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L'altra Musa. Storia (e storie) di Saffo tra Sette e Ottocento

2015

L’epiteto di ‘decima Musa’, com’è noto, venne conferito a Saffo dagli antichi stessi, a tal punto preda dell’incanto soffuso nei suoi versi da ricondurli a un’origine divina, olimpia. La decima Musa ebbe tuttavia un differente destino, rispetto alle sue nove ‘sorelle’: divenne infatti fonte di ispirazioni innumerevoli non solo in virtù della facoltà poetica, ma anche grazie alla sua persona (o meglio, personaggio), che fu ri-creato – spesso in chiave leggendaria – dagli autori che a lei si volsero. Seguire nel tempo le orme di una Musa è impresa sempre ardua; particolarmente ardua, nel caso in cui la Musa risorga di continuo, non esclusivamente come spirito e afflato di bellezza, ma, si è detto, anche e soprattutto in qualità di personaggio. I testi riuniti nel presente volume, che risalgono tutti ai decenni fra Settecento e Ottocento, offrono una testimonianza (senza pretese di esaustività, ma rappresentativa della coeva scena letteraria italiana) delle continue rinascite del personaggio-Saffo. Lo studio e la cura di tali opere costituiscono un attraversamento di generi letterari molteplici e compositi: dalle traduzioni ai liberi rifacimenti delle liriche attribuite a Saffo sino alle biografie, dal teatro tragico al ballo mitologico (con varie ibridazioni e contaminazioni) è la storia di un’intera stagione di cultura a dispiegarsi, sul filo di un unico motivo conduttore, sotto gli occhi di chi legge, specialista o appassionato che sia, a conferma della vitalità inesauribile di Saffo quale sorgente non solo di racconto, ma anche di nuove idee sulla poesia, di nuovi modi di fare poesia.

Salvatore Puggioni conduce i propri studi presso il Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari dell’Università di Padova. Ha curato l’edizione delle Epistole in versi e dei Sermoni di Ippolito Pindemonte (Padova, Il Poligrafo, 2010). Al suo attivo ha inoltre diversi saggi e contributi sulla fortuna moderna della Saffo ovidiana: recente la pubblicazione del volume Saffo nella tradizione poetica italiana dal Sei all’Ottocento (Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 2014). ISBN 978 88 6787 371 5 € 28,00 L’ALTRA MUSA Storia (e storie) di Saffo tra Sette e Ottocento a cura di Francesca Favaro Salvatore Puggioni prefazione di Lorenzo Braccesi a cura di F. Favaro e S. Puggioni Francesca Favaro collabora con il Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari dell’Università di Padova. Ha pubblicato, oltre a numerosi saggi, le monografie Alessandro Verri e l’antichità dissotterrata (Ravenna, Longo, 1998); Le rose còlte in Elicona. Studi sul classicismo di Vincenzo Monti (Ravenna, Longo, 2004); Canti e Cantori bucolici. Esempi di poesia a soggetto pastorale fra Seicento e Ottocento (Cosenza, Pellegrini, 2007). Del 2012 è il volume Costanza Monti, Perugia, ali&no editrice. Nel 2013 è uscita l’edizione commentata, a sua cura, della Feroniade di Vincenzo Monti, pubblicata per conto della Padova University Press. L’ALTRA MUSA L’epiteto di ‘decima Musa’, com’è noto, venne conferito a Saffo dagli antichi stessi, a tal punto preda dell’incanto soffuso nei suoi versi da ricondurli a un’origine divina, olimpia. La decima Musa ebbe tuttavia un differente destino, rispetto alle sue nove ‘sorelle’: divenne infatti fonte di ispirazioni innumerevoli non solo in virtù della facoltà poetica, ma anche grazie alla sua persona (o meglio, personaggio), che fu ri-creato – spesso in chiave leggendaria – dagli autori che a lei si volsero. Seguire nel tempo le orme di una Musa è impresa sempre ardua; particolarmente ardua, nel caso in cui la Musa risorga di continuo, non esclusivamente come spirito e afflato di bellezza, ma, si è detto, anche e soprattutto in qualità di personaggio. I testi riuniti nel presente volume, che risalgono tutti ai decenni fra Settecento e Ottocento, offrono una testimonianza (senza pretese di esaustività, ma rappresentativa della coeva scena letteraria italiana) delle continue rinascite del personaggio-Saffo. Lo studio e la cura di tali opere costituiscono un attraversamento di generi letterari molteplici e compositi: dalle traduzioni ai liberi rifacimenti delle liriche attribuite a Saffo sino alle biografie, dal teatro tragico al ballo mitologico (con varie ibridazioni e contaminazioni) è la storia di un’intera stagione di cultura a dispiegarsi, sul filo di un unico motivo conduttore, sotto gli occhi di chi legge, specialista o appassionato che sia, a conferma della vitalità inesauribile di Saffo quale sorgente non solo di racconto, ma anche di nuove idee sulla poesia, di nuovi modi di fare poesia.
Titolo capitolo 3 Indice Prefazione Lorenzo Braccesi 5 Criteri generali di edizione 9 TRADuZIONI, pARAFRASI, RIelABORAZIONI e BIOGRAFIe a cura di Francesca Favaro 11 Traduzioni, parafrasi, rielaborazioni delle più note e diffuse liriche di Saffo 31 Biografie 93 FRANCeSCO SAveRIO De’ ROGATI, Vita di Saffo Lesbia 94 GIuSeppe MIlANI, Vita di Saffo 107 BONAveNTuRA vIANI, Vita di Saffo 117 LIBRETTI E TRAGEDIE 123 CARlO INNOCeNZO FRuGONI, Le feste d’Imeneo. Atto di Saffo a cura di Salvatore Puggioni 125 4 L’aLtra musa GIOvANNI pINDeMONTe, Il salto di Leucade a cura di Francesca Favaro 157 GAeTANO GIOIA, Saffo. Ballo mitologico a cura di Salvatore Puggioni 261 luIGI SCevOlA, Saffo. Tragedia a cura di Salvatore Puggioni 295 STANISlAO MARChISIO, Saffo. Tragedia a cura di Francesca Favaro 367 Bibliografia 445 Ringraziamenti 453 Prefazione 5 Prefazione Per intendere i maggiori, e quindi per arrivare alle pagine che non hanno tramonto di Leopardi o di Baudelaire o di Pascoli, è necessario conoscere i ‘minori’. Questo, credo, il fine di questo libro che ci propone un viaggio di respiro antologico sulla fortuna di Saffo tra Sette e Ottocento; sia per quanto riguarda sue traduzioni o imitazioni o biografie, sia per quanto concerne, con un pretestuoso romanzo biografico, l’argomento di libretti e di drammi teatrali. Si tratta di scritture oggi non solo ignote, ma anche difficilmente rintracciabili, e della cui scrupolosa raccolta, criticamente illustrata, va dato merito agli autori. Tutti, tanto maggiori quanto ‘minori’, si muovono sulla scia della leggenda – ai moderni vulgata da Ovidio – dell’amore di Saffo per Faone e del suicidio della poetessa dalla rupe di Leucade. Ma i ‘minori’ nelle loro riscritture, o addirittura nelle traduzioni, delle strofe di Saffo fanno violenza al suo dettato poetico per adattarne alla leggenda i suoi scarni cenni autobiografici, ieri ancora più avari di oggi. Valgano due esempi. Il frammento 168 B Voigt recita, nella puntuale traduzione in prosa di Franco Ferrari: “È tramontata la luna con le Pleiadi, la notte è al mezzo, il tempo trascorre, e io dormo sola”. Versi che però sono così stravolti, in funzione della presunta passione della poetessa per Faone, da Saverio Broglio d’Ajano: “trascorsa è l’ora / ed ei, me misera! / non viene ancora. / […] / […] ei lasciami, / nel letto ahi! sola!”; ovvero così alterati nel loro incipit da Francesco Zanotto: “Nel mar di già le Pleiadi e la Luna / il raggio loro ascosero lucente; / scese dall’alto già la notte bruna / in occidente”. In entrambi i casi il pronome “ei” e la specificazione geografica “in occidente”, cioè presso Leucade, rimandano alla leggenda di Faone. Ben nota anche al Leopardi dell’Ultimo canto di Saffo e al Foscolo dell’Amica risanata che però rispettivamente così traducono il medesimo frammento: “Oscuro 6 L’aLtra musa è il ciel: nell’onde / la luna già s’asconde, / e in seno al mar le Pleiadi / già discendendo van. // È mezzanotte, e l’ora / passa frattanto, e sola / qui sulle piume ancora / veglio ed attendo invan” ~ “Sparir le pleiadi, / sparì la luna, / è a mezzo il corso la notte bruna; / io sola intanto / mi giaccio in pianto”. Si tratta, ovviamente, di riscritture e di rivisitazioni che, per quanto pure esse filologicamente discutibili, non cedono all’arbitrio di divagazioni sul sesso della persona rimpianta da una poetessa che si sente disperatamente abbandonata. Anzi il “mi giaccio in pianto” del Foscolo rimanda alla sua irraggiungibile traduzione dell’ultima strofe (superstite?) dell’ode per la fanciulla amata, ora frammento 31 Voigt: “E tutta molle d’un sudor di gelo, / e smorta in viso come erba che langue, / tremo e fremo di brividi, ed anelo / tacita, esangue”. Gli echi contenutistici di questi ‘minori’, lirici o drammaturghi che essi siano, sono destinati ad attraversare tutto l’Ottocento avendo definitivo suggello in non pochi componimenti del Carducci che attraversano (senza esclusioni) l’intero suo canzoniere, da Iuvenilia a Rime e ritmi. Anzi, in questo tardo libro poetico, possiamo constatare, a un tempo, e con note di piena attualità, l’ultima resurrezione e l’estrema trasfigurazione della leggenda di Saffo suicida nelle acque dello Ionio. Nel 1898 il vecchio poeta in Alle Valchirie, commemorando il recente lutto domestico abbattutosi sulla declinante dinastia degli Asburgo, scrive con riferimento all’assassinio di Elisabetta imperatrice di Austria: “Sveglisi ne’ freschi anni la pura vindelica rosa / a un dolce accordo di tinnïenti cetre. // Qual più soave mai, la musa di Heine risuona: / chi dall’erma risponde Leucade, sospirando? // Tien la spirtale riva un’alta serena quïete / come d’elisio sotto la grazïosa luna”. L’Elisabetta carducciana chiude, tramontando l’Ottocento, la serie delle rielaborazioni del mito di Saffo e rappresenta il salvifico anello di congiunzione tra passato e presente. Ella approda, da morta, alle isole dello Ionio, e queste, per memoria di Achille (citato poco innanzi) e soprattutto per magica suggestione di Saffo, assumendo la connotazione di Eliso, si trasfigurano nelle isole dei Beati. La cui riva è “spirtale” perché popolata da spiriti eletti, cioè – come nell’ode Presso l’urna di Percy Bysshe Shelley – dalle anime “delle belle” e “degli eroi” immortalate dalla leggenda. Gli echi stilistici investono, soprattutto per i componimenti in settenari, la produzione poetica di più ampio consumo, contemporanea e successiva, dove ne ritroviamo non fuggevoli risonanze non solo nella poesia profana, ma perfino in quella di ispirazione religiosa. Non dico nel Manzoni, ma nella schiera dei suoi troppi imitatori. Ab uno disce omnia! Scrive Francesco Prefazione 7 Saverio de’ Rogati: “Vieni, pietosa Venere, / che co’ soavi accenti / il cor da tante angustie / già sollevasti allor. // Vieni, e per te sia libera / l’alma da’ suoi tormenti: / seconda, o Diva Idalia, / i voti del mio cor”. Orbene, se per celiare sostituissimo a “Venere” e a “Diva Idalia” l’appellativo sacrale di ‘Vergine’ (Vieni, pietosa Vergine - seconda, o Diva Vergine), otterremmo un qualcosa che assomiglia molto, e senza forzature metriche, a un’imitazione contaminata tanto dalla chiusa del coro di Ermengarda nell’Adelchi quanto da alcune strofe, tra le più significative, degli Inni sacri. Sarebbe un gioco forse dissacrante, ma un gioco che non deve stupirci, ché tanti e tali sono i corsi e i ricorsi della memoria letteraria; determinata proprio dalla scrittura dei ‘minori’ giacché sono essi che influenzano il gusto e le cifre stilistiche delle singole età. Con questo spirito, a mio avviso, bisogna avvicinarsi a questo libro dalla duplice valenza: sia quella di costituire una tappa (non transeunte) nello studio della fortuna del mito di Saffo, sia quella di disseppellire dall’oblio autori dimenticati della letteratura italiana. lOReNZO BRACCeSI