- Capitolo III La sicurezza dell’atto notarile informatico
di Gianluca La Marca
1. Introduzione: certezza del diritto, sicurezza giuridica, semplificazione
normativa
Tipicamente nei sistemi giuridici positivi, la certezza del diritto è un valore sacro1.
Più che in termini di teoria generale, però2, lo è senz’altro per l’assolvimento della sua funzione
ordinante della società: essa è garanzia di effettività del diritto statuito, e quindi del suo recepimento sociale, tale da giustificarne perfino la ragion d’essere3.
Soltanto a fronte di regole giuridiche certe i destinatari potranno prevedere le conseguenze del loro
agire e quindi conformare ad esse i propri comportamenti, giacché la certezza del diritto favorisce
la ‘sicurezza’ dei rapporti giuridici instaurati sulla base di tali regole, promuovendo così quel
sentimento di fiducia nelle relazioni interpersonali che sta a fondamento della società civile.
Ma se la certezza del diritto garantisce, in ultima analisi, la sopravvivenza stessa del diritto posto e
della socìetas moderna che questi organizza, se ne può dedurre che, da un lato, la certezza del diritto
assurge a principio costituzionale dell’ordinamento positivo4, mentre, da un altro lato, assolve al
proprio ruolo fondamentale specialmente nei momenti di transizione critica della società,
momenti delicati di contingente smarrimento nel suo continuo divenire, allorché le novità che
Lungi da ogni compromissione religiosa, nel suo
significato prettamente etimologico: l’aggettivo
‘sacro’, infatti, deriva dalla radice indoeuropea sac-,
sak-, sag-, che vale come “attaccare, aderire, avvincere
a”, ovvero, secondo una certa tesi, dalla parola
sanscrita sac-ate (o sap-ati), che significa “seguire,
accompagnare”
(fonte:
http://www.etimo.it/?term=sacro& find=Cerca, il 5
luglio 2011). La certezza del diritto, dunque, come
valore-guida dei sistemi giuridici moderni (vedi infra).
1
Così M. CORSALE, voce Certezza del diritto. I) Profili
teorici, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, p. 2, § 1.3. (a cui
si rinvia per le relative argomentazioni), il quale
dimostra come, dal punto di vista della teoria
generale del diritto, «il problema della certezza o è
inafferente o non può che essere risolto che negativamente».
2
3 Cfr. ancora CORSALE, op. cit., p. 2, §§ 1.4. e 2. Cosicché,
il legislatore che creasse regole non certe finirebbe
per negare se stesso, delegittimandosi di fronte a
quella stessa società che dovrebbe invece ordinare.
4 Con riferimento al sistema giuridico nostrano, se ne
intravede il riconoscimento, in generale, nel giudizio
di conoscibilità e ragionevolezza sistematica delle
norme (ex art. 3 Cost.), mentre, più specificatamente,
proprio nel valore della sicurezza giuridica, intesa
come sicurezza del consociato dei e nei rapporti
giuridici (arg. art. 41, comma 2, Cost.: su tale aspetto si
rinvia alle riflessioni di E. BACCIARDI, La disciplina della
trascrizione nella dimensione costituzionale tra esigenze di
“certezza” e “celerità” nella circolazione dei beni, in questo
volume). Cfr. anche C. FARALLI, «Certezza del diritto o
diritto alla certezza?», in Materiali storia cultura giur., 1,
1997, p. 89 e ss., che discorre di «“diritto alla certezza”,
o in senso lato alla sicurezza, da collocarsi tra i diritti
di terza generazione».
- Capitolo III - G. La Marca
103
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
incombono rendono diffidenti i consociati, e la diffidenza per tali novità si trasforma in comprensibile sfiducia nei nuovi mezzi5.
Ora, in simili frangenti di novità pervasive, allo scopo di preservare la sicurezza dei rapporti
giuridici coinvolti, l’approccio del legislatore non dovrebbe essere tanto quello di assecondare la
diffidenza sfiduciante per tali novità, secondo una logica di immobilismo giuridico che guarda alla
tradizione come ricovero sereno per la certezza del diritto6, quanto piuttosto quello di recepire con
responsabilità e con coraggio queste stesse novità: governandone le inevitabili implicazioni sociali
e sfruttandone le potenzialità benefiche di progresso, attraverso, auspicabilmente, una normazione
discreta, come a dire “familiare”, che si ispiri alla semplicità delle nuove regole. Ciò è tanto più vero
là dove le novità di cui si discorre riguardino il campo della tecnologia7, giacché lo sviluppo di una
nuova tecnica ha sempre lo scopo, ontologico, di migliorare l’esercizio pratico di un’attività già
regolata da un’altra tecnica, e poiché la concreta realizzazione di tale scopo dipende dalla sua
diffusione rilevante all’interno del sistema, appare decisivo che l’accesso a questa nuova tecnica
venga facilitato da una normativa semplice, che ne incentivi l’utilizzo consapevole da parte degli
operatori interessati.
Per quanto, dunque, fino ad ora considerato8, ragionare di sicurezza dell’atto notarile ricevuto in
forma numerica9 significa precipuamente appurare che la nuova tecnica digitale per la formazione
di un atto pubblico notarile garantisca la certezza dei rapporti in esso formalizzati in misura non
5 Intesa dunque come valore-guida dell’ordine sociale,
104
e cioè come criterio ispiratore di un’entità mutevole
nel tempo, ciononostante - ed anzi, a ben vedere, ne
costituisce un corollario necessario - la certezza del
diritto non può affermarsi in termini di perfetta assolutezza, ché vi sarebbe d’ostacolo l’irrimediabile
imperfezione delle opere umane; piuttosto, in chiave
post-moderna - o, se si preferisce, con approccio postpositivista - deve essere promossa una certezza del
diritto ‘relativa’, modulabile, che tenga conto della
complessità del sostrato economico-sociale in cui il
diritto opera (per un’analisi recente del problema qui
solo accennato, cfr. F. DI CIOMMO, «Civiltà tecnologica, mercato ed insicurezza: la responsabilità del
diritto», in Riv. crit. dir. priv., 4, 2010, p. 565 e ss., il quale
infatti scrive a p. 583: la certezza del diritto «è un
valore primario degli ordinamenti giuridici moderni
… essa non va intesa nella prospettiva formale ottocentesca, bensì come “ideale regolativo graduabile”.
In altre parole, nell’impossibilità di aspirare ad una
certezza assoluta del diritto, sempre più ostacolata
dalla mutevolezza del dato reale e dall’imperfezione
delle opere umane, è ben possibile perseguire una
certezza relativa, sufficiente a far sentire i consociati
garantiti dal diritto»).
6 Con ciò non si intende affatto negare l’importanza di
un approccio prudenziale per la risoluzione di nuovi
problemi, volendosi semmai promuovere uno
sviluppo “ragionato” del sistema giuridico tutto. Con
la consueta efficacia di stile, sottolinea il medesimo
concetto A. GENTILI, Relazione di sintesi. internet, tecnica
giuridica e politica legislativa, in L. BRUSCUGLIA - R.
ROMBOLI (a cura di), Diritto pubblico e diritto privato
nella rete delle nuove tecnologie, Pisa, 2010, p. 322, il quale
ribadisce che «la prudenza raramente è madre del
progresso» (cfr. già ID., «I documenti informatici:
validità ed efficacia probatoria», in Dir. internet, 2006,
p. 310), ma aggiunge pure che «spesso l’imprudenza è
madre dell’ingiustizia». Con maggiore preoccupazione, P. SIRENA, Dalla parte del diritto, in AA.VV., Il
diritto nell’età della tecnica, Milano, 2010, p. 5 e ss., scosso
com’è - e non a torto - dalle novità legislative destrutturanti degli ultimi tempi, rivendica il primato
dell’ordine giuridico sulle possibilità innovatrici delle
nuove tecnologie.
7 G. PASCUZZI, Il diritto dell’era digitale, II ed., Bologna,
2006, p. 9 e passim, discorre a tal proposito di rapporto
‘simbiotico’ tra diritto e tecnologia.
8 Seppure in modo modesto - il lettore lo perdonerà al solo scopo di introdurre l’argomento in oggetto. Per
gli opportuni approfondimenti, quindi, si rinvia
all’ampia letteratura esistente sul tema della certezza
giuridica e dei suoi rapporti con la società cangiante:
qui basti omaggiare, oltre gli autori già citati, G.
CARCATERRA, «Certezza, scienza, diritto», in Riv. int. fil.
dir., Milano, 1962, p. 377 e ss., e F. LOPEZ DE OÑATE, La
certezza del diritto, Milano, 1968.
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
inferiore a quella già garantita dalla tecnica cartacea, promuovendo, allo scopo, una giusta sintesi
tra certezza tecnica degli strumenti utilizzati e certezza legale del documento informatico
all’interno di un contesto di regole certe e semplici; pur nella consapevolezza, si ammette, che la
ricevibilità di un atto notarile in forma digitale può dirsi utile ed opportuna sol ove si conseguano
risultati finanche migliori, negli stessi termini di sicurezza giuridica e/o in termini di efficienza e/o
di attività concretamente esercitabili rispetto all’atto notarile in forma cartacea10.
L’auspicio che si riescano a coniugare semplificazione e sicurezza, già rivolto al Governo al
momento dell’attuazione delle deleghe legislative contenute negli artt. 33 e 65 della legge 18 giugno
2009, n. 69, suggerisce oggi di verificare - mediante le riflessioni che seguiranno - quanto del
suddetto invito sia stato accolto dal legislatore delegato, il quale ha finalmente adottato il decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 110, recante “Disposizioni in materia di atto pubblico informatico
redatto dal notaio, a norma dell’articolo 65 della legge 18 giugno 2009, n. 69”, in vigore dal 3 agosto
2010, nonché il decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235, contenente “Modifiche ed integrazioni
al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante Codice dell’amministrazione digitale, a norma
dell’articolo 33 della legge 18 giugno 2009, n. 69”, vigente dal 25 gennaio 2011.
2. Sull’ammissibilità attuale dell’atto notarile informatico
In via preliminare, occorrono due precisazioni di carattere terminologico.
In primis, se per “documento notarile” deve intendersi genericamente qualsiasi documento formato
dal notaio nell’esercizio delle sue funzioni pubblicistiche, all’ “atto notarile” deve qui attribuirsi il
105
Il termine ‘numerico’ è sinonimo di ‘digitale’
(dall’inglese digit = cifra), così come di ‘informatico’ e
di ‘logica numerica’, e si riferiscono tutti quanti a
quella particolare tecnologia elettronica (basata, cioè,
sul controllo dei flussi di elettroni) che si fonda
sull’utilizzo di due soli valori: assenza o presenza di
energia. Convenzionalmente, questi due valori
vengono indicati con le cifre (numeri, per l’appunto)
‘0’, per l’assenza di elettroni, e ‘1’, per la presenza di
elettroni. Pertanto, il documento ‘informatico’ - cioè
digitale, numerico, o (per traslazione) logico - non si
identifica genericamente con il documento ‘elettronico’, del quale ne costituisce - invero - soltanto una
species. Il documento che non è formato mediante la
tecnica digitale, sia perché diversamente elettronico
(es. una registrazione video su nastro magnetico, che
si realizza mediante l’utilizzo di molteplici valori di
flussi elettronici) o perché non elettronico (es. un
documento cartaceo) è indicato come documento
‘analogico’, cioè non logico, quindi non numerico né
digitale o informatico (M. CAMMARATA - E.
MACCARONE, La firma digitale sicura. Il documento informatico nell’ordinamento italiano, Milano, 2003, p. 47 e
ss.). Con il D.lgs. 235/2010 (vedi infra), il legislatore ha
infine recepito espressamente tale definizione di
‘documento analogico’ (che, secondo il nuovo art. 1,
9
lett. p-bis, c.a.d., è «la rappresentazione non informatica
di atti fatti o dati giuridicamente rilevanti»), avendo
genericizzato in termini negativi la definizione già
contenuta in termini positivi, da ultimo, nell’art. 1,
lett. b, della Deliberazione Cnipa 19 febbraio 2004, n.
11 (il documento analogico è il «documento formato
utilizzando una grandezza fisica che assume valori
continui, come le tracce su carta (esempio: documenti
cartacei), come le immagini su film (esempio:
pellicole mediche, microfiche, microfilm), come le
magnetizzazioni su nastro (esempio: cassette e nastri
magnetici audio e video) …»).
10 Sia consentito di rinviare a G. LA MARCA, «L’atto
pubblico notarile in forma digitale. Attualità e
prospettive normative nell’ordinamento giuridico
italiano», in Dir. inf., 2009, p. 818, dove si era rilevato
che «la strada da seguire … è ancora quella della
sicurezza, perché la sicurezza altro non è che la
percezione soggettiva della certezza del diritto. Una
semplificazione intelligente va operata all’interno di
un ambiente sicuro: sicurezza e semplificazione non
devono intendersi come alternative tra loro, a meno
che la sicurezza non celi oziosa diffidenza per le
novità tecnologiche o che la semplificazione degeneri
in anarchia di certezza giuridica».
- Capitolo III - G. La Marca
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
significato di atto pubblico ricevuto dal notaio su richiesta delle parti11 o comunque nel loro
interesse12, soggetto alle prescrizioni formali contenute nel capo I del titolo III della legge notarile
(artt. 47 e ss. L.N.)13, nonostante la riforma del 2010 abbia interessato l’intera attività documentale
dell’ufficiale notarile14.
In secundis, l’atto notarile informatico di cui si discorre, ed a cui la riforma del 2010 si riferisce, è per
l’appunto l’atto pubblico “ricevuto” dal notaio, e non quello semplicemente “redatto” dallo stesso
mediante l’uso di strumenti informatici, seppure tanto l’art. 65 L. 69/2009 quanto alcune disposizioni dello stesso D.lgs. 110/2010 (ivi compresa la sua rubrica) si esprimano erroneamente in tal
senso. Infatti, che il notaio possa materialmente redigere un proprio atto con l’ausilio del computer
è già stato consentito dal disposto di cui all’art. 7, comma 1, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 44515, a
norma del quale «i decreti, gli atti ricevuti dai notai, tutti gli altri atti pubblici, e le certificazioni sono
redatti, anche promiscuamente, con qualunque mezzo idoneo, atto a garantirne la conservazione nel tempo».
L’atto notarile informatico, invece, è l’atto che, mercé l’utilizzo di determinate procedure informatiche, il notaio fa proprio nell’esercizio delle sue funzioni certificative e di adeguamento16, tanto
11 A norma dell’art. 27, comma 1, L.N.
di almeno uno dei soggetti interessati).
Pertanto, rimangono esclusi dalla presente trattazione i repertori, gli indici ed i registri variamente
previsti dalla legislazione notarile che il notaio ha
l’obbligo di tenere per l’esercizio delle sue funzioni;
mentre sono da ricomprendervi tutte le fattispecie
per le quali è previsto il ricevimento di un atto
pubblico anche in assenza di una richiesta delle parti
(fattispecie documentali che possono non coincidere
con i cc.dd. atti “senza parte”, i quali sono atti senza
comparenti ma comunque ‘richiesti’ ai sensi dell’art.
27, comma 1, L.N., come ad esempio l’’atto pubblico di
frazionamento sottoscritto esclusivamente dal
notaio’ di cui al comma 6-ter dell’art. 39 decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385). Tra le suddette fattispecie, merita di essere citata in questa sede la rettifica
notarile di cui al nuovo art. 59-bis L.N., introdotta dallo
stesso D.lgs. 110/2010, che il notaio ha «facoltà» di
compiere «mediante propria certificazione contenuta
in atto pubblico da lui formato» senza che si renda
necessaria - per l’appunto - una specifica richiesta da
parte dei soggetti interessati (cfr. così G. CASU, «La
rettifica degli atti mediante certificazione notarile», in
AA.VV., L’atto notarile informatico: riflessioni sul D.lgs.
110/2010, profili sostanziali e aspetti operativi, in I
Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato, 1, 2011,
p. 190, e G. PETRELLI, «Rettifica di errori materiali
negli atti notarili», in Notariato, 2, 2011, p. 241. In senso
contrario F. OLIVIERO, «L’atto notarile di rettifica fra
“errore materiale”, falsa demonstratio e principio di
autosufficienza della nota di trascrizione: l’art. 59-bis
L. 16 febbraio 1913, n. 87 introdotto dal D.lgs. 2 luglio
2010, n. 110», in Nuove leggi civ. comm., 2, 2011, p. 449, il
quale ritiene necessaria la richiesta al notaio da parte
13 Rimarrà escluso, quindi - salvo cenni sporadici anche l’atto pubblico di autenticazione (di copie e di
originali privati), al quale si applicano le rigorose
formalità di cui al capo I del titolo III della legge
notarile soltanto in via residuale ed ove compatibili
(cfr. art. 60 L.N.). Per quanto concerne l’atto pubblico
testamentario, invece, al quale pure si applica il citato
art. 60 L.N., il formalismo addirittura maggiore che lo
caratterizza suggerisce di ricomprenderlo comunque
nella presente trattazione.
12
106
14 Per la riprova, cfr. l’art. 47-bis, comma 2, L.N., in tema
di scrittura privata informatica autenticata; l’art. 57bis, comma 1, l’art. 62-ter, l’art. 68-ter, e l’art. 73 della
legge notarile, in tema di copie informatiche
autentiche, e gli artt. 66-bis e 66-ter L.N., in tema di
repertori, indici e registri dei quali è obbligatoria la
tenuta per il notaio.
15 Secondo alcuni autori tale possibilità poteva già
evincersi, con l’ausilio di un’interpretazione
“evolutiva”, dal previgente art. 1 legge 14 aprile 1957,
n. 251, poi sostituito dall’art. 12, comma 1, legge 4
gennaio 1968, n. 15, che indicava testualmente
soltanto i mezzi della stampa, della scrittura a mano e
della macchina. In tal senso G. PETRELLI, «Documento
informatico, contratto in forma elettronica e atto
notarile», in Notariato, 1997, p. 584; contra G. VERDE,
«Per la chiarezza di idee in tema di documentazione
informatica», in Riv. dir. proc., 1990, p. 722. Sui rapporti
tra l’art 7 D.P.R. 445/2000 e l’attività redazionale del
notaio, vedi anche il parere del Consiglio di Stato n.
2972/03 del 28 ottobre 2003, pubblicato su Notariato,
1, 2004, p. 41 e ss.
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
che mentre la scritturazione materiale dello stesso può essere effettuata anche da un soggetto
diverso dal notaio (v. art. 51, n. 9, L.N.) - mediante pure, come si è detto, l’utilizzo di un personal
computer - il suo “ricevimento” in senso tecnico è un’attività che compete in via esclusiva all’ufficiale notarile (cfr. art. 47, comma 2, L.N.)17.
Ancora preliminarmente, conta altresì rivendicare l’utilità attuale di un’indagine sulla sicurezza
dell’atto notarile informatico quantunque la disciplina introdotta dal D.lgs. 110/2010 non sia
ancora pienamente “a regime”18: per un verso, infatti, è possibile fin da subito individuare le
guidelines entro cui la normazione attuativa dovrà necessariamente operare19, giacché esse si
deducono dalle stesse norme introdotte dal D.lgs. 110/2010, oltre che - salvo previsione avversa dalle altre norme già esistenti ed in vario modo applicabili; per un altro verso, l’analisi è particolarmente opportuna là dove si riuscisse a dimostrare che, pur allo stato attuale della disciplina, l’atto
notarile informatico sia uno strumento già operabile nel nostro ordinamento, e che quindi il notaio
possa ricevere legittimamente un atto pubblico informatico in applicazione delle regole vigenti20.
Prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 110/201021, i dubbi che potevano sollevarsi a tal ultimo
riguardo concernevano primariamente la natura programmatica dell’art. 39 c.a.d., che così recita
tutt’oggi: «I libri, i repertori e le scritture, ivi compresi quelli previsti dalla legge sull’ordinamento del
Notariato e degli archivi notarili, di cui sia obbligatoria la tenuta possono essere formati e conservati su
supporti informatici in conformità alle disposizioni del presente codice e secondo le regole
tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71».
In effetti, nel presupposto che per «scritture» notarili si dovessero intendere anche gli atti ricevuti o
autenticati dal notaio, non era irragionevole sostenere che, seppure non vietata in astratto, la ricevibilità in concreto di un atto notarile informatico fosse subordinata all’adozione di specifiche regole
tecniche, che disciplinassero ad hoc l’attività di rogazione (e di conservazione) dei documenti
notarili soggetti a raccolta. Cosicché, in assenza di tali regole attuative, il notaio non sarebbe stato
legittimato a ricevere un atto pubblico in forma digitale sebbene non fosse emersa alcuna incompatibilità normativa in ordine alla sua astratta ammissibilità22.
Tuttavia, già in altra occasione si è ritenuto di non enfatizzare eccessivamente la disposizione in
parola, sia perché il riferimento alle suddette «scritture» sarebbe da interpretare, più correttamente,
come elemento di un’endiadi («libri, repertori e scritture») riferibile ai soli documenti scritti che il
16 Cfr. M. DI FABIO, Manuale di Notariato, II ed., Milano,
2007, p. 97, nota 7.
innovazione del D.lgs. 110/2010, in AA.VV., L’atto notarile
informatico … , op. cit., p. 26.
Per maggiori dettagli sulla questione, che concerne
più in generale la differenza tra documento informatico in senso ampio (che è solo ‘redatto’ digitalmente) e documento informatico in senso stretto
(che è compiutamente ‘formato’ in modo digitale), si
rinvia a LA MARCA, op. cit., p. 806-807, spec. note 55 e 57.
20 Relativamente alla normazione attuativa e, ancor di
più, se non si dovesse riconoscere l’attuale ammissibilità dell’atto notarile informatico, le odierne
riflessioni vorrebbero allora concretarsi in un
ulteriore invito alla semplificazione sicura.
17
18 Si vedano, infatti, i nuovi artt. 66-bis, comma 3, e 68-
bis della legge notarile, nonché l’art. 4 del D.lgs.
110/2010, i quali prevedono l’adozione di uno o più
decreti ministeriali per l’attuazione di talune norme
introdotte dallo stesso D.lgs. 110/2010.
Similmente, S. CHIBBARO, La formazione e sottoscrizione dell’originale informatico: norme compatibili e
19
Sull’ammissibilità dell’atto notarile informatico
ante riforma, si rinvia a LA MARCA, op. cit., ed alla
bibliografia ivi richiamata, ché dovrebbe essere - a
quanto consta - l’ultimo contributo edito sul tema
prima dell’entrata in vigore del D.lgs. 110/2010.
21
Leggi più approfonditamente in G. LA MARCA,
«Nota a rettifica sul campo di applicabilità dell’art. 39
c.a.d.», su www.iureproprio.it del 2 settembre 2010.
22
- Capitolo III - G. La Marca
107
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
notaio ha l’obbligo, tecnicamente, di ‘tenere’ per l’assolvimento delle sue funzioni, e non anche di
‘custodire e conservare’ ai sensi di quanto stabilito dagli artt. 61 e 72, comma 3, L.N.23, sia perché, in
ogni caso, all’interpretazione formalistica basata sulla previsione necessaria di regole tecniche
dedicate, sarebbe stata preferibile un’interpretazione sistematica delle norme sul documento informatico - le quali, già esistenti ed immediatamente applicabili, di fatto già disciplinavano la sua
‘formazione’24 - tale per cui, in definitiva, nessun dato positivo poteva dirsi confermare l’illiceità o
l’illegittimità dell’atto notarile informatico25.
Un problema decisamente più serio, invece, era rappresentato dalla mancanza di regole tecniche
che disciplinassero, questa volta, la ‘conservazione’ degli atti ricevuti dal notaio in forma digitale, in
quanto mancava pure la normativa tecnica che, a norma dell’art. 20, comma 3, c.a.d., avrebbe dovuto
disciplinare in generale26 la conservazione dei documenti informatici.
Nondimeno, pur a fronte di una lacuna normativa così grave, attenta dottrina aveva rilevato che
sarebbe stato comunque legittimo per il notaio ricevere un atto pubblico in forma numerica
giacché, in qualità di pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a produrre copie autentiche di
documenti, egli avrebbe potuto sostituire la conservazione degli atti originali formati digitalmente
con la custodia di loro copie cartacee certificate conformi: tanto, ai sensi dell’art. 23, comma 2-bis,
c.a.d., secondo cui «le copie su supporto cartaceo di documento informatico, anche sottoscritto con
firma elettronica qualificata o con firma digitale, sostituiscono ad ogni effetto di legge l’originale da
cui sono tratte» - e quindi anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi di conservazione e custodia
previsti dalla legislazione notarile - «se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è
attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato»27.
108
Si rinvia, sul punto, a quanto precisato in LA
MARCA, «Nota a rettifica …», op. cit.
23
Cfr. le regole tecniche in materia di «generazione,
apposizione e verifica delle firme digitali e validazione temporale dei documenti informatici» di cui
al D.P.C.M. 30 marzo 2009, n. 38840, con particolare
riferimento al terzo comma dell’art. 3.
24
LA MARCA, «Nota a rettifica … », op. cit., al quale
nuovamente si rinvia per un’analisi più esauriente.
25
26 L’ordinamento conosceva soltanto norme settoriali
(es. il D.m. 23 gennaio 2004, n. 13138, in materia
fiscale) o non decisive (es. la citata Deliberazione
Cnipa 11/2004, che contiene regole tecniche per la
conservazione di ‘copie’ conformi di documenti
originali) dalle quali non era possibile ricavare in via
interpretativa una disciplina organica in materia di
conservazione di documenti originali informatici
(così S. CHIBBARO, Prospettive di sviluppi normativi, Atti
del Convegno su “La sicurezza giuridica nella società
dell’informazione”, Roma, 25-26 settembre 2008, p. 5 e
ss.). Lo stesso dicasi per l’art. 2215-bis c.c., il quale ha in
un certo senso attuato la previsione generale
contenuta nell’art. 39 c.a.d. con esclusivo riguardo alle
scritture contabili dell’imprenditore commerciale.
27
L. GENGHINI, La forma degli atti notarili, I, Padova,
2009, p. 569 e ss. Decisamente avverso a tale
conclusione è M. NASTRI, Atti del Convegno, La dematerializzazione e la conservazione a lungo termine dei
documenti informatici, in La sicurezza giuridica nella
società dell’informazione. Documento informatico e innovazione nella pubblica amministrazione, Roma, 25-26
settembre 2008, p. 17, nota 30, il quale etichetta come
«fra l’altro irrazionale ed antistorica, oltre che
contraria ai principi del Codice dell’amministrazione
digitale, la trasformazione del documento informatico in cartaceo per assicurare il rispetto della
normativa».
In contrario, a parte la considerazione che se una
norma del codice dell’amministrazione digitale
prevede la sostituibilità «ad ogni effetto di legge» di
un documento informatico con la sua copia cartacea
certificata conforme, tale facoltà non può certo dirsi
contraria ai principi ivi affermati (né che questa stessa
facoltà non possa essere utilizzata dal notaio, stante
l’art. 2, comma 3, c.a.d. anche pre-riforma e l’inesistenza di una specifica norma avversa), non deve però
confondersi l’opportunità di una soluzione siffatta
con la sua giuridica fondatezza: è da contestare la
prima per più di una ragione (su cui, condivisibilmente, C. SANDEI, «L’atto pubblico elettronico», in
Nuove leggi civ. comm., 2, 2011, p. 462-463; ma cfr. anche
LA MARCA, «L’atto pubblico notarile in forma digitale
…», op. cit., p. 816-817), mentre non si rinvengono
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
Alla luce dunque di uno scenario normativo simile, che non contemplava espressamente la forma
dell’atto pubblico informatico ma per il quale la sua ammissibilità non risultava ostacolata da
alcuna previsione di legge che ne negasse, astrattamente o in concreto, la legittima ricevibilità da
parte del notaio28, ci si sarebbe aspettati che l’adozione di una normativa dedicata specificamente a
tale strumento confermasse senza problemi l’ammissibilità immediata dell’atto notarile digitale.
Ed invece, benché possa sembrare finanche paradossale, all’indomani dell’entrata in vigore proprio
del D.lgs. 110/2010 - ed anche con l’adozione del D.lgs. 235/2010 - non pare allo stato (più) possibile
per il notaio, salvo quanto si dirà in appresso, ricevere “in piena legittimità” un atto pubblico in
forma digitale.
A tale proposito, le disposizioni programmatiche contenute nel D.lgs. 110/2010 si riferiscono,
invero, soltanto alla formazione ed alla conservazione dei ‘repertori e dei registri notarili’ dei quali
è prevista la tenuta obbligatoria (vedi l’art. 66-bis, comma 3, L.N. e l’art. 4 D.lgs. 110/2010)29, nonché
alla ‘conservazione’ degli atti di cui agli artt. 61 e 72, comma 3, L.N. in forma digitale, ai sensi dell’art.
62-bis L.N., e delle copie informatiche degli stessi atti30 formati su supporto cartaceo, ai sensi dell’art.
62-ter L.N. (vedi l’art. 68-bis, lett. c, L.N. e l’art. 4 D.lgs. 110/2010) presso l’apposita struttura gestita dal
Consiglio Nazionale del Notariato (vedi la lettera b dell’art. 68-bis, comma 1, L.N. e l’art. 4 D.lgs.
110/2010).
Inoltre, perfino talune disposizioni programmatiche riconducibili alla ‘formazione’ dell’atto
pubblico digitale non negano, ma anzi sembrano confermare che il notaio possa ricevere un atto
pubblico informatico allo stato attuale della disciplina. Si vedano così le lettere a e c dell’art. 68-bis,
comma 1, L.N.: la lettera a attiene alla previsione di «ulteriori» tipologie di firme elettroniche utilizzabili per la sottoscrizione dell’atto notarile informatico, suggerendo dunque che, in via immediata,
si possono utilizzare le firme menzionate nell’art. 52-bis L.N.31; mentre la lettera c si riferisce alle
regole tecniche «per la trasmissione telematica, la conservazione e la consultazione degli atti, delle
copie e della documentazione di cui agli articoli 62-bis e 62-ter», ma non anche a quelle relative alla
loro “formazione”, cosicché - per essa - il legislatore si sarebbe espresso implicitamente a favore
dell’applicazione delle regole tecniche già esistenti, ed in quanto compatibili, per la formazione del
documento informatico.
Tuttavia, tra le disposizioni programmatiche introdotte dal D.lgs. 110/2010 ve ne sono altre che, al
argomentazioni decisive per negare la seconda.
LA MARCA, «L’atto pubblico notarile in forma
digitale …», op. cit., p. 816.
28
29 Di tali disposizioni, peraltro, si può ben dire che
abbiano abrogato tacitamente la precedente disposizione programmatica contenuta nell’art. 39 c.a.d.,
sopra citato, nella parte relativa a «i libri, i repertori e
le scritture … previsti dalla legge sull’ordinamento
del notariato e degli archivi notarili, di cui sia obbligatoria la tenuta» per l’ufficiale notarile. Inoltre,
avendo le stesse disposizioni attribuito la competenza
attuativa ad un soggetto diverso rispetto a quello
previsto per l’adozione delle regole tecniche di cui
all’art. 39 c.a.d. (cfr. art. 71 c.a.d., anche dopo la
modifica apportata dal D.lgs. 235/2010), l’inciso «ivi
compresi quelli previsti dalla legge sull’ordinamento
del Notariato e degli Archivi notarili» dovrebbe
intendersi in un suo significato opposto, ossia “esclusi
quelli di competenza notarile” ovvero “fatta eccezione
per quelli previsti dall’articolo 66-bis della legge 16
febbraio 1913, n. 89” (LA MARCA, «Nota a rettifica …»,
op. cit.). Quanto sopra, sebbene nell’analisi tecniconormativa allegata allo schema del D.lgs. 110/2010
venga espressamente negata la produzione di
qualsiasi effetto abrogativo da parte delle nuove
norme.
30 Ossia degli atti parimenti soggetti a raccolta, e non
anche - ovviamente - di quelli rilasciati dal notaio in
originale.
31
È dello stesso avviso C. VALIA, «Conservazione del
- Capitolo III - G. La Marca
109
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
contrario, portano ad escludere la ricevibilità attuale di un atto notarile in forma digitale: o meglio,
che manifestano la possibilità per il notaio di rifiutare in modo legittimo l’uso del mezzo informatico.
Per esempio la lettera d dell’art. 68-bis, comma 1, L.N., che subordina all’adozione di specifiche regole
tecniche il rilascio di ‘copie’ degli atti informatici ricevuti dal notaio e conservati digitalmente,
cosicché, quand’anche si riconosca che il notaio possa già formare un originale pubblico in forma
numerica, egli non potrebbe comunque assolvere agli altri suoi compiti istituzionali che prevedono
necessariamente il rilascio di copie conformi informatiche, come la richiesta di esecuzione degli
adempimenti fiscali e delle formalità pubblicitarie previste dalla legge32. Ciò, è vero, a meno di non
ritenere che la lettera d dell’art. 68-bis, comma 1, L.N. si riferisca esclusivamente alle copie di tipo
informatico, perché - se così fosse - il notaio potrebbe ovviare a tal problema formando una copia
conforme ‘cartacea’ dell’originale informatico e, quindi, rilasciare una copia conforme ‘informatica’
della copia conforme cartacea, ossia la “copia della copia” di cui al secondo comma dell’art. 2714 c.c.:
in entrambi i casi, ai sensi di quanto già consentito dall’art. 68-ter L.N.33.
110
Ancora, la lettera e dello stesso art. 68-bis, comma 1, L.N. e l’omologo art. 23-bis del R.D.l. 23 ottobre
1924, n. 1737, secondo cui tutte le annotazioni previste dalla legge per gli atti originali informatici34
devono essere eseguite dal notaio nel rispetto di regole tecniche specificatamente adottate:
apparendo chiara la volontà del legislatore di affidare la disciplina della suddetta attività di annotazione esclusivamente ad una normativa tecnica dedicata, deve convenirsi che, allo stato, il notaio
non possa eseguire validamente alcuna annotazione di legge con riguardo ad un atto pubblico
informatico35, e che, di conseguenza, se ricevesse un atto pubblico in forma digitale lo stesso notaio
violerebbe sistematicamente le disposizioni di legge che prevedono l’esecuzione obbligatoria di tali
annotazioni.
Ma l’ostacolo più significativo alla ricevibilità attuale dell’atto pubblico informatico, per l’essenza
stessa della funzione notarile storicamente considerata36, è rappresentato dalla necessità che
rogito informatico affidata al CNN», in Guida al dir., 35,
2010, p. 35.
Per un breve sunto al riguardo, si rinvia infra nel
testo, alle note 73 e 80.
32
33 Art. 68-ter L.N: «1. Il notaio può rilasciare copie su
supporto informatico degli atti da lui conservati,
anche se l’originale è stato formato su un supporto
analogico. Parimenti, può rilasciare copie su supporto
cartaceo, degli stessi atti, anche se informatici. 2.
Quando l’uso di un determinato supporto non è
prescritto dalla legge o non è altrimenti regolato, il
notaio rilascia le copie degli atti da lui conservati sul
supporto indicato dal richiedente. 3. Il notaio attesta
la conformità del documento informatico all’originale o alle copie apponendo la propria firma
digitale». E cfr. anche il nuovo art. 73 L.N., come
sostituito dalla lettera o dell’art. 1 D.lgs. 110/2010: «Il
notaio può attestare la conformità all’originale di
copie, eseguite su supporto informatico o cartaceo, di
documenti formati su qualsiasi supporto ed a lui
esibiti in originale o copia conforme».
34 Vedi, per esempio, le annotazioni relative alle
formalità di iscrizione e trascrizione (art. 23 R.D.l.
1737/1924), e l’annotazione degli estremi di registrazione che tiene luogo di quelle di cui all’art. 16,
comma 4, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (cfr. l’art. 36,
comma 3, legge 24 novembre 2000, n. 340, combinatamente all’art. 2, comma 3, D.P.R. 18 agosto 2000, n.
308).
35 Prima della riforma, invece, si riteneva giuridicamente possibile eseguire le annotazioni notarili
obbligatorie mediante la formazione e l’associazione
all’originale informatico da annotare di un altro
documento informatico contenente le informazioni
richieste dalla legge (cfr. LA MARCA, «L’atto pubblico
notarile in forma digitale … », op. cit., p. 815);
soluzione, questa, che con tutta probabilità sarà
adottata in simili termini dal legislatore subordinato.
36
Un interessante excursus storiografico può leggersi
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
vengano adottate le regole tecniche concernenti la ‘conservazione’ degli atti soggetti a raccolta che
il notaio abbia formato digitalmente (vedi l’art. 68-bis, comma 1, lett. c, L.N.), nonché le regole
tecniche relative all’organizzazione della struttura predisposta e gestita dal Consiglio Nazionale del
Notariato (vedi l’art. 68-bis, comma 1, lett. b, L.N.) di cui lo stesso notaio ha l’obbligo categorico di
avvalersi - e quindi non anche per mezzo di soluzioni tecniche e/o giuridiche diverse37 - per la
conservazione dei suddetti atti informatici (cfr. art. 62-bis L.N.).
Tale ostacolo, peraltro, si erige ancora più solido a seguito della modifica dell’art. 23 c.a.d. apportata
dall’art. 16 D.lgs. 235/2010, nella cui nuova formulazione - così come, a quanto consta, in nessun’altra sedes normativa38 - non è stata riprodotta la medesima disposizione già contenuta nel
comma 2-bis dello stesso art. 23 c.a.d., sopra citato39: con ciò dovrebbe allora escludersi che le copie
cartacee di documenti informatici, anche se certificate conformi da un pubblico ufficiale autorizzato, siano ancora idonee a sostituire «ad ogni effetto di legge» l’originale informatico da cui sono
tratte40.
Pertanto, allo stato attuale della disciplina, il notaio - non potendo (più) sopperire alla mancanza di
regole tecniche in materia di conservazione degli atti pubblici informatici con la custodia di loro
copie conformi formate su supporto cartaceo41 - può parimenti non ricevere un atto pubblico in
in P. DE LORENZI, Storia del notariato ravennate,
Ravenna, 1962.
Non può trovare applicazione, pertanto, il nuovo
comma 5-bis dell’art. 20 c.a.d., introdotto dall’art. 13,
lett. e, D.lgs. 235/2010, secondo cui «gli obblighi di
conservazione … di documenti previsti dalla legislazione vigente si intendono soddisfatti a tutti gli
effetti di legge a mezzo di documenti informatici, se le
procedure utilizzate sono conformi alle regole
tecniche dettate ai sensi dell’articolo 71», in quanto lex
prior sed specialis derogat, legi posteriori sed generali.
37
Invero, l’art. 43 c.a.d., rubricato «Riproduzione e
conservazione dei documenti» (e di applicazione
generale, giusta il disposto di cui all’art. 2, comma 3,
c.a.d.), al suo terzo comma fa riferimento alla possibilità di archiviare documenti informatici anche con
modalità cartacee, ma soltanto «per le esigenze correnti».
38
Più precisamente, la disciplina di cui all’art. 23,
comma 2-bis, c.a.d., in materia di copie cartacee di
documenti informatici, oggi costituisce l’intera
disciplina dell’art. 23 c.a.d. medesimo, dove però
viene fatto riferimento soltanto all’efficacia
probatoria della copia analogica di un documento
informatico originale, e non “a tutti gli effetti di
legge”.
39
Al di là delle implicazioni di interesse notarile,
l’abrogazione di tale norma pare inserirsi nel solco
degli interventi normativi volti a favorire la completa
“dematerializzazione” dell’attività documentale giuridicamente rilevante, avendo per lo scopo negato alla
40
copia cartacea la medesima dignità giuridica dell’originale informatico, se non nei limiti - come detto della sua efficacia probatoria. Nello stesso solco, poi, si
inseriscono le norme di segno opposto oggi
contenute nei nuovi artt. 22, comma 4, e 23-ter,
comma 3, del codice dell’amministrazione digitale, le
quali - anche con specifico riguardo all’assolvimento
degli obblighi di conservazione - prevedono la
perfetta sostituibilità giuridica della copia informatica all’originale analogico, salvo i casi espressamente esclusi dal legislatore (per la conservazione
delle copie informatiche di atti notarili redatti su
sopporto cartaceo, vedi le disposizioni programmatiche di cui all’art. 62-ter L.N. e all’art. 4 D.lgs.
110/2010). Riprova di una siffatta spinta alla dematerializzazione documentale ne è pure l’inserimento
nell’art. 1 c.a.d. delle definizioni di «copia informatica
di documento analogico» (lett. i-bis), di «copia per
immagine su supporto informatico di documento
analogico» (lett. i-ter), e di «copia informatica di
documento informatico» (lett. i-quater), mentre non è
stata inserita similmente alcuna definizione di copia
analogica di documento informatico, ma soltanto come già rilevato - quella generica di «documento
analogico» (lett. p-bis), da parte del D.lgs. 235/2010.
Né potendosi far più riferimento alla ritenuta
ammissibilità attuale della scrittura privata autenticata in forma digitale, in quanto anche per la “piena
legittimità” di questa, oggi, valgono le stesse
conclusioni in ordine alla necessaria adozione di
regole tecniche dedicate (prima della riforma, invece,
vedi GENGHINI, op. cit., p. 569-571; LA MARCA, «L’atto
41
- Capitolo III - G. La Marca
111
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
forma digitale che sia soggetto a raccolta perché, in caso contrario, egli violerebbe sistematicamente
anche le disposizioni di legge che prevedono la sua conservazione e custodia obbligatorie.
Tuttavia - a parte la considerazione per cui il ricevimento ciononostante di un atto notarile
numerico non determinerebbe la sua nullità formale, in quanto non è stato modificato in tal senso
l’art. 58 L.N.42 - se vero è che la problematicità attuale di ricevere un atto notarile informatico è
legata essenzialmente all’impossibilità giuridica di eseguire le suddette attività di conservazione e
annotazione (e fatto salvo quanto precisato relativamente al rilascio di copie conformi), allora la
forma dell’atto pubblico informatico dovrebbe dirsi già utilizzabile dal notaio “in piena legittimità”
con riguardo a quegli atti che sono rilasciati in originale e per i quali non è previsto alcun obbligo di
annotazione notarile: si pensi, tra i più significativi, alle procure alle liti43, alle procure speciali e agli
atti di notorietà (cfr. art. 70 L.N.); agli atti di protesto di cambiali ed assegni (cfr., rispettivamente, art.
73 L.camb. e art. 65 L.ass.)44; ai verbali di asseverazione con giuramento di perizie stragiudiziali e di
traduzioni di atti o di scritti in lingua straniera (cfr. art. 1, comma 3, ultimo inciso, R.D.l. 14 luglio
1937, n. 1666); nonché alle attestazioni di conformità di copie ed estratti di qualsiasi tipo di
documento, analogico o informatico, originale o in copia (cfr. il nuovo art. 73 L.N., che ha
completato e generalizzato quanto già previsto nel numero 5) dell’art. 1, comma 1, R.D.l.
1666/1937).
Ora, tra i summenzionati atti non v’è alcun dubbio che quelli non soggetti a registrazione (procure
alle liti e atti di protesto, ex artt. 2 e 11, rispettivamente, della Tabella allegata al D.P.R. 131/198645)
ovvero gli atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso (procure speciali, consensi, deleghe e simili,
ex comb. disp. art. 11 della parte prima e art. 6 della parte seconda della Tariffa allegata allo stesso
D.P.R. 131/1986) possano essere già ricevuti dal notaio in forma pubblica digitale, in quanto essi
112
pubblico notarile in forma digitale …», op. cit., p. 816,
spec. nota 91).
A tal proposito, può rinviarsi alle riflessioni
espresse in LA MARCA, «L’atto pubblico notarile in
forma digitale … », op. cit., p. 811 e ss.
42
43 Parallelamente, il terzo inciso dell’art. 83, comma 3,
c.p.c. - come introdotto dalla L. 69/2009 - prevede che
la procura alle liti speciale «certificata dal difensore» può
essere contenuta anche in un documento informatico
sottoscritto con firma digitale, sebbene la concreta
praticabilità dell’ipotesi sia subordinata all’adozione
di un apposito decreto del Ministero della giustizia ad
oggi non ancora emanato.
Per quanto concerne gli atti di protesto di assegni,
v’è da precisare che il settimo comma dell’art. 8
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con
modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ha
modificato la disciplina dell’assegno bancario nel
senso di aver previsto espressamente la possibilità di
presentarlo per il pagamento ‘in forma elettronica’
(vedi il nuovo terzo comma dell’art. 31 L.ass., il quale
si applica anche all’assegno circolare in forza del
nuovo art. 86, comma 1, ultimo inciso, L.ass.), e che il
relativo
protesto
«effettuato
direttamente
44
sull’assegno presentato al pagamento in forma elettronica» può essere fatto parimenti in forma elettronica (vedi il nuovo terzo comma dell’art. 61 L.ass.).
Tali previsioni, però, che necessitano di essere attuate
da un regolamento ministeriale e da un regolamento
della Banca d’Italia (cfr. lettere d ed e del settimo
comma dell’art. 8 D.l. 70/2011), entreranno in vigore
solo il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione in G.U. di quest’ultimo regolamento della
Banca d’Italia (cfr. lettera f dello stesso art. 8, comma 7,
D.l. 70/2011). Sicché, per il momento, non può essere
legittimamente effettuato il protesto in forma elettronica direttamente sull’assegno bancario
presentato per il pagamento in forma elettronica,
mentre resta confermata - si ritiene - l’attuale possibilità per il notaio di ricevere in forma digitale il
protesto di un assegno cartaceo con atto pubblico
separato.
45 Si ricordi, en passant, pure la previsione di cui all’art.
1 legge 11 maggio 1971, n. 390, per la quale «l’autenticazione delle sottoscrizioni delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà, nonché
quella delle copie conformi di atti e documenti di cui
alla legge 4 gennaio 1968, n. 15,» - legge oggi sostituita
dal D.P.R. 445/2000 - «da qualsiasi pubblico ufficiale
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
sfuggono alla previsione contenuta nel primo comma dell’art. 66 D.P.R. 131/1986, secondo cui i
notai «possono rilasciare originali, copie ed estratti degli atti soggetti a registrazione in termine fisso
da loro formati … solo dopo che gli stessi sono stati registrati, indicando gli estremi della registrazione, compreso l’ammontare dell’imposta, con apposita attestazione da loro sottoscritta»46.
Per gli altri atti che il notaio rilascia in originale, invece, si pone il problema della natura dell’indicazione prevista dal suddetto art. 66, comma 1, D.P.R. 131/1986, poiché se essa si dovesse considerare
una vera e propria ‘annotazione’ obbligatoria, allora anche in relazione a tali atti sarebbe
attualmente problematico per il notaio l’uso della forma pubblica digitale, ostando in proposito la
disposizione programmatica di cui al citato art. 23-bis R.D.l. 1737/192447.
Invero, stante la lettera dell’art. 66, comma 1, D.P.R. 131/1986, deve riconoscersi che tale dubbio
appare quantomeno legittimo, giacché una «attestazione sottoscritta dal notaio» potrebbe
consistere, in effetti, anche in una dichiarazione notarile contenuta in un documento distinto
rispetto a quello dell’atto registrato, tanto più che l’annotazione su un atto pubblico notarile è
considerata dalla legge come eccezione autorizzata ad un divieto generale (cfr. art. 59 L.N.)48.
siano effettuate, si intendono esenti dalle formalità
dell’iscrizione a repertorio e della registrazione».
Per quanto concerne il pagamento dell’imposta di
bollo per i documenti informatici, vedi l’art. 7 del
citato D.m. 13138/2004, emanato anche in attuazione
della norma oggi contenuta nell’art. 21, comma 5,
c.a.d., che rinvia ai modi di corresponsione di cui al
decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237; e vedi anche
l’art. 3, comma 1, lett. b, l’art. 15 e l’art. 15-bis, tutti del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 recante la disciplina
generale dell’imposta di bollo. Di recente, è stato
emanato il D.m. 8 novembre 2011, n. 56752, il quale ha
esteso le modalità di versamento tramite il modello
F24, inter alia, anche all’imposta di bollo, seppur nei
limiti dei «pagamenti attualmente effettuati con le
modalità stabilite dal decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 237 nonché a quelli da effettuare con richiesta
di addebito sul conto corrente bancario o postale
contestualmente alla trasmissione telematica
dell’atto all’Agenzia delle entrate o all’Agenzia del
territorio» (art. 1, comma 1, lett. b), ferme restando le
modalità di riscossione già previste dal succitato
D.P.R. 642/1972 (art. 1, comma 3). In ogni caso, l’applicabilità del nuovo D.m. 56752/2011 è rimandata
all’adozione di un provvedimento dell’Agenzia delle
entrate che ne dovrà determinare il termine e le
modalità operative per la sua attuazione (art. 2). Per
completezza, infine, si segnala il nuovissimo art. 6-bis
decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, come inserito dalla
legge di conversione 4 aprile 2012, n. 35, che reca
disposizioni di rinvio relative al pagamento
dell’imposta di bollo per via telematica («Al fine di
consentire a cittadini e imprese di assolvere per via
telematica a tutti gli obblighi connessi all’invio di
un’istanza a una pubblica amministrazione o a
qualsiasi ente o autorità competente, con decreto del
46
Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto
con il Ministro per la pubblica amministrazione e la
semplificazione, da emanare entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto [entro il 7 ottobre
2012], sono stabilite le modalità per il calcolo e per il
pagamento dell’imposta di bollo per via telematica,
anche attraverso l’utilizzo di carte di credito, di debito
o prepagate, per tutti i casi in cui questa è dovuta»).
In tal caso, il fatto che l’art. 66, comma 1, D.P.R.
131/1986 preveda l’indicazione degli estremi di registrazione anche relativamente alle ‘copie’ degli atti da
lui formati, non impedisce che il notaio possa già
formare copie informatiche di originali cartacei
annotate con tali estremi (qui non rileva, dunque, la
lettera d dell’art. 68-bis, comma 1, L.N.), in quanto:
l’art. 23-bis R.D.l. 1737/1924 si riferisce soltanto agli
atti originali informatici; così come la lettera e
dell’art. 68-bis, comma 1, L.N., che fa riferimento solo
agli atti di cui all’art. 62-bis L.N., e non anche alle copie
di cui all’art. 62-ter L.N; e, in ogni caso, lo stesso art. 62ter L.N. riguarda le copie informatiche da ‘conservare’
(necessariamente presso la struttura gestita dal CNN),
e non anche le copie informatiche da ‘rilasciare’. E
queste ultime, in particolare, possono essere già
formate e rilasciate dal notaio ai sensi di quanto
disposto dall’art. 68-ter L.N., secondo le modalità
stabilite in via generale dal nuovo art. 22 c.a.d. (le
regole tecniche a cui tale disposizione rinvia sono
attualmente contenute nella deliberazione Cnipa
11/2004, sopra citata).
47
48 Se si dovesse optare per l’attuale ricevibilità anche
degli atti pubblici informatici da rilasciare in
originale ma soggetti a registrazione in termine fisso,
l’eventuale imposta di bollo sarebbe da corrispondere
- Capitolo III - G. La Marca
113
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
Ragioni prudenziali, tuttavia49, suggeriscono di trattare l’indicazione degli estremi di registrazione
in parola alla stregua di un’annotazione rilevante ai sensi dell’art. 23-bis R.D.l. 1737/1924 - ancorché
sui generis, per via della necessaria sottoscrizione da parte dell’ufficiale rogante50 - e che dunque il
notaio si astenga, per il momento, dal ricevere atti pubblici in forma digitale relativi ad atti soggetti
a registrazione in termine fisso51.
3. Le caratteristiche dell’atto notarile informatico: a) la normativa di
riferimento
Chiarita la necessità che vengano adottate le regole tecniche sopra menzionate affinché il notaio
possa utilizzare lo strumento dell’atto pubblico informatico in modo pienamente legittimo e generalizzato, conta adesso analizzare la relativa normativa già vigente ed applicabile, sia per le ipotesi
(risicate) in cui è già possibile ricevere senza problemi un atto notarile in forma digitale, sia perché
tale normativa coincide parzialmente con quella a cui il legislatore secondario dovrà ispirarsi per
l’adozione delle suddette regole tecniche.
Il corpus normativo di principale riferimento è costituito dal D.lgs. 110/2010, che ha per lo più interpolato la legge notarile vigente con le specifiche disposizioni in materia di atto pubblico informatico ricevuto dal notaio; ma, a seguire, risultano fondamentali pure le norme generali contenute
nel codice dell’amministrazione digitale e le relative regole tecniche - specie quelle riguardanti il
documento numerico e le firme informatiche (vedi, in proposito, anche l’art. 2, comma 3, c.a.d.) - a
cui le nuove norme sull’atto notarile digitale fanno non a caso sovente rinvio.
114
Infatti, in forza della delega contenuta nell’art. 65 L. 69/2009, il decreto attuativo avrebbe dovuto
realizzare «il necessario coordinamento, anche formale, con le altre disposizioni vigenti» (comma
2), e sarebbe dovuto essere conforme - per l’appunto - alle disposizioni di carattere generale del
codice dell’amministrazione digitale di cui al D.lgs. 82/2005 (comma 5, lett. a).
Tuttavia, proprio in relazione al coordinamento necessario con le norme del codice dell’amministrazione digitale, le quali si accingevano ad essere modificate anch’esse in attuazione della delega
contenuta nell’art. 33 L. 69/2009, deve rilevarsi un curioso quanto sconfortante dato normativo: la
delega in materia di atto notarile informatico è stata attuata non dopo - come sarebbe stato logico ed
auspicabile - bensì prima che venisse attuata la delega concernente la modifica del D.lgs. 82/2005,
cosicché la normativa introdotta dal D.lgs. 110/2010 può considerarsi già tecnicamente superata
con le modalità stabilite dagli artt. 1 e 1-bis della parte
prima della Tariffa allegata al suddetto D.P.R.
642/1972.
Peraltro suffragate dal summenzionato obbligo di
annotare, in senso tecnico, gli estremi di registrazione
sugli atti originali tenuti a raccolta.
49
50 Tuttavia, P. BOERO, La legge notarile commentata,
Torino, 1993, I, p. 367, ci informa che la prassi sarebbe
orientata verso la sottoscrizione necessaria di tutte le
annotazioni consentite o imposte dalla legge, come
assunzione di paternità del loro contenuto da parte
del notaio. A maggior ragione, pertanto, è opportuno
far rientrare l’indicazione degli estremi di registrazione tra le annotazioni di cui all’art. 23-bis R.D.l.
1737/1924, ancorché - è bene precisarlo - tale prassi
non trova riscontro in nessuna norma di legge (DI
FABIO, op. cit., p. 299).
51 Con riferimento ai ricorsi di volontaria giurisdizione di competenza notarile - che non possono
definirsi tecnicamente ‘atti pubblici notarili’ poiché
sono composti dal notaio esclusivamente in funzione
di libero professionista (cfr. U. PAJARDI, La giurisdizione
volontaria, Milano, 1963, p. 98, nonché Cass., 1 aprile
1993, n. 3914, in Vita not., 1993, p. 956), ma che in ogni
caso sono anch’essi rilasciati in originale ai sensi
dell’art. 70, comma 2, L.N. - la loro formazione
mediante strumenti informatici e l’assolvimento dei
relativi obblighi fiscali parrebbero disciplinati dalle
norme in materia di processo telematico, attualmente
contenute nel D.m. 21 febbraio 2011, n. 44 e nelle
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
dopo neanche sei mesi dalla sua entrata in vigore, e perfino ancor prima della sua messa “a
regime”52, a seguito dell’adozione del D.lgs. 235/2010 che ha apportato significative modifiche alla
disciplina del documento informatico e dei relativi sistemi di validazione53.
Ora, vero è che la colpa di un simile risultato normativo è da imputare originariamente alla stessa L.
69/2009, la quale ha concesso al legislatore delegato un tempo minore per l’attuazione della delega in
materia di atto pubblico informatico ricevuto dal notaio (un anno dall’entrata in vigore della L.
69/2009) rispetto a quello concesso per l’attuazione della delega concernente la modifica del D.lgs.
82/2005 (diciotto mesi sempre dall’entrata in vigore della L. 69/2009), essendosi forse affidata ai decreti
correttivi di cui al quarto comma dell’art. 65 L. 69/2009 per rimediare ad un probabile difetto di coordinamento ex post tra le due normative novelle54; ma di certo una maggiore accuratezza nella tempistica
redazionale, ovvero un dialogo costruttivo tra i due legislatori delegati avrebbero servito meglio - come
in appresso si evidenzierà - le esigenze di certezza e di semplicità delle nuove regole giuridiche, tanto che
deve esserne stato intimamente convinto pure il legislatore del D.lgs. 110/2010 se lo stesso - dimostrando stupefacenti capacità oracolari - ha addirittura citato una disposizione del codice dell’amministrazione digitale che sarebbe stata introdotta solo dal successivo D.lgs. 235/2010 (!)55.
Pertanto, in attesa che un intervento correttivo-coordinativo sopraggiunga quanto prima per opera
di un legislatore più responsabile56, e con l’auspicio che almeno le regole tecniche in tema di atto
notarile informatico vengano emanate dopo, e quindi in coordinazione con, le nuove regole
tecniche generali da emanarsi a seguito delle modifiche al codice dell’amministrazione digitale57,
specifiche tecniche di cui al Provvedimento del
Ministero della giustizia 18 luglio 2011, n. 54628, in
attuazione di quanto stabilito dall’art. 4, commi 1 e 2,
legge 22 febbraio 2010, n. 24.
52 Ne costituisce un banale (per la sua problematicità)
ma emblematico esempio il rinvio contenuto nell’art.
57-bis, comma 1, L.N. al primo ed al terzo comma
dell’art. 22 c.a.d. pre-riforma, che, a seguito del D.lgs.
235/2010, dovrà già essere adeguato interpretativamente al testo dell’art. 22 c.a.d. post-riforma.
Cfr. G. FINOCCHIARO, «Ancora novità legislative in
materia di documento informatico: le recenti
modifiche al codice dell’amministrazione digitale», in
Contr. impr., 2, 2011, p. 495 e ss., nonché A. GENTILI,
«Negoziare on line dopo la riforma del codice dell’amministrazione digitale», in Corr. merito, 4, 2011, p. 353 e ss.
53
54 Peraltro, è ormai scaduto il termine utile per
emanare tali decreti correttivi, dacché l’art. 65,
comma 4, L. 69/2009 ha delegato il Governo ad
emanare uno o più decreti correttivi ed integrativi
entro diciotto mesi dall’entrata in vigore del D.lgs.
110/2010 (cioè entro il 4 febbraio 2012).
Il riferimento è all’art. 50-bis c.a.d., a cui il terzo
comma del nuovo art. 68-bis L.N. già rinviava prima
della sua introduzione ad opera dell’art. 34, comma 2,
D.lgs. 235/2010.
55
56 Anche a correzione di alcune sviste redazionali più
o meno veniali, come ad esempio - oltre all’imprecisione concernente l’atto pubblico “redatto” dal
notaio, sopra accennato - quella contenuta nella
lettera d dell’art. 1 D.lgs. 110/2010, secondo cui il
nuovo art. 52-bis L.N. sarebbe inserito dopo l’art. 51
L.N. e non dopo l’art. 52 L.N.; oppure quella di cui
all’art. 4 D.lgs. 110/2010, che si riferisce alla struttura
prevista dall’art. 68-bis, comma 1, L.N., quando tale
struttura è prevista in realtà dall’art. 62-bis, comma 1,
L.N.; o ancora l’errore commesso nel primo comma
dell’art. 47-bis L.N., che si riferisce all’atto pubblico «di
cui all’articolo 2700 del codice civile», quando il riferimento più corretto sarebbe all’atto pubblico di cui
all’art. 2699 c.c., avente l’efficacia probatoria di cui
all’art. 2700 c.c. (è ben curioso che sia di questo stesso
avviso l’analisi tecnico-normativa allegata allo
schema del D.lgs. 110/2010, su cui infra nel testo, § 5).
Sebbene oltre i tempi di normazione previsti dalla
legge (cfr. art. 57 D.lgs. 235/2010 passim), per fortuna
sono già pronti lo schema di D.P.C.M. relativo alle
«Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate,
qualificate e digitali» (consultabile su http://
www.digitpa.gov.it/sites/default/files/allegati_tec/Schema
_Regole_tecniche-firme_elettroniche.pdf), nonché la
bozza delle «Regole tecniche in materia di formazione,
trasmissione, conservazione, copia, duplicazione, ripro57
- Capitolo III - G. La Marca
115
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
non rimane all’interprete che affidarsi all’attività razionalizzatrice della scientia iuris, nel tentativo di
surrogare la garanzia di regole certe mediante l’esegesi sistematica delle disposizioni normative già
vigenti ed applicabili. Più precisamente, tali disposizioni, come sopra accennato, sono quelle
contenute nella legge notarile (L. 89/1913), come aggiornata dal D.lgs. 110/2010, e nel codice
dell’amministrazione digitale dopo le modifiche apportate dal D.lgs. 235/2010, nonché le regole
tecniche in materia di documento numerico e firme informatiche contenute attualmente nel
D.P.C.M. 38840/2009.
4. Segue: b) l’obbligatorietà della tecnologia utilizzabile
Rebus sic stantibus, un dato che emerge con chiarezza dal sistema è che lo strumento dell’atto
pubblico informatico è utilizzabile dal notaio in via assolutamente ‘facoltativa’: l’ufficiale notarile,
cioè, non è affatto obbligato ad avvalersi della tecnologia digitale per il ricevimento degli atti
richiesti58, quantomeno nel senso che egli può continuare a ricevere atti pubblici in forma cartacea
anche dopo che la disciplina dell’atto notarile informatico sarà entrata pienamente a regime59.
Piuttosto, si hanno maggiori dubbi con riguardo al comportamento che il notaio deve tenere
dinnanzi alla richiesta esplicita delle parti di avvalersi di una determinata tecnica redazionale, informatica o cartacea che sia60.
116
A tal proposito, relativamente alla medesima problematica concernente la ‘forma’ dell’atto
richiesto, si ritiene pacifico che, giusta l’obbligatorietà del suo ministero, il notaio non possa disattendere la precisa richiesta proveniente dalle parti di formare un atto in forma pubblica ovvero in
forma privata autenticata, ancorché in mancanza di una simile richiesta il notaio sia deontologicamente obbligato a preferire la forma dell’atto pubblico61. In altri termini, nella richiesta
vincolante di cui all’art. 27, comma 1, L.N. rientrerebbe anche quella relativa alla forma dell’atto62 in
quanto le ‘modalità’ con cui il notaio deve accogliere una richiesta prestazionale - ivi compresa la
forma giuridica - integrano il contenuto della richiesta medesima: un notaio che ricevesse un atto in
duzione e validazione temporale dei documenti informatici, nonchè di formazione e conservazione dei
documenti informatici delle pubbliche amministrazioni ai sensi degli articoli 20, 22, 23-bis, 23-ter, 40,
comma 1, 41 e 71, comma 1 del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del
2005» (consultabile su http://www. digitpa.gov.it/sites/
default/files/Regole%20tecniche%20doc%20inf%20e%20
gest%20documentale%2028%2010%2020 11.pdf).
58 Cfr. il nuovo art. 62-bis L.N., nel cui primo comma si
fa riferimento alle modalità obbligatorie di conservazione degli atti a raccolta (ivi comprese le scritture
private autenticate di cui all’art. 72, comma 3, L.N.) «se
informatici»; quindi “se”…
59 Lo stesso dicasi per le scritture private informatiche
con sottoscrizioni autenticate.
60 Rimane col dubbio SANDEI, op. cit., p. 476, nota 51.
Vedi l’art. 47 del codice deontologico notarile, il
quale conferma che il notaio deve generalmente
61
utilizzare la forma dell’atto pubblico «nella
presunzione che ad esso le parti facciano riferimento
quando ne richiedono l’intervento, se non risulti una loro
diversa volontà e salvo la particolare struttura dell’atto».
62 A meno che l’accoglimento di tale richiesta non sia
impedito, direttamente o indirettamente, da altre
previsioni di legge. Alla luce della giurisprudenza di
legittimità ormai costante, anche se non condivisibile
(si permetta il rinvio a G. LA MARCA, «Intorno agli atti
“espressamente proibiti” al notaio: rilevanza della nullità
relativa e della nullità sanabile», in Vita not., 2, 2009, p.
715), integrerebbe una preclusione ‘diretta’ il divieto
di cui all’art. 28, n. 1, L.N., mentre tra le preclusioni
‘indirette’ - oltre alla mancanza delle regole tecniche
relative alla formazione di atti numerici - si può citare
esemplificamente il primo comma dell’art. 47 L.N.:
laddove le parti richiedano al notaio di ricevere un
atto pubblico tra persone non compresenti, egli
violerebbe la disposizione de qua se accogliesse una
simile richiesta, con relativa responsabilità disci-
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
forma pubblica qualora le parti gli avessero chiesto l’autenticazione di una scrittura privata (o
viceversa) di fatto negherebbe il proprio ministero.
Pertanto, in ossequio al medesimo principio di obbligatorietà del ministero notarile, deve ritenersi
che il primo comma dell’art. 27 L.N. riguardi anche il mezzo tecnico con il quale l’atto pubblico può
essere ricevuto dal notaio - quale “modalità espressiva” della forma richiesta - cosicché l’ufficiale
notarile sarebbe obbligato a ricevere un atto pubblico in forma digitale qualora le parti gli
richiedano specificamente l’utilizzo di tale tecnologia.
D’altra parte, il D.lgs. 110/2010 ha previsto espressamente la vincolatività della richiesta tecnologica
con riguardo alle ‘copie’ degli atti conservati a raccolta, ai sensi del nuovo art. 68-ter, comma 2, L.N.63:
tale norma, piuttosto che l’eccezione ad una presunta regola di discrezionalità tecnologica del
notaio, deve essere intesa come espressione del principio generale dell’obbligatorietà del ministero
notarile64, in omaggio - se si crede - anche all’ulteriore principio desumibile dagli artt. 3 e 40 c.a.d.,
per il quale i soggetti esercenti pubblici poteri amministrativi sono tenuti a formare i propri atti
mediante tecnologie informatiche di cui i cittadini e le imprese hanno il diritto di chiedere ed
ottenere l’utilizzo65.
Sempre con riguardo al mezzo tecnico utilizzabile dal notaio, infine, si segnala en passant che le
norme introdotte dal D.lgs. 110/2010 fanno esplicito riferimento, sia per gli atti in originale66 che
per le copie67, al supporto di tipo «cartaceo» per contrapporlo a quello di tipo «informatico», ove
l’espressione «analogico» è presente solo nel primo comma dell’art. 68-ter, comma 1, L.N.; mentre, le
norme di carattere generale contenute nel codice dell’amministrazione digitale, come modificate
plinare a suo carico (sull’inammissibilità dell’atto
notarile ‘telematico’, e per gli altri problemi di compatibilità con taluni istituti notarili, vedi infra nel testo,
§§ 6 e 7).
63 Art. 68-ter, comma 2, L.N: «Quando l’uso di un determinato supporto non è prescritto dalla legge o non è
altrimenti regolato, il notaio rilascia le copie degli atti
da lui conservati sul supporto indicato dal richiedente».
Lo spunto di questa precisazione proviene da G.
PETRELLI, «Atto notarile informatico - Disposizioni
generali e comuni», in Notariato, 3, 2011, p. 365, il
quale afferma sì che il notaio è obbligato all’uso della
tecnologia informatica su richiesta espressa delle
parti, ma pare che tale conclusione venga argomentata proprio dal disposto dell’art. 68-ter, comma 2,
L.N. In realtà, la conclusione in parola non potrebbe
argomentarsi in questo modo, giacché, da un lato, si
baserebbe sull’interpretazione analogica di una
norma sulla forma che, per tale motivo, sarebbe illegittima in quanto relativa ad una norma eccezionale
(cfr. art. 14 delle Preleggi); mentre, dall’altro lato, lo
stesso art. 68-ter, comma 2, L.N. potrebbe ben
utilizzarsi - proprio perché norma eccezionale - anche
per sostenere la tesi opposta della discrezionalità
tecnologica del notaio. Ed infatti, sulla medesima
questione, C. CIACCIA, «L’atto notarile informatico»,
in Gazz. not., 10/12, 2010, p. 595, scrive che l’atto
64
notarile informatico non è mai considerato obbligatorio, «ma può essere effettuato solo su richiesta e
conseguente consenso di tutte le parti interessate,
comparenti e notaio», come a dire - sembrerebbe - che
il notaio possa esprimere un veto sulla volontà delle
parti di avvalersi delle tecnologie informatiche.
In verità, non si ritiene affatto che il citato art. 3
c.a.d. sia applicabile in via diretta anche al notaio (cfr.,
al riguardo, il terzo comma dell’art. 2 c.a.d.), così come
l’obbligo di formare i propri documenti con mezzi
informatici è funzionale al contenimento di costi che,
in caso contrario, sosterrebbe soltanto il notaio;
nondimeno, anche per questo motivo si ritiene che i
principi di deontologia notarile potrebbero ben
esprimere, nel prossimo futuro, una regola di
preferenza analoga a quella contenuta nell’art. 47 cod.
deont. not., a favore dell’atto pubblico ‘informatico’.
65
66 Cfr. art. 57-bis, comma 2, e art. 62-ter, comma 1, della
legge notarile.
Cfr. il medesimo art. 57-bis, comma 2, nonché l’art.
68-ter, comma 1, secondo inciso, e l’art. 73 della legge
notarile.
67
I riferimenti al supporto cartaceo ivi contenuti
appaiono talvolta meramente ricognitivi (cfr. artt. 40,
comma 4, e 42 c.a.d.), altre volte significanti di una
precisa volontà del legislatore, come nel caso dell'art.
40, comma 3 c.a.d., che fa riferimento al supporto
68
- Capitolo III - G. La Marca
117
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
dal D.lgs. 235/201068, fanno riferimento al supporto «analogico» per indicare qualsiasi altro tipo di
supporto non informatico, così come il primo comma dell’art. 7 D.P.R. 445/2000 prevede che «i
decreti, gli atti ricevuti dai notai, tutti gli altri atti pubblici, e le certificazioni sono redatti, anche
promiscuamente, con qualunque mezzo idoneo, atto a garantirne la conservazione nel tempo».
Tale circostanza redazionale, però, non deve far ritenere che la riforma del 2010 abbia voluto
escludere la possibilità per il notaio di formare un atto pubblico originale (o una copia conforme)
su un tipo di supporto analogico diverso dalla carta - ché, in questo caso, avrebbe pure abrogato tacitamente il summenzionato art. 7, comma 1, D.P.R. 445/2000 nella parte relativa69 - poiché, anche per
l’esigenza sistematica di coordinare la disciplina speciale dell’atto notarile informatico con la
disciplina generale sul documento numerico successivamente modificata, appare più probabile che
il riferimento alla sola ‘carta’ valga, piuttosto, come riferimento al supporto analogico fino ad ora
utilizzato dal notaio in modo pressoché esclusivo, e che l’ufficiale notarile, di conseguenza, sia
ancora legittimato a formare i propri documenti su supporti diversamente analogici in conformità
a quanto previsto dall’art. 7 D.P.R. 445/2000.
5. Segue: c) la sottoscrizione dell’atto
La sottoscrizione ex latere notarii
La scelta di prevedere l’utilizzo dell’atto notarile informatico in via meramente facoltativa implica
necessariamente che tra “forma nuova digitale” e “forma tradizionale cartacea” vi sia una perfetta
equivalenza giuridica.
118
A tal proposito, già nell’analisi tecnico-normativa allegata allo schema del D.lgs. 110/2010 si legge che
«per “atto pubblico informatico” si deve intendere il documento di cui all’articolo 2699 del codice
civile, redatto e sottoscritto dal notaio con la firma digitale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera s del
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e registrato su supporto informatico, secondo le regole
tecniche di cui all’articolo 71 dello stesso decreto»; mentre, in termini normativi, tale emblematica
definizione è tradotta più prosaicamente nel novello art. 47-bis, comma 1, L.N., secondo cui «all’atto
pubblico di cui all’articolo 2700 del codice civile, redatto con procedure informatiche si applicano le
disposizioni della presente legge e quelle emanate in attuazione della stessa»70, e nel nuovo art. 47ter, comma 1, L.N., che recita: «Le disposizioni per la formazione … degli atti pubblici … si applicano,
in quanto compatibili, anche ai documenti informatici di cui ai commi 1 … dell’articolo 47-bis»71.
cartaceo forse perché considerato il più idoneo a
preservare il «particolare valore di testimonianza
storica ed archivistica» di documenti, e nel caso
dell'art. 43, comma 3, c.a.d., per cui l'archiviazione di
documenti con modalità cartacee è sicuramente la
più funzionale per rispondere alle «esigenze correnti».
Sull’attuale vigenza dell’art. 7, comma 1, D.P.R.
445/2000, si avranno le idee più chiare quando (e se)
sarà eseguita la delega contenuta nella legge 3 ottobre
2011, n. 174, ai sensi della quale il Governo può
emanare entro dodici mesi dall’entrata in vigore della
stessa legge (cioè entro il 17 novembre 2012) uno o
più decreti legislativi che raccolgano in appositi
codici o testi unici le disposizioni vigenti nelle
69
materie di cui, inter alia, proprio al D.P.R. 445/2000
(art. 1, comma 1, lett. b), provvedendo anche alla «ricognizione e abrogazione espressa delle disposizioni
oggetto di abrogazione tacita o implicita …» (art. 1,
comma 2, lett. a).
Secondo la Relazione illustrativa allegata allo
schema del D.lgs. 110/2010, tale disposizione,
unitamente a quella del secondo comma dello stesso
art. 47-bis L.N., ha «lo scopo di completare il quadro
normativo delineato dal codice dell’amministrazione
digitale, al fine di dare piena equiparazione, sul piano
degli effetti giuridici, all’atto pubblico ed alla scrittura
privata autenticata con strumenti informatici rispetto
ai corrispondenti documenti cartacei».
70
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
Ora, tra le suddette norme, e segnatamente tra quelle dedicate alla formazione dell’atto pubblico
numerico, occupa senz’altro un posto centrale il combinato disposto dell’art. 23-bis L.N, per cui il notaio
(così come il suo coadiutore ed il notaio delegato) «per l’esercizio delle sue funzioni deve munirsi della
firma digitale di cui all’articolo 1, comma 1, lettera s, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, rilasciata
dal Consiglio Nazionale del Notariato», e del secondo comma dell’art. 52-bis L.N, ai sensi del quale «il
notaio appone personalmente la propria firma digitale … » all’atto pubblico informatico.
Se ne può dedurre, pertanto, che l’atto pubblico ricevuto dal notaio in forma digitale condivide con
l’atto notarile cartaceo la medesima natura di atto pubblico di cui all’art. 2699 c.c., e possiede la
medesima efficacia probatoria stabilita dall’art. 2700 c.c., a condizione che - nell’esercizio delle
proprie funzioni, e quindi primariamente per il ricevimento di atti pubblici - il notaio validi il
documento informatico testé redatto mediante l’apposizione della sua ‘firma digitale’, e, in particolare, di quella rilasciatagli dal Consiglio Nazionale del Notariato in qualità di certificatore accreditato a norma del comb. disp. dell’art. 34, comma 1, lett. a, c.a.d. e del nuovo art. 2-bis legge 3 agosto
1949, n. 577 (quest’ultimo introdotto dall’art. 3 D.lgs. 110/2010).
Tuttavia, tale auspicabile soluzione - ossia di un’assoluta equivalenza tra i due tipi di atto pubblico
notarile, che ne giustifica così la perfetta72 alternatività d’impiego - può dirsi del tutto condivisibile
soltanto se il livello di sicurezza giuridica offerta dalla tecnologia digitale risulti quantomeno
analogo a quello già garantito dalla tecnologia cartacea, sia sul piano tecnico-legale che di certezza
delle regole giuridiche.
Con specifico riferimento agli strumenti di validazione dell’atto notarile informatico, può innanzitutto apprezzarsi la prevista obbligatorietà ex latere notarii dell’utilizzo della ‘firma digitale’ (cfr.
art. 52-bis, comma 2, L.N.)73, ossia di una procedura informatica di comprovata affidabilità tecnicolegale rispetto alle diverse firme informatiche cd. “deboli” o “leggere”74.
71 Le due disposizioni sopra citate, lette congiuntamente fra loro, presentano prima facie un dubbio
interpretativo non marginale, e cioè se all’atto
pubblico informatico siano applicabili solamente le
norme ad esso dedicate contenute nella legislazione
notarile (legge notarile e relative norme di attuazione)
e le norme dedicate all’atto pubblico cartaceo nei limiti
della compatibilità con la tecnica digitale, e se quindi
rimane esclusa l’applicabilità, ancorché “compatibile”,
delle norme “extranotarili” che disciplinano il
documento informatico in generale.
In verità, tale dubbio deve ritenersi completamente
destituito di fondamento. Intanto perché sono le
stesse norme notarili dedicate all’atto pubblico
digitale che, da un lato, rinviano esplicitamente alle
norme generali in materia di documento e firme
informatici, mentre, dall’altro lato, fanno riferimento
ad istituti ed a concetti di diritto dell’informatica che
non sono definiti dalla legislazione notarile
attualmente vigente, ovvero ai quali l’emananda legislazione notarile di attuazione potrebbe fare riferimento senza offrirne alcuna specifica definizione. E
poi per ragioni di carattere sistematico, anche allo
scopo di colmare eventuali lacune normative, considerato pure che legge delega 69/2009 invita alla
conformità della normativa sull’atto pubblico informatico rispetto «alle disposizioni di carattere
generale contenute nel codice dell’amministrazione
digitale» (comma 5, lett. a), e che tale conformità, se
non è sempre garantita dal diritto positivo, deve poter
essere garantita almeno dall’interpretatio iuris.
72 O quasi: vedi infra nel testo § 7.
In verità, il notaio era già soggetto, di fatto,
all’obbligo di munirsi di tale firma informatica poiché
- a partire dal 1° luglio 2003 per quanto concerne il
Registro delle imprese, ed a partire dal 1° giugno 2007
(ma il sistema è divenuto operativo in modo parziale
ed in via alternativa già dal 1° dicembre 2003) per
quanto concerne il cd. “Adempimento Unico” - gli
adempimenti obbligatori successivi alla stipulazione
di un atto potevano essere eseguiti soltanto con
modalità telematiche, mediante l’utilizzo - per
l’appunto - della propria firma digitale. A tal
proposito, M. NASTRI, «Le opportunità dell’atto
pubblico informatico», in Notariato, 5, 2010, p. 567,
afferma che «finora più che di un obbligo si trattava di
una necessità, causata dagli adempimenti telematici»
(vedi infra).
73
- Capitolo III - G. La Marca
119
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
Tra l’altro, premesso ed esaurito che le peculiarità del certificato qualificato del notaio (cfr. commi 1
e 2 dell’art. 23-ter L.N.) e la custodia e l’utilizzo ‘personale’ del proprio dispositivo di firma (cfr.
comma 3 dello stesso art. 23-ter L.N.) sono previsioni che esplicitano, di fatto, quanto già poteva
ricavarsi dalla normativa generale del c.a.d.75, la firma digitale dei notai risulta finanche più sicura
rispetto ai modelli di firma digitale ordinari in quanto il certificatore che la rilascia è, da un lato,
l’ordine professionale della categoria, che ne cura gli interessi e, soprattutto, ne delinea la deontica
comune (cfr. art. 1 e art. 2, lett. f, L. 577/1949)76, mentre, dall’altro lato, è per questo motivo anche un
certificatore qualificato necessariamente ‘accreditato’ (cfr. art. 34, comma 1, lett. a, c.a.d.)77.
Ma se l’obbligatorietà della firma digitale ex latere notarii è una soluzione certamente garantistica in
termini di sicurezza giuridica, per altro verso non risulta del tutto giustificata la scelta di precludere
al notaio l’utilizzo di un tipo diverso di firma elettronica qualificata, atteso che la disciplina generale
in materia di firme informatiche equipara la rilevanza giuridica della firma digitale a quella di ogni
altra tipologia di firma elettronica qualificata (vedi, per esempio, il nuovo comma 2-bis dell’art. 21
c.a.d. in tema di forma scritta privata “dichiarativa”, ovvero il primo comma dell’art. 22 c.a.d. in tema
di copia informatica certificata conforme all’originale analogico).
120
Anzi, se si desse effettivo adito alla modifica introdotta dal D.lgs. 235/2010 alla definizione
contenuta nell’art. 1, lett. s, c.a.d., secondo cui la firma digitale sarebbe un particolare tipo di firma
elettronica avanzata78 basata su un certificato qualificato, ma relativamente alla quale è scomparso
ogni riferimento al dispositivo ‘sicuro’ per la sua creazione, la firma elettronica qualificata - che è pur
essa una sottospecie di firma elettronica avanzata basata su un certificato qualificato, ma è anche
realizzata mediante un dispositivo sicuro di firma (cfr. art. 1, lett. r, c.a.d.) - avrebbe rappresentato
uno strumento di validazione dell’atto notarile informatico addirittura più sicuro della “nuova”
firma digitale79.
A corroborare tale preoccupazione, poi, vi è il riferimento contenuto nel terzo comma del nuovo art.
23-ter L.N. al «dispositivo di firma» che il notaio deve custodire ed utilizzare personalmente ai sensi
dell’art. 32 (comma 1) c.a.d., senza però aver precisato che tale dispositivo debba essere anche
Tra l’ampia letteratura che se ne è occupata, qui
basti citare R. ZAGAMI, «Firma digitale e sicurezza
giuridica», Padova, 2000, e CAMMARATA MACCARONE, op. cit. Per un ragguaglio di sintesi,
invece, sulle caratteristiche di certezza tecnica e legale
della firma digitale, può rinviarsi a LA MARCA, «L’atto
pubblico notarile in forma digitale …», op. cit., p. 799800.
74
Cfr., infatti, il terzo comma dell’art. 28 c.a.d.,
nonché: l’art. 32, comma 1 e comma 2, lettere g, h e i,
c.a.d., e l’art. 34, commi 3 e 4, c.a.d., ai quali - guarda
caso - l’art. 23-ter. L.N. rinvia testualmente.
75
76 Cfr., sul punto, M. NASTRI, «Individuate modalità di
redazione del contratto che assicurano lo stesso
livello di garanzia», in Guida al dir., 35, 2010, p. 32, e
SANDEI, op. cit., p. 467-468.
Il certificatore ‘accreditato’ è il certificatore qualificato che consegue presso DigitPA (oggi ‘Agenzia per
77
l’Italia Digitale’: vedi infra, alla nota 81) il riconoscimento del possesso dei requisiti del livello più
elevato in termini di qualità e di sicurezza (art. 29
c.a.d.).
Ai sensi del nuovo art. 1, lett. q-bis, c.a.d., la ‘firma
elettronica avanzata’ è un «insieme di dati in forma
elettronica allegati oppure connessi a un documento
informatico, che consentono l’identificazione del
firmatario del documento, che garantiscono la
connessione univoca al firmatario, creati con mezzi
sui quali il firmatario può conservare un controllo
esclusivo, e che sono collegati ai dati ai quali detta
firma si riferisce in modo da consentire di rilevare se i
dati stessi siano stati successivamente modificati».
78
Come può facilmente intuirsi, tale problema
esegetico discende dalla disaccortezza sopra
denunciata di aver introdotto la disciplina dell’atto
pubblico numerico prima della riforma del codice
dell’amministrazione digitale.
79
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
«sicuro», in conformità con quanto previsto dall’art. 35 c.a.d. Cosicché, in teoria, il Consiglio
Nazionale del Notariato sarebbe legittimato a rilasciare firme digitali ai notai che si basano sì, necessariamente, sull’utilizzo di un dispositivo di firma, ma che questo potrebbe anche essere privo dei
requisiti di sicurezza di cui all’art. 35 c.a.d.
Se, però, si dovesse concludere per davvero in questo senso, l’esclusione della firma elettronica qualificata tra quelle utilizzabili dal notaio inciderebbe in modo negativo sul grado di sicurezza giuridica
dell’atto notarile informatico, giacché esso potrebbe abbassarsi al livello minimo offerto dalla
“nuova” firma digitale e, per quanto detto sopra, potrebbe così risultare inferiore rispetto al livello
di sicurezza garantito dalla tecnologia cartacea.
Tuttavia, su un piano squisitamente fattuale, è sommamente improbabile che il Consiglio Nazionale
del Notariato incominci a rilasciare firme digitali munite di dispositivi non sicuri, considerato che
già dal 12 settembre 2002 - allo scopo di consentire ai notai l’adempimento post acto dei relativi
obblighi fiscali e pubblicitari mediante procedure telematiche80 - il CNN è iscritto nell’elenco
pubblico dei certificatori oggi tenuto da DigitPA81 e, in tale veste, rilascia ai notai italiani firme
digitali realizzate mediante dispositivi ‘sicuri’ per la creazione della firma82.
Brevemente, in forza dell’art. 31, comma 2, L.
340/2000 e successive modificazioni, il sistema di
trasmissione telematica della richiesta di iscrizione
presso il Registro delle imprese è divenuto operativo
ed immediatamente obbligatorio a decorrere dal 1°
luglio 2003. Più lunga, invece, la storia del cd.
“Adempimento Unico”, dedicato agli adempimenti
relativi alla registrazione, trascrizione, iscrizione,
annotazione, e/o voltura catastale dell’atto presso
l’Agenzia delle entrate, ed alla sua trascrizione,
iscrizione, annotazione, e/o voltura catastale presso
l’Agenzia del territorio, il quale è stato introdotto in
via facoltativa dagli artt. 3-bis/3-sexies del Decreto
Legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, inseriti dal
Decreto Legislativo 18 gennaio 2000, n. 9 (il sistema è
divenuto operativo il 30 giugno 2000). Per tutti i
notai,
però,
la
concreta
utilizzabilità
dell’Adempimento Unico è stata possibile solo a
partire dal 1° dicembre 2003, in forza del
Provvedimento dell’Agenzia del territorio 18 aprile
2003, seppur ancora in riferimento ai soli atti di
compravendita immobiliare. L’Adempimento unico è
divenuto infine obbligatorio a decorrere dal 1°
giugno 2007, in forza del Provvedimento dell’Agenzia
del territorio 14 marzo 2007, che ha modificato il
Provvedimento dell’Agenzia del territorio 6 dicembre
2006 che aveva originariamente fissato al 1° aprile
2007 il regime obbligatorio. Per completezza, si
ricorda che l’art. 7 del suddetto Provvedimento
dell’Agenzia del territorio 6 dicembre 2006, aveva
previsto in via facoltativa l’invio telematico al
Conservatore dei Registri immobiliari anche del
«titolo», agli effetti di cui all’art. 2678 c.c., relativamente a tutti gli atti immobiliari: tale previsione è
80
stata attuata dapprima con il provvedimento
dell’Agenzia del territorio 21 dicembre 2010, limitatamente alle Conservatorie di Bologna, Firenze, Lecce
e Palermo a decorrere dal 29 dicembre 2010, poi con il
provvedimento dell’Agenzia del territorio 8 settembre
2011 relativamente alle ulteriori Conservatorie di
Milano, Napoli, Roma e Torino a decorrere dal 29
settembre 2011, ed infine con il provvedimento
dell’Agenzia del territorio 20 luglio 2012 che, a
decorrere dal 19 settembre 2012, ha esteso la
procedura di invio telematico del titolo a tutto il
territorio nazionale. Infine, vedi anche il provvedimento dell’Agenzia del territorio 26 giugno 2012, in
vigore dal 28 giugno 2012, con cui è stata data
esecuzione al terzo comma dell’art. 120-quater D.lgs.
385/1993, come novellato dall’art. 8, comma 8, lettera
c, n. 1), del D.l. 70/2011, consentendo ai notai - sempre
in via facoltativa (cfr. art. 3, comma 4) - di inviare telematicamente «presso gli Uffici provinciali ove è attiva
la trasmissione telematica del titolo» (e cioè, ormai, in
tutti gli Uffici provinciali d’Italia) il titolo dell’atto di
surrogazione ipo-finanziaria (art. 3, comma 1).
81 Il recentissimo decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83,
come convertito con modificazioni dalla legge 7
agosto 2012, n. 134, ha soppresso l’ente DigitPA (art.
22, comma 1) e, al posto anche dell’Agenzia per la
diffusione delle tecnologie per l’innovazione, è stata
istituita l’Agenzia per l’Italia digitale (art. 19), con le
funzioni e la composizione di cui agli artt. 20 e 21.
82 Si rinvia, in proposito, a quanto prescritto dagli
appositi Manuali operativi pubblicati dal CNN ai
sensi dell’attuale art. 36 D.P.C.M. 38840/2009, su cui
già S. CHIBBARO, Il Manuale operativo, la sua funzione e
- Capitolo III - G. La Marca
121
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
Inoltre, a ben vedere anche sul piano giuridico-normativo può sostenersi che il Consiglio Nazionale
del Notariato sia costretto a rilasciare firme digitali connesse a dispositivi di firma ‘sicuri’, a
prescindere dai dubbi che la novella del 2010 ha generato sulla definizione codicistica di firma
digitale83.
Infatti, o perché si affermi che l’art. 23-bis, comma 1, L.N. abbia operato verso tale definizione un
rinvio di tipo recettizio84, oppure - decisamente meglio - poiché il rinvio de quo non è recettizio, ma
struttura, responsabilità del certificatore, in AA.VV.,
Introduzione alla firma digitale dei notai italiani, Roma,
2002, p. 36 e ss., consultabile su http://ca.notariato.it/
approfondimenti/firma_digitale.pdf.
I primi commentatori della novella hanno sostenuto che la modifica ‘sì operata alla definizione di
‘firma digitale’ costituisce un mero errore del legislatore (FINOCCHIARO, «Ancora novità legislative in
materia di documento informatico …», op. cit., p. 498 e
499; e discorre di «refuso» G. MANCA, «Su alcuni
utilizzi fondamentali le regole tecniche», in Guida al
dir., 8, 2011, p. 66), e che pertanto sarebbe illegittimo
non considerare più la firma digitale come un tipo
particolare di firma elettronica qualificata, generata
anch’essa mediante un dispositivo di firma sicuro.
83
122
In effetti, la tesi dell’errore può argomentarsi efficacemente dall’attuale vigenza di alcune disposizioni
contenute nello stesso c.a.d. pur dopo l’intervento
modificativo del D.lgs. 235/2010: alcune di esse fanno
riferimento alla firma digitale o ad «altro» tipo di
firma elettronica qualificata (vi sono sia disposizioni
che non sono state interessate dall’intervento modificativo, come quelle di cui all’art. 21, comma 3, e all’art.
47, comma 2, lett. a), sia disposizioni che sono state
sostituite o inserite ex novo dal D.lgs. 235/2010, come
l'art. 22, comma 1, e l'art. 23-ter, comma 3, sia disposizioni novellate successivamente da altri provvedimenti normativi, come la lettera a dell’art. 65,
comma 1, c.a.d. che è stata sostituita dall’art. 47-sexies,
comma 1, D.l. 5/2012); mentre altre disposizioni - più
in particolare - associano i requisiti di sicurezza dei
dispositivi di firma all’utilizzo di una ‘chiave privata’,
la quale - anche ai sensi dell’attuale art. 1, comma 1,
lett. h, c.a.d. - costituisce l’elemento della coppia di
chiavi asimmetriche con cui viene generata la firma
digitale (cfr. art. 35, comma 1, c.a.d.).
La tesi dell’errore normativo, peraltro, si connota di
maggiore gravità se si considera che nemmeno il
D.lgs. 235/2010 ha provveduto ad eliminare espressamente la definizione di ‘firma digitale’ contenuta
nell’art. 1, lett. n, D.P.R. 445/2000 (anche in questo
caso, dunque, si spera in una maggiore chiarezza con
l’attuazione della L. 174/2011, sui cui supra nel testo,
alla nota 69). Se infatti tale definizione poteva anche
convivere pacificamente con quella contenuta nel
c.a.d. pre-riforma perché le era sostanzialmente
identica («è un particolare tipo di firma elettronica
qualificata … »), adesso si prospettano seri problemi
interpretativi su quale sia la “vera” definizione di
‘firma digitale’, considerato che è venuta meno tale
identità definitoria e che il mantenimento ingiustificato di definizioni diverse di uno stesso istituto si
pone in contrasto con il valore della certezza del
diritto (a tal ultimo riguardo, vero è che gli incipit
dell’art. 1 D.P.R. 445/2000 e dell’art. 1 c.a.d. precisano
che le definizioni ivi contenute valgono «ai fini» dei
rispettivi corpi normativi, ma per quanto concerne la
definizione contenuta nel D.P.R. 445/2000 l’unica
norma precettiva sopravvissuta all’intervento abrogativo del c.a.d. che cita ancora la firma digitale (cfr.
art. 59, comma 3) in realtà si riferisce «agli strumenti
informatici per la firma digitale del documento informatico, come disciplinati dal presente testo unico», ossia
disciplinati da norme precettive dello stesso D.P.R.
445/2000 che sono state appunto abrogate dall’attuale
art. 91, comma 1, lett. b, c.a.d. Pertanto, la limitazione
semantica-operativa della definizione di ‘firma
digitale’ contenuta nell’art. 1, lett. n, D.P.R. 445/2000
non sembra avere più alcun significato giuridico). Ciò
presupposto, a rigore l’art. 1, lett. n, D.P.R. 445/2000
risulterebbe tacitamente abrogato dall’art. 1, lett. s,
c.a.d. già a decorrere dalla sua prima entrata in vigore
(1° gennaio 2006), in forza del principio secondo cui
lex posterior derogat legi priori; ma se si riconosce che
tale lex posterior sia oggi inficiata da un errore redazionale, il buon senso suggerirebbe di considerare rivigente la definizione di ‘firma digitale’ contenuta
nell’art. 1, lett. n, D.P.R. 445/2000, ovvero - meglio da
un punto di vista tecnico-formale - la definizione
contenuta nell’art. 1, lett. s, c.a.d. nel testo previgente
alla modifica apportata dal D.lgs. 235/2010.
In ogni caso, che anche qui il legislatore intervenga
presto a far chiarezza!
84 La suddetta conclusione sarebbe sostenibile perché
l’art. 23-bis L.N. è stato introdotto prima della modifica
dell’art. 1, lett. s, c.a.d.
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
in ogni caso le regole tecniche attualmente in vigore85 fanno riferimento all’utilizzo di un dispositivo di firma ‘sicuro’ per la generazione della firma digitale (cfr., in particolare, l’art. 9 D.P.C.M.
38840/2009), in entrambi i casi, allo stato attuale della disciplina si ritiene che la firma digitale dei
notai debba essere sia basata su un certificato qualificato, sia realizzata mediante un dispositivo di
firma ‘sicuro’, e che, pertanto, tale firma informatica rappresenti ancor oggi - almeno in ambito
notarile - una sottospecie di firma elettronica qualificata86.
Ciò chiarito, resta ancora da spiegare, però, quale sia la ratio della previsione normativa per cui il
notaio non può validamente utilizzare una diversa firma elettronica qualificata: probabilmente, da
un lato, perché il legislatore ha constatato che la firma digitale costituisce la species sicuramente più
diffusa tra le firme informatiche “forti”; mentre, dall’altro lato, perché si è voluta assicurare la
massima interoperabilità tecnologica tra le differenti procedure informatiche di validazione che i
notai avrebbero potuto utilizzare a parità di standards di sicurezza.
Tuttavia, tali spiegazioni non sono convincenti fino in fondo se si considera che:
- l’interoperabilità tecnologica delle procedure impiegate sarebbe stata sufficientemente assicurata dalla prevista competenza esclusiva del CNN a rilasciare certificati di firma ai notai italiani;
sebbene - è vero - la possibilità di utilizzare una firma elettronica qualificata diversa dal tipo più
diffuso al mondo potrebbe dare minori garanzie di interoperabilità al di fuori dei confini
nazionali87;
- quantomeno a livello europeo, l’obbligatorietà della firma digitale potrebbe finanche disattendere le esigenze di pluralismo tecnologico professate dalla direttiva 1999/93/CE, relativa ad un
quadro comunitario per le firme informatiche, quando invece un compromesso ragionevole tra
certezza del diritto e democrazia tecnologica (è la cd. e-democracy) sarebbe stato raggiunto, si
ritiene, con la scelta di obbligare il notaio all’utilizzo della (firma digitale o altro tipo di) firma
elettronica qualificata rilasciata dal CNN88;
Che sono le regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme digitali
attualmente contenute nel D.P.C.M. 38840/2009 (cfr.
art. 71, comma 2, c.a.d.).
85
86 Rimane comunque ferma l’opportunità che il legislatore intervenga in qualche modo a precisare che il
dispositivo di firma digitale dei notai debba
possedere i requisiti di sicurezza di cui all’art. 35 c.a.d.
Sull’inammissibilità, però, della ‘procedura automatica’ di cui al terzo comma dell’art. 35 c.a.d. vedi
infra nel testo, § 5.
È vero anche, però, che tale problema non sarebbe
costì fondato ma soltanto complicato, giacché la
difficoltà di garantire una circolazione utile del
documento notarile informatico discende non solo
dalla specifica tecnologia impiegata - che in certi Paesi
potrebbe anche essere diversa dalla firma digitale (in
Europa, ad esempio, attualmente sono soltanto
l’Italia, la Francia, la Spagna e la Germania ad
utilizzarla, dai quali - peraltro - è già stata creata una
piattaforma comune denominata Bartolus per la circo87
lazione sicura nei loro territori dei rispettivi
documenti notarili informatici) ovvero, nell’ambito
della stessa firma digitale, potrebbe conoscere
soluzioni di crittografia asimmetrica differenti (leggi,
sul punto, S. CASABONA, «Il documento in forma elettronica nell’esperienza italiana e anglo americana», in
Riv. crit. dir. priv., 2002, p. 586-587) - ma anche dalla
molteplicità dei software di firma esistenti sul
mercato, i quali, a parità di tecnologia, le singole
Autorità di certificazione notarile potrebbero
utilizzare in modo diversificato (relativamente
all’analisi e ad alcune proposte risolutive del
problema in parola, si rinvia a D. GASSEN - U. BECHINI,
«Firme elettroniche a valore legale internazionale: un
nuovo approccio per migliorare l’interoperabilità», in
Dir. inf., 2009, p. 349 e ss., e a U. BECHINI, La circolazione
internazionale del documento notarile informatico, in
AA.VV., L’atto notarile informatico …, op. cit., p. 92 e ss.).
88 In termini generali, si è già espresso il concetto per
cui il riferimento alla firma elettronica qualificata
varrebbe - tra le firme ‘sicure’ - come ad un «genus
costante di un numero variabile di species “atipiche” di
- Capitolo III - G. La Marca
123
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
- nella Relazione illustrativa allegata allo schema del D.lgs. 110/2010 si legge che la firma digitale è
il «sistema che offre, allo stato attuale delle conoscenze tecniche, le maggiori garanzie in termini
di sicurezza». Tuttavia, sul piano normativo deve ricordasi che il codice dell’amministrazione
digitale - ai cui principi generali il legislatore delegato avrebbe dovuto ispirarsi ai sensi dell’art. 65,
comma 5, lett. a, L. 69/2009 - sancisce la perfetta equivalenza giuridica tra il genus della firma elettronica qualificata e la species della firma digitale; mentre, sul piano tecnico, esisterebbe di già una
procedura informatica ancora più sicura della firma digitale, che si fonda sul connubio tra
tecnologia biometrica e dichiarazione digitale: è la cd. “firma biometrica”89. Se, però, le più
avanzate tecnologie biometriche rispondono più efficacemente alle istanze di sicurezza di tutto il
sistema90, al contempo esse potrebbero presentare problemi di tutela della privacy per via del trattamento di dati sensibili che siano connessi ai dati biologici del titolare della firma91.
124
procedure informatiche di validazione» (LA MARCA,
«L’atto pubblico notarile in forma digitale … », op. cit.,
p. 801, nota 33. Funditus, anche per spunti comparatistici, vedi O. TROIANO, «La firma elettronica qualificata tra armonizzazione sopranazionale e legislazioni nazionali», in Riv. crit. dir. priv., 2004, p. 417 e
ss.). È poi interessante rilevare come negli Stati Uniti
d’America - patria della crittografia asimmetrica su cui
si fonda la tecnologia della firma digitale - all’Article
III del «Model Notary Act 2010» (consultabile su
http://cdn.nationalnotary.org/News_and_Resources/
Library/2010_Model_Notary_Act.pdf), si faccia riferimento ad una «registered electronic signature» utilizzabile in via esclusiva dal public notary (leggi, in particolare, il commento alla Section 15-9, secondo cui «it is
important to note that this section only defines what an electronic signature is. It does not purport to authorize the use of
a signature in a notarization. Only a registered electronic
signature (as defined in Section 15-11) may be used by an
electronic notary to perform an electronic notarization.
Production of an electronic signature by a means not registered under Section 16-4 would render the attempted electronic notarization invalid») la quale ricorda moltissimo
la nostra firma elettronica qualificata, in quanto
anch’essa è basata su un «electronic notarial certificate»
(cfr. il Chapter 18) e viene generata mediante una
«security procedure» generica (vedi Section 15-12, ai sensi
del quale «the term includes a procedure that requires the
use of algorithms or other codes, identifying words or
numbers, encryption, or callback, or other acknowledgment
procedures»).
89 O meglio, la firma biometrica “qualificata”. La firma
biometrica, infatti, nasce come una procedura di mera
identificazione informatica (firma biometrica
“semplice” o “di identificazione”) attraverso la quale
viene associato al titolare del dispositivo di firma un
suo elemento biologico misurabile (donde: biometria) e difficilmente riproducibile, quali impronte
digitali o retiniche…, così da garantirne il ricono-
scimento certo all’interno del sistema informatico
ove tale firma viene utilizzata. Il dato biometrico,
però, è per sua natura un elemento “statico”, e quindi
di per sé meno sicuro rispetto ai dati “dinamici” che come per la firma digitale - vengono creati ex novo
ogni volta che si utilizza la relativa procedura informatica (CAMMARATA - MACCARONE, op. cit., p. 40-41).
Pertanto, la più sicura firma biometrica qualificata
consisterebbe sia nella verifica biometrica che l’utilizzatore del dispositivo di firma è per davvero il suo
titolare, in assolvimento della funzione identificativa
del sottoscrittore, sia nella generazione ‘contingente’
degli elementi informatici di validazione che rappresentano la volontà giuridica dell’utilizzatore (per tale
aspetto, vedi ancora CAMMARATA - MACCARONE, op.
cit., p. 148 e ss.), in assolvimento della funzione appropriativa della sottoscrizione: in questo modo, si recupererebbe nel mondo informatico quel nesso fisico
tra sottoscrizione e sottoscrittore del documento, che
costituisce la garanzia di sicurezza giuridica propria
della tecnologia cartacea. Sullo stato di sviluppo della
tecnologia biometrica, sottolineandone pregi e
difetti, leggi AA.VV., «Firma digitale o garanzie biometriche», in Riv. giur. sarda, 2001, p. 293 e ss., e M.G.P.
FLORA, «Biometrica e clonazione delle impronte
digitali», in Dir. internet, 2006, p. 627 e ss.; inoltre, si
rinvia agli ultimi studi condotti dal Cnipa, già
pubblicati su http://www.digitpa.gov.it/tecnologiebiometriche.
90 È un dato molto significativo che pure il Consiglio
di Stato, già nel suo Parere allo schema del c.a.d. del 7
febbraio 2005, n. 11995/04, abbia auspicato «l’opportunità di inserire fin d’ora previsioni che limitino la
normativa introdotta» - cioè il valore legale della firma
digitale - «fino al momento in cui sarà tecnicamente
possibile imprimere agli atti e ai documenti informatici impronte antropometriche (o, in ogni caso,
sistemi più sicuri di quelli ora previsti), che
consentano senza possibilità di errore di stabilirne la
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
A conclusione di tutto quanto sopra considerato, può dunque riconoscersi come sufficientemente
giustificata la scelta di prevedere in capo al notaio l’obbligo di utilizzare soltanto la firma digitale per
l’esercizio delle proprie funzioni, essendo questa una soluzione pure accettabile, per il momento,
grazie se non altro92 alla valenza promozionale di cui può essere connotato l’utilizzo necessario di un
solo tipo di firma informatica, in quanto ciò rende più semplice la disciplina del documento notarile
digitale, e così ne favorisce l’iniziale applicazione anche da parte del notaio più restio.
Pertanto, si può forse affermare che la soluzione normativa di migliore sintesi sarebbe stata quella
di prevedere in capo al notaio l’utilizzo obbligatorio della firma informatica ‘forte’ più nota e
diffusa, ossia la firma digitale, e contemporaneamente affidare alla normazione subordinata la
possibilità di determinare ‘ulteriori’ procedure di validazione utilizzabili dal notaio, in conformità
con le disposizioni generali contenute nel c.a.d. e nelle relative regole tecniche, che posseggano
almeno i requisiti di sicurezza propri della firma elettronica qualificata di cui all’art. 1, lett. r, c.a.d.93.
provenienza, la firma, etc.». Ora, sebbene non si
condivida una simile preoccupazione poiché la firma
digitale rimane una procedura sufficientemente
sicura, resta il fatto che la ‘firma biometrica qualificata’ offre una sicurezza ben maggiore: si pensi, ad
esempio, al loro possibile impiego per la conclusione
non differita di un contratto inter absentes, e quindi,
più in particolare, per il ricevimento di un atto
notarile telematico (vedi infra nel testo, § 6).
91 Non è un caso che il D.lgs. 110/2010 preveda il coin-
volgimento consultivo del “Garante per la protezione
dei dati” (cfr. art. 66-bis, comma 3, ed art. 68-bis,
comma 1, della legge notarile), il quale, peraltro, ha
già espresso a più riprese decise obiezioni
sull’impiego sproporzionato di sistemi di riconoscimento biometrico (così nel Provvedimento del 21
luglio 2005, reperibile su http://www.garanteprivacy
.it/garante/doc.jsp?ID=1150679; nella Deliberazione
23 novembre 2006, n. 53, par. 4, reperibile su
http://www.garanteprivacy.it/garante/doc.jsp?ID=136
4939#4.1; e nella Newsletter n. 320 del 2 marzo 2009,
reperibile su http://www.garanteprivacy.it/garante/
doc.jsp?ID=1594903, quest’ultima richiamata dalla
conforme Trib. Prato, 19 settembre 2011, n. 964, in Dir.
giust. del 27 ottobre 2011). A tale riguardo, però, giova
ricordare la differenza tra “identificazione
biometrica”, che necessita di un archivio di dati
biometrici fuori dalla sfera di controllo del suo
titolare (e sul cui sistema, in realtà, sono state manifestate le riserve del “Garante”, sopra indicate), e
“verifica biometrica di identità”, che di tale archivio
può invece fare a meno e i cui dati biometrici possono
quindi rimanere nella disponibilità esclusiva del
titolare (così E. BRUGIOTTI, “Questione di privacy”. Brevi
spunti e riflessioni sul rapporto fra privacy e nuove
tecnologie nella società globale, in BRUSCUGLIA -
ROMBOLI (a cura di), op. cit., p. 95). Ebbene, una firma
biometrica “sostenibile” - che sia, cioè, parimenti
sicura ma rispettosa della privacy - potrebbe fondarsi
su una procedura di “verifica biometrica di identità”,
secondo una soluzione ispirabile a quella già adottata
per il passaporto elettronico con impronta digitale
(cfr. i Decreti ministeriali n. 303/014 e n. 303/015 del
23 giugno 2009): ossia, nessun censimento pubblico
dei dati biometrici del titolare della firma, ma loro
raccolta privata all’interno di un microchip presente
sul dispositivo di firma, previa loro autenticazione da
parte dell’Autorità di certificazione deputata al
rilascio della firma biometrica.
La dottrina notarile, per esempio, mostra non
poche perplessità circa l’impiego di procedure biometriche per la validazione di documenti informatici
(per tutti U. BECHINI, L’utilizzo del sistema, in AA.VV.,
Introduzione alla firma digitale …, op. cit, p. 51 e ss.);
perplessità, però, che oggi sono da rivedere - si crede anche alla luce di quanto segnalato nella nota
precedente.
92
In tal caso - come soluzione “ponte”, in attesa di
studi più approfonditi - sarebbe stato pure possibile
prevedere l’utilizzo congiunto della firma biometrica
semplice con la firma digitale o un altro tipo di firma
elettronica qualificata, che avrebbe raggiunto
risultati simili a quelli garantiti dalla firma
biometrica qualificata, in quanto - sebbene oggi non
esista una definizione normativa di firma biometrica,
né semplice (per l’ultimo precedente, vedi l’art. 22,
lett. e, D.P.R. 445/2000, abrogato dal c.a.d.) né qualificata - esiste perlomeno la definizione generale di
‘firma elettronica’ (art. 1, lett. q, c.a.d.), nonché la definizione di ‘identificazione informatica’, introdotta
nella normativa primaria dal D.lgs. 235/2010, quale
«validazione dell’insieme di dati attribuiti in modo
93
- Capitolo III - G. La Marca
125
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
In modo simile, in effetti, a quanto espressamente previsto dal primo comma dell’art. 68-bis L.N.,
lettera a, con riguardo alle tipologie di firma informatica utilizzabili dalle parti e dagli altri
eventuali comparenti dell’atto notarile digitale.
Ad onor del vero, la lettera dell’art. 68-bis, comma 1, lett. a, L.N. si presterebbe di già ad un’interpretazione di tipo estensivo, idonea a legittimare il legislatore secondario ad ammettere l’utilizzo ex
latere notarii di firme informatiche diverse dalla firma digitale.
In tale disposizione, infatti, viene usato il singolare con riguardo alle «tipologie di firma elettronica
ulteriori rispetto a quella prevista dall’articolo 52-bis», con verosimile riferimento al tipo della firma
digitale94, e proprio perché all’art. 52-bis L.N. si fa un rinvio assolutamente generico, senza alcuna
precisazione di sorta, in astratto vi sarebbe compresa anche la firma digitale del notaio menzionata
al suo secondo comma; così come non si legge alcuna limitazione soggettiva relativamente alla
sottoscrizione dell’atto pubblico informatico, per cui essa potrebbe ben riferirsi sia alle sottoscrizioni dei comparenti che a quella apposta dall’ufficiale notarile.
Inoltre, pure la lettera del nuovo art. 2-bis L. 577/1949, che ha espressamente attribuito al Consiglio
Nazionale del Notariato la funzione di certificatore dei notai italiani, è generica nel menzionare
«l’attività di certificatore della firma rilasciata al notaio per l’esercizio delle sue funzioni», senza cioè
precisare se può trattarsi soltanto di una firma digitale ovvero anche di un altro tipo di firma basato
su un certificato elettronico mero (cfr. art. 1, lett. e, c.a.d.).
126
Tuttavia, la vaghezza letterale delle disposizioni sopra citate è da imputarsi, ancora una volta, ad un
legislatore poco avvezzo alla migliore tecnica di drafting e al coordinamento normativo: ai fini
dunque di una maggiore certezza del diritto, è utile precisare che - nonostante la littera legis - il legislatore secondario rimane legittimato a prevedere ulteriori tipologie di firme informatiche con
esclusivo riguardo alla sottoscrizione delle parti e degli altri eventuali comparenti dell’atto pubblico,
e non anche alla sottoscrizione dell’ufficiale notarile95; e ciò per almeno due ordini di ragioni.
Intanto perché, da un punto di vista sistematico, l’art. 23-bis L.N. è chiarissimo nel prevedere
l’utilizzo della firma digitale in via obbligatoria ex latere notarii, così come l’art. 52-bis L.N. distingue
persino strutturalmente la sottoscrizione dei comparenti (primo comma) dalla sottoscrizione del
notaio mediante firma digitale (secondo comma), tanto che la violazione proprio del secondo
comma dell’art. 52-bis L.N. è punita con le gravi sanzioni disciplinari della sospensione da sei mesi
ad un anno (vedi il nuovo art. 138, comma 2, L.N.) ovvero della destituzione in caso di recidiva (vedi
il nuovo art. 142, lett. b, L.N.); mentre lo stesso art. 68-bis, comma 1, L.N., lettera a, si riferisce soltanto
esclusivo ed univoco ad un soggetto, che ne
consentono l’individuazione nei sistemi informativi,
effettuata attraverso opportune tecnologie anche al
fine di garantire la sicurezza dell’accesso» (art. 1, lett.
u-ter, c.a.d.), e la nuova carta d’identità elettronica,
adesso munita «di elementi per l’identificazione
fisica» del titolare (art. 1, lett. c, c.a.d.); senza contare,
infine, che sono già operative firme biometriche
semplici aventi valore legale, come il summenzionato
passaporto elettronico munito di impronte digitali.
stente anche nell’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa. 2. Il notaio appone personalmente la propria firma digitale dopo le parti, l’interprete e i testimoni e in loro presenza»: da una
lettura complessiva di tale articolo non si capisce a
quale altra species di firma informatica, diversa dalla
firma digitale, possa riferirsi il primo comma dell’art.
68-bis L.N., lettera a, quando cita «quella prevista
dall’articolo 52-bis».
94 Ai sensi del nuovo art. 52-bis L.N., «1. Le parti, i fide-
95 Del resto, tale soluzione emerge come scontata sia
nella Relazione illustrativa allegata allo schema del
D.lgs. 110/2010, sia tra tutti gli autori che se ne sono
occupati.
facenti, l’interprete e i testimoni sottoscrivono personalmente l’atto pubblico informatico in presenza del
notaio con firma digitale o con firma elettronica, consi-
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
alle sottoscrizioni «… dell’atto pubblico …» e non anche a quelle della scrittura privata autenticata,
onde risulterebbe del tutto illogico che il notaio sia irrimediabilmente obbligato ad utilizzare la
firma digitale per autenticare una firma informatica96, quando per la validazione di un atto
pubblico numerico potrebbe essere prevista l’utilizzabilità di una firma informatica diversa.
Pertanto, sembra proprio che nella previsione di cui all’art. 68-bis, comma 1, lett. a, L.N. il legislatore
primario si sia voluto riferire esclusivamente alle sottoscrizioni ‘dei comparenti’ dell’atto pubblico
digitale, trattandosi di una previsione specificativa dell’art. 52-bis, comma 1, L.N., ove invece il potere
del legislatore secondario di derogare all’obbligo della firma digitale ex latere notarii avrebbe
richiesto una previsione esplicita.
Infine, è opportuno che l’attuale primo comma dell’art. 68-bis L.N., lettera a, venga interpretato in
modo restrittivo, limitatamente cioè alle sottoscrizioni delle parti e degli altri eventuali
comparenti, poiché - in caso contrario - la normazione attuativa potrebbe legittimamente prevedere
l’utilizzo da parte del notaio o di una firma informatica ‘forte’ ma non basata su un certificato qualificato o, davvero peggio, di una firma informatica ‘debole’97, il che abbasserebbe in modo preoccupante il livello di sicurezza giuridica dell’atto notarile digitale.
Forse, alla luce della littera dell’art. 68-bis, comma 1, lett. a, L.N. e della ratio ispiratrice della firma
digitale ex latere notarii, sarebbe possibile un’interpretazione “adeguatrice” che legittimi la
previsione di ulteriori tipologie di firma informatica anche per il notaio, per la validazione sia di atti
pubblici che di scritture private autenticate, ma entro i limiti di sicurezza della firma elettronica
qualificata; un’interpretazione, però, che francamente appare troppo forzata per essere sostenuta
con reale convincimento.
La sottoscrizione ex latere praesentium
Non è stato invece ritenuto pregiudizievole per la certezza soggettiva dell’atto pubblico, ma anzi
favorevole allo sviluppo delle tecnologie digitali in ambito notarile, la possibilità per le parti, i fidefacienti, l’interprete ed i testimoni di sottoscrivere l’atto pubblico informatico «… con firma digitale
o con firma elettronica, consistente anche nell’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa»
(art. 52-bis, comma 1, L.N.), nonché con «tipologie di firma elettronica ulteriori» da determinarsi, in
conformità alle norme del c.a.d., «con uno o più decreti non aventi natura regolamentare del
Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per la
pubblica amministrazione e l’innovazione e il Ministro per la semplificazione normativa sentiti il
Consiglio Nazionale del Notariato ed il Garante per la protezione dei dati personali e la DigitPA»
(art. 68-bis, comma 1, lett. a, L.N.)98.
96 Cfr. anche il terzo comma dell’art. 25 c.a.d., a cui
rinvia totalmente l’art. 47-bis, comma 2, L.N., il quale
contempla la firma digitale del pubblico ufficiale
autenticante.
digitale, il nuovo art. 25 c.a.d., come modificato dal
D.lgs. 235/2010, prevede la possibilità di autenticare
qualsiasi tipologia di firma informatica, compresa
l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa.
Si legge alla lettera a dell’art. 68-bis, comma 1, L.N:
«… tipologie di firma elettronica ulteriori …» non
meglio precisate, e quindi anche una mera ‘firma elettronica avanzata’, e «… ferma restando l’idoneità dei
dispositivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettere q …»
del c.a.d., ossia della firma elettronica semplice.
Ancor prima della riforma, C.M. BIANCA, Documento
digitale e atto notarile, in “La sicurezza giuridica nella
società dell’informazione. Documento informatico e
innovazione nella pubblica amministrazione”, Atti
del Convegno, Roma, 25-26 settembre 2008, p. 4-5
(edito anche in Vita not., 1, 2009, p. 449-450), riteneva
che l’art. 25 c.a.d. potesse applicarsi in via analogica
anche a firme elettroniche non qualificate. Tale tesi,
97
98 In continuità con quanto già previsto dall’art. 52bis, comma 1, L.N. relativamente all’atto pubblico
- Capitolo III - G. La Marca
127
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
Tale previsione ha l’indubbio pregio di realizzare la democrazia digitale di cui alla direttiva
1999/93/CE, sopra citata, e così favorisce l’accesso alle tecnologie digitali da parte di chiunque voglia
avvalersi del ministero notarile, anche se non munito di un dispositivo di firma specifico99.
In particolar modo la ‘acquisizione digitale della sottoscrizione autografa’ si prevede conoscerà la
maggiore diffusione rispetto a tutte le altre tipologie di firme informatiche, poiché - soluzione
semplicissima - non richiede l’utilizzo di alcun dispositivo da parte del comparente, ma soltanto la
disponibilità da parte del notaio di un cd. tablet elettronico (o printsign) sul quale vergare la firma
autografa mediante un pennino speciale o semplicemente con un dito, esattamente come se lo si
facesse sopra un foglio di carta con un’ordinaria penna ad inchiostro100.
Tuttavia, l’indifferenza dei tipi di firma utilizzabili, in special modo, dalle ‘parti’ ha un fortissimo
128
però, era rimasta giustamente isolata poiché il testo
della disposizione previgente era inequivoco nel
riferirsi soltanto alla firma digitale o ad altro tipo di
firma elettronica qualificata, senza dunque che si
potesse scorgere una lacuna legislativa colmabile a
mezzo della interpretazione analogica. D’altra parte,
gli autori che oggi accolgono con scetticismo la
novella in parola rievocano le medesime ragioni
giuridiche su cui si fondava siffatta limitazione applicativa: a parte le poco convincenti motivazioni legate
alla minore certezza tecnica delle firme informatiche
‘deboli’, in quanto l’intervento del pubblico ufficiale
autenticante azzera il deficit di sicurezza giuridica del
documento informatico, non è invece peregrino il
rilievo di SANDEI, op. cit., p. 472 e ss. (ma così già S.
CHIBBARO, «codice dell’amministrazione digitale,
firme elettroniche e attività notarile», in Studi e mater.,
2, 2006, p. 1773), la quale ritiene illogico che possa
“autenticarsi” una scrittura privata informatica che se validata con una mera firma elettronica semplice,
diversa cioè da una firma digitale o da altro tipo di
firma elettronica qualificata, nonché da una firma
elettronica avanzata (vedi il nuovo art. 21, commi 2 e
2-bis, c.a.d.) - non possiede i requisiti di scrittura
privata informatica! Sull’attualità del distinguo tra
forma scritta “dichiarativa” e forma scritta “non
dichiarativa” nell’ambito della documentazione
digitale, si rinvia a G. LA MARCA, Il requisito della forma
scritta “informatica” dopo il D.lgs. n. 235/2010, su
www.iureproprio.it del 27 maggio 2011.
In tal senso la Relazione illustrativa allegata allo
schema del D.lgs. 110/2010.
99
Tale tipo di firma informatica, destinata alla
fortuna poiché richiede il medesimo gesto meccanico
della firma autografa, viene realizzata mediante la
generazione dell’immagine digitale della firma
autografa e la sua associazione logica al documento
100
informatico da sottoscrivere (in Francia e negli States
l’uso del tablet notarile è una realtà ormai consolidata,
mentre in Italia si ha esperienza diretta di alcune
società commerciali di spedizione e di erogazione del
gas che utilizzano uno strumento simile). Per quanto
concerne la sua natura giuridica, nonostante la lettera
dell’art. 52-bis, comma 1, L.N. e dell’art. 25, comma 2,
c.a.d. sembri considerarla in ogni caso una firma elettronica semplice, può affermarsi che l’acquisizione
digitale della firma autografa sia una tipologia di
firma informatica “trasversale” rispetto a quelle
definite in termini generali dall’art. 1 c.a.d., ed è perciò
connotata da un grado di forza variabile a seconda che
essa consista, concretamente, nella semplice firma
autografa digitalizzata tramite scanner (G. FINOCCHIARO, «Con la tecnologia avanzata le firme sono
quattro», in Guida dir., 8, 2011, p. 69, che la considera in
tal caso una firma elettronica semplice. Anche A.
PIRAINO, L’attuazione del decreto legislativo, le ulteriori
prospettive di informatizzazione dell’attività notarile, in
AA.VV., L’atto notarile informatico …, op. cit., p. 171,
discorre di firma elettronica semplice, e suggerisce la
soluzione tecnica dei cc.dd. watermarks per associarla
al documento sottoscritto in maniera univoca),
ovvero che nel processo di associazione al documento
informatico sia connotata dai requisiti di sicurezza
tecnica di una firma elettronica avanzata (cfr. FINOCCHIARO, «Ancora novità legislative in materia di
documento informatico …», op. cit., p. 498). «Risulta
poco chiaro» se si tratti di una firma elettronica
semplice o avanzata per C. VALIA, «codice dell’amministrazione digitale: le modifiche di interesse per l’attività notarile», in CNN Notizie del 25 gennaio 2011,
secondo cui l’acquisizione digitale della firma
autografa sarebbe ‘firma elettronica’ se associata in
modo indissolubile al documento, mentre sarebbe
‘firma elettronica avanzata’ se associata anche al
firmatario.
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
peso di carattere teorico, con riguardo alla funzione giuridica assolta dalle sottoscrizioni dei
comparenti dell’atto pubblico notarile, e di carattere sistematico, in relazione all’efficacia
sostanziale del documento informatico privato.
Per quanto concerne il problema teorico, pare proprio che, mercé la sua variante informatica, il legislatore del 2010 abbia corroborato la tesi dominante in dottrina101 secondo cui l’atto pubblico
ricevuto dal notaio è un documento notarile in senso proprio, di cui il notaio è l’unico autore102 e
nel quale, dunque, le sottoscrizioni dei comparenti, ivi comprese quelle delle parti, hanno essenzialmente una mera funzione di garanzia, quale atto di controllo sull’operato del notaio103, e non
già una funzione di appropriazione dell’atto che lo contiene104, a cui invece assolve la sottoscrizione
delle parti nella scrittura privata105.
E proprio con riferimento alla scrittura privata digitale, relativamente all’implicazione sistematica
del nuovo art. 52-bis, comma 1, L.N., deve rilevarsi che la scelta del tipo di firma informatica non è
affatto indifferente per le parti alla luce di quanto previsto dall’art. 2701 c.c.: infatti, qualora l’atto
Sembra di capire che SANDEI, op. cit., p. 473,
concluda in maniera opposta, in quanto scrive che
«ciononostante, non si potrebbe (più) affermare che
un atto pubblico così siglato sia un atto (solo) del
notaio, perché è la legge stessa ora a prevedere che,
quando alla firma elettronica semplice delle parti si
accompagna quella digitale del notaio, la stessa può
sostituire (e quindi equivale a) quella autografa».
Tuttavia, tale conclusione non è accettabile nelle argomentazioni perché tradisce intimamente la sua stessa
negazione: infatti, non solo l’affermata equivalenza
tra firma informatica e firma autografa ex latere praesentium non aggiunge nulla al problema della sua
funzione all’interno dell’atto pubblico notarile, ma
nel momento stesso in cui si sostiene che siffatta equivalenza può esservi solo se la firma elettronica
semplice è accompagnata dalla firma digitale del
notaio, si ammette per implicito la maggiore
importanza della sottoscrizione del notaio
medesimo, la quale fa da corollario alla centralità del
ruolo assunto quando riceve un atto pubblico.
101
102 Proprio per questo motivo CHIBBARO, «codice
dell’amministrazione digitale …», op. cit., p. 1771,
sosteneva già prima della riforma che i comparenti,
ma non il notaio, avrebbero potuto utilizzare anche
una firma elettronica non qualificata.
Così A. LENER, «Atto pubblico e sottoscrizione
delle parti. Spunti circa il significato della forma
solenne», in Riv. not., 1978, p. 995.
103
104 Contra S. TONDO, «Il documento notarile nel
sistema delle prove», in Riv. not., 1987, p. 488; M.
ORLANDI, La paternità delle scritture, Milano, 1997, p.
343 e ss., il quale pur distingue tra paternità della
dichiarazione, riferita alla parte, e paternità del
documento, riferita al notaio, ma così dimenticando
che il notaio è autore di una sua propria dichiarazione
che ha ad oggetto le dichiarazioni delle parti (tale
replica è di PETRELLI, «Documento informatico …», op.
cit., p. 584).
In tal senso, per tutti, vedi L. MONTESANO,
«Sull’efficacia probatoria dell’atto pubblico
convertito in scrittura privata», in Riv. dir. proc., 1954, I,
p. 102 e ss.; G. MARICONDA, voce Atto pubblico, in Enc.
giur. Treccani, Milano, 1972; A. MORELLO - E. FERRARI A. SORGATO, L’atto notarile, Milano, 1977, p. 236 e ss.; G.
CASU, L’atto notarile tra forma e sostanza, Milano-Roma,
1996, p. 261. Per la tesi opposta, invece, per cui le
sottoscrizioni delle parti hanno la medesima
importanza sia nell’atto pubblico che nella scrittura
privata, vedi D. DI SABATO, Il documento contrattuale,
Milano, 1998, p. 109, e P. PICCOLI - G. ZANOLINI, «Il
documento elettronico e “la firma digitale”», in Riv.
notar., 2000, p. 907. In giurisprudenza, con specifico
riguardo al testamento pubblico, vedi Cass., 15
febbraio 1968, n. 535, in Foro it., 1968, I, p. 969 e ss.;
Cass., 22 maggio 1969, n. 1809, in Riv. not., 1969, p. 1058
e ss. Tuttavia, è di particolare pregio l’osservazione
conciliativa di E. PACIFICO, Le invalidità degli atti
notarili, Milano, 1992, p. 46, nota 28, secondo cui la
indicata funzione di garanzia della sottoscrizione
delle parti «lungi dal contraddire alla assunzione di
paternità della dichiarazione, potrebbe essere
riguardata come asseverazione di questa. Da un lato,
infatti, il “controllo” atterrebbe alla conformità tra il
dichiarato ed il rappresentato, ma è altrettanto vero
che il controllo verrebbe effettuato proprio in
relazione alla paternità della dichiarazione, nel senso
che la parte non avrebbe alcun interesse a controllare
la trascrizione di una dichiarazione della quale non
assumerebbe, non sottoscrivendo, la paternità».
105
- Capitolo III - G. La Marca
129
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
pubblico ricevuto dal notaio in forma numerica fosse sottoscritto dalle parti con una firma elettronica semplice, in caso di nullità formale di tale atto le parti non potrebbero beneficiare della sua
conversione in una scrittura privata informatica efficace, giacché - anche dopo la riforma del 2010 l’art. 21, comma 2, c.a.d. richiede l’utilizzo quantomeno di una firma elettronica avanzata, mentre
l’art. 21, comma 2-bis, c.a.d. richiede necessariamente l’utilizzo della firma digitale o di un altro tipo
di firma elettronica qualificata per gli atti di cui all’art. 1350 c.c., numeri da 1 a 12, che rappresentano
peraltro le tipologie di atti più frequenti nell’attività notarile106.
Ad ogni buon conto, nonostante la rivoluzione del sistema documentale attuata dall’art. 52-bis,
comma 1, L.N.107, la soluzione prescelta dal legislatore non sembra incidere negativamente sul
livello di sicurezza giuridica dell’atto pubblico notarile, poiché - parimenti con quanto ritenuto per
la scrittura privata autenticata108 - l’intervento del notaio rimane idoneo a garantire la certezza
dell’identità personale dei comparenti (e delle parti in particolare, ex art. 49 L.N.), del fatto della loro
sottoscrizione, e della riconducibilità delle dichiarazioni ai loro sottoscrittori.
130
Relativamente, poi, all’utilizzo di una firma basata su un certificato elettronico, le garanzie di
sicurezza dell’atto pubblico digitale sottoscritto ex latere praesentium sono offerte anche dal terzo
comma del nuovo art. 47-ter L.N., secondo cui il notaio «deve attestare la validità dei certificati di
firma eventualmente utilizzati dalle parti». Ciò significa che il notaio deve indicare in atto che il
certificato di firma utilizzato da ciascuna parte (non è precisato che debba trattarsi necessariamente
di un certificato qualificato) non è scaduto né è stato revocato o sospeso «al momento della sottoscrizione» (cfr. art. 24, comma 3, c.a.d. con riguardo alla firma digitale)109, previa verifica da parte
dello stesso notaio che il certificato di firma sia effettivamente valido al momento della sottoscrizione.
A tale riguardo, però, il legislatore non ha indicato le conseguenze giuridiche derivanti dalla
violazione del citato art. 47-ter, comma 3, L.N., né ha previsto le conseguenze giuridiche in ordine
alla mancata verifica in sé della validità del certificato di firma.
Principiando da quest’ultima mancanza, deve rilevarsi che la ratio di una simile verifica si fonda
prima facie sulla disposizione normativa di cui al terzo comma dell’art. 21 c.a.d., a mente del quale
l’utilizzo di una firma elettronica basata su un certificato invalido «equivale a mancata sotto-
106 Nel medesimo senso SANDEI, op. cit., p. 473. Ci si
chiede, fra l’altro, se il notaio abbia per davvero
l’obbligo professionale (e deontologico) di informare
le parti circa tale evenienza, affinché le stesse possano
decidere consapevolmente quale tipo di firma informatica utilizzare per la sottoscrizione dell’atto
pubblico in forma digitale, giacché appare vagamente
surreale che il notaio avverta i propri clienti circa le
conseguenze nefaste di un errore puramente formale,
che è quindi solo a lui riconducile.
107 In questi termini ancora SANDEI, op. cit., p. 473.
108 Vedi supra, alla nota 98.
La sufficienza di tale momento per la sicurezza
giuridica dell’atto sarebbe confermata dall’art. 51
D.P.C.M. 38840/2009, ai sensi del quale «la firma
digitale, ancorché sia scaduto, revocato o sospeso il
109
relativo certificato qualificato del suo titolare, è valida
se alla stessa è associabile un riferimento temporale opponibile ai terzi che colloca la generazione di detta firma
digitale in un momento precedente alla sospensione,
scadenza o revoca del suddetto certificato», ove per
valido «riferimento temporale opponibile ai terzi»
l’art. 37 D.P.C.M. 38840/2009 considera, inter alia, l’apposizione di una «marca temporale» ovvero quello
ottenuto o «attraverso la procedura di conservazione
dei documenti in conformità alle norme vigenti, ad
opera di un pubblico ufficiale» o «attraverso l’utilizzo
di posta elettronica certificata». Tuttavia, la dottrina è
proclive a riconoscere la medesima natura di «riferimento temporale opponibile ai terzi» anche alla
data e all’ora di sottoscrizione contenute in un atto
pubblico (LA MARCA, «L’atto pubblico notarile in
forma digitale …», op. cit., p. 813-814, spec. nota 85).
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
scrizione»110. Sicché, per ovviare al rischio che il notaio riceva un atto nullo perché privo giuridicamente delle prescritte sottoscrizioni delle parti (cfr. art. 58, comma 1, n. 4, L.N.), e che egli incorra
conseguentemente nella responsabilità disciplinare di cui al secondo comma dell’art. 137 L.N.
(sanzione pecuniaria da 30 euro a 240 euro)111, è ben comprensibile che il legislatore abbia previsto
- ancorché implicitamente - l’obbligatorietà della verifica concernente la validità dei certificati di
firma eventualmente utilizzati dalle parti.
Tuttavia, se questa fosse l’unica ratio ispiratrice di tale verifica obbligatoria non si comprenderebbe
la ragione di averla prevista solo per i certificati di firma utilizzati dalle «parti», e non anche per i
certificati utilizzati dagli altri eventuali comparenti, quali i testimoni, i fidefacienti e gli interpreti,
sebbene pure costoro possano utilizzare firme informatiche basate su certificati elettronici (cfr. art.
52-bis, comma 1, L.N.), e pure relativamente alle loro sottoscrizioni esista il rischio per il notaio di
ricevere un atto nullo e di rispondere, conseguentemente, in sede disciplinare (cfr. comb. disp. art.
51, n. 10; art. 58, comma 1, n. 4; e art. 137, comma 2, della legge notarile).
Si provi allora a ragionare sulle caratteristiche tecniche della firma informatica, ed in particolare
della firma basata su un certificato elettronico, tra cui la firma digitale.
Essa si differenzia dalla firma autografa, inter alia, per il fatto di non assolvere di per sé alla funzione
indicativa della sottoscrizione, che invece la firma autografa, proprio perché tale, assolve autonomamente nel mondo cartaceo112. La funzione indicativa nel mondo informatico, infatti, viene
assolta dall’uso di un certificato elettronico (vedi art. 1, lett. e, c.a.d.), e, relativamente alla species
della firma digitale, per mezzo del certificato qualificato su cui essa si basa. Tale certificato deve
contenere tutte le informazioni identificative del suo titolare (vedi, in generale per i certificati qualificati, l’art. 28, comma 1, lett. d, c.a.d., nonché, più particolarmente per la firma digitale, l’art. 24,
comma 4, c.a.d.); cosicché, allo scopo di accertare l’identità del titolare della firma informatica, è
necessario controllare il contenuto del relativo certificato elettronico, e ciò nell’ovvio presupposto
che tale certificato sia giuridicamente valido.
Pertanto, verificare materialmente la validità dei certificati di firma utilizzati dalle parti significa, in
qualche modo, accertare l’identità personale delle parti stesse, ai sensi di quanto disposto dall’art. 49
L.N. In altri termini, la verifica di cui si tratta sarebbe da ricondurre (anche) all’obbligo per il notaio
di accertare l’identità personale delle parti113, di modo che la sua omissione - lungi dal cagionare di
per se sola la nullità dell’atto114 - esporrebbe il notaio alla ben più grave responsabilità disciplinare
di cui all’art. 138, comma 2, L.N. (sospensione da sei mesi ad un anno).
110 Già in questi termini LA MARCA, «L’atto pubblico
notarile in forma digitale …», op. cit., p. 812.
L’equiparazione tra certificato invalido e
mancanza di sottoscrizione pesa ancor di più della
negazione di qualsiasi effetto giuridico, giacché la
sottoscrizione è come se non fosse stata apposta
nemmeno sul piano formale.
111
Si afferma tradizionalmente che la sottoscrizione
autografa assolve ad una funzione “indicativa”, per la
quale è possibile individuare l’autore del documento
sottoscritto (ex plurimis Cass., 26 novembre 1971, n.
3445, in Rep. Foro it., 1971, p. 2322), e ad una funzione
“appropriativa”, per la quale l’autore della firma si
112
assume con essa la paternità della scritturazione. La
firma autografa, così, testimonia che un certo
contenuto di un documento è stato formato o voluto
dal sottoscrittore, o che lui approva il contenuto
formato da altri.
113 In tal senso G. PETRELLI, «Atto notarile informatico
- Atto pubblico», in Notariato, 3, 2011, p. 365.
114 L’atto pubblico sarebbe nullo, infatti, solo se alla
mancata verifica corrispondesse l’effettiva invalidità
del certificato di firma utilizzato dalle parti, ai sensi
del comb. disp. dell’art. 21, comna 3, c.a.d. e degli artt.
51, n. 10, L.N. e 58, comma 1, n. 4, L.N.
- Capitolo III - G. La Marca
131
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
La conseguenza di una simile conclusione - costituzionalmente necessaria, invero, al fine di
garantire parità di trattamento giuridico tra due situazioni sostanzialmente analoghe (ex art. 3
Cost.) - sarebbe che, relativamente alla prima mancanza sopra rilevata - in ordine cioè alle conseguenze giuridiche derivanti dalla omessa indicazione in atto della verifica in questione - tale
omissione equivarrebbe alla mancata dichiarazione in atto della certezza dell’identità personale
delle parti, che seppure non idonea ad inficiare la validità dell’atto ‘sì ricevuto dal notaio115, è
comunque punita in sede disciplinare con la sanzione pecuniaria da 5 euro a 45 euro (cfr. comb.
disp. artt. 51, comma 1, n. 4, e 137, comma 1, della legge notarile).
Tuttavia, deve ammettersi che - sebbene garantisca più efficacemente la sicurezza dell’atto notarile
informatico - l’accoglimento di tutta l’ipotesi esegetica sopra argomentata pare ostacolato, almeno
sub formis, dai principi di legalità e tassatività che informano l’ordinamento disciplinare notarile, in
applicazione dei quali la generica violazione di una disposizione normativa da parte del notaio è
sanzionabile in via residuale con le misure dell’avvertimento o della censura, qualora non sia
stabilita una sanzione diversa (cfr. comb. disp. artt. 135 e 136 L.N.)116. Pertanto, non essendo previsto
diversamente, sia la mancata indicazione in atto dell’avvenuta verifica di validità dei certificati di
firma eventualmente utilizzati dalle parti, sia la mancata verifica in sé della loro validità, comporterebbero a carico del notaio solo e soltanto la responsabilità disciplinare de residuo di cui all’art. 136
L.N. (avvertimento o censura).
132
Certo dunque che anche su questo aspetto il legislatore avrebbe dovuto fare maggiore chiarezza, ad
ogni buon conto, svelata la ratio identificativa della verifica di validità dei certificati di firma, e,
soprattutto, considerato che il summenzionato terzo comma dell’art. 21 c.a.d. equipara l’utilizzo di
un certificato di firma invalido alla mancanza di sottoscrizione, è d’uopo che il notaio esegua la
medesima verifica di validità anche in relazione ai certificati di firma eventualmente utilizzati dai
fidefacienti, dagli interpreti e dai testimoni117, la cui mancata sottoscrizione è causa di nullità
dell’atto pubblico a norma del comb. disp. artt. 51, n. 10, L.N. e 58, comma 1, n. 4, L.N..
Cionondimeno, si ritiene che il notaio non sia tenuto ad attestare in atto l’esecuzione anche di tali
verifiche, poiché il terzo comma dell’art. 47-ter L.N. fa espresso riferimento - appunto - ai soli certificati di firma eventualmente utilizzati dalle «parti», quantunque la loro indicazione in atto appaia
assai opportuna a fini probatori proprio alla luce di quanto previsto dall’art. 21, comma 3, c.a.d.,
sopra citato.
In caso, poi, di sottoscrizione dell’atto notarile informatico mediante l’utilizzo di una firma elet-
In quanto trattasi di prescrizione formale avente,
per definizione, carattere eccezionale. Concordi
CHIBBARO, «La formazione e sottoscrizione dell’originale informatico …», op. cit., p. 30, e PETRELLI, «Atto
notarile informatico - Atto pubblico», op. cit., p. 365.
115
Sull’argomento, basti il rinvio a G. CELESTE - V.
TENORE, La responsabilità disciplinare del notaio ed il
relativo procedimento, Milano, 2008, e alla giurisprudenza più significativa espressa da Cass., 25 luglio
1996, n. 6680, in Riv. not., 1996, p. 1225, e Cass., 3 agosto
1998, n. 7602, in Vita not., 1998, p. 1767. Peraltro, la
giurisprudenza di legittimità ha di recente avallato
una tesi ancora più restrittiva - già sostenuta, invero,
116
da una parte minoritaria della dottrina (vedi, per
tutti, G. CELESTE - V. TENORE, op. cit., p. 106; M.
VENTURO, «Artt. 147 e 136 L.N.: profili di ricostruzione sistematica», in Vita not. 2, 2010, p. 1157 1158) - secondo cui l’art. 136 L.N. non può interpretarsi nel senso che al notaio siano applicabili le
sansioni residuali dell’avvertimento e della censura
allorchè la norma violata non preveda alcuna conseguenza sanzionatoria specifica, perchè altrimenti
risulterebbe violato il principio di tipicità nullum
crimen sine poena che, seppur in misura attenuata
rispetto al sistema penale, informa anche l’ordinamento disciplinare (Cass., 24 luglio 2012, n. 12995,
in Notariato, 5, 2012, p. 584).
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
tronica qualificata, ivi compresa la firma digitale del notaio, essa non potrebbe essere effettuata
mediante la ‘procedura automatica’ di cui all’art. 35, comma 3, c.a.d., in quanto - sia per la sua
necessaria lettura, che per l’esercizio corretto della funzione notarile - il documento digitale da
sottoscrivere deve essere presentato ai comparenti e al notaio, prima dell’apposizione delle
rispettive firme, in modo “chiaro e senza ambiguità” ai sensi di quanto disposto dall’art. 35, comma
2, c.a.d.118.
Infine, conta segnalare la previsione contenuta nel secondo comma dell’art. 52-bis L.N., per cui «il
notaio appone personalmente la propria firma digitale dopo le parti, l’interprete e i testimoni e in loro
presenza».
Per quanto concerne la precisazione del momento temporale della firma, essa è perfettamente in
linea con quanto ritenuto per l’omologo cartaceo119. Tuttavia, per la variante informatica essa ha
anche una ragione squisitamente tecnica laddove le parti utilizzino una firma basata su un certificato elettronico, giacché è ovvio che il notaio deve verificare la validità dei relativi certificati prima
di attestarla in atto ai sensi dell’art. 47-ter, comma 3, L.N., e dunque prima che egli apponga personalmente la propria firma digitale; e siccome per procedere a tale verifica è necessario che i
comparenti appongano la loro firma informatica, è giocoforza che gli stessi sottoscrivano l’atto
prima del notaio.
V’è soltanto da rilevare una deficienza normativa in ordine alla mancata citazione dei ‘fidefacienti’,
specie perché è soprattutto nei loro riguardi, in considerazione del ruolo svolto in atto, che il notaio
deve apporre la sua firma certamente dopo di essi.
Invero, l’unica spiegazione di tale omissione appare collegata all’altra parte della disposizione de
qua, ossia alla sottoscrizione del notaio «in loro presenza», in quanto è ben possibile che il notaio firmi
in assenza dei fidefacienti qualora essi si allontanino prima della fine dell’atto, ex art. 51, n. 10,
L.N.120. Ma se è così, il legislatore avrebbe fatto molto meglio a distinguere strutturalmente le due
previsioni, onde non generare dubbi esegetici facilmente evitabili.
Per quanto concerne, invece, il riferimento alla sottoscrizione del notaio «in presenza» dei
comparenti, esso completa la previsione speculare di cui al primo comma dell’art. 52-bis L.N. («Le
parti, i fidefacenti, l’interprete e i testimoni sottoscrivono personalmente l’atto pubblico informatico in presenza del notaio …»), ed entrambi esplicitano quanto già si evince dal primo inciso
dell’art. 47-ter, comma 2, L.N., ossia che il notaio non può validamente ricevere un atto pubblico
informatico inter absentes, ossia mediante procedure “telematiche”.
6. Segue: d) l’inammissibilità dell’atto notarile “telematico”
Il novello art. 47-ter L.N. contiene al suo secondo comma una precisazione che, in verità, poteva
agevolmente ricavarsi già dal suo primo comma (se non anche, addirittura, nel silenzio della legge):
«L’atto pubblico informatico è ricevuto in conformità a quanto previsto dall’articolo 47» della legge
117 Sebbene esprimendosi in termini di mera opportunità, condivide l’assunto SANDEI, op. cit., p. 473, nota
44.
118 Sull’obbligo di dare lettura dell’atto notarile infor-
matico, vedi infra nel testo § 7.
119 Per tutti G. SANTARCANGELO, La forma degli atti
notarili, Roma, 2006, p. 188-189.
120 Infatti, a riprova di ciò, il primo comma dell’art. 52-
bis L.N., che contiene in parte qua una norma perfettamente speculare, non manca di citare anche i fidefacienti, i quali devono sottoscrivere l’atto pubblico
informatico necessariamente «in presenza del notaio».
Sui dubbi applicativi che interessano una simile eventualità, vedi infra nel testo, § 7.
- Capitolo III - G. La Marca
133
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
notarile, e cioè in applicazione di una norma di sicura compatibilità con la formazione dell’atto
pubblico digitale121.
Nondimeno, è utile che il legislatore abbia esplicitato l’applicabilità dell’art. 47 L.N. anche all’atto
notarile informatico: non tanto per la funzione adeguatrice di cui al secondo comma122, quanto per
la necessaria compresenza di tutti i protagonisti dell’atto (notaio e comparenti) richiesta dal primo
comma, giacché la delega contenuta nell’art. 65 L. 69/2009 comprendeva testualmente anche le
«procedure informatiche e telematiche per la redazione dell’atto pubblico»123, ossia la definizione di
una normativa apposita che disciplinasse il ricevimento di un atto pubblico informatico anche tra
soggetti fisicamente distanti tra loro e/o rispetto al notaio rogante, altrimenti detto ‘atto notarile
telematico’124. Tuttavia, il legislatore delegato - proprio con la precisazione contenuta nel secondo
comma dell’art. 47-ter L.N., corroborata, come detto, dalle esplicitazioni di cui all’art. 52-bis L.N. - ha
dimostrato di non volere dar seguito alla delega in parola, così negando al notaio - e ai cittadini, in
definitiva - la ricevibilità di un atto pubblico informatico inter absentes.
D’altra parte, anche se non si riconoscesse una siffatta volontà del legislatore delegato, ed invece si
intendesse che l’atto notarile telematico non sia inammissibile, ma soltanto non disciplinato, la
dottrina unanime ha già escluso che la sua concreta ricevibilità possa recuperarsi sul piano
dell’esegesi, giacché manca una disciplina specifica che, al pari della firma elettronica avanzata con
riguardo alla sottoscrizione autografa (arg. art. 21, comma 2, c.a.d. post-riforma), equipari giuridicamente la presenza “fisica” di una persona alla sua mera presenza “virtuale”125.
134
È evidente, dunque, che l’attuazione in parte qua dell’art. 65 L. 69/2009 sarebbe stata la migliore
occasione per coprire il suddetto scarto normativo tra realtà digitale e realtà materiale della
persona126, per così equipararle perlomeno sul piano della documentazione giuridica, al citato
scopo di consentire finalmente la ricevibilità dell’atto notarile telematico.
A tal proposito, siccome in sede di stesura dello schema del D.lgs. 110/2010 è emerso da più parti il
convincimento per cui la regolamentazione dell’atto notarile telematico avrebbe necessitato una
delega espressa per la modifica dell’art. 2700 c.c., e segnatamente nella parte in cui prevede l’efficacia privilegiata di dichiarazioni e fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti «in sua
Art. 47 L.N., comma 1: «L’atto notarile non può
essere ricevuto dal notaio se non in presenza delle
parti e, nei casi previsti dall’articolo 48, di due
testimoni», e comma 2: «Il notaio indaga la volontà
delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità
cura la compilazione integrale dell’atto».
121
Che il notaio avrebbe dovuto assolvere senza
dubbio, unitamente alla funzione di controllo di cui
all’art. 28, n. 1, L.N., a prescindere dalla tecnologia
utilizzata per il ricevimento dell’atto.
122
123 A differenza di quanto previsto dalla precedente
delega in materia di atto pubblico digitale, contenuta
nell’art. 7 legge 28 novembre 2005, n. 246, che si
riferiva soltanto a «procedure informatiche» (vedi
lettera c).
Come ricorda da ultimo G.M. PLASMATI, «Il
negozio telematico: rischi attuali, funzioni del notaio
124
e tecniche contrattuali», in Gazz. notar., 7-9, 2011, p.
320, nota 4, «il termine telematica è stato coniato nel
1978 in Francia, in occasione del Rapporto Nora-Minc
sull’informatica e deriva dalla combinazione dei
termini telecomunicazione e informatica. Esso indica
la possibilità di impiego di servizi e strumenti di
natura informatica mediante una rete di telecomunicazioni».
LA MARCA, «L’atto pubblico notarile in forma
digitale …», op. cit., p. 811-812, e la bibliografia ivi
citata.
125
126 Sul tema in generale, di indubbio ed attualissimo
interesse, si rinvia a G. RESTA, «Identità personale e
identità digitale», in Dir. inf., 2007, p. 511 e ss., e a M.
BRUGI, «Dall’identità personale all’identità digitale.
Una necessità per il cittadino del terzo millennio», in
Inf. e dir., 1-2, 2008, p. 167 e ss.
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
presenza», è opportuno qui ribadire che la delega di cui all’art. 65 L. 69/2009 si riferiva testualmente
alle «procedure informatiche e telematiche per la redazione dell’atto pubblico», cosicché - a parere di
chi scrive - il legislatore delegato avrebbe potuto disciplinare lo strumento dell’atto notarile telematico finanche modificando - all’occorrenza, ma con l’auspicio di un intervento chiaro e puntuale
- qualsiasi disposizione che si fosse considerata incompatibile con il nuovo istituto: tanto dunque la
norma dell’art. 2700 c.c., quanto il summenzionato art. 47, comma 1, L.N., come pure le norme in
materia di competenza territoriale del notaio (cfr. art. 27, comma 2, L.N.)127.
In realtà, si percepisce che ciò ch’è mancato all’attuazione della delega in parte qua è soltanto la
volontà politica di ammettere e disciplinare l’atto notarile telematico, vuoi per prerogative squisitamente reazionarie, ad esempio con riguardo proprio alla competenza territoriale dei singoli
notai128, vuoi per più condivisibili ragioni di opportunità, dipendenti sia dall’attuale modello organizzativo del Notariato italiano sia dalle solite istanze di sicurezza giuridica.
Per quanto concerne il primo aspetto, è stato comprensibilmente affermato129 che un corpus
normativo in materia di atto notarile digitale avrebbe mal ospitato l’abolizione de facto dei limiti
territoriali alla competenza notarile, che piuttosto richiederebbe un’attenzione dedicata al tema
dell’organizzazione territoriale del nostro Notariato. Se però è questa la reale preoccupazione, una
soluzione accettabile in attesa di tempi più maturi sarebbe stata quella di vincolare l’utilizzo della
tecnologia telematica alla compresenza fisica di tutti i soggetti all’interno del medesimo distretto
notarile: per esempio, un notaio con sede in Roma che riceve con modalità telematiche un atto
pubblico di compravendita tra il venditore che si trova a Velletri ed il compratore che si trova a
Civitavecchia130.
Con riguardo, invece, alle esigenze di sicurezza giuridica dell’atto notarile telematico, il problema
fondamentale è quello di garantire l’accertamento sicuro dell’identità dei comparenti ed un’indagine effettiva della volontà delle parti, sebbene i protagonisti di tali attività non siano presenti
fisicamente fra di loro.
A tale proposito, si crede che l’utilizzo di strumenti audio/video in streaming e l’impiego della firma
Infatti, il ricevimento di un atto notarile telematico proietta tutti i soggetti coinvolti in una realtà
virtuale che non conosce confini territoriali; di talché,
il divieto imposto al notaio di ricevere un atto
pubblico al di fuori del proprio territorio di
competenza perde di significato qualora vengano
utilizzate procedure telematiche.
127
128 Pare lo sottolinei negativamente SANDEI, op. cit., p.
472, nota 39, mentre lo ammette NASTRI, «Le opportunità …», op. cit., p. 567-568.
129 Dallo stesso NASTRI, «Le opportunità …», op. cit., p.
567-568.
In sedi ufficiose è stata avanzata pure l’idea di
prevedere la partecipazione simultanea e congiunta
di tanti notai quanti sono i comparenti fisicamente
presenti in distretti notarili diversi, magari con la
contestuale previsione a carico del CNN dell’obbligo
130
di stabilire la corrispondente tariffa notarile in un
importo inferiore alla somma degli onorari spettanti
ai singoli notai coinvolti. È evidente, però, che una
simile soluzione, astrattamente praticabile, è molto
più complessa ed onerosa, ‘sì da preferire il più
semplice ricevimento di tanti atti quante sono le parti
per la conclusione differita di un accordo inter absentes
(vedi infra).
Si segnala poi che l’art. 12, comma 5, del decreto-legge
24 gennaio 2012, n. 1, come convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, ha sostituito
il secondo comma dell’art. 27 L.N. estendendo la
competenza del notaio a tutto il territorio della Corte
di Appello in cui si trova il distretto di appartenenza
(cfr. anche il secondo comma dell’art. 26 L.N., come
sostituito dall’art. 12, comma 4, dello stesso D.l.
1/2012); cosicché, oggi, lo strumento dell’atto notarile
telematico avrebbe potuto coprire perfino un intero
territorio regionale (come, ad esempio, in Toscana…)
- Capitolo III - G. La Marca
135
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
biometrica qualificata offrirebbero garanzie di sicurezza non inferiori rispetto alla contrattazione de
praesenti, quantunque al netto di una compresenza necessariamente materiale131. Infatti, la partecipazione in videoconferenza e l’utilizzo della tecnologia biometrica consentono al notaio di verificare
l’identità dei comparenti con un grado di certezza perfino superiore rispetto a quello offerto
dall’analisi del documento di identità cartaceo (più facilmente falsificabile) o all’intervento di
soggetti fidefacienti (che potrebbero sbagliarsi o mentire), mentre l’attività d’indagine della volontà
delle parti verrebbe svolta mediante l’interrogazione diretta, ancorché virtuale, delle parti stesse.
Insomma, in ultima analisi, non sembrano rinvenirsi argomenti sufficienti per non aver ammesso e
disciplinato - neppure tramite un rinvio precauzionale a successive regole tecniche - lo strumento
dell’atto notarile telematico, il quale, al contrario, pur nella sua forma vincolata al territorio di
competenza, avrebbe rappresentato - e ciò valga il vero - la parte autenticamente innovativa e significativamente utile di tutta la riforma del 2010.
136
Infatti, allo stato attuale della normativa132, l’unica possibilità concessa è quella di addivenire ad un
accordo di qualsivoglia natura mediante il ricevimento e lo scambio di due o più atti notarili informatici (per esempio, il primo atto contenente una proposta contrattuale, ed il secondo atto
contenente la sua accettazione conforme) relativamente a soggetti che si trovano distanti fra loro
ma ciascuno di essi fisicamente presente davanti al notaio, in conformità a quanto disposto dall’art.
47, comma 1, L.N. Tale procedimento, però, a ben riflettere non rappresenta né una novità assoluta
del D.lgs. 110/2010, nella misura in cui si ammetta che già ante riforma il notaio potesse ricevere un
atto pubblico in forma digitale, né una prerogativa della tecnologia informatica, giacché il
medesimo risultato può ottenersi anche col supporto cartaceo, e con una velocità di esecuzione
paragonabile a quella offerta dal supporto digitale qualora lo scambio degli atti originali cartacei
avvenga sostitutivamente con loro copie informatiche certificate conformi, come è peraltro
consentito già da una decina d’anni133.
7. Segue: e) il rispetto “compatibile” delle formalità notarili
Ai sensi del nuovo art. 47-ter, comma 1, L.N., «le disposizioni per la formazione … degli atti pubblici
… si applicano, in quanto compatibili, anche ai documenti informatici di cui ai commi 1 … dell’articolo 47-bis» (ossia agli atti notarili informatici).
Chiunque se ne sia occupato conviene che le formalità prescritte per il ricevimento di un atto
pubblico notarile sono “compatibili” con l’impiego della tecnologia digitale in un triplice senso:
- o perché l’impiego di una tecnologia piuttosto che un’altra è del tutto indifferente, come, ad
esempio, per i requisiti soggettivi del notaio, ex art. 58, comma 1, numeri 1, 2 e 3, L.N., e degli altri
comparenti all’atto, ex artt. 50 e 55, comma 2, L.N.; per i requisiti linguistici dell’atto, ex art. 54 L.N.;
nonché per il controllo di legalità di cui all’art. 28, n. 1, L.N., l’accertamento dell’identità personale
delle parti, ex art. 49 L.N., e l’indagine della loro volontà giuridica, ex art. 47, comma 2, L.N.;
131 Allo stato attuale delle conoscenze fisiche, rimane
impossibile ricevere un atto notarile telematico
qualora le parti di una compravendita immobiliare
volessero procedere ad uno scambio contestuale tra
pagamento del prezzo e consegna delle chiavi di casa.
132 Si ricorda, en passant, che nel 2005 l’art. 75, comma
1, lett. b, c.a.d., aveva abrogato pure l’art. 11 D.P.R.
445/2000, che prevedeva in termini generali la validità
dei contratti, contenuti in documenti informatici
sottoscritti con firma elettronica qualificata, stipulati
anche «per via telematica».
Cfr. art. 6, commi 2, 3 e 4, del D.P.R. 10 novembre
1997, n. 513, e relative norme di attuazione. Anche se,
come già ricordato, da un punto di vista operativo i
notai italiani hanno incominciato a munirsi della
firma digitale rilasciata dal CNN solo dal 2002/2003.
133
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
- o perché il rispetto delle formalità previste è affatto possibile, ma necessita di un adeguamento
tecnico, come l’accertamento della titolarità della firma informatica sopra analizzato (arg. art. 47ter, comma 3, L.N.), ovvero la lettura obbligatoria dell’atto e l’attività di allegazione documentale
(che il D.lgs. 110/2010 ha disciplinato in modo esplicito, rispettivamente, al secondo comma
dell’art. 47-ter L.N., seconda parte, e all’art. 57-bis L.N., ed avendo adottato, all’uopo, soluzioni
mutuate dall’interpretazione conforme134 e dalla normativa generale del c.a.d.135);
- o perché il rispetto di talune formalità non è addirittura necessario poiché l’utilizzo della
tecnologia informatica ne supera i presupposti applicativi. Il caso più emblematico è quello della
pluralità di fogli in cui può svilupparsi il documento notarile cartaceo (vedi art. 51, numeri 9 e 12,
L.N.) e non, evidentemente, il corrispondente informatico; così come quello dell’impronta del
sigillo (ex art. 52 L.N.), la cui apposizione è integralmente sostituita dalla firma digitale del notaio
ai sensi di quanto previsto dall’art. 24, comma 2, c.a.d. Ma si pensi anche alle postille prima delle
sottoscrizioni finali (ex art. 53, comma 2, L.N.), che non hanno più motivo di essere effettuate in
quanto lo strumento informatico permette di apportare qualsiasi correzione direttamente nel
corpo dell’atto; né può esservi alcun problema di raschiature del documento (cfr. art. 53, comma
1, L.N.)136 o di utilizzo di un inchiostro indelebile per la scritturazione (ex art. 67, comma 2, del
Regolamento notarile approvato con R.D. 10 settembre 1914, n. 1326).
Tuttavia, in questa sede è opportuno limitare l’indagine sul rispetto “compatibile” delle formalità
notarili a quelle che presentano ictu oculi le implicazioni più interessanti dal punto di vista della
sicurezza dell’atto notarile informatico.
Per quanto concerne la formalità della lettura, ad esempio, l’art. 47-ter, comma 2, L.N. stabilisce che
«l’atto pubblico informatico … è letto dal notaio mediante l’uso e il controllo personale degli
strumenti informatici».
Il notaio, quindi, potrà leggere direttamente dallo schermo il documento redatto e memorizzato sul
suo computer, oppure potrà leggerlo da un altro supporto idoneo mediante l’utilizzo di un
proiettore di immagini: in tal caso, sono evidenti i vantaggi che una simile procedura porta con sé
in termini di sicurezza dell’atto notarile informatico, giacché sarebbe possibile un controllo diretto
da parte di tutti i soggetti coinvolti, e quindi si ridurrebbe al minimo il rischio di abusi e/o errori
durante la lettura del documento137.
Per altro verso, tuttavia, si ripropone il dubbio se alla variante numerica del documento pubblico
notarile possa trovare applicazione l’art. 58, n. 8, L.N., a mente del quale la lettura dell’atto può essere
Già A. GALLIZIA, «Il documento informatico e la
sicurezza giuridica», in Riv. not., 1992, p. 81-82, faceva
notare come la lettura dell’atto mediata dallo
schermo del computer è paragonabile alla lettura del
documento cartaceo mediata da un paio di occhiali.
Conformemente, le lucide osservazioni di S.
CHIBBARO - A. PESCATORI, «La lettura dell’atto
notarile ed il documento informatico», in Studi e
materiali, 1, 2007, p. 489-490.
134
135 Arg. art. 25, comma 4, c.a.d., in tema di allegazione
di documenti analogici ad una scrittura privata autenticata.
136 Vedi già in LA MARCA, «L’atto pubblico notarile in
forma digitale …», op. cit., p. 815, e bibliografia citata.
Sottolineano gli aspetti positivi della lettura
mediante strumenti informatici CHIBBARO PESCATORI, op. cit., p. 489-490. D’altra parte, che i
comparenti si accomodino dietro il notaio per seguire
direttamente la lettura dell’atto, cartaceo o informatico che sia, ovvero che il notaio utilizzi supporti
analogici ugualmente proiettabili (es. fogli lucidi su
lavagne luminose) sarebbero soluzioni diseconomiche e del tutto sganciate dalla realtà dei fatti;
oppure, distribuire al medesimo scopo tante bozze
dell’atto quanti sono i comparenti aumenterebbe il
rischio di errori ed abusi.
137
- Capitolo III - G. La Marca
137
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
delegata ad un soggetto terzo purché il notaio sia presente durante la lettura e che l’atto in
questione sia stato scritto ‘personalmente’ da lui: forse, la precisazione che l’atto debba essere letto
«dal notaio» e mediante l’uso ed il controllo «personale» degli strumenti svela la volontà del legislatore di accogliere la tesi classica negativa, e cioè, stante la ratio dell’art. 58, n. 8, L.N., che la scritturazione dell’atto deve essere necessariamente autografa del notaio, e non anche con mezzi di dattiloscrittura (ivi compreso un computer), poiché solo in questo modo sarebbe possibile verificare
l’autenticità del documento138.
Analogo problema esegetico - ugualmente non risolto dal legislatore del 2010 - ricorre allorquando
intervenga in atto un soggetto muto o sordomuto che sappia leggere e scrivere, perché ai sensi
dell’art. 57, comma 2, L.N. «deve egli stesso leggere l’atto e scrivere alla fine del medesimo, prima delle
sottoscrizioni, che lo ha letto e riconosciuto conforme alla sua volontà», e cioè - per sua tutela mediante una dichiarazione da scriversi personalmente dallo stesso soggetto muto o sordomuto.
V’è da dire, però, che, specie in quest’ultimo caso, non a torto un autore si è dimostrato possibilista
nell’ammettere l’acquisizione digitale della scrittura autografa139, o meglio, la formazione del
documento informatico mediante l’immagine digitalizzata della scritturazione autografa: infatti,
anche a prescindere che l’impiego della medesima tecnica sia stato consentito per la firma autografa
ex latere praesentium (ex art. 52-bis, comma 1, L.N.), in generale la digitalizzazione della scrittura
autografa costituisce pur sempre una procedura informatica di redazione documentale140, che già a
norma dell’art. 7, comma 1, D.P.R. 445/2000, ed oggi specificatamente ai sensi dell’art. 47-bis, comma
1, L.N., può essere utilizzata in modo legittimo per il ricevimento di un atto pubblico notarile.
138
A fortiori, quindi, la medesima tecnica di acquisizione digitalizzata della scritturazione autografa
dovrebbe poter essere impiegata dal notaio anche ai fini della delegabilità della lettura ex art. 58, n.
8, L.N., nel pieno rispetto di quanto previsto dal terzo comma dell’art. 47-ter L.N.
Si può così intuire che i principali problemi di compatibilità della tecnologia informatica si
riscontrano per tutte le ipotesi in cui è presupposta l’autografia del notaio o dei comparenti, come
la regola della firma “per esteso e leggibile”141, la quale non potrebbe applicarsi ad una firma informatica salvo che, relativamente alla sottoscrizione dei comparenti, venga utilizzata l’acquisizione
digitale della firma autografa per immagine; nonché, soprattutto, le norme che riguardano l’incapacità o l’impossibilità fisica del comparente a sottoscrivere il documento, che non saranno
ugualmente applicabili eccezion fatta per l’acquisizione digitale della firma autografa, questa volta
anche non per immagine142, e per il caso di impossibilità dell’utilizzo materiale del dispositivo di
firma143.
138 In tal senso la dottrina tradizionale: G. GALLO ORSI
- G. GIRINO, voce «Notariato», in Novissimo Digesto
Italiano, XI, Torino, 1965, p. 372; G.C. LASAGNA, Il
notaro e le sue funzioni, Genova, 1974, vol. III, p. 1129; C.
FALZONE - L. ALIBRANDI, voce «Lettura dell’atto
notarile e degli allegati», in Dizionario Enciclopedico del
Notariato, Roma, 1975, vol. I, p. 872; SANTARCANGELO,
op. cit., p. 164; e pare di capire anche CHIBBARO PESCATORI, op. cit., p. 486; nonché l’unica giurisprudenza espressa da App. Milano, 16 novembre
2005, in Giur. merito, 2006, p. 2410 e ss. Contra, invece, la
dottrina più recente, in continuità con quanto già
sostenuto da F. MOSCATELLO, Nozioni di Notariato,
Roma, 1974, p. 70: BOERO, op. cit., p. 314, e DI FABIO, op.
cit., p. 193-194.
139 SANDEI, op. cit., p. 471, nota 36.
140 A conforto di ciò, si confronti il primo comma
dell’art. 3, lettera a, della bozza delle nuove regole
tecniche in materia di formazione del documento
informatico, sopra citata alla nota 57.
141 Arg. comb. disp. artt. 51, n. 10, e 53, comma 1, della
legge notarile.
142 Infatti, mentre per le regole della scritturazione
personale e della firma “per esteso e leggibile” conta
l’evidenza della autografia, in questo caso conta
soltanto se sia materialmente vergabile.
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
Considerato infatti che, relativamente alla sua apponibilità, la firma autografa nel mondo cartaceo
equivale alla sua acquisizione digitale nel mondo informatico, con riguardo a quest’ultima ipotesi
si ritiene di poter concludere quanto segue:
- il soggetto che non può apporre la propria firma autografa144, ma che abbia la disponibilità e riesca
materialmente ad utilizzare una firma informatica diversa dall’acquisizione digitale della firma
autografa, è un soggetto che nel mondo digitale è perfettamente in grado di sottoscrivere, pertanto
egli può assumere utilmente l’ufficio di testimone (art. 50, comma 2, L.N.) ovvero, se è parte dell’atto
o fidefaciente, può sottoscrivere validamente senza doversi fare la menzione sostitutiva dell’impossibilità a firmare in modo autografo (art. 51, n. 10, L.N.), nonché, se lo stesso soggetto è parte
dell’atto, dovranno intervenire almeno due testimoni idonei soltanto ove sia analfabeta (cfr. art. 48
L.N.), e se è pure straniero sarà sufficiente che un solo testimone conosca la sua lingua (art. 55,
comma 3, L.N.);
- laddove, invece, il soggetto non sia in grado di sottoscrivere neppure nel mondo digitale perché
impossibilitato ad utilizzare materialmente un dispositivo di firma (si pensi ad un soggetto monco
di entrambe le mani alle prese con una firma informatica che ne richiede l’uso), ritorneranno
pienamente applicabili tutte le norme relative, sicché tale soggetto non potrà essere un testimone
idoneo, se è parte dell’atto o fidefaciente dovrà farsi la menzione sostitutiva dell’impossibilità
all’utilizzo materiale, nonché, se è parte dell’atto, sarà obbligatorio l’intervento di almeno due
testimoni, e con la necessità che almeno due di questi conoscano la sua lingua se è anche uno
straniero145.
Ma il legislatore del 2010 ha gravemente taciuto anche su quale sia la sorte dell’atto pubblico informatico la cui verifica di integrità dia esito negativo, ad esempio perché sono state eseguite cancellature, aggiunte o variazioni dopo l’ultima validazione da parte del notaio.
In questo caso specifico, l’art. 53, comma 5, L.N. prevede una sorta di nullità parziale necessaria
dell’atto relativa a tutti gli interventi successivi alla sua chiusura documentale, ma tale rimedio mal
si concilia con la verifica di integrità che garantisce l’utilizzo della firma digitale del notaio;
ovverosia, da un punto di vista tecnico sarebbe possibile accertare la modifica postuma dell’atto, ma
non anche quale modifica sia stata apportata, e di conseguenza non si vede come potrebbe praticamente operare il rimedio di cui al quinto comma dell’art. 53 L.N.146.
143 LA MARCA, «L’atto pubblico notarile in forma
digitale …», op. cit., p. 812.
Il riferimento all’incapacità a sottoscrivere (cfr. il
secondo comma dell’art. 50, il numero 10 dell’art. 51,
ed il terzo comma dell’art. 55, della legge notarile) è in
realtà un pleonasmo, in quanto il non sapere sottoscrivere costituisce una causa di impossibilità a farlo
(SANTARCANGELO, op. cit., p. 190-191).
144
Sulle stesse questioni, cfr. CHIBBARO, «codice
dell’amministrazione digitale …», op. cit., p. 1771-1772.
145
146 L’operatività di tale rimedio, invero, si potrebbe
recuperare - s’immagina - se il notaio avesse rilasciato
copie conformi dell’originale informatico prima della
sua alterazione, poiché, in tal caso, si potrebbe
raffrontare il testo dell’originale con quello della
copia conforme, così eliminare dall’originale la
postilla individuata, e quindi procedere ad una nuova
verifica di integrità: se l’esito è positivo, si sarà individuata con certezza la postilla indebitamente
effettuata, e dunque la si potrà considerare come non
apposta ai sensi di quanto stabilito dal quinto comma
dell’art. 53 L.N.
Altrimenti, è davvero incerto quale sia il rimedio
applicabile in caso di verifica negativa di integrità.
Ferma restando la responsabilità per l’illecito
commesso, in qualche modo si tratterebbe di un atto
pubblico notarile che ha smesso di esser tale: si
potrebbe quindi discorrere di nullità (rectius: inefficacia) sopravvenuta sul piano sostanziale, mentre,
sul piano probatorio, il documento non potrebbe
(più) produrre gli effetti privilegiati di cui all’art. 2700
c.c., ma soltanto quelli di un documento informatico
sprovvisto di firma ovvero - forse meglio - munito di
- Capitolo III - G. La Marca
139
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
Anche sul piano prettamente tecnico, poi, emergono talune difficoltà operative con riguardo, per
esempio, alla possibilità dei fidefacienti di anticipare la loro sottoscrizione prima della fine dell’atto,
ex art. 51, n. 10, L.N., e all’eventualità che gli stessi utilizzino quantomeno una firma elettronica
avanzata: in questo caso, non è chiaro come la legittima continuazione dell’atto dopo la sottoscrizione dei fidefacienti possa conciliarsi con il suo essere, tecnicamente, una modifica del
documento validato mediante una firma informatica ‘forte’, che cioè garantisce la immodificabilità
giuridica del documento numerico a tutela del firmatario.
A tale riguardo, l’unica soluzione che sembra all’uopo praticabile è quella di articolare il corpo del
rogito in forma digitale in due distinti documenti informatici, contenenti uno la dichiarazione dei
fidefacienti debitamente sottoscritta, e l’altro la continuazione del rogito dopo il loro allontanamento. In altri termini, si tratterebbe di procedere alla validazione di un ulteriore file, portante la
dichiarazione firmata dei fidefacienti, tra quelli del complesso documentale che il notaio sottoscrive alla fine con la propria firma digitale.
Se si è correttamente inteso147, però, in questo modo la tutela dei soggetti fidefacienti non sarebbe
dissimile da quella garantita loro nell’atto notarile cartaceo, perché in entrambi i casi i fidefacienti
non possono che affidarsi al notaio circa l’integrità della loro dichiarazione precoce: tanto basta, si
ritiene, per ammettere la compatibilità dell’art. 51, n. 10, L.N. in parte qua rispetto alle procedure
informatiche di redazione e validazione degli atti, e quindi - giusta il disposto di cui al primo comma
dell’art. 47-ter L.N. - per concludere circa la sua applicabilità alla variante informatica dell’atto
pubblico notarile148.
140
Un altro aspetto problematico, infine, ma parimenti comune alla tecnologia cartacea, è la preoccu-
firma elettronica semplice; ma così concludendo le
parti dell’atto potrebbero subire un eccesso di tutela
che, nella maggior parte dei casi, le danneggerebbe
oltre la perduta sicurezza giuridica del documento.
Diversamente, allora, una simile situazione potrebbe
equipararsi alla ‘perdita’ del documento originale,
alla stregua di una perdita “giuridica” dell’atto, con la
conseguente applicazione del nuovo art. 62-quater L.N.
(sulla prevista ‘copia di sicurezza’, cfr. LA MARCA,
«Nota a rettifica …», op. cit.).
In ogni caso, considerata la delicatezza della
questione, non si sente di offrire una soluzione definitiva sul punto, anche perché in sede di attuazione
dell’art. 68-bis, comma 1, lett. e, L.N., concernente le
regole tecniche in materia di annotazioni notarili, è
possibile che si riesca a ricavare qualche dato
esegetico più certo, visto che l’ ’annotazione’ è un’operazione tecnicamente identica a quella della modifica
postuma all’atto.
147 Resta comunque inopportuno il silenzio del legislatore delegato dinnanzi ad una difficoltà tecnica del
genere (pur anche il ricorso ai fidefacienti sia quasi
scomparso nella pratica), per la quale non si attende
nemmeno l’emanazione di regole tecniche specifiche
giacché esse sono state previste soltanto «per la
trasmissione telematica, la conservazione e la consultazione
degli atti, delle copie e della documentazione di cui
agli articoli 62-bis e 62-ter» (art. 68-bis, comma 1, L.N.,
lettera c), e non anche per la “formazione” degli atti.
Chissà, però, se - più o meno legittimamente - il legislatore subordinato sfrutterà l’attuazione della lettera
a dell’art. 68-bis, comma 1, L.N., in materia di firme
informatiche ex latere praesentium, per fare maggiore
chiarezza sul punto…
148 Del resto, non è sostenibile che, in caso di allontanamento, i fidefacienti non possano utilizzare una
firma informatica ‘forte’, giacché ne sarebbe di
ostacolo la previsione di cui all’art. 52-bis, comma 1,
L.N., così come un simile assunto sarebbe incoerente
con le istanze di maggior sicurezza dell’intero
sistema; né è auspicabile sul piano sistematico che
l’art. 51, n. 10, L.N. non trovi applicazione in parte qua
all’atto notarile digitale, poiché tale preclusione
sarebbe smentita dalla presunta ratio di non aver
citato i fidefacienti nella norma di cui all’art. 52-bis,
comma 2, L.N., come sopra rilevato.
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
pazione derivante dalla duplicabilità all’infinito di un documento informatico, ossia il rischio di
spendite fraudolente di un documento che non si avrebbe la possibilità - materiale o legale - di
distinguere dal suo originale149.
In ambito notarile, in effetti, tale rischio non è connesso originariamente allo strumento tecnico
utilizzato per la formazione del documento, quanto piuttosto al suo rilascio in originale. Più precisamente, il problema attiene a quegli atti che rilevano giuridicamente per la loro unicità documentale: oltre e soprattutto alla copia esecutiva ex art. 476 c.p.c., la cui unicità è rigorosamente
prevista dalla legge, l’esempio più scontato è quello della ‘procura speciale informatica’, la quale
potrebbe sì essere utilizzata dallo stesso procuratore contemporaneamente più volte150, ma ciò
tanto nel mondo digitale quanto nel mondo cartaceo, poiché in entrambi i casi il rappresentante
potrebbe abusivamente creare e tenere per sé copie conformi della procura consegnatagli dal
rappresentato151.
È anche vero, però, che la creazione di un duplicato informatico è molto più accessibile rispetto
all’ottenimento di una copia cartacea, anche in termini di costi, e che quindi la tecnologia informatica in qualche modo aumenta, in questo caso, il margine di insicurezza del sistema. Ecco perché,
piuttosto che affidare la regolamentazione di tale aspetto al (solo) principio di autoresponsabilità
del rappresentato152, alcuni autori hanno addirittura ipotizzato la creazione di un archivio informatico dove conservare l’originale della procura presso un depositario unico153.
Si noti tuttavia come una soluzione simile confermi l’idea che il rischio di utilizzi abusivi di un
documento informatico discenda originariamente dalla facoltà per il notaio di rilasciare lo stesso in
originale, tanto che - a questo punto - sarebbe più semplice negare siffatta facoltà, ed obbligare il
notaio a conservare, nel caso di specie, anche la procura speciale formata digitalmente presso la
struttura accentrata del CNN di cui all’art. 62-bis, comma 1, L.N.
Ad ogni modo, se una soluzione simile dovesse essere effettivamente adottata, l’impiego della
tecnologia informatica garantirebbe un livello di sicurezza e di celerità maggiore rispetto a quello
offerto dalla tecnologia cartacea, in relazione alla quale è solo invalsa - e non ovunque - la prassi di
comunicare al Consiglio notarile di appartenenza la revoca della procura che il notaio avesse a
conoscere nell’esercizio del proprio ministero.
149 Tra i molti, M. ORLANDI, Documento e rete virtuale, in
AA.VV., L’atto notarile informatico …, op. cit., p. 17,
ribadisce il non sense logico di una «copia informatica
di documento informatico», sebbene contra le lettere iquater e i-quinquies del novellato art. 1 c.a.d., che
distinguono la «copia» informatica dal «duplicato»
informatico a seconda che abbiano una diversa (la
copia) o la medesima (il duplicato) «sequenza di
valori binari» rispetto a quella dell’originale informatico da cui sono tratte. Il problema, allora, si
sposterebbe semmai sul piano della verificabilità di
tale sequenza di valori binari…
150 Così G. ARCELLA, Copie, estratti e certificati, e la certifi-
cazione di conformità all’originale dopo il D.lgs. 110/2010,
in AA.VV., L’atto notarile informatico …, op. cit., p. 106-107.
Fa notare tale comunanza del rischio M. NASTRI,
«Copie autentiche e documento informatico», in Studi
e mater., 1, 2007, p. 472, nota 26.
151
Vedi CHIBBARO, «Codice dell’amministrazione
digitale … », op. cit., p. 1776.
152
Cfr. ARCELLA, op. cit., p. 107, e PIRAINO, op. cit., p.
172-173, quest’ultimo con riferimento precipuo alla
copia esecutiva in formato digitale, per la quale il
secondo comma dell’art. 68-bis L.N. ha previsto specificatamente l’adozione di regole tecniche idonee a
garantirne l’unicità informatica.
153
154
Condivide il medesimo giudizio A. ORICCHIO,
- Capitolo III - G. La Marca
141
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
8. Tra aspetti critici ed opportunità: l’atto notarile informatico ‘sicuro’
A conclusione di quanto fino adesso analizzato, il giudizio sull’atto notarile informatico può dirsi
sufficientemente positivo nelle sue linee concettuali, ma non del tutto soddisfacente con riguardo
alla disciplina specificatamente dedicata154.
Come si è constatato, infatti, per un verso risultano scelte normative di discutibile qualità redazionale o che sono parzialmente ingiustificate, scoordinate o poco coraggiose, ovvero, peggio
ancora, gravemente carenti sul piano della certezza del diritto.
Per un altro verso, però, la filosofia di fondo può dirsi felicemente ispirata alla semplicità della
normativa, con la previsione dell’unica firma digitale obbligatoria ex latere notarii e con l’ammissibilità dell’acquisizione digitale della firma autografa ex latere praesentium, ma che soprattutto
garantisce un livello di sicurezza giuridica perlomeno contiguo, e a tratti perfino superiore, rispetto
a quello offerto dalla tecnologia cartacea.
Infatti, gli unici elementi di insicurezza dell’atto notarile numerico sembrano dipendere, in fin dei
conti, da errori o frodi umane ovvero da malfunzionamenti del sistema, e cioè da circostanze del
tutto comuni all’impiego del supporto cartaceo (si pensi, banalmente, ad un difetto della
stampante). E se per taluni aspetti la tecnologia della carta rimarrà insostituibile per praticità155 e
sicurezza della conservazione156, ciononostante le procedure informatiche di validazione
comportano, di per se sole, l’azzeramento di altri rischi tipici della tecnologia cartacea, come la
possibile irriconoscibilità di postille eseguite in violazione della legge, che invece la caratteristica di
integrità del documento validato con firma digitale esclude ab origine157; nonché, se coniugate con
142
L’impatto del decreto sugli Archivi notarili, in AA.VV., L’atto
notarile informatico …, op. cit., p. 174 e ss., che non si
ritiene soddisfatto della riforma perché vi sarebbero
troppi vuoti, troppi tralasciamenti, troppa frettolosità.
Fin tanto che non sarà ammesso e disciplinato
l’atto notarile telematico, ha ragione B. IZZI, «La firma
elettronica negli strumenti di circolazione della
ricchezza», in Riv. not., 4, 2004, p. 881, a rilevare che
nella contrattazione de praesenti l’uso del documento
cartaceo è più semplice ed immediato rispetto all’uso
dell’omologo digitale, specie se si considera che - come
sopra evidenziato - le prerogative di efficienza della
trasmissione telematica dell’atto notarile numerico
sono rinvenibili in ugual misura nelle copie informatiche certificate conformi ai loro originali cartacei.
155
Non sono affatto banali i problemi tecnici legati
alla conservazione sicura del documento informatico,
che costringono l’operatore ad accorgimenti ben più
onerosi, ove quelli concernenti la carta, invece, sono
ampiamente conosciuti e superati. Ciò vale anche per
i documenti notarili formati su supporto digitale, che
in sé, come previsione astratta, nemmeno costituisce
una novità del 2010 (cfr. già l’art. 13 D.P.R. 445/2000,
poi trasfuso nel citato art. 39 c.a.d.; ma anche l’art. 37
D.P.C.M. 38840/2009, che si riferisce alla conservazione “a norma” da parte di pubblici ufficiali).
Rimandando allora qualsiasi ulteriore considerazione
156
a quando sarà attuata l’effettiva novità in materia, cioè
con l’emanazione delle regole tecniche di cui all’art.
68-bis, comma 1, lett. c, in questa sede basti il rinvio a
M. MIRRIONE, Profili conservativi dell’atto notarile informatico, in questo volume, prendendo comunque atto
che la struttura di conservazione gestita dal CNN è già
tecnicamente operativa da almeno un biennio (cfr.
NASTRI, «Le opportunità …», op. cit., p. 569).
157 Tale specifica circostanza, peraltro, costringe il
notaio a prestare il suo ministero con maggior cura e
professionalità di quanta nessun’altra tecnologia gli
avesse imposto finora, e ciò a tutto vantaggio della
qualità della funzione pubblica che è richiesto di
assolvere. Ma siccome l’utilizzo della tecnologia informatica riduce moltissimo il margine di fallibilità del
notaio, che nondimeno rimane pur sempre un essere
umano, il legislatore del 2010 ha, da un lato, modificato il primo comma dell’art. 62 L.N. nel senso che le
annotazioni sul repertorio notarile (che sarà esclusivamente in formato digitale ai sensi dell’art. 66-bis
L.N.) potranno essere eseguite entro il giorno
successivo al ricevimento degli atti (cfr. le riflessioni
sul punto di M. LANZIERI, L’atto pubblico informatico,
Altalex eBook, 2010, p. 20), mentre, dall’altro lato, ha
previsto ex novo la possibilità per il notaio di
procedere d’ufficio alla rettifica di atti pubblici o di
scritture private autenticate contenenti errori od
omissioni materiali (cfr. art. 59-bis L.N.).
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
le peculiarità del documento pubblico notarile, le medesime procedure informatiche assicurano
standards di sicurezza ancora più elevati (si ricordino la qualifica di certificatore ‘accreditato’ del
CNN e l’inammissibilità di procedure automatiche per la generazione della firma digitale).
Per non parlare, infine, delle opportunità di sviluppo dei traffici giuridici connessi con la funzione
notarile “digitalizzata”, che passano dalla tutela più efficace delle fasce sociali deboli - quali i muti, i
sordomuti o i non vedenti158, ovvero i malati costretti a letto159 - fino ad una maggiore efficienza dei
rapporti con uffici pubblici160 e realtà imprenditoriali161 interessati, nonché della circolazione
sicura degli atti notarili anche all’estero162.
Certamente, affinché le garanzie di sicurezza della nuova tecnologia digitale possano operare in
maniera effettiva, è necessario che il singolo notaio superi ogni ritrosia e scetticismo sullo
strumento informatico, e che acquisisca all’uopo tutte le conoscenze tecniche essenziali per gestirlo
in prima persona163; obiettivo - invero - che, prima ancora d’essere doveroso per il migliore svolgimento della sua funzione pubblica di certificatore e garante della legalità164, si ritiene di non
difficile traguardo per chi è un’eccellenza professionale nel campo del diritto privato e tributario,
come è sempre stata e si spera continuerà ad essere la figura del notaio italiano, dai tempi delle
tavolette di cera fino a quello dei bit immateriali.
158 Con riguardo alla maggiore accessibilità per i non
vedenti ed ipovedenti allo strumento dell’atto
pubblico notarile, che la tecnologia digitale è in grado
di assicurare a differenza della vecchia tecnologia
cartacea, è d’obbligo il rinvio agli studi, sinteticamente, di G. ROGNETTA, «L’accessibilità informatica dell’atto notarile», su www.altalex.it del 18
settembre 2009, e ID. «L’accessibilità informatica
dell’atto notarile dopo il D.lgs. 110/2010», su
www.altalex.it del 21 dicembre 2010.
Ciò, evidentemente, grazie allo strumento
dell’atto notarile ‘telematico’.
159
Oltre ai rapporti telematici che ormai da tempo
sono intrattenuti tra i singoli notai e gli uffici delle
Camere di commercio, delle Agenzie delle entrate e,
fino al 30 novembre 2012, delle ex Agenzie del
territorio (vedi art. 23-quater decreto-legge 6 luglio
2012, n. 95, come convertito con modificazioni dalla
legge 7 agosto 2012, n. 135) sulla rivista di informazione giuridica “Immobili & diritto” edita dal
Sole24Ore, al numero 11/2010, p. 11, si legge che il
Consiglio notarile di Milano ed il Comune di Milano
hanno siglato un protocollo d’intesa per consentire la
fruizione on line dei servizi dell’Anagrafe, onde
accedere, consultare ed estrarre comodamente dallo
studio notarile tutte le relative informazioni
necessarie per la formazione degli atti (indirizzo,
cittadinanza, stato civile, esistenza o meno in vita,
ecc…).
160
161 Da ultimo, vedi l’accordo raggiunto tra il Consiglio
notarile di Milano ed il Comitato Piccola Impresa di
Assolombarda che prevede, inter alia, la stipula di
ulteriori «specifici accordi per sviluppare l’utilizzo di
tecnologie informatiche di cui il Notariato già
dispone, come la firma digitale e la posta elettronica
certificata (Pec), con l’obiettivo di facilitare la contabilità d’impresa e il sistema di conservazione degli
atti» (fonte: http://www.notariato.it/it/primo-piano/
voce-territorio/archive/Milano-accordo-notai-assolombarda-semplificazione-marzo-2011.html).
Con specifico riguardo ai trasferimenti immobiliari mediante procedure informatiche, che sono
già una realtà consolitada in altri Paesi del mondo,
vedi E. MORANDI, «E-conveyancing: inquadramento
sistematico», studio CNN n. 36-2005/UE, approvato il
28 gennaio 2005.
162
163 È l’auspicio già manifestato da U. BECHINI, Il notaio
dinnanzi al diritto dell’informatica: metodo classico e
metodo della delega, in AA.VV., L’atto notarile informatico
…, op. cit., p. 184 e ss., e da NASTRI, «Le opportunità …»,
op. cit., p. 568. In particolare, poi, E. MACCARONE,
Sistemi di sicurezza, in AA.VV., L’atto notarile informatico
…, op. cit., p. 129 e ss., invita a prestare un’attenzione
intelligente alla sicurezza interna dello studio
notarile “virtuale”.
Discorre di etica informatica del notaio A.
BORTOLUZZI, «Informatica notarile: tra etica e
diritti», in Vita not., 1, 2004, p. 453 e ss.
164
- Capitolo III - G. La Marca
143
L’atto pubblico notarile
come strumento di tutela
nella società dell’informazione
9. Postilla
Nelle more di finitura e pubblicazione del presente lavoro, oltre alla scadenza di talune deleghe
normative ivi menzionate, il legislatore d'emergenza ha adottato il decreto-legge 18 ottobre 2012, n.
179 (cd. decreto “Crescita 2.0” o decreto “Sviluppo bis”), come convertito con modificazioni dalla
legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Tale provvedimento normativo, entrato in vigore il 20 ottobre 2012, contiene novità di rilievo in
ordine alla disciplina del documento informatico (vedi, per esempio, le lettere 0a e 0b dell'art. 9,
comma 1, D.l. 179/2012, introdotte in sede di conversione, con cui sono stati interpolati, rispettivamente, i commi 2 e 2-bis dell'art. 21 c.a.d.), ma soprattutto esso suscita nodale interesse nella parte
in cui consente la formazione “a regime” di atti notarili informatici ancorché le regole tecniche di
cui all'art. 68-bis L.N. non siano state ancora emanate.
144
Ai sensi dell’art. 6, comma 5, D.l. 179/2012, infatti, «fino all’emanazione dei decreti di cui all’articolo
68-bis della legge 16 febbraio 1913, n. 89, il notaio, per la conservazione degli atti di cui agli articoli
61 e 72, terzo commadella stessa legge n. 89 del 1913, se informatici, si avvale della struttura predisposta e gestita dal Consiglio nazionale del Notariato nel rispetto dei principi di cui all’articolo 62bis della medesima legge n. 89 del 1913 e all’articolo 60 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82,
in conformità alle disposizioni degli articoli 40 e seguenti del medesimo decreto legislativo. Ai fini
dell’esecuzione delle ispezioni di cui agli articoli da 127 a 134 della legge n. 89 del 1913 e del trasferimento agli Archivi notarili degli atti formati su supporto informatico, nonché per la loro conservazione dopo la cessazione del notaio dall’esercizio o il suo trasferimento in altro distretto, la
struttura di cui al presente comma fornisce all’amministrazione degli Archivi notarili apposite
credenziali di accesso. Con provvedimento del Direttore generale degli Archivi notarili viene disciplinato il trasferimento degli atti di cui al presente comma presso le strutture dell’Amministrazione
degli archivi notarili».
Il notaio, quindi, può adesso ricevere qualsiasi atto pubblico in forma digitale (così come può autenticare qualsiasi scrittura privata informatica) in piena e totale legittimità, non essendo più ostativa
l’adozione di specifiche regole tecniche per il rilascio di copie conformi informatiche, o per l’esecuzione sugli originali informatici delle annotazioni obbligatorie previste dalla legge, né per la
conservazione degli originali informatici e delle copie informatiche di originali cartacei presso la
struttura centralizzata di cui all’art. 62-bis L.N. (resta invece ancora preclusa la tenuta dei repertori e
dei registri notarili obbligatori mediante modalità informatiche, ai sensi di quanto stabilito dall’art.
66-bis L.N.).
La scelta di ovviare alle regole tecniche attuative del D.lgs. 110/2010 può destare qualche perplessità
in ordine alla sicurezza dell’atto notarile informatico, sia per il senso della natura transitoria della
norma prevista, (perché non si è deciso di fare a meno di tali regole tecniche, ma soltanto di non
subordinare alla loro adozione la possibilità di formare atti notarili informatici), sia in ordine alla
certezza delle regole da applicare, specie per ciò che riguarda la conservazione ‘sicura’ dei
documenti presso la struttura centralizzata gestita dal CNN. Ad ogni buon conto, non essendo
possibile in questa sede approfondire ulteriormente l’analisi della novella, basti la consolazione che
la categoria dei notai è già all’opera per definire un “decalogo di istruzioni operative” al fine della
concreta applicazione del comma 5 dell’art. 6 D.l. 179/2012 (vedi in CNN Notizie del 26 ottobre 2012,
«Il Notariato nell’agenda digitale del Governo: l’articolo 6 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.
179»), ossia una specie di manuale operativo che di fatto farà le veci delle emanande regole tecniche
PARTE PRIMA
Il valore della certezza
nella circolazione dei beni
e il sistema della pubblicità legale
di cui all’art. 68-bis L.N., mediante - ce lo si augura - l’utilizzo intelligente delle regole tecniche
attualmente in vigore per il documento informatico in generale.
Infine, si segnala anche la disposizione di cui al terzo comma dell’art. 6 D.l. 179/2012, che in qualche
modo si ricollega alla norma transitoria del comma 5, il quale ha sostituito il comma 13 dell’art. 11
D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 statuendo che «il contratto [i.e. il contratto pubblico da stipularsi
all’esito della procedura amministrativa di affidamento] è stipulato, a pena di nullità, con atto
pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per
ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante
dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura privata». È interessante constatare come
tale norma, applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2013 ai sensi del quarto comma dello stesso art. 6
D.l. 179/2012, abbia per la prima volta introdotto nel nostro ordinamento la forma informatica ad
substantiam, che rappresenta il culmine, cioè, della rivoluzione digitale in materia negoziale.
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- Capitolo III - G. La Marca