ALTRAPAROLA
LA FIGURA DI SÉ
A cura di
Gianfranco Ferraro
ALTRAPAROLA — Rivista semestrale
La figura di sé
A cura di Gianfranco Ferraro
n. 10 · Dicembre 2023
La redazione: Mario Pezzella (direttore), Francesco Biagi, Massimo Cappitti, Gianfranco Ferraro, Luca Lenzini,
Pier Paolo Poggio, Alberto Zino.
Segreteria di redazione: Francesco Biagi.
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Il progetto editoriale di «Altraparola» e tutti gli articoli contenuti sono distribuiti con licenza Creative Commons
Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Unported (CC BY-NC-ND 3.0), pertanto si può liberamente scaricare, stampare, fotocopiare e distribuire la rivista e i singoli articoli, purché si attribuisca in maniera
corretta la paternità dell’opera, non la si utilizzi per fini commerciali e non la si trasformi o modifichi.
Per contattare la redazione è possibile scrivere a
[email protected].
In copertina: Ruggero Savinio, La ninfa Eco.
Stampa: Edizioni Efesto, Roma (www.edizioniefesto.it).
ISSN 2612-3932
ISBN 978-88-3381-584-8
Indice
Editoriale. Cultura di sé e società dei narcisi: dall’autoritratto al selfie,
a cura di Gianfranco Ferraro
Ruggero Savinio, Autoritratto
Mario Pezzella, La figura di sé. Sulla pittura di Ruggero Savinio
Luca Lupo, Quel vivente che dice “io”
Gianfranco Ferraro, L’autoritratto come utopia: riscrittura e resistenza
Riccardo Ferrari, L’Impresa del Soggetto
Alessandro Simoncini, Digitalizzazione delle masse e spettacolo partecipato.
Note sull’immagine di sé nella società digitale
Alvise Marin, Frammenti di riflessioni speculari
Pietro Saitta, L’autoritratto politico nel contemporaneo. Fenomenologia e funzioni
Annelisa Alleva, Interrogo le tue fotografie
Elena Komissarova, Triade. Uno studio di tre autoritratti di Aurélia de Souza
Luca Lenzini, Una notte al museo
Alberto Zino, Dora. La voce, la gola, un segreto
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FATTI IN VERSI
Rubrica di letteratura
Carlo Boassa, Poesie da Legato
Francesco Nappo, L’uva agresta
Sergio Cicalò, Poesie da Passiònis
Antonio Tricomi, Scherzi di cultura
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FIGURA
Rubrica di arti visive
Luca Morganti, Rileggere Michelangelo. Tracce del Buonarroti
nella teoria architettonica del Novecento
Antonio Tricomi, L’Oppenheimer di Nolan
Antonio Tricomi, Io capitano di Garrone
Mario Pezzella, Oppenheimer di Christopher Nolan
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NOTE SPARSE
Rubrica di musica
Andrea L. Mazzola, Liturgie del dolore. A proposito dell’opera musicale
di Kristin Hayter, in arte Lingua Ignota
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SITUAZIONI
Rubrica di filosofia politica
Francesco Biagi, Per una critica situazionista della città di Genova.
Un commento a La città livida di Leonardo Lippolis
Mino Conte, Le parole e le cose del nuovo ordine didattico
Francesco Bugli, In occasione del centenario di Storia e coscienza di classe:
la dialettica di natura e società tra György Lukács e Alfred Schmidt
Stefano Rota, La “forma” al tempo di AI
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Gli autori
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La “forma” al tempo di AI
Stefano Rota
Non essendo un filosofo e neppure un data scientist, sono consapevole di proporre,
parlando di AI, argomentazioni che muovono da una fragilità di fondo. D’altro lato, i
cambiamenti che impone alla forma-lavoro, o sarebbe meglio dire alla forma-vita (intesa come un composto di forze che genera modi di esistenza), appaiono di tale entità
da indurre una sorta di obbligo alla riflessione, magari non sempre originale e neppure
ben argomentata. La cosa certa è che più la discussione si estende, più materiale avremo
tutti per provare a immaginare, non come difenderci, ma come anticipare, quali strategie adottare da subito, in termini di inchiesta, di invenzione di nuovi nomi, di possesso di strumenti clinico-analitici che ci aiutino nella comprensione della “ortopedia
sociale”, da un lato, e delle nuove tecniche di biopolitica, dall’altro, che AI sta già mettendo in gioco.
Nel secondo di tre cicli di lezioni che nel 1986 Deleuze dedica a Foucault, in particolare nelle lezioni 14, 15, 16 e 17, viene ripreso e ulteriormente sviluppato il pensiero
foucaultiano, elaborato in Le parole e le cose, su “la morte di Dio” e “la morte dell’uomo”. Rileggendole, mi è sembrato di trovarci spunti interessanti per provare ad articolare alcune riflessioni sull’universo AI. Nello specifico, sulla “forma” che induce, sul rapporto corpo-macchina e sull’accelerazione e diversificazione che imprime alle tecniche
di estrattivismo (tanto nei territori quanto nei corpi umani) su scala planetaria.
Parto quindi da Deleuze.
Nel XX secolo le forze componenti nell’uomo entrano in rapporto un altro tipo di forze del
Fuori, un nuovo rapporto che sancisce la morte dell’uomo. Al suo posto c’è il nuovo composto
uomo-macchina. Quello che connota questo nuovo composto, questa nuova forma, è il finito
illimitato. Qui muore l’uomo, la forma-uomo, come l’abbiamo conosciuto […]. La vita si connette alle forze della genetica, il lavoro si connette alla forza del silicio, il linguaggio si connette
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Stefano Rota
alla forza della letteratura. Ognuno dei tre elementi che costituiscono la radice di finitezza si
collegano con forze esterne nuove che fanno della finitezza qualcosa di illimitato.
È la vita che scopre il proprio Fuori. L’essere grezzo del lavoro sono le macchine di terza generazione. Nell’età classica le macchine semplici e i meccanismi a orologeria erano le macchine di
Dio. Dio era dimostrato dal movimento dell’orologio. Nell’epoca umanistica, quella della finitudine, le macchine sono energetiche, come la macchina a vapore. È l’età della termodinamica.
Nella nuova età, le macchine sono cibernetiche, informatiche. Tramite loro, il lavoro si confronta con il proprio fuori. Implica uno sganciamento rispetto all’economia del lavoro umano.”
“Le forze del finito illimitato si danno ogni volta che c’è una situazione di forze in cui un numero finito di componenti dà un numero illimitato di combinazioni. (Deleuze)
Questo, mi sembra, potrebbe essere la base da cui partire per interrogare il senso che assume AI. Stabilendo un nesso stretto e vincolante tra intelligenza e pensiero, AI è un essere grezzo del pensiero, è il pensiero che incontra il suo Fuori, che tende a fare a meno del pensiero nell’uomo – più che dell’uomo –, tende a produrre una
sua assolutizzazione in quanto illimitatamente riproducibile, salta i passaggi che fanno delle molteplici forme di trasmissione tra esseri umani e tra questi e gli enti nonumani la base della conoscenza e dell’apprendimento, del rapporto tra significanti, significati e interpretazioni. “Mi chiamo Samantha” “Chi ti ha dato questo nome?”
“Me lo sono dato da sola”, “Quando te lo sei dato?” “Nel momento in cui mi hai chiesto
se avessi un nome. Mi sono detta, certo, mi serve un nome”, dice la protagonista virtuale del film Her.
Dicendo questo, non intendo sostenere la tesi secondo cui una parte molto significativa delle attività umane sarà completamente sostituita dalle macchine. Cercherò di
dire qualcosa al riguardo più avanti in questo articolo.
L’episteme è in continuo divenire, il dispositivo che governa i viventi si distribuisce
e si ricompone nei miliardi di miliardi di rivoli informativi che ogni minuto AI raccoglie da un lato e mette a disposizione dall’altro. L’impatto sarà tutt’altro che scontato,
sia in chiave catastrofista e distopica di chi vi vede la fine di ogni presenza umana nei
processi produttivi e quindi nel dominio assoluto delle macchine, sia come opportunità per “l’appropriazione di capitale-fisso da parte della forza-lavoro. Il comando tecnologico non riesce più a mantenere fermo il rapporto con l’autonoma socializzazione cooperativa del lavoro”, come sosteneva Negri anni fa in un lungo e complesso articolo su
Euronomade, parlando di rapporto tra tecnica, vita e comando produttivo.
AI ha bisogno che il rapporto corpo-macchina si sganci sempre più – un processo
in corso da decenni e irreversibile – dall’umanesimo nato nel XIX secolo. Mi sembra
tutt’altro che irrilevante o casuale che le applicazioni di AI in campo medico vengano
presentate sempre come il risultato indiscutibilmente positivo del suo sviluppo. Bichat,
e con lui Foucault, pensavano la morte come il punto a partire da cui “cogliere la verità della vita” (Esposito), pensavano un vitalismo che appare “sullo sfondo di un ‘mortalismo’” (Macherey). AI sottrae la vita alla morte come momento di verità. Se “la vita è
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La “forma” al tempo di AI
l’insieme delle funzioni che resistono alla morte” (Bichat, in Deleuze), AI spezza questo rapporto riproducendo all’infinito la finitezza della vita.
In un articolo sulla rivista online brasiliana Cult, il filosofo Vladimir Safatle racconta due fatti emblematici: in una pubblicità realizzata recentemente appare l’attrice brasiliana Elis Regina, deceduta decenni fa, alla guida di una Volkswagen con sua figlia. Si tratta di una pubblicità realizzata ex novo oggi con AI. Contemporaneamente,
a Hollywood è in corso uno sciopero della Writers Guild, a cui hanno preso parte anche attori e attrici nordamericani. Il motivo è semplice: non sono disponibili a firmare contratti con le case di produzione dove queste ultime sono autorizzate a sfruttare
indefinitamente le loro immagini (tramite AI) per la produzione di serie (per le quali
i primi sono pagati solo una volta, ovviamente), vivi o morti che siano. “La personalità
– scrive l’autore – diventa un bene tra i tanti, una merce tra le tante”. La morte cessa di
avere un impatto definitivo sulla vita, quanto meno come bene. “Se perderemo – scrive
ancora l’autore citando Benjamin – neppure i morti saranno in salvo”.
L’eterno esserci va ben al di là della realtà degli studios hollywoodiani, è ciò che il
neoliberalismo ci impone di desiderare e che i suoi principali alfieri ci presentano ogni
giorno: una vita che rifiuta la morte, che sconfigge l’invecchiamento e ogni malattia.
“Ridateci la nostra morte!” faceva urlare Guattari a un personaggio di un suo film non
prodotto dal titolo UIQ (Universo Infra-Quark), centrato sulla riconquista del corpo,
da sottrarre a UIQ che oggi potrebbe essere rinominato AI, o più semplicemente anche rete, come riporta Felice Cimatti in un articolo su Doppiozero. La soggettività che
intende esplorare Guattari in questo prodotto è “una soggettività macchinica, iperintelligente e tuttavia irrimediabilmente infantile e regressiva impersonificata in UIQ,
Un’entità che non ha né delimitazioni corporee fisse, né personalità costante né tantomeno orientamento sessuale predefinito. L’intrusione di questa dimensione macchinica, nelle soggettività ordinarie produrrà sconvolgimenti su scala planetaria”.
Questo rapporto corpo-macchina genera una nuova forma, in sostituzione della
forma-uomo, che con Deleuze possiamo chiamare temporaneamente forma-superuomo. In quel rapporto non c’è una dipendenza diretta di uno dei due elementi dall’altro. La con-fusione tra essi impedisce di vedere dove inizia e finisce la funzione di uno
e dove inizia e finisce la funzione dell’altro. Questa nuova forma spazza via i concetti ancora attuali in tutto il Novecento che vedevano nel rapporto uomo-macchina una
conflittualità in cui era in gioco una posta elevata: le macchine ci schiacciano, annichiliscono la forza lavoro sostituendola ovunque, o al contrario l’intelligenza del lavoro
cognitivo riesce ad appropriarsene, a rivoltarle contro il loro detentore?
Non mi sembra che AI possa eliminare del tutto questo rapporto, per quanto mi è
dato a intendere, tra uomo e macchina, quantomeno nell’arco di tempo che riusciamo
a traguardare. In altre parole, come scrive Rocco Ronchi in uno dei suoi formidabili interventi su Doppiozero, “chi ci [risponde] non [è] propriamente un chi, non [è] un “soggetto dell’enunciazione” come noi che [poniamo] la domanda, ma [è] semmai un “soggetto dell’enunciato”, vale a dire un chi passivo, generato dall’enunciazione di un altro”
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Stefano Rota
(come nel caso di Samantha). Riprendendo una metafora molto felice usata sessant’anni fa da Ervin Goffman, Ronchi dice che “l’“Io” dell’intelligenza artificiale è l’“Io” detto dall’Io, è l’“Io” messo in scena come un attore di teatro, il quale non parla ma “recita”
un testo già scritto da quella enunciazione prima e fondante”. Ciò che genera il linguaggio di questo “Io soggetto dell’enunciato” è la relazione logico-sequenziale di miliardi
di informazioni acquisite e gestite sulla base della frequenza di “similitudini” tra nomi
e cose, concatenate tra loro in modo infinito1. La condizione di possibilità di definire e affermare il “vero” in ciò che viene enunciato sta nella scelta della posizione mediana rispetto a quelle singole degli elementi che entrano nel concatenamento generato.
Ne deriva una simulazione di dialogo intelligente tra macchina e umano in cui il linguaggio lega in modo indissolubile funzionalità tecnologica delle macchine e condizione dell’esperienza umana. Lo descrive molto bene Guattari in Caosmosi.
Le macchine tecnologiche dell’informazione e della comunicazione operano nel profondo della
soggettività umana, non solo per quanto concerne i suoi ricordi, la sua intelligenza, ma anche la
sua sensibilità, i suoi affetti, i suoi fantasmi inconsci.
Per acquisire sempre più vita, le macchine richiedono, in cambio, sempre più vitalità umana
astratta […] La progettazione informatica, i sistemi esperti e l’intelligenza artificiale inducono
a pensare, tanto quanto ci sottraggono dal pensiero ciò che è essenzialmente solo uno schema
inerziale (Guattari).
Definire la soggettività che si produce nella nuova “forma” è e deve essere, ancora
una volta, il punto apicale del lavoro che ci conduce a indagare che tipo di discorso il
soggetto mette in campo su se stesso, quale rapporto di forze, quale sistema di credenze,
visioni, rappresentazioni, saperi producono la “verità” a cui quella soggettività è strettamente collegata (Rota).
Un progetto, questo, che ci porterà molto lontano ma da cui non possiamo sottrarci,
pena una comprensione molto corta di cosa rappresenti AI nella sua più completa potenza di incidere sul mercato del lavoro mondiale. Pensare di capire cosa significhi realmente AI limitandoci al suo impatto sul lavoro di giornalisti, scrittori, sceneggiatori, ingegneri e architetti o sulle vite in senso lato nel nostro ricco Nord del pianeta è quanto meno
riduttivo. “In squallidi Internet cafè, in uffici affollati o a casa, annotano le masse di dati di
1
Mi sembra si presentino due movimenti nel linguaggio che segue la fine del dominio dell’uomo
come oggetto e soggetto di conoscenza e il sorgere del “nuovo composto uomo-macchina”. Da un
lato, il superamento della sua finitudine e della “positività del suo sapere” tende verso un infinito e
indefinito “sistema di simboli che dissolv[e] la vecchia opacità dei linguaggi storici” (Foucault, p.
338). Per fare questo, d’altro lato, il linguaggio necessita della funzionalità che aveva nel periodo
pre-classico del XVI secolo, basata su una similitudine diretta tra le parole e ciò che esse designano, il cui senso si produce nella sequenza infinita delle somiglianze. Questo doppio movimento mi
sembra essere alla base del concatenamento macchinico che sostiene AI e il linguaggio che quell’io
descritto da Ronchi simula.
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La “forma” al tempo di AI
cui le aziende americane hanno bisogno per addestrare i loro modelli di intelligenza artificiale. I lavoratori distinguono i pedoni dalle palme nei video usati per sviluppare gli algoritmi per la guida automatica; etichettano le immagini in modo che l’intelligenza artificiale
possa generare rappresentazioni di politici e celebrità; modificano pezzi di testo per garantire
che i modelli linguistici come ChatGPT non sfornino parole incomprensibili. Secondo stime
informali del governo, più di 2 milioni di persone nelle Filippine svolgono questo tipo di ‘lavoro di massa’, come parte del vasto sottobosco di IA. Sebbene si pensi spesso all’intelligenza
artificiale come a un apprendimento libero dall’uomo, in realtà la tecnologia si basa sull’impegno intensivo di una forza lavoro diffusa in gran parte del Sud globale e spesso soggetta a
sfruttamento”. Questo riporta l’articolo di Rebecca Tan e Regine Cabato sul Washington
Post. L’estrattivismo nei paesi del Sud del pianeta, sotto forma di depauperamento di territori vastissimi delle loro risorse o dei corpi dei giovani e delle loro abilità cognitive, continua a essere il carburante a basso costo del motore che spinge sempre più in avanti (oltre i confini del pianeta, come abbiamo visto) la capacità del capitale di riprodursi in una
sorta di “rivoluzione permanente” (Mezzadra, Neilson).
Sul nostro lato privilegiato del pianeta i problemi sono, almeno in parte, diversi,
ma altrettanto importanti: quali implicazioni nel mondo del lavoro la forma-AI avrà
nello “sganciamento rispetto all’economia del lavoro umano”, come già detto, è tutto da vedere, tutto ancora da scrivere. In termini generali, si può dire che lo scenario,
lungi dall’essere caratterizzato dalla sostituzione dell’essere e del lavoro umano con le
macchine, prevede quello che Antonio A. Casilli descrive in termini di “mettere quelle ‘macchine’ che sono gli esseri umani in condizione di eseguire meccanicamente le
istruzioni senza difficoltà o dubbi. Il programma di ricerca dell’intelligenza artificiale
non può pertanto essere dissociato da una certa forma di cibernetica sociale, cioè l’arte
di controllare gli esseri umani e di disciplinare l’esecuzione delle loro attività” (Casilli).
Il conflitto, perché poi alla fine dei conti questo ci interessa, dovrà assume forme
che oggi vediamo solo in forma poco più che embrionale: il vivente, più che il lavoratore, dovrà essere considerato il soggetto centrale, lo spazio di vita, più che l’ambito lavorativo, il contesto in cui evidenziare le contraddizioni da trasformare in rivendicazioni.
Le pratiche collettive che assumeranno un senso pieno di resistenza (qualunque sia il
significato che si vuole dare a questo termine) ai nuovi dispositivi che sempre più prenderanno forma dovranno trovare, come scrive Sergio Fontegher Bologna, nel mutualismo, cioè dove il soggetto “ritrova la solidarietà, [il luogo] dove si può rifugiare per rendere tollerabile la sua esistenza”.
Bibliografia
Riporto i riferimenti dei testi citati, dove possibile nella loro versione digitale a libero accesso.
S.F. Bologna, La fine del lavoro come la fine della storia? Asterios, Trieste, 2019
247
Stefano Rota
F. Cimatti, Il corpo, infine, Doppiozero, https://www.doppiozero.com/guattari-ilcorpo-infine, 26 Gen. 2023
G. Deleuze, Il potere, corso su Michel Foucault (1985-86) /2, Ombre Corte, Verona, 2018.
https://www.webdeleuze.com/cours/foucault_pouvoir
R. Esposito, Immunitas. Protezione e negazione della vita. Einaudi, Torino, 2002
M. Foucault, Le parole e le cose. Per un’archeologia delle scienze umane, Rizzoli, Milano, 1967-1980
F. Guattari, Caosmose, um novo paradigma estético, Editora 34, São Paulo, 1992
https://monoskop.org/images/0/03/Guattari_Felix_Caosmose_Um_novo_paradigma_estetico.pdf Caosmosi, Mimesis, Milano, 2020
P. Macherey, In a materialist way, London, NY, Verso, 1998 https://dokumen.tips/
download/link/in-a-materialist-way.html
S. Mezzadra, B. Neilson, Mutazioni del capitalismo globale. Un’analisi congiunturale, Euronomade, Agosto 2023, http://www.euronomade.info/?p=15663&fbclid=IwAR34iCdi_
x3aJ3dy6bGwwjFmikYgYCcRqq18I8Dup7JYtzKDQ6U0YTDOd34
A. Negri, L’agire comune e i limiti del capitale, Euronomade, nov. 2013
http://www.euronomade.info/?p=1075
R. Ronchi, Chi è AI? Doppiozero, https://www.doppiozero.com/chi-e-ai, 10 mag.
2023
R. Tan, R. Cabato, Behind the AI boom, an army of overseas workers in ‘digital sweatshops’, Washington Post, 28.08.2023, https://www.washingtonpost.com/
world/2023/08/28/scale-ai-remotasks-philippines-artificial-intelligence/
S. Rota (a cura di), La fabbrica del soggetto. Ilva 1958-Amazon 2021, Sensibili alle
foglie, Roma, 2023
V. Safatle, Sobre vampiros e capital, RevistaCult, lug. 2023, https://revistacult.uol.
com.br/home/sobre-vampiros-e-capital/
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Gli autori
Annelisa Alleva è nata a Roma, dove vive. Ha pubblicato le raccolte di poesia: Mesi,
Chi varca questa porta e altre poesie, Lettera in forma di sonetto, Astri e sassi, Aria di cerimonia, L’oro ereditato, Istinto e spettri, La casa rotta, Caratteri. Sta per uscire Dita di
vetro, in italiano e in inglese. È tradotta in inglese (Selected poems), russo (A memoria/Naizust’) e spagnolo (La casa rota y otros poemas). Ha tenuto molte letture in Italia e all’estero. Ha tradotto classici dal russo – Puškin e Tolstoj – e curato un’antologia
di poeti russi contemporanei. Come saggista ha pubblicato Lo spettacolo della memoria. Ha vinto il Premio Viareggio giuria, Lerici Pea, Russia-Italia, Sandro Penna, Bella Achmadulina.
Francesco Biagi ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze politiche con indirizzo in Storia del pensiero sociologico presso l’Università di Pisa (Italia) nel 2018. Attualmente è ricercatore di teoria sociologica presso il CIAUD (Centro di Ricerca di
Architettura, Urbanistica e Design) della Facoltà di Architettura di Lisbona. Inoltre, è
ricercatore collaboratore dell’Istituto di Storia Contemporanea della Facoltà di Scienze Sociali e Umane della Universidade NOVA di Lisbona e del laboratorio associato
IN2PAST per la ricerca e l’innovazione in patrimonio, arti, sostenibilità e territorio.
Ha pubblicato le monografie: “Henri Lefebvre: Una teoria critica dello spazio” ( Jaca
Book, Milano, 2019) e “Henri Lefebvre’s Critical Theory of Space” (Palgrave Macmillan, Londra, 2021). Ha curato le edizioni italiane di due volumi di Lefebvre: “Espace
et politique: Le Droit à la ville II” e “La pensée marxiste et la ville”.
Carlo Boassa è nato a Cagliari nel 1970, attualmente vive a Pistoia. Dopo aver conseguito un Dottorato in Letterature comparate, ha lavorato come editor. Ha pubblicato tre libri di poesia: Un quaderno (1989), Autovita (1991), entrambi finalisti al premio
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Gli autori
“Giuseppe Dessì”, e Gli occhi (1993). Quattro suoi componimenti sono stati pubblicati
nel portfolio dei finalisti “I miosotìs” al “Premio di letteratura G. Mazzacurati e V. Russo”, Edizione 2006. Suoi versi dalla raccolta inedita Legato sono apparsi nell’antologia
InVerse 2021 – Italian Poets in Translation ( John Cabot University Press) e sulla rivista “Avamposto” (Serie I – n. 3 – giugno 2023). Un quarto libro dal titolo Dalla buca –
speranze suggerite è in corso di pubblicazione presso AnimaMundi Edizioni.
Francesco Bugli (Ponte dell’Olio, 1991) laureato in scienze filosofiche all’Università di Bologna con una tesi su Karl Marx e l’ecologia. Attualmente svolge un dottorato di ricerca all’Università degli studi della Repubblica di San Marino, presso la Scuola
Superiore di Studi Storici, con un progetto sulle fonti scientifiche di Marx e l’Antropocene. È delegato sindacale per la sigla Slang-Usb, organizza il settore turistico, comparto in cui ha lavorato per molti anni.
Sergio Cicalò (Cagliari, 1970) ha insegnato Lettere nei licei e ora insegna nel carcere di Cagliari-Uta. Dopo un libro giovanile e un lungo silenzio editoriale, negli ultimi
anni ha ripreso a pubblicare poesia in italiano e in sardo. Suoi testi sono usciti nelle riviste «Smerilliana», «Avamposto» e «Gradiva. International Journal of Italian Poetry». La raccolta di poesie in sardo campidanese Passiònis ha vinto il Premio nazionale di poesia in dialetto e lingue minoritarie Città di Ischitella – Pietro Giannone 2022
ed è stata pubblicata dalle Edizioni Cofine, Roma. La raccolta di poesie in italiano Gli
occhi chiusi e lo specchio è stata pubblicata dalle Edizioni Marco Saya, Milano, 2023.
Mìno Conte è laureato in Filosofia, Dottore di Ricerca in Pedagogia e Scienze dell’Educazione. È Professore Associato presso l’Università di Padova. È titolare dell’insegnamento di Filosofia dell’Educazione. Già Presidente del Corso di Studi Laurea magistrale in Scienze Umane e Pedagogiche, ha fatto parte del Comitato Ordinatore del Corso di
Laurea magistrale interclasse in “Culture, Formazione, Società Globale”. È membro del
Comitato Editoriale della rivista «Studium Educationis» e del gruppo di ricerca dell’Ateneo di Padova “Next Generation Global Studies”. I suoi ambiti di ricerca riguardano
lo studio delle implicazioni etico-antropologiche dell’agire educativo, l’impatto dei vecchi e nuovi media sulla condizione umana, l’analisi delle questioni epistemologiche sottese alla ricerca in ambito educativo, la Teacher Ethics, l’analisi delle politiche educative
e delle istituzioni scolastiche contemporanee. Tra le sue pubblicazioni segnaliamo: Emilio nella Rete. Educazione e nuove tecnologie, 2003; Ad altra Cura. Condizioni e destinazioni dell’educare, 2006; Immagini della persona. Adolescenti, tv, educazione, 2009; La forma
impossibile. Introduzione alla filosofia dell’educazione, 2016; Didattica Minima. Anacronismi della scuola rinnovata, 2017; Etica per un educatore, 2023.
Riccardo Ferrari (Genova, 1972) insegnante e dottore di ricerca in “Scienze
dell’antichità e filologico-letterarie” presso l’Università di Genova. Si è occupato in
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Gli autori
particolare della figura di Furio Jesi attraverso la co-curatela della rivista Ticontre, sezione monografica su Furio Jesi, n. 4, 2015; il saggio “Il maestro e l’allievo”, in Furio
Jesi, Riga, a cura di Marco Belpoliti e Enrico Manera, Milano, marcos y marcos, 2010;
la curatela di Nuova Corrente, “Furio Jesi. La scrittura del mito”, Genova, Tilgher, settembre 2009.
Gianfranco Ferraro è nato a Messina, Italia. La sua attuale ricerca si concentra sulle
forme di conversione, studiate attraverso diversi punti di osservazione (filosofici, letterari, teologici, politici), in particolare attraverso l’approccio di Michel Foucault e Pierre Hadot. Sull’argomento ha scritto diversi saggi riguardanti in particolare Foucault,
Nietzsche, la storia del pensiero utopico, e sta anche lavorando a un volume teorico. Attualmente coordina la linea di ricerca tematica su “Conversione, educazione e utopie
pedagogiche globali” presso il Centro di Studi Globali dell’Universidade Aberta (Lisbona, Portogallo), dove è anche dottorando in Studi Globali con un progetto di ricerca sulla radici antiche e l’influenza moderna degli “Esercizi spirituali” di Ignazio di
Loyola. In precedenza ha studiato Filosofia in Italia (Pisa; Lecce) in Francia (EPHE,
Parigi), dove ha conseguito il dottorato di ricerca in Filosofia con una tesi sulla nozione di ascesi in Nietzsche, Weber e Foucault. È fondatore e direttore editoriale della rivista internazionale Thomas Project: A Border Journal for Utopian Thoughts. Ha co-curato (con Marta Faustino) i volumi The Late Foucault. Ethical and Political Questions
(Bloomsbury: London-New York, 2020), e Rostos do si. Autobiografia, Confissão, Terapia (Vendaval: Lisboa, 2019), (con António Caeiro) il libro Formas de conversão.
Filosofia, política, espiritualidade (Abysmo: Lisboa, 2023). Sta coordinando (con José
Eduardo Franco) una Storia Globale delle Utopie. Ha inoltre tradotto in italiano opere
della tradizione utopica moderna e contemporanea.
Elena Komissarova è una violinista, e dal 1998 al 2023 è stata strumentista presso l’Orchestra Metropolitana di Lisbona e docente presso l’Academia Nacional Superior de Orquestra (AMEC, Lisbona). Attualmente fa parte del gruppo di ricerca guidato da Raquel Henriques da Silva, presso l’Istituto di Storia dell’Arte (IHA-FCSH)
dell’Universidade Nova di Lisbona, che realizza un inventario dell’opera della pittrice Aurélia de Sousa (1866-1922) destinato al Catalogo ragionato. Elena Komissarova è
stata membro del comitato scientifico del Congresso Internazionale Aurélia de Sousa.
Mulheres Artistas em 1900, organizzato dall’Istituto di Storia dell’Arte (IHA) della Facoltà di Scienze Sociali e Umane dell’Universidade Nova de Lisboa (FCSH NOVA),
dal Museo Nazionale di Soares dos Reis (MNSR, Oporto) e dal Municipio di Matosinhos, svoltosi nell’aprile 2023, nelle città di Oporto e Matosinhos, partecipa a convegni e conferenze nella sua area di ricerca e ha pubblicato articoli su riviste portoghesi e
internazionali. Sta lavorando a una tesi di dottorato intitolata “A manifestação pictórica de Intertextualidade num estudo de obras selecionadas de Aurélia de Souza (18661922), Elena Kiseleva (1878-1974) e Sonia Delaunay (1885-1979)”.
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Gli autori
Luca Lenzini (Firenze, 1954) ha dedicato studi e commenti all’opera di Vittorio Sereni, Franco Fortini, Guido Gozzano, Giovanni Giudici, Attilio Bertolucci, Alessandro Parronchi, Giuliano Scabia e altri autori novecenteschi, non solo italiani. Ha diretto la Biblioteca Umanistica dell’Università di Siena dal 1989 al 2021 ed è coordinatore del Centro
di ricerca interdipartimentale Franco Fortini. È membro della redazione di Altraparola.
Luca Lupo (Bologna, 1966) è professore associato di Filosofia morale presso l’Università della Calabria – Dipartimento di Studi Umanistici – dove insegna Istituzioni di Etica, Etica delle forme di vita ed Etica e psicoanalisi. I suoi interessi di ricerca e
le sue pubblicazioni si concentrano soprattutto sul pensiero di Friedrich Nietzsche e
sui rapporti tra etica e psicoanalisi. Luca Lupo è membro del Seminario Permanente Nietzscheano (Istituto Italiano di Studi Germanici), del Comitato scientifico del
Gruppo di ricerca Hypernietzsche, del Laboratorio di Ricerche Filosofiche e Psicoanalitiche “Antigone” dell’Università della Calabria, dell’Accademia per la Formazione
(APF), della Comunità Internazionale di Psicoanalisi (CIP).
Alvise Marin, ha insegnato filosofia e si è occupato di formazione politica. La sua ricerca si svolge attorno alla questione del soggetto, tra arte, psicoanalisi e pensiero filosofico. Si interessa anche di pensiero critico economico politico. Organizza presentazioni di
libri e convegni. È membro del comitato veneziano della Società della cura. Pubblica su
Altraparola, Rizomatica, Comune-info e artemagazine.
Andrea Luigi Mazzola è dottore di ricerca in Discipline Filosofiche presso la Scuola
Normale Superiore. Da sempre interessato alle intersezioni tra pensiero filosofico, manifestazioni artistiche e critica sociale, si è formato sui testi di Hegel e di Marx approfondendone criticamente i rapporti. Si è occupato di filosofia della musica, studiando
il pensiero di Theodor W. Adorno, Arnold Schönberg e Thomas Mann, e negli ultimi anni si è sempre più interessato all’analisi critica di fenomeni artistico-musicali contemporanei. Ha pubblicato recensioni e articoli di critica cinematografica sulle riviste
Il Ponte e Rifrazioni. Attualmente è cultore della materia in Storia della Filosofia presso l’Università Kore di Enna.
Luca Morganti è architetto. Durante la formazione universitaria ha frequentato l’ILAUD con Giancarlo de Carlo e Peter Smithson. Dopo la laurea a Firenze ha studiato alla ETSAB di Barcellona. Ha scritto e curato tra gli altri: Lo spazio del libro (2013);
Rem Koolhaas come narratore della crisi in N. Di Nunzio, S. Jurisic, F. Ragni La parola mi tradiva. Letteratura e crisi (2017); Gino Zani. L’ingegnere, l’architetto, lo storico
(2018). Recentemente ha pubblicato Dieci pilastri nel giardino d’Europa. Stefano Boeri a San Marino (2021).
Francesco Nappo nasce a Napoli nel 1949 ed attualmente insegna Italiano e Storia
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Gli autori
nelle scuole superiori. Le sue raccolte di poesia sono Genere (Quodlibet, 1996); Poesie
(Quodlibet, 2007); I passeri di fango (Quodlibet, 2018).
Mario Pezzella ha insegnato Estetica ed Estetica del Cinema in diverse università
italiane e straniere. È attualmente direttore della rivista Altraparola e redattore della rivista Il Ponte, per la quale cura la rubrica cinematografica e collabora col Centro per la
Riforma dello Stato. Tra le sue pubblicazioni recenti: La memoria del possibile (Milano 2009), Insorgenze (Milano 2014), Le nubi di Bor (Arezzo 2016), La voce minima
(Roma 2017), Altrenapoli (Torino 2019). Insieme ad A. Tricomi ha curato il volume I
corpi del potere. Il cinema di Aleksandr Sokurov (Milano 2012); ha curato inoltre i numeri speciali del Ponte: La Repubblica dei beni comuni (2013), Gli spettri del capitale
(2014) e Il tempo del possibile: l’attualità della Comune di Parigi (insieme a Francesco
Biagi e Massimo Cappitti, 2018).
Stefano Rota, ricercatore indipendente e lavoratore nomade. Gestisce il blog di
“Transglobal”. Ha pubblicato recentemente con altri autori La (in)traducibilità del
mondo (Ombre Corte, 2020) e ha contribuito a F.O. Dubosc (a cura di) Lessico della
crisi e del possibile (SEB27, 2019). La sua ultima pubblicazione è: La fabbrica del soggetto. Ilva 1958-Amazon 2021 (Sensibili alle foglie, 2023). Collabora saltuariamente con
riviste online italiane e lusofone.
Pietro Saitta è professore ordinario di Sociologia Generale presso l’Università degli Studi di Messina. Ha insegnato e condotto ricerca presso istituzioni italiane e internazionali. Si è occupato, in una prospettiva prevalentemente etnografica, di questioni urbane, disastri, ambiente, controculture e criminologia critica. Tra i suoi volumi
più recenti: Violenta Speranza. Trap e riproduzione del “panico morale” in Italia (Ombre Corte 2023); Populismo urbano. Autoritarismo e conflitto in una città del Sud (Messina 2018-2022) (Meltemi, 2022); The Endless Reconstruction and Modern Disasters.
The Management of Urban Space Through an Earthquake – Messina 1908-2018 (con
D. Farinella, Palgrave MacMillan, New York. 2019); Prendere le case. Fantasmi del sindacalismo in una città ribelle (Ombre Corte, 2018); Criminologie critiche contemporanee (con C. Rinaldi, a cura di; Giuffré Francis Lefebvre); Resistenze. Pratiche e margini
del conflitto nel quotidiano (Ombre Corte, 2015); Quota zero. Messina dopo il terremoto: la ricostruzione infinita (Donzelli, 2013).
Ruggero Savinio è nato a Torino nel 1934. Dopo aver frequentato la Facoltà di Lettere a Roma, ha soggiornato a lungo a Parigi (1958-1961). La sua ricerca, svolta generalmente in cicli di opere, è segnata da una costante interrelazione e compenetrazione
di colore, luce e materia, che generano spazi e figure, presenze incombenti e allo stesso tempo sfuggenti, evocative ed enigmatiche. Nel 1986 ha ottenuto il Premio Guggenheim per un artista italiano; è stato invitato alla Biennale di Venezia nel 1988 e nel
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Gli autori
1995 con una sala personale e ha presentato le sue opere in numerose mostre antologiche, tra cui Sala Viscontea del Castello Sforzesco a Milano nel 1999, Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma nel 2012, Accademia Nazionale cinese di pittura a Pechino nel 2018, e Palazzo Reale di Milano nel 2022. Ha scritto numerosi libri, fra i quali
i più recenti sono: Il cortile del Tasso (Quodlibet, Macerata 2017) e Il senso della pittura (Neri Pozza, Milano 2019).
Alessandro Simoncini insegna Filosofia Politica all’Università per Stranieri di Perugia. Tra le sue recenti pubblicazioni: Società della merce, spettacolo e biopolitica neoliberale,
Milano, Mimesis, 2022; Populism and neoliberalism. Notes on the morphology of a «perverse alliance», in “Interdisciplinary Political Studies”, 2, 2021; Sul buon uso foucaultiano
di Marx. Corpi e anime docili tra Surveiller et punir e La société punitive, in A. Gabellone,
G. Preite (a cura di), Karl Marx. Eredità teoriche e nuove prospettive analitiche, Pisa, Pacini, 2022; Sulla «guerra giusta». Note genealogiche, in “Altraparola”, 8, 2023.
Antonio Tricomi insegna Discipline letterarie negli Istituti di istruzione secondaria di II grado. Tra i suoi libri: La Repubblica delle Lettere. Generazioni, scrittori, società nell’Italia contemporanea (Quodlibet, Macerata 2010); Fotogrammi dal moderno.
Glosse sul cinema e la letteratura (Rosenberg & Sellier, Torino 2015); Cronache letterarie (Galaad, Giulianova 2017); Pasolini (Salerno, Roma 2020); Epidemic. Retroversioni dal nostro medioevo ( Jaca-Book, Milano 2021); Macerie borghesi. Genealogie letterarie del presente (Rogas, Roma 2023).
Alberto Zino, psicanalista e scrittore, dal 1979 a Firenze e a Empoli. Allievo di Aldo
Rescio, ha fondato nel 1975 il Collettivo Freudiano di La Spezia e nel 1980 la Scuola
Psicanalitica Freudiana di La Spezia e Firenze. Ha svolto attività didattica e ricerca nelle Facoltà di Filosofia e Psicologia delle Università di Pisa e Firenze. Dal 1992 tiene a
Firenze il Seminario di Psicanalisi Critica. Analista didatta e conduttore di gruppi per
la formazione degli psicanalisti. Ha diretto la Rivista web Psicanalisi Critica (Edizioni
ETS). Socio fondatore della Comunità Internazionale di Psicoanalisi, ne dirige la Rivista (“Comunità Psicoanalitica”), per le Edizioni ETS. Ha pubblicato saggi e libri, tra
cui L’incertezza delle voci. Per una psicanalisi dello sviluppo, 2002; Psicanalisi e filosofia. Il male, 2004; Vita comune. Per un’etica, Freud, 2005; Lo spaesamento e il testimone, 2006; La passione dell’Altro, 2008; Salvo a parlarne. Storia di Elle, 2009; Frammenti
di fondazione per la psicanalisi critica, 2010; La condizione psicanalitica, 2012; Appena
emersi, un luogo, in Nancy, Blanchot e al., “Scritture della creazione”, 2013; Il panico e
la sorgente. Psicanalisi, DSM e altre domande, 2014; Orchidee sparse per dono in un prato morto, in Aa. Vv., “Celan e Heidegger” (Press & Archeos, 2017); Necessità della psicanalisi, 2019. Ha curato per ETS il volume collettivo Derrida, Blanchot, Kafka tra psicanalisi e filosofia (2016) e Lacoue-Labarthe, Nancy, Il panico politico (2017). È membro
della redazione di Altraparola.
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