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Pædiatric Video-Surgery

ari Colleghi, in occasione del Congresso Straordinario della Società Italiana di Chirurgia Pediatrica, che si terrà a Bologna dal 27 al 29 ottobre p.v., il Comitato Editoriale dei "Dialogues of Paediatric video-surgery" esprime ammirazione per la carriera scientifica del Professore Remigio Dòmini. Ognuno di noi ha in serbo nel proprio bagaglio clinico e culturale i suoi insegnamenti, le sue osservazioni sempre puntuali e pertinenti che lo hanno portato ad avere moltissimi allievi in tutto il mondo. La sua impressionante produzione scientifica lo pone in primo piano tra le personalità nel panorama chirurgico nazionale ed internazionale quale vero "Maestro" di chirurgia, che nel corso del tempo ha saputo modificare, capire ed adeguare ai progressi della medicina e della tecnologia le strategie clinico-chirurgiche proprie e della sua Scuola. La sua brillante carriera ha dato grande impulso allo sviluppo dell'accademia chirurgica pediatrica e alla diffusione delle discipline ad essa correlate. Le sue doti di umanità, la disponibilità ad insegnare,comunicare e confrontare la sua esperienza, nonché la sua sottile ironia sono espressione della sua originale personalità che tutti ammiriamo. Ed è nostra intenzione, quale piccolo "tributo", dedicare questo numero dei Dialogues ai Suoi insegnamenti.

Dialogues of Pædiatric Video-Surgery by Italian Society of Video-Surgery in Infancy Ottobre 2005 Volume 1, numero 3 Editor: MARIO LIMA ALFONSO PAPPARELLA Editorial Board: MARCELLO CIMADOR GIOVANNI COBELLIS MARCELLO DOMINI CIRO ESPOSITO ALFREDO GARZI GIROLAMO MATTIOLI LUCIANO MASTROIANNI GIANLUCA MONGUZZI CARMINE NOVIELLO NICOLA PAPPALEPORE GIOVANNA RICCIPETITONI ALESSANDRO SETTIMI C ari Colleghi, in occasione del Congresso Straordinario della Società Italiana di Chirurgia Pediatrica, che si terrà a Bologna dal 27 al 29 ottobre p.v., il Comitato Editoriale dei “Dialogues of Pædiatric video-surgery” esprime ammirazione per la carriera scientifica del Professore Remigio Dòmini. Ognuno di noi ha in serbo nel proprio bagaglio clinico e culturale i suoi insegnamenti, le sue osservazioni sempre puntuali e pertinenti che lo hanno portato ad avere moltissimi allievi in tutto il mondo. La sua impressionante produzione scientifica lo pone in primo piano tra le personalità nel panorama chirurgico nazionale ed internazionale quale vero “Maestro” di chirurgia, che nel corso del tempo ha saputo modificare, capire ed adeguare ai progressi della medicina e della tecnologia le strategie clinico-chirurgiche proprie e della sua Scuola. La sua brillante carriera ha dato grande impulso allo sviluppo dell’accademia chirurgica pediatrica e alla diffusione delle discipline ad essa correlate. Le sue doti di umanità, la disponibilità ad insegnare,comunicare e confrontare la sua esperienza, nonché la sua sottile ironia sono espressione della sua originale personalità che tutti ammiriamo. Ed è nostra intenzione, quale piccolo “tributo”, dedicare questo numero dei Dialogues ai Suoi insegnamenti. IN QUESTO NUMERO: www.sivitaly.com Direzione e Redazione: © GIUSEPPE DE NICOLA EDITORE Appendicectomia laparoscopica vs open in età infantile Carmine Noviello, Alfonso Papparella, Pio Parmeggiani Chirurgia Pediatrica – Seconda Università di Napoli Chirurgia mini-invasiva in oncologia pediatrica Luciano Di Leone, Patrizia Manfredi, Marco Gambino, Giovanna Riccipetitoni U.O. di Chirurgia Pediatrica – Azienda Ospedaliera di Cosenza 80121 Napoli – Via del Parco Margherita, 33 Tel/Fax 081.409.469 E-mail: [email protected] Web: www.denicolaeditore.it La chirurgia mini-invasiva in urologia pediatrica Mario Lima, Giovanni Buggeri, Stefano Tursini, Tommaso Gargano, Lorenzo De Biagi Chirurgia Pediatrica – Università di Bologna 2 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery Appendicectomia laparoscopica vs open in età infantile Carmine Noviello, Alfonso Papparella, Pio Parmeggiani Laparoscopic appendectomy vs open in childhood Background Nowadays appendectomy is performed laparoscopically (LA). We compatred the results of LA versus open appendectomy (OA). Methods We searched original articles until July 2004. We considered operating room time, convertion rate, lenght of hospital stay, return to normal activity, wound infection rate, intra-abdominal abscess rate and costs. Results The mean operation duration of LA is 29% longer vs OA. The data about convertion rate are discordant. A patient undergone to LA can be discarged 1 day earlier than OA. The laparoscopic procedure allows to return to normal activity on the average 5.56 days before the time necessary for OA. There is an higher rate of wound infection in OA while the intra-abdominal abscess is reported to be more frequent in LA. Laparoscopic approach is more expensive. Conclusions LA offers better results and minor complications in cases without perforation, even if it is necessary a learning curve and higher costs. Key words Laparoscopy surgery, pediatric surgery, appendectomy Istituto di Chirurgia Pediatrica II Università di Napoli – Via S. Pansini 5, 80131 Napoli Tel/Fax 081.566.66.90 – E-mail: [email protected] INTRODUZIONE L ’appendicite è una delle più comuni patologie che richiedono l’intervento chirurgico in età pediatrica. Nel secolo scorso questi pazienti venivano sottoposti ad appendicectomia per via open (OA), un intervento semplice e veloce, con poche complicanze e che lasciava una cicatrice chirurgica molto piccola. Agli inizi del 1971 Gans ed al. [1,2] hanno proposto l’uso della laparoscopia come mezzo diagnostico e terapeutico nei bambini. Nel 1983 è stata descritta la prima appendicectomia laparoscopica (LA) [3] in pazienti adulti ed ora essa è di routine anche in età pediatrica. La chirurgia mini-invasiva offre notevoli benefici rispetto a quella convenzionale, visto la minore traumaticità dell’approccio, ma ancora si discute del reale vantaggio della LA rispetto alla OA. Lo scopo di questo studio è quello di confrontare l’efficacia della LA rispetto alla OA nei bambini valutando lavori della letteratura internazionale. I parametri presi in considerazione sono: la durata dell’intervento chirurgico, la percentuale di conversione, la durata della ospedalizzazione, il ritorno alle normali attività, l’incidenza delle più comuni complicanze come l’infezione della ferita e l’ascesso intra-addominale, i costi. METODO Sono stati ricercati articoli originali ed abstracts pubblicati fino al Luglio 2004. Gli strumenti di ricerca sono stati: Cochrane Controlled trials register (CCTR) e Medline. Sono stati considerati solo gli studi randomizzati che comparavano l’appendicectomia laparoscopica ed open nei bambini. Tre operatori hanno estratto i dati indipendentemente e poi i risultati sono stati confrontati tra loro. Gli autori degli abstracts e dei lavori più completi sono stati contattati per maggiori informazioni. RISULTATI Analizzando i diversi articoli che considerano la durata dell’intervento chirurgico (tabella 1) vi è un’apprezzabile differenza, specialmente per la LA, nella durata della procedura in base all’abilità dell’operatore ed indipendentemente dalla gravità del paziente. La durata media dell’intervento è di 52.3 minuti per la OA e di 67.5 minuti per la LA, vale a dire un 29% di tempo in più per eseguire l’intervento laparoscopicamente. I dati riguardanti la percentuale di conversione sono molto discordanti. La maggior parte dei chirurghi non ha problemi nell’eseguire la LA nè nel gestire le complicanze, ma alcuni hanno riportato una percentuale piuttosto alta di conversione (media 9%) [7,12,21]. Analizzando la durata della ospedalizzazione, un paziente sottoposto a LA può essere dimesso 1 giorno prima rispetto ad uno trattato con OA. Il tempo medio di ospedalizzazione è di 3.26 giorni (range 1.5 – 8.4) per la LA e di 4.28 giorni (range 2.4 – 8.4) per la OA (tabella 2). La tecnica laparoscopica consente di tornare più precocemente alle normali attività quotidiane prima rispetto alla tecnica convenzionale, in media 5.56 giorni prima Dialogues of Pædiatric Video-Surgery Tabella 1. Durata dell’appendicectomia laparoscopica (LA) ed open (OA) ( minuti) Huang Pedersen Merhoff Plattner Ritten Nicholson Lintula Williams Johnson Des Groseilliers Hay Lujan Varlet Meguerditchian Frazee Schroder Panton Tempo medio (2002) (2001) (2000) (1997) (1998) (2001) (2001) (1996) (1998) (1995) (1998) (1994) (1994) (2002) (1994) (1993) (1996) LA 69.1 40.0 80.0 63.0 43.8 88.9 82.0 93.0 75.8 50.0 76.0 51.0 72.0 45.7 87.0 60.1 74.3 67.5 OA 55.4 60.0 50.0 43.0 35.3 77.1 62.0 87.0 60.2 24.0 50.0 46.0 55.0 40.6 65.0 45.4 48.8 52.3 Tabella 2. Durata dell’ospedalizzazione per l’appendicectomia laparoscopica ed open (giorni) Huang (2002) Craus (2001) Plattner (1997) Nicholson (2001) Lintula (2001) Williams (1996) Johnson (1998) Des Groseilliers (1995) Lujan (1994) Varlet (1994) Meguerditchian (2002) Schroder (1993) Ospedalizzazione media LA 2.8 3.2 8.4 2.6 1.9 2.3 1.54 2.6 4.8 4.0 2.38 2.7 3.26 OA 3.6 4.7 8.4 2.4 2.6 2.8 4.09 3.6 6.0 6.4 2.94 3.8 4.28 (30%). Il tempo medio è di 11.8 giorni per la LA e di 17.36 per la OA [5,11,14,18,19,22]. Le più comuni complicanze della appendicectomia, indipendentemente dall’approccio, sono l’infezione della ferita e l’ascesso intra-addominale. Ogni Autore ha riportato una più alta incidenza di infezione della ferita in OA rispetto a LA (questa complicanza sembra essere due volte più probabile (57%) in pazienti sottoposti ad intervento tradizionale). L’incidenza dell’ ascesso intra-addominale, invece, è piu frequente (54%) in LA che in OA, anche se alcuni autori13 hanno riportato una frequenza maggiore di questo problema in OA (6% rispetto al 2%). 3 Naturalmente la tecnica laparoscopica necessita di uno strumentario più costoso [6,9,11,19]. Analizzando i dati si calcola che la LA è del 73% più cara (costo medio: 4,200 vs 2,425 $). Pochi Autori [12,26] hanno considerato tutti i costi del paziente (intervento chirurgico ed ospedalizzazione) ed hanno riportato un risparmio di circa 700 $ per ogni gorno di ospedalizzazione in meno. Dato che la tecnica laparoscopica consente un risparmio di una giornata di ospedalizzazione, il costo totale è del 44% in più per la tecnica laparoscopica rispetto a quella per via convenzionale. DISCUSSIONE L’appendice è una struttura intraaddominale che può essere facilmente trattata per via laparoscopica. Diversi lavori scientifici hanno cercato di stabilire i vantaggi e gli svantaggi della LA rispetto alla OA. La laparoscopia consente un’esplorazione globale dell’addome, quindi una visione migliore rispetto a quella che si ha attraverso l’incisione di MacBurney, così da avere allo stesso tempo una diagnosi differenziale e topografica. Sovente, dopo aver trovato un’appendice non patologica, il chirurgo deve allargare l’incisione addominale per poter esplorare l’intestino. Riguardo la durata dell’intervento chirurgico risulta una lunghezza maggiore dell’intervento eseguito per via laparoscopica. I dati vanno da un massimo di 93.0 min [11] fino ad un minimo di 40 min [5] in mani esperte. In media la LA richiede un 29% (15.2 min) in più rispetto alla OA. Da un punto di vista economico i pazienti sottoposti a LA hanno una ospedalizzazione più breve ed un precoce ritorno alle attività quotidiane. Questo è importante per il bambino che può ritornare più precocemente a scuola e alle attività sportive, per i parenti, che devono interrompere le attività lavorative per stare a casa con i figli ed infine per i costi ospedalieri. La mancanza di contatto tra l’appendice infiammata e la parete addominale, l’incisione più piccola, il minor trauma parietale, l’assenza di ischemia causata dai divaricatori ed il poco materiale di sutura lasciato in sede sono le ragioni della più bassa percentuale di complicanze come la infezione della ferita in LA rispetto a OA. La possibilità di rompere l’appendice durante la procedura laparoscopica può spiegare la più alta incidenza di ascessi intra-addominali riportata da alcuni studi, anche se i dati sono discordanti, infatti alcuni Autori [13] riportano una maggiore incidenza di tale complicanza in OA vs LA. Tutti concordano riguardo i maggiori costi della procedura laparoscopica rispetto a quella tradizionale anche se si considera la spesa complessiva (intervento ed ospedalizzazione). Questo è un problema da tener presente per l’appendicectomia, visto la frequenza della patologia, perciò l’uso di strumenti monouso dovrebbe essere ridotta il più possibile a vantaggio di attrezzatture multiuso. 4 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery La percentuale di conversione dipende dall’abilità del chirurgo. La LA, come ogni tecnica laparoscopica, necessita di uno speciale training per evitare complicanze legate alla tecnica. In ogni caso la LA può offrire una buona possibilità di esperienza per il chirurgo. Noi riteniamo che sia molto difficile valutare il reale beneficio estetico della procedura laparoscopica, ma l’approccio mini-invasivo offre sicuramente dei vantaggi (cicatrice ombelicale invisibile e piccole punture da 5 mm) nelle bambine ed in casi dove non è necessario allargare la ferita. Inoltre la probabilità di avere aderenze è minore quando si ha una piccola incisione addominale ed un minimo trauma tissutale. Alcuni Autori suggeriscono di evitare la LA nei pazienti con appendicite complicata per il più alto rischio di ascessi intra-addominali. Possiamo concludere che la LA offre vantaggi rispetto alla OA, specialmente in casi senza perforazione, per i migliori risultati estetici e diagnostici, la minore probabilità di avere complicanze, nonostante la necessità di una “learning curve” e di costi più alti. BIBLIOGRAFIA 1. GANS SL, BERCI G. Peritoneoscopy in infants and children. J Pediat Surg 1971; 8: 399-405 2. GANS SL. A new look at pediatric endoscopy. Postgrad Med 1977; 61: 91-100 3. SEMM K. Endoscopic appendectomy. Endoscopy 1983; 15: 59-64 4. HUANG MT, WEI PL. Needlescopic, laparoscopic, and open appendectomy: a comparative study. Surg Laparosc Endosc Percutan Tech 2002 Aug; 12 (4): 301-2 5. PEDERSEN AG. 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We report a 3 years experience with MIS in children with malignancy. Materials and Methods 15 pediatric oncologic patients underwent 16 minivasive procedures, 3 thoracoscopic and 13 laparoscopic. 10 were females and 5 males, the mean age of 5.5 years (range 3 mounts to 15 years). The mean operative time was 38 minutes (range 30 to 46). Results 10 mininvasive procedures permitted to obtain an appropriate diagnostic biopsy in 10 patients; a tumor excision in 1 and a precise diagnosis in the remaining 4 cases, who presented at explorative laparoscopy a pathological features suggesting an open surgical approach. All the procedures were carried out successfully, no trocars site recurrences were observed. The rapid recovery of all patients permits to started chemotherapy very soon. Key words Mininvasive surgery, pediatric oncology, thoracoscopy, laparoscopy Azienda Ospedaliera “Annunziata” di Cosenza U.O. di Chirurgia Pediatrica INTRODUZIONE L a chirurgia mininvasiva, largamente impiegata nella popolazione adulta in molte procedure oncologiche standardizzate, ha trovato sino ad ora limitate applicazioni nell’età pediatrica. Non sono riportati, infatti, in letteratura studi prospettici randomizzati che abbiano definito le indicazioni, i vantaggi ed i limiti della tecnica mininvasiva rispetto alla tecnica chirurgica tradizionale. Vi è, tuttavia, una sufficiente evidenza clinica di come la chirurgia mininvasiva (MIS) possa rappresentare l’approccio ideale per la biopsia dei tumori solidi, la determinazione della resecabilità della neoplasia, lo staging, la valutazione delle metastasi, la ricorrenza della malattia neoplastica, il second-look e la diagnosi di eventuali complicanze. I limiti nelle applicazioni di questa tecnica sono sostanzialmente correlati alle caratteristiche “biologiche” del tumore, ai rischi di disseminazione e di aumento di stadio. Scopo di questo studio retrospettivo è valutare la nostra esperienza negli ultimi 3 anni in cui abbiamo utilizzato la chirurgia mininvasiva in 15 casi oncologici pediatrici. MATERIALI E METODI Lo studio consiste in un’analisi retrospettiva delle procedure laparoscopiche e toracoscopiche praticate nel periodo novembre 2001 / gennaio 2005 in pazienti con diagnosi ecografia e radiologica di tumore. Sono state rivalutate le cartelle cliniche ed i dati concernenti l’età, il sesso, l’indicazione chirurgica, la procedura chirurgica, l’accuratezza della stessa, eventuali conversioni e complicanze. 15 pazienti sono stati sottoposti a 16 procedure di chirurgia mininvasive; 10 pazienti erano di sesso femminile (63.6%) e 5 di sesso maschile (36.4%). L’età media era di 5.5 anni, con un range di età compreso tra i 5 mesi e 15 anni. Sono state eseguite 3 toracoscopie: – la prima riguardava un tumore mediastinico a cellule germinali maligne, costituito da tre componenti, in cui la toracoscopia ha consentito di praticare una biopsia adeguata delle componenti che era invece risultata insufficiente all’agoaspirato TC guidato (foto 1, 2); – la seconda una massa mediastinica, sospetto linfoma di Hodgking, – la terza un caso di metastasi polmonari in una paziente operata per tumore di Wilms fuori terapia in cui la biopsia toracoscopica ha permesso di chiarire la diagnosi di metastasi a distanza (foto 3). Le procedure laparoscopiche sono state 13 in 12 pazienti e si riferiscono a: 7 biopsie VLS, 4 VLS diagnostiche e ad 1 exeresi primaria. Le biopsie comprendono: 1 caso di epatocarcinoma e 2 casi di epatoblastoma (in uno dei 2 pazienti la laparoscopia è stata ripetuta dopo il trattamento chemioterapico, in fase prechirurgica radicale per definire l’operatività e l’assenza di invasione diaframmatica sospettata allo studio con TC multislice), 1 ganglioneuroma surrenalico destro; 1 linfoma di Burkitt me- 6 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery a linfoma di Burkitt, 1 tecoma ovarico (foto 4) e 2 teratomi retroperitoneali. In un solo caso di un cistoma ovarico mucinoso gigante (foto 5) è stato possibile eseguire una chirurgia radicale videolaparoscopico. La durata media delle procedure è stata di 38 minuti (range compreso tra 30 e 46 minuti). Nei 10 casi di biopsia, eseguite con tecnica mininvasiva, 2 pazienti hanno presentato sanguinamenti nella sede del prelievo, ben controllati con strumenti di emostasi bipolare, nello specifico con l’impiego di Ligasure Atlas. RISULTATI Le procedure mininvasive toraco- e laparoscopiche si sono rivelate eseguibili in tutti i casi; hanno permesso di ottenere una biopsia adeguata in tutti i 10/10 casi in cui è stata praticata. Non sono state osservate complicanze maggiori; i possibili sanguinamenti sono stati, in genere, prevenuti ottenendo una perfetta emostasi con l’impiego di strumenti a coagulazione bipolare; in un solo caso (pecoma addominale) si è ritenuto opportuno, per le insolite caratteristiche del tumore, convertire alla metodica open. Non è stato osservato alcun caso di trocar site recurrency. Il prelievo di tessuto tumorale è risultato adeguato sul piano quantitativo e qualitativo sia ai fini della diagnosi istologica che della ricerca biologica correlata. Foto 1, 2. (1) TC toracica e (2) reperto operatorio di tumore mediastinico a cellule germinali maligne in cui la toracoscopia ha reso possibile la diagnosi grazie alla biopsia delle 3 componenti. Foto 3. Biopsia toracoscopia di paziente con metastasi polmonare da Tumore di Wilms. senterico; 1 neuroblastoma e un pecoma addominale. In altri 4 casi l’esplorazione videolaparoscopica ha consentito di evidenziare 1 invaginazione intestinale secondaria DISCUSSIONE La biopsia di una massa addominale o toracica [1] rappresenta il primo step di un approccio multimodale in molti casi di tumori solidi infantili. La chirurgia mininvasiva può offrire il vantaggio di visualizzare in toto la massa tumorale ed i rapporti che questa contrae con le strutture limitrofe [2]. Permette, inoltre, di individuare la sede più opportuna per la biopsia e consente di prelevare tessuto tumorale di qualità adeguata e in quantità sufficiente agli studi istologici e biologici previsti dai protocolli. La disponibilità di strumenti laparoscopici bipolari miniaturizzati (ultracision, ligasure 5 mm e pinze bipolari da 3 mm) consente un perfetto controllo dell’emostasi, che verrà tuttavia praticata solo dopo il prelievo bioptico, onde evitare la coagulazione calorica del tessuto [3].I vantaggi sono rappresentati dall’assenza di ferite chirurgiche che si limitano alle sedi dei trocars, dal basso rischio di aderenze viscerali e visceroparietali, dal minore impatto sulle difese immunitarie, dalla riduzione dei tempi di degenza di pazienti, spesso in condizioni gravi, e che, successivamente, saranno sottoposti a protocolli di chemioterapia, e ad una chirurgia differita o che sono già in trattamento chemioterapico. La procedura laparoscopica rappresenta, pertanto, la tecnica ideale per realizzare la biopsia in questi pazienti. La metodica consente di ottenere un’elevata accuratezza diagnostica che, in letteratura, viene riportata intorno all’86% per le masse mediastiniche e al 93% nelle masse addominali [3]. Anche nella nostra casistica la sensibilità (9/10) della metodica si è di- Dialogues of Pædiatric Video-Surgery 7 cui nei protocolli viene richiesta la valutazione tattile dei polmoni non realizzabile con le tecniche mininvasive [5]; il rabdomiosarcoma ed il tumore di Wilms in cui la biopsia diagnostica ha un rischio di spillage, che comporta un aumento di stadio del tumore ed anche una terapia adiuvante più aggressiva. CONCLUSIONI L’approccio mininvasivo nella biopsia diagnostica in oncologia pediatrica è una metodica sicura ed efficace nei tumori in cui la biopsia sia compatibile con la biologia della neoplasia e non ne aggravi la prognosi. La laparoscopia e la toracoscopia consentono, infatti, un congruo prelievo di tessuto tumorale sia per la diagnosi istologica che per la ricerca biologica. Il CO2 pneumoperitoneo non è direttamente causa di ricorrenza tumorale. La chirurgia mininvasiva si è rilevata, inoltre, molto utile nella scelta della strategia chirurgica ed in un eventuale second-look, anche nei casi dubbi alle indagini diagnostiche (TC, RMN, etc.). L’impiego della tecnica one trocar, quando praticabile, riduce ulteriormente il trauma chirurgico. BIBLIOGRAFIA 1. LIMA M, BERTOZZI M, DOMINI M, et al. Thoracoscopic management of suspected thoraco-pulmonary and diseases in pediatric age. Pediatr. Med Chir 2004 Mar-Apr; 132-5. 2. IWANAKA T, ARAI M, KAWASHIMA H, et al. Endosurgical procedures for pediatric solid tumors. Pediatr Surg Int 2004 Jan; 20 (1): 39-42 3. SPURBECK WW, DAVIDOFF AM, LOBE TE, RAO BN, SCHROPP KP, SHOCHAT SJ. Minimally Invasive Surgery in pediatric cancer patients. Annals of Surgical Oncology 2004; 11: 340-3 4. SAIHLAMER E, JACKSON CC, VOGEL AM, et al. Minimally invasive surgery for pediatric solid neoplasms. Am Surg 2003 Jul; 69 (7): 566-8 5. WARMANN S, FUCHS J, JESCH NK, SCHRAPPE M, URE BM. A prospective study of minimally invasive techniques in pediatric surgical oncology: preliminary report. Med Pediatr Oncol 2003 Mar; 40 (3): 155-7 NOTE DEL TESORIERE S.I.V.I. Foto 4. Reperto operatorio di tecoma ovarico sinistro. Foto 5. TC pelvi di cistoma mucinoso ovarico sinistro. mostrata elevata e superiore, in alcune situazioni, all’agobiopsia o all’impego del tru-cut. Le indicazioni e i limiti nell’impiego della chirurgia mininvasiva sono correlati sostanzialmente alle caratteristiche biologiche del tumore ed al possibile rischio di incremento di stadio secondario alla biopsia [4]. I tumori in cui sembra, a tutt’oggi, discutibile l’approccio laparoscopico sono: il sarcoma osteogenico metastatico in cui la radiologia convenzionale può sottostimare il numero di lesioni ripetitive polmonari per Si ricorda a tutti i Soci l’importanza dell’essere in regola con il pagamento della quota sociale. Le coordinate bancarie per effettuare il bonifico sono: Banca Regionale Europea – Filiale n. 9 – Milano S.I.V.I.: c/c n. 9459 CIN: G — ABI: 1609 — CAB: 6906 Nella causale specificare l’anno o gli anni cui si riferisce la quota versata. La quota è di 100,00 euro dal gennaio 2006. Per i Soci che intendono partecipare al VII Congresso Nazionale SIVI (Napoli, 2-3 giugno 2006) ed in regola con le quote entro il 1 marzo 2006 l’iscrizione è gratuita. Per chiarimenti: [email protected] 8 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery La chirurgia mini-invasiva in urologia pediatrica Mario Lima, Giovanni Buggeri, Stefano Tursini, Tommaso Gargano, Lorenzo De Biagi Mini-invasive surgery in pediatric urology Rising from the initial experiences with the laparoscopic exploration in case of cryptorchidism, a long road has been done in pediatric urologic mini-invasive therapy. Actually almost all the pediatric urological pathologies of surgical interest can be laparoscopically or retroperitoneoscopically treated. The list of procedures performed includes partial or total nephrectomy, pyeloplasty, orchidopexy, varicocele, ureteral reimplantation, nephrolithiasis and even bladder augmentation. Moreover we should include all the endoscopic procedures as well as sub-ureteral injection in case of vesicoureteral reflux. Laparoscopy and mini-invasive surgery should be part of the knowledge of each surgeon and urologist to reach the goal of treat the pathology with less blood loss, shorter hospital stay, less postoperartive pain and very small scars. Istituto di Chirurgia Pediatrica Università di Bologna INTRODUZIONE L ’evoluzione tecnologica ha reso possibile la videolaparoscopia in età pediatrica. Se è vero che l’applicazione di procedure mini-invasive in Urologia pediatrica è di recente acquisizione, va considerato che in questo campo la Chirurgia mini-invasiva è una notevole estensione dell’uso dell’Endoscopia Urologica. Alcuni fanno risalire le prime esperienze videolaparoscopiche in età pediatrica al testicolo endoaddominale (Fowler, Stephens). Sarebbe un giusto riconoscimento, però, menzionare gli antesignani della chi- rurgia mini-invasiva utilizzata nei pazienti pediatrici già sottoposti ad intervento chirurgico di reimpianto sec. Cohen in cui l’incannulamento ureterale, impossibile per via endoscopica transuretrale, prevedeva l’utilizzo di un secondo endoscopio operativo sovrapubico, dopo l’inserimento di un ago con guida metallica. L’endoscopia, sorta negli anni ’80 come visione introspettiva delle più complesse anomalie della sfera urogenitale, può oggi essere utilizzata come trattamento di patologie urinarie come l’idronefrosi, il rene multicistico e il reflusso vescico-ureterale. La Chirurgia Urologica Mini-invasiva si avvale, in realtà, di 3 accessi: endourologico in senso stretto (inteso come trans-uretrale, trans-vescicale, trans-ureterale e trans-nefrostomico), laparoscopico intraperitoneale e retroperitoneoscopico (Fig. 1). La Laparoscopia (LSc) trasforma lo spazio “virtuale” endoperitoneale in uno spazio “reale”, creando una camera al cui interno è possibile manovrare l’ottica e gli strumenti. Un’ulteriore evoluzione applicativa ha portato, con la Retroperitoneoscopia (RPSc), a riappropriarsi di quel campo chirurgico extraperitoneale, ben conosciuto dagli urologi pediatri, ottenendo una cavità “reale” in quello che è uno spazio occupato da solo tessuto lasso (Fig. 2). L’insufflazione di gas nel retroperitoneo fu usata per la prima volta dai radiologi per eseguire una retroperitoneografia. L’esplorazione senza insufflazione, chiamata anche “lom- boscopia”, fu sviluppata a partire dal 1969. La lomboscopia con insufflazione di gas è stata descritta nel 1976 su modello animale da Roberts e sull’uomo da Wikham, che realizzò per primo una ureterolitotomia nel 1979. Ma questa tecnica si è estesa solo a partire dal 1992, grazie al lavoro di Gaur e Kerbl. Queste innovazioni sono ormai così diffuse da essere parte integrante del training dei “nuovi chirurghi”. NEFRECTOMIA La Nefrectomia è l’intervento che più di frequente viene eseguito con tecnica mini-invasiva. Dapprima diffusa nella chirurgia dell’adulto, dopo le prime riluttanze al suo utilizzo in chirurgia pediatrica, la nefrectomia laparoscopica è risultata un approccio ideale perché la maggior parte delle nefrectomie in età pediatrica è eseguita per condizioni benigne. Le indicazioni all’intervento ricalcano quelle della chirurgia open, ovvero la displasia multicistica, il danno da nefrolitiasi o ischemia, il rene “non funzionante” secondario a danno da reflusso vescico-ureterale, idronefrosi o valvole dell’uretra posteriore, la nefropatia protido-disperdente e l’ipertensione nefrovascolare refrattaria alla terapia. La prima nefrectomia laparoscopica è stata eseguita nel 1991; da allora diversi Centri si sono dedicati a questo tipo di intervento sia per via transperitoneale che retroperitoneale. Le indicazioni si sono ampliate, tanto che la nefrectomia del rene nativo nei riceventi di trapianto 9 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery renale è ormai una pratica piuttosto diffusa. Nefrectomia Transperitoneale Il paziente è posizionato in decubito laterale. Dopo aver creato il pneumoperitoneo con accesso ombelicale con tecnica open, si inseriscono altri due trocar, uno nel quadrante superiore omolaterale e l’altro in fossa iliaca. Il legamento lienocolico e la sua controparte sulla destra sono facilmente visualizzati e dovrebbero essere abbassati. Questo permette al colon di cadere in basso per gravità, esponendo la fascia di Gerota e il sottostante rene. Il rene multicistico è facilmente identificabile e può essere mobilizzato sezionando le aderenze di tessuto connettivo. I vasi che riforniscono il rene displasico sono di solito di piccole dimensioni e, dopo essere stati identificati, sono sezionati con bisturi bipolare. Allo stesso modo, l’uretere, se non atresico, può essere semplicemente sezionato. Se il rene non è multicistico, è importante avere il controllo del peduncolo. In questo caso si isola l’uretere proprio al di sotto della fascia di Gerota e lo si seziona (se refluente, è necessario legare l’estremità distale). L’uretere prossimale sezionato può essere usato come trazione per esporre e dominare l’ilo; i vasi renali possono essere facilmente legati e sezionati. Una volta che è stato completamente mobilizzato il rene può essere rimosso intatto attraverso la breccia ombelicale, ampliando la ferita di qualche centimetro. Nefrectomia Retroperitoneale È la tecnica che noi utilizziamo nel nostro Istituto ormai da diversi anni, con buoni risultati e bassissima percentuale di conversione lombotomica. Sono state, infatti, eseguite fino ad oggi 21 nefrectomie per rene multicistico e 6 per rene displasico (Fig. 3-5). Il paziente viene posizionato in decubito laterale con lieve rotazione posteriore con una morbida spezzatura per ampliare lo spazio tra l’ultima costa e la cresta iliaca. L’équipe è alle spalle del paziente. L’accesso al retroperitoneo si ottiene con una piccola incisione lombare all’apice della XI o XII costa sulla linea ascellare media. L’incisione viene poi approfondita, per via smussa, attraverso i piani muscolari finché non si visualizza il grasso retroperitoneale. Lo spazio retroperitoneale viene poi creato e ampliato utilizzando l’ottica operativa per via smussa aiutandosi con un batuffolo. È bene eseguire questi movimenti tenendosi sempre in contatto con il piano muscolare posteriore per evitare di aprire inavvertitamente il peritoneo. Inserito il trocar da 10 mm l’insufflazione di gas deve avvenire nello spazio compreso tra la capsula renale ed il grasso perirenale (in questa fase è molto importante la curarizzazione del paziente.) Quando la superficie posteriore del rene è ben esposta si introducono i trocar operativi da 3 mm, sotto visione diretta, uno al di sopra della cresta iliaca e l’altro all’angolo spinocostale, e si libera la superficie anteriore del rene usando pinze atraumatiche e/o il palpatore. Una volta mobilizzati i due poli renali trazionando il rene verso l’alto si ottiene l’esposizione dei vasi renali ed è possibile la loro sezione per via posteriore con forbice ad ultrasuoni o clip o semplice legatura; i vasi, che appaiono verticali, debbono essere dissecati distalmente e legati prima che vena e arteria si dividano. L’arteria renale dovrebbe essere legata prima della vena. Qualora l’individuazione dei vasi dovesse risultare difficoltosa è utile cercare l’uretere e seguirne il decorso sino all’ilo. Si passa poi alla dissezione dell’uretere che, nel caso di reflusso vescico-ureterale, dovrà essere spinta più distalmente possibile, almeno sino all’individuazione, nel maschio, del deferente (a volte può essere necessaria una controincisione inguinale). L’uretere viene legato e sezionato. L’estrazione del pezzo operatorio verrà effettuata attraverso l’incisione per l’ottica, generalmente senza l’aiuto di particolari presidi; talvolta l’incisione può essere leggermente am- 1. Disposizione al tavolo operatorio. 2. Paziente in decubito laterale; punti di repere per l’inserzione dei trocar. 3. Accesso allo spazio retroperitoneale. 4. Isolamento del rene dal grasso retroperitoneale. 10 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery pliata. In caso di nefrectomia per voluminosi reni multicistici può essere utile pungere e svuotare le cisti per rendere più agevole la manovra di estrazione. 5. Isolamento e sezione dei vasi renali. 6. Individuazione dell’emirene displasico da rimuovere. 7. Dissezione del rene con uncino monopolare. 8. Isolamento dell’emirene displasico. EMINEFRECTOMIA Le indicazioni all’eminefroureterectomia sono rappresentate essenzialmente dall’emirene distrutto in caso di ectopia ureterale semplice o dall’ureterocele associato a duplicità ureterale, per quanto riguarda la nefrectomia polare superiore, e i danni da reflusso vescico-ureterale in doppio distretto, per quanto riguarda la nefrectomia polare inferiore. L’approccio di prima scelta è quello retroperitoneoscopico (Fig. 6-8). Previo posizionamento endoscopico di una sonda ureterale nell’uretere da preservare il paziente viene posizionato in decubito laterale con “spezzatura”. Il primo trocar da 10 mm per l’ottica viene posizionato con tecnica open sulla linea ascellare media all’apice della XI o XII costa, e utilizzato per creare ed ampliare lo spazio retroperitoneale con l’ausilio dell’insufflazione. I due trocar operativi da 5 o 3 mm vengono posizionati sotto visione diretta sull’angolo spino-costale e subito al di sopra della cresta iliaca. Individuati i due ureteri si espone la faccia posteriore del rene per accedere all’ilo renale e si prosegue la dissezione dei vasi individuando e sezionando i tributari del polo da sezionare. Si procede, quindi, alla sezione del parenchima renale, guidati anche dal cambiamento di colore dell’emirene privato della sua vascolarizzazione. Viene utilizzato di preferenza il bisturi ad ultrasuoni. Il pezzo operatorio viene estratto attraverso l’incisione per l’ottica, previa sostituzione di questa con una da 5 mm attraverso uno dei trocar operativi. Terminata la sezione del parenchima renale si procede alla ureterectomia, che si estende in basso verso lo scavo pelvico, facendo molta attenzione a non ledere la vascolarizzazione dell’uretere gemello. In uretere refluente si provvederà ad esten- dere la dissezione e la legatura il più distalmente possibile. Se necessario si esegue una piccola incisione inguinale per permettere la legatura dell’uretere esattamente in regione perivescicale. IDRONEFROSI L’ostruzione dei giunto pieloureterale (GPU) rimane la più comune uropatia ostruttiva in età pediatrica grazie anche ai progressi della diagnostica ecografica prenatale. Se la open dismembered pyeloplasty sec. Anderson-Hynes rimane il “gold standard”, diverse tecniche mini-invasive sono al giorno d’oggi disponibili anche in età pediatrica. Alcuni Autori hanno, ad esempio, proposto anche in età pediatrica la endopielotomia (o pielolisi); inoltre, presso il nostro Centro, da alcuni mesi proponiamo un nuovo approccio, di cui parleremo in seguito e che definiamo One Trocar Assisted Pyeloplasty (OTAP) ovvero pieloplastica video-assistita. PIELOPLASTICA SEC. ANDERSONHYNES LAPAROSCOPICA Il paziente è posizionato sul bordo del letto operatorio come per una nefrectomia transperitoneale. L’approccio è anche in questo caso transperitoneale. La pelvi renale dilatata viene facilmente identificata seguendo la capsula renale fino al seno renale. La pelvi viene poi mobilizzata medialmente per ottenere una buona visione del GPU. Alcuni Autori usano far passare un tutore ureterale per via retrograda prima di confezionare la pieloplastica. Un artifizio tecnico molto importante nel confezionamento della pieloplastica laparoscopica è rappresentato dalla stabilizzazione della regione pielo-ureterale con punto di trazione. Una volta posizionato il punto stabilizzante può essere eseguita la pielotomia. In caso di idronefrosi da vaso aberrante l’uretere viene sovrapposto ai vasi e poi sezionato e spatulato, e si confeziona l’anastomosi. L’anastomosi è in genere eseguita con una sutura continua assorbibile in monofilamento 6/0, ini- Dialogues of Pædiatric Video-Surgery ziando dall’angolo dell’uretere spatulato, anastomizzando questo alla parte declive della pelvi. L’anastomosi posteriore è completata eseguendo la sutura in alto verso la pelvi renale. A completamento dello strato posteriore, un ago rivestito di teflon 19Fr viene inserito vicino al margine sottocostale e un filo-guida viene inserito attraverso di questo nell’uretere prossimale e passato in vescica. L’ago di Teflon viene poi rimosso e un catetere a doppia-J, 5 o 3,8 Fr, viene passato in vescica sul filo-guida. Il filo-guida viene poi rimosso e l’estremità prossimale inserita nella pelvi renale. L’anastomosi anteriore viene poi completata eseguendo la sutura dalla pielotomia verso la parte inferiore dell’anastomosi. Il punto di trazione viene quindi rimosso e il rene è riposizionato nella loggia renale. L’anastomosi viene poi controllata in situ per assicurarsi che non si sia torta nella loggia renale. Sebbene l’anastomosi con stent richieda una seconda procedura per rimuovere lo stent a doppia-J, offre la sicurezza aggiuntiva di evitare perdita urinaria e le sue conseguenze. È comunque caldamente consigliata quando si affronti la tecnica laparoscopica per la prima volta. PIELOPLASTICA SEC. ANDERSONHYNES RETROPERITONEOSCOPICA Sebbene l’approccio laparoscopico transperitoneale abbia riscosso un notevole successo riteniamo che quello retroperitoneoscopico (RPSc) sia da preferire in quanto meno invasivo, più rispettoso della tecnica tradizionale e perché in caso di perdita di urina la diffusione rimarrebbe limitata allo spazio retroperitoneale. La prima pieloplastica sec. Anderson-Hynes eseguita per via retroperitoneoscopica, con approccio posteriore, in età pediatrica, è stata descritta da CK Yeung nel 2001. Descriveremo la pieloplastica retroperitoneoscopica con approccio laterale. Alcuni Autori iniziano l’intervento con una cistoscopia per posizionare una sonda double-J che resterà in sede nel post-operatorio come tutore transureterale. Altri preferiscono posizionare la sonda durante l’intervento per via percutanea attraverso un trocar accessorio. Posizionato il paziente in decubito laterale con “spezzatura”, si esegue l’incisione cutanea per l’ottica sulla linea ascellare media all’apice della XI-XII costa. Si usa un’ottica da 10 o 5 mm a 0°. Si procede con la creazione dello spazio retroperitoneale con lo splitting dei fasci muscolari; si accede così alla fascia di Gerota che viene aperta sotto visione diretta. A questo punto si deve effettuare un attento e delicato ampliamento dello spazio retroperitoneale, aiutandosi con un tampone, per spostare anteriormente il peritoneo. Si introduce il primo trocar e lo spazio viene ampliato grazie all’insufflazione di gas e al movimento dell’ottica. Si inseriscono poi gli altri trocar operativi da 3 mm, uno all’angolo spino-costale e l’altro subito al di sopra della cresta iliaca. Il rene viene approcciato posteriormente, la pelvi viene rapidamente identificata e liberata con dissezione smussa e i piccoli vasi vengono elettrocoagulati; vanno attentamente cercati eventuali vasi polari aberranti. Può essere utile applicare un punto di stabilizzazione della giunzione pieloureterale, che può essere transparietale o ancorarsi al muscolo ileopsoas. La superficie anteriore del rene non dovrebbe essere staccata dal peritoneo, rendendolo più stabile durante le successive manovre di mobilizzazione. La pelvi renale viene sezionata interamente o lasciando integra la porzione ancorata al punto di trazione, con sua resezione al termine dell’anastomosi. L’uretere viene spatulato e il primo punto di sutura viene dato tra la parte più declive della pelvi e il vertice inferiore della spatulazione ureterale. Viene anastomizzata per prima la parete posteriore, a punti staccati o con sutura continua, fino al vertice ureterale meno declive. È a questo punto che alcuni Autori introducono la sonda trans-anastomotica per via percutanea. Si prosegue con l’ana- 11 9. Sezione dell’uretere incannulato (approccio RPSc). 10. Apertura della pelvi. 11. Anastomosi completata. 12. Isolamento e dissezione dell’uretere e del giunto PU (approccio RPSc propedeutico alla OTAP). 12 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery stomosi della parte anteriore. In caso di vaso aberrante si deve sezionare completamente la pelvi ed effettuare l’anastomosi anteriormente ad esso. PIELOPLASTICA VIDEOASSISTITA RE- (OTAP) Negli ultimi tempi presso il nostro reparto, prendendo spunto dal lavoro di El Gohary del 2004, abbiamo ritenuto di proporre l’accesso retroperitoneoscopico per l’esecuzione della pieloplastica sec. Anderson Hynes videoassistita, utilizzando la sola ottica operativa per l’isolamento della giunzione pielo (GPU) ureterale che viene esteriorizzata e la pieloplastica eseguita all’esterno (Fig. 9-15). Riteniamo questo accesso estremamente più sicuro rispetto a quello laparoscopico, che potrebbe esporre a maggiori rischi in caso di leakage urinario. Il paziente è posizionato in decubito laterale come per la nefrectomia RPSc e l’incisione per l’ottica operativa 11 mm eseguita davanti all’apice della XI o XII costa. Una volta individuata, la giunzione pieloureterale viene isolata e dissecata con l’aiuto di un tampone e di un dissettore. Con l’aiuto di un liga-loop la GPU viene esteriorizzata e la pieloplastica eseguita all’esterno secondo la tecnica tradizionale. Un tutore ureteropielo-nefrostomico tipo Mazeman viene posizionato prima di reinserire la zona anastomizzata. In caso di voluminosa pelvi una puntura evacuativa può essere d’aiuto. Abbiamo eseguito sino ad oggi 8 pieloplastiche senza complicanze maggiori. In solo caso si è verificato un rinoma perirenale riassorbitosi spontaneamente. TROPERITONEOSCOPICA 13. Esteriorizzazione del giunto PU (approccio RPSc propedeutico alla OTAP). 14. Introduzione del tutore nell’uretere spatulato (approccio RPSc) 15 Anastomosi pieleoureterale completata. 16. Posizione dei trocar (approccio transvescicale). REFLUSSO VESCICO-URETERALE Il reflusso vescico-ureterale (RVU) rappresenta la più frequente uropatia in età pediatrica. Al momento il suo trattamento chirurgico ha visto fortemente ridotto il suo spazio, sostituito, in buona parte, dalla terapia medica e dalle tecniche endoscopiche. Nel nostro Istituto, l’iniezione endoscopica di Deflux è stata eseguita in 22 pazienti con buoni risultati. Tuttavia, quando le tecniche suddette abbiano fallito o non sussistano le condizioni per il loro successo, quello chirurgico è ancora il trattamento di scelta. Di fatto, le attuali procedure di reimpianto ureterale a cielo aperto sono in grado di risolvere il reflusso con un’altissima percentuale di successo associata a minime complicanze. I tentativi di sviluppare la correzione del RVU sono perciò rivolti non tanto a migliorare la percentuale di successo, quanto a ridurre la morbilità perioperatoria e abbreviare la degenza. Il reimpianto ureterale laparoscopico è nato dagli sforzi esercitati in questa direzione. Il primo tentativo, seguito da successo, di reimpianto ureterale extra-vescicale si deve a Erlich, nel 1994. Negli stessi anni anche Atala e Jateshek hanno eseguito nel paziente pediatrico reimpianti ureterali laparoscopici con la tecnica di Lich-Gregoire, mentre altri si sono cimentati con quella di Gil-Vernet. Più recentemente è stata attuata anche la tecnica intravescicale di Cohen con pneumovescica, eseguita su un buon numero di pazienti da JS Valla e CK Yeung. È quest’ultima tecnica, che è stata eseguita anche presso la nostra Clinica, quella che descriveremo (Fig. 16-19). Il paziente viene posizionato supino con le gambe divaricate in modo da permettere l’iniziale cistoscopia. L’uretere o gli ureteri da reimpiantare vengono infatti incannulati endoscopicamente con una sonda ureterale. Sempre sotto diretta visione cistoscopica vengono introdotti i trocar. Il primo, da 5 mm per l’ottica a 30°, viene posizionato centralmente sulla linea dell’incisione di Pfannenstiel in posizione sott’ombelicale mediana, mentre gli altri due trocar operativi da 5 o 3 mm, lateralmente al primo, uno alla destra e l’altro alla sinistra, sulla stessa linea di incisione. La vescica viene quindi svuotata e insufflata con CO2. L’operatore si posiziona alla testa del paziente con il cameraman alla sua si- 13 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery nistra e lo strumentista sulla destra. Le sonde ureterali vengono fissate al colletto ureterale con un punto di sutura e tagliate lasciandone fuoriuscire solo un piccolo pezzo per esercitare la trazione. Con l’uncino monopolare si effettua la sezione del piano mucoso periureterale e la dissezione dell’uretere viene proseguita alternando tampone ed uncino monopolare. La creazione del tunnel sottomucoso viene effettuata con le forbici ed eventualmente con un dissettore. L’intervento prosegue poi secondo le medesime modalità di quello a cielo aperto: rinforzo del detrusore vescicale, passaggio dell’uretere nel tunnel sottomucoso, anastomosi del neomeato, rimozione della sonda ureterale. I fili utilizzati sono gli stessi della tecnica tradizionale. Al termine dell’intervento, prima della rimozione dei trocar, un tubo di drenaggio vescicale viene introdotto attraverso il foro del trocar centrale, previo posizionamento dell’ottica in uno dei trocar laterali. Vengono quindi estratti i trocar, senza che i fori d’entrata vengano suturati, e desufflata la pneumovescica. TESTICOLO NON PALPABILE Di fronte all’evenienza clinica in cui un testicolo o entrambi i testicoli non siano palpabili si deve differenziare tra ritenzione testicolare intraaddominale ed anorchia. Utili nella diagnosi differenziale e nella localizzazione del testicolo non palpabile (TNP) sono l’ecografia e la RMN. L’indagine di scelta, quasi obbligata, per la discriminazione diagnostica (presenza o assenza della gonade) in caso di TNP è però la Videolaparoscopia (VLS), che è efficace e sicura anche in pazienti molto piccoli. La VLS permette di determinare con certezza la presenza del testicolo (in sede addominale o inguinale) o la sua assenza (agenesia, atrofia, vanishing testis), nonché le eventuali anomalie del testicolo ed eventuali residui Mülleriani. Se il testicolo è presente, la determinazione VLS della sua localizzazione riveste un ruolo fondamentale in quelle che saranno le strategie terapeutiche; consente, inoltre, di visualizzare quelle rare forme di dissociazione completa didimo-epididimaria (deferente ed epididimo nel canale inguinale e testicolo in addome), di ectopia testicolare crociata incompleta (scroto disabitato con gonade non palpabile in quanto localizzata all’imbocco dell’anello inguinale interno controlaterale) e di poliorchismo (in cui ad un testicolo, di solito rudimentale, se ne associa un altro soprannumerario all’interno della cavità addominale omolaterale). Nel nostro Istituto, fino ad oggi, l’esplorazione laparoscopica è stata eseguita in ben 192 casi di testicolo non palpabile (Fig. 20, 21). La VLS si avvale dell’utilizzo di un’ottica da 5 mm inserita attraverso un accesso ombelicale. Il letto operatorio viene inclinato in Trendelenburg per allontanare le anse intestinali; è così possibile identificare il dotto deferente che proviene posteriormente alla vescica e si dirige all’anello inguinale interno. L’individuazione dei vasi spermatici, facilitata da una trazione dell’emiscroto, è fondamentale per i motivi di seguito descritti. I reperti laparoscopici possono essere i seguenti: a) vasi spermatici e deferente che entrano nel canale inguinale: 1. se l’anello inguinale interno è pervio e gli elementi vascolodeferenziali sono ben rappresentati è verosimile che si abbia a che fare con un buon testicolo in sede intracanalicolare; 2. se l’anello inguinale è chiuso e i vasi e il deferente che si inseriscono nel suo interno sono esili è verosimile che si tratti di un “vanishing testis” intracanalicolare; b) deferente che entra nel canale inguinale ed esili vasi spermatici che terminano a monte dell’anello inguinale interno: si tratta di “dissociazione didimo-epididimaria” in gonade agenesica; c) testicolo “pelvico” o addominale 17. Isolamento dell’uretere refluente. 18. Preparazione del tunnel sottomucoso 19. Reimpianto ureterale ultimato. 20. Blind-ending vessels. 14 21. Testicolo endoaddominale. 22. Individuazione dei vasi spermatici ectasici 23. Isolamento dei vasi. 24. Individuazione laparoscopica del RM. Dialogues of Pædiatric Video-Surgery “basso” in prossimità dell’anello inguinale interno; d) testicolo addominale “alto” poco al di sotto della biforcazione dei vasi iliaci comuni; e) agenesia testicolare: esili strutture vascolo-deferenziali che terminano a fondo cieco (“blind ending”) a monte dell’anello inguinale interno; f) atrofia testicolare: esili strutture vascolo-deferenziali che si congiungono o terminano in microabbozzo (“vanishing testis” endoperitoneale). Ogni volta che si vede un deferente penetrare nell’anello inguinale interno, a prescindere dalla presenza o meno dei vasi spermatici, va esplorato il canale inguinale e va esclusa laparoscopicamente la presenza di una gonade (o di un suo abbozzo) nella limitrofa o sovrastante regione endoperitoneale. Se sono presenti strutture testicolari residue (testicolo ipoplasico) è necessaria la loro asportazione, che può essere realizzata direttamente in laparoscopia. L’esame istologico di questi residui gonadici è rilevante per la possibilità di una degenerazione maligna. In presenza di un testicolo intraaddominale si può eseguire una orchidopessi tradizionale se il testicolo è in prossimità dell’anello inguinale interno, oppure, se il testicolo è in posizione alta, si può procedere per via laparoscopica alla sezione dei vasi spermatici, con clip metalliche, affidando la nutrizione della gonade alla sola arteria deferenziale. Questa procedura rappresenta la prima fase di una Fowler-Stephens; il testicolo può essere lasciato nella sua posizione oppure si può eseguire un’incisione peritoneale, suffcientemente ampia da facilitare lo spostamento del testicolo verso l’anello inguinale interno. Il testicolo viene poi fissato in questa sua nuova posizione con clip per la successiva orchidopessi. Dopo alcune settimane o mesi, auspicando che una sufficiente vascolarizzazione collaterale (deferenziale) si sia instaurata, può essere eseguito un intervento di orchidopessi (seconda fase dell’orchidopessi secondo Fowler-Stephens) per via inguinale o con tecnica VLS. VARICOCELE Il varicocele è una dilatazione varicosa del plesso pampiniforme dovuta ad un difficoltoso scarico del sangue venoso. In età pediatrica è quasi sempre primitivo e colpisce nel 90% il lato sinistro (per la confluenza ad angolo retto della vena spermatica sinistra nella vena renale), nel 9% entrambi i lati e nell’1% il lato destro. L’incidenza in età pediatrico-adolescenziale varia dal 10 al 20%. Essendo il più delle volte asintomatico, il riscontro è in genere casuale. Mentre in passato il trattamento nell’adolescente era controverso, sempre più Autori sono dell’opinione che i varicoceli di II e III grado debbano essere trattati in età adolescenziale. La varicocelectomia videochirurgica è una valida alternativa alla chirurgia tradizionale e può essere realizzata mediante due approccio: laparoscopico e retroperitoneoscopico (Fig. 22, 23). – Varicocelectomia laparoscopica Il paziente viene posizionato supino e la vescica viene svuotata mediante introduzione di catetere. Nel corso dell’intervento il paziente sarà posizionato in Trendelenbur, ruotato verso il lato controlaterale al varicocele in modo da far scivolare le anse intestinali e permettere una migliore visione delle vene spermatiche. Il trocar per l’ottica, da 5-10 mm, viene introdotto con tecnica open a livello dell’ombelico. Altri due trocar, operativi, da 3-5 mm, vengono posizionati in regione inguinale destra e sinistra. Una volta indotto il pneumoperitoneo si procede all’esplorazione della cavità addominale; si evidenziano le vene spermatiche ectasiche e si incide il peritoneo longitudinalmente e lateralmente ai vasi spermatici a circa 5-10 cm dall’anello inguinale esterno. I vasi vengono isolati, sollevandoli dalla parete pelvica posteriore e afferrati con pinze. Una 15 Dialogues of Pædiatric Video-Surgery volta fattosi spazio dietro i vasi è possibile introdurre le clip da 5 mm, generalmente due al di sopra e due al di sotto del punto di sezione. Si deve prestare attenzione a che nessun vaso collaterale sia stato trascurato. Se si vuole realizzare la tecnica di Ivanissevich si chiuderà solo la vena (o le vene) spermatiche, lasciando integra l’arteria. Se invece si vuole utilizzare la tecnica di Palomo, anche l’arteria spermatica sarà legata e sezionata. In alternativa al posizionamento delle clip i vasi possono essere legati o coagulati. Alla fine dell’intervento il peritoneo può essere lasciato aperto. – Varicocelectomia retroperitoneoscopica Il paziente viene posizionato in decubito laterale con una piccola spezzatura. Si esegue un’incisione di circa 2 cm a metà tra l’ultima costa e la spina iliaca lungo l’ascellare media posteriore. Si accede allo spazio retroperitoneale. Viene posizionato un solo trocar, da 10 mm, a palloncino, per l’introduzione dell’ottica operativa. Dopo aver identificato i punti di repere del retroperitoneo (il muscolo psoas in basso, la riflessione peritoneale in avanti e l’uretere) si individuano le vene spermatiche e l’arteria testicolare. Il chirurgo sceglierà se utilizzare la tecnica di Palomo o di Ivanissevich. In retroperitoneoscopia si preferisce coagulare i vasi spermatici con la coagulazione bipolare piuttosto che usare le clip. Sia che si scelga l’approccio laparoscopico che quello retroperitoneoscopico, la varicelectomia è un intervento che si presta alla Day Surgery. La nostra casistica fino ad oggi include 26 casi di varicocele monolaterale; in un caso il sospetto di bilateralità è stato escluso dall’esplorazione laparoscopica. RESIDUO MÜLLERIANO Il Residuo mülleriano (RM) è una struttura derivante dai dotti mülleriani che hanno fallito, nel maschio, la loro regressione per una deficitaria produzione o azione perife- rica del Müllerian Inhibiting Factor prodotto dalle cellule testicolari del Setoli tra la VII e la XII settimana di età gestazionale. Si manifesta con la presenza di vagina, utero e tube in soggetti con cariotipo XY. In caso di residuo di grosse dimensioni si parla di “vagina maschile”. Il RM può essere asintomatico o causare infezioni, calcoli, disturbi minzionali e può anche cancerizzare. Il trattamento chirurgico è mandatorio nei grossi RM e nei pazienti sintomatici. In chirurgia tradizionale sono stati proposti vari approcci (trans-rettale, sovrapubico trans-vescicale o post-vescicale, sagittale trans-anale anteriore o posteriore), caratterizzati da notevole traumatismo e non scevri da complicanze (incontinenza, impotenza e infezioni). La laparoscopia, invece, migliora la visuale, riduce il rischio chirurgico ed evita cicatrici deturpanti. Nel nostro Istituto sono stati trattati con questa metodica 7 casi (Fig. 24-27). Il paziente è posizionato in decubito supino. Il trocar per l’ottica, da 5-10 mm, viene posizionato con tecnica open a livello dell’ombelico. I trocar operativi, da 3-5 mm, sono posizionati in fossa iliaca destra e sinistra e, occasionalmente, in regione sovrapubica. Previa cistoscopia ed incannulamento del RM si identifica quest’ultimo laparoscopicamente e si inizia il suo isolamento. A volte, grazie alla transilluminazione del cistoscopio, l’individuazione risulta facilitata. L’isolamento, effettuato con elettrocauterio, salvaguardando le strutture adiacenti (vescica, ureteri, retto ed uretra), procede fino all’uretra bulbare. In caso di presenza di gonadi disgenetiche endoaddominali, nella stessa procedura, si può procedere alla loro asportazione. Il RM viene quindi esteriorizzato attraverso la breccia ombelicale. BIBLIOGRAFIA 1. BAX NMA, et al. Endoscopic Surgery in Children. Springer, 1999 4. BORZI PA, YEUNG CK. Selective approach for transperitoneal and extraperitoneal endoscopic nephrectomy in chil- 25. Isolamento del RM. 26. Obliterazione del RM alla sua base per la successiva asportazione. 27. Esteriorizzazione attraverso il trocar ombelicale. dren. J Urol 2004; 171: 814-6 6. DOUBLET JD, et al. Retroperitoneal laparoscopic nephrectomy of native kidneys in renal transplant recipients. Transplantation 1997; 64: 89 7. GEARHART JP, et al. Pediatric Urology. WB Saunders Company, 2001 8. KAWAUCHI A, FUJITO A, et al. Retroperitoneoscopic heminephroureterectomy for children with duplex anomaly: initial experience. Int J Urol 2004; 11: 7-10 9. SCHIER F. Laparoscopic AndersonHynes pyeloplasty in children. Pediatr Surg Int 1998; 13: 497