentazione umana individuate atraverso un’analisi mulidisciplinare, si è proposta di
deinire un metodo di indagine per lo studio della viabilità anica.
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5
DEGRASSI 2007, p. 166.
Per la muta di Andogno si veda COLECCHIA 2013 a, pp. 334-335, scheda n. 99; per il dazio di Ballino COLECCHIA
2013 a, pp. 342-343; RAPANÀ 2013 a.
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Le Giudicarie
Quadro geograico e toponomasico
Le Valli Giudicarie, situate nella porzione sud-occidentale del Trenino, sono una zona di naturale raccordo tra mondo alpino e padano, chiusa fra la valle del Noce a Nord, quelle dell’Adige/Sarca ad Est, il bacino gardesano e l’area lombarda a Sud-Ovest.
Esse coprono un’area di 1176,51 kmq e, con soli 35.000 abitani, rappresentano uno dei comprensori con la più bassa densità dell’intera regione, appena 28 ab/kmq, situazione determinata da una pluralità di carateri, sopratuto geograici, morfologici, ambientali ed economici. Le
Giudicarie, infai, cosituiscono un territorio distante dalle grandi arterie di comunicazione, ma
alternaivo ad esse, caraterizzato da un sistema insediaivo di anica origine rurale a piccoli e
autonomi nuclei abitaivi situai nel fondovalle e lungo le pendici6.
Geograicamente esse si dividono in due grandi distrei, difereni tra loro sia da un punto di
vista morfologico sia da quello ambientale: le Giudicarie Interiori (o Ulteriori), di aspeto prettamente alpino, estese circa 928 kmq (pari al 79% dell’intero territorio), e le Giudicarie Esteriori (o Citeriori), più mii, che coprono un territorio di circa 248 kmq (pari al 21% del totale).
Le Giudicarie Interiori si estendono dal passo di Campo Carlomagno a Verdesina sul lago d’Idro, con punto di raccordo centrale nella conca di Tione, conluenza naturale tra il Sarca ed il
torrente Arnò. Ne sono parte cosituiva la Valle del Chiese, la Val Rendena, la conca di Tione.
Le Giudicarie Esteriori, invece, coprono il territorio compreso tra il passo del Ballino a Sud,
il valico di Andalo a Nord, la forra del Limarò ad Est e la conca di Tone a Ovest. Il territorio è riparito in tre distrei, disini fra loro da corsi d’acqua: il Bleggio a Sud-Ovest, il Banale a Nord
e il Lomaso a Est.
Il toponimo “Giudicarie” deriva dal laino iudicaria e, con riferimento al territorio in esame,
compare uicialmente per la prima volta nel testamento del vescovo veronese Notkerius che,
nel 927, dispone il trasferimento, ad un non meglio precisato xenodochio, di una serie di immobili personali ubicai nella “iudicaria summa laganensis”7. Tra quesi igurano “locis et fundis” posi nella zona di “Bruguzio Belueno et Bundo”, toponimi di centri abitai tutora preseni nelle Giudicarie Interiori.
È noto come le foni medievali uilizzino in ugual misura la denominazione iudiciaria sia come sinonimo di ducato, sia per indicare quei territori formaisi nell’ulima fase del periodo longobardo e governai da gastaldi, funzionari regi sotoposi al controllo direto del sovrano. Più
esatamente questa accezione deriva da iudex, termine usato indiferentemente per indicare un
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7
GORFER 1975, pp. 383-384.
“Primis om(n)iu(m) uolo et statuo atq(ue) p(er) hanc mea pagina(m) testameni conirmo ut a preseni die obitus
mei deueniant decanias meas proprias, q(ua)m habeo in iudicaria summa laganensis in locis et fundis Bruguzio
Belueno et Bundo cum censoras et omnes redibiciones legibus m(i)h(i) dandi”. Si veda FAINELLI 1963, II, n. 199;
MUSSI E. 1996.
9
Veduta aerea delle Giudicarie, della Valle dei Laghi e dell'Alto Garda. Nella parte alta, da sinistra a destra sono
visibili la Val Rendena, il massiccio del Brenta e il lago di Molveno. Al centro si disinguono, circondai dai rilievi
montuosi e separai dal Sarca, gli altopiani del Banale a Nord e del Bleggio-Lomaso a Sud. Nella parte inferiore
dell’immagine si nota la piana gardesana.
10
capo militare, amministraivo o giudiziario di un territorio della consistenza di un ducato. È opportuno a tal proposito ricordare come la strutura poliica della gens longobarda fosse ispirata
alle tradizioni nomadi e che, solamente dopo lo stanziamento in Italia ed il contato con strutture organizzaive territoriali complesse, come erano state quelle romane, questo popolo si organizzò in misura sempre maggiore, dando corso a struture di ipo territoriale, prime tra tutte i ducai. Si formarono, inoltre, anche distrei minori, aidai a gastaldi, le iudiciaria appunto,
piccole enità giurisdizionali che dipendevano da un’amministrazione centrale, apparteneni a
prerogaive regie e desinate a diventare una marca di conine8.
In altre parole iudiciaria deve essere intesa quasi esclusivamente come “un’amministrazione giuridico-distretuale, non un possedimento fondiario compato (…). Siamo davani una curis iscale, intesa come possedimento di determinai fondi, disini dal territorio inteso come sua
giurisdizione complessiva, come del resto sembrano dimostrare i diversi e successivi passaggi
di queste proprietà”9. Una deinizione che tutavia non chiarisce del tuto l’accezione iudicaria
summa laganensis o perlomeno, ino al suo passaggio nelle mani vescovili, non permete di capire quali potessero essere l’idenità ed il centro di un territorio comunque vasto.
Con la concessione dei dirii comitali di Corrado II il Salico al vescovo di Trento Uldarico II nel
1027, anche quest’area fu sotoposta alla giurisdizione vescovile. Il territorio non si presentava però compato, in quanto al suo interno conservava enclaves immunitarie, come Zuclo, Bolbeno e
Breguzzo che nel 1284 appartenevano ancora al capitolo catedrale di Verona10. Inoltre, la regione denominata iudicaria summa laganensis comprendeva non solo le aree atualmente apparteneni alle Giudicarie, ma anche quelle di Riva, Nago, Arco, Torbole, Tignale, Cavedine, Calavino
e Ledro: pievi relaivamente ricche e già atestate nel XII secolo o all’inizio di quello successivo11.
La iudicaria summa laganensis perse parte dei suoi territori nel 1349, quando il vescovo di
Trento Giovanni III cedete per 4000 iorini d’oro a Masino III della Scala i territori di Riva, Tenno, Ledro, Arco, Tignale e la valle di Cavedine12.
Nella seconda metà del XV secolo, quale conseguenza della nomina di Tione a sede giurisdizionale civile della iudicaria, in aggiunta quella storica di castel Stenico, il territorio venne diviso
in due distrei. È da questo momento che le foni usano il termine plurale di “Giudicarie” al posto
della più anica e originaria denominazione al singolare “iudicaria”, rapidamente abbandonata13.
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11
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13
CASTAGNETTI 1983, pp. 34-36.
GRAZIOLI 1994, pp. 133-134.
GRAZIOLI 1994, p. 135.
La pieve di Nago è menzionata per la prima volta in foni scrite nel 1194, quella di Riva nel 1106, quella di Ledro nel
1235, quella di Tignale nel 1187, quella di Tenno nel 1194, quella di Arco nel 1144, quella di Cavedine nel 1101
ed inine quella di Calavino nel 1224. Si veda CURZEL 1999, pp. 138-167.
GRAZIOLI 1994, p. 141; ANTOLINI 2002, pp. 22-23.
ANTOLINI 2002, pp. 22-23.
11
La iudicaria summa laganensis così come appariva ino alla cessione dei territori di Riva, Tenno, Ledro, Arco, Tignale
e Cavedine, avvenuta nel 1349. Sono indicai i distrei e le sedi pievane (tavola rielaborata da CURZEL 1999).
12
Geograia
Le Giudicarie Esteriori corrispondono a quella parte della Valle del Sarca delimitata a monte dalla forra della Scaleta (ora parzialmente riempita dalle acque del bacino idroeletrico di
Ponte Pià) ed a valle dalla profonda gola del Limarò che si apre in direzione del centro abitato
di Sarche. Si trata di un territorio relaivamente omogeneo, che si può abbracciare quasi completamente con lo sguardo sia dai piccoli paesi che si trovano al suo centro, sia dalle vete che
circondano quest’area e culminani nella Cima Tosa (m 3173 slm), la veta più elevata dell’intero gruppo dolomiico del Brenta.
Orograicamente le Giudicarie Esteriori sono comprese tra quatro grandi e disini massicci montuosi: il gruppo di Brenta a Nord e ad Ovest, quello del Gaza-Paganella a Nord e ad Est,
quello delle Alpi di Ledro a Sud e a Ovest, che divide le Giudicarie Esteriori dalla Val del Chiese
ed entrambe dalla Val di Ledro, ed, inine, il gruppo del Casale a Est, che le separa dalla bassa
Valle del Sarca. L’area occupa quindi una posizione intermedia nella catena alpina come si può
dedurre anche dall’esame del ipo di clima e del paesaggio vegetale.
Il clima presenta caraterisiche intermedie tra quello della fascia prealpina e delle valli ipicamente coninentali14. Nonostante la ridota altezza, la temperatura è però paricolarmente rigida: infai, oltre alla presenza di piccoli ma numerosi bacini lacustri alpini, sul microclima locale incide pesantemente lo spirare delle brezze montane del massiccio dell’Adamello che ospita
uno dei più grandi ghiacciai dell’intero arco alpino. Nonostante quesi fatori, nel territorio sono
preseni tutavia anche alcune isole microclimaiche, caraterizzate da un clima più temperato.
Sul piano paesaggisico le Giudicarie Esteriori conservano numerose tracce della modellazione
glaciale, avvenuta sopratuto nel Quaternario e riscontrabile nel proilo trasversale a U di valli e
convalli, nei deposii morenici würmiani, nelle innumerevoli gole e cascate che vi si trovano ed,
inine, nelle frane di Nembia, cui si deve lo sbarramento che ha dato origine al lago di Molveno15.
Tra i plessi montuosi che le circondano, si aprono alcuni passi di anica e agevole comunicazione: il passo del Ballino (m 763 slm) tra le Giudicarie Esteriori e l’Alto Garda, il passo del Duron (m 985 slm) tra le Giudicarie Interiori e quelle Esteriori, la sella di Andalo (m 1041 slm) tra
le Giudicarie Esteriori e la Val di Non ed inine il passo della Morte (m 851 slm) tra le Giudicarie
Esteriori e la bassa Valle del Sarca.
La loro importanza è immediatamente comprensibile, se si considera che la presenza di valichi naturali in grado di garanire indispensabili collegameni e relazioni con le regioni circostani
ha cosituito da sempre uno degli elemeni indispensabili per la colonizzazione di un territorio.
14
15
PEDROTTI F. 1987, p. 89.
GORFER 1975, p. 385; TOMASI 1977, p. 27.
13
Idrograia
Il principale corso d’acqua che solca le Giudicarie Esteriori è il iume Sarca che riceve questa
denominazione, pur presentando un caratere ipicamente torrenizio in quanto risente notevolmente delle piogge e delle nevicate, specialmente in alta quota. Esso prende forma dall’unione delle acque di tre disini torreni: il Sarca di Campiglio, emissario del lago di Nambino, il Sarca di Nambrone, che percorre la valle omonima, ed il Sarca di Genova, che scaturisce dai ghiacciai del Mandrone (m 3283 slm) e della Lobbia (m 3036 slm). Dopo aver atraversato la Val Rendena, il iume scorre ino a Tione, dove devia bruscamente verso Est per proseguire il proprio
corso tra le gole e le forre sempre più profonde che separano le Giudicarie Esteriori in due territori disini, quello del Banale e l’area del Bleggio-Lomaso, quest’ulima divisa a sua volta dal
torrente Duina. Nell’ulimo trato, prima di raggiungere la piana di Arco, il Sarca compie una seconda deviazione per getarsi inine nel lago di Garda.
Il corso d’acqua, in nessun trato navigabile salvo che nella sua ulimissima porzione, è stato
uilizzato solo in sporadiche occasioni per la luitazione del legname, aività più frequente invece sul Chiese. Il Sarca, infai, percorre un tracciato assai proibiivo nel quale la gola del Limarò rappresenta un ostacolo quasi insormontabile. Dal secondo dopoguerra l’asseto idrograico
naturale è stato visibilmente alterato dallo sfrutamento idroeletrico: infai la maggior parte
delle acque del Sarca è oggi uilizzata per produrre eletricità nelle centrali e, a seguito di questo fatore, la sua portata, notevolmente ridota, non risente più delle variazioni stagionali che
in passato hanno provocato numerose inondazioni, distruggendo poni e abitazioni e rendendo
le zone adiaceni al iume diicilmente colivabili ed ediicabili16.
Oltre al corso d’acqua principale, nelle Giudicarie Esteriori scorrono numerosi rivi, in passato elemeni fondamentali per l’economia, dato che con le loro acque hanno alimentato mulini e
segherie documentai lungo i torreni Carera e Dal nel Lomaso, Duina nel Bleggio, Ambiez, Bondai e Rio Bianco nel Banale17. Asseni i grandi laghi, ad esclusione di quello ariiciale di Ponte
Pià che, dal 1957, traiene le acque del Sarca nella gola della Scaleta, mentre sono numerosi i
piccoli laghi di origine glaciale in alta quota, tui compresi tra i 1700 e 2800 metri di alitudine.
Nel territorio giudicariese si trovano tutavia alcuni relii lacustri quali il bacino dell’ex lago
Carera nel Lomaso (oggi torbiera di Fiavé), il bacino di Val Lomasona e la conca di Nembia nel Banale. Tra tui il più noto, e un tempo più esteso, è certamente il primo, segnalato anche nell’Atlas Tyrolensis di Anich e Hueber, edito nel 177418, e in molte altre successive cartograie ino alla metà del XIX secolo, quando appare indicato nel Catasto Asburgico come “Lago di Fiavé”19.
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19
Per una panoramica sui lavori idroeletrici nelle Giudicarie si veda LAPPI 2012.
GORFER 1987, p. 454; ANTOLINI 2002, p. 148.
ANICH, HUEBER 1774, tav. XVII/1.
Si veda il foglio di Fiavé, W.C. VI, 27, Sez. Ch.
14
Movimeni glaciali avvenui nelle Giudicarie Esteriori durante l’ulima glaciazione (Tavola rielaborata da Tomasi
1987, p. 40).
15
Orograia
Le Giudicarie Esteriori formano la cosiddeta “Conca di Stenico”, depressione tetonica a forma di “aniteatro terrazzato”, origine di due alipiani di formazione glaciale, il Bleggio-Lomaso ed
il Banale, divisi dal iume Sarca. Questa vasta depressione, circondata da rilievi montuosi di origine sedimentaria, è delimitata a Nord dal gruppo dolomiico del Brenta (Castel dei Camozi m
2462 slm; Cima Ghez, m 2713 slm), a Nord-Est dal gruppo Gaza-Paganella (Monte di Ranzo, m
1774 slm), ad Est dalla breve e bassa catena del Monte Casale (m 1613 slm), a Sud dai blocchi
rocciosi del Monte Cogorna (m 1866 slm) e del Monte Mison (m 1449 slm) e ad Ovest dalle Alpi
di Ledro (Monte Solvia, m 1981 slm; Cima Sera, m 1908 slm; Monte San Marino, m 1449 slm).
Alimetricamente le Giudicarie Esteriori, che soto moli aspei cosituiscono una regione a
sé stante, si collocano tra quota m 500-600 slm, corrispondente al livello del Sarca nella forra
del Limarò, e m 3173 slm, punto più alto raggiunto dalle Dolomii di Brenta. Rispeto alle Giudicarie Interiori le Esteriori presentano orizzoni più aperi e morbidi, caraterizzai da valli con
proilo trasversale a U, conseguenza dei lussi glaciali tesimoniai, ad esempio, nella Val Lomasona, nella Val d’Ambiez o nella valle che porta al passo del Ballino20.
Quesi movimeni naturali hanno modellato i rilievi montuosi, imprimendo loro un andamento dolce e creando passaggi naturali di facile percorrenza, desinai a diventare delle vere e proprie vie di transito, frequentate con coninuità nel corso dei secoli. I moni che coronano il territorio non hanno perciò mai cosituito una barriera insormontabile e la presenza di alcuni iinerari adatai alla conigurazione naturale dei rilievi montuosi ha evitato l’isolamento della regione. Si trata di vie di transito cosituite prevalentemente da mulaiere che si inerpicano lungo i
versani, da senieri che costeggiano le creste montane e da passaggi che sfrutano le morbide
vallate di origine glaciale, rappresentai a Nord dal passo o sella di Andalo verso la Valle del Noce, ad Ovest dal passo del Duron e a Nord-Ovest dalla Val d’Algone verso le Giudicarie Interiori, in direzione Est dal passo di Ranzo e dal passo della Morte verso Sarche e Toblino ed inine a
Sud dal passo del Ballino, dal passo San Giovanni e dalla Val Lomasona che collegano le Giudicarie Esteriori con l’Alto Garda.
Il paesaggio vegetale
Le Giudicarie Esteriori occupano una posizione intermedia tra l’area alpina e quella prealpina, presentando ambieni molto diversiicai: fondovalle, ripidi versani, torbiere e vete caratterizzate da vaste zone adate al pascolo, parei rocciose e ghiaioni imponeni. Asseni sono le
grandi foreste di conifere, ipiche delle valli alpine più interne, qui rappresentate solamente dal
pino, mentre difuse sono invece le faggete, che caraterizzano i boschi della fascia prealpina.
20
TOMASI 1987, pp. 40-41.
16
Dal punto di vista ambientale il territorio giudicariese può essere diviso in quatro piani alitudinali: quello collinare (o submediterraneo), quello montano, quello subalpino e quello alpino.
Il primo si sviluppa dal fondovalle ino a m 800-900 slm di quota ed è caraterizzato dallo sviluppo di boschi misi di caducifoglie che,
sui versani soleggiai come le pendici a monte di Stenico, possono spingersi ino a m 9001000 slm.
Il piano montano, che da m 800-900 slm
raggiunge m 1600 slm, ospita boschi di laifoglie e in paricolare di faggi nel suo orizzonte inferiore, mentre in quello superiore dominano i boschi di abete bianco e di pino silvestre. Anche il piano subalpino, compreso tra
m 1600 slm e m 2000-2200 slm, si suddivide
in due orizzoni: in quello inferiore, poco presente però nelle Giudicarie Esteriori, si rileva
una massiccia presenza dell’abete rosso e del
larice, mentre quello superiore si caraterizza
per vaste foreste di pino mugo e di altre specie arbusive, quali il rododendro e il sorbo.
Inine il piano alpino si aricola a parire dai
Proilo dei piani alitudinali della Val d’Ambiez, nel Banale 2000-2200 slm ino alle linee di cresta e presenta vaste praterie prive di specie arbusive,
(tavola rielaborata da PEDROTTI F. 1987).
sosituite da quelle erbacee che cosituiscono la vegetazione ipica dei pascoli alpini21.
La presenza umana stabile nelle Giudicarie, atestata in dalle ulime fasi del neoliico, ha profondamente mutato il paesaggio che, prima di ogni possibile intervento umano, era meno variegato e ricoperto da un’ampia foresta, estesa ino a 1800 m di quota, al di sopra della quale potevano sopravvivere solamente alcune specie arbusive e le specie erbacee22. L’azione direta o
indireta dell’uomo ha, quindi, progressivamente modiicato l’aspeto naturale originario in base alle proprie esigenze, determinando un processo di irreversibile mutamento. Così il paesaggio atuale presenta aree di vegetazione primaria, poco inluenzata dall’aività antropica, e secondaria, originata a seguito dell’aività umana o comunque radicalmente modiicata da essa.
Del primo insieme fanno parte boschi, pascoli d’altura, vegetazione di ambieni umidi e aridi
(rocce e ghiaioni), mentre la vegetazione ipica del secondo gruppo è invece cosituita da prai, campi e pascoli. Oggi il territorio si presenta diviso in supericie produiva, che raggiunge i
97.343 etari, pari al 82,75% del totale, mentre la parte improduiva si atesta su 20.306 etari, pari al 17,25%.
21
22
PEDROTTI F. 1987, p. 92.
PEDROTTI F. 1987, p. 104.
17
Nell’ambito della supericie produiva quella agraria copre 12.333 etari (13%), quella desinata al pascolo 34.064 etari (35%), mentre il bosco occupa 51.095 etari (52%)23.
L’azione umana ha modiicato il paesaggio vegetale anche in alta montagna, oltre i 2000 m
di quota: molte sono, infai, le malghe con vasi appezzameni praivi desinai al taglio del foraggio e al pascolo. Tutavia nonostante questa incessante e millenaria aività antropica il paesaggio delle Giudicarie Esteriori conserva ancora molissime caraterisiche del suo aspeto originario, che lo rendono uno degli angoli più gradevoli e suggesivi del Trenino.
Tendenze insediaive e organizzazione del territorio
Analogamente a molte altre aree montane e pedemontane dove la possibilità di vita risulta
fortemente costreta in speciici puni dalla naturalità dei luoghi praicabili, anche le Giudicarie
Esteriori mostrano un’organizzazione insediaiva a forte persistenza di coninuità nei medesimi luoghi occupai24 trasformai così in “un elemento stabile del paesaggio”25. Con l’obbligo di
valutare l’efeiva intensità storica di vita, non pochi risultano i centri abitai aveni questo caratere di coninuità dal medioevo, se non addiritura da età precedente, romana e protostorica, quando l’odierno quadro del popolamento sembra essersi formato nei suoi carateri fondamentali a nuclei rurali posi su terrazzi con i colivi dissodai atorno26.
Ad essere preferite sono le aree di versante, dove si colloca il 55% delle aree d’insediamento sorte tra pre-protostoria e basso medioevo, un discreto numero occupa però anche zone di
altura e dosso (27%), mentre meno del 10% si trova nelle aree propriamente di fondovalle e un
restante 9% in aree di montagna, qui intese come zone poste al di sopra della quota alimetrica massima raggiunta dagli insediameni stabili, che nelle Giudicarie Esteriori si atesta atorno
agli 800/850 metri di quota.
Per quanto riguarda la dislocazione delle sedi, dalla medesima analisi emerge la preferenza
riservata alle terre di versante durante la pre-protostoria e ino all’età tardoanica-altomedievale, mentre nel medioevo vengono uilizzate anche aree su dosso e su altura.
Le informazioni relaive agli insediameni preistorici e protostorici derivano in gran parte dall’incessante aività di Renato Perini che in trent’anni ha indagato i sii di Fiavé-Carera, Doss dei Gusinaci, Vigo Lomaso e Stenico, loc. “Calferi”27. Per quanto riguarda invece i periodi romano e altomedievale le informazioni relaive ai processi insediaivi provengono sopratuto da ritrovameni
archeologici fortuii e da un elevato numero di reperi isolai e fuori contesto. Per il basso medioevo, inine, il quadro si compone anche atraverso primi e importani documeni scrii relaivi a
23
24
25
26
27
ANTOLINI 2002, p. 41.
BROGIOLO, CAVADA, COLECCHIA 2004, pp. 511-546.
SERGI 1996, p. 6.
GORFER 1987, p. 221.
Per i ritrovameni di Vigo Lomaso si veda scheda n. 67; per quelli di Stenico, loc. “Calferi” scheda n. 79; per Fiavé si veda scheda n. 82.
18
donazioni, ai di proprietà e carte di regola. Quesi documeni atestano l’esistenza di alcuni centri abitai, ma, sopratuto, di importani struture isolate dagli agglomerai e privi di capacità attraiva, quali castelli, pievi e palazzi signorili, in gran parte ancora conservai e visibili.
Incessante appare la frequentazione delle aree di versante, confermata senza interruzioni
dall’età del bronzo al medioevo come dimostrano i rinvenimeni efetuai a Vigo Lomaso e a Stenico. Con l’età romana, nelle aree sorte in coninuità con i precedeni periodi protostorici, come
a Stenico o a Vigo Lomaso, si riscontra un miglioramento delle struture e delle infrastruture.
Insediameni di origine romana, segnale di un allargamento delle sedi, sono emersi a Dasindo e
a San Lorenzo in Banale. Quesi complessi, ediicai in prevalenza su piani ariiciali, sono deinii da muri in pietra legata da malta e, in alcuni casi, con una copertura di tegole28. Altri rinvenimeni fortuii di sepolture o di struture, sempre di età romana, sono stai registrai in prossimità
di Villa e nei Bagni di Comano nel Bleggio Inferiore, a Madice e a Bivedo nel Bleggio Superiore29.
Sui tempi e sull’integrazione nello stato romano delle popolazioni locali non vi sono dai ceri, anche se probabilmente quest’area ricevete un asseto unitario tramite l’adtribuio: l’Alto
Garda e le valli Giudicarie dipendevano, infai, dal punto di vista amministraivo e giurisdizionale dal municipio di Brixia (Brescia)30.
L’analisi delle epigrai rivela l’avvenuta romanizzazione da parte di individui che, in taluni casi, si dimostrano pienamente integrai e partecipi della citadinanza che essi annunciano con l’iscrizione nella tribù Fabia, quella di Brixia. Un piccolo gruppo di tesi si concentra nel Lomaso,
più sporadiche altre tesimonianze nel Bleggio e nel Banale, dove la loro ridota presenza potrebbe dimostrare una maggior persistenza di elemeni indigeni31.
Le iscrizioni tesimoniano individui di condizione libera, apparteneni ad uno strato sociale
di piccoli proprietari terrieri e, in qualche caso, igure di elevato rango che ricoprirono cariche
pubbliche di natura municipale nella cità capoluogo. Prova ne sono due lastre di Vigo Lomaso,
rispeivamente dedicate da L. Cullonius Lei f(ilius) Primus, che ricoprì l’importanissimo ruolo
di decurione, e da L. Sepimius L(uci) f(ilius) Macrinus, che fu praef(ectus) iur(e) d(icundo) q(uni)
q(uennalis), ovvero sosituì uno dei due magistrai superiori di Brescia in occasione del censimento32. Curatores populi sono deinii Cl(audius) Terius Palariacus e Cornelius Terius Trigalianus probabilmente pubblici amministratori locali, mentre Sex(tus) Blegina(s) è qualiicato come
immunis Caesar, ovvero esente da obblighi iscali per merii acquisii33. Tute queste presenze,
archeologiche ed epigraiche, indicano come molte zone delle Giudicarie Esteriori, tra cui sicuramente il Lomaso, dovevano essere intensamente colivate: è un dato certo, infai, che la ba-
28
29
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31
32
33
Per le struture emerse a Dasindo si veda scheda n. 69; per quelle di San Lorenzo in Banale scheda n. 76.
Per il sito di Villa si veda scheda n. 74; per loc. Bagni di Comano scheda n. 68; per Madice scheda n. 71; per Bivedo scheda n. 73.
PACI 2000, pp. 443-446.
PACI 2000, p. 450. Per una panoramica sulle Giudicarie Esteriori in età romana si veda RAPANÀ 2009.
Per l’iscrizione relaiva a L. Cullonius Lei f(ilius) Primus si veda CHISTÈ 1971, p. 190; Insc. It. X, 5, n. 1101. Per quella relaiva a L. Sepimius L(uci) f(ilius) Macrinus si veda CHISTÈ 1971, p. 194; Insc. It. X, 5, n. 1102.
Per l’iscrizione relaiva a Cl(audius) Terius Palariacus e Cornelius Terius Trigalianus si veda CHISTÈ 1971, p. 214;
Insc. It. X, 5, n. 1103. Per quella relaiva a Sex(tus) Blegina(s) si veda CHISTÈ 1971, p. 197; Insc. It. X, 5, n. 1106.
19
se economica di igure emergeni sia stata cosituita in questa fase dalla proprietà fondiaria34.
Secondo l’ipotesi di alcuni studiosi, questo quadro insediaivo di età romana avrebbe già assunto una forma ben deinita in villaggi, di cui alcuni sono sopravvissui ino ai nostri giorni nel
luogo dove furono fondai, sparsi su terrazzi o su ripiani terrazzai35.
Rinvenimeni di iscrizioni romane contenui in monumeni voivi (●) e funerari (▲) ritrovai nell’Alto Garda e nelle
Giudicarie (tavola rielaborata da PACI 2000).
Nella successiva età tardoanica-altomedievale si rileva la comparsa di alcuni insediameni
foriicai su dosso e su altura, anche in posizione fortemente impervia. Validi esempi sono il nucleo originario del castello di Stenico e, sopratuto, le imponeni fortezze individuate sul monte
di San Marino nel Lomaso e sull’omonimo monte che domina di Bleggio, ambedue al di sopra
di valichi obbligai tra Giudicarie e territori limitroi36. Sepolture prive o con scarso materiale di
corredo sono state recuperate nella zona di Balbido, a Cillà, in località “ai Ronchi” presso Stenico ed inine a San Giovanni al Monte lungo la via di comunicazione che collegava il Lomaso con
34
35
36
PACI 2000, pp. 457-458.
GORFER 1987, p. 221.
Per San Marino sul monte Blestone si veda scheda n. 55; per San Marino di Bleggio scheda n. 56; per la cappella di San Marino nel castello di Stenico scheda n. 38.
20
la piana di Arco37. Si trata di contesi in gran parte isolai o in qualche caso, come a Stenico, posi in prossimità di chiese o centri abitai. Altri reperi, per lo più scultorei, sono emersi presso
le chiesa pievana di San Lorenzo a Vigo Lomaso, presso la chiesa di San Silvestro e in quella dei
Sanissimi Dionisio, Rusico ed Eleuterio (oggi Santa Croce) del Bleggio38.
Nel medioevo la isionomia del paesaggio si deinisce maggiormente con carateri desinai
a stabilizzarsi nel segno di una coninuità di forme e di modelli che raggiunge la soglia del presente39. Accanto ai numerosi piccoli insediameni rurali sparsi, sorgono alcune forme d’insediamento dominani e di riferimento organizzaivo del popolamento stesso, come complessi foriicai e di sedi pievane. Queste, in paricolare, nei rispeivi distrei vengono ad occupare una
posizione centrale al punto che “plebs e plebatus diventano (…) sinonimo di strutura territoriale che comprende tute le sfere della convivenza, religiosa, economica e giuridica”40.
Tre le enità preseni, tute documentate tra la ine del XII secolo e l’inizio di quello successivo. Verso Nord, dalla sinistra orograica del Sarca ino alla sella di Andalo, si instaurò la pieve del Banale (che in relazione al periodo analizzato si estendeva ino a comprendere Andalo e
Molveno), con riferimento la chiesa di Santa Maria di Tavodo; verso Ovest, tra il torrente Duina
e il fondovalle oltre il passo Duron si stendeva il territorio della pieve di Bleggio con sede nella
chiesa dedicata ai sani Dionisio, Rusico ed Eleuterio (oggi di Santa Croce). Sul versante opposto e ino ai valichi verso l’Alto Garda si trovava la pieve di Lomaso, con sede di riferimento nel
complesso di San Lorenzo nei pressi dell’atuale Vigo41.
Oltre ai centri di cura d’anima, capillare nel territorio risulta la fondazione e la difusione di
ediici di culto minori e di cappelle, preseni in ogni nucleo abitato indipendentemente dalle sue
dimensione ed enità con una densità che ha pochi riscontri in Trenino. Durante la visita clesiana del 1537 vengono atestate 46 cappelle dipendeni dalle tre chiese pievane (13 nella pieve
di Banale, 16 nella pieve di Lomaso e 17 in quella di Bleggio).
Accanto ai poli religiosi, elemento di forte caraterizzazione del paesaggio medievale sono
stai i castelli. Cinque in totale quelli atestai nelle Giudicarie, tui ediicai su dosso: castel Restor nel Bleggio, castel Stenico e castel Mani nel Banale, castel Spine e castel Campo nel Lomaso.
Scomparsi rimangono il “castello” di Comandone e la rocca di Ballino: il primo è documentato da un unico riferimento indireto, mentre per il secondo receni indagini archeologiche, che
abbinano telerilevamento e ricognizioni sul campo, sembrano aver trovato riscontro all’incerto riferimento scrito che ne atestava l’esistenza42. Due documeni trecenteschi tesimoniano
37
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42
Per il ritrovamento di Balbido si veda scheda n. 72; per Cillà scheda n. 75; per Stenico, loc. “ai Ronchi” si veda
scheda n. 78; per San Giovanni al Monte si veda scheda n. 81.
Per San Lorenzo si veda scheda n. 1; per San Silvestro si veda scheda n. 2; per Santa Croce si veda scheda n. 18.
BROGIOLO, CAVADA, COLECCHIA 2004, p. 515.
Formulazione confermata per l’area trenina da CURZEL 1999, pp. 30-39.
Per San Lorenzo a Vigo Lomaso scheda n. 1; per Santa Croce scheda n. 18; per Santa Maria a Tavodo scheda n.
35. Per una panoramica sui tre distrei pievani si veda CURZEL 1999; COLECCHIA 2013 b, pp. 129, 147, 185-186.
Per castel Restor scheda n. 63; per castel Mani scheda n. 61; per castel Stenico scheda n. 62; per castel Spine
scheda n. 59; per castel Campo scheda n. 60; Per la rocca di Ballino si veda scheda n. 58 e le analisi in RAPANÀ
2013 a. Per il castello di Comandone si veda BONELLI 1761, II, p. 100. “Nell’anno appresso 1205, lo stesso Odori-
21
Dosso di Castel Mani a Glolo nel Banale (foto D. Mussi).
a Fiavé la presenza di una non meglio speciicata torre, forse da considerarsi una dimora signorile foriicata, di cui non rimangono tracce materiali43. Inine una fonte del 1345 ricorda l’esistenza di una torre a Comano, forse un casale turrito di cui si trova riscontro documentario anche in un ato del 166444.
La lacunosità e la frammentarietà delle foni, scrite e materiali, non chiariscono a pieno la
funzione e sopratuto il periodo di uilizzo della foriicazione sorta sul dosso “Sot Castel” nei
pressi di Zuclo, a controllo della viabilità locale45. Documentai a parire dal XII secolo, i diversi
castelli esprimono il controllo sulle terre giudicariesi esercitato dell’Autorità comitale vescovile
e l’afermazione di alcuni inlueni famiglie locali in ascesa, a cominciare dai Signori di Campo e
dai Signori d’Arco che entrano nella valle parallelamente all’allargamento del controllo direto
esercitato su terre colivate e da colivare46.
Con il periodo medievale e l’inizio dell’età moderna, l’organizzazione e la distribuzione degli
insediameni rimangono pressoché immutai: coninuano, infai, ad essere frequentai i centri
già preseni, mentre altri di nuova fase si formano, distribuii in maniera capillare sul territorio.
43
44
45
46
co igliuolo del q. Federigo d’Arco, dagli Uomini di Fiavedo, Simiaga, Dasindo, Cugoredo e Campo, per mezzo del
loro Sindico e proccuratore, chiamato Magno di Faurio, venne invesito del Castello Comandone, poscia appellato Spineto. La Carta vien riferita dal Franco”; COLECCHIA 2013 a, p. 331.
COLECCHIA 2013 a, p. 103.
COLECCHIA 2013 a, p. 318.
Si veda scheda n. 57.
Sull’incastellamento trenino tra XII e XIII secolo e sulle moivazioni alle radici del fenomeno si veda BETTOTTI
2004.
22
Le Giudicarie Esteriori alla ine del XVIII secolo (da ANICH, HUEBER 1774).
23
La “longa manus” di Roma
Carateri generali del sistema viario romano
Il sistema viario di età romana cosituisce uno degli aspei più rilevani e visibili del processo
di “romanizzazione” del territorio47. Infai per Roma la realizzazione di strade eicieni era un
fatore stretamente collegato con l’organizzazione delle terre occupate e con il controllo di esse: atraverso le grandi diretrici era possibile spostare rapidamente esercii, funzionari e merci.
Così le vie di transito divennero la “longa manus di Roma, le arterie vitali del suo grande corpo
in coninua crescita. Quesi tracciai, per così dire, erano l’infrastrutura indispensabile per garanire l’onnipresente volontà di Roma”48.
Questa grande rivoluzione ha permesso l’uilizzo generalizzato del trasporto su ruota, come
dimostrano l’alto grado di specializzazione e le numerose ipologie dei carri uilizzai, dal leggero veicolo da viaggio al pesante carro da trasporto. Per il transito di quesi veicoli è stato però necessario realizzare vie agevoli, caraterizzate da paricolari parametri quali una pendenza
non superiore al 15-20% e una larghezza uile non inferiore a 4,5 metri. Anche i poni costruii
su queste strade presentavano ricorreni elemeni funzionali come la larghezza del piano uile,
non inferiore a 4,5 metri, ed estradossi piai o al massimo debolmente convessi per evitare ripide pendenze dei piani d’uso49. Quesi fatori hanno condizionato anche la scelta dei tracciai
che, nelle aree collinari e nei rilievi montuosi non troppo ripidi, si snodavano lungo i versani in
modo da salire gradualmente di quota, evitando così bruschi dislivelli.
In base alla loro funzione, le strade si dividevano in viae publicae - strade statali la cui costruzione e mantenimento erano assicurai dallo Stato - e viae vicinalis, strade locali costruite e mantenute dagli stessi abitani dei villaggi adiaceni ad esse. Esistevano, poi, delle viae privatae e delle viae agrariae che collegavano tra loro le proprietà private, le fatorie e i campi50.
Una strada “statale” di norma presentava un proilo leggermente convesso ed una larghezza
che oscillava tra i 5 ed i 7 metri ed era delimitata su entrambi i lai da fossai per lo smalimento
dell’acqua piovana. In prossimità del tracciato correva poi una fascia di terra larga 3 metri sulla
quale non si poteva né costruire, né colivare51.
Sulle medesime si trovavano stazioni di cambio e luoghi di sosta, case cantoniere, cippi miliari e monumeni onorari posi in luoghi paricolarmente signiicaivi per il viaggiatore, quali
svincoli, guadi, poni e conini52.
47
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50
51
52
CAGNANA, MANNONI 1998, p. 39. Per quanto riguarda il sistema viario in Italia setentrionale con riferimento
al municipium di Tridentum si vedano PESAVENTO MATTIOLI 2000 e MARZATICO, MIGLIARIO 2011, pp. 169-172,
pp. 189-191
SZABÒ, 1999, p. 118.
CAGNANA, MANNONI 1998, p. 39; CZYSZ 2002, p. 251; MARZATICO, MIGLIARIO 2011, pp. 141-143, 183-185.
PESAVENTO MATTIOLI 2000, p. 14.
WALDE 2002, p. 257.
MARZATICO, MIGLIARIO 2011, pp. 141-143.
24
Viabilità e urbanizzazione nell’Italia setentrionale tra I secolo a.C. e I secolo d.C. (da MARZATICO, MIGLIARIO 2011).
La sicurezza ai viaggiatori era garanita da apposii corpi militari, i cosiddei “beneiciari”,
posi a controllo di nodi di primaria importanza, oltre che di guadi, poni, tracciai di valico e incroci strategici.
Sebbene tui avessero accesso al transito su qualsiasi strada, le infrastruture pubbliche potevano essere uilizzate solamente da una cerchia ristreta di persone: tra quesi gli addei al cursus publicus, il servizio postale ideato da Augusto, che godevano di numerosi privilegi e di speciali concessioni ainché la trasmissione di informazioni fosse più rapida ed eicace possibile.
Ad intervalli regolari sulle diretrici viarie più importani si trovavano stazioni di sosta, chiamate mutaiones, dove i corrieri potevano cambiare cavallo e rifocillarsi. Struture di servizio a
disposizione di corrieri, ma anche di funzionari statali, giudici, esatori delle tasse che potevano
essere uilizzate solamente tramite un’autorizzazione, chiamata literae evecionis o tractoriae53.
53
PERYE 1991, p. 16.
25
Ricostruzione della mansio di Endidae/Egna (da MARZATICO, MIGLIARIO 2011).
Le forniture dovevano essere garanite dalle popolazioni locali, tenute non solo a fornire costantemente ai corrieri animali da sella e da iro, carri, alloggio e cibo, ma anche a mantenere
eicieni le stazioni di servizio.
Simili alle mutaiones erano le mansiones, struture di ricovero situate lungo le diretrici viarie ad una distanza di circa 15-20 km l’una dall’altra, adibite alla sosta ed al pernotamento dei
viaggiatori privai, commerciani per primi. Mutaiones e mansiones si trovavano in luoghi di importanza logisica, sfrutando talvolta la posizione di situazioni topograicamente già consolidate, in corrispondenza di luoghi abitai. Nella maggior parte dei casi il cibo che quesi luoghi offrivano era semplicissimo, pane e vino, mentre l’alloggio era garanito da camere da leto e dormitori comuni. Spesso si potevano trovare anche stalle per il ricovero delle besie.
Da un punto di vista architetonico le mansiones non diferivano eccessivamente dalle mutaiones, fata eccezione per la maggior ampiezza dovuta agli alloggi necessari per il pernotamento54.
Iscrizioni, toponimi e altre foni scrite atestano la presenza di queste infrastruture sia nelle regioni pianeggiani, sia in quelle collinari e montuose.
54
MALIPIERO 1984, p. 264.
26
Il sistema viario romano nelle aree montane
La complessità e la grandiosità della rete stradale romana emergono sopratuto nei luoghi
più avversi, quali le aree di montagna dove gole, stretoie e ripidi versani cosituirono una vera
sida per i costrutori, superata solo mediante la costruzione di poni, strade terrazzate, gallerie
e anche rotaie ariiciali per facilitare il transito dei mezzi di trasporto. Sia le strade che le strutture, esposte all’erosione e alla furia dei fenomeni naturali, dovevano essere coninuamente riparate, reiicate e, nei casi più criici, tracciate nuovamente, così da garanire eicienza e percorribilità in tute le stagioni55.
In area alpina, la maggior parte del movimento quoidiano a corto raggio avveniva a piedi:
era intransitabile per i carri, infai, la miriade di strei senieri che, adatandosi all’andamento
dei rilievi rocciosi, collegava le aree abitate tra di loro. In questo contesto i mercani, impossibilitai a trasportare le proprie mercanzie con carri, erano spesso obbligai ad assumere portatori locali che, a spalla o a soma di animale, trasportassero le loro merci. Portatori in grado di percorrere ripidi trai in salita di 25-30 km al giorno con un carico ino a 25 kg circa, mentre tra gli
animali da soma un ruolo di primo piano era svolto dal mulo, più resistente del cavallo e in grado di procedere con sicurezza lungo i versani più impervi, sopportando un peso di 100-130 kg56.
A protezione delle vie montane più frequentate sorgevano sacelli voivi e di culto, sopratutto in prossimità di valichi o sul loro culmine. Numerose erano le dediche a Giove e Mercurio o a
divinità indigene legate all’ambiente montano ed i sacelli a loro dedicai cosituivano anche un
luogo di sosta, assicurando protezione dalle intemperie per uomini e besie.
Frequeni erano anche le iscrizioni voive che, distribuite lungo i vari percorsi, rappresentavano singole forme di ringraziamento a divinità protetrici, garani del felice atraversamento
della catena alpina.
Anche lungo le diretrici montane furono erete mansiones e mutaiones, documentate nella regione alpina sia da foni scrite, tra cui l’Iinerarium Antonini e la Tabula Peuingeriana, sia
da numerosi ritrovameni archeologici, come quello efetuato sul Piccolo San Bernardo, che attestano l’esistenza di mansiones anche in prossimità dei valichi alpini57.
Sebbene il superamento dei trai più impervi rimase possibile solamente mediante mulatiere, spesso non carrabili ma percorse unicamente da animali da soma e da pedoni, la costruzione delle infrastruture viabilisiche necessarie all’atraversamento delle Alpi “ha rappresentato senza dubbio uno dei massimi sforzi dell’ingegneria stradale romana, per la diicoltà della
natura loci, l’arditezza delle soluzioni necessarie e, non da ulima, l’ingente spesa economica”58.
Di norma venivano sceli tracciai a mezza costa, lungo percorsi esposi al sole, capaci di sfruttare la natura del territorio atraversato, evitando i fondovalle e le aree di esondazione, feno-
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RAGETH 2002, p. 64; MARZATICO, MIGLIARIO 2011, pp. 141-143.
CZYSZ 2002, p. 250.
DOLCI 2003, p. 22; per la viabilità trenino-atesina nelle foni iinerarie si veda MARZATICO, MIGLIARIO 2011, pp.
186-188.
DOLCI 2003, p. 16.
27
meno paricolarmente frequente in assenza di opere d’irregimentazione dell’acqua. Non sempre però questo era possibile o, comunque, vantaggioso: forre, gole, rocce e precipizi potevano essere allora superai mediante complesse opere architetoniche sparse nell’intero arco alpino (poni, sostruzioni, terrazzameni), spesso uilizzate con coninuità ino all’età moderna.
Tra i vari ipi di interveni tecnici sul terreno si possono inquadrare alcune ipologie speciiche59.
• Sede stradale totalmente o parzialmente tagliata nella roccia.
Nei setori più diicili o in prossimità di inevitabili sbarrameni, l’unica opzione possibile consisteva nel lavorare la roccia, tagliandola e modellandola, così da otenere trai pianeggiani e
regolari, con larghezza e profondità desiderate. Quando la pendenza era talmente eccessiva da
non permetere il passaggio di carri o animali da soma, il tracciato poteva essere atrezzato con
rampe ariiciali dotate di fori laterali per l’aggancio di pali di sostegno e di spinta. Infai, a causa della trazione non coninua degli animali, i carri rischiavano di scivolare all’indietro e il compito dei pali era quello di bloccare le ruote sostenendo il mezzo ino alla trazione successiva60.
Donnaz (Aosta), strada tagliata nella roccia e arco tunnel (da MARZATICO, MIGLIARIO 2011).
• Strade su terrazzameni o sostruzioni.
Spesso i tracciai a mezza costa dovevano essere appoggiai a parei rocciose mediante opere
di terrazzamento o di sostruzione ariiciale, anche spesso di imponeni dimensioni, il cui compito era quello di sorreggere il fondo stradale. Generalmente si tratava di struture costruite in
opus caemenicium, con pietre disposte in maniera più regolare sulla sola facciata a vista. Contrafori, arcate cieche e riseghe, adatate alla morfologia del terreno, irrobusivano la strutura.
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60
DOLCI 2003, pp. 16-19.
CORALINI 1997, pp. 294-296. Per ulteriori informazioni si veda BUSANA 1997.
28
• Poni-viadoto.
L’ingegneria romana ha realizzato imponeni poni e viadoi non solo per superare corsi d’acqua o valli, ma anche per mantenere l’isoquota, evitando di accentuare troppo la pendenza del
tracciato. Opere a più arcate, realizzate in opera cemenizia con conci regolari, erano in grado
di stupire il viaggiatore con la loro monumentalità architetonica. Nel territorio atesino è atestata la presenza di poni a Lagundo sull’Adige e a Prato Isarco sull’omonimo corso d’acqua61.
• Gallerie e semigallerie alpine.
Sebbene la strada in trincea ed in tagliata abbia cosituito una soluzione molto praicata, in
grado di risolvere nella maggioranza dei casi i problemi della viabilità in presenza di contesi rocciosi, in alcune circostanze, però, gli ingegneri romani superarono l’ostacolo mediante lo scavo
obbligato di una galleria. Si trata di una “soluzione fondamentalmente estranea alla stessa ingegneria stradale romana, che vi fece ricorso per risolvere i problemi di sicurezza e di rapidità
del tracciato in situazione di paricolare rilevanza strategica e topograica”62.
Una tra le più famose e conosciute gallerie di epoca romana - in Italia ne sono note meno di
una venina - è senza dubbio quella realizzata nella gola del Furlo dall’imperatore Vespasianonel punto più delicato del trato appenninico della via Flaminia63.
Qui, nella parte più criica della gola, per l’instabilità e la limitata larghezza del passaggio, fu
deciso di perforare la roccia: l’opera, tutora in uso, presenta segni di numerosi interveni realizzai nel corso dei secoli successivi nel segno di un’interrota agibilità.
Di un’altra opera in galleria si ha atestazione anche in area alpina nel trato più streto della
gola di Via Mala nei Grigioni, tra Zillis e Thusis. Un trato, transitabile solamente a piedi o a cavallo, cosituito da una semigalleria (alta 2,60 metri e larga appena 0,90) e da una precaria passerella in legno64.
• Via terrenae.
Ad alitudine elevata raramente le strade erano carrabili e solamente pedoni e besie da soma erano in grado di transitarvi, sfrutando ripidi e strei senieri, realizzai tramite il semplice scoricamento del terreno o mediante il riporto di terra mista a ghiaia per impedire agli animali di scivolare.
Un accenno meritano i tani casi documentai di solchi carrai riscontrai sulle diretrici viarie
aniche, riconducibili all’usura causata dall’atrito delle ruote cerchiate di ferro con la supericie
rocciosa. Non è da escludere però che, talvolta, tali solchi siano stai preparai intenzionalmente per realizzare una sorta di binario, capace di guidare e di favorire il transito dei veicoli. L’interpretazione divide storici e archeologi, schierai su due disinte posizioni: da un lato c’è chi afer-
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DAL RÌ 1990, pp. 620-621.
BUSANA, BASSO 1997, p. 100. Per ulteriori informazioni si veda BUSANA 1997.
C.I.L. XI, 6106.
RAGETH 2002, p. 62.
29
ma che quesi solchi siano stai provocai dal coninuo passaggio di ruote, dall’altra chi, invece,
propone la tesi di un risultato intenzionale dell’applicazione di un intervento tecnico per facilitare il movimento stesso delle ruote. Quest’ulima ipotesi sarebbe plausibile sopratuto nei casi in cui la supericie rocciosa avrebbe reso diicoltosa la guida del veicolo. In questo caso, quindi, si traterebbe di veri e propri “binari”, capaci di evitare che il mezzo scivolasse lateralmente su una supericie rocciosa liscia o resa sdrucciolevole dalla presenza di acqua o di ghiaccio65.
Anche altri elemeni sembrano avvalorare l’intenzionalità dei solchi laddove la presenza di
gradini ariiciali, in alcuni casi intagliai tra essi, avrebbe senso solamente nel caso in cui quesi fossero il prodoto di interveni intenzionali, in quanto altrimeni ostacolerebbero l’avanzata del veicolo.
Numerose sono le indagini condote nell’area alpina su queste tracce e sulla loro origine, in
paricolar modo nei Grigioni e nel Tirolo setentrionale dove sono stai documentai solchi carrai con scartamento di 1,07 metri sulle diretrici romane che atraversavano i passi Julier, Maloja
e Seimo66. Poiché la profondità delle tracce incise nella roccia sul passo Julier supera 45 cenimetri, le ruote dei carri che vi transitavano dovevano avere un diametro di almeno un metro. È stato inoltre dimostrato che i solchi siano stai in gran
parte scalpellai a mano e poi approfondii dal passaggio dei carri67.
Molto interessante risulta una rampa rinvenuta nel territorio tra Maloja e Casaccia, accuratamente modellata su un unico blocco roccioso con
una pendenza del 25-30%: essa è cosituita da un
piano inclinato, estremamente ripido, che presenta alcune scanalature predisposte ad intervalli regolari per sostenere il peso dei carri, favorendo così, a spinta e sollevamento, il superamento del dificile trato. In corrispondenza del medesimo tratto, sono stai rilevai anche alcuni fori intenzionali
che permetevano ai conduceni di bloccare il veicolo per mezzo di una leva.
Anche le analisi efetuate sulla via Claudia Augusta, tra passo Resia e il Fernpass, hanno rivelato dei solchi con scartamento di 1,07 metri, misura standard per il periodo romano. Sempre sulla
Rampa ariiciale tra Maloja e Casaccia (da RA- medesima via, tra Biberwier e Lermoos, indagini
GETH 2002).
condote tra il 1992 e 1995 hanno portato alla lu-
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PÖLL 2002, pp. 73-74.
PÖLL 2002, p. 76; RAGETH 2002, pp. 59-61.
RAGETH 2002, pp. 59-60.
30
ce un trato di strada in legno, la cosiddeta “via di tronchi”, il cui strato di base, datato dendrocronologicamente, coincide perfetamente con l’età claudia68: su questo trato, percorso sino al
II-III secolo d.C., sono documentate tracce di ruote di carro, distani l’una dall’altra 1,06 metri.
Per concludere questa panoramica si può afermare che non sempre, nella realizzazione dei
tracciai stradali alpini, i tecnici romani poterono applicare alla letera i concei teorici che erano alla base di qualsiasi intervento stradale. Infai in alcuni casi risultava troppo aspra la natura del terreno per permetere di seguire i principi di linearità, obbligando invece a ricercare soluzioni difereni, capaci di garanire comunque percorsi il più possibile sicuri, sfrutabili durante tute le stagioni.
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WALDE, GRABHERR 1999, pp. 227-228; GRABHERR 2002, p. 69.
31
Riorganizzazione del sistema viario nel medioevo
Carateri generali del sistema viario medievale
Con la ine del sistema amministraivo e poliico imperiale, l’eiciente sistema viario romano si avviò verso profonde e radicali trasformazioni: l’assenza di un’autorità sovraregionale e
la mancanza di risorse impedirono, infai, di provvedere ad una coninua manutenzione e, di
conseguenza, molte diretrici viarie vennero abbandonate. La crisi e l’assenza di interveni sono tesimoniai anche dal fato che, ino al XII secolo, rimangono numericamente scarse e lacunose le disposizioni pubbliche in materia viaria; quando documentate, esse rivelano, peraltro, una concezione rudimentale della strada in sé, spesso del tuto inadata a gesire la complessa quesione della viabilità69. Solamente a parire dal basso medioevo torneranno ad essere approvate nuove regolamentazioni, comprendeni anche disposizioni relaive alla manutenzione del fondo stradale70.
In questo contesto il grave deterioramento della viabilità preesistente ebbe efei rovinosi
sopratuto nelle aree di pianura, a causa del progressivo accumularsi di deposii alluvionali e
dell’intensità dei fenomeni erosivi, mentre le opere stradali delle zone collinari subirono un minor degrado per le migliori condizioni naturali71.
In generale i collegameni diventarono meno agevoli e più insicuri: la mancanza di una costante manutenzione delle infrastruture preesisteni, sopratuto di quelle che permetevano
di superare ostacoli naturali quali iumi o precipizi, costringeva i viaggiatori ad efetuare deviazioni dal tracciato principale e successivi rientri. Laddove, poi, i poni erano inagibili, i guadi cosituivano spesso l’unica possibilità di collegamento tra le rive. Tuto ciò, di conseguenza, determinò la nascita di una ita rete di percorsi alternaivi che si staccavano dal tracciato principale,
quando questo risultava intransitabile a causa di frane o smotameni.
Queste nuove condizioni portarono anche a una radicale trasformazione dei mezzi da trasporto: l’irregolarità del fondo stradale, la mancanza di poni e la presenza di ostacoli lungo i tracciai ridimensionarono notevolmente l’uilizzo del carro, progressivamente sosituito dall’impiego
di animali da soma. Muli, asini e cavalli potevano, infai, guadare piccoli iumi, aggirare gli ostacoli e percorrere iinerari accidentai o paricolarmente ripidi e strei.
Come deto, il degrado delle diretrici viarie durante l’alto medioevo determinò maggiori mutameni nei percorsi e nei collegameni in pianura ed in collina piutosto che quelli in montagna, dove già in età romana gli spostameni erano ampiamente basai sull’uilizzo di mulaiere
e sull’uso di animali da soma. Così, nonostante questo deterioramento, non vi fu mai una totale
cessazione dei movimeni che, pur trasformai e ridimensionai, sopravvissero per efeto della
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SZABÒ 1999, p. 120.
Si veda ORLANDO 2010.
CAGNANA, MANNONI 1998, p. 40.
32
coninuità di vita nella maggior parte degli insediameni urbani72 e, più in generale, si osserva
come “il coninente europeo, nella sua dimensione commerciale, presenta infai una caraterisica costante: quella di ricercare vie alternaive da batere, che consentano di poter mantenere
vivi i rappori per poter contare (…) su beni irrinunciabili e per poter smerciare una produzione
locale (…) che si presenta “ipica” e quindi altrove acquisibile non se non con lo scambio”73. La vasità e la relaiva dinamicità delle relazioni commerciali contribuirono, quindi, alla sopravvivenza
delle vie di comunicazione, anche se con caraterisiche diverse rispeto al periodo precedente.
Un altro che conferma la coninuità dei movimeni è la nascita in età medievale della cosiddeta “ospitalità a pagamento” che, a parire dal XI secolo, sosituì quella gratuita. Le pur scarse documentazioni tesimoniano, infai, la presenza, pur sporadica, lungo le grandi arterie di
comunicazione di ediici designai con il termine taberna, centri di ospitalità che assicuravano
ai viaggiatori vito e alloggio.
Frequentemente queste struture si trovavano in corrispondenza di chiese, abbazie o santuari, evoluzione e trasformazione delle aniche stazioni, con annessi magazzini o canine per depositare le merci. Quesi soggei in epoca carolingia fungevano contemporaneamente da “magazzini, mescite e puni di commercio e di trasbordo, cosituendo i nuclei originari di futuri mercai o una sorta di mercai minimi”74.
Con il recupero demograico delle cità e con la crescita dei traici, gli ospizi e gli ospedali
comunitari che ofrivano solamente il minimo indispensabile risultarono struture del tuto inadeguate. Infai, i viaggiatori, specialmente quelli più abbieni, preferivano soluzioni più consone al proprio rango, da ricercare solamente nelle forme d’ospitalità a pagamento. In seguito la
tendenza ad alloggiare in case private e nelle locande si difuse anche nel ceto medio75.
Un discorso a parte merita il fenomeno del pellegrinaggio verso mete regionali o anche più
lontane, che coinvolse un numero incalcolabile di persone, mosse dalla propria fede o per espiare colpe e penitenze. Spostameni a lunga distanza furono quelli direi a Gerusalemme, Roma
e Saniago di Compostela: i primi due iniziarono già in età anica, mentre il terzo, praicato sin
dal X-XI secolo, conobbe la sua epoca d’oro nella prima metà del XII secolo76. Nel corso dei secoli acquistarono grande importanza anche i pellegrinaggi a Oviedo, a Tours, a Mont Saint-Michel in Normandia, a Rocamadour, a Colonia, a Canterbury, a Monte Sant’Angelo del Gargano,
a San Nicola di Bari, ad Assisi e a Loreto77.
È opportuno sotolineare come il pellegrinaggio, il cui obbieivo ulimo era il raggiungimento di un importante luogo di fede, si suddivideva in tante piccole tappe intermedie, aveni ciascuna come meta il raggiungimento di un luogo sacro minore, con venerate reliquie.
Sia gli ecclesiasici, sia i pellegrini erano solii evitare locande e taverne, considerai luoghi
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77
CAGNANA, MANNONI 1998, pp. 40-41.
GRECI 1999, p. 63.
PEYER 1991, p. 92.
PEYER 1991, p. 147.
CONTA 1996, p. 146.
CHERUBINI 1999, pp. 139-142.
33
inadai e infamani, preferendo di gran lunga alloggiare in struture religiose, quali xenodochia,
ospizi, conveni e monasteri, che spesso distavano un giorno di viaggio l’uno dall’altro.
In paricolare i xenodochia, difusi in Europa a parire dal VI secolo, sia soto la forma di case
indipendeni sia come struture annesse dei monasteri, in principio svolsero funzione di ospitalità ai pellegrini e altri viaggiatori, in concorrenza con l’ospitalità a pagamento fornita da taverne e locande. Se presto accolsero malai, poveri, vecchi e orfani delle zone limitrofe, il loro
ruolo principale rimase, comunque, quello di garanire assistenza nelle località contrassegnate da santuari e mercai, oppure in quei luoghi dove l’ospitalità stradale mancava del tuto, come nelle regioni alpine78.
L’ospitalità monasica conobbe, invece, un’indiscussa ioritura tra il X e il XII secolo per effeto dell’aumento dei priorai e delle abbazie, oltre che alla fondazione di nuove canoniche regolari. Queste struture ofrivano un’accoglienza diferenziata su base sociale: i visitatori più illustri potevano godere di alloggi privai e cibo in abbondanza, mentre i mercani, i pellegrini e
i viaggiatori ricevevano povere razioni fredde e giacigli comuni. Anche quando ofriva soluzioni
difereni, l’ospitalità seguiva comunque regole e procedure comuni: l’importanza della cerimonia dell’accoglienza, la possibilità di fornire alloggio ad un numero ridoto di persone, la limitazione a tre giorni del periodo di sosta. Tuto questo per contenere l’onere gravante sulle spalle
della comunità monasica ospitante79.
Tra il X e XIV secolo sorsero in gran numero anche ospizi e ospedali, inizialmente sulle principali diretrici viarie coninentali, comprese quelle alpine, come nel caso del Gran San Bernardo, e quindi con maggiore difusione in tute le grandi cità80. Fondate da sovrani e monasteri nei secoli X e XII, queste struture, a parire dal XIII secolo, ofrirono accoglienza ai pellegrini,
ma anche ai malai ed ai poveri, diventando nell’ulima fase, dalla metà del XIII ino al XIV secolo, sopratuto luoghi per l’assistenza dei più bisognosi. Ospizi e ospitali erano dotai di un abbondante numero di lei, di focolari per riscaldarsi ed asciugare i vesii ed ofrivano un limitato vito, anche se nelle struture più ricche agli ospii di elevata classe sociale potevano essere
servii cibi diversi con carne e vino, segno dunque di una disparità di tratamento su base sociale, come già avveniva nei monasteri81.
A parire dal XII secolo, la crescita delle cità e la riscoperta del ruolo svolto dalle vie di comunicazione nella rinata rete di scambio commerciale bassomedievale sollecitarono un rinnovato
interesse nei confroni del sistema viario, avviandone una generale riorganizzazione.
Questo processo, tutavia, fu ostacolato dalla divisione del territorio in numerose realtà autonome, caraterizzate da limitato potere e da una vita spesso breve. Perdurarono così alcuni
elemeni propri della viabilità altomedievale, quali l’uilizzo degli animali da soma, l’uso e la ricerca di piste alternaive che deviavano dal percorso principale quando questo risultava intran-
78
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81
PEYER 1991, p. 141.
PEYER 1991, pp. 129-132.
OURSEL 1978, pp. 67-68.
PEYER 1991, p. 143.
34
sitabile ed, inine, la frequentazione dei percorsi naturali82. La formazione di corporazioni di carreieri operani nei maggiori centri nel corso del basso medioevo, tutavia, atesta il recupero
dell’uso del carro nelle regioni pianeggiani e collinari83, mentre i segni di una ripresa si riscontrano anche nella difusione capillare di struture che ofrivano vito e alloggio a pagamento e,
sopratuto, nell’impegno da parte delle cità più importani, seguite poi da molte altre minori,
a provvedere in proprio ad una costante manutenzione della viabilità.
Nel basso medioevo le cità si dotarono quasi contemporaneamente di codici per regolamentare il traico e la manutenzione delle strade: le prime documentazioni in merito compaiono a
Treviso nel 1211, a Milano nel 1272, a Pisa nel 1286, a Siena nel 1290, a Pistoia nel 1296, a Firenze nel 1325, a Perugia nel 1342, a Lucca nel 1371 e ad Arezzo nel 132784.
Signiicaivi esempi sono oferi, poi, dall’esperienza di importani cità che riconobbero nelle opere stradali un importante fatore di sviluppo economico. Nel 1111 Torino otenne da Enrico V i dirii sul percorso stradale che la atraversava, la garanzia che nessuno ne deviasse il percorso ed, inine, il potere giurisdizionale su pellegrini e mercani che la percorrevano. Analoga
fu la vicenda di Siena, la quale nel 1155 otenne che nessuno deviasse, senza il proprio consenso, il tracciato che atraversava Poggibonsi, piccolo avamposto in cui Siena aveva appena isituito un nuovo pedaggio85.
A parire da XII secolo, dunque, le cità si occuparono della viabilità che atraversava il loro
territorio limitrofo, imponendo l’onere della manutenzione a coninani, sulla base del principio
di responsabilità. Le comunità rurali che sorgevano lungo tali arterie furono così obbligate a curarne la manutenzione, scavando fossai ai lai della via, livellando il fondo e ricoprendolo con
ghiaia e sabbia ed a provvedere alla selciatura di quelle più importani86.
Sia nella cità che nella campagna, emerge, dunque, l’atenzione alle vie di transito con l’obbieivo di garanirne praicabilità e circolazione libera e senza ostacoli. Fondamentale appare,
in deiniiva, il ruolo svolto dalle cità medievali che “col loro operato (…) recuperarono il controllo della rete stradale che era sfuggito ai sovrani altomedievali. Le cità, sparse lungo una rete stradale di origine anica, svolsero, con la loro legislazione statuaria, un’aività simile a quella di Roma nei primi tempi repubblicani. Il disegno dei Comuni non era però nuovo: essi uilizzarono gli elemeni tutora in funzione di un anico sistema e, adeguandoli ai loro bisogni e sviluppandoli secondo le loro possibilità, ne crearono uno nuovo trasmetendolo poi alle Signorie
e allo Stato Regionale”87.
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CAGNANA, MANNONI 1998, p. 42.
PEYER 1991, p. 43.
CIAMPOLI, SZABÒ 1992, pp. 3-8.
SZABÒ 1999, pp. 120-121.
CIAMPOLI, SZABÒ 1992, p. 55.
SZABÒ 1999, p. 129.
35
Il sistema viario medievale nelle regioni alpine
Anche nella regione alpina il degrado della viabilità e la conseguente rovina delle infrastrutture, prive di una costante manutenzione, costrinsero a ricercare ed a praicare iinerari alternaivi che spesso seguivano il naturale proilo dei rilievi ed erano percorribili solo a piedi o mediante animali da soma. Una scelta detata anche dalla necessità di evitare le frequeni aggressioni da parte di bandii e le aree coinvolte da calamità naturali o da conlii88. Logicamente, laddove era possibile, coninuarono ad essere praicate le aniche diretrici viarie.
Poiché la maggior parte delle strade alpine risultava intransitabile ai veicoli già nel periodo
precedente, gli efei della crisi furono avverii in maniera meno evidente che nelle aree pianeggiani e collinari, dove i traspori si erano largamente avvalsi del carro.
Anche per questo gli iinerari montani cosituirono, pertanto, un elemento di lunga durata,
tanto più che l’asperità della natura obbligava i trai percorribili, mentre le conoscenze tecniche medievali, ridote rispeto a quelle romane, non erano in grado di intervenire radicalmente sul paesaggio naturale, modiicandolo a ini uilitarisici.
La mancata formazione di una rete viaria alpina durante il medioevo può essere imputata
anche ad alcuni speciici fatori: la forte militarizzazione che portò spesso ad uno stato di guerra perenne e la frantumazione poliica, con il conseguente frazionamento dei poteri e l’instabilità poliica delle piccole autonomie.
Per interpretarne la realtà viaria appare uile ricorrere allo schema gerarchico, semplice ed
eicace, proposto da Giuseppe Sergi che ha individuato tre categorie ben deinite di ipologie
viarie alpine per il periodo medievale89. Al verice si collocano i tracciai internazionali dei valichi maggiori (Monginevro, Moncenisio, Gran San Bernardo, Sempione, San Gotardo, Brennero e Tarvisio); al secondo livello vi sono i percorsi alternaivi che conducono a quesi stessi passi, così come i tracciai che, con le loro variani, permetono di raggiungere valichi di importanza sovraregionale (Col de Larche, Seimo, Tenda, Resia). Al terzo ed ulimo posto si trovano gli
iinerari che collegano le alte valli con la pianura: percorsi di minor importanza e disagevoli, frequentai solamente dalle comunità alpine o in occasioni paricolari.
Atraverso i grandi valichi alpini, dove il transito è più agevole, si ha la massima concentrazione di interveni umani di alto livello: i diversi poteri che nel corso del medioevo hanno esercitato il controllo su quesi importani passaggi obbligai hanno provveduto alla manutenzione dei
tracciai di atraversamento e alla creazione di infrastruture di servizio e assistenza.
Gli interveni più marcai si hanno tutavia nel secondo gruppo di via di transito, in relazione alle quali le forze in gioco agirono “non su percorsi obbligai, ma su aree di strada che prevedono diverse opzioni possibili all’interno di fasci di strade parallele”90. Nel terzo ed ulimo livello la modesia delle forze coinvolte e la scarsità delle risorse disponibili hanno pesantemen-
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CONTA 1996, p. 151.
SERGI 1991, pp. 43-44.
SERGI 1991, p. 44.
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te limitato gli interveni e, pertanto, i tracciai si sono semplicemente adatai alla conformazione delle zone montane atraversate.
Sono numerose le struture di ricovero erete lungo le diretrici di transito alpino, non solo nei pressi dei valichi principali e più frequentai, ma anche lungo i percorsi alternaivi o lungo quelli secondari: vito e alloggio erano garanii da ospizi, ospitali, alberghi e locande che rispondevano alle esigenze delle categorie che più frequentemente atraversavano l’arco alpino,
pellegrini e mercani.
Per raggiungere le proprie mete, i primi percorrevano i valichi più agevoli e le strade più no91
te : struture di ricovero per pellegrini sono così atestate sul Moncenisio, Lucomagno, Gran
San Bernardo, Piccolo San Bernardo, Spluga, Brennero, mentre sul passo di Resia, già frequentato in epoca precedente a quella romana e preferenziale atraversamento alpino medioevale,
non vi sono tracce di ospizi, anche se ne è documentata l’esistenza a San Valenino alla Muta, a
pochi chilometri dal valico, e a San Giovanni di Tubre, poco distante da esso92.
L’importanza di quesi ospizi, e dei valichi in corrispondenza dei quali sono stai erei, emerge dalle numerose dispute scoppiate per il loro controllo: conlii inimmaginabili per semplici
ospedali rurali di modesta dimensione, se diversamente ubicai93.
Analisi di detaglio indicano come quesi impiani fossero dotai sia di vani chiusi sia di spazi poricai, mentre più rari sono i complessi provvisi di stalle e magazzini, la cui mancanza è riscontrabile anche in ospizi di maggiori dimensioni e più intensamente frequentai, come documenta il complesso di San Giovanni di Prè vicino a Genova, fondato alla ine del XII secolo: una
strutura posta all’incrocio degli iinerari provenieni dai valichi alpini occidentali, totalmente
priva di luoghi adibii a magazzini e stalle94.
A diferenza di quelli di pianura, ospitali e ospizi di montagna furono uilizzai con coninuità
per tuto il basso medioevo e, in alcuni casi, anche per buona parte dell’età moderna. Inoltre,
queste struture risultano frequentate da individui di ogni classe sociale95.
Le struture d’appoggio per mercani e mulaieri, invece, possedevano diversa organizzazione: situate nei pressi di valichi e lungo le maggiori arterie commerciali alpine, esse spesso erano
caraterizzate da un’ampia corte centrale munita di poricato, magazzini, stalle e, negli esempi
di maggior dimensione, torri poste sopra l’ingresso principale96. Ne è un valido esempio nel territorio trenino il complesso noto come maso di San Desiderio a Novaledo in Valsugana, costruzione foriicata tradizionalmente ritenuta conine, nei secoli centrali del medioevo, tra le giurisdizioni temporali dei vescovi di Trento e Feltre97.
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SERGI 1991, p. 46; CONTA 1996, p. 152.
Per i passi del Moncenisio, dello Spluga, del Gran San Bernardo del Lucomagno si veda PEYER 1991, p. 140; per
il passo del Gran San Bernardo OURSEL 1978, p. 67; per il passo del Brennero e quello di Resia CONTA 1996, pp.
156-157.
SERGI 1991, p. 46.
CAGNANA, MANNONI 1998, pp. 42-44.
PEYER 1991, p. 140.
CAGNANA, MANNONI 1998, p. 46.
CURZEL 2003, p. 204.
37
Inine, è importante sotolineare la somiglianza funzionale, quando non struturale, di queste struture medievali con le mansiones alpine romane, erete spesso in coninuità su esse e
in prossimità dei medesimi valichi, come dimostrano i ritrovameni efetuai sul Piccolo e Gran
San Bernardo98.
I principali valichi delle Alpi centro-orientali nel pieno medioevo (da VARANINI 2004).
98
CAGNANA, MANNONI 1998, p. 46.
38
Il ruolo delle Giudicarie nel sistema viario premoderno
Il territorio trenino si caraterizza per la possibilità di movimento atraverso percorsi fra di
loro alternaivi, direi o provenieni dai principali valichi di atraversamento della catena. Un’altra importante caraterisica di questo setore delle Alpi è la presenza di percorsi in grado di collegare in senso trasversale le diverse regioni che lo compongono ovvero Lombardia, TreninoAlto Adige, Veneto, Tirolo, Vorarlberg e Svizzera sudoccidentale99.
Alcuni dei percorsi hanno come principale riferimento la Valle dell’Adige e le vallate atraversate dai suoi alueni maggiori (valli di Fiemme e Cembra, valli di Non e di Sole), altri si aricolano in forma autonoma seguendo diretrici naturali aperte verso la pianura Padana (valli del
Sarca e del Chiese, Valsugana). In entrambi i casi si trata di iinerari privi di soluzione alternaive e, pertanto, storicamente caraterizzai da un’elevata ed ininterrota frequentazione, dalla
realizzazione e la manutenzione di opere stradali, ma anche nella costruzione di infrastruture
di servizio e di assistenza100.
Da quesi tracciai principali si diferenziano quelli prealpini, aricolai entro vallate che sfociano diretamente nella pianura Padana ad una quota alimetrica relaivamente bassa (m 10001200 slm).
In questo complesso reicolo viario poterono agire i difereni poteri poliici, inaugurando nuovi iinerari, rilanciando quelli cadui in disuso, ma anche boicotandone il transito, trasformando in questo modo la strada in elemento di concorrenza poliica e di gerarchizzazione sociale.
In questo senso vanno considerai i privilegi e le concessioni garanii alla cità di Riva dall’Autorità vescovile tridenina che sono alla base della frequentazione del principale iinerario di età
premoderna nel Trenino occidentale. Questa diretrice di transito, riconducibile alla categoria
di “iinerario secondario”, è stata frequentata sopratuto a parire dall’inizio del XIII secolo quale via preferenziale di raccordo tra area veneto-lombarda, prealpi e territorio alpino interno.
Caposaldo meridionale è il centro rivano che, grazie al ruolo assunto di catalizzatore del lusso commerciale proveniente sia dalla sponda veronese che da quella bresciana del lago, a parire dal XIII secolo avviò una fortunata stagione tale da determinare uno sviluppo demograico,
urbanisico ed economico maggiore di quello avuto dalla stessa cità di Trento101.
Atraverso le Valli Giudicarie, dagli scali di Riva del Garda e dalla piana interna era possibile raggiungere sia la Val di Non sia quella di Sole, da dove si poteva successivamente proseguire verso Nord e Nord/Est mediante alcuni agevoli passi di anica frequentazione - passo Palade
(m 1560 slm) e passo della Mendola (m 1363 slm) - oppure verso Ovest e la Lombardia superando il passo del Tonale (m 1880 slm), sede di dazio e di un ospizio documentai dal XII seco-
99
100
101
Per una detagliata panoramica sugli iinerari secondari in Trenino si veda VARANINI 1996, pp. 101-128.
SERGI 1994, p. 44.
VARANINI 1996, pp. 110-111.
39
Iinerari stradali nel Trenino tardo-medievale (da ALBERTONI, VARANINI 2011). In rosso i tracciai principali, in
arancione quelli secondari.
40
lo, mentre un “castello di Tonale”, di cui non rimangono concrei riscontri materiali, è nominato nel 1275 in un documento redato per la pace di Augusta102.
Prova dell’interesse e della frequentazione da parte di esponeni rivani di questo iinerario è
il dirito di custodia che il Comune di Riva esercitò sulla iera di San Biagio a Malé nel XIII secolo e dall’uilizzo, in questo mercato come in altri che si tenevano nelle valli di Non e di Sole, di
pesi e di misure uilizzai nel territorio rivano103. Privilegi di questo ipo erano esercitai da commerciani rivani anche più a Nord, a Bolzano e a Merano, confermando le relazioni intessute su
tracciai paralleli e alternaivi alla Valle dell’Adige104.
Della diretrice trasversale interna tra Lombardia alpina e Tirolo atraverso Valtellina e Val di
Sole, collegate fra loro dal passo del Tonale, è conferma l’intensa aività della stazione doganale operante sul passo in corrispondenza dell’ospedale di San Bartolomeo. I registri contabili indicano sia l’intensità dei passaggi sia l’ampio spetro delle provenienze di chi si serviva della
strada sulla quale viaggiava la maggior parte delle merci lombarde desinate in Tirolo e in Veneto orientale e questo nonostante il non sempre perfeto stato di manutenzione come traspare
da una cronaca del 1327 redata in occasione del passaggio sul Tonale di Ludovico il Bavaro105.
Inoltre il dato si rivela paricolarmente importante in quanto la tassazione non solo riconosce
il passaggio di una strada, ma in termini più ampi delinea anche intensità e varietà delle persone e delle merci in movimento.
Da questo breve quadro emerge l’importanza delle Giudicarie come nodo stradale all’interno del sistema alpino centrale che dal lago di Garda si estende a Nord ino a comprendere le
vallate del Noce106. In tale ambito, tutavia, non sono conservate tesimonianze materiali, anche parziali, di tracciai stradali di età anica.
È da escludere che quadro viario premoderno possa coincidere con quello atuale, realizzato in larga misura verso la metà del XIX secolo, che ruota atorno alla statale 237, collegando la
piana di Toblino con la conca Tione e in funzione di una nuova ipologia di traico. Informazioni interessani, tutavia, possono comunque essere ricavate dallo studio di quelle moderne diretrici che sono state realizzate adatandosi alla naturale conformazione delle aree atraversate, senza quindi modiicare l’asseto del territorio, come la strada statale 421 che supera il passo del Ballino tra Giudicarie e Alto Garda.
Fino alla stesura della viabilità moderna nel XIX secolo, i contai tra Giudicarie e regioni coninani si sono servii di alcuni canali naturali, privi di rapidi dislivelli e con quote alimetriche di
valico relaivamente basse come sono le vallate di origine glaciale tra Giudicarie e Alto Garda,
che hanno al verice rispeivamente i passi di San Giovanni, di San Pietro e di Ballino, oppure in
direzione Nord la sella di Molveno/Andalo verso la Val di Non.
Storicamente l’accesso da Sud si è servito di tre disini assi aveni medesimo caposaldo e
102
103
104
105
106
RAPANÀ 2013 c.
VARANINI 1996, p. 111.
VARANINI 2004, p. 495.
VARANINI 1996 p. 104. VARANINI 2004, pp. 495-496.
RICCADONNA 2009.
41
Le principali diretrici giudicariesi. In rosso i tracciai esaminai, in giallo le sedi pievane e in azzurro i complessi
foriicai bassomedievali.
42
medesimo orientamento. Partendo dall’Alto Garda essi raggiungevano il Lomaso atraversando rispeivamente il passo del Ballino, il passo di San Pietro atraversando la Val Lomasona e il
passo San Giovanni (m 1105 slm).
Due i tracciai che ad Est si dirigevano verso il Vezzanese e la conca di Trento. Il primo si aricola a mezzacosta sul versante occidentale del Monte Casale atraversando gli abitai di Poia, Godenzo e Comano, centri documentai nel XIII secolo107. Il secondo iinerario orientale, noto anche come seniero di San Vili, ha come caposaldo l’Alto Banale per proseguire verso il paese di Ranzo atraversando il passo omonimo. Da questo iinerario, nel trato in prossimità di
San Lorenzo in Banale, si origina una diretrice verso Nord che, percorrendo la sella di Andalo,
raggiunge Molveno, rappresentando così un’agevole via di comunicazione tra la Valle del Sarca e la Val di Non.
Della percorrenza dei due tracciai e dei rappori storicamente avui dalle aree limitrofe con
la pieve di Banale sono tesimonianza i diversi ediici di culto, tui dipendeni dalla pieve di Santa Maria di Tavodo. La chiesa e la comunità di Ranzo sul lato opposto della valle, le chiese di San
Vigilio a Molveno e quella dei Sani Vito, Modesto e Crescenza ad Andalo verso la Val di Non a
faica riuscirono ad afrancarsi dalla pieve di Banale solamente nel XVI secolo108.
A Ovest il collegamento in direzione dell’Alta Valle del Sarca e della Valle del Chiese a Sud era
garanito dal valico di passo Duron (m 1100 slm) atraverso una diretrice naturale che dal Bleggio si aricolava entro una valle compresa tra i rilievi montuosi di San Marino e di Cima Sera.
Altra possibilità verso l’Alta Valle del Sarca e la Val Rendena è stata la Val d’Algone, percorribile però solo stagionalmente per via dell’alitudine della sua parte più elevata che supera i 1500
m di quota. Seguendo questa via e passando atraverso i pascoli in quota di malga Movlina, da
Stenico era possibile raggiungere i paesi di Massimeno, Giusino e Carisolo.
I collegameni tra gli altopiani del Bleggio-Lomaso e del Banale, separai dalla profonda incisione valliva del Sarca, erano resi possibili mediante il ponte delle Arche, il ponte di Pià, il ponte Ballandino e due passerelle pedonali esisteni in prossimità di Comano e del Maso del Limarò109, struture menzionate nelle foni scrite a parire dal basso medioevo, ma non è da escludere una loro origine più anica.
107
108
109
MASTRELLI ANZILLOTTI 2003.
Per la chiesa di San Vigilio a Molveno CAVADA 1991 a; vd. scheda n. 43. Per la chiesa dei Sanissimi Vito, Modesto e Crescenza ad Andalo WEBER 1938, pp. 223-226; CURZEL 1999, p. 157; vd. scheda n. 45.
LAPPI 2004, pp. 165-185.
43
Percorso del passo di San Giovanni
Lunghezza:
Quota massima:
m 13500 circa; da Lundo (m 746 slm) alla piana di Arco (m 85 slm).
m 1105 slm (passo San Giovanni).
Il percorso
Il tracciato è oggi rappresentato da un percorso di ipo forestale con carreggiata in terra battuta. Il punto di partenza è rappresentato da Lundo (m 746 slm), il centro abitato alimetricamente più elevato dell’intero Lomaso, dove convergono due diversi percorsi provenieni rispetivamente da Poia (m 523 slm) - Comano (m 634 slm) e da Vigo Lomaso (m 487 slm) - castel Spine (m 634 slm). Oltrepassato Lundo, la strada lascia deiniivamente le terre colivate per addentrarsi nella fascia montana; dopo un primo trato di circa 2000 metri quasi pianeggiante, si
incontra l’unica vera asperità, ovvero una salita ripida e impegnaiva che, incuneata tra il versante occidentale del monte Casale e quello orientale del monte Blestone dominato in testa dal
monte San Marino, si inerpica verso il passo di San Giovanni, per una lunghezza di 1000 metri
circa. Successivamente la strada prosegue con minor pendenza: il trato successivo, lungo 2000
metri circa, conduce ai vasi pascoli ondulai che ospitano la malga di Vigo e, dopo 1500 metri
circa, alla sella di passo San Giovanni.
Superato il valico, il tracciato prosegue in leggera discesa e, dopo 1000 metri circa, aianca
la chiesa omonima, passando atraverso un’area oggi itamente intervallata da fabbricai e da
ediici a desinazione turisico stagionale. Da questo punto inizia la dolce discesa verso la piana di Arco, atraverso il paese di Padaro (m 351 slm). Dal passo di San Giovanni una diramazione, che percorre il crinale del monte, si dirige verso Sud-Ovest ino alla chiesa di San Pietro (m
976 slm), caposaldo del tracciato che qui giunge dalla Lomasona e della successiva discesa verso Tenno (m 461 slm), Varone (m 204 slm) e Riva del Garda (m 80 slm).
Sul versante giudicariese, connesse al tracciato descrito, vi sono alcune importani evidenze. Si comincia con la chiesa pievana di San Lorenzo, complesso di squisita matrice romanica,
con aigue tracce di preesistenze altomedievali, romane e pre-protostoriche110. Poco distante,
a monte della pieve, si trova anche l’isolata chiesa di San Silvestro, nelle cui murature si trovano reimpiegai alcuni interessani elemeni scultorei altomedievali111. Quest’ulima strutura è
inserita in un ambito nel quale receni aività di ricognizione hanno resituito non poche tracce
e reperi, forse riferii a un nucleo abitato a matrice sparsa di origine romana112, esteso sul pendio in verso castel Spine, nucleo foriicato fondato nel basso medioevo ad opera della potente
famiglia d’Arco che, con esso, raforzò la propria presenza nelle terre giudicariesi113.
A Lundo, nella chiesa di San Marcello, documentata a parire dal 1537 e più volte rimaneg-
110
111
112
113
Vedi schede n. 1 e n. 67.
CECCHELLI 1928, pp. 205-209; si veda scheda n. 2.
PERINI 1983, pp. 47-54; vd. scheda n. 67.
BROGIOLO, CAVADA, COLECCHIA 2004, p. 514. Per castel Spine si veda scheda n. 59.
44
Percorso del passo di San Giovanni.
45
giata nel secoli successivi, si conserva un elegante archeto di portalino del IX secolo in pietra locale, ma
di provenienza ignota, rainata tesimonianza dell’arigianato scultoreo altomedievale114. Lasciato questo centro e con esso i limii ali del
paesaggio antropizzato, il tracciato si addentra nella parte boschiva, guadagnando progressivamente quota sino ai 950 m della malga di Vigo, tra la dorsale Ovest del
monte Casale e quella Est del monte Blestone. In corrispondenza della
Chieseta di Padaro (Foto D. Mussi, 2013).
parte iniziale si erge il monte di San
Marino, sul quale receni indagini
archeologiche hanno portato alla luce gli imponeni ed estesi resi di una strutura foriicata altomedievale caraterizzata da un duplice sistema difensivo, posto a protezione di un’area di circa un etaro, pari all’intera sommità del monte, un’area dominante e strategica, da cui la vista
spazia dal passo di San Giovanni ino all’intera conca della Giudicarie Esteriori e dove, nella parte centrale, di assoluto rilievo visivo, è stata successivamente innalzata la chiesa omonima115.
Dal piede nord-orientale del monte di San Marino, il tracciato segue, quindi, la naturale morfologia, conducendo ai pascoli della malga di Vigo. Già in epoca medievale gli abitani del Lomaso, per l’esercizio di dirii di pascolo e di foraggio, frequentavano questo luogo, dove possedevano alcune casulae caraterizzate da stalla, cucina e ienile116.
Raggiuni i prai ali, il tracciato tocca la propria quota alimetrica massima in corrispondenza di passo San Giovanni (m 1105 slm) e quindi scende progressivamente ino ad incontrare la
località di San Giovanni al Monte (m 1061 slm) dove, completamente isolata in passato, si erge
la chiesa omonima, iancheggiata da un piccolo ediicio d’abitazione. La strutura è documentata a parire dal 1537117, forse più anica in qualità di punto di riferimento e assistenza per chi
percorreva questa strada risalendo dall’Alto Garda. Non a caso essa sorge esatamente a metà
strada del percorso che intercorre tra i due centri abitai più prossimi: 5000 sono, infai, i metri
che separano la chiesa di San Giovanni al Monte sia da Lundo sia da Padaro, ulimo centro per
chi dall’Alto Garda si dirige verso le Giudicarie.
A conferma dell’uso anico del tracciato e della frequentazione della zona di San Giovanni al
Monte in epoca tardoanica-altomedievale rimangono anche due singolari ritrovameni arche-
114
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116
117
CECCHELLI 1928, pp. 205-206; CRISTOFORETTI 1989, p. 225; CAVADA 2002, pp. 181-184; vd. scheda n. 6.
Si vedano schede nn. 10 e 55.
GORFER 1987, p. 381.
CRISTOFORETTI 1989, p. 225.
46
ologici, ambedue di natura funeraria118, prove assai signiicaive anche dell’uilizzo del tracciato. Non c’è dubbio, infai, che in relazione al suo uso devono essere considerai quesi ritrovameni, così come la presenza di luoghi di culto isolai e lontani da ogni contesto abitaivo stabile
e permanente. Quesi ediici, nel caso di Monte San Marino, evolvono con documentata chiarezza da apprestameni importani più anichi, signiicaivamente strategici e preliminarmente datai all’età altomedievale, al pari dei già ricordai contesi tombali di San Giovanni al Monte, la cui morfologia e il cui contenuto indubbiamente devono essere messi in relazione con la
presenza di un nucleo di soggei eterogenei per sesso ed età, diicile da spiegare nel quadro di
una semplice e parziale frequentazione di natura stagionale, ancorché ripetuta e ricorrente119.
Sempre a riguardo della storicità, ma anche della frequentazione anica di questa via di collegamento tra l’Alto Garda e le Giudicarie e quella parallela della Val Lomasona, oggi deiniivamente sosituii dalla strada statale 421 del passo Ballino, giova ricordare come nel 1734 il vescovo Domenico Antonio Thun sollecitò i dazieri del Ballino a controllare i “traicani di buoi e di
cavalli che per strade indirete, tralasciando quelle imperiali, conducono quesi animali dall’Austria all’Italia”, eludendo di versare il dovuto. Disposizioni per altro prive di efeto se, ancora nel
1749, il suo successore - Leopoldo Ernesto Firman - ribadisce il disposiivo con pesani sanzioni
a carico di coloro che, pur di non pagare il dazio di Ballino, percorrevano vie disagevoli, ma non
controllate, come la Lomasona e quella di passo San Giovanni120.
Si trata di due informazioni importani in grado di confermare come, ancora in tempi relaivamente receni, queste “diretrici secondarie” erano interessate da traici commerciali di portata notevole, al punto da richiamare l’autorità a reiterare diviei d’uso a favore delle nuove strade, nel fratempo tracciate, ma anche gravate di oneri iscali.
Ancor oggi il tracciato di passo San Giovanni, pur ridoto a strada forestale, rimane uilizzato per l’esercizio di dirii di uso civico da parte delle comunità di Arco e del Lomaso, secondo
consuetudini issate in dal Setecento nelle “carte di regola”, ma di origine più remota121. Al pari delle strade, anche gli ediici di culto sono rimasi a lungo frequentai, méta di processioni come quella che, ino agli anni Quaranta del XX secolo, ha portato annualmente la comunità della pieve di Lomaso alla chiesa di San Marino sull’omonimo monte.
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121
Si vedano schede nn. 10 e 55.
Nel 1981 furono portai alla luce i resi di 13 individui: 9 aduli (di cui 6 maschi e 4 femmine), un adolescente di
14 anni circa e 2 fanciulli rispeivamente di 1 e 5 anni circa. Cfr. CORRAIN, ERSPAMER, DE MARCHI 1983, pp. 3133.
DALPONTE 1987, p. 288.
La “carta” di Lundo venne messa per iscrito nel 1778. Capitolo 13: “Ciaschedun uomo abitante nella villa di Lundo
abile e laudato ad andar con le besie (…) dovrà puntualmente concorere al publico ad accomodare le strade del
monte per una volta tanto, quando gli sarà comandato e ordinato”. GIACOMONI 1991 c, p. 577. La “carta” di Vigo Lomaso venne redata nel 1756. Capitolo 60: “Si ordina che ogni uomo della villa di Vigo che sia maggiore di
anni 14 debba e sia tenuto e sia obligato ogn’anno nel principio del mese di maggio e nel principio del mese di
agosto (…) ad andare ad aggiustare e dilligentemente accomodare le strade che conducono al monte di Blestone e quelle anchora che portano nella valle di Lomasone”. GIACOMONI 1991 c, p. 390.
47
Percorso del passo del Ballino
Lunghezza:
Quota massima:
m 12000 circa; da Fiavé (m 657 slm) a Tenno (m 427 slm).
m 763 slm (Passo del Ballino).
Il percorso
La moderna strada asfaltata 421 del Ballino che collega le Giudicarie Esteriori con l’Alto Garda
ricalca in gran parte il vecchio tracciato in terra batuta. Il punto di partenza di questo iinerario
si potrebbe trovare nella parte Sud-Est del Lomaso, nella zona di conluenza dei tracciai interni
che provengono dal Lomaso, zona strategica al centro di struture dominani, quali la chiesa pievana di San Lorenzo a Vigo, castel Spine e castel Campo, con gli iinerari provenieni dal Bleggio
Superiore (Cavrasto, Rango e Balbido) e dalla parte centrale del Lomaso (Vigo, Dasindo e Curè).
Dai qui il tracciato prosegue in direzione Sud per 2500 metri circa, mantenendo invariata la
propria alitudine. Raggiunte le località “la Pineta” e “Pontarola”, il percorso inizia a salire dolcemente, incanalandosi nella streta valle di origine glaciale tra i gruppi del Monte Misone e
del Monte Cogorna (m 1866 slm) ino a giungere, dopo 1200 metri, al passo del Ballino (m 763
slm), punto nel quale il tracciato tocca la quota massima.
Superato il valico, l’iinerario prosegue in discesa con una pendenza minima, raggiungendo
dopo 1300 metri il paese di Ballino (m 755 slm), quindi, compiendo alcune brusche deviazione e scendendo di quota, giunge nei pressi di località “Seghe” (m 570 slm), dove inizia un tratto pianeggiante, dal quale è possibile ammirare il lago di Tenno (m 570 slm), situato ad un’altezza leggermente inferiore rispeto al tracciato stesso. Dopo aver superato il bacino lacustre, il
tracciato prosegue in direzione Sud-Est, raggiungendo, dopo 2000 metri circa, un breve trato
pianeggiante che ospita il piccolo borgo di Ville del Monte (m 540 slm) da dove in discesa, per
1000 metri circa, giunge a Tenno (m 427 slm) ed in seguito alla piana di Riva (m 80 slm).
Diicile stabilire con esatezza il punto, o i puni,
che permetevano di immetersi da Nord nella valle
glaciale che ospita il passo del Ballino. L’Atlas Tyrolensis, una delle poche cartograie disponibili anche se
molto tarda, evidenzia come nella seconda metà del
XVIII secolo questo iinerario non parisse dal Lomaso
a Ovest, quanto invece dal Bleggio a Est da dove proseguiva verso la conca di Tione atraverso il passo del
Duron. Receni aività di telerilevamento hanno individuato questo tracciato di mezzacosta, atualmente
inuilizzato e coperto dalla vegetazione122.
122
Paricolare dell’Atlas Tyrolensis con evidenziata
la diretrice che percorrendo la parte occidentale della conca di Fiavé raggiunge la vallata di
passo del Ballino a Sud.
RAPANÀ 2013 a.
48
Percorso del passo del Ballino.
49
Questo andamento potrebbe
essere stato causato dall’impossibilità di percorrere la parte occidentale della conca di Fiavé, caraterizzata dalla vasta area prima
lacustre e poi paludosa del Lago
Carera, anche se non è da escludere la presenza di un’analoga diretrice di mezzacosta che costeggiasse il versante occidentale del
Monte Misone.
Sul versante giudicariese connesse al tracciato descritto si trovano alcune importanze evidenze. Nella piana che ospita i paesi di Fiavé e Favrio, documentati
nel 1205123, sono presenti alcuni
edifici di culto documentati a partire dal XV secolo: sono quattrocentesche le chiese di San Zenone
a Fiavé e di San Biagio a Favrio124,
mentre sono posteriori le chiese
di Fiavè intitolate a san Sebastiano, nominata nel 1520125, e a san
Rocco, probabilmente eretta nel
1575 come suggerirebbe la data
Panorama del passo di Ballino (foto D. Mussi 2013).
visibile sul portale d’ingresso126.
A Sud della torbiera di Fiavé,
dove fino alla metà del XIX secolo si sviluppava il lago Carera, noti sono i resti dell’abitato palafitticolo e il villaggio
su Doss Gustinaci sviluppatisi tra il neolitico finale e il bronzo recente, nonché alcuni reperi isolai che tesimoniano la frequentazione della zona anche in periodi successivi: si trata di frammeni ceramici, riferibili al periodo della romanizzazione (tra il I-II secolo d.C.)127, insuicieni però a chiarire il ipo di frequentazione che interessò quest’area.
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126
127
BONELLI 1761, p. 100; MASTRELLI ANZILLOTTI 2003, pp. 183-184.
Per la chiesa di San Zenone scheda n. 12. Per la chiesa di San Biagio vd. scheda n. 14.
BELLONI, NUBOLA 2006, p. 496, n. 290; RICCADONNA, FRANCESCHI 2008, p. 29; si veda scheda n. 13.
RICCADONNA, FRANCESCHI 2012, p. 39.
Per informazioni sull’abitato palaiicolo di Fiavé PERINI 1983, pp. 1-32; MARZATICO 2001, p. 373; PEDROTTI A. 2001,
p. 161; PERINI 2001, p. 317. Per i manufai ceramici di età romana BATTAGLIA 1954, pp. 1-28; vd. scheda n. 100.
50
Nella fascia compresa tra il passo del Ballino e l’omonimo paese, ad Ovest dell’atuale strada
statale, sono stai rinvenui numerosi manufai metallici tra cui 189 monete e 30 medagliete
voive, tute riferibili, fata eccezione per un sesterzio romano dell’imperatore Antonino Pio (156158 d.C.), al periodo compreso tra il XVI e il XX secolo d.C.128. Interessani risultano le monete,
tute di piccola taglia e rappresentazione della cosiddeta “moneta piccola”, quella frequentemente uilizzata dai cei medio bassi all’interno di un sistema di commercio. Nell’interpretazione formulata il luogo in cui sono state trovate è stato considerato come un punto di sosta o comunque un’area all’interno di un intenso circuito commerciale. Importante appare, poi, il fato
che le monete rechino il conio di Stai difereni, ad indicare come il passo del Ballino fosse crocevia di una rete di comunicazione di vasto raggio.
Nel vicino borgo di Ballino si trova la chiesa di Santa Lucia, atestata a parire dal 1350129: la
strutura presenta un ampio porico ato ad ofrire ai viandani protezione dalle intemperie. Nel
paese, a parire dal 1207, è documentata una stazione daziaria assegnata alla famiglia d’Arco130:
le tarife riscosse atestano l’uilizzo del tracciato da parte di carri e besie da soma per tuto il
basso medioevo e l’inizio dell’età moderna131.
Nei pressi, in località “Casil”, aività di telerilevamento e ricognizioni sul campo sembrerebbero aver individuato il luogo in cui potrebbero trovarsi i resi materiali della “rocca” di Ballino: Una pulizia supericiale ha permesso di individuare, in corrispondenza di una sopraelevazione del terreno, pietre sbozzate, laterizi e tegole che confermano la presenza di una costruzione sulla sommità del rilievo132.
A sinistra il modello tridimensionale del terreno evidenzia l’anomalia situata su una collina “Casil” in prossimità di
passo del Ballino, a destra l’anomala conformità della la sommità del rilievo con la presenza di piccole mote sulla
spianata sommitale (da Rapanà a 2013 a).
128
129
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131
132
Per le monete si veda BARONI, PASQUALI 1994, p. 103-134; per le medagliete BARONI, LUGLI, PFLEGER, VIARO
1995, pp. 36-54. Vd. scheda n. 98.
Documento 249, c. 83, in AST, in IPPOLITI G., ZATELLI A.M., Archivi principatus Tridenini Regesta, secio laina
(1027-1777), a cura di GHETTA F., STENICO R. 2001, p. 1526, riportato in RICCADONNA, FRANCESCHI 2009, pp.
7-10; vd. scheda n. 16.
MASTRELLI ANZILLOTTI 2003, p. 183.
POSTINGER 1901, p.112; WALDSTEIN-WARTENBERG, 1979, p. 65.
COLECCHIA 2013 a, pp. 102-103; RAPANÀ 2013 a.
51
La foriicazione è menzionata nel 1328 quando Enrico II da Metz concesse “ad Alberto di Castel Campo il dirito di fabbricare una rocca sopra Balino, ainché difendesse quel passo da cui
per Riva ed Arco e per la valle di Tenno si poteva entrare nelle Giudicarie”133.
Mancano sul versante giudicariese tesimonianze materiali di struture o di frequentazione
umana durante l’alto medioevo e l’età romana, fata eccezione per alcuni reperi isolai e fuori
contesto. Asseni sono anche i complessi foriicai e le struture di controllo del territorio, che
però si trovano nel trato successivo, quello tra Ballino e Riva, come il castello di Tenno, atestato a parire dall’inizio del XIII secolo134. Ciò potrebbe derivare dalla frequentazione di altri tracciai che collegavano le medesime aree, come quello che atraversa il passo San Giovanni, dove
alcuni contesi tombali e un complesso foriicato ne tesimonierebbero la frequentazione durante l’età tardoanica e l’alto medioevo.
Con la ine del basso medioevo e l’inizio dell’età moderna, lungo il tracciato, ed in paricolare
nei pressi di Ballino, vengono erete alcune struture che indicano come questo iinerario fosse
interessato da un traico consistente. A Ballino sorsero in questo periodo un’osteria ed una locanda che svolgevano la funzione di assistenza ai viandani135.
Anche le numerose leggende ambientate su questa diretrice, che hanno tute come protagonisi dei mercani, suggeriscono il nuovo ruolo assunto dalla via di Ballino quale principale via
di collegamento tra Alto Garda e Giudicarie. L’importanza del possesso del passo e del relaivo
posto daziario è stato diretamente proporzionale all’ingerenza dei coni d’Arco, il cui potere nelle Giudicarie è stato esercitato in concorrenza dei signori di Castel Campo che più volte nel XIV
secolo reclamarono il possesso del dazio, i cui proveni sono citai ino all’inizio del XVII secolo136.
Va precisato, però, che il successo di questa strada rispeto agli altri iinerari con medesimo
orientamento non è dovuto solamente a moivi oggeivi, come il fato che esso si sviluppa quasi pianeggiante nel fondovalle, ma anche alla precisa volontà da parte dell’autorità poliica di
creare una nuova diretrice comoda, ma a pagamento che collegasse l’area dell’Alto Garda con
le Giudicarie, in sosituzione delle altre vie di transito parallele, la via della Lomasona e quella
di passo San Giovanni, più accidentate e meno servite137.
133
134
135
136
137
POSTINGER 1901, pp. 86-87. Vd. scheda n. 58.
Per il castello di Tenno si rimanda a DALBA 2013, pp. 449-456.
RICCADONNA 2009.
RICCADONNA, FRANCESCHI 2009, pp. 7-10.
DALPONTE 1987, p. 288.
52
Percorso della Val Lomasona
Lunghezza:
Quota massima:
m 12400; dalla chiesa pievana di San Lorenzo a Vigo Lomaso (m 500
slm) a Tenno (m 427 slm).
m 895 slm (nei pressi della chiesa di San Pietro).
Il percorso
Il percorso atuale è cosituito da una strada a carreggiata asfaltata ino a malga Lomasone,
da dove in terra batuta e ghiaia conduce ino al “bivio dei molinei”, punto dal quale inizia un
seniero di ipo forestale. Da San Pietro a Tenno il percorso ritorna ad essere asfaltato.
Punto di partenza è la piana che ospita l’abitato di Vigo Lomaso. Si trata di un’area di grande importanza strategica nella quale conluiscono gli iinerari provenieni da Dasindo ad Ovest,
da castel Spine e San Silvestro ad Est e da castel Campo a Nord.
Il tracciato si addentra quindi nell’ampia Val Lomasona, valle di origine glaciale delimitata ad
Est dai moni Casale (m 1632 slm), Granzoline (m 1549 slm), Brento (m 1545 slm) e Blaina (m
1413 slm); ad Ovest dal Monte Misone (m 1803 slm). Nel primo trato pianeggiante, lungo 2700
L’imbocco della Val Lomasona visto da Nord (foto M. Rapanà).
53
Percorso della Val Lomasona.
54
metri circa, il percorso è aiancato su entrambi i lai dai campi colivai e, nella parte successiva, sopratuto da aree praive e pascoli. La valle diventa in seguito leggermente più streta e la
distesa praiva è interrota frequentemente da macchie di conifere e laifoglie termoili, ino alla malga Lomasone, dopo 1600 metri, situata in un biotopo proteto, la cosiddeta “torbiera Lomasona”. Raggiunto il “bivio dei molinei” (m 595 slm), il tracciato si inoltra tra i boschi e sporadiche distese praive, abbandonando il fondovalle e iniziando la lunga salita verso il monte Calino su cui si trova la chiesa di San Pietro.
Superata una piccola area paludosa, denominata “pozza del prete” (m 665 slm), ha inizio la
parte più impegnaiva dell’interno percorso, caraterizzata da un’aspra salita che permete di
raggiungere località “Treni” (m 830 slm) dopo 2600 metri circa. Nell’ulimo trato, la pendenza
diventa più lieve e, dopo aver raggiunto la quota massima (m 895 slm), il tracciato procede in
discesa ino ad una breve fascia pianeggiante nella quale si trova la chiesa di San Pietro (m 845
slm). Da qui è possibile proseguire verso Sud ino a raggiungere Tenno (m 427 slm) e, quindi, la
piana di Riva (m 80 slm), oppure deviare verso Nord-Ovest verso il passo di Ballino (m 763 slm)
e le Giudicarie Esteriori.
Unica evidenza materiale connessa alla frequentazione anica del tracciato è la chiesa di San
Pietro sul monte Calino, strutura documentata a parire dalla ine del XIII secolo138. Essa sorge completamente isolata, ad una distanza di 10000 metri da Vigo Lomaso e 2500 da Tenno, in
posizione dominante e di assoluto rilievo visivo sulla piana di Riva e di Arco. Come nel caso di
altri analoghi ediici di culto osservai in questa ricerca, si trata di una strutura di riferimento,
desinata anche all’assistenza di viaggiatori, come tesimonia l’ampio porico ad essa anistante, uile a fornire protezione.
Lungo il percorso non sono atestai struture o centri abitai, anche se è ipoizzabile che
nel trato di fondovalle fossero preseni degli ediici legai alle aività di sfrutamento
della valle, di cui però non è possibile afermare con certezza l’esata natura.
Struture e centri abitai sono invece documentai in maniera massiccia nella piana
all’imbocco della Lomasona, a sotolineare
l’importanza strategica di questo naturale
canale di comunicazione tra Giudicarie Esteriori e Alto Garda. In un’area di pochi chilometri quadrai si trovano, infai, gli abitai
di Vigo Lomaso, sede della chiesa pievana di
San Lorenzo, Dasindo e Favrio, mentre iso- La chiesa di San Pietro sul monte Calino, ora rifugio SAT
lai nei campi sorgono castel Spine e la chie- (foto M. Rapanà).
138
Ecclesiae 2000, pp. 486-489; BROGIOLO, DALLEMULE 2013, pp. 243-244. Vd. scheda n. 54.
55
sa di San Silvestro. Quest’ulima, che rappresenta la strutura più vicina all’imbocco della valle,
potrebbe essere intesa come un punto di passaggio per quei viaggiatori prima del loro immettersi nella Lomasona.
Foni documentarie tesimoniano la percorrenza della Val Lomasona da parte degli abitani del Lomaso e dell’Alto Garda. La “carta di regola” della comunità di Vigo Lomaso indica infai
come questo tracciato fosse oggeto di manutenzione due volte l’anno139. A giudicare dalle numerose sanzioni e provvedimeni che l’autorità vescovile emanò nel corso degli anni per scoraggiare quel signiicaivo lusso di viaggiatori che percorrevano questo iinerario o quello che
atraversa passo San Giovanni, pur di evitare il dazio a Ballino140, la frequentazione della Val Lomasona non diminuì nemmeno quando la strada di passo di Ballino divenne la diretrice principale tra Giudicarie Esteriori e Alto Garda.
Atualmente il tracciato ha perso ogni funzione originaria di collegamento, percorso solo da
escursionisi oppure da agricoltori interessai a raggiungere i campi colivai situai nella Lomasona.
139
140
La “carta” di Vigo Lomaso venne redata nel 1756 sulla base di consuetudini radicate nei secoli. Capitolo 60: “Si
ordina che ogni uomo della villa di Vigo che sia maggiore di anni 14 debba e sia tenuto e sia obligato ogn’anno
nel principio del mese di maggio e nel principio del mese di agosto (…) ad andare ad aggiustare e dilligentemente accomodare le strade che conducono al monte di Blestone e quelle anchora che portano nella valle di Lomasone”. Nei capitoli 61, 62, 63 viene afrontato il tema relaivo alla manutenzione dei tracciai. GIACOMONI 1991
c, p. 390
DALPONTE 1987, p. 288.
56
Percorso del passo del Duron
Lunghezza:
Quota massima:
m 7900 circa; da Tione (m 565 slm) a Marazzone-Rango, Bleggio Superiore (m 770 slm).
m 1100 slm (passo del Duron).
Il percorso
Il tracciato è oggi rappresentato da una moderna strada asfaltata che in larga misura ricalca
l’andamento del vecchio iinerario. Caposaldo di partenza è la conca di Tione (m 565 slm), centro di convergenza naturale di tute le Giudicarie Interiori, all’incrocio delle valli del Sarca e del
Chiese, dove il torrente Arnò si immete nel Sarca. È in questo punto, infai, che il iume, dopo aver percorso la Val Rendena da Nord a Sud, devia bruscamente il proprio corso ad Ovest,
ino a getarsi nella streta gola del Limarò. In virtù di questa sua importante collocazione geograica, quest’area ricopre il ruolo di importante nodo stradale, collegando di fato l’alta pianura bresciana con l’entroterra alpino.
Dalla conca di Tione il tracciato prosegue verso Est oltrepassando le acque del torrente Arnò
(m 535 slm) e quindi, alzandosi leggermente di quota, raggiunge e atraversa i paesi di Bolbeno
(m 575 slm) e di Zuclo (m 595 slm), poco distani tra loro, ulimi insediameni prima di raggiungere il Bleggio Superiore, distante da essi 8000 metri circa. A 4000 metri circa dalla conca di Tione si trova la parte più impegnaiva del tracciato, cosituita da una breve ma ripida salita di circa
400 metri, a seguito della quale il percorso entra nella fascia montana, superando quota m 900
slm. Nei successivi 1500 metri la strada prosegue con minor pendenza, toccando però la quota
massima (m 1010 slm), tra i rilievi di Monte San Marino (m 1449 slm) e Cima Sera (m 1908 slm).
Il tracciato lambisce lo sperone roccioso sul quale si ergeva la chiesa di Sant’Alberto (m 910
slm), e quindi raggiunge il passo del Duron (m 985 slm), conine naturale tra le Giudicarie Interiori e quelle Esteriori. Superato il passo, il percorso prosegue in leggera discesa per 1000 metri circa, da m 985 slm a m 890 slm; quindi la pendenza diventa più marcata ino a giungere in
prossimità degli abitai di Marazzone (m 773 slm) e Rango (m 772 slm), primi paesi del Bleggio
Superiore da dove altre diretrici viarie interne collegano gli altri insediameni. Coninuando verso Sud è possibile infai accedere al Lomaso ed al passo del Ballino, mentre proseguendo verso Est la strada conduce nel Bleggio Inferiore, collegato con il Banale.
Alcune evidenze tesimoniano la frequentazione anica del tracciato. Nel centro di Tione si
trova la chiesa pievana di Santa Maria, documentata dal 1240, mentre al 1185 risale la prima
atestazione della pieve intesa come distreto territoriale141.
Isolata a Est di Tione si trova la chiesa di San Vigilio, innalzata su uno sperone roccioso sulla sponda destra del Sarca, poco prima della conluenza in esso delle acque del torrente Arnò.
141
CURZEL 1999, pp. 150-151; COLECCHIA 2013 b, p. 249.
57
Percorso del passo del Duron.
58
Si trata di un ediicio di culto documentato a parire dal 1537, sorto nel luogo dove, secondo
la leggendaria tradizione, i bresciani avrebbero conteso ai trenini la salma del vescovo Vigilio,
maririzzato in Val Rendena142. Il ritrovamento fortuito di un nucleo tombale a cremazione con
qualche manufato di corredo (tra cui un vaso in terracota pieno di sostanza carbonizzate, tre
ibule a “scorpione” e una a “balestra”) del I-II secolo d.C. avvenuto negli anni Trenta in località
“Sivrè”, un tempo frazione di Tione, ma ora inglobata all’interno del paese, atesta la presenza
umana nell’area in epoca romana143.
A Bolbeno, nominato per la prima volta in una fonte scrita del 927144, si trova la chiesa di
San Zeno, ereta nel XVI secolo145.
Poco prima di Zuclo, e precisamente sulla sommità del dosso denominato “Sot Castèl”, in posizione dominante sul tracciato, sono state riportate alla luce le basi murarie di una strutura foriicata, il “castello” o “castelliere di Zuclo”, composta da un solido muro di cinta che circondava
il piano sommitale di 600 mq, otenuto ariicialmente ed al cui centro era stato ereto un imponente masio quadrangolare costruito con grosse pietre in granito legate da calce. All’esterno
del complesso, sulle pendici meridionali del dosso, sono state rinvenute tracce di altre due cinte
murarie a forma elliica. La costruzione foriicata dominava un’importante area di passaggio,
contesa tra diversi poteri viari per le Giudicarie Esteriori, per Tione, per la Val Rendena e per la
Valle del Chiese. Le foni documentarie e i pochi reperi portai alla luce sembrano denotare la
lunga frequentazione del sito e dell’area circostante, con un’interruzione in età romana, dall’età del bronzo recente alla seconda età del ferro, dal medioevo ino al Quatro-Cinquecento146.
Atestata a Zuclo, insediamento di cui abbiamo le prime noizie nel 1086147, è la chiesa di San
Marino, ereta nel 1706 sul luogo di un precedente ediicio di culto dell’XIII secolo148. Oltrepassato Zuclo e costeggiato in quota Saone (m 510 slm), centro dipendente dalla pieve di Bleggio e nominato per la prima volta nelle foni scrite nel 1205149, il percorso sale rapidamente di
quota raggiungendo la piccola valle di origine glaciale, tra il versante Nord-Est di Cima Sera (m
1909 slm) e quello Sud-Ovest di Monte San Marino (m 1449 slm). Sulla sommità del monte si
trovano i ruderi di un ediicio di culto ad aula, di cui si rimangono ancora i muri perimetrali (m.
6,5 x 6,5 le misure interne) e quelli dell’abside orientata ad Est150. Lungo i margini meridionali e orientali del rilievo si riconoscono poi ampi trai di una corina difensiva coninua, spessa
un metro circa. Il perimetro foriicato, lungo almeno 550 metri, copre una supericie di 15.000
mq. La chiesa, di cui non si conosce la data di costruzione e nominata solo nel 1537, è posteriore rispeto alla cinta in quanto ereta al di sopra di essa, uilizzandola in parte come sostegno
142
143
144
145
146
147
148
149
150
TAIT 1902, p. 16; CRISTOFORETTI 1989, p. 244; vd scheda n. 50.
COLECCHIA 2013 b, pp. 248-249; Si veda scheda n. 80; NICOLODI 2012.
FAINELLI 1963, II, n. 199.
CRISTOFORETTI 1989, p. 244; vd. scheda n. 52.
COLECCHIA 2013 a, pp. 380-383; Si veda scheda n. 57.
MASTRELLI ANZILLOTTI 2003, p. 193.
COLECCHIA 2013 b, p. 248; vd. scheda n. 51.
MASTRELLI ANZILLOTTI 2003, p. 193.
Si veda scheda n. 28.
59
del piano d’appoggio151. Il sito, analogo soto moli aspei a quello omonimo sul Monte Blestone nel Lomaso, si trova in una posizione di grande importanza strategica, poiché dai suoi 1449
m di quota domina, oltre al passo del Duron, tuto il territorio circostante.
In prossimità del passo, in posizione isolata su uno sperone roccioso che sovrasta il valico,
si trovano invece i resi della chiesa dedicata al vescovo di Trento Alberto o Adelpreto, ucciso
nel 1172 tra Arco e Riva. Questo ediicio è documentato nelle foni scrite solamente a parire
dal 1537, ma nulla vieta di ritenerlo di origine più anica152. Della strutura, demolita nel 1840,
rimangono le fondamenta dei muri perimetrali che evidenziano la pianta ad aula unica retangolare con abside semicircolare153. È questa l’unica strutura ereta nelle immediate vicinanze
dell’iinerario sul trato compreso tra Zuclo e Marazzone (8200 metri circa).
Il tracciato raggiunge, inine, i primi paesi del Bleggio Superiore, Marazzone e Rango, sede
quest’ulimo della chiesa dedicata a Santa Maria, documentata a parire dal 1537154.
La dislocazione di queste tracce aiuta a capire il periodo di frequentazione del passo del Duron. Anche in questo caso vanno considerai sopratuto i luoghi di culto, erei in sii isolai ma
di grande importanza strategica e frequentai già in periodi precedeni, come nel caso di monte San Marino, oppure su posizione di chiaro riferimento come nel caso della chiesa di valico
di Sant’Alberto.
La frequentazione del tracciato durante il basso medioevo e l’inizio dell’età moderna è attestata dalla fondazione di altri centri abitai e di ediici di culto, come la chiesa di San Vigilio a
Vat, di San Zeno a Bolbeno, di San Brizio e di San Giovanni Baista a Saone, paese che, pur situato nelle Giudicarie Interiori, non a caso era parte della pieve di Bleggio insieme alle numerose aree da pascolo ed ai campi colivai che si trovano atorno ad esso.
Le foni documentarie informano anche di come su quest’arteria aluissero i mercani provenieni dalle valli di Sole e di Non che, con i loro carri, carichi sopratuto di ferro, si recavano
al porto di Riva, da dove le merci venivano incanalate in un sistema di scambio ad ampio raggio che toccava le più importani cità lombarde155. Ciò che emerge è quindi una frequentazione pressoché coninua dell’iinerario del passo del Duron, favorita anche dall’assenza di ripide
salite o dislivelli impegnaivi. Solamente nel XIX secolo, con le grandi opere realizzate dal governo austroungarico e con il nuovo asseto della rete viaria locale, il passo del Duron è stato relegato ad un ruolo di secondo piano, in quanto la quasi totalità del traico tra Giudicarie Esteriori, Val Rendena e Valle del Chiese oggi corre lungo la forra di Ponte Pià156.
151
152
153
154
155
156
Si veda scheda n. 56.
CRISTOFORETTI 1989, p. 244; vd. scheda n. 29.
CALDERA 1989, pp. 61-64; DEGASPERI 1998, p. 41.
CRISTOFORETTI 1989, p. 222; vd. scheda n. 26.
GORFER 1985, p. 19.
ONGARI 1988, p. 79.
60
Percorso del passo della Morte
Lunghezza:
Quota massima:
m 8300 circa; da Sarche (m 249 slm) a Poia (m 502 slm).
m 851 slm (passo della Morte).
Il percorso
Il percorso è oggi rappresentato in larga misura da una traccia forestale in terra batuta, fata
eccezione per la parte iniziale, nella quale i ripidi tornani asfaltai che si inerpicano sul versante orientale del monte Casale fanno parte del moderno stradone della Scaleta. Il punto di partenza di questo iinerario è issato nel paese di Sarche (m 249 slm) sul fondovalle, a Sud-Ovest
di castel Toblino. La zona ricopre un ruolo di grande importanza strategica trovandosi alla conluenza di due importani tracciai che, provenieni rispeivamente dall’Alto Garda e dalle Giudicarie, proseguivano verso Trento passando per il Toblino e il Vezzanese, aree già frequentate
con intensità in epoca romana, come atestano alcune epigrai qui rinvenute157.
Da Sarche il tracciato prosegue in direzione Ovest ino a raggiungere, dopo 400 metri circa,
il crinale orientale del gruppo montuoso del Monte Casale (m 1632 slm). Adatandosi quindi ai
ripidi versani del rilievo, esso forma alcuni streti tornani, unica possibilità per superare questo notevole dislivello, lungo appena 1600 metri, che cosituisce la parte più impegnaiva per
la sua notevole pendenza: la quota passa infai
da 290 m 790 m. A metà circa di questa ripida
salita, in prossimità dello sperone roccioso su cui
si ergeva la chiesa di San Giovanni (m 450 slm),
sede di un romitorio oggi riprisinato, il tracciato compie una lieve deviazione verso Ovest per
giungere ad una zona pianeggiante, estesa circa 2000 metri, che dopo una breve salita conduce al passo della Morte (m 851 slm), punto
più elevato dell’intero tracciato.
Superato il valico, il percorso piega bruscamente verso Sud-Ovest, procedendo discesa, prima lieve per circa 700 metri, e poi coninuando in maniera più marcata per a giungere,
dopo 1000 metri circa, ad una breve fascia pianeggiante, atraversata la quale si raggiungere i
paesi di Comano (m 619 slm), Godenzo (m 558
157
La parete setentrionale del monte Casale e la forra
del Sarca (foto D. Mussi, 2013).
CHISTÈ 1971
61
Percorso del passo della Morte.
62
slm) e Poia (m 530 slm), poco distani tra loro. Da quesi centri è possibile proseguire verso l’Alto Garda mediante il passo
di San Giovanni, oppure deviare verso Ovest per accedere alla
zona centrale del Lomaso.
Lungo il tracciato si trovano alcune signiicaive evidenze. Nel
punto di partenza, il paese di Sarche, vi sono l’ospizio dei monaci celesini, abbatuto nel XIX secolo, e la chiesa dedicata alla Madonna del Carmelo, ediicai nel primo quarto del XIV secolo158. Paricolarmente importante risulta il primo, la cui presenza indica la vivacità delle diretrici stradali che avevano come riferimento anche la via che conduceva nelle Giudicarie: gli
ospizi, svolgevano la funzione di fornire ricovero e assistenza ai
poveri ma anche ai viaggiatori, infai sorgevano, di norma, lunCippo comunale del 1533 sul monte
go vie di comunicazione di rilievo.
Casale a tesimonianza della sparAltre struture documentate sono il ponte in legno sul iume izione del rilievo montuoso tra la
Sarca, ereto nel 1451 in sosituzione di un manufato prece- comunità di Calavino, Lasino e Madente, e un’osteria, realizzata nello stesso periodo159. Nel 1518 druzzo e quella di Comano (da Bressan F., Bressan L. 1988).
in prossimità del ponte fu ediicata una stazione daziaria, di cui
si possono notare ancora le mura merlate: le liste relaive a pedaggi e tarife indicano che sul ponte transitavano anche animali da soma e carri, anche se solamente i primi erano in grado di percorrere i tornani della strada che si inerpicava sul Monte Casale. A metà della ripida salita verso il passo della Morte si trovava, isolata su uno sperone
dominante sulla Valle del Sarca e nelle immediate vicinanze di un eremo, la chiesa di San Giovanni, documentata per la prima volta nel 1344160. L’ediicio, uilizzato ino alla seconda metà
del XVII secolo, cosituisce l’unica strutura nel trato Sarche-Comano, lungo quasi 7000 metri.
Dopo il passo della Morte, prima evidenza materiale del Lomaso, vi è la chiesa dedicata a
San Giacomo, ereta nel 1490 a Comano161, paese nominato per la prima volta nel 1246162. Altri
ediici di culto sono atestai a Godenzo e a Poia, centri abitai molto vicini tra loro e menzionai per la prima volta rispeivamente nel 1221 e nel 1264163: a Godenzo si trova la chiesa di San
Giovanni, che compare nella Visitaio Clesia del 1537 ma secondo alcune interpretazioni trate
probabilmente dal catalogus Cleri la prima atestazione dell’ediicio risalirebbe al 1205, a Poia
quella di San Giorgio, ediicata nel 1330164.
158
159
160
161
162
163
164
MUSSI D. 2012, p. 483.
LAPPI 2004, p. 186.
BRESSAN 1988, pp. 24-26; MUSSI D. 2012, p. 498; vd. scheda n. 17.
COSTA 1986, p. 379; vd. scheda n. 7.
MASTRELLI ANZILLOTTI 2003, pp. 184-185.
MASTRELLI ANZILLOTTI 2003, pp. 184-185.
Per la chiesa di Godenzo AGOSTINI 1977, p. 189; COSTA 1986, p. 377; COLECCHIA 2013 b, p. 194; vd. scheda n.
4. Per la chiesa di Poia AGOSTINI 1977, p. 190; COSTA 1986, p. 377; vd. scheda n. 5.
63
Le tracce ed i centri abitai situai lungo questo iinerario risalgono solamente all’inizio del
basso medioevo, mancando ino ad ora tesimonianze di frequentazione relaive a periodi precedeni. Questa assenza può forse dipendere dal fato che, ino alle prime opere di boniica avvenute nella seconda metà del XVI secolo, la piana di Sarche ha cosituito un’area transitabile solo a faica a causa di ampie paludi e della violenza con cui le acque del Sarca fuoriuscivano
dalla forra del Limarò, provocando devastani inondazioni165. È quindi possibile che ino ai secoli XIII-XIV come collegamento tra Giudicarie e Valle dei Laghi-Trento venisse frequentato prevalentemente l’altro tracciato, il seniero di San Vili.
D’altra parte, però, la fondazione a Sarche di infrastruture stradali, quali il dazio e l’ospizio,
durante il basso medioevo suggerisce un nuovo ruolo come nodo commerciale di questo centro
e, di conseguenza, anche del tracciato che, partendo da questo paese, raggiunge le Giudicarie.
È ipoizzabile, dunque, che da questo momento l’iinerario che atraversa il passo della Morte
sia diventato il principale canale di collegamento tra Giudicarie e Valle dei Laghi a scapito del più
impegnaivo seniero di San Vili, meno adato al ruolo di arteria commerciale.
Altre foni tesimoniano come la percorrenza di questo iinerario fosse collegata anche allo sfrutamento delle folte aree boschive del Monte Casale, proprietà della comunità di Calavino, Lasino e Madruzzo ino all’inizio del XIV secolo e, successivamente, di quelle di Comano e
di Godenzo166.
La parte giudicariese del tracciato era uilizzata anche da chi, provenendo dal Lomaso o dal
versante occidentale del monte Casale, voleva raggiungere la pieve di Banale: dal percorso principale infai, nella fascia praiva denominata “pian di Bondone” ad Ovest del passo della Morte, si originava una diretrice che superava la forra del Limarò mediante il ponte Ballandino, documentato nel XV secolo167, e quindi saliva verso Villa Banale. Frammeni di tubature in terracota e in legno, laceri murari e trai di un anico pavimento, frammeni di anfore e monete di
epoca imperiale documentano l’uilizzo di questa zona in età romana168.
Come nel caso del passo del Duron e del seniero di San Vili, l’apertura dello Stradone della
Scaleta nel XIX secolo, oggi SS 237, su cui conluisce tuto il traico proveniente da Trento verso le Giudicarie, ha determinato la cessazione degli spostameni atraverso il passo della Morte, uilizzato ora solamente per aività forestali ed escursioni.
165
166
167
168
ONGARI 1988, pp. 63-64.
BRESSAN F., BRESSAN L. 1988, p. 12.
LAPPI 2004, pp. 172-173; si veda scheda n. 66.
Si veda scheda n. 68.
64
Il seniero di San Vili
Lunghezza:
Quota massima:
m 6000; da Ranzo (m 760 slm) alla pieve di Banale (m 603 slm).
m 760 slm (Ranzo).
Il percorso
Il tracciato ricalca, in gran parte, un trato del leggendario iinerario percorso dal vescovo Vigilio per recarsi in Val Rendena, da cui il nome di “seniero di San Vili”. Si trata in prevalenza di
un seniero in terra batuta o selciata, anche se non mancano piccoli trai di strada con carreggiata asfaltata. Punto di partenza è l’abitato di Ranzo (m 760 slm), frazione di Vezzano, raggiungibile sia da Toblino nel fondovalle, sia da altri paesi in quota come Margone (m 946 slm), Fraveggio (m 427 slm) e Lon (m 540 slm) lungo un percorso che collega Ranzo con la Valle dell’Adige. Da Ranzo, atraverso viotoli di campagna, si prosegue verso Sud, raggiungendo dopo poche ceninaia di metri la piccola chiesa di San Vigilio (m 719 slm), da dove il tracciato piega decisamente verso Ovest, sul versante sinistro orograico della valle del Sarca.
La strada sterrata scende costeggiando alcuni campi colivai e sfrutando un piano terrazzato lungo circa 100 metri ino a raggiungere l’altopiano delle Masere (m 680 slm), singolare promontorio panoramico uilizzato come area da pascolo. La strada aianca l’intera spianata, delimitata da murei di sostegno, ino a tramutarsi in un soile seniero che, prima nel bosco e poi
sopra i ghiaioni detriici, si snoda a picco sulla gola del Limarò. La via, alternando trai in salita e in discesa, prosegue ino a giungere ad uno spuntone roccioso laterale al seniero, privilegiato punto di vista sulla vallata sotostante: da questa posizione si domina, infai, il corso superiore della gola del Limarò, dove, col passare dei millenni, il Sarca ha eroso la roccia formando un autenico canyon.
È in questo punto che nel principale iume giudicariese si immettono le acque del torrente Bondai,
proveniente da Nord. Aggirando lo
spigolo della montagna il seniero
prosegue verso Nord costeggiando il Bondai, mantenendosi prima sui pendii detriici sul ciglio
del rilievo ed in seguito inoltrandosi dentro una valle laterale tra
boschi cedui di faggio, acero, carpino, iglio e nuclei sparsi di abete
rosso e bianco. Dopo una leggera
salita lunga circa 500 metri si approda a Deggia (m 620 slm), località dominata da un caraterisico
La parete rocciosa a strapiombo sulla quale si aricola il seniero di San Vili
santuario barocco, da cui, tramite
(foto M. Rapanà).
65
Seniero di San Vili.
66
una strada selciata di recente realizzazione, lunga 600 metri, si scende ino all’abitato delle Moline (m 540 slm), atraversato dal torrente Bondai. In prossimità di questo centro, dal seniero
principale si originava una diretrice che, proseguendo verso Nord atraverso la sella di Andalo,
raggiungeva la Val di Non. Oltrepassato il corso d’acqua su un ponte di pietra di incerta datazione, il tracciato prosegue leggermente in salita verso Ovest per 1200 m, costeggiando la collina
che ospita i resi di castel Mani, ino all’abitato di San Lorenzo in Banale. Da qui è possibile proseguire verso Ovest in direzione di Andogno e Tavodo (sede pievana).
Per tuta la sua lunghezza il percorso non presenta evidenze materiali in grado di tesimoniare la percorrenza di questo iinerario, fata eccezione per la chiesa di San Nicolò a Ranzo e di castel Mani sul Doss Mani, atestai rispeivamente nel 1527 e alla ine del XIII secolo169, che potrebbero essere considerai i puni di partenza e di arrivo del percorso stesso. L’ediicio di culto risulta la prima strutura documentata a Ranzo, paese situato a notevole alitudine ed isolato rispeto alle atuali vie di comunicazioni che si snodano nel fondovalle.
Castel Mani, invece, ereto su uno sperone roccioso in grado di dominare l’importante area
di collegamento tra la Valle dei Laghi, la Valle di Non e le Giudicarie Esteriori, rappresenta un
punto di osservazione e controllo del territorio. Il complesso foriicato, però, fu presto sorpassato per importanza da quello di Stenico e cadde in disuso già nella prima metà del XVII secolo.
Tracce di frequentazione anica in questa zona sono tesimoniate, però, da due struture abitaive di età romana, situate sul terrazzo anistante il versante occidentale sul dosso di castel
Mani, e dai resi murari e da un piano d’uso, datai tra il V e la seconda metà del VI secolo d.C.,
rinvenui soto le fondamenta dell’ex chiesa curaziale di San Lorenzo in Banale170.
Il seniero si aricola lungo un territorio molto aspro, caraterizzato da ripide pendenze e
strei passaggi obbligai, atraverso boschi e rocce a picco sulla gola del Limarò, ed, inoltre, per
lunghi trai è esposto a frane e smotameni. Nonostante queste sue disagevoli caraterisiche,
esso ha rappresentato il naturale canale di collegamento tra le Giudicarie, la Valle dei Laghi e
Trento, molto frequentato prima delle opere di boniica della piana di Sarche.
All’uilizzo di questo tracciato, la cui percorrenza è possibile solamente a uomini e ad animali da soma, va connesso anche il sistema di cappelle e di ediici di culto che orbitavano atorno
ad una delle tre pievi giudicariesi: la chiesa di Ranzo faceva parte, infai, del distreto pievano
di Banale e, di conseguenza, il seniero di San Vili rappresentava la via di collegamento più immediata tra la parte centrale e più importante della pieve e questa zona periferica.
Discorso analogo vale anche per il tracciato che, staccandosi dal seniero San Vili nei pressi
di Moline, percorreva la sella di Andalo, giungendo in Val di Non. Questo ulimo tragito, inoltre, cosituiva anche un’importante diretrice commerciale verso e dalle valli di Non e di Sole.
La frequentazione della diretrice durante l’età bassomedievale è atestata dagli Ai della Visitaio Clesia del 1537: in questa occasione, i delegai vescovili provenieni da Trento “die sabbai xiiij aprilis, equitando versus plebem Banalli, domini visitatores in villa Rantzi visitarunt ec-
169
170
Per la chiesa di Ranzo COSTA 1986, p. 248; vd. scheda n. 44. Per castel Mani vd. scheda n. 61.
Per le struture di età romana si veda scheda n. 76. Per la chiesa di San Lorenzo in Banale vd. scheda n. 48.
67
clesiam Sanci Nicolai (…). Deinde, tarda hora, pervenerunt ad plebem Beatae Mariae Virginis
et hospitai fuerunt in canonica”171.
Rimane leggendaria l’ideniicazione di questo tracciato con quello percorso sul inire del IV
secolo dal vescovo di Trento Vigilio, di cui è riscontro la Passio Sanci Vigilii episcopi et martyris,
testo agiograico redato tra la ine del VI e la ine dell’VIII secolo che, oltre a numerosi elemeni privi di atendibilità, tutavia coniene alcune preziose informazioni riguardani la realtà storica di Trento e dei territori limitroi tra tarda anichità e alto medioevo172. Scarsi sono i toponimi
e i luoghi circostani menzionai da questa fonte, anche se è possibile ipoizzare, grazie soprattuto alla tradizione popolare che nel corso dei secoli ha rielaborato la leggenda del santo marire, che il tracciato percorso da Vigilio, secondo il racconto, coincida con quello che collegava
le Giudicarie a Trento, raggiungendo poi la Val Rendena.
Il seniero San Vili ha vissuto una lungo periodo di abbandono e di conseguente degrado a
seguito della riorganizzazione del sistema viario efetuata nel XIX secolo che ha privato questo
iinerario della funzione di collegamento. Una sua parziale riscoperta è avvenuta per merito della S.A.T. che nel 1988 ha presentato un nuovo seniero forestale che ricalca, in qualche trato, il
leggendario percorso compiuto dal marire per dirigersi in Val Rendena. Questo progeto, che si
colloca in un’iniziaiva di più ampio respiro, ha la inalità di salvaguardare e valorizzare uno dei
tracciai più suggesivi del Trenino occidentale, permetendo agli escursionisi di ammirare, oltre al magniico paesaggio circostante, gli elemeni della natura storica che rischierebbero altrimeni di perdersi in un oscuro oblio.
171
172
CRISTOFORETTI 1989, p. 218.
Si veda il capitolo dedicato al rapporto tra leggende e viabilità giudicariese e in paricolare ai dai riferii dalla Passio Sanci Vigilii.
68
Percorso della Val d’Algone
Lunghezza:
Quota massima:
13600 m; dal ponte del Lisan (m 605 slm) a Massimeno (m 885 slm).
m 1595 slm (tra malga Steblei e malga Plan).
Il percorso
Il tracciato atualmente consiste in una strada forestale in terra batuta e ghiaia. Punto di partenza è l’atuale ponte del Lisan (m 605 slm) alla foce del rio d’Algone sul lago di Ponte Pià, sulla cosiddeta “strada delle Sasse” o “strada del Lisan” via di comunicazione che, sviluppandosi
sulla sponda sinistra del Sarca ad un livello di circa 100-150 metri più elevato rispeto a quello
del corso d’acqua, collega Stenico con Ragoli e Preore nelle Giudicarie Interiori. Il percorso si addentra quindi verso Nord nella profonda e streta incisione valliva tra i moni Iron (m 1865 slm)
e Tof (m 2022 slm) ad Ovest e Monte Croz (m 2113 slm) e Monte la Rocca (m 1766 slm) ad Est,
costeggiando per i primi 5000 metri il rio d’Algone e oltrepassando mediante poni i numerosi
ruscelli suoi alueni (il rio Rudugol, il rio Valfonda e il rio del Pine).
Con questo primo trato, in leggera ma costante salita, si superano i m 1000 slm, atraverso
un ambiente ipicamente forestale, ad esclusione di alcuni trai con prai falciabili come quelli
posi nei pressi di malga Stabli (m 1120 slm). Superata la malga, il tracciato prosegue per 1500
metri con medesima pendenza, superando ali pascoli e alcune malghe. Salendo muta il paesaggio: la faggeta prende il posto di pino silvestre e caducifoglie.
Dopo una impegnaiva salita, di circa 400 metri, in prossimità di malga Nambi (m 1360 slm),
il tracciato devia bruscamente ad Ovest, per poi proseguire verso Nord ino a raggiungere, dopo
circa 2000 metri, il punto di massima alitudine. Qui, dopo aver percorso un trato pianeggiante, dove si trova malga Plan (m 1550 slm), il tracciato piega nuovamente ad Ovest e, dopo un ripido trato in discesa di 2000
metri circa, raggiunge l’abitato di Massimeno (m 885 slm)
nelle Giudicarie Interiori. Da
questo paese è possibile proseguire verso la Val di Sole e
il passo del Tonale (m 1183
slm) a Nord attraversando
il passo di Campo Carlomagno (m 1780 slm), oppure
dirigersi a Sud verso la conca di Tione.
Lungo questo tracciato
non esistono evidenze materiali paricolari, tutavia altre
foni sono in grado di atesta- La Val d’Algone (foto E. Lappi 2013).
69
Percorso della Val d’Algone.
70
re l’uilizzo di questo iinerario a parire almeno dal XIII secolo: uile è così un “Giudizio di Dio”
redato nel 1155 a soluzione di una controversia tra la comunità del Bleggio e quella di Rendena per i dirii di sfrutamento del “monte Boblino” in Val d’Algone173. Questo luogo, secondo
consuetudini secolari, era sfrutato dai bleggiani per i boschi e le aree da pascolo174, contesi però dagli abitani della Val Rendena, probabilmente di Massimeno e Giusino, che si impossessarono con la forza del terreno, rivendicandone la proprietà, in quanto geograicamente appartenente alla Rendena. Per avere giusizia i bleggiani ricorsero allora al tribunale del principe vescovo che obbligò le pari in causa a risolvere la disputa tramite un duello. All’evento assistetero numerosi tesimoni locali, ma anche il vescovo di Trento in persona, Eberardo, ed importani igure di suoi ministeriali di Trento, di Arco, di Madruzzo e di Stenico175.
La disputa si risolse a favore degli abitani della pieve di Bleggio che poterono coninuare
con pieno e assoluto dirito a sfrutare quesi luoghi. Per recarsi in Val d’Algone essi dovevano
però oltrepassare il Sarca su un ponte, solamente ipoizzabile, nella posizione allo sbocco della “forra della Scaleta”, lungo la strada proveniente da Cillà dove sorgeva il ponte di Pià, documentato a parire dal 1445176.
Per concludere si può afermare che in Val d’Algone esistevano alcuni tracciai che, avendo in comune il lungo trato ino a malga Nambi, proseguono verso i pascoli d’altura. Due sono
però quelli che si dirigono in Val Rendena raggiungendo rispeivamente Massimeno e Giusino177: il primo era più adato a svolgere una funzione di collegamento, in quanto si sviluppava a
quota inferiore su un tragito più breve del secondo. Entrambi accidentai, possono essere percorsi solamente da animali da soma e da pedoni, mentre l’alitudine raggiunta ne impediva la
percorrenza durante la stagione invernale.
Atualmente il percorso ha perso la funzione di collegamento e viene uilizzato solamente
per escursioni naturalisiche e per l’alpeggio.
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176
177
“In iudicaria in plebe de bleze in dalgone super monte boblini”: Il testo completo si trova in ORSI 1884, vol. III,
pp. 83-85. Secondo alcuni studiosi, tra cui il Caldera (CALDERA 1989, p. 51) il “monte boblini” corrisponderebbe
a monte Movlino, nel quale si trova l’atuale malga Movlina (m 1803 slm). Questa strutura, 1000 metri circa a
Nord di malga Nambi, è facilmente raggiungibile sia dal tracciato esaminato, sia da Giusino, paese immediatamente a Nord di Massimeno, mediante un seniero forestale lungo 4000 metri circa.
Il toponimo “Doss dei cavai” riferito ad un area praiva nelle immediate vicinanze di malga Movlina confermerebbe l’uilizzo della zona come area da pascolo.
ORSI 1884, vol. III, pp. 83-85
GORFER 1987, p. 382; LAPPI 2004, pp. 181-182; vd. scheda n. 64.
Paese nominato per la prima volta nel 1244 (MASTRELLI ANZILLOTTI 2003, p. 209).
71
Leggende giudicariesi e viabilità
La leggenda è un genere leterario che, insieme a molte altre forme di racconto, è parte integrante della leteratura popolare, nella cui creazione e difusione il popolo svolge un ruolo
essenziale. La leggenda è quindi fortemente legata alla dimensione reale e concreta dei luoghi,
delle persone, del tempo e, come tale, essa è una narrazione presente presso tute le popolazioni e in tui tempi, pur variando nello spazio e nei secoli: è un genere leterario collegato perciò alla vita e all’ambiente del popolo che lo elabora e, quindi, anche alle sue credenze, supersizioni e usanze. È pertanto necessario capire come la leggenda nasca dal racconto di singoli individui e come mantenga, tra le sue caraterisiche più importani, la trasmissione orale di
fai ed eveni, dato che solamente molto più tardi queste narrazioni, con le loro mille variani,
verranno messe sulla carta.
La leggenda è dunque prima di tuto un racconto, le cui premesse possono essere individuate in una paricolare condizione psicologica del protagonista oppure, molto più semplicemente,
si riferiscono ad un determinato avvenimento, ma anche ad una realtà oggeiva bisognevole di
una spiegazione razionale. Non di rado situazioni insolite o fenomeni naturali sono stai spiegai atraverso immagini nate dalla fantasia di chi racconta, il quale ainge però da un immaginario colleivo costantemente tramandato.
Gli avvenimeni riportai non si riferiscono alla “storia maggiore”, ma richiamano prevalentemente moivi della vita quoidiana e rurale: non quindi solamente le imprese di eroi, sani o
uomini illustri, ma anche supersizioni e paure che aliggono chi non ha dimesichezza con le
scienze. La leggenda preferisce uno scorrimento breve, cosituito da un unico episodio o addiritura da un frammento i cui contorni spesso rimangono indeinii: imprecisione e indeterminatezza si riscontrano sopratuto nelle leggende a tema storico, dove, accanto a personaggi reali, si intrecciano eveni ed episodi mai accadui, irreali e fantasici.
Tra i temi ricorreni si annoverano l’apparizione improvvisa di tesori nascosi, l’incontro con
il mondo delle tenebre ed i suoi cupi e malvagi abitani, temi legai alla religione crisiana e ai
suoi refereni, creature sovrannaturali o connessi al mondo della foresta e, inine, la spiegazione di fenomeni e realtà inspiegabili.
Spesso quesi racconi vengono ambientai in luoghi incontaminai, come foreste o montagne, oppure in castelli, chiese e altre simili costruzioni, spesso in rovina.
Ai ini di questa ricerca sulla viabilità anica è sembrato opportuno ricercare quelle leggende, connesse al territorio esaminato, che presentano riferimeni direi al tema: si trata di racconi che, accanto ad elemeni non accertabili o palesemente inventai, contengono preziose
informazioni di natura storica che disegnano il contesto dei fai narrai.
72
Il seniero San Vili e la Passio Sanci Vigilii
A diferenza di numerosi sani suoi contemporanei di cui si rintracciano a faica solamente elemeni tardi e leggendari, San Vigilio, santo patrono di Trento, è una igura storicamente ben documentata. Egli infai fu il terzo vescovo della cità Trento dopo Iovino e Abondanzio e il suo episcopato iniziò negli anni ’80 del IV secolo. Incerta la data della morte, issata secondo alcuni nel
400, anno consolare di Silicone, mentre altri propongono una data di alcuni anni posteriore178.
Le noizie riguardani Vigilio si ricavano da due gruppi di documeni scrii: coeve e di prima
mano sono alcune epistole che nel 397 d.C. Che egli inviò rispeivamente a Simpliciano, vescovo di Milano (397-400), e Giovanni Crisostomo, vescovo di Costaninopoli (398-402). Tardiva e
leggendaria risulta, invece, la Passio Sanci Vigilii episcopi et martyris, testo agiograico composto per celebrare la igura ed il culto del santo. Tra quesi due gruppi di foni esiste una chiara
diferenza di genere leterario e di inalità, oltre che d’epoca e, di conseguenza, una diversa relazione coi fai dell’epoca vigiliana179.
Vigilio fu anche il desinatario di una letera di Ambrogio (374-397), vescovo di Milano, nella quale emerge l’importanza dell’evangelizzazione delle campagne circostani la cità di Trento: in questa fase, infai, il crisianesimo era ancora sopratuto una religione urbana e dei cei medioali, legai all’anica aristocrazia romana. Si trata di una religione, quindi, poco difusa
nelle zone rurali, dove diversamente la popolazione praicava ancora gli anichi culi come quello di Saturno, molto seguito nelle campagne trenine180. La letera di Ambrogio illumina anche
il contesto storico in cui opera Vigilio: è la cità, e non la campagna, il luogo nel quale il vescovo
svolge la propria aività pastorale181.
Nelle due letere indirizzate a Simpliciano e a Giovanni Crisostomo il tema principale è rappresentato dal maririo di tre missionari, Sisinio, Maririo ed Alessandro, avvenuto nel maggio
del 397 in Anaunia, l’odierna Val di Non. In queste epistole Vigilio sotolinea la loro condota
esemplare, sia dal punto di vista religioso che sociale, priva di qualsiasi elemento di provocazione nei confroni della popolazione indigena pagana: il vescovo di Trento non si limita dunque alla semplice narrazione della cruenta vicenda, ma contribuisce in maniera determinante alla canonizzazione dei tre missionari e alla difusione del loro culto182.
Le noizie riguardani Vigilio contenute nella Passio Sanci Vigilii episcopi et martyris, invece,
non godono dello stesso grado di atendibilità183. L’Autore, infai, non è interessato a narrare la
vita di Vigilio atraverso fai e noizie documentai e storicamente accertai, ma tende a comporre un testo per esaltarne la personalità, le virtù e la forza. La inalità di questo testo non è quindi
quella di presentare un documento di valore storico e documentario, ma piutosto un testo edi-
178
179
180
181
182
183
ROGGER 2000 a, pp. 481-482; ROGGER 2000 b, pp. 12-14; VARESCHI 2001, p. 237; ZELZER 2001, p. 42.
ROGGER 2000 a, pp. 479-481; VARESCHI 2001, p. 236
BUONOPANE 2000, pp. 169-182.
BOESH GAJANO 2001, p. 28; ZELZER 2001, p. 48.
BOESH GAJANO 2001, pp. 29-30.
ROGGER 2000 a, pp. 490-491; ROGGER 2000 b, pp. 12-14; VARESCHI 2001, p. 236.
73
icante, spirituale ed ecclesiale. La
difusione e il seguito di quest’opera
furono tali, però, da condizionare in
maniera determinante la rappresentazione storica di Vigilio, la sua immagine spirituale e anche la sua iconograia, creando - atraverso procedimeni e modelli già collaudai una igura molto distante da quella
che si ricava dalle letere autografe.
Non si conosce con certezza l’epoca di stesura della Passio, nella cui
redazione più anica il testo è conservato in un codice della BiblioMaririo di San Vigilio. Afresco nella chiesa di Spiazzo Rendena.
teca Capitolare di Verona e in uno
dell’abbazia di San Gallo, entrambi
risaleni alla metà del IX184. L’Autore presenta il testo come contemporaneo ai fai narrai, ma
gli studiosi che ne hanno analizzato il contenuto concordano nell’afermare che la sua stesura
risalga ad un periodo non anteriore alla ine del VI secolo185.
L’elemento fondamentale e di maggior impato all’interno della Passio è la narrazione del
maririo di Vigilio in Val Rendena, episodio su cui, al contrario, tacciono le foni aniche al punto che tuta questa parte del testo, così come altre, entrano a buon dirito nella ricostruzione
leggendaria186: per il silenzio delle foni, le frequeni contraddizioni e anacronismi preseni nel
testo, la moderna storiograia non considera atendibile la tradizione del maririo di Vigilio in
Val Rendena187.
La Passio coniene tutavia informazioni preziose ed atendibili a riguardo della realtà storica di Trento tra tarda anichità e alto medioevo, ovvero al periodo in cui è stata composta. L’Autore descrive una situazione a lui contemporanea, che non può falsare in quanto ben conosciuta dai suoi desinatari.
Ai ini della ricerca condota in questa sede appare uile sofermarsi su una parte del testo
che richiama il tragito che, secondo la narrazione, sarebbe stato compiuto sia da Vigilio per recarsi in Val Rendena, sia dai crisiani che ne riportarono il corpo a Trento dopo il maririo. Stando alla datazione del testo è di estremo interesse notare come questo iinerario, proprio perché issato dal narratore, possa essere quello efeivamente in uso tra il capoluogo trenino e
le Giudicarie in età altomedievale.
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ROGGER 2000 a, p. 481; BOESH GAJANO 2001, p. 21; VARESCHI 2001, p. 239.
BOESH GAJANO 2001, p. 28; VARESCHI 2001, p. 239.
ROGGER 1984, p. 135-148; ROGGER 2000 b, pp. 490-491.
ROGGER 2000 a, p. 488, 490-491; ROGGER 2000 b, pp. 12-14; BOESH GAJANO 2001, p. 22; VARESCHI 2001, pp.
251-252.
74
Purtroppo però mancano quasi totalmente riferimeni direi e detagliai su luoghi e strutture speciiche, elemeni non importani ai ini del racconto tanto più che i desinatari della Passio dovevano essere perfetamente a conoscenza del percorso.
Viene menzionato un “pontem super luviam Sarcam”188 presso il quale i fedeli che riportarono a Trento le spoglie del vescovo dovetero afrontare una molitudine di bresciani desiderosa
di impossessarsi della salma del marire. Non disponiamo purtroppo di elemeni ceri per collocare questo manufato, ma secondo la tradizione il luogo coinciderebbe con la fossa del Sarca a
valle di Tione, in località Vat, dove oggi sorge una cappella dedicata a san Vigilio189.
La narrazione della parte relaiva alla sepoltura del vescovo menziona un altro luogo, indicando che un commerciante di Salò, in viaggio verso Trento, con un candido lino raccolse il sangue del marire colato “in viam quae dicitur Vela”190. In questo caso si nomina con precisione
assoluta un toponimo sul tracciato che il corteo funebre avrebbe atraversato, uilizzato anche
da mercani e viaggiatori provenieni dall’area bresciana per recarsi a Trento.
Le due citate sono le uniche località menzionate nella Passio ma, nonostante questa carenza di informazioni, è tutavia possibile proporre i trai essenziali del tracciato vigiliano, codiicato nel tempo dalla tradizione popolare che ha interpretato ed elaborato la vicenda del maririo del presule trenino. Lasciata Trento e aver superato il paesino di Vela, il tracciato proseguiva verso Terlago, il Vezzanese e da qui, atraverso il passo di Ranzo, raggiungeva il Banale; quindi, dopo aver superato gli insediameni di Stenico e di Ragoli, si portava in prossimità della conca di Tione seguendo il Sarca.
Nel corso dei secoli lungo questo leggendario percorso sono state erete numerose cappelle dedicate al patrono trenino come quella a Vezzano, a Ranzo, a Stenico e a Tione in località
Vat. Anche in alcuni paesi, pur situai a qualche chilometro di distanza dal leggendario seniero vigiliano, sono preseni chiese a lui dedicate, come a Curè e a Molveno. Le più aniche (Stenico e Vezzano) risalgono al XIII secolo, mentre la più recente (Ranzo) è stata ediicata solamente nel corso del XIX secolo.
Secondo la moderna storiograia queste chiese sarebbero connesse all’espansione territoriale che la diocesi trenina ebbe durante l’età longobarda nelle Giudicarie, in forza anche del
ruolo svolto da Trento quale centro missionario del crisianesimo catolico-capitolino191. In questo contesto sarebbe nata anche la Passio Sanci Vigilii, ulteriore fatore di difusione del culto
vigiliano sull’asse Trento-Rendena.
Da accantonare, invece, la tesi che ha rappresentato la principale “ipotesi di lavoro” delle passate generazioni di studiosi, secondo cui le chiese dedicate a Vigilio avrebbero segnato il
percorso dell’azione evangelizzatrice del santo marire tra Trento, l’Anaunia e la Rendena. Infati l’atribuzione delle più aniche di queste struture all’inizio del XIII secolo e “l’impossibilità di
dire, a proposito dell’epoca e delle vicende dell’evangelizzazione, qualcosa di più di quanto Vi-
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191
Passio Sanci Vigilii Episcopi X, 6 (VERRANDO 2001, p. 323).
TAIT 1902, p. 16; Vd. Scheda n. 50.
Passio Sanci Vigilii Episcopi XI, 6-7 (VERRANDO 2001, p. 324).
CURZEL 2000, pp. 25-32.
75
gilio stesso ci narra nelle sue note Letere e l’assenza di prove dell’esistenza di chiese vigiliane
risaleni ai primi secoli del medioevo impediscono di dare consistenza a tale difusa convinzione” dovrebbero far riletere coloro che “uniscono i puni che sulla carta rappresentano le chiese dedicate al patrono per ricostruire un ipoteico cammino di San Vigilio”192.
Carlo Magno e l’atraversamento della Val Rendena secondo l’iscrizione di Carisolo
All’imbocco della Val di Genova, nella suggesiva cornice del parco naturale del Brenta e
dell’Adamello, si trova la chiesa di Santo Stefano di Carisolo che, posta su uno sperone roccioso a picco sul Sarca, domina l’alta Val Rendena193. Sia le parei esterne che quelle interne della strutura di culto sono ricoperte da numerosi afreschi, eseguii per la maggior parte dei Baschenis, pitori iinerani di origine bergamasca che operarono nelle valli trenine atorno ai secoli XV-XVI. Molte delle loro opere si trovano in numerosi ediici di culto giudicariesi (San Vigilio
a Pinzolo, San Giovanni a Giusino, Sant’Antonio a Pelugo, Sant’Antonio a Mavignola, San Felice
a Bono e San Giorgio a Dorsino) e in quelli della vicina Val di Sole.
Accanto a rappresentazioni di tema pretamente religioso come l’Ulima Cena, Madonna col
Bambino e Storie di Santo Stefano, all’interno della chiesa di Carisolo si trova un afresco profano, il Privilegio di Santo Stefano di Rendena, nel quale viene narrato il presunto e leggendario
atraversamento di queste montagne da parte di Carlo Magno.
Si trata di una delle numerose tesimonianze tramandate da foni manoscrite, stampate,
dipinte o incise, caraterizzate da variani e integrazioni, prodote tra il XV e il XIX secolo in area
bresciana e trenina, del percorso di conquista di Carlo Magno nella Alpi centro-orientali.
Nella rappresentazione di Carisolo il re, aiancato dal papa, da sete vescovi, da nobili e da
guerrieri, assiste al batesimo di un signoroto locale sconito e converito alla fede crisiana.
Completa l’afresco un’estesa scrita che descrive in maniera paricolareggiata la leggendaria
marcia che da Bergamo avrebbe raggiunto il Trenino atraverso la Valcamonica ed il passo del
Tonale. Il testo si conclude con la data (1)429 che indica presumibilmente l’anno in cui venne
redato, mentre l’afresco, opera non datata di Simone Baschenis, fu realizzato probabilmente
nel biennio 1539-1540194. Il testo di Carisolo sarebbe stato trato da una pergamena originale,
redata nel 1429 e copiata dal notaio Graziadeo di Bolbeno nel 1446, purtroppo scomparsa nel
corso del XIX secolo195. Il racconto della leggendaria spedizione di Carlo Magno è oggi conosciuto atraverso dodici documeni laini e uno in traduzione italiana196.
192
193
194
195
196
CURZEL 2000, p. 32.
BROGIOLO 2013, pp. 209-2010.
IMPERADORI L., IMPERADORI R. 2000.
LORENZI 1924, p. 85.
Per una panoramica sui documeni che riportano la leggendaria spedizione di Carlo Magno e sulle diferenze tra
la tradizione trenina e quella bresciana si veda BONDIONI 2012; per lo studio dell’origine e della trasmissione
del ciclo carolingio si veda MEDOLAGO 2012.Ulteriori informazioni sull‘afresco e sulle varie trascrizioni e traduzioni della leggenda afrescata in MUSSI 2010, pp. 15-30.
76
Vi si narra che Carlo Magno,
a capo di quatromila lance, si
sarebbe mosso da Pavia verso
Bergamo per afrontare i Longobardi per converirli alla fede crisiana. Nella prima parte
viene descrita la spedizione in
Lombardia, dove Carlo distrusse numerosi castelli, sconisse
i comandani pagani e li converì al catolicesimo, mentre
la seconda parte è dedicata al
tragito compiuto nel territorio
Trenino.
Simile nei contenui è un te- Paricolare dell’afresco della chieseta di Santo Stefano di Carisolo.
sto otocentesco, trato da una
carta del 1512 conservata nel
santuario di monte Cela, presso Lovere, sul Lago d’Iseo, che coniene tutavia alcuni elemeni difereni rispeto al testo di Carisolo, interrompendo in Valcamonica la marcia di Carlo e correggendo alcuni anacronismi. Nel testo di Lovere, infai, il papa viene corretamente indicato
con il nome di Adriano, contemporaneo di Carlo, e non con quello di Urbano, ponteice che indisse la prima crociata, ritrato a Carisolo.
Una situazione analoga a quella di Carisolo è ricordata nel 1786 da padre Gnesoi che descrive come nelle chiesa di Saone, collocata lungo il leggendario tragito seguito da Carlo e “dedicata a S. Bricio esistente nella Pieve del Bleggio vi si vidde circa l’anno 1766 (…) soto più intonacature nell’anico muro la imagine di Carlo in ato di ossequiare S. Stefano”197. Sebbene questo afresco sia stato distruto in occasione della demolizione della vecchia strutura di culto, il
leggendario passaggio del re franco è tutavia ricordato da una lapide murata sulla parete esterna della chiesa198.
Nelle Giudicarie Esteriori, un’ulteriore raigurazione del sovrano carolingio è contenuta all’interno del castello di Stenico nella cosiddeta “Sala del Concilio”. In questo afresco quatrocentesco, purtroppo molto rovinato, Carlo Magno è ritrato nell’ato di donare al vescovo Vigilio,
personiicazione della chiesa tridenina, i territori delle Giudicarie e di Riva. Anche in questo caso una scrita, oggi parzialmente leggibile, corona l’afresco.
Nella vicina Val di Sole, un afresco realizzato da Simone II Baschenis e un’iscrizione analoghi a
quella di Santo Stefano si trovavano ino alla metà del XIX secolo a Pellizzano, il “Plizan” della leggenda, nella chiesa di Santa Maria a Pellizzano, strutura documentata a parire dal XIII secolo199.
197
198
199
GNESOTTI 1786, p. 63.
IMPERADORI 2012, p. 174.
LORENZI 1924, p. 84; VENTRINI 1983; IMPERADORI 2012, p. 175; RAPANÀ 2013 b.
77
Ai ini di questa ricerca risulta sicuramente uile esaminare la seconda parte del testo di Carisolo, che ha inizio con la descrizione dell’atraversamento da parte del lungo corteo reale del
passo del Tonale, valico uilizzato in seguito anche da altri personaggi, come Lodovico il Bavaro
che da Trento per questa via raggiunse Bergamo200. Secondo il racconto, giunto in Val di Sole, il
re franco percorse la vallata afrontando una molitudine di pagani, per poi accamparsi in prossimità del passo oggi denominato Campo Carlomagno. Superato il valico, l’esercito proseguì in
Val Rendena raggiungendo Pelugo, dove Carlo sconisse il signoroto locale, Catanio, convertendolo alla fede in Cristo e distruggendone il castello, sulle cui rovine venne ediicata una chiesa
in onore di San Zeno. Il re ed il suo seguito si sarebbero poi direi verso la chiesa di Santo Stefano di Carisolo, dove si raccolsero numerosi popolani desiderosi di essere batezzai: in questo
luogo i sete vescovi raigurai nell’afresco concessero l’indulgenza a tui i pagani della zona.
Secondo il racconto, è qui che Carlo, prima di proseguire in direzione del Garda, volle lasciare uno scrito a tesimonianza di ciò che aveva compiuto durante la spedizione. In seguito, dopo
aver atraversato la Val Rendena, si sarebbe direto verso “Blavium”, località non ancora ideniicata con esatezza, forse il Bleggio, da dove, atraverso le montagne e il Garda, l’esercito avrebbe potuto raggiungere Verona alla ricerca del pagano Adelchi.
Questa, dunque, la narrazione della discesa di Carlo Magno in Val Rendena secondo la descrizione riportata dall’afresco realizzato nella chiesa di Santo Stefano a Carisolo.
Non esistono, tutavia, atendibili fondameni storici che ne tesimonino il passaggio in questa valle, anche se non mancano possibili elemeni di verosimiglianza: nulla esclude, infai, che
in una delle numerose discese in Italia l’imperatore abbia seguito il percorso segnalato nella
leggenda, considerando anche la “relaiva” percorribilità del Tonale, nominato nel testo come
“montem tonem”. Inoltre sorprende il numero relaivamente alto di ediici di culto, preseni sia
in Valcamonica sia nel Trenino occidentale e initolai a sani cari ai Franchi, San Marino e San
Zenone in paricolare201.
La moderna storiograia riiene però che questa spedizione sia solamente il fruto dell’immaginazione popolare bassomedievale in quanto, se questa marcia fosse stata efeivamente
compiuta, sarebbe stata riportata in altri tesi e tesimonianze. Bisogna però ricordare che per
l’età carolingia l’unico speciico riferimento documentario al territorio montano lombardo-trenino è cosituito dalla donazione della Valcamonica (oltre che di Sirmione) al monastero di San
Marino di Tours202.
Neppure Bartolameo da Trento, che nel XIII secolo curò un leggendario dei Sani, nomina la
spedizione in Val Rendena, anche se atribuisce a Carlo Magno la donazione alla Chiesa di Trento delle Giudicarie, di Riva e dell’Alto Garda203.
È lecito supporre quindi che la narrazione di Carisolo si inserisca nella costruzione del mi-
200
201
202
203
VARANINI 1996, p. 105.
La scarsità della documentazione non permete di ricostruire il percorso, o i percorsi, seguito dal sovrano nelle
sue diverse discese in Italia; si veda ALBERTONI 2012, p. 150.
Per una panoramica sul contesto poliico delle Alpi centro-orientali in epoca carolingia si veda ALBERTONI 2012
LORENZI 1924, pp. 86-88; ALBERTONI 2012.
78
to di Carlo Magno, atestato tra il XII e XIII secolo, con la difusione in molte regioni italiane delle Chanson de Geste, favorito anche dalla sua canonizzazione nel 1165 ad opera di Pasquale III,
che vide in Carlo un moderno paladino della crisianità.
Il collegamento della narrazione di Carisolo con l’ampio corpo delle leggende carolinge è
plausibile a giudizio di moli studiosi, concordi nel ritenere che il testo non abbia avuto origine in Trenino, ma piutosto in area lombarda, forse in Bassa Valcamonica, nella seconda metà del XIV secolo. Tra il XIV e il XV secolo, atraverso il passo del Tonale, la leggenda raggiunse la
Val di Sole e la Val Rendena, dove fu allungata con narrazioni e temaiche a caratere più marcatamente locale204.
Una tradizione unicamente trenina, infai, diicilmente avrebbe riportato, con tanta accuratezza e precisione, luoghi e avvenimeni propri del territorio lombardo, quali Bergamo, Iseo,
San Giovanni di Cela, Monno e altri ancora.
Priva di riferimeni reali, la leggenda cosituisce anche un ulteriore esempio di afermazione e legiimazione della donazione delle terre occidentali alla chiesa di Trento. Non a caso nel
1521, pochi anni prima dell’afresco di Carisolo, proprio rispolverando la concessione da parte
dell’imperatore franco del 774, il Clesio era riuscito a rivendicare a sé il possesso di Riva. Era naturale pertanto ritenere che, se Carlo Magno avesse conquistato le Giudicarie e le avesse donate al vescovo di Trento, sotraendole deiniivamente a Brescia, avrebbe necessariamente atraversato questo territorio e, provenendo dalle Alpi francesi, il percorso più agevole sarebbe stato
l’atraversamento del Tonale e della Rendena. Per la Chiesa di Trento, dunque, la marcia di Carlo Magno non poteva in alcun modo essersi fermata in Valcamonica, come invece narravano le
iscrizioni di Lovere e di San Brizio di Monno, ma doveva per forza aver proseguito nel versante
trenino, legiimando così il dominio temporale del vescovo nell’intero Trenino occidentale.
Le streghe di passo del Ballino
Tra i numerosi racconi che hanno per teatro l’area del passo del Ballino, uno appare paricolarmente interessante in riferimento alle temaiche afrontate in questa ricerca. Esso narra,
infai, di due mercani bresciani che di note guidavano dei carri in direzione del valico, contravvenendo in questo, però, a precise disposizioni dei signori d’Arco che all’epoca controllavano atentamente il transito lungo questo percorso. Allo scopo di indebolire i signoroi giudicaresi, loro tradizionali nemici, era stato impedito il passaggio di uomini o merci direi da Sud
verso le Giudicarie205.
I due mercani, già preoccupai per il imore di essere individuai dalle guardie preposte al
controllo del passo, discorrevano circa una possibile, inquietante presenza in quei luoghi di alcune streghe che spaventavano i viandani, quando vennero atrai da una cassa scura posta in
mezzo alla strada, ostacolando così il cammino. Curiosi, scesero dai carri e si avvicinarono all’o-
204
205
MEDOLAGO 2012, p. 81.
Leggenda contenuta in NERI 1997 b, n. 590.
79
stacolo, convini dalla possibilità di trovarvi un’inesimabile fortuna.
Le loro speranze svanirono
però quando, aperto il coperchio, videro nella cassa tre teste umane appoggiate su una
tela rossa. Lo spavento fu tale
che i due fuggirono precipitosamente, abbandonando carri
e cavalli, senza nemmeno accorgersi della presenza di alcuni soldai guidai dallo stesso
Una versione della leggendaria presenza delle streghe in un murales di
conte d’Arco, nascosi dietro alBalbido (foto D. Mussi 2013).
cuni alberi. Il conte d’Arco, autore stesso della macabra messa
in scena, non aveva esitato ad ordinare l’uccisione di tre poveri viandani, collocando poi le loro
teste mozzate nella cassa, proprio allo scopo di spaventare chiunque, nonostante il divieto imposto, dal rivano si avventurasse sull’erto passo del Ballino alla volta della Giudicarie. Una volta
spaventai i viaggiatori, il signore si poteva impossessare degli averi e delle merci abbandonate.
L’episodio, fruto certamente di fantasia, si basa però su alcuni dai reali come, ad esempio,
la forte conlitualità esistente fra i Signori d’Arco, in espansione nelle Giudicarie, e le famiglie
nobili locali, pressate nel loro stesso territorio e minacciate nei loro stessi privilegi.
Alla luce dei riferimeni è ipoizzabile che il racconi afondi quindi le proprie possibili origini
nel basso medioevo, dopo il XIII secolo, quando i d’Arco consolidarono progressivamente la loro
presenza sul passo del Ballino, realizzando una stazione di dazio documentata dall’inizio del XII
secolo206. Di poco successivo è il radicamento fondiario sulle terre giudicariesi che ha culmine
nella costruzione di castel Restor nel Bleggio e di castel Spine nel Lomaso. Un dato che emerge
dalla narrazione è il ruolo che a parire dal basso medioevo vengono ad assumere il passo del
Ballino e la strada che lo atraversa, quale agevole percorso di collegamento tra Giudicarie ed
Alto Garda. Signiicaivo risulta, infai, come i protagonisi non siano semplici viandani locali,
quanto dei mercani “bresciani”, a riprova del ruolo commerciale che il tracciato andava a ricoprire e, per questo, non a caso gravato di dazio.
Queste aività commerciali di lungo raggio coinvolgono i distrei meridionali alpini gravani
in questo caso sul Garda ed il territorio di Brescia, ma anche quelli molto più interni, della Val di
Non e della Val di Sole come comprova la circostanza che la cità di Riva sin dal XII secolo esercitasse un dirito di custodia sulla iera che si svolgeva a Malè207.
206
207
Si veda scheda n. 58.
VARANINI 1996, pp. 109-110.
80
Duello al passo della Morte
Lo streto e ripido seniero, localmente meglio noto come “via delle Zéte” (o “Zote”) per il
suo andamento tortuoso sui pendii nord-orientali del Monte Casale, collegava il piccolo insediamento delle Sarche con le Giudicarie atraverso il passo della Morte. Un tracciato che, atraverso tuto il basso medioevo e l’età moderna ino all’apertura del moderno stradone SarcheTione, ha rappresentato la più comoda via di comunicazione verso le Giudicarie per chi proveniva da Trento.
Il percorso non era comunque privo di insidie, sia per la ripida pendenza del suo primo tratto sia per la presenza nella zona più alta di alcuni brigani che aggredivano i passani per impossessarsi dei loro beni. La pericolosità del tracciato ed i rischi connessi hanno riscontro in alcune lapidi un tempo visibili in più puni prossimi al tracciato e al valico, ma sopratuto nel tragico toponimo che denomina il trato più alto come passo della Morte.
Secondo la leggenda la denominazione rievoca una contrastata vicenda amorosa del XIV secolo, che culminò nell’assassinio di Aliprando di castel Toblino da parte di Graziadeo da Campo, suo rivale208. Graziadeo, rampollo della nobile dinasia dei Signori di castel Campo, atendeva il nobile Aliprando sulla sommità del tracciato che risaliva il monte Casale dalle Sarche, prima della discesa in direzione del piccolo borgo di Comano. Aliprando si era recato a castel Stenico per un appuntamento galante: egli amava, ricambiato, Ginevra di Stenico, la fanciulla alle
cui grazie inuilmente mirava anche Graziadeo. Poco prima dell’alba un rumore di zoccoli avverì Graziadeo, in atesa sulla strada, che un cavaliere stava per raggiungerlo: era proprio Aliprando che stava ritornando alla propria residenza di castel Toblino.
Graziadeo, accecato da furia selvaggia, iniziò ad insultare il proprio rivale, inimandogli di
fermarsi e minacciandolo altrimeni di morte. Aliprando reagì spronando il cavallo lungo la mulaiera, senza però evitare l’ira di Graziadeo che lo aggredì, afondando il proprio pugnale nel
cuore del rivale. Aliprando cadde a terra in una pozza di sangue mentre l’assassino, getato lontano il pugnale, si diede alla fuga. La salma venne ritrovata la maina successiva e fu quindi tumulata nei pressi del romitorio del monte Casale, ereto sulla sommità di uno sperone roccioso
a controllo dei primi ripidi tornani.
Questo leggendario racconto, non comprovato da alcuna documentazione direta, esprime
con metafora l’indubbia pericolosità del tracciato, certamente non esente da rischi e da probabili aggressioni, anche per il fato che lungo questo transitavano merci in misura e certamente
maggiore del parallelo e anche coevo percorso di San Vili, atraverso il passo di Ranzo, intransitabile se non a piedi o a dorso di animale.
208
Leggenda contenuta in NERI 1997 b, n. 609.
81
Conclusioni
Il quadro viario anico delle Giudicarie Esteriori, così come ricostruito sulla base di evidenze
materiali, foni cartograiche e di documeni scrii, presenta alcune peculiarità e carateri che permetono di contestualizzarlo con precisione come un fenomeno storico di lunga durata, determinato dal costante uilizzo dei tracciai che hanno collegato queto territorio con quelli coninani.
Elemento fondamentale per lo sviluppo ed il successo di una rete stradale funzionale risulta la conformazione del territorio: infai difereni possibilità presentano i vari percorsi a seconda dell’alitudine, della pendenza e della presenza o meno di condizioni ambientali favorevoli o contrarie alla stesura di tracciai in relazione al ipo di territorio atraversato. Risulta forse semplicisico ipoizzare che oggi come in passato ad alitudine maggiore corrispondesse una
maggiore e più duratura presenza di neve, oppure che un pendio più ripido impedisse l’uilizzo
di mezzi di trasporto, limitando i contai commerciali e obbligando chi viaggiava a cercare percorsi alternaivi.
In generale, per quanto riguarda la situazione giudicariese, i tracciai riscontrai mostrano caraterisiche simili, seppur con alcune diferenze: in tui i casi i percorsi presentano dislivelli e alitudini in base alla conformazione ed alle caraterisiche morfologiche e isiche del territorio attraversato. Quesi tracciai in terra batuta, spesso accidentai, erano soggei a calamità naturali
e percorribili solamente da pedoni o da animali da soma, come emerge dagli Ai della Visitaio
Clesia: i delegai vescovili, importani personaggi abituai a viaggiare su mezzi consoni al proprio
rango, raggiunsero la pieve di Banale percorrendo il seniero di San Vili su animale da soma209.
Tre sono gli iinerari - il seniero di San Vili e quelli che oltrepassano rispeivamente il passo
del Ballino ed il passo del Duron - privi di ripide pendenze o di notevoli variazioni di quota, elemeni preseni invece nelle altre quatro diretrici.
Quatro sono i tracciai - quelli che rispeivamente atraversano il passo del Ballino, il passo
della Morte, la Val Lomasona ed il seniero di San Vili - che si mantengono tui soto i 1000 m
di quota, alitudine raggiunta invece dalle diretrici che superano il passo del Duron ed il passo
di San Giovanni. Solamente il tracciato montano che si sviluppa in Val d’Algone oltrepassa i m
1500 slm, impedendone la percorrenza durante la stagione invernale.
Analizzando questo quadro viario bisogna tener conto che i tracciai indicai hanno cosituito soluzioni obbligate e, per questo moivo, frequentate con coninuità nel corso dei secoli. Nel
caso in cui iinerari con medesimo orientamento collegavano le stesse aree, caso questo di passo del Ballino e di passo San Giovanni, non sempre veniva preferito quello con dislivello minore e pendii più lievi. Infai il tracciato di passo del Ballino, più agevole del secondo, prese il sopravvento solamente nel basso medioevo con la creazione di una nuova strada, gravata però
da oneri iscali.
Un’interessante considerazione può essere formulata osservando il moderno sistema viario giudicariese che ruota atorno alla strada statale 421, la cosiddeta “strada o stradone della
209
CRISTOFORETTI 1989, p. 218.
82
Scaleta”, realizzata verso la metà del XIX secolo e caraterizzata da numerose gallerie. Si trata
di una rete stradale atuata in funzione della nuova ipologia di traico e otenuta grazie a mezzi in grado di modiicare il naturale asseto del territorio.
Al centro di questo nuovo asseto viario si trova il paese di Ponte Arche, nodo stradale di primo piano e obbligato punto di transito per tui coloro che, provenendo da Trento o dalla valle
dei Laghi, si dirigono verso il passo del Ballino e quindi l’Alto Garda, oppure verso Tione, per proseguire poi verso la Val Rendena e la successiva la Val di Sole o la Valle del Chiese e il bresciano.
Un altro fatore che determina in maniera signiicaiva la scelta delle diretrici di percorrenza è la distribuzione in esso degli insediameni o di altri elemeni dominani, nonché la loro gerarchia210. In relazione al quadro delle Giudicarie Esteriori, appare subito evidente che le strutture dominani, chiese pievane e complessi foriicai, oltre a rappresentare sedi di convergenza religiosa o amministraiva per tuta la comunità, si trovano in concomitanza di nodi stradali di
fondamentale importanza, ossia all’incrocio dei tracciai principali e in posizione centrale rispetto ai nuclei abitai. Infai la sede pievana di Vigo Lomaso è situata alla conluenza degli iinerari
provenieni dalla Val Lomasona e del passo del Ballino, a Sud, e di quello che conduce, mediante il passo della Morte, nella Valle dei Laghi ad Est. La sede pievana di Tavodo è solo apparentemente isolata al centro del Banale, in quanto è atraversata dal seniero San Vili che collega l’intero Banale con la zona di Vezzano e di Trento, ad Est, e con la Val di Non a Nord. La chiesa pievana di Bleggio coincide con il punto di partenza del tracciato che atraverso il passo del Duron
conduce a Tione, la Valle del Chiese e la Val Rendena.
Un discorso analogo riguarda i complessi foriicai preseni nel territorio, documentai tra
la seconda metà del XII secolo e la prima metà di quello successivo, ubicai tui su dosso a controllo delle principali vie di comunicazione: castel Restor nel Bleggio e castel Campo nel Lomaso lungo le diretrici interne, castel Spine nel Lomaso, castel Stenico e castel Mani nel Banale
lungo quelle esterne, rispeivamente a controllo dei tracciai provenieni dal passo di San Giovanni, della strada che conduce in Val d’Algone e del seniero San Vili.
Per quanto riguarda gli insediameni, invece, è superluo ricordare il complesso legame che
intercorre tra centri abitai e vie di comunicazione: spesso i primi vengono fondai e si sviluppano lungo diretrici paricolarmente frequentate, anche se talvolta accade, sopratuto in epoca
moderna e in quella contemporanea, che siano le strade ad essere create in funzione di cità o
di nuclei abitaivi paricolarmente importani.
Questo fenomeno è riscontrabile anche nelle Giudicarie dove alcuni paesi hanno svolto un
ruolo di primo piano ino a quando non si sono trovai completamente isolai a seguito della
formazione di una nuova rete stradale ed il conseguente abbandono del tracciato che li interessava più da vicino. Ciò è valido per Ranzo, appartenente per tuto il medioevo e l’inizio dell’età moderna alla pieve di Banale, e per alcuni centri del Lomaso, come Lundo e Comano, rimasi
lontani dalle vie di comunicazione di nuovo asseto del XIX secolo, la cui stesura ha determinato
però la fondazione di nuovi centri abitai, come Ponte Arche formatasi nel 1852.
210
DOLCI 2003, p. 90.
83
Confrontando la rete viaria atuale con quella premoderna, si rileva come l’unico tracciato anico ancora interessato da un traico signiicaivo sia la strada che atraversa il passo del Ballino,
importante canale di transito tra l’Alto Garda e le Giudicarie. Poco frequentato rimane il passo
del Duron, soppiantato ancora una volta dalla strada statale 237, mentre tute le altre diretrici
sono ridote a senieri forestali. Tutavia quesi iinerari, anche nella seconda metà del XIX secolo e quindi dopo la realizzazione del moderno sistema viario, sono stai uilizzai con coninuità
per locali spostameni a piedi, come tesimoniano le lapidi situate sui tracciai che atraversano
i passi di San Giovanni, della Morte, del Duron ed, inine, il seniero di San Vili211.
Anche gli anichi poni giudicariesi sul Sarca non svolgono più la funzione di collegamento che
hanno esercitato prima della realizzazione del moderno sistema viario, ma sono stai soppiantai da moderne struture in grado di permetere un regolare traico tra le due sponde del iume.
Il ponte delle Arche e il ponte Ballandino sono stai ricostruii in età moderna e contemporanea: il primo fu riediicato sempre nel medesimo luogo numerose volte, l’ulima nel 1956. Il secondo, invece, fu ereto nuovamente nel 1848 nella forra del Limarò, circa 200 metri più a valle
rispeto al precedente manufato, distruto tre anni prima dalla furia del Sarca. Si trata comunque di una strutura in pietra, esclusa dalla moderna rete viaria, in quanto percorribile solamente a piedi o a cavallo e non in grado, quindi, di supportare le esigenze del traico moderno. I collegameni tra la parte orientale del Banale ed il Lomaso sono garanii dal ponte dei Servi, realizzato nel XX secolo ad alcune ceninaia di metri più a Sud rispeto all’atuale ponte Ballandino.
Documentai in aree limitrofe (Santa Maria a Campiglio, San Bartolomeo a Tonale, Sarche,
Pieve di Bono, Alto Garda), ospizi e ospitali non sono atestai nell’ambito delle Giudicarie Esteriori. Risulta tutavia interessante rilevare la presenza di altre struture rappresentate da diversi ediici di culto minori posizionai su quelli che sono stai gli iinerari medievali esaminai. Si
trata di costruzioni erete in posizione isolata e distani parecchi chilometri dai centri abitai
più prossimi. Tra essi condividono diversi carateri comuni come le dimensioni (generalmente
di m. 6,5 x 5 circa), la pianta ad aula unica retangolare provvista di abside disinta e sporgente dal fondo. Frequente è anche la presenza o la tesimonianza di un ampio poricato esterno
in addosso alla facciata o di altre pari funzionali che in più casi sono servite ad assicurare assistenza a chi un tempo si serviva delle strade loro prossime. Queste caraterisiche accomunano
le chiese di San Pietro, all’apice del tracciato della Val Lomasona, di San Giovanni in prossimità
del passo omonimo e di San Marino sul monte Blestone, ambedue sulla via montana che percorre la parte meridionale del monte Casale tra Arco e Lundo. Non dissimile è stata anche la situazione delle due chiese scomparse di San Giovanni sulle propaggini nordoccidentali del Casale e di Sant’Alberto (o Adalberto) in prossimità del passo del Duron. Dal quadro non si discosta
di molto la chiesa di Santa Lucia a Ballino, oggi all’interno di un piccolo centro abitato sviluppato in prossimità del passo e unica a conservare il porico esterno.
211
Per le lapidi sul passo della Morte BRESSAN F., BRESSAN L. 1988, p. 57; MUSSI 2012, pp. 496-498; per quelle sul
passo del Duron DEGASPERI 1998, p. 41. Sul seniero di San Vili, poco dopo la chiesa di San Vigilio in direzione
Banale, si trova la lapide in memoria di Margoni Costante di Ranzo, deceduto nel 1879. Sul percorso di passo San
Giovanni si trova la lapide di (S)ansoni Fortuna(to) di Lundo, deceduto nel 1858.
84
Chiese di valico nelle Giudicarie Esteriori.
85
Topograicamente la quasi totalità di quesi ediici occupa posizioni di rilievo sulle diretrici stradali, localizzate come sono in moli casi in corrispondenza del punto alimetrico più elevato di ciascun percorso. Paricolarmente signiicaiva appare da questa angolatura la posizione delle chiese di Santa Lucia a Ballino, di Sant’Alberto sul passo del Duron e di San Giovanni sul
passo omonimo, tute a circa metà strada ed equidistani dai centri abitai a valle più prossimi.
Eccezion fata per la chiesa di passo Ballino e per quella di passo San Giovanni al Monte ancora oiciate, tute queste struture risultano secolarizzate o scomparse. Quella di San Pietro
ha cambiato desinazione trasformata nel secondo dopo guerra in rifugio, in stato ruderale la
chiesa di San Giovanni sul trato stradale tra Sarche-Comano, dopo che per secoli è stato l’unico riferimento lungo la ripida salita del versante setentrionale del monte Casale, e le chiese di
San Marino sui moni che ne conservano il nome.
Interessante risulta segnalare la contemporanea ediicazione, nel corso del XIII secolo, degli
ediici di culto posi in prossimità delle vie che collegavano Alto Garda e Giudicarie: esistono informazioni certe, di natura archeologica o documentaria, per i contesi di Monte San Marino
di Lomaso e di San Pietro sul monte Calino, mentre per ora non trovano altretanta sicura conferma i casi di San Giovanni al Monte e di Santa Lucia di Ballino, atestate solamente nel secolo
La moderna rete viaria giudicariese.
86
A sinistra la lapide posta sul ciglio del seniero di San Vili, a poca distanza dalla chieseta dedicata a San Vigilio. A destra
quella situata sul tracciato di passo San Giovanni, in prossimità della malga di Vigo (foto M. Rapanà) .
successivo, ma probabilmente anch’esse di fondazione più anica come sembrerebbero indicare i pochi elemeni architetonici originari sopravvissui.
L’uso o l’abbandono nel corso dei secoli di quesi ediici di culto sono, in alcuni casi, stretamente connessi alla frequentazione del tracciato sulle quali esse si trovavano: si trata comunque di struture, nella maggior parte dei casi ormai cadute in disuso, che hanno svolto una doppia funzione, liturgica e assistenziale, per un periodo di almeno tre secoli.
La causa principale del loro abbandono è stata la rideinizione in ambii diversi della moderna rete viaria, impostata nel XIX secolo su tracciai di fondovalle. Fra tui gli ediici religiosi individuai, soltanto la chiesa di Santa Lucia rimane in funzione a servizio della comunità di Ballino.
Integra e saltuariamente oiciata rimane anche quella di San Giovanni al Monte, mentre la
chiesa di San Pietro, frequentata con coninuità ino al 1811 e chiusa al culto a causa dello scarso numero di viaggiatori che percorrevano la Val Lomasona, è stata secolarizzata dopo il secondo conlito mondiale. Agli anni Quaranta del secolo scorso risale l’abbandono e quindi il crollo e la scomparsa dell’ediicio posto sulla sommità del monte di San Marino nel Lomaso, la cui
incessante frequentazione nel corso dei secoli va ricondota alle aività agropastorali svolte nei
prai in prossimità della malga di Vigo. Poche murature rimangono della chiesa di San Giovanni sul Casale, uilizzata almeno ino al 1687, anno in cui viene menzionata per l’ulima volta, e
di quella dedicata a Sant’Alberto al passo Duron, frequentata ino al 1768 e demolita nel 1840.
Rimangono solamente i muri di fondazione della strutura ereta sul monte di San Marino che
sovrasta il Bleggio, visitata ino agli anni Quaranta del XX secolo.
Per l’intera durata del medioevo quesi ediici sono stai oggeto di intensa frequentazione
87
e di costani interveni di manutenzione, segno dell’ininterroto riferimento di fede, ma anche,
al tempo stesso, di sicuro riferimento lungo tracciai di non facile percorrenza al pari di quello
garanito da struture più note e “uiciali”, come ospizi e ospedali, speciicatamente promossi
in tuto l’arco alpino per l’assistenza a viaggiatori e pellegrini da autorità e inlueni personaggi, laici e religiosi.
La presenza e l’uilizzo ininterroto di quesi ediici di culto “minori” travalica quindi lo stretto ambito degli interessi delle singole comunità rurali, che anche hanno avuto loro a riferimento come méta devozionale. Si ribadisce quindi il complesso legame tra ediici di culto e viabilità, sotolineando come il maggiore interesse riservato dagli studi alle grandi diretrici di valico,
certamente meglio documentate, rischi nei fai di oscurare quell’intenso reicolo di arterie “cosiddete” secondarie la cui presenza, uso e frequentazione sono stai l’elemento portante delle ampie relazioni che l’orizzonte dell’uomo medievale ha costruito e ha a lungo mantenuto212.
212
BERGIER, COPPOLA 2007, p. 7.
88
Schede di traccia
Traccia n.
1
Nome
Chiesa pievana di
San Lorenzo
Comano Terme
Vigo Lomaso
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1644950
5097115
502
Ediicio di culto
1207
Basso medioevo
Integra, ampliata e
restaurata
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Traccia N. 1
Ubicazione
In posizione isolata, sul rilievo ad Est del centro abitato di Vigo.
Descrizione
La pieve rappresenta il complesso romanico più importante del Trenino: di esso, oltre alla chiesa e
al campanile, fanno parte anche un baistero ottagonale, unico esistente in tuta la diocesi, e una
domus canonica. In occasione dei lavori di restauro e sterro del 1924 è stato rinvenuto il livello romanico del baistero, situato ad un metro di profondità rispeto a quello cinquecentesco. L’aspetto atuale è il fruto di numerosi lavori di ampliamento che ne hanno radicalmente modiicato l’impianto originario.
Preesistenze
Numerosi i reperi, di età romana e altomedievale, rinvenui nell’area della chiesa, del baistero e
della canonica: tra essi i più importani sono sicuramente quatro iscrizioni risaleni alla ine del II
secolo d.C. Tra i reperi altomedievali, forse provenieni da un’ipoteica chiesa altomedievale della
quale nulla si conserva, vanno ricordai numerosi
elemeni scultorei, integri o parzialmente conservai, quali plutei, colonnine, dadi e capitelli. Dal prato anistante la canonica e all’interno di essa provengono resi di murature e di pietre lavorate, tra
cui un sarcofago tardoromano.
Bibliograia
AGOSTINI 1977, pp. 10-53; COSTA 1986, p. 373;
CURZEL 1999, p. 156; COLECCHIA 2013 b, pp.
187-190.
Chiesa pievana di Vigo Lomaso (foto D. Mussi).
89
Traccia N. 3
Traccia N. 2
Traccia n.
2
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di San Silvestro
Comano Terme
San Silvestro
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1645110
5096455
560
Ediicio di culto
1325
Basso medioevo
La strutura risulta
modiicata nel 1489.
Traccia N. 4
Bibliograia
CECCHELLI 1928, pp. 205-209; AGOSTINI 1977,
pp. 199-207; COSTA 1986, p. 374; GORFER 1987,
p. 287; COLECCHIA 2013 b, p. 202.
Traccia n.
3
Nome
Chiesa di Santa Maria
Assunta
Comano Terme
Dasindo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1644070
5096970
512
Ediicio di culto
1251
Basso medioevo
Integra, restaurata.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
L’ediicio di culto sorge su un terrazzo ariiciale al
centro del paese.
Descrizione
L’aspeto atuale è fruto della riediicazione in
chiave rinascimentale avvenuta nel 1586. Tracce
dell’ediicio precedente si intravedono nella navata interna, un’eige in pietra della Madonna con il
Bambino e gli afreschi rimessi in luce nell’abside.
Gli interveni cinquecenteschi aggiungono i due
bracci laterali, una cappella laterale e la terza campata con cappelle laterali, oltre al rifacimento della facciata in forme classiche.
Ubicazione
Isolata tra i prai, lontana da qualsiasi centro abitato, quasi all’imbocco della Val Lomasona: la struttura più vicina a questa costruzione è castel Spine,
distante circa 1000 metri.
Descrizione
Nonostante gli ampliameni, l’impianto conserva
ancora l’aspeto tardo quatrocentesco con aula
unica che termina con abside retangolare ad Est.
Numerosi elemeni scultorei altomedievali sono
reimpiegai nelle murature dell’ediicio di culto.
La chiesa è afrescata internamente con cicli del
XV e XVI secolo.
Preesistenze
Nel 1946, in occasione di lavori di ampliamento della chiesa, emersero frammeni di pietra arenaria
grigia, recani fregi e resi di ornamentazione riferibili al periodo altomedievale, simili a quanto attestato nell’area della vicina pieve di San Lorenzo.
90
Bibliograia
AGOSTINI 1977, pp. 209-211; COSTA 1986, p. 374;
COLECCHIA 2013 b, p. 192; RICCADONNA, FRANCESCHI 2014, pp. 25-26
Traccia n.
4
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di San Giovanni
Comano Terme
Godenzo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1645700
5099000
558
Ediicio di culto
1205
Età moderna
Ricostruita nel 1506.
Traccia N. 5
Prima atestazione
1330
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Ricostruita nel 1953.
Ubicazione
Nella parte orientale del paese, in prossimità della strada che collega Godenzo a Poia.
Descrizione
Sul lato destro dell’altare si trova una piccola ara
risalente al II-III secolo d.C. dedicata alla Fortuna
redux, presente nell’ediicio già nel 1534 dove, rovesciata, serviva come base di un’acquasaniera.
Bibliograia
Insc. It. X, 5, n. 1104; ROBERTI 1933, p. 63; AGOSTINI 1977, pp. 21, 190; COSTA 1986, p. 377; GORFER 1987, p. 214.
Ubicazione
Isolata, a Nord dell’abitato
Descrizione
Secondo l’Agosini, che tutavia non speciica la fonte uilizzata, l’ediicio di culto risalirebbe al 1205,
dato acriicamente rilevato dal catalogus Cleri.
Il campanile presenta un aspeto romanico che
probabilmente deriva da scelte silisiche volutamente riproposte in successivi rifacimeni nei quali è riproposta la policromia ipica delle architeture locali databili tra XII e XIII secolo.
Bibliograia
AGOSTINI 1977, p. 189; COSTA 1986, p. 377; COLECCHIA 2013 b, p. 194.
Traccia n.
5
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Chiesa di San Giorgio
Comano Terme
Poia
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1645580
5098810
502
Ediicio di culto
Traccia n.
6
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Chiesa di San Marcello
Comano Terme
Lundo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1645890
Traccia N. 6
91
Traccia N. 7
Traccia N. 8
Traccia N. 9
Coordinata Y
5097120
Quota (m slm)
764
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra, restaurata.
Ubicazione
Nel centro abitato.
Descrizione
La chiesa, documentata nel 1537, fu consacrata
nel 1584. All’interno, murato sulla parete sinistra,
si trova un archeto di porta a impano triangolare
in pietra calcarea bianca, precedentemente ideniicato in maniera errata come parte di un ciborio.
La ita decorazione presenta tecniche e moivi ornamentali ipici dell’arte altomedievale che ne hanno permesso la datazione al IX secolo.
Bibliograia
CECCHELLI 1928, pp. 205-206; AGOSTINI 1977, p.
195; COSTA 1986, pp. 378-379; CRISTOFORETTI
1989, p. 225; CAVADA 2002, pp. 181-184; GIACOMELLI 2004, p. 691.
Traccia n.
7
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Chiesa di San Giacomo
Comano Terme
Comano
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1646390
5099630
618
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ediicio di culto
1490
Basso medioevo
Riediicata nel 1852.
Ubicazione
Nella parte occidentale del paese.
Descrizione
La strutura è caraterizzata da grande zoccolatura
in pietra e campanile laterale con cuspide a cipolla.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 379.
Traccia n.
8
Nome
Chiesa dei Sanissimi
Quirico e Giulita
Comano Terme
Campo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1644250
5098550
492
Ediicio di culto
1345
Basso medioevo
Integra.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Nella parte occidentale del paese.
Descrizione
La strutura è parte del convento dei Francescani.
Fu ereta nel 1530 e consacrata nel 1616.
92
Bibliograia
AGOSTINI 1977, p. 196; COSTA 1986, pp. 375-376;
GORFER 1987, p. 287.
Traccia n.
9
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
All'interno del castello.
Chiesa di San Nicolò
Comano Terme
Castel Campo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1644230
5098550
495
Ediicio di culto
1281
Basso medioevo
Integra.
Traccia N. 10
Descrizione
La collocazione dell’ediicio all’interno della foriicazione e le sue caraterisiche architetoniche
sono ricordate in documeni di ine del XIII secolo. Ampliata e dotata di porico anistante, la cappella deve il suo aspeto atuale al rifacimento novecentesco.
Bibliograia
POSTINGER 1901, p. 61; COSTA 1986, p. 380; CHINI 1987, p. 27; COLECCHIA 2013 b, p. 191.
L’oratorio di San Marino del Lomaso (foto D. Mussi 2013).
93
Traccia n.
10
secolo, con probabile consacrazione e l’initolazione a San Marino di Tours, e tra il XV e XVI secolo.
Bibliograia
GORFER 1987, p. 228; CALDERA 1989, pp. 42-44;
CAVADA 2005 a, pp. 901-908; CAVADA, BELLOSI
2013, p. 195-201.
Nome
Chiesa di San Marino
Comune
Comano Terme
Località
Monte Blestone
Foglio IGM
F 35 I NE Arco
Foglio CTP
080030 Dro
Coordinata X
1645450
Coordinata Y
5095015
Quota (m slm)
983
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Alto medioevo
Stato atuale
Ruderi.
Ubicazione
Isolata dal contesto insediaivo, sulla sommità del
Monte Blestone, in posizione dominante su tuto
il territorio giudicariese e a controllo di due importani vie di comunicazione, quali la via della Val Lomasona e quella che atraversava passo San Giovanni, che collegavano il Lomaso con l’Alto Garda.
Descrizione
Menzionato per la prima volta nella visita pastorale del 1537, l’oratorio è stato abbandonato del Novecento ed è crollato negli anni Quaranta del secolo scorso a causa dell’asporto della copertura.
Receni indagini archeologiche ne hanno dimostrato la costruzione dell’ediicio, realizzato uilizzando materiale di reimpiego proveniente da un’ampia e complessa strutura preesistente, tra la ine
del V e l’inizio del VI secolo come come luogo privilegiato di sepoltura.
Signiicaive modiiche interessano l’oratorio nel IX
Traccia N. 11
Traccia n.
11
Nome
Chiesa di San Vigilio
Comune
Comano Terme
Località
Curè
Foglio IGM
F 20 II SE Stenico
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
1643540
Coordinata Y
5097410
Quota (m slm)
534
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
Isolata, a nord del centro abitato.
Descrizione
L’ediicio presenta un’impostazione goica, con portale di fatura rinascimentale.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 380; CRISTOFORETTI 1989, p. 225.
Traccia N. 12
Traccia n.
12
Nome
Comune
Chiesa di San Zenone
Fiavé
Traccia N. 13
94
Località
Fiavé
Foglio IGM
F 35 I NE Arco
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
1642730
Coordinata Y
5096410
Quota (m slm)
670
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1444
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Ricostruita nel 1835.
Ubicazione
Al centro del paese
Descrizione
Prima a distaccarsi dalla pieve di Lomaso, già alla
ine del XV secolo la cappella di San Zenone raccolse atorno a sé la comunità di Fiavé, rivendicando la propria autonomia contro il pievano. La torre
campanaria, per quanto rimaneggiata e ricostruita nella parte sommitale, è l’unico elemento supersite dell’ediicio medievale.
Bibliograia
AGOSTINI 1977, p. 193; COSTA 1986, p. 376; COLECCHIA 2013 b, p. 193.
Traccia n.
13
Nome
Chiesa dei Sanissimi
Fabiano e Sebasiano
Fiavé
Fiavé
F 35 I NE Arco
059150 Lomaso
1642620
5096230
669
Ediicio di culto
1520
Età moderna
Ricostruita nel 1877.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Al centro del paese
Descrizione
La chiesa, documentata del 1537, fu restaurata nel
1661 e ricostruita nel 1877. Lo sile è composito e
vi convivono elemeni di periodi diversi.
Bibliograia
BELLONI, NUBOLA 2006, p. 496; RICCADONNA,
FRANCESCHI 2008, p. 29.
Traccia n.
14
Nome
Chiesa di San Biagio
Comune
Fiavé
Località
Favrio
Foglio IGM
F 35 I NE Arco
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
1643960
Coordinata Y
5095750
Quota (m slm)
652
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1497
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Riediicata nel 1790.
Ubicazione
Nella parte orientale del paese.
Chiesa di San Zenone di Fiavé.
95
Traccia N. 14
Traccia N. 15
Traccia N. 16
Bibliograia
AGOSTINI 1977, p. 192; RICCADONNA, FRANCESCHI 2011, p. 11.
Descrizione
Diicile stabilire con esatezza il periodo di costruzione della chiesa, nominata a parire dal 1497.
L’ediicio a navata unica presenta un portale del
XVII secolo. Adiacente all’ediicio si trova un campanile a cuspide poligonale.
Bibliograia
AGOSTINI 1977, p. 192; CRISTOFORETTI 1989, p.
225; RICCADONNA, FRANCESCHI 2008, pp. 10-12;
COLECCHIA 2013 b, p. 186.
Traccia n.
15
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di Sant’Antonio
Fiavé
Stumiaga
F 35 I NE Arco
059150 Lomaso
1643190
5096610
608
Ediicio di culto
1482
Basso medioevo
Integra, ristruturata.
Traccia n.
16
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di Santa Lucia
Fiavé
Ballino
F 35 I NE Arco
080020 Ballino
1640400
5091800
755
Ediicio di culto
1350
Basso medioevo
Integra, ma conserva
solo in alcuni elemeni
l’aspeto originario.
Ubicazione
Al centro del paese.
Descrizione
L’ediicio atuale è di impostazione cinquecentesca
e conserva ancora alcuni elemeni di una strutura
medievale preesistente.
Molto caraterisico è il porico che, come quelli della maggior parte delle chiese erete in prossimità di valichi alpini, si presenta molto ampio in
maniera tale da ofrire un riparo sicuro per i viaggiatori.
Bibliograia
AGOSTINI 1977, p. 194; COSTA 1986, p. 375; RICCADONNA, FRANCESCHI 2011, pp. 7-10.
Ubicazione
Nella parte orientale dell’abitato.
Descrizione
L’ediicio è provvisto di un piccolo campanile a vela.
Interno a navata unica. Baistero del 1973.
Sagresia inizialmente sul lato Est, poi demolita a
seguito della costruzione della nuova nel 1973 sul
lato Ovest.
96
Traccia N. 18
Traccia N. 17
Traccia n.
17
Traccia n.
18
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di San Giovanni
Calavino
Monte Casale
F 20 II SE Stenico
059160 Lasino
1650120
5101050
405
Ediicio di culto
1344
Basso medioevo
Scomparsa.
Nome
Chiesa pievana di
Santa Croce
Bleggio Superiore
Santa Croce
F 20 SE II Stenico
059150 Lomaso
1642370
5098395
628
Ediicio di culto
1153
Basso medioevo
Integra. Restaurata e
ampliata numerose
volte.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Isolata, lungo la cosiddeta “Via delle Zete”, la ripida e streta mulaiera che si inerpica sul Monte
Casale ino al passo della Morte.
Ubicazione
Sorge in posizione isolata ma centrale rispeto ai
paesi del Bleggio, all’estremità del terrazzo dell’anico villaggio di Spiazzo.
Descrizione
La pieve, in origine dedicata a sant’Eleuterio, poi
ai Sanissimi Dionisio, Rusico ed Eleuterio, è menzionata per la prima volta nel 1211.
Il complesso è cosituito dalla cripta, dalla torre
campanaria, dalla cappella di San Giovanni Baista e dalla canonica.
Insieme alla parte inferiore del campanile, la cripta, o “chiesa romanica” è il principale organismo
supersite dell’impianto romanico e sorge su strutture preesisteni, cosituii da parte della fondazione di un’abside, probabilmente parte di un autonomo ediicio di culto.
Descrizione
L’ediicio era posto in prossimità di un eremo di cui si
conservano i ruderi. Essa è l’”Eclesiam Sanci Joannis in dicto monte Casali” menzionata per la prima
volta in un ato di vendita di parte del Monte Casale, ceduta dalla comunità di Calavino, Lasino e Madruzzo a quella di Comano.
Ulima citazione nel 1687, mentre nella visita pastorale del 1723 non vi è cenno alcuno. È probabile, quindi, che l’ediicio di culto sia stato distrutto, insieme all’eremo, nel 1703 dall’esercito francese in transito verso la Val d’Adige.
Bibliograia
BRESSAN F., BRESSAN G. 1988, pp. 24-26; MUSSI
D. 2012, p. 498-501.
97
L’impianto romanico venne cancellato in gran parte
dalla ricostruzione cinquecentesca e dalle aggiunte sei-setecentesche.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 380; CALDERA 1989, pp. 23-38;
CURZEL 1999, pp. 155-156; CIURLETTI 2003 a, p.
367; COLECCHIA 2013 b, pp. 147-151.
Traccia n.
19
Nome
Chiesa di San Felice
da Nola
Comano Terme
Bono
F 20 II SO Tione
059150 Lomaso
1643100
5098610
532
Ediicio di culto
1496
Basso medioevo
Integra, restaurata.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
A Nord di Bono, separata del centro abitato.
Descrizione
La chieseta presenta due campate anomale, erette in periodi diversi: la prima, alta 3,5 metri, è in
sile goico, mentre la seconda, alta 4,5 metri, segue modelli rinascimentali.
Entrambe le campate sono state afrescate dai Baschenis: Cristoforo e, forse, Simone. Il campanile
in tonalite, è concluso con una cuspide quadrangolare. Sopra la porta cinquecentesca c’è un’iscrizione datata 1594, mentre sull’architrave appare
Chiesa di Bono nel Bleggio (foto D. Mussi).
la data 1496 data riferibile alla costruzione dell’ediicio di culto.
Bibliograia
CALDERA 1989, pp. 135-140; ADAMOLI 1992, pp.
13-20.
Traccia n.
20
Nome
Chiesa di San Giuliano
Comune
Comano Terme
Località
Villa
Foglio IGM
F 20 II SE Stenico
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
1642580
Coordinata Y
5098960
Quota (m slm)
640
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Integra, ristruturata.
Ubicazione
Nella parte setentrionale del paese.
Traccia N. 19
98
Traccia N. 20
Traccia N. 22
Traccia N. 21
Ubicazione
La chiesa sorge su un ripido pendio fuori dal centro del paese.
Descrizione
Un documento del 1529 descrive in maniera sommaria l’interno dell’ediicio, ulimato solamente nel
1535, come atesta un’epigrafe situata all’interno.
Sul campanile è incisa la data 1512, anche se appare assai improbabile che quest’ulimo sia stato
ereto prima della cappella stessa.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 385; CALDERA 1989, p. 107-116.
Descrizione
Sebbene documentata solamente dal 1537, la sua
maggiore anichità è tesimoniata da alcuni elemeni architetonici e dalle informazioni emerse
durante un intervento di manutenzione straordinaria. La costruzione aveva un’aula retangolare
priva di abside, con ingresso ad Ovest.
Lavori successivi (XV-XVI secolo) hanno portato alla sosituzione della porta d’ingresso ad una quota
più alta, all’aggiunta del presbiterio retangolare e
di una torre campanaria costruita secondo modelli romanici che è stata addossata al ianco meridionale esterno. All’interno si trova un mal conservato ciclo afrescato tardomedievale, rappresentante le Storie di San Giuliano.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 383; CALDERA 1989, p. 151; CRISTOFORETTI 1989, p. 222; COLECCHIA 2013 b, p. 157.
Traccia n.
21
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di Sant’Antonio
Bleggio Superiore
Bivedo
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Super.
1641450
5098820
799
Ediicio di culto
1529
Età moderna
Integra, restaurata e
ampliata.
Traccia n.
22
Nome
Chiesa dei Sanissimi
Fausino e Giovita
Bleggio Superiore
Cavrasto
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
1640910
5097590
732
Ediicio di culto
1537
Basso medioevo
Riediicata nel 1867.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
In posizione centrale all’interno dell’abitato.
Descrizione
Non trova riscontro nelle foni documentarie l’ipotesi dell’atribuzione dell’ediicio di culto al 1218
proposta da alcuni studiosi. Nella visita pastora-
99
ne modiicò notevolmente l’aspeto e l’andamento (oggi Nord-Sud).
La chiesa si presenta a navata unica a due campate,
con volta in muratura a crociera con abside pentagonale e profonda.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 383; CALDERA 1989, pp. 117-120.
le del 1537 è menzionata come cappella “Sanci
Fausini et Iulvitae in Marzado”, località nei pressi di Cavrasto.
L’interno è diviso in campate, scandite da piccole lesene, sormontate da doppio fregio ricorrente e archi traversi.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 384; GORFER 1987, p. 287; CALDERA 1989, pp. 121-125; CRISTOFORETTI 1989,
pp. 222.
Traccia n.
23
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di Santa Giusina
Bleggio Superiore
Balbido
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
1640250
5096800
760
Ediicio di culto
1360
Basso medioevo
Integra, restaurata e
ampliata.
24
Nome
Chiesa dei Sanissimi
Fabiano e Sebasiano
e Fabiano
Comano Terme
Duvredo
F 20 II SO Tione
059150 Lomaso
1642340
5099230
648
Ediicio di culto
1537
Età moderna
Integra, ristruturata.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Nella parte setentrionale del paese.
Descrizione
La chiesa fu ristruturata nel 1892, anche se tut’ora conserva un asseto rinascimentale, tesimoniato dal portale cinquecentesco.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 383; CALDERA 1989, pp. 149-150;
CRISTOFORETTI 1989, p. 222.
Ubicazione
Sorge isolata su uno sperone di roccia in prossimità del torrente Duina, all’imbocco della Valmarcia.
Descrizione
L’ediicio in origine era orientato secondo un’asse Est -Ovest con ingresso verso la Valmarcia, ma
nel 1646 subì una radicale opera di restauro che
Traccia N. 23
Traccia n.
Traccia N. 24
Traccia N. 25
100
Traccia N. 26
Chiesa di Cavaione (foto D. Mussi).
Traccia n.
25
Nome
Chiesa di San Rocco
Comune
Bleggio Superiore
Località
Cavaione
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059140 Bleggio Sup.
Coordinata X
1640900
Coordinata Y
5098220
Quota (m slm)
773
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1530
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra, ristruturata.
Ubicazione
Nella parte nord orientale del centro abitato.
Descrizione
All’interno dell’ediicio compaiono la data 1545 e,
sopra la inestrella della facciata Est, la data 1530.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 38.
Traccia n.
26
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Chiesa di Santa Maria
Bleggio Superiore
Rango
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
1640270
5097700
Quota (m slm)
772
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra, ampliata.
Ubicazione
Nella parte orientale del paese.
Descrizione
La strutura, a croce laina, fu ampliata nel 1752,
come ricorda un’epigrafe interna. La facciata è barocca a sei riquadri, mentre il portale rinascimentale appariene alla strutura originaria.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 386; CALDERA 1989, p. 126-129;
CRISTOFORETTI 1989, pp. 222.
Traccia n.
27
Nome
Comune
Località
Chiesa di San Bernardino
Bleggio Superiore
Madice
Chiesa di Rango (foto D. Mussi).
101
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059140 Bleggio Sup.
Coordinata X
Ignota
Coordinata Y
Ignota
Quota (m slm)
Ignota
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Scomparsa.
Ubicazione
Ignota.
Descrizione
La strutura viene nominata negli Ai della Visitaio Clesia.
Bibliograia
GORFER 1987, p. 291; CRISTOFORETTI 1989, p. 222.
Traccia n.
Resi della chiesa di San Marino al Monte nel Bleggio
(foto M. Dalba).
Descrizione
La strutura è nominata ino al Setecento tra le
cappelle rurali del Bleggio. Dell’ediicio si possono
ancora notare i muri dell’aula (m. 6,5 x 6,5 le misure interne) e quelli dell’abside, semicircolare e
canonicamente orientata.
L’ingresso era posto al centro del lato Ovest. I muri, spessi 60-70 cm., sono realizzai con pietre legate con malta di calce.
L’inserimento dell’ediicio di culto in un castrum dominante sulla rete viaria, la itolazione a San Marino e i confroni con il sito di San Marino di Lomaso, soggeto a intense campagne di studio, sono indizi di una sua probabile fondazione (alto)medievale, tutavia al momento non supportata da foni direte o indirete.
Bibliograia
CALDERA 1989, pp. 39-41; DEGASPERI 1998, p. 41;
28
Nome
Chiesa di San Marino
Comune
Bleggio Superiore
Località
Monte San Marino
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059140 Bleggio Sup.
Coordinata X
1640110
Coordinata Y
5099925
Quota (m slm)
1449
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Basso medioevo (?)
Stato atuale
Ruderi.
Ubicazione
In posizione isolata sulla sommità del Monte San
Marino, a Nord - Ovest del Passo del Duron.
Traccia N. 28
Traccia N. 29
Traccia N. 30
102
CRISTOFORETTI 1989, p. 222; CAVADA 2005 a, pp.
900-901; COLECCHIA 2013 b, pp. 155-156.
Traccia n.
29
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di Sant’Alberto
Bleggio Superiore
Passo del Duron
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
1638880
5099650
1037
Ediicio di culto
1438
Basso medioevo
Ruderi.
Ubicazione
Sul doss omonimo, in posizione dominante a controllo del passo del Duron, passaggio obbligato tra
le Giudicarie Esteriori e quelle Interiori ino alla realizzazione della moderna viabilità.
Descrizione
Dell’ediicio, che misurava m 13, 5 di lunghezza e
6, 5 di larghezza ed era ad aula unica, retangolare con abside semicircolare, se ne conservano solamente le fondazioni dei muri perimetrali di circa
50 cm di spessore.
I pochi elemeni supersii, imposte di pilastri e laceri di intonaco dipini quatro-cinquecenteschi,
sembrano riferirsi ad un momento successivo rispeto alla prospetata fondazione medievale.
La strutura, demolita nel 1840, viene nominata
per l’ulima volta nel 1768.
Bibliograia
GORFER 1985, p. 21; COSTA 1986, p. 385; CALDERA 1989, pp. 61-64; CRISTOFORETTI 1989, p.
222; DEGASPERI 1998, p. 41; COLECCHIA 2013 b,
pp. 153-154.
Traccia n.
30
Nome
Comune
Località
Chiesa di San Giorgio
Comano Terme
Tignerone
Chiesa di Tignerone (foto D. Mussi).
Foglio IGM
F 20 II SE Stenico
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
1642500
Coordinata Y
5099970
Quota (m slm)
581
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
A sud del centro abitato, lungo la strada che collega Tignerone con Vergonzo.
Descrizione
La chiesa, a croce laina, presenta sull’architrave della porta incisa la data 1538 che ricorda i lavori eseguii in quell’anno. Il campanile in tonalite, con cella campanaria a cornici, capitelli e chiave degli archi ben lavorata, fu iniziato alla ine del
XVI secolo.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 383; CALDERA 1989, pp. 144-146;
CRISTOFORETTI 1989, p. 222.
Traccia n.
31
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Chiesa di San Nicolò
Comano Terme
Comighello
F 20 II SE Stenico
103
Traccia N. 33
Traccia N. 32
Traccia N. 31
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
1643130
Coordinata Y
5099520
Quota (m slm)
524
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
In mezzo ai campi, a uguale distanza dai centri di
Sesto, Comighello e Biè.
Descrizione
La chiesa è orientata con altare ad Ovest ed entrata
ad Est. L’interno, rinascimentale, presenta un’unica
campata con volta a crociera e abside pentagonale.
Conserva un triico rinascimentale, datato 1562.
Il campanile presenta elemeni di atardamento
romanico (bifore trabeate, capitelli a stampella e
colonne quadrate) come quasi tui quelli preseni nel distreto pievano del Bleggio.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 382; CALDERA 1989, pp. 141-143;
CRISTOFORETTI 1989, p. 222.
Traccia n.
32
Nome
Chiesa dei Sanissimi
Pietro e Paolo
Comano Terme
Cares
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1644740
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
5099980
Quota (m slm)
489
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1534
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
In posizione elevata, si afaccia sulla valle del torrente Duina e di Ponte Arche.
Descrizione
La facciata è neoclassica con portale in calcare rosso; l’interno è armonioso, di proporzioni modeste,
caraterizzato da inestre a lunetoni nelle due campate e ad ogiva nel presbiterio e nel coro. I pilastri
degli archi traversi sono in calcare bianco, così come i capitelli elegani che sorreggono le crociere
delle volte e gli archi del coro.
Il campanile in tonalite è caraterizzato da colon-
Chiesa di Cares (foto D. Mussi).
104
ne poligonali e capitelli a stampelli: anche questo
presenta, come moli altri nel Bleggio, numerose
elemeni romanici nonostante esso sia stato eretto nel XVI secolo, anche se pare la costruzione più
anica tra quelle conservate in elevato.
Preesistenze
Nel 1875 vennero alla luce due frammeni di lapide funeraria romana con iscrizione in calcare
rosso, uno dei quali è murato sulla parete esterna della chiesa, l’altro è conservato al Museo Civico di Rovereto.
L’ipotesi di un’origine più anica dell’ediicio di culto è dovuta al rinvenimento di un elemento scultoreo altomedievale, oggi inserito tra le pietre che
compongono il muro di recinzione del cimitero.
Bibliograia
Insc. It. X, 5, n. 1105; ROBERTI 1933, p. 61; COSTA
1986, p. 384; GORFER 1987, p. 214; CALDERA 1989,
pp. 129-133; COLECCHIA 2013 b, pp. 152-153.
Traccia n.
33
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di San Brizio
Tione
Saone
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
1636300
5100180
510
Ediicio di culto
1537
Età moderna
Riediicata in altro
luogo nel 1764.
Ubicazione
Ad Ovest del centro abitato, in prossimità della strada che collega Saone con Tione.
Descrizione
Come atesta la Visitaio Clesia del 1537, questo
ediicio di culto faceva parte del distreto pievano
del Bleggio che da quel lato del passo del Duron si
estendeva sin quasi a Tione.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 359; CRISTOFORETTI 1989, p. 222.
Traccia n.
34
Nome
Chiesa di San Giovanni
Baista
Tione
Saone
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
Ignota
Ignota
Ignota
Ediicio di culto
1537
Età moderna
Scomparsa.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Ignota.
Descrizione
Nominata negli Ai della Visitaio Clesia.
Bibliograia
CRISTOFORETTI 1989, p. 222.
Traccia n.
35
Nome
Chiesa pievana di
Santa Maria
Dorsino
Tavodo
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1646425
5103210
600
Ediicio di culto
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Traccia N. 35
105
Prima atestazione
1193 o 1161
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Integra, ampliata.
Ubicazione
Il complesso sorge ai margini della frazione di Tavodo.
Descrizione
Della strutura originaria romanica si conservano
parte delle fondazioni, l’apparato lapideo e gli elemeni architetonici del campanile e alcuni laceri
murari e tracce di aperture, oggi tamponate, nei
muri perimetrali.
Tra la ine del XV secolo e l’inizio di quello successivo, la chiesa venne ampliata in lunghezza andando a toccare il campanile. Ulteriori interveni si segnalano nell’ulimo decennio del XVIII secolo e per
tuto il Novecento.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 391; CURZEL 1999, pp. 157-158;
CAVADA, CORTELLETTI 2005, pp. 71-72; COLECCHIA 2013 b, pp. 130.
Traccia n.
36
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Chiesa di San Giorgio
Dorsino
Tavodo
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1646740
5103600
635
Ediicio di culto
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Traccia N. 36
Chiesa di Tavodo (foto D. Mussi).
Prima atestazione
1537
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
Al centro del paese.
Descrizione
La chiesa, menzionata a parire dal 1537, presenta un’origine più anica come dimostra l’aspeto
dell’impianto architetonico che conserva evideni
i trai romanici e tardogoici. Inoltre la fase romanica è tesimoniata dalle struture murarie portate alla luce in occasione di scavi eseguii negli anni ‘70 del XX secolo.
L’ediicio di culto fu ampliato in lunghezza nel XIV
e nel XV secolo. Ulteriori interveni si succedetero anche nei secoli successivi inché la chiesa venne sosituita dalla nuova parrocchiale nel 1957.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 388; CRISTOFORETTI 1989, p. 219;
Traccia N. 37
Traccia N. 38
106
CAVADA, CORTELLETTI 2005, pp. 76-79; COLECCHIA 2013 b, pp. 132-133.
Traccia n.
37
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Chiesa di San Vigilio
Stenico
Stenico
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1643460
5101670
666
Ediicio di culto
1218
Basso medioevo
Ricostruita nel 1570.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Nel centro del paese.
Descrizione
Allo stato atuale non è possibile ricostruire con
esatezza l’impianto del complesso romanico in
quanto la costruzione venne abbatuta nel XVI secolo e sosituita con una più ampia.
Alla chiesa medievale sono state atribuite alcune struture murarie e pavimentali individuate nel
corso di alcuni sterri nel XX secolo: sulla base di
quesi elemeni è stata proposta una planimetria
con un’aula unica con abside semicircolare ad Est.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 390; GORFER 1987, p. 287; COLECCHIA 2013 b, p. 146.
Traccia n.
38
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Chiesa di San Marino
Stenico
Castello di Stenico
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1643310
5101350
702
Ediicio di culto
XII secolo
Tarda anichità/Alto
medioevo
Integra, ampliata e
restaurata.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
All’interno del castello, incorporata nell’atuale ala
nord-orientale e, più precisamente, nel cosiddeto
“Palazzo di Nicolò”, ereto dopo il 1771.
Descrizione
La cappella ha origini medievali, anche se le noizie
documentarie più remote relaive a questa struttura risalgono solamente al 1537. Della sua pre-
Castello di Stenico (foto D. Mussi).
107
senza riferiscono anche documeni antecedeni
senza ricordare la itolazione (1466, 1477). L’ediicio presenta aula retangolare con abside orientata ad Est: la sua inclusione nella strutura foriicata del castello ha determinato numerosi lavori di
restauro che ne hanno cancellato alla vista le fasi più aniche, riemerse nel 1988. In quell’occasione è stato rinvenuto un ciclo pitorico ricoperto da
afreschi quatrocenteschi e da laceri murari dello stesso periodo: esso, e quindi il relaivo ediicio
di culto, è stato datato, sia in base allo sile pitorico sia alle vicende narrate, tra il 1163 e il 1238, epoca corrispondente all’ulimo periodo di permanenza dei Bozoni, vassalli dei coni d’Appiano nel
castello di Stenico, che diventerà da quel momento bene direto della chiesa tridenina.
Preesistenze
La cappella venne ereta in sosituzione di un fabbricato più anico a pianta quadrangolare, realizzato con pietre locali legate con malta di calce, al quale è connessa una tomba scolpita nella viva roccia.
Gli elemeni rinvenui sono stai interpretai come
la parte sopravvissuta di un primiivo oratorio che
trova confroni con ediici realizzai a parire dal V
secolo ino alla tarda età longobarda.
Numerosi elemeni scultorei risaleni ad un periodo compreso tra il VIII e l’IX secolo sembrano tesimoniare un’importante intervento architetonico che ha interessato l’ediicio prima della demolizione e della costruzione della cappella.
Bibliograia
FOGLIARDI 1996; CAVADA 1996 a; CAVADA 2005
a, pp. 894-896; CAVADA 2007; COLECCHIA 2013
b, pp. 142-145.
Traccia N. 39
Traccia n.
39
Nome
Chiesa delle Sanissime
Margherita e Lucia
Stenico
Premione
F 20 SE II Stenico
059150 Lomaso
1645070
5101120
615
Ediicio di culto
1537
Età moderna
Integra, ristruturata e
ampliata.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Nella parte orientale del paese.
Descrizione
Il ritrovamento alcuni elemeni liturgici del VIII-IX
secolo nell’area in cui sorge la chiesa ha portato ad
ipoizzare la presenza di un ediicio di culto già in
epoca altomedievale.
Anche se quest’ipotesi non è confermata da tracce
certe, possibili e più concrei indizi di preesistenze sono una inestrella a traforo e un elemento lapideo inserito nella muratura esterna dell’abside.
La chiesa ha subito numerosi lavori di ampliamento e ristruturazione dal XVI secolo in poi.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 392; CHINI 1987, p. 7; CRISTOFORETTI 1989, p. 219; COLECCHIA 2013 b, p. 137.
Traccia N. 40
Traccia N. 41
108
Traccia n.
40
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Chiesa di San Michele
Stenico
Seo
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1645020
5102080
824
Ediicio di culto
1537
Basso medioevo
Integra, ampliata e
ristruturata.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
All’interno del paese.
Descrizione
L’edificio presenta un’impostazione medievale
con aggiunte sei-setecentesche. All’interno vi sono due cicli di afreschi interroi da lesene e dal
portale laterale, elemeni inserii nel Setecento.
Preesistenze
In un contesto non meglio speciicato è stato rinvenuto un pilastrino in pietra scolpito del IX secolo, atualmente conservato al Castello del Buonconsiglio.
Bibliograia
CECCHELLI 1928, pp. 204-205; ROBERTI 1933, p.
58; COSTA 1986, p. 389; CRISTOFORETTI 1989, p.
219; COLECCHIA 2013 b, p. 141.
Traccia n.
41
Nome
Chiesa dei Sanissimi
Pietro e Paolo
Stenico
Sclemo
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1645680
5101970
753
Ediicio di culto
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Chiesa di Sclemo (foto D. Mussi).
Prima atestazione
1421
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
Nella parte alta del centro abitato.
Descrizione
Menzionata per la prima volta nelle foni scrite
nella visita pastorale del 1537, la chiesa potrebbe
avere un’origine più anica come dimostrerebbe la
data 1421 scrita su una pietra dell’abside.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 389; CRISTOFORETTI 1989, p. 219.
Traccia n.
42
Nome
Chiesa della Sanissima
Trinità
Stenico
Villa Banale
F 20 SE II Stenico
059150 Lomaso
1646180
5101170
549
Ediicio di culto
1530
Età moderna
Integra, ampliata e
ristruturata.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Nella parte setentrionale del paese.
109
Traccia N. 42
Traccia N. 43
Traccia N. 44
Descrizione
La strutura presenta due porzioni disinte realizzate in periodi diversi: la parte verso l’entrata è ciò
che rimane della strutura originaria, a navata unica, mentre la parte più interna, a tre navate, è stata realizzata nel XIX secolo.
ad Est, coincidente con la navata della chiesa attuale. Sulla base di indagini archeologiche è stata
proposta una data di costruzione non distante alla ine del XIII secolo.
Questa cappella dipendeva, pur formalmente, dalla chiesa pievana di Santa Maria a Tavodo.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 392.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 418; CAVADA 1996 b; GHETTA 1996,
CURZEL 1999, p. 157; CAVADA, COLECCHIA 2013.
Traccia n.
43
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di San Vigilio
Molveno
Molveno
F 21 III NO Terlago
059080 Molveno
1651820
5111670
864
Ediicio di culto
1300
Basso medioevo
Integra, ampliata e
ristruturata.
Ubicazione
Nella parte meridionale del paese, a poca distanza dalla sponda setentrionale del lago.
Traccia n.
44
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Chiesa di San Nicolò
Vezzano
Ranzo
F 20 II SE Stenico
059120 Padergnone
1650330
5103000
739
Ediicio di culto
1527
Età moderna
Integra, ampliata e
ristruturata.
Ubicazione
Al centro del paese.
Descrizione
Chiesa ad aula lunga e streta, divisa in tre navate. All’interno, nella chiave di volta, è incisa la data 1555.
Descrizione
L’ediicio fu completamente trasformato e ampliato nel XVI secolo, come tesimonia la data incisa
sopra l’arco santo, modiicando una strutura precedente, realizzato atorno al 1300. L’impianto primiivo era ad aula unica con abside semicircolare
Bibliograia
COSTA 1986, p. 248.
110
Traccia n.
45
Traccia n.
46
Nome
Chiesa dei Sanissimi
Vito, Modesto e
Crescenza
Andalo
Andalo
F 21 III NO Terlago
060010 Andalo
1654710
5144380
1041
Ediicio di culto
1504
Età moderna
Riediicata nel 1780 in
altro luogo.
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Chiesa di Sant’Antonio
San Lorenzo in Banale
Dolaso
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1647190
5104210
688
Ediicio di culto
1466
Basso medioevo
Integra.
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
In località “al Doss” presso il “Puel”.
Descrizione
La chiesa è documentata per la prima volta in occasione della visita clesiana del 1537, circostanza nella quale i delegai vescovili menzionano una cappella dedicata a san Paolo, parte della pieve del Banale.
Questa cappella, come quella di San Vigilio a Molveno, pur mantenendo un rapporto di dipendenza formale con la parrocchia, operava autonomamente in quanto vi era un prete residente che si
occupava delle funzioni religiose.
Bibliograia
WEBER 1938, pp. 223-226; COSTA 1986, p. 416;
CRISTOFORETTI 1989, p. 218; CURZEL 1999, p. 157.
Traccia N. 45
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Ad Est del centro abitato, tra Dolaso e l’atuale San
Lorenzo in Banale.
Descrizione
Orientata secondo un’asse Est-Ovest, la facciata esterna conserva alcuni elemeni, come il portale,
che ricordano quelli della vecchia chiesa di Dorsino. L’interno è a navata unica con volta a crociera.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 38.
Traccia n.
47
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Chiesa di San Giovanni
San Lorenzo in Banale
Doss Mani
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
Traccia N. 46
Traccia N. 47
111
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Coordinata X
1647940
Coordinata Y
5103990
Quota (m slm)
793
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Scomparsa.
Ubicazione
In prossimità del dosso dove sorgeva castel Mani.
Negli Ai della Visitaio Clesia la strutura è deta
“prope castrum Castelman”.
Descrizione
L’ediicio fu interessato da lavori di restauro nel
1652, 1671 e nel 1790, anno in cui è nominato l’ulima volta: alcune vedute del 1832 non riportano
più nessuna traccia della strutura.
Bibliograia
ADAMOLI 1989, pp. 5-7; CRISTOFORETTI 1989, p. 219.
Traccia n.
48
Nome
Chiesa di San Lorenzo,
ex chiesa curaziale
San Lorenzo in Banale
Prato
F 20 SE II Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1647620
5134300
758
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Ediicio di culto
1387
Basso medioevo
Uilizzata ino alla
seconda metà del XIX
secolo, poi sconsacrata.
Ubicazione
In località Prato, una delle aniche “ville” dell’alto Banale.
Descrizione
Della costruzione medievale, più modesta rispetto all’impianto architetonico successivo, fruto di
ampliameni cinquecenteschi e otocenteschi, restano parte dei perimetrali Nord e Sud e la parte
inferiore del campanile.
Tecniche e materiali portano ad atribuire la fondazione e la sua costruzione tra il 1100 e il 1250,
opera di maestranze di cultura e formazione lombarde: questo ediicio sorse come luogo di commemorazione funebre e di preghiera in relazione alla sepoltura di un personaggio inluente, deposto all’interno di una tomba al centro dell’aula.
Preesistenze
Receni indagini archeologiche hanno evidenziato due periodi disini di frequentazione del luogo, precedeni la costruzione dell’ediicio di culto,
condoi in tempi diversi, ma con modalità simili:
si trata di resi murari e un piano d’uso sul quale
erano preseni materiali circoscrii tra il V e la seconda metà del VI secolo d.C.
Bibliograia
COSTA 1986, pp. 386-387; CURZEL 1999, p. 157;
CAVADA 2005 b; GENTILINI 2005; COLECCHIA 2013,
pp. 138-140.
Traccia n.
49
Nome
Chiesa pievana di
Santa Maria
Tione
Tione
F 20 II SO Tione
059130 Tione
1633680
5099500
565
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
La vecchia chiesa di Prato nel Banale (foto D. Mussi).
112
Chiesa pievana di Tione di Trento (foto D. Mussi).
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ediicio di culto
1240
Basso medioevo
Ampliata più volte,
sicuramente nel 1496
e nel 1512.
Ubicazione
L’ediicio di culto sorge su un terrazzo alluvionale
afacciato sul fondovalle, dove conluiscono il Sarca e l’Arnò, in posizione marginale rispeto a Tione, ma centrale rispeto ai paesi compresi nella circoscrizione pievana.
Descrizione
La prima noizia documentaria della pieve di Tione
è riportata in un documento del Codice Wanghiano del 1185, mentre in un testo del 1240 è nominata la chiesa pievana.
Nel corso del XX secolo, numerosi interveni di
Traccia N. 48
sterro e di scavo hanno portato alla luce evidenze
materiali relaive a fasi più aniche rispeto all’attuale, senza tutavia riuscire a chiarire la sequenza architetonica del complesso e la funzione di alcuni ambieni.
Sequenze edilizie anteriori alla radicale ricostruzione cinquecentesca sono visibili nell’aula di culto con annesso campanile, nella cosiddeta “cappella batesimale momoabsidata” e nell’ambiente
retangolare, interpretato come primiivo baistero da alcuni studiosi.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 352; CAVADA 1992, pp. 29-31; BORGHI 1997; POLETTI 1997; CURZEL 1999, pp. 150151; COLECCHIA 2013 b, pp. 248-252.
Traccia n.
50
Nome
Chiesa di San Vigilio
Comune
Tione
Località
Vat
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059130 Tione
Coordinata X
1633780
Coordinata Y
5100230
Quota (m slm)
570
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
Isolata, a Est del centro abitato di Tione, sorge sulla
riva destra del Sarca, poco prima della conluenza
in esso del torrente Arnò, in prossimità della vec-
Traccia N. 50
Traccia N. 49
113
chia strada di mezzacosta che da Trento raggiungeva la Val Rendena atraverso il Banale. Secondo
la tradizione ricavata dalla Passio la chiesa sarebbe
sorta sul luogo in cui i bresciani si sarebbero scontrai con i trenini per impossessarsi della salma di
Vigilio, tutavia senza riuscirci.
Descrizione
I dai materiali dimostrano che l’ediicio di culto
ha un’origine più anica rispeto al periodo assegnato dalle foni. La chiesa medievale aveva pianta ad aula unica con abside semicircolare. Le sinopie trecentesche che decorano l’intradosso dell’arco posto a sostegno delle volte sono il terminus ante quem per datare l’ediicio almeno al XIV secolo.
L’atuale forma irregolare dell’ediicio è il risultato
di trasformazioni quatrocentesche, rimaneggiameni cinquecenteschi e sopratuto dell’ampliamento avvenuto alla ine del XVII secolo.
Bibliograia
CRISTOFORETTI 1989, p. 244; VERRANDO 2001;
COLECCHIA 2013 b, pp. 255-257.
Traccia n.
51
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Chiesa di San Marino
Zuclo
Zuclo
F 20 II SO Tione
059130 Tione
1635350
5099400
595
Ediicio di culto
1238
Traccia N. 51
Chiesa di Zuclo (foto D. Mussi).
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Ricostruita nel 1768.
Ubicazione
Nella parte orientale del paese.
Descrizione
Nominata nel luglio 1238, la chiesa è stata totalmente ricostruita nel 1768 senza lasciare tracce
materiali dell’ediicio precedente.
Bibliograia
COLECCHIA 2013 b, p. 248.
Traccia N. 53
Traccia N. 52
114
Traccia n.
52
Nome
Chiesa di San Zeno
Comune
Bolbeno
Località
Bolbeno
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059130 Tione
Coordinata X
1634570
Coordinata Y
5099200
Quota (m slm)
575
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1529
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
Nella parte nord-orientale del centro abitato.
Descrizione
La chiesa, documentata per la prima volta nel
1529, è stata più volte ristruturata (1825, 1857,
1901 e 1972).
Bibliograia
COSTA 1986, p. 353.
allunga verso destra a protezione di un corpo di
fabbrica addossato che ha avuto funzione di romitorio e di asilo per un custode incaricato dell’assistenza stradale e della manutenzione dell’ediicio.
Bibliograia
COSTA 1986, p. 460; Ecclesiae, pp. 283-284.
Traccia n.
Traccia n.
54
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Chiesa di San Pietro
Tenno
Monte Calino
F 35 I NE Arco
080070 Arco
1642560
5088230
845
Ediicio di culto
1296
53
Nome
Chiesa di San Giovanni
Comune
Arco
Località
San Giovanni al Monte
Foglio IGM
F 35 I NE Arco
Foglio CTP
080030 Dro
Coordinata X
1646470
Coordinata Y
5092760
Quota (m slm)
1058
Deinizione
Ediicio di culto
Prima atestazione
1537
Periodo
Età moderna
Stato atuale
Integra.
Ubicazione
Isolata in prossimità del passo omonimo.
Descrizione
L’ediicio presenta aula unica con pianta e abside
retangolare, copertura in muratura a volta a botte. Sull’angolo Nord-Ovest della facciata si alza un
breve campanileto con pietre a vista e pianta quadrata. La copertura dell’ediicio, a doppia falda, si
Chiesa di San Giovanni al Monte (foto M. Rapanà).
Traccia N. 54
115
Periodo
Stato atuale
Periodo
Alto medioevo
Stato atuale
Ruderi.
Ubicazione
Sulla sommità di monte di San Marino sul Blestone, in posizione isolata ma dominante sulle Giudicarie Esteriori e a controllo della via di passo San
Giovanni tra Lomaso e Alto Garda.
Descrizione
Receni indagini archeologiche hanno portato alla luce i resi di un monumentale complesso foriicato, sui cui ruderi è stato ediicato un oratorio
nominato a parire dal 1537.
L’intera sommità del rilievo, oltre 10.000 mq, è circondata da una cinta muraria, estesa per oltre 120
metri, che, nei lai N e S, è anicipata da due avancorpi posi a controllo degli unici accessi e seguii
da due porte di ingresso.
All’interno del perimetro foriicato sono stai individuate più di sei struture, tra cui un ediicio di ipo residenziale a più piani e provvisto di alcune infrastruture, quali un pozzeto con canaleta di scolo, sulla sommità del rilievo. I numerosi e pregiai
manufai, molto rappresentai sono le suppelletili in vetro, permetono di inquadrare la frequentazione del sito durante l’alto medioevo.
Le tracce individuate evidenziano le funzioni di supporto logisico, sia militare sia civile, e di controllo del territorio svolte dal complesso foriicato, la
cui frequentazione è atestata tra la seconda metà del V secolo e la fase precarolingia.
Bibliograia
LANDI 2005; CAVADA 2005 a; CAVADA 2007; CAVADA 2010; CAVADA, ZAGERMANN 2013; LANDI 2013.
Basso medioevo
Integra, ha subito
ampliameni.
Ubicazione
Isolata sul monte Calino, in posizione isolata rispetto ai centri abitai più prossimi, ma luogo di riferimento nel quadro viario che collegava Alto Garda e Giudicarie.
Descrizione
Appartenente alla pieve di Tenno, la chiesa atuale è il risultato di tre fasi architetoniche. L’ediicio
originario, grossolanamente databile tra alto medioevo e romanico (VIII-XIII secolo), era cosituito
da aula unica canonicamente orientata con abside
semicircolare. Nel 1580 è stata prolungata l’aula di
quasi 5 metri e nel 1683 è stato costruito il porico sopra la chiesa. Al XVII secolo è atestata la presenza del romitorio.
Bibliograia
Ecclesiae 2000, pp. 486-489; BROGIOLO, DALLEMULE 2013, pp. 243-244.
Traccia n.
55
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Castrum di San Marino
Lomaso
Monte Blestone
F 35 I NE Arco
080030 Dro
1645450
5095015
983
Complesso foriicato
Ignota
Traccia N. 55
Traccia N. 57
Traccia N. 56
116
Traccia n.
56
Nome
Castrum di San Marino
Comune
Bleggio Superiore
Località
Monte San Marino
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059140 Bleggio Sup.
Coordinata X
1640110
Coordinata Y
5099925
Quota (m slm)
1449
Deinizione
Complesso foriicato
Prima atestazione
Ignota
Periodo
Alto medioevo
Stato atuale
Ignota.
Ubicazione
Sulla sommità di Monte San Marino, rilievo che sovrasta il passo del Duron e la relaiva diretrice di collegamento tra Giudicarie Esteriori e conca di Tione.
Descrizione
L’insediamento foriicato si contraddisingue per
la presenza di struture murarie, sulle quali è stato ediicato un ediicio ecclesiasico dedicato a San
Marino. Ricognizioni sul campo e aività di rilevamento hanno individuato i resi di una corina muraria, lunga circa 500 metri e che racchiude un’area di circa 1500 mq, della quale non è stato possibile issare l’epoca di costruzione.
Numerosi sono gli elemeni che accomunano questo
sito a quello analogo presente sul vicino San Marino sul Blestone (posizione, ipologia, presenza di un
ediicio di culto). Secondo receni interpretazione, la
fondazione di queste foriicazioni sarebbe da collegare all’iniziaiva strategico militare dei sovrani carolingi o, nel caso di San Marino di Bleggio, forse anche
ad un’epoca ancora precedente, tardo-anica o gota.
Bibliograia
CAVADA 2005 a, p. 900; CAVADA 2007; COLECCHIA
2013 a, pp. 299-302.
Traccia n.
57
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Castelliere di Zuclo
Zuclo
Zuclo
F 20 II SO Tione
059130 Tione
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
1634830
5099130
594
Strutura foriicata
Ignota
Età del bronzo/Età del
ferro/Basso medioevo
Sito scomparso.
Stato atuale
Ubicazione
Sulla sommità del Doss de Sot Castel, poco più a
valle del paese di Zuclo.
Descrizione
La strutura foriicata, scoperta casualmente nel
1961, aveva masio quadrangolare cosituito da
grosse pietre in granito legate con calce.
Un solido muro di cinta, spesso oltre un metro e
mezzo, circondava la strutura seguendo l’andamento del rilievo. L’intero piano sommitale - un’area di 660 mq circa - fu otenuto grazie ad ingeni lavori e fu oggeto di una sequenza di interveni.
Le indagini hanno rilevato una successione di strai
formaisi dopo l’abbandono delle struture a seguito di eveni, segnalai anche da tracce di incendio.
All’esterno del complesso, sulle pendici meridionali della collina, sono state rinvenute le fondamenta
di due cinte murarie a forma elliica.
Le foni documentarie e i pochi reperi portai alla luce sembrano denotare la lunga frequentazione del sito e dell’area circostante, con un’interruzione in età
romana, dall’età del bronzo recente alla seconda età
del ferro, dal medioevo ino al Quatro-Cinquecento.
Bibliograia
GORFER 1985, pp. 17-21.
Traccia N. 58
117
Traccia N. 59
Traccia N. 60
Traccia n.
58
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Rocca di Ballino
Fiavé
Ballino
F 35 I NE Arco
080020 Ballino
Ignota
Ignota
Ignota
Strutura foriicata
1328
Basso medioevo
Scomparso.
Traccia N. 61
Bibliograia
POSTINGER 1901, pp. 86-87; GORFER 1985, p. 19;
CALDERA 1989, p. 59; BARONI, PASQUALI 1994 p.
103-104; COLECCHIA 2013 a, pp. 342-343; RAPANÀ
2013 a, pp. 333-336.
Ubicazione
Dosso “Casil”, a Ovest del paese di Ballino, a controllo della diretrice di transito.
Descrizione
Un documento del 1348 atesta l’esistenza della
foriicazione a parire dal 1328 quando Enrico II
da Metz concesse ad Alberto da Campo “il dirito di
costruire una rocca sopra Balino”. Della rocca non
esistono tracce materiali direte, anche se la tradizione storica ne ideniica l’esistenza nel dosso denominato “Casil” ubicato sopra il paese di Ballino.
Le aività di telerilevamento e di riscontro sul campo hanno confermato l’esistenza di una strutura
sulla sommità del dosso.
Non sono note le vicende della stazione della costruzione dopo l’ordinanza di demolizione
del 1348, anche se è certo che la stazione di dazio di Ballino rimase in uso almeno ino all’inizio
del XVII secolo.
Traccia n.
59
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Castel Spine
Lomaso
Castel Spine
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1645230
5797030
606
Strutura foriicata
1204
Castel Spine (Foto D. Mussi).
118
Periodo
Stato atuale
Basso medioevo
Fortemente rimaneggiato e trasformato in
abitazione privata.
Ubicazione
Sulle pendici occidentali del Monte Casale, a circa
un chilometro dalla chiesa di San Silvestro e lontano dai centri abitai, il complesso domina la pieve di Lomaso e controlla le vie di collegamento tra
l’Alto Garda e le Giudicarie.
Descrizione
Fin dalla fondazione, nella strutura sembrano coesistere la funzione militare, di controllo della viabilità locale e quella residenziale e di gesione rurale dei d’Arco, inalità che si accentua a parire
dal XV secolo.
Il complesso a pianta pentagonale si sviluppa attorno alla corte interna chiusa da corpi di fabbrica su tre lai, mentre gli altri sono delimitai da una cinta muraria. Più volte demolito e ricostruito,
Castel Spine presenta evideni i receni interveni
relaivi all’occupazione dell’ediicio, tut’ora abitato
Bibliograia
TABARELLI, CONTI 1974, pp. 186-187; GORFER
1987, pp. 325-330; , COLECCHIA 2013 a, pp. 325330.
Traccia n.
60
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Castel Campo
Fiavé
Castel Campo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1643750
5097980
506
Strutura foriicata
1190
Basso medioevo
Integro, ristruturato e
ampliato.
Ubicazione
In posizione strategica, tra le incisioni provocate dal
torrente Duina e tra il Lomaso e il Bleggio, il com-
Castel Campo (foto D. Mussi).
plesso si trova al centro di un’area ita di insediameni e alla conluenza delle importani diretrici
stradali che atraversano il Lomaso.
Descrizione
Il complesso foriicato ha rappresentato la roccaforte della famiglia da Campo e il centro della loro
poliica espansionisica nelle Giudicarie Esteriori,
spesso sfociata in contrasi contro le altre dinasie
locali, quali gli Arco e i Bozone di Stenico, quindi i
Capitani vescovili delle Giudicarie.
L’aspeto atuale è il risultato di una serie di trasformazioni e di ampliameni culminai nel XV secolo, quando ne vennero accentuai i carateri di
residenza signorile a scapito della primiiva funzione militare.
Preesistenze
Nelle immediate prossimità del castello, inoltre,
sono stai rinvenui un pezzo di cucchiaio in bronzo, due aghi crinali, una ibula della ine dell’età
del ferro.
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 63; TABARELLI, CONTI 1974, p.
162; GORFER 1987, pp. 321-325; COLECCHIA 2013
a, pp. 336-341.
Traccia n.
61
Nome
Comune
Località
Castel Mani
San Lorenzo in Banale
Doss Mani
119
Foglio IGM
Foglio CTP
Traccia N. 62
F 20 II SE Stenico
059119 San Lorenzo in
Banale
1643750
5103990
793
Strutura foriicata
1207
Basso medioevo
Ruderi.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Ubicazione
Sul dosso sopra Glolo, una delle sete ville di San
Lorenzo in Banale, a controllo dell’importante nodo stradale che collegava le Giudicarie con con la
conca di Toblino e la Val di Non, atraverso Molveno e Andalo.
Descrizione
Incerte le prime atestazioni del complesso foriicato risaleni all’inizio del XIII secolo, castel Mani
ha cosituito il luogo deputato all’esercizio del dirito vescovile, funzione però presto ricoperta da
Castel Stenico, del quale alla ine divenne una dipendenza con funzione esclusivamente militare,
come tesimoniano le foni scrite, iconograiche
e materiali. La strutura iniziò a declinare già verso la metà del XVII secolo.
Costruito su un terrazzo in parte ariiciale, rimangono visibili solamente due trai di muro e alcuni ruderi relaivi a opere di recinzione che, sebbene insuicieni per ricostruire l’intera planimetria
del complesso foriicato, tesimoniano diverse fasi architetoniche.
Bibliograia
TABARELLI, CONTI 1974, p. 172; GORFER 1987, pp.
342-346; ADAMOLI 1989, pp. 3-21; COLECCHIA
2013 a, pp. 358-362.
Traccia n.
62
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Castello di Stenico
Stenico
Stenico
F 20 II SE Stenico
059119 San Lorenzo in
Banale
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
1643310
5101350
702
Strutura foriicata
1163
Basso medioevo
Integro, restaurato ed
ampliato.
Ubicazione
Su un dosso roccioso a Sud-Ovest rispeto all’abitato di Stenico, a controllo della Strada di valico tra
le Valli Giudicarie e la Val Rendena.
Descrizione
Polo principale delle Giudicarie Esteriori e sede del
capitano di tute le Giudicarie, suprema autorità
per le cause penali, il castello di Stenico ha svolto
un ruolo di primissimo piano dal basso medioevo
ino all’età moderna.
Inizialmente (secolo XII) infeudato al Bozone, ritorna al Vescovo di Trento alla morte del nipote Pellegrino e dopo una lunga vertenza con i discendeni e Sodegerio di Tito, nel 1235 è vescovile a tui gli efei.
Bene allodiale degli uomini del Banale, il complesso foriicato entrò nel patrimonio vescovile di cui
seguì le vicende: ampliato e modiicato in base alle rinnovate esigenze difensive, in seguito agli interveni promossi dai principi vescovi Hinderbach
e Clesio Castel Stenico assunse parzialmente le forme di residenza signorile. Infai l’aspeto atuale il
risultato di dell’accorpamento di costruzioni ascrivibili a epoche difereni e per questo moivo, nonostante una sostanziale compatezza, è ravvisabile nei singoli corpi di fabbrica una diformità di
sili decoraivi e architetonici.
120
Murata nella parete del corile interno si trova una lastra in pietra calcarea con iscrizione funeraria dedicata a Marco Ulpio Bellicus, legionario della XXX legio Ulpia Victrix.
Bibliograia
Insc. It. X, 5, n. 1107; CHISTÈ 1971, p. 210; TABARELLI, CONTI 1974, pp. 89-91; GORFER 1987, p.
334-341; CAVADA 2005 a, pp. 894-896; COLECCHIA, POSTINGER 2013, pp. 363-370.
Traccia n.
63
Nome
Castel Restor
Comune
Comano Terme
Località
Castel Restor
Foglio IGM
F 20 II SE Stenico
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
1642165
Coordinata Y
5099595
Quota (m slm)
735
Deinizione
Strutura foriicata
Prima atestazione
1265
Periodo
Basso medioevo
Stato atuale
Rovine.
Ubicazione
Sul dosso marnoso denominato “Doss” o “Verruca della Vedova”, in posizione dominante sulla pieve del Bleggio e a controllo della diretrice di passo del Duron.
Descrizione
Il castello sorge a controllo di dell’importante diretrice tra Giudicarie Esteriori e Interiori e come
punto di riferimento per le villae del Bleggio che
Fedrico d’Arco si impegna a proteggere. In esso coesistono la funzione militare e di gesione econoTraccia N. 63
Castel Restor (foto D. Mussi).
mica del territorio, inalità che emerge sopratutto dopo la ricostruzione nel XIV secolo ravvisabile
nell’aumento degli ambieni desinai alla lavorazione delle derrate. Castel Restor, abbandonato nel
1790, è rimasto sempre in mano ai d’Arco e coinvolto in tute le lote che i proprietari condussero prima contro i da Campo e poi contro i Lodron.
I resi della costruzione ancora visibili, il masio,
la doppia corina difensiva e le murature di alcuni
fabbricai, hanno permesso di riconoscere tre disinte fasi architetoniche.
Preesistenze
Registrato il ritrovamento nei paraggi di alcune monete tra cui una di Claudio (I sec. d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 61; TABARELLI, CONTI 1974, pp.
30, 177; GORFER 1985, p. 19; GORFER 1987, pp.
330-334; COLECCHIA 2013 a, pp. 321-324.
Traccia n.
64
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Ponte di Pià
Stenico
Forra della Scaleta
F 20 II SE Stenico
059100 Ragoli
Ignota
Ignota
Ignota
Manufato stradale
121
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
1445
Basso medioevo
Ricoperto dal lago ariiciale di Ponte Pia nel
1957.
Ubicazione
Il manufato si trovava allo sbocco della “forra della Scaleta”, nel punto in cui la valle si allarga sotto il castello di Stenico.
Descrizione
Ignota risulta la data esata di realizzazione, tutavia il ponte viene menzionato per la prima volta in
una causa discussa a Stenico nel 1445.
Esso ricorre inoltre in numerose dispute tra la pieve del Bleggio e le comunità della pieve del Banale verso Stenico, riguardani le spese di manutenzione. Il ponte era uilizzato in prevalenza dai Bleggiani per raggiungere il monte Movlina in Val d’Algone, di loro proprietà come sancito dal famoso
“giudizio di Dio”.
Bibliograia
GORFER 1987, p. 382; LAPPI 2004, pp. 181-182.
Traccia n.
65
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Ponte delle Arche
Comano Terme
Ponte Arche
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1644740
5099910
401
Manufato stradale
Traccia N. 65
1403
Basso medioevo
Ricostruito numerose
volte, l’ulima volta nel
1956.
Ubicazione
Il ponte si trova a poche ceninaia di metri a nord
dell’abitato di Ponte Arche, centro di recente formazione, nonché centro nevralgico tra le due sponde del Sarca.
Descrizione
La strutura viene nominata per la prima volta nel
1403 in occasione di alcune sentenze relaive alle
spese di costruzione, riparita - così venne stabilito - tra le comunità del Banale, Bleggio e Lomaso.
Bibliograia
LAPPI 2004, pp. 173-177.
Traccia n.
66
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Ponte Ballandino
Comano Terme
Muleta
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1646870
5101280
368
Manufato stradale
1494
Età moderna
Ricostruito nel 1848.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Prima atestazione
Periodo
Stato atuale
Traccia N. 66
Traccia N. 67
122
Traccia n.
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Ponte Ballandino (foto D. Mussi).
Ubicazione
Il manufato atuale è stato ereto in località Muleta, 200 metri più a valle rispeto all’anico ponte distruto dalla furia del Sarca nel 1845.
Descrizione
Alcuni studiosi ingannai dall’aspeto del manufatto e dalla tecnica uilizzata, hanno ritenuto che la
strutura sia stata realizzata in epoca tardo romana
e in base a questa errata interpretazione, il manufato è stato a lungo denominato “ponte romano”.
In realtà esso è stato ereto solamente nel 1848,
come dimostrano i disegni dell’ing. Giacomo Canepele, incaricato della realizzazione della strutura. L’atuale ponte serviva a collegare le due sponde del Sarca in prossimità dei bagni di Comano, seguendo una diretrice che collegava il Lomaso al
Banale. Non vi sono dai ceri sulla data di realizzazione del vecchio ponte, ma poiché gli abitani di
Villa Banale detenevano dal 1494 alcune proprietà nel bosco del Colloder, situato nel Lomaso, è ipoizzabile, ma non sicuro, la presenza di un manufato che collegasse le due sponde del Sarca almeno da questa data.
Bibliograia
ONGARI 1986, pp. 65-67; FRANCHINI, LUCHESA
2003, pp. 29-41; LAPPI 2004, pp. 172-173.
67
Sito archeologico
Comano Terme
Vigo, Pieve di San Lorenzo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1645050
5097057
500
Struture abitaive
Età del bronzo/Età del
ferro/Età romana.
Ubicazione
Lungo il pendio della collina alla cui base si trova la chiesa pievana di San Lorenzo e al cui verice si trovano la chiesa di San Silvestro e i resi di
castel Spine.
Descrizione
Il sito fu scoperto in maniera casuale a seguito di
un vasto smotamento del terreno nel 1976. La fase insediaiva più anica, documentata da resi di
terrazzi relaivi a strutura abitaive, risale ai secoli IX e X a.C., mentre alcuni frammeni ceramici e
resi di terrazzo atestano la frequentazione del sito durante tuta l’età del ferro.
Le ricerche hanno inoltre portato alla luce un robusto muro romano lungo 23 metri, parte di un ediicio ancora sepolto.
Nella stessa zona nel 1971 fu rinvenuto un elemento funerario cosituito da un parallelepipedo in calcare con scolpito un soldato con ascia bipenne.
Bibliograia
AGOSTINI 1977, pp. 9-49; GORFER 1980, pp. 224225; PERINI 1983, p. 47-54; GORFER 1987, pp.
214-215.
Traccia n.
68
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Sito archeologico
Comano Terme
Bagni di Comano
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1645970
5100420
123
Traccia N. 68
Quota (m slm)
390
Deinizione
Struture abitaive
Periodo
Età romana.
Ubicazione
All’inizio della gola del Sarca, sulla destra orograica del iume.
Descrizione
In maniera fortuita sono stai portai alla luce frammeni di tubature in terracota e in legno, laceri
murari, trai di un anico pavimento, frammeni di
anfore e monete di epoca imperiale (Augusto, Galba, Domiziano e Gordiano III).
È ipoizzabile che la frequentazione del sito sia
connessa allo sfrutamento delle acque saluifere.
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 64; AGOSTINI 1977, p. 31; MARCHIORI 1984, pp. 77-84; GORFER 1987, pp. 222-223.
Traccia n.
69
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Sito archeologico
Comano Terme
Dasindo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
1643855
5097180
520
Struture abitaive
Età romana/alto
medioevo.
Panorama di Dasindo (foto D. Mussi).
Descrizione
Nel 1972 in occasione di lavori stradali vennero alla luce alcuni frammeni ceramici di epoca romana,
mentre nel 1984, a seguito di altri scavi, nell’area
venne svolta una breve indagine, che ha permesso di individuare i resi murari di alcuni ediici, in
parte a secco e in parte legai con malta.
Si trata di struture ediicate sopra piani ariiciali
ricavai sul pendio, secondo un modello molto diffuso in regione. I frammeni ceramici raccoli sono riferibili al I-II secolo d.C. Tra le macerie di quesi ediici furono poi collocate due tombe ad inumazione, una singola e l’altra plurima, entrambe
prive di corredo.
Bibliograia
MARZATICO 1985, pp. 46-49; GORFER 1987, p.
218; BROGIOLO, CAVADA, COLECCHIA 2004, p. 514.
Ubicazione
Sul pendio ad occidente dell’insediamento atuale, in direzione di Stumiaga e Fiavé.
Traccia N. 69
124
Traccia n.
70
Nome
Comune
Località
Sito archeologico
Bleggio Superiore
Bivedo, loc. “Colle di
Blenz”
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
1641650
5099120
840
Sepolture
Età romana.
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Ubicazione
Nelle campagne in prossimità di Bivedo, soto il
colle di Blenz.
Descrizione
Furono raccoli tegole frammentate, vasi funerari e sostanze carbonizzate, interpretate come resi di sepolture a cremazione.
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 61; GORFER 1987, p. 21.
Traccia n.
71
Nome
Comune
Località
Sito archeologico
Bleggio Superiore
Madice, loc. “Campi
alle Brògole”
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
1641150
5097900
710
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Traccia N. 70
Deinizione
Struture abitaive
Periodo
Età romana
Ubicazione
Nei campi alle Brògole, poco a Sud di Madice, verso Cavrasto.
Descrizione
Nel 1968 durante i lavori relaivi allo scasso per impiani agricoli furono rinvenui “una certa quanità di tegoloni, matoni romani e, pare, alcuni avanzi di muratura”.
Bibliograia
GORFER 1987, p. 219; BROGIOLO, CAVADA, COLECCHIA 2004, p. 514.
Traccia n.
72
Nome
Sito archeologico
Comune
Bleggio Superiore
Località
Balbido/Cavrasto
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059140 Bleggio Sup.
Coordinata X
1640590
Coordinata Y
5097460
Quota (m slm)
740
Deinizione
Sepolture
Periodo
Alto medioevo.
Ubicazione
Lungo la strada che collega Balbido a Cavrasto,
in occasione della costruzione del nuovo ediicio
scolasico.
Descrizione
Nel 1998 sono state portate alla luce cinque sepolture con inumai privi di corredo e collocai
entro fosse.
Traccia N. 71
Traccia N. 72
125
Bibliograia
BROGIOLO, CAVADA, COLECCHIA 2004, pp. 514515.
Traccia n.
73
Nome
Comune
Località
Sito archeologico
Bleggio Superiore
Bivedo, loc. “Maso del
Muratore”
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
1641350
5098750
763
Struture/Sepolture
Età romana.
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Ubicazione
Nelle campagne presso Villa, verso Vergonzo.
Descrizione
In occasione fortuita è stato rinvenuto un sepolcreto di età romana con lucerne e monete non meglio speciicate. Sempre tra Villa e Vergonzo, ma più
precisamente, nei campi “alle Belle”, furono raccolte quatro monete d’argento e una d’oro dell’imperatore Giusiniano (VI secolo d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 59; GORFER 1987, p. 219.
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Ubicazione
A circa 150 metri della chiesa di Bivedo.
Descrizione
Rinvenui un frammento di lastra con iscrizione
muila relaiva a Sextus Bligina, lucerne e terra nera contenente sostanze carbonizzate. L’iscrizione è
oggi al Museo Civico di Rovereto.
Bibliograia
Insc. It. X, 5, n. 1106; ROBERTI 1933, p. 61; GORFER 1987, p. 219.
Traccia n.
74
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Sito archeologico
Comano Terme
Villa
F 20 II SE Stenico
Traccia N. 73
059150 Lomaso
1642520
5099170
570
Sepolture
Età romana/Alto
medioevo.
Traccia n.
75
Nome
Sito archeologico
Comune
Comano Terme
Località
Cillà
Foglio IGM
F 20 II SE Stenico
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
1642870
Coordinata Y
5100550
Quota (m slm)
560
Deinizione
Sepolture
Periodo
Alto medioevo.
Ubicazione
Nelle campagne nei pressi di Cillà.
Traccia N. 75
Traccia N. 74
126
Panorama di Cillà (foto D. Mussi).
Descrizione
Inumazioni prive di corredo disposte entro fosse
delimitate da pietre.
Bibliograia
BROGIOLO, CAVADA, COLECCHIA 2004, p. 514.
Traccia n.
76
Nome
Comune
Località
Sito archeologico
San Lorenzo in Banale
Glolo
Traccia N. 76
Foglio IGM
Foglio CTP
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1647950
5104070
750
Struture abitaive
Età romana.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Ubicazione
Sul terrazzo anistante la parete rocciosa del versante occidentale sul dosso di castel Mani.
Descrizione
Nel 1967 furono scoperi in maniera fortuita i muri, in pietra legata da malta e ali più di un metro,
relaivi a due struture abitaive di forma retangolare. I muri erano intonacai con tracce di igurazioni rosso vivo a spina di pesce.
Inoltre furono rinvenui tegoloni di coto e cocci risaleni al III-IV secolo d.C. Non fu possibile allargare la ricerca nelle aree circostani.
Bibliograia
GORFER 1980, pp. 40, 54; GORFER 1987, p. 220.
127
Traccia N. 78
Traccia N. 79
Traccia n.
77
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Sito archeologico
San Lorenzo in Banale
Seo
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
Ignota
Ignota
Ignota
Sepolture
Ignoto.
Traccia N. 80
Ubicazione
Su uno sperone roccioso sul piano sotostante il
castello.
Descrizione
Sei tombe a inumazione orientate O-E con scarso
corredo, composto da orecchini in bronzo, un vaso di terracota e alcuni frammeni di peine in osso. Il complesso è atribuibile al VI -VII secolo d.C.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Ubicazione
Imprecisata.
Descrizione
“Alcune tombe aniche”, distrute però senza prima averne esaminato il contenuto.
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 58.
Traccia n.
78
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Sito archeologico
Stenico
Stenico, loc. “Ai Ronchi”
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1643300
5101340
700
Sepolture
Alto medioevo.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Bibliograia
ROBERTI 1933, pp. 59-60; BROGIOLO, CAVADA, COLECCHIA 2004, p. 514.
Traccia n.
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
79
Sito archeologico
Stenico
Stenico, loc. “Calferi”
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1643780
5101280
623
Sepolture, Area di culto,
Struture abitaive
Età del bronzo/Età del
ferro/Età romana/Alto
medioevo.
Ubicazione
In località Calferi, alla periferia S-E di Stenico, a
monte della strada provinciale che porta a Villa
Banale e a Premione.
128
Descrizione
Il sito presenta una lunga frequentazione, iniziata nel bronzo medio e tesimoniata da un tumulo
con sepolture: esso rappresenta il primo esempio
di necropoli relaiva ad un gruppo umano di cultura gravitante sull’ambiente palaiicolo trenino.
Dalla ine dell’età del bronzo e nell’età del ferro accanto al tumulo si sviluppò una vasta area di culto, della quale però non è stato possibile determinarne la vera natura.
Nel I secolo d.C. la supericie della precedente area cultuale fu livellata al ine di erigervi un’abitazione, ma il notevole numero di reperi rinvenui
atesta che i vecchi rii, almeno parzialmente, coninuarono ad essere praicai in questa fase. In epoca successiva la zona fu messa a coltura e a dal
VI al VIII secolo l’area fu compresa dalla necropoli altomedievale che inizia ai piedi del castello: a
quest’ulima fase appartengono quatro sepolture prive di corredo.
Bibliograia
ROBERTI 1933, pp. 59-60; PERINI 1983, pp. 32-46;
PERINI 2001 pp. 324-326.
Traccia n.
80
Nome
Sito archeologico
Comune
Tione
Località
Tione, loc. “Sivrè”
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059130 Tione
Coordinata X
1633610
Coordinata Y
1640490
Quota (m slm)
565
Deinizione
Sepolture
Periodo
Età romana.
Ubicazione
Frazione di Sivrè, nel centro di Tione.
Descrizione
In circostanze fortuite negli anni ’30 è stato portato
alla luce un nucleo tombale a cremazione composto da un vaso in terracota pieno di sostanza carbonizzate, tre ibule a “scorpione” e una a “balestra”, elemeni che permetono di datare il complesso al I-II secolo d.C.
Traccia N. 81
Bibliograia
ROBERTI 1932, pp. 297-299; CAVADA 1992, pp.
29-31
Traccia n.
81
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Sito archeologico
Arco
Tione, loc. “Sivrè”
F 20 II SO Tione
080030 Dro
1646750
5093000
1042
Sepolture
Tarda anichità/Alto
medioevo.
Ubicazione
In corrispondenza di un dosso, a monte della strada che porta al passo.
Descrizione
Nel 1981, all’interno di una strutura a cassa in muratura chiusa da una lastra furono rinvenui i resi
ossei di tredici individui. Si trata dei resi di 10 aduli (di cui 6 maschi e 4 femmine), un adolescente
di 14 anni circa e 2 fanciulli rispeivamente di 1 e
5 anni circa. Il grado di conservazione più o meno
simile di quesi resi lascia pensare più ad una sepoltura contemporanea che scaglionata nel tempo, pur sempre di familiari.
Lo scarso materiale di corredo (composto un elemento di collana in pasta vitrea, un bracciale aperto in bronzo) suggerisce una collocazione cronologica dalla seconda metà del IV secolo d.C. alla prima metà del successivo.
129
Erraici due frammeni ceramici ad impasto grossolano. Inoltre “15-18 scheletri di donna presso la
chieseta di San Giovanni sulla via che dalla valle
del Sarca, per i moni, mena a Lundo di Lomaso”
furono rinvenui nel 1828.
Traccia N. 82
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 63; CIURLETTI, CAVADA 1981,
pp. 157-161; CORRAIN, ERSPAMER, DE MARCHI
1983, pp. 31-33.
Traccia n.
82
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Periodo
Sito archeologico
Fiavé
Fiavé, loc. “Carera”
F 35 I NE Arco
080020 Ballino
1641950
5094710
646
Contesto insediaivo
Neoliico/Età del bronzo
Ubicazione
Nella torbiera di Fiavé, un tempo bacino dell’ex lago Carera che si estendeva a Sud dell’abitato, e sul
vicino Doss Gusinaci.
Traccia n.
83
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Reperto isolato
Comano Terme
Campo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
Ignota
Ignota
Ignota
Moneta
Ignoto.
Descrizione
Monete di Eliogabalo, di Salonina e di Gallieno (III
secolo d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 63.
Descrizione
Gli abbondani ed eccezionali resi archeologici rinvenui, di cui moli organici, tesimoniano la
coninua frequentazione del luogo dal tardo neoliico (IV millennio a.C.) ino al bronzo recente (XII
secolo a.C.).
Alla fase più anica sono riconducibili tracce del piano di fondazione di capanne sorte su una penisola
prolungata ariicialmente verso il lago.
A parire dal bronzo anico sono documentate a
più riprese forme di insediamento su palaita; da
ricondurre al successivo bronzo recente è la costruzione di capanne su terrazzameni ariiciali
sul vicino Doss Gusinaci, al margine meridionale della torbiera
Bibliograia
PERINI 1983; PEDROTTI 2001; PERINI 2001; MARZATICO 2001.
Traccia n.
84
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Reperto isolato
Bleggio Superiore
Cavrasto
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
Ignota
Ignota
Ignota
Moneta
Ignoto
Descrizione
Sesterzio di Cesare Augusto e Claudio (prima età imperiale).
130
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 60.
Traccia n.
85
Nome
Reperto isolato
Comune
Bleggio Superiore
Località
Madice
Foglio IGM
F 20 II SO Tione
Foglio CTP
059140 Bleggio Sup.
Coordinata X
Ignota
Coordinata Y
Ignota
Quota (m slm)
Ignota
Deinizione
Moneta
Stato atuale
Rovereto, Museo Civico.
Descrizione
“Moneta romana in bronzo e una di rame”.
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 60.
Traccia n.
86
Nome
Comune
Località
Reperto isolato
Bleggio Superiore
Bivedo
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
Ignota
Ignota
Ignota
Moneta
Rovereto, Museo Civico.
Descrizione
Frammeni di matone romano, moneta di Commodo e una di Giulia Mammea (II sec. d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 61.
Traccia n.
87
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Reperto isolato
Bleggio Superiore
Balbido
F 20 II SO Tione
059140 Bleggio Sup.
Ignota
Ignota
Ignota
Moneta
Rovereto, Museo Civico.
Bivedo: panorama (foto D. Mussi).
131
Descrizione
Moneta di Giulio Cesare (I sec. a.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 61.
Traccia n.
88
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Reperto isolato
Bleggio Superiore
Spiazzo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
Ignota
Ignota
Ignota
Moneta
Innsbruck, Ferdinandeum.
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Descrizione
Antoniniano di Gallieno in bronzo (III secolo d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 59.
Descrizione
Moneta di Massimino “il Trace” (III secolo d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 61.
Traccia n.
89
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Reperto isolato
Stenico
Stenico, loc. “Globo”
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
Ignota
Ignota
Ignota
Moneta
Ignoto.
90
Nome
Comune
Località
Reperto isolato
Stenico
Stenico, loc. “ai Ronchi”
Traccia n.
91
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Reperto isolato
San Lorenzo in Banale
Seo
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
Ignota
Ignota.
Coordinata X
Coordinata Y
Descrizione
Asse di Alessandro Severo (III sec. d. C).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 58.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Descrizione
Asse di Adriano (II secolo d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 59.
Traccia n.
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
1643300
5103400
700
Moneta
Ignoto.
Traccia n.
92
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Reperto isolato
Comano Terme
Godenzo
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
Ignota
Ignota
Ignota
Bronzeto di Iside
Trento, Castello del
Buonconsiglio.
Descrizione
Statueta di bronzo raigurante una igura riccamente vesita. Il soggeto indossa, cinto alla vita
un lungo chitone e, sopra di esso, un ampio man-
132
tello. Il capo, leggermente inchinato verso la spalla destra, è ornato con un diadema.
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 63; AGOSTINI 1977, pp. 28-29;
WALDE PSENNER 1983, pp. 64-66.
Traccia n.
93
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Reperto isolato
San Lorenzo in Banale
San Lorenzo in Banale
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
Ignota
Ignota
Ignota
Moneta
Trento, Museo
Diocesano.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Descrizione
Monete in bronzo tra cui un sesterzio di Nerone
(I secolo d.C.), uno di Seimio Severo (II-III secolo
d.C.) e uno di Gordiano III (III secolo d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 58.
Traccia n.
94
Nome
Reperto isolato
Comune
Comano Terme
Località
Comighello
Foglio IGM
F 20 II SE Stenico
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
Ignota
Coordinata Y
Ignota
Quota (m slm)
Ignota
Deinizione
Moneta
Stato atuale
Rovereto, Museo Civico.
Descrizione
Monete romane di M. Lurio Agrippa, M. Vipsanio Agrippa e Augusto (I secolo a.C.- I secolo d.C.).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 61.
Traccia n.
95
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Reperto isolato
Stenico
Premione
F 20 II SE Stenico
059150 Lomaso
Ignota
Ignota
Ignota
Panorama di Comighello (foto D. Mussi).
133
Deinizione
Elemento scultoreo
Stato atuale
Ignoto.
Descrizione
Frammento di pilastrino con roseta entro un circolo di cordonature e iancheggiata da spine di pesce ed un pilasino decorato con un moivo a foglie e caulicoli sormontato da una croce (ine dell’VIII secolo d.C.).
Bibliograia
CECCHELLI 1928, p. 204; ROBERTI 1933, p. 59.
Stato atuale
Traccia n.
96
Traccia n.
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Reperto isolato
Stenico
Stenico
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
Banale
Ignota
Ignota
Ignota
Moneta
Trento, Castello del
Buonconsiglio.
Nome
Reperto isolato
Comune
Fiavé
Località
Ballino
Foglio IGM
F 35 I NE Arco
Foglio CTP
080020 Ballino
Coordinata X
1640490
Coordinata Y
5092210
Quota (m slm)
760
Deinizione
Monete/Medagliete
Stato atuale
Rovereto, Museo Civico
Descrizione
189 monete e 30 medagliete voive a seguito di
una ricognizione con metal detector. Tra i reperi
igura anche un sesterzio romano dell’imperatore
Antonino Pio (156-158 d.C.).
Tute le altre monete appartengono invece ad un
periodo compreso tra la seconda metà del XVI secolo (due esemplari rinvenui, di cui uno veneziano)
ed il 1994 (data in cui è stata efetuata l’indagine);
i pezzi di conio austriaco sono i più rappresentai.
Le medagliete, tute databili tra il XVI e il XX secolo
d.C., sono realizzate mediante due tecniche disinte, a “conio” e a “fusione entro matrice”.
Bibliograia
BARONI, PASQUALI 1994, p. 103-134; BARONI, LUGLI, PFLEGER, VIARO 1995, pp. 36-54.
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Descrizione
Fibula in bronzo a croce greca, decorata ad occhi
di dado ed a linee tremolani (VII secolo d.C.). Non
è conosciuto il luogo esato del recupero, efetuato a circa mezzo metro di profondità.
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 60; BIERBRAUER 1993, p. 23; ENDRIZZI, MARZATICO 1997, p. 512, n. 1396.
Descrizione
Dalle campagne atorno a Stenico alcune monete di età repubblicana ed imperiale (Agrippa, Augusto, Claudio, Adriano, Antonino Pio, Fausina e
Marco Aurelio) e un braccialeto in bronzo con estremità claviformi.
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 59.
Traccia n.
97
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Reperto isolato
Stenico
Valle d’Algone
F 20 II SE Stenico
059100 Ragoli
Ignota
Ignota
Ignota
Fibula
Trento, Castello del
Buonconsiglio.
134
98
Traccia n.
99
Nome
Comune
Località
Reperto isolato
Dorsino
Andogno
Traccia N. 98
Foglio IGM
Foglio CTP
Banale
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Stato atuale
Traccia N. 99
F 20 II SE Stenico
059110 San Lorenzo in
1646570
5104220
529
Iscrizione
Murata sopra la porta
di un’abitazione ad
Andogno.
Descrizione
L’iscrizione si trova scolpita su una porzione di arco di un portale in pietra rossa di un fabbricato, situato nella piazzeta centrale di Andogno e inserito nel quadro della viabilità anica, recentemente ideniicato come sede di dazio. Si riconoscono
scolpii sulla pietra gli stemmi dei principi vescovi
Giovanni Hinderbach (1465-1486) e del successore Uldarico Frundsberg (1486-1493).
Bibliograia
ADAMOLI 1989, p.12; COLECCHIA 2013 a, pp.
334-335.
Traccia n.
100
Nome
Comune
Località
Foglio IGM
Foglio CTP
Coordinata X
Coordinata Y
Quota (m slm)
Deinizione
Reperto isolato
Fiavé
Fiavé, loc. “Carera”
F 35 I NE Arco
080020 Ballino
1641950
5094710
646
Frammeni ceramici
Traccia N. 100
Stato atuale
Ignoto
Descrizione
Nella torba, entro l’area frequentata durante la preprotostoria, sono stai rinvenui numerosi frammeni ceramici di fatura “gallo-romano”. I manufati possono essere divisi in due gruppi: quello “gallico” è “composto da ceramiche di impasto nerastro
pesante con superici opache e ruvide, parei soili”, mentre quello “romano” è caraterizzato da esemplari “con un impasto diferente, giallo matone, con superici chiare, misto ancora a frantumi
di sassi e sabbia, ben più coto e pesante”. Vanno
anche segnalai due piccoli frammeni di terra sigillata di impasto omogeneo.
Bibliograia
BATTAGLIA 1954, pp. 1-28.
Traccia n.
101
Nome
Reperto isolato
Comune
Comano Terme
Località
Vigo Lomaso
Foglio IGM
F 20 II SE Stenico
Foglio CTP
059150 Lomaso
Coordinata X
Ignota
Coordinata Y
Ignota
Quota (m slm)
Ignota
Deinizione
Moneta
Stato atuale
Ignoto.
Descrizione
Moneta in argento di Vespasiano e una moneta
bronzea di Tito (I secolo d.C).
Bibliograia
ROBERTI 1933, p. 62.
135
Resi delle palaite di Fiavé.
136
Bibliograia
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COLLANA BIBLIOTECA JUDICARIENSE
1. Bibliograia Judicariense 1992, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n.23 (maggio-agosto 1993).
2. Bibliograia Judicariense 1993, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 24-25 (setembre ’93-aprile ’94).
3. Indici decennali della rivista Judicaria n.1-25, a cura di Danilo MUSSI e Daniela MOSCA, suppl. a Judicaria n.26 (agosto 1994).
4. Bibliograia Judicariense 1994, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 28 (aprile 1995).
5. Stampa periodica judicariense, 1ª parte: Giudicarie, Alta Valle Sabbia, Altopiano della Paganella, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 30 (dicembre 1995).
6. Stampa periodica judicariense, 2ª parte: Alto Garda, Valle di Ledro e Valle dei Laghi, Garda bresciano
e veronese, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 31 (aprile 1996).
7. Bibliograia Judicariense 1995-96, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 33 (dicembre 1996).
8. Bibliograia della Val di Ledro I: Indice per soggei, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 36 (dicembre 1997).
9. Bibliograia della Val di Ledro II: Indice per autori, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 38 (aprile 1998).
10. Bibliograia della Val del Chiese, parte 1a Indice per autori, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria
n. 39 (dicembre 1998).
11. Bibliograia della Val del Chiese, parte 2a Indice per soggei, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 40 (aprile 1999).
12. Il gruppo Adamello-Presanella, saggio bibliograico, parte 1a Indice per autori, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 42 (dicembre 1999).
13. Il gruppo Adamello-Presanella, saggio bibliograico, parte 2a Indice per soggei, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 44 (Agosto 2000).
14. La “Busa di Tione”, saggio bibliograico, parte 1a Indice per autori, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 46 (aprile 2001).
15. Indici dei numeri 0-50 della rivista Judicaria, Indice per soggei e autori, a cura di Daniela MOSCA, suppl. a Judicaria n. 51 (dicembre 2002).
16. La Busa di Tione - Saggio bibliograico 2a parte: Indice per soggei, Danilo Mussi suppl. a Judicaria n.
52 (aprile 2003).
17. Bibliograia Judicariense, Le Giudicarie dell’Otocento, a cura di Danilo MUSSI e Gilberto NABACINO,
suppl. a Judicaria n. 57 (dicembre 2004)
18. Bibliograia Judicariense. Le Giudicarie dell’Otocento – 2, a cura di Danilo MUSSI e Gilberto NABACINO, suppl. a Judicaria n. 66 (dic. 2007).
19. Bibliograia judicariense. Le Giudicarie dell’Otocento – 3. La piscicoltura nella Judicaria dalle origini
alla metà del ‘900 a cura di Ennio Lappi, suppl. a Judicaria n. 69 (dic. 2009).
20. Bibliograia dell’Alipiano della Paganella, a cura di Danilo MUSSI e Sabrina TABARELLI, suppl. a Judicaria n. 71 (dicembre 2009).
21. Le Giudicarie dell’Otocento-4, La situazione sanitaria nelle Giudicarie tra XVIII e XIX secolo, 1a parte,
a cura di Danilo MUSSI e Gilberto NABACINO, suppl. a Judicaria n. 76 (aprile 2011).
22. Le Giudicarie dell’Otocento-5, La situazione sanitaria nelle Giudicarie del XIX secolo, 2a parte, a cura
di Danilo MUSSI e Gilberto NABACINO, suppl. a Judicaria n. 77 (agosto 2011).
23. Le Associazioni di volontariato della Valle dei Laghi, a cura di Roseta MARGONI e Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 80 (agosto 2012)
24. Archeologia involontaria. Tre vicende che mescolano memoria, territorio, guerra, lavoro e ricerca scieniica in Valle di Ledro, a cura di Alessandro FEDRIGOTTI e Luca SCOZ, suppl. a Judicaria n. 83 (agosto 2013).
25. Aniche strade delle Giudicarie tra storia e leggenda, di Mateo RAPANÀ, a cura di Danilo MUSSI, suppl. a Judicaria n. 87 (dicembre 2014).
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JUDICARIA
Supplemento al N. 87
Dicembre 2014
Quadrimestrale di informazione
del Centro Studi Judicaria
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