CALUMET – intercultural law and humanities review
ISSN 2465-0145 (on-line)
ISSUE 19(2024)
For Info: www.calumet-review.com
Federica Sona
L’islām, i diritti, la rete
Agenda digitale e cyber Ummah
Abstract
As prompted by the UN sustainable development goals, and further boosted by the pandemic crisis, the
progressive digitalization has been presented as an effective means to handle everyday complexities. The
unstoppable cyber-oriented paradigm shift is facilitated by an increasingly web-literate society and it impacts on
European institutions and religious communities as well.
The purpose of this study is to investigate the potential compatibility – and progressive harmonisation –
between the standards encapsulated in the European Declaration on Digital Rights and Principles and the
sharīʿah-compliant cyber reforms currently implemented in the Muslim world. The European digital agenda thus
becomes a litmus test of the variegated responses provided – both by Muslims and religious authorities – to the
digitalisation of sacred sources along with Islamic legal opinions, resolutions, and recommendations.
In the described scenario, the growing usage of the Arabic language surfaces as a key-component. On the
one hand, the semantic and linguistic dimensions potentially challenge the domestic “nationalisation” of islāms. On the other hand, these very same elements are precursory to the digitalization process by effectively
promoting the development of new computational and predictive technologies.
Rapidly attuning to the contemporary cybernetic reorientation of the digital public space, the outreach of
the European Council for Fatwā and Research further clarifies the aforementioned dynamics. While increasingly
interfacing with European institutions and national governments as a cohesive and unified interlocutor, the
Islamic scholars are promoting the transnational dimension of the virtual global Muslim community (Ummah).
Bringing into focus anthropocentric aspects, the essay dialogically engages with both Western and Islamic
positions in relation to robotics and artificial intelligence. The comparison highlights that information and
communication technologies, along with AI – such as ‘robotic muftī-s’ and ‘cyber lawyers’ – must support humans
while, at the same time, being unable to replace neither Islamic scholars nor Western legal professionals.
In this fluid digital framework, new public spheres surface and, within these new domains, ethical
standards can potentially converge. A substantial alignment of intentions and attitudes between two universes
of experience is thus possible. As a result, a cooperative synergy – which promotes fruitful collaborations between
European institutions and Muslim authorities, both at a national and international level – becomes not only
plausible but also feasible.
Keywords: Arabic Language, Artificial Intelligence (AI), Digital Agenda, European Council for Fatwa and
Research (ECFR), European Declaration on Digital Rights and Principles, Fatwa, Islam
Abstract
In linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile enunciati dalle Nazioni Unite e ulteriormente incrementato dalla
crisi pandemica, il processo di progressiva digitalizzazione è stato presentato come un mezzo efficace per la
gestione delle complessità quotidiane. Il cambiamento di paradigma ‘ciberneticamente orientato’, peraltro
facilitato da una società sempre più digitalmente alfabetizzata, oggi investe non solo le istituzioni statuali ma
anche le comunità religiose.
Il saggio in esame intende quindi esplorare la potenziale compatibilità – e la progressiva sintonizzazione –
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tra gli standard valutativi deducibili dalla Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali e le riforme
cibernetiche conformi alla sharīʿah attualmente in corso di realizzazione nel mondo musulmano. L’agenda
digitale europea è qui utilizzata come cartina tornasole per esaminare le variegate risposte fornite, sia dai fedeli
musulmani sia da autorità religiose, alla digitalizzazione di fonti sacre, risoluzioni, raccomandazioni e pareri legali
formali.
Nello scenario sopradescritto, il crescente utilizzo della lingua araba diviene una componente cruciale. Se,
da un alto, gli aspetti semantici e linguistici rappresentano una potenziale sfida per la pluralizzazione degli islām
a caratterizzazione domestica; dall’altro sono propedeutici al processo di digitalizzazione, di fatto promuovendo
lo sviluppo di nuove tecnologie computazionali e predittive.
Agendo in sintonia con il progressivo orientamento cibernetico dello spazio pubblico digitale, l’operato
del Consiglio europeo per la fatwā e la ricerca chiarisce ulteriormente le dinamiche sopramenzionate.
Presentandosi, in misura crescente, quale interlocutore unitario nei confronti di istituzioni europee e governi
nazionali, i giurisperiti islamici di fatto promuovono la dimensione transnazionale e digitale della comunità
musulmana globale (Ummah) virtuale.
Prestando particolare attenzione ai profili antropocentrici, il saggio confronta dialogicamente punti di
vista occidentali e islamici in relazione all'utilizzo della robotica e dell'intelligenza artificiale. Dall’indagine svolta
a cavallo di questi due circuiti culturali, sembra emergere che le tecnologie dell'informazione e della
comunicazione e l’IA – come muftī virtuali e avvocati robotici – possano fornire adeguato supporto senza per
questo potersi completamente sostituire agli individui, siano essi giurisperiti islamici o professionisti del diritto
occidentale.
In questa fluida cornice digitale nascono nuove sfere pubbliche e, all’interno di tali inediti domini, gli
standard etici presentano ipotizzabili profili di convergenza. In tal senso, sembrerebbe potersi rintracciare un
sostanziale allineamento di intenti e atteggiamenti in due universi di esperienza. Acquisire consapevolezza di
questo dato potrebbe promuovere fruttuose collaborazioni tra istituzioni europee e autorità musulmane, e ciò
sia a livello sia nazionale che internazionale. Una sinergia cooperativa tra di esse si presenta quindi non solo
come immaginabile ma, piuttosto, propriamente attuabile.
Parole chiave: Agenda digitale, Consiglio europeo per la fatwa e la ricerca (CEFR), Dichiarazione europea sui
Diritti e i Principi Digitali (DDRP), Intelligenza artificiale (IA), Islam, Lingua araba.
1. Introduzione
Nel mondo contemporaneo, il processo di progressiva digitalizzazione è percepito e presentato come la
soluzione atta a gestire in modo efficiente le complessità quotidiane, al contempo risolvendo sfide
chiave e promuovendo i diritti e le libertà di una popolazione caratterizzata da crescenti livelli di
competenza tecnologica. Fortemente incentivato dalla pandemia, il cambio di paradigma orientato alla
cibernetica è ulteriormente agevolato da una società che mostra livelli sempre più alti di alfabetizzazione
digitale e che fa ampio ricorso alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC), inclusa
l’intelligenza artificiale (IA).
La prorompente attitudine tecnologica sopradescritta è in rapida evoluzione e investe non solo
le istituzioni europee ma anche le comunità religiose.1 Per quanto concerne l'islām, se la soglia del
ciberspazio è stata in origine varcata con cautela, la presenza sciaraitica online ha ormai assunto rilevanza
Per un’introduzione, vedasi inter alia Bromley, Hadden e Cowan (2001), Dawson e Cowan (2004), Helland (2013), e
Herzfeld (2017). Cf. anche Pace (2017) e Pannofino (2022).
1
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imponente: da un lato, giovani generazioni e musulmani2 transnazionali contribuiscono allo sviluppo
della comunità musulmana globale (Ummah) virtuale; 3 dall’altro, organizzazioni musulmane e
giurisperiti islamici4 mostrano livelli crescenti di competenza nell’utilizzo delle più varie innovazioni
tecnologiche.
Il presente articolo è rivolto a esaminare le summenzionate dinamiche, indagando la potenziale
compatibilità tra la serie di standard valutativi sanciti dall'agenda digitale europea e le riforme
tecnologiche considerate conformi alla sharīʿah.5
La prima parte del saggio introduce il quadro digitale europeo, che funge a sua volta da cartina
tornasole per esaminare le variegate risposte fornite dai musulmani alla digitalizzazione di fonti sacre,
pareri, risoluzioni, raccomandazioni e consulenze islamiche virtuali. Il processo di graduale
sintonizzazione della sharīʿah ai principi UE che regolano la transizione digitale – ovvero
antropocentricità, solidarietà, inclusione, libertà di scelta, empowerment, partecipazione, sicurezza e
sostenibilità – così come implementati negli ambienti ‘cyber islamici’, si presenta quindi come un
ambito di indagine sicuramente meritevole di essere approfondito. Esaminando le dinamiche
caratterizzanti il proselitismo telematico e la giurisconsulenza cibernetica, e prestando inoltre
particolare attenzione alla centralità dell’individuo, il saggio confronta e indaga, in una prospettiva
dialogica, 6 punti di vista occidentali e islamici in relazione al potenziale utilizzo della robotica e
dell'intelligenza artificiale.
L’ultima parte dello scritto mette a fuoco un caso di studio. Monitorando e indagando la rapida
espansione di un’istituzione islamica europea che ricorre in modo crescente alle applicazioni mobili e
ai (social) media, essa mira a far luce sul processo di digitalizzazione attuato dai dotti islamici nel tentativo
di offrire nuove opportunità di partecipazione e interazione con i fedeli musulmani attraverso formati
e piattaforme di ultima generazione che trascendono i confini nazionali. Specifica attenzione è infine
rivolta anche agli aspetti linguistici, in particolare all'uso dell’arabo insieme ad altre lingue, sia come
mezzo di promozione del progresso tecnologico, sia come strumento atto a favore coesione e
rappresentatività tra i fedeli musulmani nel world-wide-web.
Prima di procedere, vorrei osservare, quasi in forma di preambolo, che nel complesso sembra
emergere un profilo di consonanza suscettibile di avvicinare i sistemi giuridici statuali e le confessioni
religiose. Entrambi, operando all’intersezione tra tecnologia, etica e giustizia, se da un lato accelerano
rapidamente la transizione digitale, dall’altro tendono a controbilanciare il progresso tecnologico
Qui il riferimento è agli individui che abbracciano almeno una delle quattro dimensioni religiose dell'essere musulmani,
incluse eventuali ‘variazioni culturali’; trattasi del credere, legarsi, comportarsi, e appartenere. Vedasi Césari (2014).
3
Una definizione della ‘dinamica e sfaccettata’ nozione di cyber Ummah si trova, inter alia, in El Nawawy e Khamis (2009) e
Khamis (2021).
4
Talvolta anche detti ‘eruditi’ o ‘dotti islamici’, trattasi di fuqahāʾ (sing. faqīh), termine che identifica chi possiede la
conoscenza religiosa – fiqh – in particolare, la conoscenza della legge islamica come derivata dal ragionamento giuridico.
Vedasi El Shamsy (2012). Di tanto in tanto, il vocabolo ʿulamāʾ (sing. ‘ālim) può essere utilizzato per identificare in modo
puntuale i teologi e giureconsulti quali depositari delle scienze religiose. Con accezione più generale, talvolta si può fare
ricorso al vocabolo shuyūkh (sing. shaykh) per identificare gli anziani, ossia persone erudite di grande rispetto. Vedasi infra la
nota 61.
5
La parola sharīʿah è utilizzata per indicare il chiaro percorso che un fedele deve seguire; designa le regole e le norme che
governano la vita dei musulmani. Cf. Schacht (1913-1936), Calder e Hooker (2012) e Aluffi (2015).
6
Questo studio si concentra soprattutto sulle somiglianze, prestando al contempo attenzione alla percezione di fondo del
diritto e della normatività. Per chiarimenti metodologici, si vedano rispettivamente Dannemann (2019), Bussani e Mattei
(2012). In merito ai contenuti, vedasi anche Sona (2024).
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facendo riferimento a norme fondamentali e adottando atteggiamenti antropocentrici.7 Ne consegue
che nel fluido spazio virtuale modelli di comportamento convenzionali vengono prontamente
riconfigurati mentre, per altro verso, normatività discorsive si distribuiscono molteplicemente
proiettandosi in una miriade di contesti. Compensando mediatizzazione e mercificazione con
partecipazione e pubblicità, i giureconsulti islamici, dal canto loro, seguono principi etici che risuonano
con quelli articolati dalla cosiddetta ‘bussola strategica’ europea per la transizione digitale. Detto
allineamento di intenti e atteggiamenti potrebbe quindi essere messo a frutto per favorire percorsi di
cooperazione sinergica e la promozione di fruttuose collaborazioni tra le istituzioni europee e le autorità
musulmane, a livello sia nazionale sia internazionale.
2. L’era digitale
Con il dichiarato scopo di ‘rendere l'Europa adatta all'era digitale’, nel gennaio 2024 entrava in vigore
il cosiddetto ‘European Data Act’8. Riecheggiando gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030
promossa dalle Nazioni Unite tramite il ricorso crescente alla tecnologia digitale,9 esso faceva seguito a
un processo trasformativo avviato un decennio prima, 10 e poi ulteriormente intensificatosi con le
restrizioni imposte durante la crisi pandemica.11
Delineando un ‘quadro completo’ teso a guidare ogni azione concernente il digitale, parrebbe
potersi asserire che il cosiddetto ‘decennio digitale europeo’ persegua, entro il 2030, una visione
sostenibile e antropocentica. 12 La digitalizzazione viene così orientata a diventare un fattore
determinante in materia di acquisizione di diritti e libertà per i cittadini definiti high-tech empowered. Il
duplice obiettivo è facilitarne la connettività e promuoverne le competenze digitali, fornendo un
Il saggio utilizza il termine ‘antropocentrico’ in termini positivi, indicando il profilo di tutela dei bisogni umani
fondamentali; ciò non implica che gli esseri umani siano considerati gli unici portatori di valore intrinseco o che possiedano
un valore intrinseco maggiore rispetto alla natura non umana. Per un approfondimento, vedasi inter alia Henriksen (2023:
139-161).
8
Regolamento (UE) 2023/2854 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13/12/2023 riguardante norme armonizzate
sull’accesso equo ai dati e sul loro utilizzo e che modifica il regolamento (UE) 2017/2394 e la direttiva (UE) 2020/1828
(regolamento sui dati), PE/49/2023/REV/1, in GU L, 2023/2854, 22.12.2023. Nel dicembre 2023, la CE ha accolto con
favore l'accordo politico raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio sulla legge sull'intelligenza artificiale, come
precedentemente proposto dalla Commissione; CE, Proposta di regolamento che stabilisce norme armonizzate sull'intelligenza
artificiale (legge sull'intelligenza artificiale), COM (2021) 206 final.
9
UN General Assembly, Resolution 70/1, Transforming our world: The 2030 Agenda for sustainable development, 25.09.2015,
A/RES/70/1.
10
CE "Plasmare il futuro digitale dell'Europa: la Commissione presenta le strategie per i dati e l'intelligenza artificiale",
comunicato stampa, 19.02.2020 (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_20_273; 06.05.2024); si veda
anche la cronologia di seguito riportata https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/priorities-2019-2024/europe-fitdigital-age_it (06.05.2024).
11
La CE ha infatti sottolineato che il Covid-19 "ha cambiato radicalmente il ruolo e la percezione della digitalizzazione nelle
nostre società ed economie, accelerandone il ritmo. Le tecnologie digitali sono ora indispensabili nel mondo del lavoro,
dell'apprendimento, dell'intrattenimento, per socializzare, fare acquisti e accedere a qualsiasi servizio, dalla sanità alla
cultura.". CE, 2030 Bussola digitale: La via europea per il decennio digitale, 09.03.2021 COM (2021) 118 final.
12
CE "Plasmare il futuro digitale dell'Europa: Il decennio digitale dell'Europa", Comunicato stampa, 27.09.2023
(https://digital-strategy.ec.europa.eu/it/policies/europes-digital-decade ; 06.05.2024).
7
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accesso online semplificato ai servizi pubblici e promuovendo la trasformazione digitale delle imprese.13
Tra gli obiettivi previsti dalla Commissione Europea si rintraccia inoltre la trasformazione digitale dei
sistemi giudiziari improntata all’efficienza e alla modernizzazione, 14 imprimendo così una sorta di
nuovo corso digitale alle decisioni giudiziarie e i processi di consulenza giuridica.
Formalmente approvata alla fine del 2022, un’altra pietra miliare nel fare fronte alla rapida
trasformazione dello spazio cibernetico è rappresentata dalla Dichiarazione sui Diritti e i Principi
Digitali (DDRP). Finalizzata a promuovere un ‘modello europeo’ di trasformazione digitale
antropocentrica incardinata sui valori e sui diritti fondamentali dell’UE, essa è intesa a riaffermare i
diritti umani universali e ad apportare benefici a ‘tutte le persone, alle imprese e alla società nel suo
complesso’.15 Collocandosi all’interno di questa prospettiva generale, sembrerebbe potersi desumere
che i diritti e le libertà sanciti dal quadro giuridico dell'Unione Europea e dai valori europei siano
destinati, almeno in termini potenziali, ad essere declinati in un modo ‘digitalmente trasformato’.16
Benché l’impatto ipotizzabile delle rivendicazioni universalistiche associate al DDRP sia stato oggetto
di dibattito17 e il suo valore politico-simbolico – insieme al carattere progressivo e trasformativo – sia
perciò esposto al rischio di essere declassato al mero ‘status di guida’ per le future strategie dell'UE,18
ciononostante, credo valga la pena esplorare le modalità con cui alcuni dei principi fondamentali sanciti
dall'approccio europeo alla digitalizzazione sono, e possono essere, condivisi con la comunità
musulmana mondiale.
3. Tecnologie e risposte sciaraitiche
All’interno del quadro fenomenico e politico-normativo descritto sin qui, gruppi confessionali e
comunità etnoculturali appaiono investiti sia da un’alfabetizzazione mediatica e digitale in rapida
crescita, sia dal ricorso esponenziale ai meccanismi dell'intelligenza artificiale ed alle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione. Il rapporto tra le religioni e il world-wide-web – compresi i
(social) media e i digital networks – si presenta dunque come un’interessante area di studio se non altro
perché in seno a essa si palesano alcune specificità caratterizzanti il mondo musulmano.
In effetti, i fedeli e le autorità musulmane, sin dalle prime fasi di diffusione di essa, hanno risposto
prontamente all'appello della tecnologia moderna, non solo sviluppando una ricca offerta di
comunicazioni computer-mediated, ma anche prendendo parte ai cosiddetti ambienti cyber islamici, che
ben presto divennero un chiaro ‘barometro della diversità’.19 Detto altrimenti, integrando paradigmi
convenzionali e creando al contempo nuovi modelli di comportamento, Internet ha inciso
profondamente sulle modalità con cui i credenti diventano ‘i-musulmani’ e favoriscono lo sviluppo di
Vedasi CE supra nella nota 11.
CE, 2030 Comunicazione della Commissione sulla digitalizzazione della giustizia nell'Unione europea. Uno strumentario di
opportunità, 02.12.2020 COM (2020) 710 final. Vedasi infra il paragrafo 3.1.
15
Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale 2023/C23/01PUB/2023/89, in GU C23,
23.01.2023, 1-7.
16
CE, Relazione sullo stato del decennio digitale 2023, 27.09.2023 SWD (2023) 570 final.
17
A titolo illustrativo, vedasi la lettura proposta da Kuźmicz (2023).
18
In merito, vedasi l’arguta analisi di Cocito e De Hert (2023).
19
Secondo il lessico adottato da Bunt (2000).
13
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forme specifiche di islām, telematico e digitale.20 Di conseguenza, le identità musulmane individuali e i
ruoli degli organismi islamici sono stati, e continuano ad essere, variamente plasmati dalle tecnologie
moderne. Il sempre più capillare utilizzo delle TIC ha poi promosso il manifestarsi di nuovi spazi
discorsivi nei quali hanno origine concetti eterogenei di coesistenza – e potenziale collaborazione –21
tra autorità islamiche e istituzioni statuali. Ne discende quindi che le rispettive normatività di diritto
positivo statuale e religioso che permeano la rete, appaiono suscettibili di essere – e di fatto sono –
riconfigurate e riformulate.
Nell’inquadrare le risposte sciaraitiche date all’avanzare delle moderne tecnologie, è tuttavia
necessario porre attenzione puntuale alle istituzioni islamiche e ai fedeli musulmani. In tal senso, è utile
sin d’ora segnalare che il processo contemporaneo di digitalizzazione interessa due ambiti principali,
che suggerisco di identificare con l'espressione ‘fede e fatwā’22, e ciò per i motivi che proverò a chiarire
successivamente nel testo.
3.1 Islām e TIC
Per quanto concerne l’ambito della ‘fede’, la riposta alle opportunità e alle sfide poste dalle strategie di
trasformazione digitale è stata trovata nel fare affidamento crescente sui nuovi mezzi di comunicazione
tecnologica in modo da ampliare l’offerta di pratiche confessionali e la reperibilità di fonti sacre. In
sintonia con il lessico del DDRP (capitolo IV), si può quindi affermare che la partecipazione allo spazio
pubblico digitale musulmano sia, di per sé, ampiamente garantita.
Durante la pandemia si registrò una forte opposizione nei confronti delle preghiere islamiche
comunitarie 23 in modalità telematica a causa dell’impatto della virtualizzazione ritualistica sulla
percezione dell’esperienza religiosa24. Ciò nondimeno, la trasmissione di ‘un’educazione islamica’ in
contesti (social) mediatici ha continuato a essere promossa. La diffusione d’informazioni via Internet
facilita infatti il proselitismo e l’istruzione religiosa. Nello scenario contemporaneo caratterizzato da
un’ampia disponibilità di accesso al mondo online, gli ambienti cyber islamici diventano, in effetti, nuovi
canali per la comunicazione di normatività e insegnamenti conformi alla sharīʿah.
La possibilità di accesso e consultazione delle fonti islamiche – come il Corano e la Sunnah –25
attraverso siti web, piattaforme di comunicazione e applicazioni mobili suscita tuttavia sentimenti
ambivalenti. Da un lato, la necessità di controllare attentamente l’accuratezza del testo digitalizzato e,
talvolta, delle traduzioni disponibili viene presentata come condicio sine qua non;26 dall’altro lato, l’ampio
accesso ai (social) media può emancipare e dotare di maggiori potenzialità comunicative i credenti
Come chiarito da Bunt (2009) che, a pp. 46-47 offre una rappresentazione diagrammatica dei cosiddetti cyber Islamic
environments.
21
Come ad esempio durante una pandemia. Vedasi infra il paragrafo 6.1.
22
Per una definizione, vedasi infra il paragrafo 3.2 e le note 41-42.
23
Come, ad esempio, la preghiera comunitaria del venerdì (Ṣalāh al-jumu'a).
24
Vedasi inter alia Hegazy (2020) e Gori (2021). In italiano, si veda De Angelo (2021). Per quanto riguarda il CEFR, si
vedano le fatāwā 4/30 e 5/30 emesse durante la XXX Sessione (d'emergenza) del Consiglio; cf. infra la nota 113.
25
Esse sono considerate le due principali fonti del diritto islamico; secondo la definizione tradizionale, il Corano, la Sunnah,
il consenso e il ragionamento analogico sono le radici della giurisprudenza islamica (uṣul al-fiqh). Cf. De Bellefonds (1965:
17-50), Castro (2007: 7-15) e Hallaq (2009: 14-30).
26
Ad esempio, dallo studio proposto da Khan e Alginahi (2013).
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musulmani, in particolare donne e generazioni più giovani che vantano alte competenze digitali.27 In
realtà, un aumento dei livelli di alfabetizzazione mediatica e digitale facilita il processo attuato per mezzo
di tecnologie informatiche o mobili e conosciuto come ‘mediatizzazione della religione’. Al contempo,
un esteso e libero accesso alle fonti islamiche e a linnee giuda sciaraitiche può mettere in discussione
ruoli tradizionali e autorità religiose.28 In alcuni contesti, i social media possono divenire uno spazio che
incentiva il populismo religioso;29 in altri, i social media influencer possono contestare attivamente alcune
nozioni tradizionali di ‘autorità islamica’ e di conseguenza contribuire a declinare in modo nuovo le
identità musulmane globali. 30 In definitiva, la digitalizzazione crea forme innovative di impegno
religioso31 e i nuovi mezzi di comunicazione mediata facilitano la comunitarizzazione.32
Le composite dinamiche sopradescritte possono generare reazioni divergenti. A titolo illustrativo,
alcuni dotti islamici rispondono in modo creativo all’ampio uso delle moderne tecnologie di
comunicazione così riadattando le tradizioni giuridiche ‘a riferimento pratico per i musulmani del
giorno d’oggi’33. Il world-wide-web può anche divenire uno strumento duttile nel diffondere, in modo
proficuo, pareri legali, raccomandazioni e risoluzioni conformi alla sharīʿah,34 insieme alle posizioni dei
giurisperiti islamici. In quanto tale, raggiungendo efficacemente un pubblico – musulmano e non
musulmano – piuttosto esteso, funge da catalizzatore per il principio di inclusione incardinato nella
transizione digitale modellata ai valori europei (e.g. capitolo II, DDRP).
È tuttavia da segnalare che si possono individuare atteggiamenti contrapposti. Se alcuni attori
religiosi ricorrono attivamente a Internet con l’intenzione di rendersi facilmente accessibili a un
pubblico altamente digitalizzato e al fine di raggiungere i giovani musulmani e l’islām della diaspora,
altri possono opporsi strenuamente all’utilizzo delle tecnologie digitali. Un fenomeno, in particolare, è
fortemente condannato e deve essere assolutamente evitato. Mi riferisco alla cosiddetta ‘mercificazione
religiosa’, anche quando declinata in forma di halāl-lizzazione diffusa.35 A titolo esemplificativo, se le
applicazioni mobili possono facilitare la memorizzazione del Corano in aree caratterizzate da bassa
scolarizzazione e, allo stesso tempo, contribuire a rinfrescare gli insegnamenti appresi oralmente in
gioventù dalle generazioni più mature,36 cauta attenzione deve in ogni caso essere prestata al processo
di commercializzazione delle fonti islamiche digitalizzate. L'integrità dei contenuti sia di linee guida
sciaraitiche sia delle fonti del diritto sacro potrebbe, in effetti, essere messa in pericolo nel mondo
Vedasi infra il paragrafo 3.2.
In realtà – è bene puntualizzare - lo spazio cibernetico può anche favorire il cyber terrorismo e la radicalizzazione orientata
al ǧihād, ma questi fenomeni complessi non sono trattati nel presente saggio.
29
Un interessante esempio concernente l’arcipelago indonesiano è offerto da Solahudin e Fakhruroji (2019).
30
Si veda, ad esempio, lo studio sui millenials musulmani proposto da Zaid, Fedtke, Shin, El Kadoussi e Ibahrine (2022).
31
Questo fenomeno è particolarmente evidente in alcuni Paesi a maggioranza musulmana; vedasi, inter alia, Fakhruroji
(2019).
32
Inclusi, tra gli altri, i cosiddetti Internet forum e Twitter ("X" dal luglio 2023). Per quanto riguarda il Regno Unito, si veda
lo studio di Aeschbach e Lüddeckens (2019).
33
Ad esempio, questo è l’approccio adottato dai dotti sciafiiti; si veda Halim (2015).
34
In lingua araba, questi sono rispettivamente identificati con i vocaboli fatāwā, qarārāt e tawṣiyāt. Vedasi infra i paragrafi
3.2 e 6.2.
35
L'aggettivo ḥalāl significa ‘lecito’ (quindi anche ‘legalmente permesso’) ed è usato in opposizione al termine ḥarām, ossia
‘proibito’. Vedasi Castro (2007:12). L'espressione ḥalāl-isation identifica il processo di rendere qualcosa ḥalāl. Per un
approfondimento in merito a questo fenomeno, vedasi Fischer (2011).
36
Un caso emblematico è presentato da Buzdar e Farooq (2020).
27
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digitale dove è in costante evoluzione l’’algoritmo dell'autorità’37. Se è pur vero che i musulmani del
XXI secolo possono beneficiare di un ampio accesso agli insegnamenti confessionali, ciò non esclude
del tutto il rischio di un vero e proprio naufragio comunicativo nell’oceano informativo coestensivo al
cyber spazio.
In ogni caso, superando gli squilibri di genere e promuovendo la diversità culturale e linguistica,
le TIC – e la connettività digitale in genere – possono contribuire a una società musulmana inclusiva.
Del resto, questo orizzonte di possibilità si pone in chiara sintonia con i principi di solidarietà,
inclusione, partecipazione e responsabilizzazione enunciati nel DDRP. Come ricordato dalla
Dichiarazione dell'UE e sostenuto anche da alcuni giurisperiti islamici, questo obiettivo può tuttavia
essere raggiunto solo a patto di evitare la disinformazione, al contempo garantendo veridicità e
autenticità del materiale disponibile in rete.
3.2 Consulenze islamiche virtuali
Una seconda area che – analogamente all’ambito della ‘fede’ – potrebbe essere influenzata dalla
mercificazione, è la giurisconsulenza religiosa virtualmente fornita attraverso le TIC. Ben
esemplificando la tensione tra legge vivente38 (dal basso) e legge dottrinale (dall’alto),39 il cosiddetto ecounselling ha presto incarnato una delle principali preoccupazioni della comunità musulmana globale.40
In effetti, l’impatto della tecnologia moderna sull'islām è particolarmente significativo in relazione al
processo chiamato iftā'; il riferimento è all’atto di emanazione una fatwā, ossia un parere legale formale
emesso da un’autorità religiosa che agisce in veste di muftī.41
Storicamente, le fatāwā42 venivano pronunciate da una varietà di fonti operanti in qualità di muftī43
su richiesta di un giudice o di un privato cittadino. La rapida evoluzione dei mezzi di comunicazione
di massa e delle tecnologie digitali ha poi reso ampiamente disponibile la consulenza giuridica conforme
alla sharīʿah. Il processo iniziò con una più ampia diffusione di fatāwā rilasciate via radio o in
televisione.44 In tempi più recenti, Internet, le piattaforme social media e le applicazioni per telefoni
cellulari e tablets hanno ulteriormente promosso la proliferazione di raccomandazioni e risoluzioni e
pareri legali islamici, al contempo estendendo il potenziale pubblico dei cosiddetti ‘muftī virtuali’45.
Situate all'intersezione tra legge islamica, religione e tecnologia, le fatāwā disponibili in Internet
Sui processi di trasformazione e adattamento messi in atto dalle autorità negli ambienti islamici cibernetici, si veda Bunt
(2018). Sugli aspetti positivi e negativi della presenza sciaraitica in rete si veda inter alia D’Arienzo (2019).
38
Per una definizione dell'espressione "diritto vivente", si vedano Ehrlich e Isaacs (1922) commentati anche da Tamanaha
(2011). Per quanto concerne il dibattito tra law in books e law in action, si veda Pound (1910 e 1912).
39
Questa lettura è stata suggerita da Sardar Ali (2010); la quale, a p.340, chiarisce che ‘la tensione è tra la legge dottrinale
dall’"alto" (attraverso le procedure formalizzate dello Stato e del legislatore) e la "legge vivente" dal "basso" (attraverso 'urf,
ta'amul e adah, cioè la pratica coerente dei popoli e delle comunità)’.
40
Si veda inter alia, Chawki (2010).
41
A volte si usa anche il termine futyā; questa istituzione è simile allo jus respondendi tipico del diritto romano. Per ulteriori
dettagli si veda inter alia, Messick (2012), Tyan e Walsh (2012). Utilizzano la semplificazione d’uso comune, il vocabolo
Arabo muftī viene utilizzato sia nella coniugazione al singolare che al plurale.
42
Plurale della parola Araba fatwā; vedasi la nota precedente.
43
Ad esempio, da un funzionario statuale, un erudito, o un giurisperito.
44
Ciò avvenne, in particolare, nei paesi a maggioranza musulmana nel corso degli anni 1960-1970. Si vedano inter alia, Gräf
(2012), Miladi, Karim e Athambawa (2017).
45
Si veda infra il paragrafo 2.1.
37
CALUMET – intercultural law and humanities review
213
sono state descritte come un’arma a doppio taglio.46 Da un lato, l’ampia e immediata accessibilità di
pareri legali formali in rete riduce restrizioni e vincoli geografici; dall’altro, questioni possono essere
sollevate in merito all’affidabilità dei responsa emessi nonché alle competenze e qualifiche dei giurisperiti
digitali. In particolare, sono stati rilevati aspetti problematici – etici, morali e religiosi – in relazione
all’operato dei cosiddetti ‘Internet muftī’ e dei ‘Google shaykh’. In secondo luogo, la circostanza che
risoluzioni, raccomandazioni e pareri legali islamici possano essere emessi in lingue diverse – o
facilmente riformulati affidandosi a strumenti di traduzione disponibili online (molto spesso basati su
meccanismi
IA) – può ulteriormente offuscare l’essenza dei responsa sciaraitici disponibili nel world-wide-web.47
Un’inquietudine diffusa affiora anche in relazione agli attori religiosi che emettono fatāwā
rendendole disponibili sul web o sulle piattaforme social. Lo spettro di un’anarchia informativa si è
quindi palesato unitamente ai dubbi concernenti le competenze e le qualifiche, di per sé non
verificabili, dei cyber muftī. Tutto ciò sembrerebbe conferire plausibilità ai dubbi di quanti segnalano il
rischio connesso a un uso pervasivo di Internet e alla possibilità che le attività in rete rendano ineffettivi,
o comunque vulnerabili, concetti storici di legittimità come quelli relativi alle prerogative
tradizionalmente detenute dagli organi statuali e dalle autorità religiose.48
Nel tentativo di ovviare a queste dinamiche – per dir così – difettive, la transizione digitale è stata
affrontata da alcuni paesi a maggioranza musulmana ricorrendo al processo di burocratizzazione
dell’islām; 49 nel caso specifico, le risposte online sono state talvolta istituzionalizzate con la nomina
ufficiale di muftī certificati. Un altro tentativo di limitare alcune insidie insite nella creazione di un ‘islām
fai-da-te’ è stato rappresentato dall’attento esame incrociato dei contenuti disponibili sul web combinato
con un’accurata verifica delle credenziali dei giurisperiti coinvolti nei processi di iftā' 50.
Le inquietudini adesso segnalate, e che potremmo definire interne, si intrecciano con ulteriori
aspetti problematici di tipica valenza esterna. In particolare, è stato posto in evidenza che non
musulmani e non credenti potrebbero strumentalizzare i meccanismi di emissione in rete delle fatāwā.51
In realtà, quando si guarda specificamente a comunità religiose e gruppi etnoculturali, spesso scatta un
segnale dall’allarme concernete attitudini potenzialmente discriminatorie. Sovviene alla mente, ad
esempio, la controversia scaturita in merito al (possibile) accomodamento (ragionevole) della sharīʿah
all’interno dei paesi occidentali. In quel contesto, i siti web utilizzati da moschee e fedeli musulmani
sono stati duramente criticati nella misura in cui potevano essere consigliate azioni ritenute ‘illegali’ e
trasgressioni agli standard posti dai diritti umani52. Da quel momento in poi, la consulenza islamica
accessibile in rete è stata dipinta come un metodo che promuovere sistemi normativi dicotomici,
potenzialmente contrastanti con diritti e libertà individuali.53
In aggiunta alla credibilità e professionalità dei giurisperiti virtuali che emettono online pareri e
Cf. Black e Black (2018: 239-263) anche in relazione al concetto riportato nella frase successiva.
Vedasi la nota 34 e infra il paragrafo 6.2.
48
In questo senso, Sardar Ali (2010: 338-360).
49
In quanto tale, la burocratizzazione diventa un fenomeno che informa le dinamiche del cambiamento socio-giuridico
insieme alle trasformazioni dei vari significati e significanti dell’islām in diversi stati e nelle società. Si veda Müller (2018:
212-247); un esempio è presentato infra nel paragrafo 5.
50
Questo fenomeno è documentato in tutto il mondo; si veda ad esempio lo studio di Whyte (2022).
51
Un’illustrazione concernente un paese a maggioranza musulmana si trova in Al-Kandari e Dashti (2014: 127-144).
52
Ad esempio, da MacEoin (2009: 70). Cf. anche l'App ‘Euro Fawta’ infra nel paragrafo 6.2.
53
Si veda inter alia, MacEoin (2009: 73 e 74-127).
46
47
CALUMET – intercultural law and humanities review
214
linee guida (presuntivamente) conformi alla sharīʿah, esiste un altro potenziale aspetto problematico. La
variegata offerta di consulenza islamica in rete, unita ad un’accessibilità attualmente diffusa, può in
effetti risultare nel fenomeno del fatwā-shopping. In piena autonomia, utenti anonimi possono
scandagliare il web alla ricerca di pareri legali islamici, risoluzioni e raccomandazioni (a loro avviso)
calzanti,54 e questo potrebbe promuovere disinformazione e convertirsi persino in populismo religioso.
Per di più, giurisperiti abili nel fare ricorso alle tecnologie di comunicazione alternative, potrebbero
adottare una sorta di ‘schema di opinioni’ nel fornire indicazioni e pareri legali islamici formali,55
oppure potrebbero favorire alcuni argomenti (ed interpretazioni) rispetto ad altri. In tal senso, nell'era
digitale, il processo di iftā' può effettivamente essere messo in discussione, se non pure ‘alterato’,
dall’utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione di massa. La questione spinosa resta garantire un'ampia
accessibilità, frattanto tutelando l'efficienza e la qualità delle consulenze sciaraitiche, secondo
dinamiche non differenti da quanto auspicato dalle riforme della cyber giustizia europea.56
Un ulteriore aspetto merita di essere menzionato. Abbracciando una prospettiva di genere, si
evince che le dinamiche descritte possano riguardare in modo particolare le donne musulmane. Coloro
le quali risiedono in paesi europei, ad esempio, possono beneficiare del ‘velo’ offerto dalla rete per
sollevare questioni che non sarebbero altrimenti a proprio agio nel porre durante incontri vis-à-vis con
figure religiose tradizionali, soprattutto in contesti occidentali minoritari.57 Traendo vantaggio dagli
ambienti cyber islamici, figure religiose femminili di spicco58 possono inoltre affrontare più facilmente
dotti e giurisperiti conservatori; 59 contribuendo attivamente ai blog e ai forum online, le donne
musulmane in genere possono poi rinegoziare alcuni ruoli tradizionali.60
In rete, affiorano pertanto nuovi spazi di contestazione religiosa. Potremmo dire che, favorendo
scenari contro-egemonici, Internet mostra un ricco potenziale nel far riformulare e riconfigurare il fiqh61
anche in questioni delicate come l’asimmetria di genere.62 A questo proposito, il mondo musulmano
sembra fare eco al DDPR europeo (capitolo II), laddove questo sostiene che la trasformazione digitale
implica un aspetto sociale espresso dall’imperativo del ‘non lasciare indietro nessuno’, anche attraverso
il raggiungimento e il mantenimento di equilibri di genere.
4. Intelligenza artificiale antropocentrica e cyber giustizia
Un cambiamento di paradigma cruciale riguarda specificamente il settore giuridico, in forma sia di
justice-delivery, sia di juris-consultancy. In realtà, sistemi giudiziari efficienti e produttivi implicano
È il caso, ad esempio, dei genitori intenzionali musulmani sunniti che si affidano a fatāwā emesse da autorità religiose
sciite per sottoporsi a tecniche eterologhe di procreazione medicalmente assistita che ricorrono all’apporto di terze parti
come donatori di gameti. Cf. Sona (2019 e 2020).
55
Come evidenziato, tra gli altri, da Ali e Ali (2014).
56
Vedasi infra il paragrafo 4.
57
In base a quanto chiarito da Sardar Ali (2010). Si veda anche il paragrafo 6.
58
Per un'introduzione alle questioni chiave emergenti si vedano Bano e Kalmbach (2012) e anche Calderini (2021).
59
Un'illustrazione si trova in Karam (1997: 19-28).
60
In merito, è interessante l’analisi sul concetto di ʿawrah proposta da Damir-Geilsdorf e Tramontini (2015).
61
Il termine fiqh si riferisce alla conoscenza religiosa, in particolare alla conoscenza della legge islamica come derivata dal
ragionamento giuridico; il termine faqīh (pl. fuqahāʾ) identifica chi possiede tale conoscenza. Vedasi supra la nota 4.
62
Ad esempio, si veda l’analisi di Ismail e Seedat (2017: 95-124).
54
CALUMET – intercultural law and humanities review
215
l’esistenza di componenti critici, quali meccanismi abilitati, potenziati e supportati dal digitale.63 In
particolare, risulta ormai evidente che l’impegno dei governi nel migliorare l’accesso, nonché l'efficienza
e la qualità della giustizia debba oggi essere corroborato dal ricorso, sempre maggiore, alla tecnologia.
Di conseguenza, alcuni paesi occidentali – tra i quali, il Canada, gli Stati Uniti e il Regno Unito –
avendo conseguito risultati particolarmente promettenti nel soddisfare le aspettative dei propri
cittadini, vengono spesso descritti come modelli da imitare nel processo di digitalizzazione legale e
giuridica.64
In Europa, la promozione di una giustizia più efficiente attraverso il supporto tecnologico procede
senza indugio. Il processo avviato nel 2016 con l’adozione delle linee guida sulla cyber giustizia – in
occasione della XXVIII riunione della Commissione europea per l’efficienza della giustizia (CEPEJ) –65
venne seguito, due anni più tardi, dall’approvazione della prima Carta etica europea sull’utilizzo
dell'intelligenza artificiale nei sistemi giudiziari. 66 Nel 2021, vennero poi sviluppati due ulteriori
strumenti; trattasi delle linee guida concernenti il ricorso allo strumento delle videoconferenze nei
procedimenti giudiziari,67 in aggiunta a quelle relative al deposito telematico (il cosiddetto electronic
filing) e alla digitalizzazione dei tribunali e delle corti.68 Le fasi successive di questa transizione sono
rappresentate dalle istruzioni recentemente pubblicate in merito alle aste giudiziarie telematiche e i
meccanismi di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) online.69
In sintonia con l’accelerazione della transizione cibernetica, il Gruppo di lavoro sulla cyber
giustizia e l'IA della CEPEJ venne inoltre incaricato di sviluppare strumenti volti a fornire un quadro
di riferimento per migliorare l’efficienza e la qualità della giustizia, tutelando al contempo Stati membri
e attori pubblici e privati che intendano creare o fare ricorso alle TIC e all’IA.70 La crescente importanza
di quest’ultima, in particolare, fa si che un’intelligenza artificiale antropocentrica e affidabile – ossia
lecita, etica e robusta – venga oggi considerata una pietra miliare nel ‘rendere l'Europa adatta all'era
digitale’.
Sebbene i sistemi di IA debbano soddisfare sette requisiti per essere considerati degni di fiducia,71
la Commissione ha individuato la cosiddetta ‘ancora di fiducia’ dell’IA nella definizione di un nuovo
Come chiarito, inter alia, da TRI (2023).
In questo senso, vedasi Hartung, Brunnader, Veith, Plog e Wolters (2022).
65
CEPEJ (2016 e 2017). La XXXII riunione plenaria della CEPEJ (2019) poi adottò un kit di strumenti per supportare
l'attuazione delle Linee guida sul cambiamento verso la giustizia cibernetica. In questa sede, è utile ricordare che la CEPEJ
venne istituita nel 2002 (Risoluzione del Comitato dei Ministri, Res (2002) 12 dal Consiglio d'Europa, un'organizzazione
internazionale i cui membri includono gli Stati membri dell'UE oltre ad altri 19 Stati
(htts://rm.coe.int/09000016804ddb99 ; 05.06.2024). Attualmente, la CEPEJ è composta da esperti provenienti da tutti i
46 Stati membri del Consiglio d'Europa; lo status di osservatore è concesso ad alcuni Stati - Santa Sede, Canada, Giappone,
Messico, Stati Uniti, Guatemala, Israele, Kazakistan, Marocco, Tunisia - oltre che ad alcune organizzazioni internazionali
(come l'UE) insieme alle istituzioni che rappresentano i professionisti del settore giudiziario e i partner
(https://www.coe.int/en/web/cepej/about-cepej; 05.06.2024).
66
CEPEJ (2018); carta adottata durante la XXXI riunione plenaria della CEPEJ tenutasi a Strasburgo il 03-04.12.2018.
67
CEPEJ (2021a e 2021z).
68
CEPEJ (2021b); documento è adottato durante la XXXVII riunione plenaria della CEPEJ, Strasburgo e online, 0809.12.2021.
69
Vedasi rispettivamente CEPEJ (2023a e 2023b).
70
CEPEJ (2021b: 3).
71
Si tratta di azione e sorveglianza umane; robustezza tecnica e sicurezza; riservatezza e governance dei dati; trasparenza;
diversità, non discriminazione ed equità; benessere sociale e ambientale; responsabilità. Vedasi HLEGAI (2019).
63
64
CALUMET – intercultural law and humanities review
216
standard globale – come istituito dal GDPR – incentrato sui diritti degli individui che riflettano i valori
europei.72 In modo analogo, il solido quadro normativo dell'UE – fondato “sui valori del rispetto della
dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei
diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze” – è stato ritenuto propedeutico
nel fare emergere sulla scena mondiale il paradigma etico europeo altresì teso a costruire consenso in
merito a un'IA antropocentrica.73 Lo stesso vocabolario è ripreso nel DDRP, che presenta l’UE come
un’unione che mette al centro i valori sopra elencati in aggiunta ai “valori indivisibili e universali della
dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà”74.
Sull’onda di tali posizioni universalistiche e della rapida evoluzione digitale all’interno panorama
globale nel suo complesso, il processo di sviluppo e regolamentazione dell’intelligenza artificiale
procede rapidamente in Europa con il dichiarato intento di risolvere alcune tra le principali ‘sfide
chiave’ per la società. 75 Diviene dunque imprescindibile una trasformazione digitale profonda e
significativa, che dovrebbe essere promossa ricorrendo alle TIC e all’IA, pur mantenendo un approccio
decisamente incentrato sull’individuo. Alla luce dell’auspicata portata universalistica, una questione
centrale concerne la traducibilità di tale concezione di intelligenza artificiale. Pensando al mondo
musulmano, ad esempio, ci si potrebbe domandare se la sopra esaminata serie di criteri di base possa
fornire una risposta calzante rispetto anche ai contesti cibernetici islamici e al tempo stesso essere in
sintonia con i membri della Ummah virtuale che fanno ricorso alla tecnologia in misura sempre
maggiore.
5. Robotica e intelligenza artificiale – Posizioni a confronto
Nella sfera della giurisprudenza e della consulenza legale, il processo di intensificazione del ricorso alle
tecnologie digitali ha promosso due obiettivi principali. Un uso più ampio dell’intelligenza artificiale
nei servizi di ricerca trasversale tra fonti giuridiche76 è andato di pari passo con lo sviluppo dei cosiddetti
‘avvocati robot’, ossia programmi software di IA (non) autonomi che svolgono compiti tradizionalmente
esplicati da consulenti e studi legali. Mentre i servizi di ricerca possono assistere i professionisti del
diritto nella stesura di contratti, nell’analisi e nella ricerca giuridica; i secondi operano in assenza di
Ciò è stato fatto, ad esempio, dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR), Regolamento (UE) 2016/679,
come chiarito dalla CE, Piano coordinato sull'intelligenza artificiale, COM (2018) 795 definitivo. Per quanto concerne le
implicazioni della profilazione algoritmica – qualificata dal GDPR come ‘tecnica automatizzata’ – in merito alla raccolta,
alla condivisione e alla gestione dei dati confessionali, vedasi Mobilio (2023).
73
CE, Creare fiducia nell'intelligenza artificiale antropocentrica, COM (2019) 168 final, dove la Commissione chiarisce
ulteriormente che "[q]uesti valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non
discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini. Inoltre, la Carta dei
diritti fondamentali dell'UE raccoglie in un unico testo tutti i diritti personali, civici, politici, economici e sociali delle
persone all'interno dell'UE” (paragrafo 2).
74
Vedasi supra la nota 15; DDRP, Preambolo No. 1. Cf. anche art. 2, Versione consolidata del trattato sull'Unione Europea
e del trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, 13.12.2007, in GU C 202 del 7.6.2016, 1-388, 2016/C 202/01;
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in GU C 326 del 26.10.2012, 391-407, 2000/C 364/1.
75
In base quanto sottolineato dalla CE, Revisione del 2021 piano coordinato sull'intelligenza artificiale, COM (2021) 205 final
and COM (2021) 205 final Annex.
76
Come, ad esempio, i servizi offerti da Westlaw e Lexis Advance.
72
CALUMET – intercultural law and humanities review
217
supervisione umana (esperta), agendo quindi come veri e propri ‘cyber avvocati’77. Ciò fa sì che non
poche criticità vengano denunciate in merito al potenziale ricorso a questi strumenti in termini di
responsabilità e di esercizio non autorizzato della professione.78 Tutto ciò, a ben vedere, non differisce
molto dalle questioni etiche implicite nell’utilizzo delle consulenze sciaraitiche virtuali (ossia l’ecounselling) e della cyber giurisconsulenza (la cosiddetta jurisconsultancy) islamica.79
Nel mondo occidentale, l’IA viene applicata principalmente a tre potenziali scenari conflittuali:
si tratta della prevenzione, della gestione e della risoluzione delle controversie.80 Attenzione specifica è
stata recentemente prestata a quest’ultimo, ossia alle ‘procedure organizzate’ di giudizio e d’attribuzione
di diritti e obblighi tra due o più parti.81 Un emblematico caso di studio e di dibattito riguarda per
l’appunto uno dei due meccanismi di risoluzione delle controversie – LISA e DoNotPay – che si
autodefiniscono entrambi come “il primo avvocato robotico (imparziale) al mondo”. 82
All’interno della contemporanea e sempre più digitalizzata cornice globale, il timore che l’IA
possa sostituirsi ai professionisti del diritto viene messo in sordina, favorendo invece una lettura del
fenomeno che raccomanda a giudici, legali e notai di trarre vantaggio dalle nuove tecnologie
cooperando con le ‘macchine intelligenti’ in modo da migliorare i servizi offerti al pubblico.83 Rimane
tuttavia aperta la questione concernente la possibile sostituzione della magistratura da parte dell’IA
anche se, al momento, l’intelligenza artificiale può semplicemente supportare il processo decisionale,
ad esempio producendo modelli di pareri giuridici o bozze di giudizio.84
Notevole enfasi viene pertanto posta sull’eventualità che il ricorso alle tecnologie digitali possa
facilitare l’accesso alla giustizia, rafforzare lo Stato di diritto e migliorare la trasparenza del processo
decisionale. Ciononostante, la possibilità di affidarsi all’IA e alla robotica senza compromettere i diritti
Per ulteriori dettagli, si veda Loy (2022: 951-972). Per alcuni esempi di programmi di IA rivolti al settore legale, si vedano
Battle, Berkowitz e Lewis (2018), Lozada-Pimiento (2019), oltre a Xu e Wang (2019). Per un’introduzione più ampia e
generale delle dinamiche emergenti, cf. Susskind (2023).
78
Per quanto riguarda questioni etiche sollevate relativamente ad avvocati e giudici, si veda Schaefer (2019: 221-235).
Attenzione merita inoltre Loy (2022), il quale chiarisce che gli avvocati robotici dovrebbero essere considerati legalmente
responsabili delle proprie azioni e pertanto essere sottoposti alle norme in merito a negligenza e negligenza professionale
che regolano i professionisti ‘umani’.
79
Vedasi supra il paragrafo 3.2.
80
Nel primo caso, vedasi Siarelis; nel secondo, Settify, The Persiader e Family Winner. Nel terzo, possono essere citati ODR,
LISA, ROSS e DoNotPay.
81
Ciò implica che la risoluzione delle controversie non dipenda dall'intervento di un giudice o di un terzo soggetto; la
procedura potrebbe essere gestita dalle parti stesse, soprattutto in caso di trattative dirette, transazioni commerciali e
consulenze legali - come suggerito da Lozada-Pimiento (2019).
82
L'ultimo è un chat-bot che offre un software di intelligenza artificiale per fornire assistenza in caso di contenziosi
(https://robotlawyerlisa.com; 05.06.2024). Il sito web DoNotPay (https://donotpay.com/about/; 05.06.2024)
originariamente supportava cittadini privati nella gestione della burocrazia necessaria per fare ricorso contro le multe per
divieto di sosta. Oggi, l’offerta è più ampia: DoNotPay si affida all'IA nel supportare i consumatori a “combattere contro”
le grandi aziende; l’obiettivo dichiarato consiste nel rendere informazioni giuridico-legali accessibili a chiunque
(https://donotpay.com/about/ ; 05.06.2024).
83
Questo concetto è elaborato, tra gli altri, da Markovic (2019). Se, da un lato, gli avvocati robotici che utilizzano l’IA
possono sostituire gli “avvocati in carne ed ossa” nella raccolta dei dati, nonché nell’anlisi e nella previsione dei casi, la
pratica del diritto richiede alcuni aspetti che sono padroneggiati in modo unico dagli esseri umani – come la capacità di
sforzo intuitivo, l'empatia, la creatività, la capacità di negoziazione in aggiunta ad alcuni aspetti prettamente psicologici come chiarito dall’analisi di Xu e Wang (2019).
84
Per lo meno, questa sembra essere l’ipotesi avanzata da Sourdin (2021: 283-284); la quale sottolinea, tuttavia, che la
completa sostituzione dei giudici sia teoricamente non impossibile.
77
CALUMET – intercultural law and humanities review
218
e le garanzie dei cittadini 85 – come sanciti dai principi di sicurezza, incolumità e libertà di scelta
incardinati del DDPR (capitoli III e V) – non è questione che possa essere sottovalutata.
In modo analogo, l’impatto trasformativo della digitalizzazione e delle nuove tecnologie è
dibattuto in modo crescente anche nel mondo musulmano, dove il punto di riferimento ultimo è
rappresentato dalla conformità ai principi sciaraitici e all’etica islamica. È stata quindi sottolineata la
necessità di emanare linee guida puntuali, volte a creare nuova consapevolezza e, al tempo stesso, a
educare i fedeli; più specificamente, un ‘quadro etico olistico dell’IA basato sulle virtù islamiche’ è stato
presentato come sistema etico alternativo per la governance dell’intelligenza artificiale. 86 Altrimenti
detto, sembra sostenersi che l’IA possa comunque essere integrata in un modello di sistema di governance
conforme alla sharīʿah fondato sui propositi, le intenzioni e gli obiettivi che sono alla base delle norme
di diritto islamico (maqāṣid)87.
L’IA e simili tecnologie devono inoltre essere utilizzate tenendo ben presenti tre principi
sciaraitici cardinali, ossia: garantire benessere e armonia, promuovere il bene pubblico e non arrecare
danni agli individui e alla società nel suo complesso.88 Nel mondo musulmano, esplicita enfasi è posta
pertanto sull’approccio antropocentrico, prestando attenzione puntuale e specifica al benessere sia
sociale sia ambientale – in modo analogo a quanto sostenuto dalla CEPEJ e dal DDRP (capitolo III).
Il potenziale ricorso all’utilizzo dell’IA – compreso lo sviluppo di chat-bot – è stato esplorato
principalmente in relazione alla finanza e alle banche islamiche.89 Tuttavia questa è solo una delle
quattro aree – che includono anche il pellegrinaggio, il Corano e le fatāwā – oggetto di attento studio
da parte dei giurisperiti islamici.90 Se la possibilità di fare affidamento ad alcune forme di AI robotica
– come quelle tese alla cura dell’individuo secondo declinazioni assistenziali – è stata affrontata solo di
recente, 91 il settore della jurisconsultancy islamica si comunque è dimostrato particolarmente vivace.
Variegati approcci a robotica e AI sono stati avanzati dai dotti di diritto islamico, mentre tecnologie
pionieristiche hanno mosso i primi significativi passi nel settore della cyber giustizia, incluse la
consulenza sciaraitica virtuale e la giurisprudenza islamica.
È utile sottolineare, a tal proposito, che già diciassette anni fa venne sviluppato un modello
computazionale di ragionamento basato sui casi (CBR) e concepito come supporto per i muftī
nell'emissione di autorevoli pareri legali.92 El Bayane venne descritto come “un sistema che organizza la
A titolo esemplificativo, nel marzo 2023 il Garante per la protezione dei dati personali avviò un'azione legale contro Open
AI
in
merito
al
servizio
Chat
GPT
(Generative
Pre-trained
Transformer);
si
veda
https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9870847 (05.06.2024). Pochi giorni prima, un
gruppo di esperti di IA e di dirigenti dell'industria aveva avanzato una richiesta, ossia una pausa nello sviluppo di potenti
sistemi di IA, poiché sistemi con intelligenza competitiva umana potrebbero comportare rischi profondi per la società e
l'umanità nel suo complesso (https://futureoflife.org/open-letter/pause-giant-ai-experiments/; 05.06.2024).
86
Anche per quanto riguarda la frase successiva, si vedano Raquib, Channa, Zubair e Qadir (2022).
87
Vedasi inter alia, Shamdi, Lai, Aziz e Anshari (2022). Per una definizione, si veda Kamali (1999).
88
Uno studio preliminare è offerto da Nawi, Yaakob, Ren, Khamis e (2021).
89
Ad esempio, vedasi le analisi di Polat, Khan e Bashir (2022: 273-287) e Khan e Rabbani (2021: 65-77).
90
Singer (2021: 279-301) suggerisce questa classificazione analizzando i pareri legali emessi da Islamweb.net.
91
Ad esempio, da Mahamood, Fikry, Hamzah, Khalid, Bhari e Rosyad (2023). È bene sottolineare che, a differenza di altre
confessioni religiose, il fiqh islamico prescrive che gli umanoidi non possano assomigliare agli esseri umani ‘in termini di
forma di vita’. Per un confronto con l'uso di umanoidi e delle cosiddette Social Assistive Robotics in altre confessioni religiose
e la possibilità che la robotica cognitiva crei ‘nuovi attori sociali’, si veda Pacillo, (2021: 71-77). Sull’antropoformizzazione
dell’AI, vedasi anche Al-Kassimi (2023: 1-26).
92
Modello presentato da Nouaouria, Atil, Laskri, Bouyaya e Amari (2006).
85
CALUMET – intercultural law and humanities review
219
sua conoscenza in casi”, che sono a loro volta raccolti in una memoria chiamata case-base. Eseguendo
un processo di inferenza, il sistema identifica e utilizza, di volta in volta, non solo la fatwā più appropriata
ma anche le argomentazioni connesse. Questo modello computazionale vanta un obiettivo esplicito:
emettere fatāwā per nuove situazioni utilizzando le fatāwā pronunciate dai giurisperiti islamici in
situazioni passate. Come chiarito dagli sviluppatori, El Bayane non genera i responsa dal nulla, piuttosto
riutilizza fatāwā conosciute e, così facendo, di fatto “imita un'imām” o, meglio, un muftī. Non è quindi
privo di plausibilità ipotizzare che tale tecnologia possa mettere in discussione i ruoli tradizionali e
l’operato dei dotti e dei giurisperiti islamici, secondo una dinamica affatto dissimile a quanto accaduto
nel mondo occidentale in seguito al lancio degli ‘avvocati robotici’ e dei ‘giudici artificiali’ – come
discusso in precedenza.
Il passo successivo nel sempre più ampio utilizzo dell'IA in ambienti cyber islamici – e
specificamente nel processo di iftā' – è stato rappresentato da un altro modello tecnologico, ossia il
ragionamento basato su casi testuali (TCBR). Nell’intento di soddisfare le esigenze espresse dai credenti
musulmani, venne elaborato un sistema intelligente di risposta alle domande (QA). Le richieste di fatāwā
avanzate dagli utenti venivano quindi soddisfatte fornendo domande semanticamente più vicine a
quelle a cui si era risposto in precedenza.93 In questo caso, il focus s’incentrava nell’istiftā’, ossia sulle
domande poste dai fedeli musulmani.
Più recentemente, è stato ideato un sistema di QA per il reperimento delle fatāwā. Esso combina
un paradigma di ragionamento basato sui casi (case-based reasoning) con l’informatica calibrata
sull’ontologia (ontology-based computing). Tale ‘sistema ontologico’ di risposta ai quesiti è stato sviluppato
con l’obiettivo dichiarato di facilitare il Gran Muftī incaricato di emettere pareri legali formali per la
Algerian Fatawa House. 94 Di là dalla sua intrinseca complessità, questo modello merita specifica
attenzione poiché risulta emblematico nel mostrare come una risposta istituzionalizzata alla
digitalizzazione possa essere attuata, anziché osteggiando il progresso tecnologico, promuovendo invece
l’uso dell'IA da parte di giurisperiti islamici incardinati nelle strutture statuali, contribuendo così a
promuovere il processo di burocratizzazione islamica.95.
Gli esempi sopra esposti evidenziano come le tecnologie digitali di ultima generazione possano
favorire lo sviluppo di programmi software che supportino – e persino imitino – la jurisconsultancy dei
dotti islamici. È tuttavia fondamentale che l’AI non esegua l'iğtihād 96: l’esperto di diritto islamico e
musulmano può, in effetti, essere meramente supportato nell’esperimento delle proprie funzioni
dottrinali e mai sostituto.97 Un criterio analogo caratterizza le procedure ADR conformi alla sharīʿah:
l'IA può facilitare l'arbitrato (taḥkīm) ma una macchina-arbitro (virtuale) non può legittimamente
Secondo Elhalwany, Mohammed, Wassif e Hefny (2015).
In base a quanto chiarito da Keltoum, Laboudi, Nouaouria e Zegour (2021: 980-992).
95
Si vedano supra il paragrafo 3.2 e la nota 49.
96
Letteralmente, la parola iğtihād significa ‘sforzo’. Quando si abbraccia la prospettiva del diritto islamico e musulmano,
questo termine identifica l'uso del ragionamento (individuale, secondo alcuni; analogico, secondo altri) da parte di un
esperto (il muğtahid) nell'interpretazione dei principi fondamentali della legge islamica, al fine di formare un'opinione in
un caso o per trovare una soluzione a una questione legale. Guardando ad un’accezione più ampia del termine – e in
relazione al mondo musulmano sunnita – parte della dottrina, ha posto enfasi sul cosiddetto fenomeno della ‘chiusura della
porta dell’interpretazione’ (ad esempio, come descritta da Schacht, 1995: 73-79); questa visione è tuttavia stata ampiamente
criticata. Vedasi, tra gli altri, Watt (1974) e Hallaq (1984).
97
In merito a questo aspetto cruciale, vedasi inter alia Bashir (2021).
93
94
CALUMET – intercultural law and humanities review
220
sostituire un arbitro in carne e ossa. 98
Da quanto osservato sin qui, sembrerebbe potersi concludere che, nel modo musulmano, l’IA sia
percepita come uno strumento a supporto dell’individuo nell’espletare le proprie attività quotidiane.
Ciò nondimeno, la tecnologia può contribuire integrando – e mai sostituendo – il ruolo e il sapere
dell’esperto di diritto islamico e musulmano. Nel futuro digitale prossimo e venturo, è pertanto
essenziale che le nuove tecnologie lavorino in sinergia e collaborino in modo propositivo, sia con i
giurisperiti islamici sia con i professionisti del diritto occidentale. In linea con il DDPR europeo
(capitolo III) l’IA è, per l’appunto, tesa a divenire uno ‘strumento per le persone’. Essa deve quindi
essere utilizzata in modo etico e antropocentrico anche quando si abbracci una prospettiva conforme
alla sharīʿah.
6. L’islām europeo cibernetico
Nel processo di orientamento informatico e telematico dello spazio pubblico digitale, tre aree sono
principalmente interessate dal ‘cambio di paradigma digitale’: si tratta della documentazione,99 delle
procedure,100 e della pubblicità. Nel campo del diritto e della consulenza (legale e giuridica), l’ondata
di trasformazione digitale investe procedimenti, decisioni e dati giudiziari in forma di disponibilità
pubblica (online) di materiale rilevante, 101 in aggiunta a meccanismi automatizzati di risoluzione
(alternativa) delle controversie e a strumenti che supportano e/o forniscono e-counselling e decisioni
predittive.
Le medesime aree sono interessate anche nel mondo del diritto islamico e musulmano, laddove
una transizione cibernetica accelerata influisce su organismi e istituzioni, di fatto promuovendo una
rapida espansione dell’assistenza offerta ai fedeli in forma digitale. Nel panorama europeo, emblematico
risulta essere il caso del Consiglio europeo per la fatwā e la ricerca (CEFR). Autodefinitosi come “un
organismo islamico indipendente e specializzato che comprende un gruppo di dotti e giurisperiti”, il
CEFR si fa carico “della pubblicazione di studi e pareri legali islamici in merito a questioni concernenti
– direttamente o indirettamente – i musulmani in Europa”102. Il Consiglio risponde quindi a esigenze
specifiche e puntuali, così come espresse dai musulmani europei, elaborando la cosiddetta
“giurisprudenza islamica per le minoranze musulmane”103 attraverso la produzione e la diffusione di
“consigli religiosi contestualizzati”104. Tra le attività proprie del Consiglio spicca l’iftā. Il CEFR emette
fatāwā – in modo collettivo – finalizzate a soddisfare le esigenze dei musulmani europei, a risolvere
Ad esempio, è stato suggerito che l'IA possa redigere dei lodi arbitrali quando un ‘arbitro umano’ fornisca le motivazioni
a sostegno dello stesso. In questo senso, Hussain, Labanieh, Mahdzir, Sulaiman e Bawazir (2023: 95-122). Non sono ancora
stati emessi pareri islamici sull'uso dell'ADR online come recentemente regolamentato dalla CEPEJ; si vedano supra il
paragrafo 4 e la nota 69.
99
Ad esempio, l'electronic filing e il cloud storage.
100
Come la partecipazione da remoto e le videoconferenze telematiche.
101
Ad esempio, della giurisprudenza.
102
Si vedano rispettivamente gli articoli 1(1) e 6(1) del Regolamento interno del CEFR, disponibile online in lingua araba
all'indirizzo (05.06.2024) https://www.e-cf.org/اﻟﺪاﺧﻠﯿﺔ-اﻟﻼﺋﺤﺔ/ ).
103
Questo fa parte del cosiddetto fiqh al-aqalliyyāt, cioè la giurisprudenza per le minoranze. Si vedano inter alia, Hassan
(2013), Shavit (2015) e Zahalka (2017).
104
Secondo il vocabolario utilizzato da Caeiro (2011a-b), Alexandre e Gräf (2014).
98
CALUMET – intercultural law and humanities review
221
questioni specifiche e a facilitare l’interazione degli stessi con le società europee alla luce della sharīʿah105.
Operando in una “nuova giurisdizione locale” e assumendo un “sapore distintamente europeo”,106 il
Consiglio aspira all’integrazione dei fedeli musulmani nelle società d’Europa, proteggendo al contempo
le identità e le specificità musulmane. I responsa emessi dal CEFR sono in effetti indicativi dei due
obiettivi principali di questo organismo, ossia: facilitazione e proselitismo.107
Trattandosi della principale istituzione indipendente con sede in Europa occidentale108, e che
fornisce consulenza autorevole in merito a questioni sciaraitiche,109 è opportuno esaminare il processo
di costante ampliamento dell’offerta digitale intrapreso dal Consiglio. Se nei dieci anni passati si è
palesato un utilizzo esteso dei canali di comunicazione e delle piattaforme social media, negli ultimi
tempi la transizione virtuale del CEFR si è intensificata non solo con lo sviluppo di applicazioni mobili,
ma anche con la digitalizzazione di fonti e risorse, in forma sia scritta, sia verbale. La pandemia ha
ulteriormente accelerato il ricorso a nuove TIC: optando per sessioni ibride e conferenze telematiche,
il Consiglio ha al contempo stimolato connessioni transnazionali e facilitato discorsi globali sul web.
Proprio per questo motivo, le modalità secondo le quali il CEFR si è inserito negli ambienti cyber
islamici e ha gradualmente iniziato a padroneggiare nuove tecnologie digitali, meritano di essere
esplorate prestando particolare attenzione al ruolo di mediazione – tra i credenti musulmani e le
istituzioni europee – svolto da questo organismo.
6.1 Spazio pubblico digitale
La presenza del CEFR nello spazio pubblico digitale dipende principalmente da online media nonché da
canali e piattaforme di comunicazione.110 Il principale canale di comunicazione in rete del Consiglio è
il proprio sito web111; la presenza digitale del CEFR è tuttavia divenuta gradualmente e costantemente
più prominente,112 allineandosi con lo sviluppo tecnologico auspicato e promosso a livello europeo.
Art. 4(2), CEFR Statutory Foundation; disponible all’indirizzo https://www.e-cf.org/اﻟﻨﻈﺎم-اﻷﺳﺎﺳﻲ/ (05.06.2024).
Come chiarito rispettivamente da Larsen (2011) e Khan (2013).
107
Per ulteriori dettagli, vedasi inter alia Shavit e Zahalka (2014).
108
Karman (2011: 655-693) infatti descrive il CEFR come “uno dei più rinomati” e l'unico consiglio fiqh ‘sovranazionale’
in Europa.
109
Potremmo anche definirlo come Islamic jurisconsultancy.
110
Secondo i siti web del CEFR, il Consiglio europeo per la Fatwa e la ricerca attualmente divulga informazioni tramite
Facebook, X (giàTwitter), YouTube, Instagram.
111
Il sito web riporta dettagli su questo organismo islamico (ad esempio, l'elenco dei membri, la fondazione statutaria, i
regolamenti interni) e diverse fonti, tra cui le dichiarazioni finali delle sessioni del Consiglio; tuttavia, la versione inglese
del sito web del CEFR non è ricca e aggiornata come quella in lingua araba (https://www.e-cf.org/en/; https://www.ecf.org/; 05.06.2024).
112
A titolo esemplificativo, la pagina Facebook del CEFR venne creata nel giugno 2013 e conta oltre 85.000 follower
(www.fb.com/ecforg; https://www.facebook.com/ecforg/?ref=page_internal; 16.06.2024). Nell'agosto 2016, il CEFR si
iscrisse a Twitter (https://twitter.com/ecforg ; 23.04.2023), dove contava 410 follower. Un anno più tardi venne creato il
canale YouTube (https://www.youtube.com/@ecforg/featured; 16.06.2024), con 548 iscritti e 55 video. Come
ulteriormente confermato dalla pagina di riferimento per i social media del CEFR (accesso in data 23.04.2023), questa è poi
collegata alle piattaforme di comunicazione sopra elencate oltre a Telegram (https://t.me/ecforg), Linktree
(https://linktr.ee/ecf) GooglePlay (https://play.google.com/store/apps/details?id=com.ecfapp.eurofatwa); Apple Store
(https://apps.apple.com/us/app/euro-fatwa-app/id1459535227);
Apple
Podcasts
(https://podcasts.apple.com/tr/podcast/واﻟﺒﺤﻮث-ﻟﻺﻓﺘﺎء-اﻷوروﺑﻲ-اﻟﻤﺠﻠﺲ/id1642345118);
Google
Podcasts
105
106
CALUMET – intercultural law and humanities review
222
Gli obiettivi digitali dell’Agenda 2030, combinati con la pandemia di Coronavirus, hanno quindi
incentivato un uso più esteso delle TIC a livello istituzionale. Le attività del Consiglio sono state in
effetti fortemente influenzate, e infine trasformate, dall’emergenza sanitaria. Nel rispondere
prontamente alle richieste dei musulmani europei durante la crisi sanitaria mondiale e facendo seguito
alla definizione pandemica del Covid-19 da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, il CEFR
iniziò a tenere – per la prima volta dalla propria costituzione – riunioni a distanza, beneficiando della
tecnologia di rete.113 Nel marzo 2020, la XXX Sessione del Consiglio venne “convocata eccezionalmente
tramite la tecnologia di comunicazione Zoom”; un mese più tardi, il Consiglio tenne una sessione
telematica supplementare. Nel dicembre 2021, la XXXII Sessione fu convocata in modo analogo,
facendo affidamento alle tecnologie di rete che permisero la partecipazione da remoto dei giurisperiti.
Fu quindi necessario attendere il 2022 affinché la XXXIII Sessione potesse essere convocata, nel mese
di giugno, in Turchia “alla presenza della maggioranza dei suoi membri”114, analogamente a quanto
accaduto con la XXXIV Sessione.115
Nel frattempo, tuttavia, il formato di riunioni plenarie da remoto mediante collegamenti
telematici è stato ampiamente sdoganato dalle autorità religiose nel mondo musulmano. A titolo
illustrativo, si può pensare alla “Conferenza internazionale sui tempi”, che presto approvò riunioni
digitalizzate o in formato ibrido: la ‘partecipazione online’ di alcuni leader religiosi e dotti islamici venne
in effetti autorizzata trovando giustificazione nelle restrizioni pandemiche116.
Ad oggi, videoconferenze in modalità telematica e partecipazione da remoto sono parte integrante
delle procedure digitali adottate dal CEFR e da altri organismi islamici, in modo non dissimile dal
percorso seguito da attività commerciali e sistemi di giudiziari su scala mondiale 117. Riducendo gli
spostamenti internazionali e domestici, e al contempo incoraggiando gli incontri online, i giurisperiti
islamici si allineano così al principio europeo di sostenibilità, che mira a una transizione verde e a un
impatto ambientale negativo minimo (capitolo VI, DDRP). Questa virata verso un utilizzo diffuso di
vari supporti informatici e tecnologici ha inoltre sollecitato varie autorità musulmane e organismi
islamici a promuovere una più ampia partecipazione, assicurando così maggiori solidarietà, inclusione
e cooperazione.118 Si tratta di obiettivi che indubbiamente riecheggiano i principi e gli standard della
(https://podcasts.google.com/feed/aHR0cHM6Ly9hbmNob3IuZm0vcy9hZWI5ZjUyNC9wb2RjYXN0L3Jzcw)
Spotify
(https://open.spotify.com/show/1dpaDbJqbQr7SFsUqWuKX0) e Soundcloud (https://soundcloud.com/ecforg).
113
Per ulteriori dettagli in merito alle risposte fornite e alle misure sviluppate specificamente dal CEFR durante l'emergenza
Coronavirus, vedasi lo studio di Sona (2021: 191-208) che riporta anche l'esito delle sessioni XXX-XXXII del Consiglio.
Vedasi supra anche la nota 24.
114
La sessione, intitolata "Testamento e successione tra Sharia e leggi europee", si tenne a Istanbul in data 11-14.06.2022
(12-15 Dhū l-Qaʿda 1443); il Segretario generale del CEFR espresse la propria gratitudine ai membri del Consiglio per aver
affrontato le difficoltà del viaggio.
115
La sessione, intitolata "Il Consiglio europeo per la fatwā e la ricerca e il suo approccio al rooting e al downloading", si
tenne a Istanbul in data 11-15.11.2023 (27 Rabī' al-ākhir-1 Jumādā al-ʾawwal' 1445).
116
Talvolta chiamato "Congresso internazionale dei tempi (di preghiera)", si tenne a Istanbul in data 26-27.09.2021 (19-20
Ṣafar 1433), organizzato dalla Presidenza degli Affari religiosi della Turchia in collaborazione con il CEFR
(http://awqatsalah.com/sub/2/about-us ; 05.06.2024). Cf. la nota 119.
117
Sulla necessità di accelerare la digitalizzazione della gestione delle cause, dell'accesso alla giustizia e delle comunicazioni
audio-video, si vedano inter alia, Fabri (2021), Sourdin e Zeleznikow (2020), Bannon e Keith (2020), Puddister e Small
(2020).
118
Optando per il modello di conferenze telematiche, ad esempio, il CEFR riuscì a raggiungere un pubblico più ampio così
fornendo indicazioni conformi alla sharīʿah durante l’emergenza pandemica.
CALUMET – intercultural law and humanities review
223
‘bussola politica’ europea per la transizione digitale.
Un ulteriore importante aspetto merita di essere rimarcato. I messaggi divulgati sul web da parte
dei giurisperiti islamici, in aggiunta alle consulenze in formato digitale, favoriscono una collaborazione
sinergica tra organismi musulmani e autorità statuali nazionali. Questa opportunità sembrerebbe
favorire nuove possibilità e modalità di coesistenza tra fedeli musulmani e paesi occidentali all’interno
e al di là dei confini nazionali.
Tornando al periodo della crisi sanitaria, ad esempio, il CEFR ricorse ampiamente all’e-counselling
nel tentativo di coordinare i musulmani in tutto il mondo nel rispettare i principi sciaraitici alla luce
delle linee guida dell'OMS. In linea con l’idea di una cyber Ummah globale, venne quindi espresso un
impegno musulmano onnicomprensivo, concernente sia la cooperazione su larga scala, sia una
maggiore coesione sociale.
Una migliore coesione all’interno della Ummah digitale globale è stata promossa anche dalla
Conferenza internazionale sui tempi,119 non ultimo con lancio di un’applicazione mobile chiamata
Awqat Salah.120 Nel 2023, entro l’inizio del mese di ramaḍān,121 una “nuova applicazione mobile per gli
orari di preghiera in tutte le città del mondo” divenne in effetti disponibile; peraltro, la stessa venne
presentata dal CEFR come parte del “nuovo progetto di unificazione degli orari di preghiera” 122 .
Progettata e sviluppata da Vakif Global, Awqat Salat “include gli orari di preghiera di circa 9.000
località in tutto il mondo”, rendendoli visualizzabili giornalmente, settimanalmente, mensilmente e
annualmente.123 Questa applicazione software è progettata per funzionare su dispositivi mobili – come
telefoni e tablet – ed è collegata a un sito web omonimo124. Il sito web di Awqat Salah è disponibile in
Gli inizi di questo ambizioso progetto risalgono al luglio 2003, quando fu costituito un comitato con l'obiettivo di
preparare uno studio comparativo giurisprudenziale e matematico da presentare all'XI Sessione del CEFR tenutasi a
Stoccolma (Dichiarazione del Segretariato generale del CEFR (23.04.2023; https://www.e-cf.org/blog/2021/10/09/-ﺑﯿﺎن
اﻟﻤﺆت-ﺑﺸﺄن-ﻟﻠﻤﺠﻠﺲ-اﻟﻌﺎﻣﺔ-اﻷﻣﺎﻧﺔ/). Nel marzo 2016, a seguito di un simposio scientifico intitolato "Metodi di determinazione
dei tempi di preghiera in Germania e proposte di armonizzazione dei metodi di calcolo" e organizzato dal Comitato Fatwa
in Germania, la responsabilità di questo lavoro è passata alla Presidenza degli Affari religiosi della Turchia in collaborazione
con l'ECF. La dichiarazione finale della Conferenza mondiale sui tempi è disponibile sia sul sito web di Awqat Salah
(23.04.2023; http://awqatsalah.com/sub/17/final-declarations), sia su quello del CEFR (23.04.2023; https://www.ecf.org/blog/2021/10/09/ﻟﻠﻤﻮا-اﻟﻌﺎﻟﻤﻲ-ﻟﻠﻤﺆﺗﻤﺮ-اﻟﺨﺘﺎﻣﻲ-اﻟﺒﯿﺎن/ ); la pagina web intitolata "Chi siamo" sul sito di Awqat Salah
tuttavia riporta dettagli leggermente diversi (23.04.2023; http://awqatsalah.com/sub/2/about-us;).
120
Entrambe le versioni disponibili su Google Play e Apple App Store sono state rilasciate nel gennaio 2023; la prima è
stata aggiornata il 23.03.2023 (https://play.google.com/store/apps/details?id=io.vg.awqatsalah ; 05.06.2024), la seconda il
06.05.2023 ( https://apps.apple.com/us/app/awqat-salah/id1667083326 ; 05.06.2024). Ad oggi, Google Play indica più di
5.000 download della App.
121
Ossia dal 23.03.2023 al 21.04.2023. Ramaḍān è il nome del nono mese del calendario musulmano, considerato un mese
santo islamico dedicato al culto, alla preghiera e al digiuno. Cf. Plessner (2012).
122
Vedasi il video rilasciato da Khaled Hanafy in qualità di segretario aggiunto del CEFR
(https://www.youtube.com/watch?v=C9ZpKLlZxFQ; 05.06.2024). A seguito di consultazioni con numerose parti
interessate – trattasi di giuristi, astronomi, figure religiose e funzionari dei centri islamici in Europa – venne istituito un
Comitato scientifico. Nell'ambito dei principi stabiliti in una riunione tenutasi a Strasburgo nel 2019, venne concordato
un ‘progetto di calendario’; gli orari di preghiera pubblicati sul sito web sono poi stati fissati seguendo proprio questo
calendario (http://awqatsalah.com/sub/2/about-us ; 05.06.2024).
123
Sul sito web è possibile scaricare gli orari di preghiera in formato PDF o Excel (https://vakifglobal.com/; 05.06.2024).
124
Cf. http://awqatsalah.com (05.06.2024). Nel 2021, la Conferenza deliberò la creazione di una pagina web e di sviluppare
un'applicazione gratuita per i telefoni cellulari (cf. le raccomandazioni 4 e 5 alla nota 113). La Conferenza ha inoltre istituito
un sottocomitato di giuristi e astronomi con l'obiettivo di "seguire l'attuazione del programma, preparare e pubblicare gli
119
CALUMET – intercultural law and humanities review
224
tre lingue – turco, inglese e arabo – e riporta gli orari di preghiera calcolati in base alle direttive del
Congresso internazionale sui tempi di preghiera125 . Progettata ed elaborata prestando attenzione a
“richieste individuali e istituzionali”, questa App si pone – quali obiettivi principe – l’eliminazione delle
diatribe emergenti soprattutto in “alte latitudini” e lo sviluppo di una tanto auspicata “pratica comune”
in merito orari di preghiera.126 Leader religiosi e centri islamici europei sono quindi stati caldamente
invitati a evitare orari di preghiera multipli: questa divisione non rifletterebbe, infatti, “l'immagine
civilizzata dell’islām”. Anche tramite l’utilizzo di queste nuove tecnologie digitali, ai musulmani è fatta
richiesta di coesione e convergenza,127 in modo che si presentino come interlocutore unitario negli
scambi con le istituzioni europee e i governi nazionali.
Gli ideali di coesione e unità tra i musulmani europei si possono evincere con chiarezza dal sito
web e dall’applicazione mobile di Awqat Salat. L’uniformazione degli orari di preghiera e digiuno, unita
a una migliore collaborazione e a un coordinamento profondo tra i musulmani, può pertanto essere
letta come un passo significativo verso la creazione di una rappresentativa Ummah globale o,
quantomeno, europea. In quanto tale, questa comunità musulmana virtualmente guidata – che si
estende oltre i confini nazionali – incarna una potenziale sfida soprattutto per le forme pluralizzate su
base domestica dell'islām europeo, la cui formulazione venne originariamente facilitata dai diversi
modelli seguiti nei vari stati nazionali europei.128
L’ultimo passo verso questa dimensione transnazionale e digitale della Ummah può essere
identificato nell’indagine recentemente lanciata dal CEFR.129 Introdotto da un annuncio pubblicato in
lingua araba e inglese sui social media del Consiglio, il CEFR ha pubblicato un “questionario speciale
per preparare un seminario islamico (ad hoc) concernete le questioni pertinenti ai nuovi musulmani in
Europa”130. I giurisperiti intendono quindi identificare e offrire risposte puntuali alle sfide fronteggiate
dai ‘nuovi musulmani’ – ossia i fedeli che hanno (recentemente) abbracciato l'islām – prestando
particolare attenzione alle ‘caratteristiche specifiche del contesto’. Seppur tramite l’individuazione di
prerogative contestuali e nazionali, scopo del CEFR è un proselitismo digitale teso a offrire linee guida
islamiche onnicomprensive. Ricorrendo ampiamente alle TIC, esso punta a facilitare la partecipazione
nello spazio pubblico digitale, promuovendo in via parallela gli stessi i principi di inclusione e
connettività sostenuti dall’Europa (capitoli II e IV, DDRP).
orari di preghiera", rimanendo inoltre "in costante contatto con i centri e le istituzioni islamiche in Europa per quanto
riguarda l'attuazione del programma in vari Paesi e città" (cf. la raccomandazione 2, alla nota 113).
125
Vedasi http://awqatsalah.com/sub/2/about-us (05.06.2024).
126
Vedasi le note 116 e 119.
127
Ad esempio, vedasi la raccomandazione 8, alla nota 113.
128
Per un‘introduzione degli aspetti salienti, vedasi inter alia Nielsen (2004); in aggiunta alle seguenti opere collettanee
Ferrari e Bradney (2003), Maréchal, Allievi, Dassetto e Nielsen (2003), Potz e Wieshaider (2004); Račius, Müssig, Akgönül,
Alibašić e Nielsen (2009-2023).
129
Si veda ad esempio l’annuncio datato 10.02.2024 apparso sulla pagina Facebook del CEFR
(https://www.facebook.com/ecforg; 05.06.2024).
130
In effetti, l'obiettivo è quello di raccogliere un certo numero di questionari (disponibili in arabo e in inglese all'indirizzo
https://docs.google.com/forms/d/1oNxXl5dU_sBzeMaVyou7u5r9Nam9ehnZ1OnLvRyuRu8/viewform?pli=1epli=1eedit
_requested=true#response=ACYDBNigyH9F5tn0eH3nB_z8lG5hdBP7SOaDsMFhcjnClGhxEp5YVxHlVbX4IJekZ_bWGU; 05.06.2024) per combinare sistematicamente la comprensione del contesto con l'emissione di giurisprudenza. Sui
credenti musulmani, cf. la nota 2.
CALUMET – intercultural law and humanities review
225
6.2 Lingua araba e giusconsulenza virtuale
Adottando la terminologia proposta in precedenza, 131 la digitalizzazione messa in atto dal CEFR
concerne non solo l’ambito della ‘fede’, ma anche quello della fatwā, corroborando così l’accresciuta
alfabetizzazione digitale dei giurisperiti e l'attitudine tecnologica del Consiglio.
In merito alle fonti scritte disponibili in rete, il sito del CEFR offre una sezione per le risoluzioni
(qarārāt al-majlis)132 e una per le fatāwā, catalogate secondo argomenti e sottocategorie.133 Una sezione –
intitolata “biblioteca” – presenta un vasto numero di risorse elettroniche, suddivise in tre sottosezioni
rispettivamente denominate “libri” 134 , “riviste scientifiche”,135 e “musulmani in Occidente”136 . Una
sezione intitolata “ricerca” fornisce poi alcuni saggi in aggiunta ad alcune presentazioni tenute durante
le riunioni del Consiglio.137 Di recente, è aumentata anche l’offerta di video, foto e audio.138
Nel campo della documentazione e della pubblicità digitale, tra le ultime iniziative intraprese dal
Consiglio europeo per la fatwā e la ricerca, vanno citati i podcast. Dall'agosto 2022, alcune decisioni e
pareri legali formali emessi dal Consiglio sono infatti disponibili in formato digitale per il download su
Internet. È possibile accedervi tramite la pagina web del CEFR oppure utilizzando Apple Podcast,
Google Podcast, Spotify e Soundcloud.139 Il numero di file-audio caricati è in rapido aumento.140 I
podcast sono disponibili in lingua araba e gli argomenti trattati comprendono questioni interreligiose,141
finanziarie,142 familiari,143 bioetica,144 e pratiche religiose145.
Esaminando le summenzionate risorse elettroniche emerge che – nel processo di documentazione
informatica e di diffusione digitale delle risorse del CEFR via Internet – l’arabo classico è gradualmente
Vedasi supra il paragrafo 3.
Accesso in data 23.04.2023, https://www.e-cf.org/blog/category/اﻟﻤﺠﻠﺲ-ﻗﺮارات/.
133
Ad esempio, galateo ed etica; culto; transazioni; giurisprudenza familiare; fiqh delle emergenze, detta anche
"giurisprudenza delle calamità" – ad esempio, le fatāwā relative ai periodi di pandemia. Vedasi (23.04.2023) https://www.ecf.org/blog/category/اﻟﻨﻮازل-ﻓﻘﮫ-اﻟﻨﻮازل-ﻓﻘﮫ/اﻟﻨﻮازل-ﻓﻘﮫ/اﻟﻔﺘﺎوى/.
134
Ad esempio, in questa sottosezione è possibile accedere al libro che riporta tutte le decisioni e le fatāwā del CEFR
pubblicate dal 1997 al 2018 (XXVIII Sessione).
135
A titolo illustrativo, la rivista scientifica del CEFR è stata digitalizzata e resa disponibile online fino al numero 24.
136
In queste sottosezioni alcuni saggi affrontano questioni rilevanti per i musulmani che vivono in contesti minoritari in
occidente (05.06.2024; https://www.e-cf.org/blog/category/اﻟﻐﺮب-ﻓﻲ-اﻟﻤﺴﻠﻤﻮن/).
137
Trattasi del seguente link (23.04.2023) https://www.e-cf.org/blog/category/اﻟﺒﺤﻮث/.
138
Nella versione araba del sito web del CEFR, ad esempio, è possibile accedere a video e immagini delle sessioni del
Consiglio attraverso la sezione "media" (23.04.2023; https://www.e-cf.org/blog/category/اﻻﻟﺒﻮﻣﺎت/).
139
Si vedano rispettivamente (23.04.2023): https://www.e-cf.org/ﺑﻮدﻛﺎﺳﺖ/; https://www.e-cf.org/blog/album/podcast/;
https://apple.co/3D0rLTq; https://bit.ly/3Qjs1zL; https://spoti.fi/3BdzzzG; e https://soundcloud.com/ecforg.
140
Ad esempio, dal 08.08.2022 al 07.04.2024, si contano 55 documenti su https://www.e-cf.org/ﺑﻮدﻛﺎﺳﺖ/ e su
https://podcasts.apple.com/tr/podcast/واﻟﺒﺤﻮث-ﻟﻺﻓﺘﺎء-اﻷوروﺑﻲ-اﻟﻤﺠﻠﺲ/id1642345118 (entrambi 05.06.2024).
141
Trattasi di dialogo interreligioso; sepolture e funerali di parenti e affini non musulmani; festività non musulmane.
142
A titolo illustrativo, l'acquisto di abitazioni tramite un “prestito bancario usurario”.
143
Come ad esempio, l'uguaglianza tra i coniugi nel rapporto matrimoniale; le donne che contraggono matrimonio in
assenza di un tutore legale; le donne che si coniugano con un uomo con cui hanno commesso adulterio; alcune dibattute
questioni concernenti lo scioglimento del vincolo matrimoniale, come la possibilità per le donne di divorziare, la
prevenzione del divorzio, la violenza domestica, il mantenimento e gli alimenti.
144
I dibattuti temi affrontati riguardano anche il trapianto di organi.
145
Ad esempio, è stato sostenuto che, in alcuni paesi, la preghiera del tramonto (ṣalāt al-maġrib) possa essere combinata con
altre preghiere; in altre, si è esaminata la raccolta e la distribuzione della zakāh (cioè il contributo caritatevole obbligatorio)
da parte delle organizzazioni caritatevoli.
131
132
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226
divenuto la lingua favorita (e talvolta l’unica) del materiale reso disponibile in rete. Da ciò si desume
che il pubblico cui si rivolge il Consiglio oggi varca i confini europei per includere i membri della
Ummah globale.
In aggiunta a rivendicazioni universalistiche, un’ulteriore implicazione legata alla questione
linguistica del materiale diffuso in rete merita puntuale attenzione. Un uso più ampio dell’arabo nel
world-wide-web può infatti promuovere lo sviluppo dell’intelligenza artificiale che si basa sulla lingua
araba. Esperti in campo digitale hanno sottolineato che il calcolo e l’elaborazione del linguaggio
naturale (NLP) in arabo mostra un ritardo di almeno un decennio rispetto alla lingua inglese146. Di
conseguenza, divulgando su diverse piattaforme web e social media molto materiale in lingua araba,
questo organismo islamico europeo di fatto favorisce la digitalizzazione e lo sviluppo di nuove
tecnologie, tra le quali l'IA e la robotica.
Nel tentativo di soddisfare le esigenze del pubblico musulmano più giovane e caratterizzato da
attitudini high-tech, in anni recenti il CEFR ha iniziato a offrire applicazioni mobili: tra queste spiccano
Awqat Salat (come chiarito nel paragrafo precedente) e Euro Fatwa App. Quest’ultima – lanciata
nell'aprile 2019 – è disponibile gratuitamente e riguarda specificamente il processo di jurisconsultancy.147
Presentata come “una guida al fiqh semplificata e concisa”, la App dichiara di includere tutte le fatāwā e
le risoluzioni ad oggi emesse dalla Consiglio sin dal 1997.148 Nonostante sostenga di comprendere
“l’intera biblioteca giurisprudenziale del CEFR” e di includere in modo esaustivo “le questioni religiose
più importanti per i musulmani europei”, questa App venne commercializzata come un’applicazione
idonea ad adattarsi a diversi livelli di alfabetizzazione tecnologica dell’utente, fornendo “classificazione
ed etichettatura semplici e chiare” degli argomenti chiave, insieme a possibilità di ricerca rapida “che
offre i risultati ordinati in base alla rilevanza”149. Come può osservarsi, specifica attenzione è quindi
stata nuovamente prestata al principio di inclusività (in sintonia con il DDPR europeo) anche
nell’elaborazione di questa applicazione mobile.
Per quanto riguarda le competenze linguistiche degli utenti, è da osservare che l’applicazione
software Euro Fatwa venne originariamente progettata per dispositivi mobili che supportano le lingue
araba e inglese, con l’intenzione di espandere l’offerta alle lingue francese, tedesca, italiana, portoghese
e turca.150 In un futuro prossimo, questo dovrebbe compensare il fatto che una selezione più ricca di
pareri legali islamici è attualmente disponibile esclusivamente nella versione in lingua araba del sito
web del Consiglio.151 Un'offerta linguistica più completa si tradurrà inoltre nell’accessibilità per un
pubblico più vasto, incrementando così la rappresentatività dei fedeli musulmani in rete. In effetti, la
questione della rappresentatività è piuttosto spinosa: i dati generati attraverso Internet (come i dati
analitici) possono portare a rappresentazioni incomplete, in particolare se basate sull'accesso della
In base a quanto chiarito dallo studio avanzato da Bashir, Azmi, Nawaz, Zaghouani, Diab, Al-Fuqaha e Qadir (2023).
La versione disponibile sull'App Store fu aggiornata l'ultima volta nel maggio 2019; le nuove fatāwā dovrebbero comparire
automaticamente "senza la necessità di aggiornare l'App". La versione di Google Play venne aggiornata l'ultima volta a giugno
2020 (https://play.google.com/store/apps/details?id=com.ecfapp.eurofatwa ; 23.04.2023), indicava oltre 5.000 download,
ma sembra non essere disponibile a giugno 2024.
148
Cioè dal 1417 AH.
149
Vedere https://apps.apple.com/us/app/euro-fatwa-app/id1459535227?platform=iphone (05.06.2024). Cf. la nota 112.
150
Ad oggi, le versioni portoghese e spagnola sono descritte come disponibili nell'App Store (cf. le note 147 e 149).
151
Cf. la nota 113 e (accesso in data 05.06.2024) https://www.e-cf.org/blog/category/اﻟﻔﺘﺎوى/.
146
147
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227
popolazione, il che potrebbe portare a discriminazioni nel caso in alcuni gruppi minoritari non siano
adeguatamente rappresentati.152
Sviluppata dal CEFR, l’App Euro Fatwa ha due funzioni principali. In linea con gli obiettivi e le
finalità del Consiglio, è stata progettata per consentire ai musulmani europei “di aderire alle norme e
alle consuetudini dell'islām” e “di adempiere ai loro doveri di cittadini musulmani”. Come tale, questa
applicazione mobile mira a promuovere l’adesione a normatività islamiche e musulmane, favorendo al
contempo l’autodeterminazione individuale dei fedeli musulmani che vivono in contesti minoritari
europei. Il software intende inoltre promuovere la comunicazione e l’interazione tra i musulmani e gli
organismi islamici. Tra le caratteristiche dell’Euro Fatwa App, il CEFR cita infatti “la possibilità di
condividere la fatwā attraverso vari social media e applicazioni”, e aspira a consentire, in un recente
futuro, “l'invio di nuove domande al Consiglio attraverso l’App per ricevere risposte dedicate”.
Sebbene promuova pubblicità, partecipazione e inclusività – in linea con gli obiettivi della
trasformazione digitale europea – è tuttavia da segnalare che la compatibilità di questa applicazione
software con i valori e i principi giuridici europei venne messa in dubbio sin dall’alba del suo lancio.153
In realtà, le criticità sollevate vennero infine respinte, erano infatti state collocate nella cornice del
dibattito relativo a potenziali hate speech a causa di alcuni contenuti resi disponibili in rete da questa
App.154
7. Riflessioni conclusive
La declinazione quotidiana del rapido processo di digitalizzazione palesa alcune ineluttabili dicotomie.
In parallelo ai molteplici profili di criticità legati al processo di transizione all’era digitale, affiorano
atteggiamenti e tensioni contrapposte, come evidenziate dal presente saggio. Accelerazione e
ambivalenza, da un lato, mediatizzazione e mercificazione, dall’altro, caratterizzano le risposte fornite,
non solo dai sistemi giuridici statuali, ma anche dai giurisperiti islamici e dai fedeli musulmani.
Analogamente a quanto evidenziato ben due decadi fa, comunicazioni informatizzate e
mediatizzate promuovono un senso di comunanza che trascende i confini nazionali. In tal senso, un
parallelismo può pertanto essere tracciato con il concetto di Ummah, o meglio, di comunità musulmana
globale nel ciberspazio 155 . Internet e il web hanno tuttavia spalancato le porte a nuovi spazi
interpretativi, che possono dar luogo a prodotti culturali ibridi potenzialmente forieri di una
Di conseguenza, è stato auspicato il ricorso ad un algoritmo interculturale; vedasi inter alia, Valenzi (2020: 353-365).
A titolo illustrativo, un'interrogazione (E-002840/2019) presentata al Parlamento europeo in data 18.09.2019 poneva la
seguente questione: se l'App diffondesse materiale "dichiaratamente contrario ai valori e ai principi giuridici europei"
(https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2019-002840_EN.html#def1 ; 05.06.2024).
154
Si veda la decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio del 28.11.2008, in GU L 328 del 06.12.2008, 55-58; e la
direttiva (UE) 2022/2555 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14.12.2022 relativa a misure per un livello comune
elevato di cyber-sicurezza nell'Unione, recante modifica del regolamento (UE) 910/2014 e della direttiva (UE) 2018/1972 e
che abroga la direttiva (UE) 2016/1148, in GU L 333 del 27.12.2022, 80-152. Per uno studio dottrinale, si vedano, tra gli
altri, Santoro e Gravino (2020). È bene prestare attenzione anche al recente “Digital Services Act”, Regolamento (UE)
2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19/10/2022 relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che
modifica la direttiva 2000/31/CE (regolamento sui servizi digitali), in GU L 277 del 27.10.2022, 1-102.
155
Come chiarito da Bunt (2000).
152
153
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228
pluralizzazione degli islām156: possibilità da cui scaturisce la ricerca di ‘custodi’ dell'autorità religiosa e
della conoscenza legittime.
A dire il vero, dinamiche polarizzate affini caratterizzano anche il mondo contemporaneo. Se gli
ambienti islamici cibernetici facilitano la diffusione di linee guida conformi alla sharīʿah a un pubblico
sempre più ampio, le fonti islamiche digitalizzate possono tuttavia essere manipolate e insegnamenti
tradizionali possono essere fraintesi. Da un lato, le TIC possono dare voce a posizioni emarginate e
conferire visibilità a vari attori sociali musulmani – inclusi quanti si muovono più nell’ombra, come le
donne o le comunità diasporiche. Dall’altro, l’idea di autorità islamica può essere contestata nel
momento stesso in cui si mette in dubbio l’affidabilità delle consulenze virtuali e l’accuratezza delle
fonti islamiche elettronicamente disponibili. La spinta verso una maggiore mediatizzazione può quindi
portare alla mercificazione. Il processo di commercializzazione del materiale sciaraitico disponibile in
rete, combinato con il processo di halāl-izzazione, può inoltre sottendere il fenomeno denominato fatwāshopping che, a sua volta, dà origine al cosiddetto “islām fai-da-te”.
In ogni caso, è bene sottolineare che la costante necessità di conciliare l’inarrestabile progresso
tecnologico con ‘standard essenziali’ non caratterizza solo le autorità musulmane e i giurisperiti islamici
ma è condivisa anche da organismi internazionali ed europei. Gli ordinamenti giuridici statuali,
analogamente alle confessioni religiose si confrontano costantemente con la tecnologia, l’etica e la
giustizia, e ciò accade con particolare frequenza sull’onda della contemporanea spinta verso una
digitalizzazione sempre più capillare. Affiorano così atteggiamenti affini. Il dibattito in merito
all’utilizzo della robotica e dell'IA relativamente ai meccanismi (extra) giudiziari di risoluzione delle
controversie fornisce un’illustrazione delle dinamiche sottese, che si rivelano essere, anche in questo
caso, piuttosto similari.
Nel riconoscere l’importanza crescente dell’IA nelle società moderne – oltre ai benefici attesi in
ordine all’efficienza e alla qualità dell'erogazione della giustizia e delle consulenze legali e giuridiche –
la CEPEJ adottò formalmente cinque principi fondamentali riguardanti, in particolare, i diritti
fondamentali, la non discriminazione, la qualità e la sicurezza, la trasparenza, l’imparzialità e l’equità,
e il ‘controllo’ degli utenti informati.157 Questo approccio appare in sintonia con il limite posto dai
dotti islamici all’utilizzo della robotica e al ricorso all’IA: il bene pubblico e il benessere della società
devono infatti esserne i fini ultimi. È stato pertanto raccomandato che queste tecnologie “lavorino in
tandem” con i giurisperiti islamici supportando i processi di iftā', iğtihād o tahkīm, in modo non dissimile
da come gli avvocati robotici e i meccanismi giudiziari di IA dovrebbero supportare i professionisti del
diritto negli ambienti forensi occidentali.
Delineando margini di sviluppo e di utilizzo effettivo della robotica e dell’IA, e non perdendo di
vista il fine ultimo antropocentrico, si può quindi affermare che i fedeli musulmani – analogamente ad
altri gruppi religiosi – possono trovare nell’IA un supporto e un incentivo efficaci per poter collaborare
con governi nazionali e organizzazioni internazionali in vista dell’elaborazione di standard etici
condivisi.158 E, in questo scenario, la digitalizzazione potrebbe essere gestita utilizzando il linguaggio
Secondo il lessico adottato da Giunchi (2015).
CEPEJ (2018). Vedasi supra il paragrafo 4.
158
Si può qui citare l'iniziativa Call for an AI ethics, che è stata firmata il 28.02.2020 dalla Pontificia Accademia per la Vita,
Microsoft, IBM, FAO e il Ministero italiano dell'Innovazione; https://www.romecall.org (05.06.2024). Per un commento,
cf. Annicchino (2020) e Mobilio (2023). Più recentemente, vedasi l’intervento del Pontefice in occasione del G7, riportato
156
157
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229
algor-etico, così convertendo valori etici e morali nel lessico computabile delle macchine.159
In realtà, come ho tentato di far emergere in questo testo, la serie di standard incardinati nella
Dichiarazione sui diritti e i principi digitali (DDPR) – come la centralità dell’essere umano, l’inclusione,
la solidarietà, l’empowerment, la partecipazione, la veridicità, l’autenticità, la sicurezza e la sostenibilità –
non contrasta ma, piuttosto, si pone in parallelo con le linee guida promulgate dai giurisperiti islamici
attivi nello spazio virtuale. Le riforme cibernetiche sciaraitiche in corso a livello mondiale sembrano
inoltre essere in linea con il quadro europeo volto ad accelerare la trasformazione digitale. Sulla base
di questa constatazione, può pertanto essere prevista con ottimismo, nonché auspicata, una
cooperazione sinergica tra autorità musulmane e istituzioni europee.
In modo analogo, l’obiettivo di migliorare l’accesso e la pubblicità attraverso la transizione digitale
è condiviso sia dal Consiglio d’Europa, sia dagli organismi islamici che emettono fatāwā. La principale
istituzione islamica che si occupa attivamente dei musulmani residenti in Europa, ad esempio, ha
dimostrato di aver affrontato tutte e tre le principali aree di riforma informatica – ossia,
documentazione, procedure e pubblicità – attivando un complesso processo di digitalizzazione che ha
incluso videoconferenze telematiche e partecipazione da remoto, oltre all’electronic filing. L’inclusione e
la partecipazione transnazionale nello spazio pubblico digitale sono peraltro facilitate e promosse dalla
messa a disposizione di pareri legali, risoluzioni e raccomandazioni islamiche in diversi formati, scritti
e audio, distribuiti attraverso molteplici canali, piattaforme di comunicazione e (social) media.
Tra dicotomie ineluttabili e affinità evidenti, il ricorso crescente a meccanismi digitalmente
abilitati, potenziati e supportati, viene comunque giustificato dalla necessità di gestione delle
complessità socio-giuridiche quotidiane contemporanee. In questa fluida cornice, nascono nuove sfere
pubbliche, che diventano domini in cui i confini nazionali possono essere superati. All’interno di tali
inediti domini anche gli standard etici presentano profili di potenziale convergenza e condivisione tra
autorità religiose e organismi nazionali o internazionali.
La pandemia di Coronavirus incarna un esempio emblematico dell’articolata declinazione delle
dinamiche sopra descritte e qui esaminate. Rispondendo prontamente alla crisi sanitaria e ricorrendo
a varie tecnologie digitali, il CEFR promosse a suo tempo cooperazione e coesistenza tra i fedeli
musulmani e i paesi europei, all'interno e al di là dei confini nazionali. Un questionario elettronico
lanciato di recente, in aggiunta a un’applicazione mobile finalizzata all’uniformazione degli orari di
preghiera e digiuno, rappresentano un ulteriore passo in avanti verso la creazione di una Ummah globale
virtuale, capace di superare i confini domestici e di porsi quale interlocutore unificato nei confronti di
organismi nazionali e internazionali. Un maggiore uso della lingua araba nella divulgazione del
Consiglio va in questa direzione, migliorando al contempo la reattività dei musulmani in rete e
promuovendo lo sviluppo di nuove tecnologie digitali, come il PNL in arabo.160
Nel fluido spazio virtuale del world-wide-web, nuove tecnologie e mezzi di comunicazione in rapida
evoluzione divengono sia un fattore di promozione dei diritti sia un motore di cambiamento. In linea
con le politiche europee e con l’aumento dei livelli di alfabetizzazione tecnologica, i musulmani europei
come ‘Papa Francesco al G7, il testo integrale del discorso’, Vatican News, 14.06.2024 al link
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2024-06/papa-discorso-integrale-g7-puglia-intelligenzaartificiale.html#:~:text=A%20questo%20proposito%20si%20può,al%20suo%20uso%20%5B4%5D (15.06.2024).
159
Come suggerito da Benanti (2020).
160
La diversità culturale e linguistica è comunque promossa; l'accessibilità delle risorse elettroniche ai musulmani non
arabofoni è infatti garantita dalle applicazioni mobili offerte in più lingue. Vedasi supra i paragrafi 6.1 e 6.2.
CALUMET – intercultural law and humanities review
230
e le autorità islamiche appoggiano e promuovono attivamente il cambio di paradigma digitale. In uno
scenario in cui il processo di orientamento informatico conforme alla sharīʿah viene armonizzato con i
principi europei che delimitano la transizione digitale in corso, una sinergia cooperativa tra autorità
religiose e organismi statuali si presenta quindi non solo come immaginabile ma, piuttosto,
propriamente attuabile.
CALUMET – intercultural law and humanities review
231
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Pubblicato online il 23 giugno 2024
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