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Carlo Berti Pichat

1992, Scritti teorici e tecnici di agricoltura, a cura di Sergio Zaninelli, vol. III, Dall'Ottocento agli inizi del Novecento

nacque a Bologna il 30 dicembre 1799 da Anna Berti e Jean-Baptiste Pichat, ufficiale dell'esercito napoleonico. 2 Educato nel Collegio San Luigi di Bologna, si iscrisse alla facoltà di ingegneria e successivamente alla Scuola di scienze naturali e d'igiene veterinaria. Dopo la restaurazione politica le istituzioni scientifiche e tecni che bolognesi, che nell'età napoleonica avevano beneficiato di maggiori attenzioni e stimoli da parte dei governi, erano entrate in uno stato di crisi, evidenziato dal rarefarsi delle pubblicazioni del la centenaria Accademia delle scienze così come di quelle della giovane Società di agricoltura. Mentre l'Accademia delle scienze fu ripristinata nel 1829, la Società agraria registrò qualche tentati vo di ripresa tra I 822 e 1827, con riunioni dei soci, proposte di quesiti e risposte a consulte governative: poi dovette tornare a ta

SCRITTI TEORICI E TECNICI DI AGRICOLTURA VOLUME III DALL'OTTOCENTO AGLI INIZI DEL NOVECENTO A cura di Sergio Zaninelli Profili e bibliografie degli autori di Gianpiero Fumi EDIZIONI IL POLIFILO . MILANO CARLO BERTI PICHAT Carlo Berti Pichat 1 nacque a Bologna il 30 dicembre 1799 da Anna Berti e Jean-Baptiste Pichat, ufficiale dell'esercito napoleonico. 2 Educato nel Collegio San Luigi di Bologna, si iscrisse alla facoltà di ingegneria e successivamente alla Scuola di scienze naturali e d'igiene veterinaria. Dopo la restaurazione politica le istituzioni scientifiche e tecni­ che bolognesi, che nell'età napoleonica avevano beneficiato di maggiori attenzioni e stimoli da parte dei governi, erano entrate in uno stato di crisi, evidenziato dal rarefarsi delle pubblicazioni del­ la centenaria Accademia delle scienze così come di quelle della giovane Società di agricoltura. Mentre l'Accademia delle scienze fu ripristinata nel 1829, la Società agraria registrò qualche tentati­ vo di ripresa tra I 822 e 1827, con riunioni dei soci, proposte di quesiti e risposte a consulte governative: poi dovette tornare a tar. Su Carlo Berti Pichat cfr. CALANI, parte II, pp. 464-7; 450 DEPUTATI, voi. 111, pp. 195-201. Alla sua morte, tra le altre apparvero le seguenti necrologie: in GIRI, n.s., a. III (1878), voi. II, p. 256 e a. VIII (1883), voi. II, pp. 335-6; <<La vita di cam­ pagna•>, a. II (1878), n. 4; «L'illustrazione italiana•>, a. V (1878), n. 44. Cfr. inoltre A. AGLEBERT, In morte di Carlo Berti. Pichat. Cenni necrologici, Bologna 1878; S. Commemorazione del senatore Carlo Berti Pichatfatta dal presidente del Senato nella tornata del 4febbraio I879, Roma 1879; F. MARCONI, Elogio del com­ mendatore Carlo Berti-Pichat senatore del Regno, segretario perpetuo della Società agraria di Bologna, in ANNB, voi. XIX (1879), pp. 173-95; In memoriam. Famiglia Berti Pichat, 9 gennaio I877, I8 giugno I878,.IS ottobre I878, a cura di A. Bersani, TECCHIO, Bologna 1879 (che comprende, tra gli altri, i necrologi già citati di Aglebert, Tec­ chio e Marconi e la commemorazione tenuta da Marco Minghetti innanzi al Con­ siglio provinciale di Bologna); DE HORATIIS, pp. 81-5; SARTI 1880, pp. 157-8; Carlo Berti Pichat, in Pantheon di Bologna, Bologna 1881, pp. 129-34; AGRON, p. 54; A. AGLEBERT, Carlo Berti Pichat, in CARPI, voi. III, Milano 1887, pp. 185-222; SARTI 1890, pp. 117-9; G. CAPPELLO, Berti Pichat Carlo, in DIZ. RIS., voi. II, Mi­ lano 1930, p. 262; ERCOLE, voi. I, Milano 1941, p. 153; MALATESTA, voi. I, Mila­ no 1941, p. I05; R. SORIGA, Berti Pichat Carlo, in EISLA, p. 788; DEL COMMODA, pp. 247-8; C. PONI, Carlo Berti Pichat e i problemi" economici e sociali delle campa­ gne bolognesi dal I840 al I848, in AA.VV., Convegno di studi sul Risorgimento a Bolo­ gna e nell'Emilia ( 27-29 febbraio I960). Comunicazioni, in <<Bollettino del Museo del Risorgimento•>, Bologna, a. V (1960), parte II, pp. 743-87; C. PONI, Berti Pichat Carlo, in DIZ. BIO., voi. IX, Roma 1979, pp. 553-5; ROMANI, voi. I, p. 189; C. MAN­ SUINO, Repertorio bio-bibliografico, in appendice a U. BELLOCCHI, Storia del gior­ nalismo italiano, voi. VIII, Bologna 1980, p. 452; Dizionario dei bolognesi, a cura di G. Bernabei, voi. I, Bologna 1989, p. 113. 2. Ne_! 1807, un Gio. Batta Pichat figurava tra i soci di una società in accomandita avente sede a Bologna (M.P. COC­ COLI, Artigiani, commercianti ed industriali nell'età napoleonica, in AA.VV., Conve­ gno di studi sul Risorgimento a Bologna e nell'Emilia cit., p. 424). 4 CARLO BERTI PICHAT cere fino al 1839, per mancanza di sostegno economico e soprattut­ to per gli avvenimenti rivoluzionari del 1830-31. 1 A seguito della morte di uno zio materno Carlo Pichat aveva ere­ ditato vasti possedimenti nella campagna di S. Lazzaro di Savena, a pochi chilometri dalla città, sotto condizione di aggiungere al co­ gnome paterno quello della madre. Ventenne e fresco di studi di ingegneria e di agricoltura, dovette dunque fare i conti con i pro­ blemi e le concrete possibilità dell'agricoltura bolognese. Nel con­ tempo dedicò alla comunità di S. Lazzaro un forte impegno di ca­ rattere civile, interessandosi affinché essa venisse alleggerita dai gravami fiscali imposti da Bologna (l'autonomia amministrativa fu concessa nel 1827, nel quadro di una più vasta riorganizzazione delle comunità dello Stato pontificio) e reggendone l'amministra­ zione come priore a partire dal 1828. Nel settembre di quell'anno, con una lettera a stampa invitava i proprietari della zona ad impie­ gare in lavori straordinari gli operai giornalieri, disoccupati per un gran numero di giornate, al fine di attenuare gli effetti negativi di una sottoccupazione che aveva ormai raggiunto dimensioni inso­ stenibili: in tal modo - motivava - si sarebbe procurato anche <<un conveniente riparo alle troppo frequenti devastazioni e rapine che tal classe di gente, quando trovasi oziosa di continuo, si permette nelle limitrofe possidenze e particolarmente nei boschi, di cui in gran parte abbonda questo distretto, notando pure l'inconveniente che una parte di essi, rigurgitando da questa comune, abbia a rifu­ giarsi in città>>. La miseria e la fame dei braccianti trovarono ulte­ riore alimento nella durezza dell'inverno successivo e il Berti Pi, chat non esitò ad impegnare i fondi di riserva del bilancio comuna­ le, per occupare attraverso lavori pubblici straordinari una cin­ quantina di persone nei mesi più critici, e fece distribuire generi di prima necessità. 2 I. Cfr. L'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bologna dalla sua origine a tutto il I88o, Bologna 1881; E. Bortolotti, L'Accademia delle scienze dell'Istituto di Bolo­ gna durante l'epoca napoleonica e la restaurazione pontificia, Bologna 1935. Per l'altro organismo cfr. G. GRABINSKI, D. ZUCCHINI, Cenni storici della Società agraria di Bologna dalla sua istituzione nell'anno I807 fino all'anno I9JO, in ACCA­ DEMIE, pp. 143-213; G. ZANOLINI, G. BORRAGINE, Società agraria di Bologna. _ Sunto storico monografico dall'anno r807 all'anno I927, Bologna i929. · 2. Cfr. C. Poni, Carlo Berti Pichat e i problemi economici cit., p. 750. Il passo riferito nel testo è tratto dalla circolare dell'8 settembre 1828. NOTA INTRODUTTIVA 5 Nel 1831 aderì al moto rivoluzionario, guidando nel Ferrarese una spedizione della guardia civica di Bologna contro gli austriaci. Deluso dal tentativo fallito di creare uno stato autonomo nelle Le­ gazioni di Romagna e dalla conseguente ondata repressiva, si diede alla vita familiare (da poco si era sposato con la contessa Vittoria Massari),' all'attività agricola e agli studi. Gli anni Quaranta lo vi­ dero così partecipare intensamente alla vita civile e intellettuale di Bologna. Insieme al fratellastro Augusto Aglebert nel 1840 iniziò a pubblicare <<Il Felsineo>>,2 con il quale intendevano promuovere mi­ glioramenti soprattutto nel settore agricolo, mostrandosi comun­ que decisi assertori delle strutture agrarie tradizionali, in partico­ lare dei rapporti colonici. 3 Nel primo discorso del Berti Pichat in­ nanzi ai componenti la Società agraria della provincia di Bologna, che all'epoca aveva ripreso piei;iamente le attività e che egli sapeva essere «la più solenne e legale rappresentanza degl'interessi della nostra agricoltura>>, il 1° maggio 1842 aveva voluto esporre con ani­ mo appassionato <<le brame dei pos•sidenti, ma anche dei lavoratori, dal cui miglioramento procede il miglioramento della terra. Per cui>>, affermava rivolgendosi ai soci, <<voi saprete respingere qual­ siasi progetto di rurali discipline ingiuste e soperchianti, le quali coll'abbruttire l'uomo curvato sul vomere e sulla marra lo ridur­ rebbero doppiamente più scaltro, più indocile, più indolente e più 1. Per l'occasione cfr. s. GHERARDI, L.C. FERRUCCI, Ai bene avventurosi Carlo Berti Pichat e contessa Vittoria Massari nel giorno del loro connubio, gli amici S.G. e L. C .F. questi poetici fiori inviano congratulandosi, Pesaro 1828. 2. Il sottotitolo variò più volte: inizialmente era <<Giornaletto settimanale utile ed ameno con figu­ rino delle mode originali di Parigi Le Follet>>; dal marzo 1843 al maggio 1844 fu <<Giornaletto settimanale di agricoltura, morale, industria e commercio>>, quindi semplicemente <<Giornaletto settimanale•> o <<Giornale settimanale•>. Poco prima che il Berti Pichat ne lasciasse la direzione, nel gennaio 1848 il sottotitolo divenne <<Giornale politico, economico, scientifico, letterario•>. Nel <<Felsineo» la maggior parte degli scritti comparvero con le abbreviazioni C.B.P. oppure GZZGTT e G., dal cognome Pichat italianizzato in Gazzagatto. 3. Sul <<Felsineo>> cfr. l'articolo di F. CANTONI, in D!Z. RIS., voi. I, Milano 1931, pp. 384-8; F. CELOTTI, Questioni economiche e sociali nel giornale «Il Felsineo», in <<Bollettino del Museo del Risorgi­ mento>>, Bologna, a. IX (1964), pp. 3-38; A. BIGNARDI, Per una storia del giornali­ smo agricolo in Italia, in <<Rivista di storia dell'agricoltura>>, a. XI (1971), n. 1, p. 38. Sui giornali bolognesi del Risorgimento che si interessarono delle questioni economiche e sociali cfr. G. NATALI, Riccardo Cobden, la sua visita a Bologna e l'opinione nazionale nel r847, Imola 1930. 6 CARLO BERTI PICHAT infedele, né farebbero che fatalmente abbarrare il passo ad ogni s?era�za di reali agricoli perfezionamenti>>. Piuttosto che appesan­ tire e irrigidire i rapporti contrattuali o anziché rivoluzionarli era necessario educare gli uomini che lavoravano, salvaguardare 1� lo­ ro s l te attra:'erso condott� mediche e farmaci gratuiti, migliorar­ �� ne 1 altmentaz10ne. E perche alcuno non avesse a tacciarlo di essere come un <<patrocinatore esclusivo della classe contadinesca benché m'avvenga d'esserlo alla fin fine anco per tal modo de' p�ssidenti medesimi>>, dedicava alcuni richiami ai mezzi utili per perfezionare le tecniche agricole ad accrescere le produzioni. 1 Nelle valutazioni di alcuni protagonisti di quegli anni tuttavia la medesima società - sottoposta a stretta sorveglianza - era costretta a mantenere i caratteri di una vecchia accademia, di un'istituzione non abbastanza viva agli occhi dei più giovani. Il <<Felsineo>> iniziò in effetti ad ospitare, dal 1842, i resoconti di riunioni tenute con re­ golarità anche settimanale, fino al 1 847, nel palazzo del Berti Pi­ chat, su iniziativa sua e di Marco Minghetti. Alle riunioni deno­ minate conferenze agrarie, partecipavano tra gli altri Cont�i Bri­ ' ghenti,_ Gherardi _e Massei. Nella <<Conferenza agraria>> e nel gior­ nale _ g!1 arg_omenti economici e politici si accompagnavano a quelli tecrnc1, delmeando col tempo quello che è stato definito <<program­ ma dell'opinione nazionale>>. La Conferenza divenne il centro ani­ m_atore del gruppo proprietario più dinamico del Bolognese, con­ tnbuendo a ravvivare anche la stentata vita della Società agraria. !l Berti Pichat in particolare rivelava un'attenzione non super­ ficia�e alle strutture agrarie, sviluppando un approccio analitico pertmente alle principali problematiche sociali e economiche ad e�empio �ella nota del 1845 Intorno ad alcuni rapporti della pop�la­ zzone agricola coll'estensione dei fondi. 2 Trattando poi Della natura d�i Jurt� campestri, sulla scorta di uno studio statistico della popola­ z10�e _di aggregata per classi sociali, denunciava con lucidità i peri­ � co�i di disordine sociale insiti in quel processo di proletarizzazione dei mezzadri che nelle campagne bolognesi aveva accompagnato l'estendersi della conduzione in economia. Affiancandosi in tali Speranze dell'agricoltore nella Società agraria, in MEB, voi. III (1845_46), pp. 2. FEL, a. V (1845), n. 33, pp. 257-60. Cfr. al riguardo C. PONI, Lafa­ . mzglza e d podere, m AA.VV., Cultura popolare nell'Emilia Romagna, voi. I, Struttu­ re rurali e vzta contadina in Emilia Romagna, Milano 1977, pp. 100_19. I. 23_3-46. NOTA INTRODUTTIVA 7 elementi sostanzialmente anticapitalistici ai moderati bolognesi fa­ centi capo al Minghetti, il Berti Pichat proponeva di reintrodurre la mezzadria su una parte almeno dei fondi conquistati dalle azien­ de a economia, di ridimensionare l'ampiezza dei poderi mezzadrili dividendo quelli troppo estesi, di rafforzare tecnicamente ed eco­ nomicamente l'azienda colonica mediante la partecipazione dei proprietari terrieri al possesso del bestiame.' Nella elaborazione teorica ed economica dei liberali bolognesi, agli elementi dinamici si univano manifestazioni di notevole pru­ denza. Rivolgendosi l'11 gennaio 1846 ai componenti della Società agraria, l'ingegnere bolognese riconoscerà ad esempio d'aver esa­ gerato nell'invocare la necessità di un codice agrario, di cui anzi ri­ badiva l'inopportunità. 2 In occasione dell'adunanza del 29 gennaio successivo dell'Accademia delle scienze, a cui era stato ammesso quale socio, intervenendo in tema di rapporti tra scienza e tecnica muoveva considerazioni emblematiche di quali posizioni di prag­ matismo tecnico e scientifico incontrassero il consenso delle istitu­ zioni potenzialmente più innovative. 3 Poco dopo vedeva la luce un suo trattatello sui bachi da seta, in cui trovavano scarso riconosci­ mento i progressi avvenuti nello studio delle patologie vegetali del1'insetto. 4 Dal 1846, con l'avvento al pontificato di Pio IX, il pubblicista bolognese si distaccò progressivamente dalla Conferenza agraria: ridenominata Conferenza economica e morale, essa rappresentava sempre più gli orientamenti moderati (o dei <<girondini italiani>>) di cui esponente principale era Marco Minghetti. L'anno seguente abbandonò nelle mani di quest'ultimo la direzione del <<Felsineo>> e insieme all'Aglebert fondò <<L'Italiano>>, un giornale di orienta­ mento democratico radicale che vide la luce in due serie, dal feb­ braio 1847 all'aprile 1848, 5 quando il Berti Pichat si arruolò nei cor­ pi volontari che avrebbero varcato il Po diretti a Venezia. 1. Della tutela dei prodotti campestri, in MEB, voi. III (1845-46), pp. 165-97. Cfr. C. PONI, Carlo Berti Pichat e i problemi economici cit., pp. 752 sgg. 2. Della inop­ portÙnità di un codice agrario, in MEB, voi. IV (1847-48), pp. 159-72. 3. Della sobrietà nell'applicazione delle scienze all'agricoltura. Considerazioni, in MEAB, voi. I (1850), pp. 463-93. Le riflessioni allora sviluppate in tema di nutrizione ve­ getale verranno riprese quasi alla lettera nelle Istituzioni scientifiche e tecniche. 4. Cfr. SALTINI, voi. III, Bologna 1989, pp. 393-5. 5. Sulla Conferenza agraria cfr. M. MINGH.ETTI, I miei ricordi, voi. I, Torino 1888, p. 124. Ad essa era affiliata 8 CARLO BERTI PICHAT NOTA INTRODUTTIVA Dopo aver rifiutato la deputazione per l'Assemblea costituente di Roma a cui l'aveva eletto la città di Fermo, comandò un batta­ glione negli scontri di Cavanella d'Adige e Mestre. Tornò alla fine dell'anno a Bologna, dove ebbe una funzione politica di crescente rilievo. Nel gennaio del 1849 assunse l'incarico di preside della Provincia, pochi giorni dopo fu nominato comandante militare delle Quattro legazioni, nell'aprile fu chiamato a far parte del Go­ verno della Repubblica in veste di ministro dell'interno, impe­ gnandosi a reprimere con vigore le bande popolari che dall'agosto del 1848 terrorizzavano i proprietari delle campagne bolognesi. Nell'aprile riprese il comando del battaglione bolognese e si recò a Roma, per partecipare alla difesa della Repubblica. dall'assedio francese.' Alla caduta della Repubblica riparò a Marsiglia, quindi in Sviz­ zera e in Piemonte, dove si stabilì nel Canavese e infine a Pinerolo. Nel Regno sardo allargò le proprie conoscenze agronomiche visi­ tando i possedimenti del Cavour a Leri, studiando l'agricoltura della Lomellina, perlustrando le colline· dell'Astigiano e condu­ cendo per qualche anno (tra 1852 e 1856) una tenuta risicola nel Canavese. Se gli anni migliori della sua biografia intellettuale - è stato scritto - erano racchiusi tra 1840 e 1848, viveva allora un pe­ riodo di attività pubblicistica meno intensa ma altrettanto impe­ gnativa, per quanto diversamente significativa. Per l'ampiezza del­ le riflessioni che ne stavano alla base, gli scritti di quegli anni ac­ quisirono il Berti Pichat al dibattito tecnico e agronomico coevo, sebbene non sempre con caratteri di originalità e novità. Sorte dalla volontà dei primi editori (i cugini Pomba) di procu­ rare una versione italiana della Maison rustique du XIX siècle adat­ tandola alle condizioni dell'agricoltura italiana, le Istituzioni scien­ tifiche e tecniche, ossia corso teorico e pratico di agricoltura si rivolge­ vano ai cultori dell'arte agraria e al personale tecnico rappresentato da amministratori e ingegneri, fattori e agenti di campagna (egli stesso si definiva <<direttore agronomico>>, figura professionale non infrequente in Francia e piuttosto diffusa in Germania). 1 Dei trenta <<libri>> programmati per comporre il disegno complessivo delle Istituzioni ne furono pubblicati a Torino ventotto, in sei volumi, tra 185 1 e 1870; i primi due editi dai Pomba e i successivi dal­ l'Unione tipografico-editrice torinese. 2 Nel Corso egli si proponeva di raccogliere, confrontare e coordi­ nare <<coll'esperienza quanto di meglio si è pubblicato in questa metà del secolo, che giusto si compie coll'anno cadente... Gli Ele­ menti di agricoltura di Filippo Re, meritevoli della celebrità otte­ nuta, oggi troppo distano dal progresso della scienza e dell'arte. Il Dizionario del Gera, la Biblioteca agraria del Moretti e Chiolini un'altra società con sede in S. Giorgio di Piano, nel contado bolognese. Secondo l'opinione del Bottrigari le divisioni interne alla Conferenza dipendevano da «po­ co civili querele>> e guerre personali (E. BOTTRIGARI, Cronaca di Bologna, a cura di A. Berselli, voi. I, I845-I848, Bologna 1960, pp. _9 e 173-4). Dalle pagine de <<L'Italiano>> il Berti Pichat propose anche di trasformare la Conferenza economica e morale in Associazione agraria italiana; il Governo lo invitò a presentare uno schema d'ordinamento dell'istituzione propos_ta (<<L'Italiano>>, s. II, n. 2, 9 novem­ bre 1847). Negli anni a venire, dal frontespizio dei volumi delle Istituzioni scien­ tifiche e tecniche egli proseguirà a qualificarsi <<segretario perpetuo della Conferen­ za agraria di Bologna». 1. Presso la Biblioteca dell'Archiginnasio a Bologna, ad esempio, è conservato il manifesto Repubblica romana. Provincia di Bologna. In nome di Dio e del Popolo ecc., stampato a Bologna dalla Tipografia governativa Al­ la volpe nel 1849 e sottoscritto dal Berti Pichat in qualità di preside della Provin­ cia. Sulle vicende di questi anni cfr. E. BOTTRIGARI, Cronaca di Bologna cit., voi. I, p. 287 e passim; G. GANDOLFI, Carlo Berti Pichat nel triennio I846-I849, Taran­ to 1900; A. DALLOLIO, La difesa di Venezia nel I848 nei carteggi di Carlo Berti Pi­ chat e di Augusto Aglebert, Bologna 1919 (che presenta documenti già pubblicati in vari numeri dell'<<Archiginnasio>> e le lettere già allegate al citato lavoro del Gandolfi). Per _i suoi scritti politici durante quelle contingenze, qualche repertorio dà notizia anche dell'esistenza di una piccola raccolta intitolata La Gazzetta di Mi­ lano e gli Austriaci in Ferrara. Articoli estratti dai giornali di Bologna, Bologna s.a. 9 1. Cfr. in proposito le Istituzioni scientifiche e tecniche, voi. II, parte II, pp. 355 sgg. 2. Questa la cronologia dell'opera: nel 1851 uscirono il voi. I (Istituzioni scien­ tifiche: istituzioni fisiche) e il voi. III (Istituzioni tecniche: coltivazione in generale); nel 1855 fu edito il voi. II, [parte I] (con il seguito delle Istituzioni fisiche); tra 1858 e 1862 venne pubblicato a dispense il voi. II, parte II (Istituzioni scientifiche: isti­ tuzioni economiche), nei 1863 il voi. IV (seguito della Coltivazione in generale e Col­ tivazione dei terreni aratori), nel 1866 il voi. V (seguito della Coltivazione dei terre­ ni aratori e Coltivazioni speciali), infine nel 1870 il voi. VI (seguito delle Coltiva­ zioni speciali e primo <<libro>> delle Industrie rurali, relativo alla zoootecnia). Le parti che non videro la luce erano relative agli strumenti e costruzioni rurali, alle manifatture agricole nonché alcuni utili mezzi di corredo (bibliografia, moduli, indici ragionati). Secondo l'Aglebert il Berti Pi�hat non terminò l'opera perché «oppresso dagli anni e dalle sventure>>, vale a dire dalla morte di due figli (Gian Battista e Guglielmo) (In morte di Carlo Berti Pichat cit., p. 101). Sulla contrappo­ sizione tra il Berti Pichat e l'editore (che ha lasciato traccia anche nell'opera, ad esempio nella retrocessione di vari trattati a <<trattatelli>>) cfr. SALTINI, voi. IV, Bolo­ gna 1989, pp. 102-3. II CARLO BERTI PICHAT NOTA INTRODUTTIVA abbondano di nozioni pregevoli, ma non soddisfano a condizioni di forma e di ordinamento di un Corso d'agricoltura>>. D'altra parte nella Maison rustique du XIX siècle di Bailly e Malepeyre v'erano lacune e cose superflue; il Cours d' agriculture del De Gasparin era <<lusso di teoriche disquisizioni, con sublimi dottrine ma con tal metodo ch'io tengo assai bello in sembianza e non di rado fallibile in effetto>>. Infine l'altro Cours, di Girardin e Du Breuil, tralasciava parti essenziali ed era imperfetto nell'esecuzione tecnica. Era dun­ que necessario scrivere <<un nuovo trattato italiano d'agricoltura>>, del tutto originale, per il quale si doveva procedere con grande si­ stematicità.' Ne risultò un lavoro comunque dispersivo, a motivo del suo ca­ rattere tardivamente enciclopedico, irrigidito nella struttura da una divisione opinabile tra <<istituzioni scientifiche>> o <<agrologia>> (definita quale <<cognizione de' principi razionali dell'agricoltura>>, ripartita tra istituzioni fisiche ed economiche e trattata nei volumi usciti tra 1851 e 1855) e <<istituzioni tecniche>> o <<agronomia>>.2 So­ prattutto i primi volumi dell'opera, poi, erano intrisi di opposizio­ ni pervicaci e aprioristiche alle innovazioni agronomiche meno consuete. Inizialmente, in quello che è stato definito <<il monumen­ to dell'erudizione agraria ottocentesca>>, ogni possibile spazio per nuovi metodi di ricerca e di sperimentazione agricola erano soffocati dalla valutazione negativa che il Berti Pichat muoveva a ogni maturazione della scienza agraria europea nella prima metà del secolo, quando - sosteneva - <<si traboccò d'utopie teoriche e tecniche, onde s'ingenerò ne' cultori pratici confusione e disamore alla scienza ed al progresso... Accade però nell'agronomia specula­ tiva, o innovatrice, quanto avvenir suole nelle manifatture>>: le <<mode>> decadono. E mode sarebbero state, secondo lo scrittore bo­ lognese, invenzioni quali l'aratro Grangé e il concime J auffret, il coltro americano e il carbone, il drenaggio come l'uso fertilizzante del guano che <<minacciava>> di risorgere; <<vennero in moda e ara­ chidi e carote e batate, poi l'Indigofera poligono e il chaya-vert e le bistorte, l'Oxalis crenata, la Myrica carolinensis, il petsai... >>.3 Per esplicita ammissione dell'autore il punto più critico, <<il più necessario e per avventura più grave>> di tutta l'opera, era quello del <<meccanismo della produzione>>: la trattazione cioè della fisiolo­ gia vegetale, che egli non voleva ridotta a quella <<morta veduta dei chimici>> più volte denunziàta. Analoga trepidazione manifestava allora nel trattare della chimica agraria, attraverso pagine in cui non si nascondeva però l'ambizione di stabilire <<una specie di altra chimica agraria, quale io credo possa convenire agli studiosi della IO 1. Istituzioni scientifiche e tecniche cit., voi. I, pp. XI sgg. 2. Se ne veda il pro­ spetto nel volume I, pp. XXIV sgg. 3. Istituzioni scientifiche e tecniche cit., voi. I, p. XXXVI. scienza agronomica>>. 1 In varie parti dei primi libri delle Istituzioni traspaiono uno spi­ rito amareggiato e una visione più moderata, con posizioni ormai nettamente <<agricolturiste>> in materia di progresso economico. La dedica all'Associazione agraria di Torino a cui egli si era accostato rimane a testimoniare già in apertura dell'opera la condivisione, rafforzatasi in quegli anni, di un disegno di sviluppo certamente assai diverso dai processi in corso nell'Europa nord-occidentale: <<in questi tempi così grossi d'eventi e imperscrutabile avvenire, in mezzo a tanta discordia e battaglia d'erramenti filosofici e civili, nell'incertezza di quella stabilità e tranquillo ordinamento senza del quale è disagio per ogni genere di scienze, d'arti, d'industrie e di commerci, null'altro veggo di più valevole dell'agricoltura onde riparare a forze esaurite, a ricchezze sperperate, e sovrattutto for­ s'anco ad impedire che quella severità di .costume che dalla rustici­ tà degli abitatori campestri alquanto preservata dai vortici della li­ cenza ognor più grandeggiante ne' ridotti popolosi, non venga affatto meno a petto delle lusinghevoli utopie d'innumerevoli falsi filosofanti. Utopie, pretesto ai tristi per impaurire i trepidi, e radi­ calmente impossibili perché radicalmente fatali all'agricoltura... e quindi rovina d'ogni civile prosperità, questa non reggendo senza il prosperamento di quella>>. 2 Ampia eco vi trovavano poi i timori dei maggiorenti fondiari per una fuga della popolazione dalle cam­ pagne, come si diceva essersi verificato in Belgio, in Francia e spe­ cialmente in Inghilterra. Si comprende perché, tra le mende pub­ bliche messe in rilievo dal Berti Pichat, a quelle tradizionali delle spese e dell'eccessivo fiscalismo si univa il fatto che gli interessi commerciali e industriali <<sieno di spesso più favoreggiati assai de­ gli agricoli>>, e persino l'utilità talora dubbia delle ferrovie, in quanto occupavano terreni agricoli, oppure il fatto delle risorse inr. Ibid., pp. 1133 sgg. 2. Ibid., p. XXXI. 13 CARLO BERTI PICHAT NOTA IN'!"RODUTTIVA sufficienti destinate alla messa a coltura di brughiere e paludi, che di conseguenza erano <<come tante officine deserte per mancanza di capitali►>. 1 Con il procedere dell'opera nelle parti più tecniche, comunque, il lavoro si rivelava di elevata divulgazione, talora esemplare per chiarezza espositiva, gradevole nell'iconografia. Si aprirono anche varchi nuovi nelle rigidità già manifestate. In materia di fognatura dei terreni, a_d esempio, l'esperienza maturata a Provanina Cana­ vese nella prima metà del decennio e alcuni autore_ voli pareri favo­ revoli (tra cui quelli di Ridolfi e Arrivabene) lo indussero a ristam­ pare alcune parti dei volumi già editi in un distinto Manuale delfo­ gnatore, comprendente la pratica inglese del drennaggio, apparso a Torino nel 1856, aggiungendovi però particolari utili .per fognare quelle terre più difficili e meno produttive in cui il drenaggio tubo­ lare era non solo vantaggioso, ma essenziale. Alla caduta del Governo pontificio nel 1859, fece ritorno a Bolo­ gna e venne eletto all'Assemblea delle Romagne, dove fu tra i più caldi propugnatori dell'annessione al Piemonte. Proposto agli inizi del 1860 quale ispettore generale e ordinatore degli istituti agrono­ mici e delle scuole agrarie, il 23 marzo fu eletto deputato di un col­ legio di Bologna per la settima legislatura del Parlamento naziona­ le, venendo riconfermato nelle tre tornate elettorali successive. A Bologna fu consigliere comunale, per breve tempo anche sindaco (nel 1872) e consigliere provinciale. 2 Succedendo nell'incarico a E. Sassoli, dal 1860 al 1862 fu presi­ dente della Società agraria di Bologna e come tale la rappresentò all'esposizione di Londra del 1862. Dall'anno successivo sino al 1 876 ne fu segretario, prendendo il posto del Botter. Infine fu no­ minato segretario perpetuo della stessa società. In Parlamento sedette a sinistra. Alla Camera tenne importanti discorsi, soprattutto in materia finanziaria,' e fu membro di diverse commissioni: per la coltivazione del riso (nel 1861), per lo stabili­ mento degli istituti tecnici (1862), per la coltivazione del cotone e del tabacco (istituita nel 1863 e presieduta dal De Vincenzi, che lo invitò a scrivere un manuale per la coltivazione del cotone),2 per l'incremento dell'agricoltura (1866) e per gli interessi delle provin­ ce e dei comuni. Inoltre fece parte della giuria all'esposizione na-_ zionale di Firenze, di Parigi del 1867, di Vienna del 1 873, alle esposizioni di Faenza e di Ferrara del 1875 e di Forlì del 1876. Nel contempo collaborava al <<Giornale di agricoltura, industria e com­ mercio del Regno d'Italia►>, sorto a Bologna nel 1864, curandovi due rubriche. 3 Si dimise polemicamente dal mandato parlamentare il 18 gen­ naio 1868, convinto che l'opera del gruppo al potere non fosse ade­ guata alle esigenze della nazione. Nel 1869 entrò a far ·parte del Consiglio dell'agricoltura e commercio. Nel 1874 venne nominato senatore e delegato alla Commissione per l'inchiesta agraria, appe­ na decretata dal Parlamento, ma una malattia gli impedì di pren­ dervi parte. Morì a Bologna il 15 ottobre 1878. 12 1 • Ibid., pp. XXXV-XXXVI. Sulla sua opinione precedente rispetto ai grandi van­ taggi delle ferrovie basterebbe rileggere, viceversa, le note apparse in FEL, a. 11 2. Tra le pubblicazioni del Berti (1841-42), P· 165; a. IV (1843-44), pp. 372-5. Pichat frutto di questi incarichi: Discorso pronunciato nel Consiglio provinciale di Bologna nella seduta delli 25 ottobre r86o, Bologna 1860 ; All'ill.ma Giunta munici­ pale di Bologna intorno l'eredità del comm. Palagi. Riferimento, Bologna 1860; Al­ l'illustrissimo signor sindaco intorno le fortificazioni di Bologna. Relazione del consi­ gliere C.B.P., Bologna 1860. * Con stile ormai insolito per una trattazione di tema agrario, la disserta­ zione che segue fu presentata nel gennaio del 1846 ai soci dell'Accademia delle scienze di Bologna (dalle cui <<Memorie►> è tratta, voi. I, pp. 463-93). Se il contenuto appare simile a quello di un pamphlet contro i nuovi <<dog­ mi►> di chimica e fisiologia vegetale, in realtà essa è l'esito di una impegna­ tiva elaborazione teorica. La denuncia della <<poca sobrietà►> di alcuni stu­ diosi moderni - tra cui appaiono nomi tra i più noti del dibattito agrono- 1. Tra i discorsi conosciuti per estratto dalle pubblicazioni parlamentari si ricor­ dano: Parole del deputato C.B.P. nelle tornata della Camera 20 marzo r862, pub­ blicate in appendice all'estratto La libera coltivazione del tabacco e l'erario, Bolo� 2. Sentimenti di gna 1862; Sul prestito dei 700 milioni. Discorso, Bologna 1862. convinto entusiasmo per la coltivazione del cotone traspaiono da molti articoli scritti dal Berti Pichat durante questi anni: ad esempio cfr. Re cotone in Italia, in 3. Intitolate Interessi generali dell'agricoltu­ GIRI, a. I (1864), voi. I, pp. 182-5. ra italiana e Cronachetta, in GIRI, a. I (1864)-III (1866), voli. I-VI, passim. Quelle comparse nei voli. I e II furono raccolte e riproposte con il titolo Alcuni scritti agrari e politici pubblicati nel «Giornale di agricoltura, industria e commercio», Bolo­ gna 1865. 15 CARLO BERTI PICHAT NOTA INTRODUTTIVA mico sviluppatosi in Europa - e contro le loro <<esagerate teoriche>>, si arti­ cola anzitutto confutando quelle acquisizioni, nel campo della fisiologia vegetale, che all'autore della memoria sembrano spiegare la crescita solo in base a fattori fisici e chimici. L'intervento si concentra poi su una valu­ tazione assai critica degli apporti dei chimici agrari alla comprensione dei misteri della vegetazione: la loro scienza - afferma lo studioso bolognese <<empie d'ansietà, per non dire di confusione, i discreti agrofili che non so­ no né vonno esser agronomi trascendentali>>. L'ultima parte dello scritto esemplifica alcuni effetti negativi e paradossali che sortirebbero da talune teorie formulate in materia di chimica vegetale, con il proposito di dar forza al principio che le proposizioni scientifiche in campo agricolo si debbano formare in continuo dialogo con l'esperienza: una maggiore uti­ lità si potrebbe derivare invece da una fisiologia vegetale condotta in mo­ do comparato. titolo appena variato e qualche aggiunta, riedito a Torino 1851; Milano 1853 in Il bacofilo, manuale completo dell'educazione del baco da seta, con­ tenente i trattati del Dandolo, Freschi e Berti Pichat su questa materia ecc.; il saggio fu trascritto nella Nuova enciclopedia agraria del Bruni, voi. III, che ebbe due ristampe (senza che il B.P. ne fosse avvertito; tuttavia egli le considerò quali sesta e settima edizione); Torino 18534 , 18575 , 18739 ; Napo­ li 1885; cfr. anche il prospetto Allevamento dei bachi da seta. Quadro sinot­ 14 * SCRITTI DI CARLO BERTI PICHAT Sonetto in morte del conte Alessandro Masi, in A Massari Antonietta cui morte rapiva lo sposo conte Alessandro Masi, queste carte funebri Vittoria Massari Berti Pichat afferiva, Bologna 1840. <<Almanacco del fattore e anche del possidente per il 1843>>, Bologna 1842; lo stesso <<per il 1844>>, Bologna 1843. Rapporto intorno all'opera del dottor Luigi Saccardo sulle cause del calci­ no, e sul modo di allevare il baco per preservarnelo, in MEB, voi. II (1842-44), pp. 106 sgg. Nota sul tributo d'inghiaramento letta alla Società agraria della provin­ cia di Bologna nel giorno I2 dicembre del I844, in MEB, voi. III (1845-46), pp. 27-42. Della tutela dei prodotti campestri. Nota letta alla Società agraria della provincia di Bologna li II maggio I845, in MEB, voi. III (1845-46), pp. 165- 97. Speranze dell'agricoltore nella Società agraria. Discorso letto alla Società agraria della provincia di Bologna nell'adunanza del I0 maggio I842, in MEB, voi. III (1845-46), pp. 233-46. Nota intorno ad alcuni rapporti della popolazione agricola coll'estensione dei fondi, in FEL, a. v (1845), n. 33, pp. 257-60. Della inopportunità di un codice agrario. Prima nota letta nella sessione II gennaio I846, in MEB, voi. IV (1847-48), pp. 159-72. Interessi sociali dell'agricoltura, Bologna 1847. Allevamento de' bachi da seta secondo la pratica, Bologna 1847; poi, con tico secondo la pratica, di Carlo Berti Pichat, per un'oncia ( chil. 0,027) di uova o semente di bachi, Milano s.d. [1852]. * Della sobrietà nell'applicazione delle scienze all'agricoltura, in MEAB, voi. I (1850), pp. 463-93. Istituzioni scientifiche e tecniche, ossia corso teorico e pratico di agricoltu­ ra. Libri XXX, Torino 1851-70, 6 voli. articolati in otto parti (unite in vario numero di tomi). Manuale del fognatore, comprendente la pratica inglese del drennaggio, Torino 1856. Discorso inaugurale del presidente all'adunanza ordinaria delli 28 dicem­ bre I86o, in ANNB, voi. I (1860-61), pp. 199-211; INC, a. XIII (1861), pp. 37-8 e 41-2. Invito alla Società circa l'attivare alcuni studi di grande vantaggio agri­ colo industriale, in ANNB, voi. II (1861-62), pp. 44-8., Proposta sulla perequazione dell'imposta prediale, in ANNB, voi. II (1861-62), pp. 73-4. La libera coltivazione del tabacco e l'erario, ·in pp. 123-71. ANNB, voi. Schema di pratica perequazione della imposta, in II ( 1861-62), ANNB, (1861-62), pp. 223-60. voi. II Della coltivazione del cotone. Manuale, Torino 18632 (con aggiunte ri­ spetto alla prima edizione). Sulla perequazione della imposta prediale. Considerazioni, in IV ANNB, voi. (1864), pp. 219-61. Rapporto letto nella adunanza del 24 aprile I864 [sulla traduzione di un opuscolo sulla sericoltura giapponese, per iniziativa del Ministero degli affari esteri], in ANNB, voi. IV (1864), pp. 263-5. Il cotone nella Italia centrale, in ANNB, voi. IV (1864), pp. 345-97. Sulla coltivazione del tabacco in Sicilia, in GIRI, a. III (1866), voi. v, pp. 285-8. Della coltivazione della canapa. Manuale, Torino 1867. Tre desiderata, in ALM, a. r (1868). Le risaie, introduzione del sen. F. Linati, Parma 1870 (suppi. al <<Pa­ triota>>, n. 278). CARLO BERTI PICHAT Relazione sulle piante oleifere, tigliose, tintorie, narcotiche ed altre indu­ striali, quali erano rappresentate ali'esposizione universale di Vienna nel giugno I873, estratta dalle Relazioni dei giurati italiani sul!'esposizione uni­ versale di Vienna nel I873, Milano 1873-75, fase. 15. Le aziende rurali concorrenti al premio d'onore nel concorso agrario regio­ nale di Ferrara, in GAIT, a. IX (1875), pp. 261-77; anche a sé, Bologna 1875, col titolo Relazione sui poderi ammessi al maggior premio d'onore nel c�ncorso regionale agrario di Ferrara; e in Concorsi agrari regionali (3), se­ rze I, anno I875. Concorso di Ferrara, in ANM, parte I, 1878, vol. 93. Per l'inchiesta agraria. Invito agli agricoltori etc. delle provincie del1'Emilia, in GIRI, n.s., a. 11 (1877), vol. 11, pp. 346-8. L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL'AGRICOLTURA Allorché,- per atto di somma benevolenza, vi piacque, o signori, fregiarmi del massimo onore di ascrivermi a questa celebre Acca­ demia, voi aveste in animo senza dubbio di offerire un esempio dell'amor vostro per coloro, i quali, nel mentre da voi per ç:lottissi­ mi studi si sostiene ed accresce onoranza alla patria, si adoperano nell'applicare i vostri insegnamenti alla prima fra le industrie onde la patria stessa s'alimenta. Conciossiaché non vi basti perpetuare per virtù d'ingegno e di dottrina la gloria antica della terra natale, ma vi scaldi il petto affettuosa cura di vederla doviziosa e felice. Fu adùnque intendimento vostro di donarmi d'immenso. premio per l'affetto che io tengo all'agricoltura; e sia perciò da questa ch'io tragga argomento, per intrattenervi, umanissimi accademici, .da­ poiché la benignità vostra mi dà cuore a ·proferirvi alquante parole, le quali farannovi aperto la pochezza di quanto posso offerirvi, ma insieme il desiderio di non mostrarmi ingrato all'onorevole distin­ zione da voi largitami con tanta generosità, <<ut mihi (per dirlo con parole di F.M. Zanotti) neque petendi tempus dederitis, neque ut ita dicam desiderandi>>, 1 percioché né manco mi credessi meritevole di desiderarla. Se non che proponendomi di tener parole d'agricoltura, avrei voluto discorrere di essa come scienza, se non soperchiasse l'altez­ za dell'argomento alla scarsezza mia. Laonde starommi contento di accennare alcune dubitazioni intorno al modo di applicazione delle scienze alla medesima. Dove emmi d'uopo innanzi tratto di pregarvi di non attendere da me che dimesse parole di semplice agricoltore. Il mio libro è il podere; il mio laboratorio è il podere; nel podere osservo ed ammiro la natura, comunque io possa l'in­ terrogo. E la natura scongiuro ad inspirarmi in questo loco a lei santissimo, ove voi ne disvelate i misteri, e ne insegnate la ragione de' suoi più meravigliosi portenti. 1. <•De Bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia commentarii•>, Bononiae, t. V, parte r. 19 CARLO BERTI PICHAT L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL' AGRICOLTURA Ma questi misteri, questi portenti, oh quanti ne ha ancora la na­ tura d'impenetrabili! Col volger dei secoli ne lascia talvolta inter­ pretare da un Aldrovandi, da un Malpighi, da un Galvani, e da quanti sanno dolcemente contemplarla, ammirare le sue bellezze, interrogarla poco per volta, insomma, direi quasi sedurla. Essa si compiace d'essere investigata cogli occhi del corpo, e più con quel­ li dello intelletto; non isdegna che la lente disveli le più minute parti di un essere, che lo scalpello anatomico blandamente le di­ sgiunga per conoscerne le forme, per istudiarne le funzioni. Ma se di quell'essere voi disarticolate bruscamente le membra, se lo cac­ ciate ad incenerire entro un crogiuolo, la natura inviolabile si ri­ fugge, e in luogo dell'essere rimane appena una traccia di ciò che fu. Dicasi pure, i vegetabili non altro essere che carbonio, ossige­ ne, idrogene ed azoto: pel coltivatore è quanto dire che una pianta è una goccia d'acqua, dapoiché nell'acqua vi è aria, e i componenti dell'acqua sono ossigene e idrogene, e nell'aria avvi ossigene, azoto ed anche carbonio. Se io proseguissi di questo passo, voi estimereste per avventura ch'io volessi affatto respingere le scienze dell'agricoltura. Per l'op­ posito è anzi mio divisamento tener salda quella parentela delle scienze con essa, onde razionalmente proceda e quindi più efficacemente al suo progresso. Deggiono le scienze prestare all'ar­ te del coltivare veri e proficui soccorsi appunto nei limiti di paren­ tela, non invaderla stemperatamente soverchiando con un'agricol­ tura di laboratorio, poderosamente imposta da un'aristocrazia scientifica, quella vecchia ma semplice e timida agricoltura de' campi. La quale ha d'uopo di soccorso come altra volta gli presta­ rono sapientissimi uomini, onore della patria nostra, e come gli prestate voi stessi quando ad agricoli argomenti volgete i vostri dottissimi studi. La poca sobrietà di alcuni moderni nel dettare nuovi dogmi di chimica e fisiologia vegetale, non solo produce im­ paccio e confusione nella mente degli agricoltori onde abbarra il passo a reali miglioramenti, ma ormai tra le incessanti dubbiezze e contraddicenti sentenze li trae a poco a poco ad ogni disamore del­ lè cognizioni scientifiche, e quasi li sospinge all'empirismo. Quindi l'agricoltura per le esagerate teoriche d'alcuni perde il vantaggio di giovarsi delle molte sue attinenze coll'altre scienze. Del quale inconveniente si ebbe prova non ha guari nella disser­ tazione letta all'Accademia di Francia dal Dezeimeris, come può apparire dalle seguenti parole dirette quasi a proclamare la neces­ sità dell'empirismo. <<Ippocrate>>, dice il Dezeimeris,i <<meritò titolo di padre della me­ dicina, principalmente per aver separato lo studio di essa da quello della filosofia. L'agricoltura aspetta un Ippocrate capace di riven­ dicare la di lei indipendenza contro le pretese delle scienze, le qua­ li sotto titolo d'accessorie ed ausiliarie non cessano di soverchiar­ la>>. E così prosegue quella dissertazione sul perfezionamento del­ l'agricoltura: dissertazione colla quale avrà inteso il signor Dezei­ meris d'essersi proferito egli per quel desiderato Ippocrate campa­ gnuolo. A stima di lui nelle recenti opere più pregiate d'agricoltura si ravvisa questa non più l'arte di ricavare dal suolo vantaggiosi prodotti, ma sì quella di scrutinare il meccanismo interno della produzione. <<Muore un pesco a dieci o quindici anni di vita: se in quel posto si collochi altro pesco, vivrà misera vita: un pomo inve­ ce riuscirà. Or se volete saperne il perché, la scienza vi dirà dieci ragioni per una, nove delle quali non sono dunque la vera. Un pra­ tico invece del perché non si cura, conosce il fatto, e all'uopo se ne vale. Nelle successioni di colture o rotazioni agrarie la convenevo­ lezza di non sementar cereali, dove altri sonosi mietuti, si dimo­ strava dalla scienza con una spiegazione: in questo anno [ 1845) la scienza ha dimostrato erronea quella spiegazione sostituendone un'altra>>. Così procedendo la disc6rre_ il nostro autore per con­ chiudere: <<C'est clone à l'expérience, à l'expérience seule qu'il en faut révenir>>. Dopo ciò avrebbe dovuto cessare ogni suo dire: con­ ciossiaché in fatto di sola esperienza n'hanno sempre più d'altri i lavoratori, ma egli ne ha tanta da potere spacciare quest'altra sen­ tenza. <<Ovunque e sempre i prodotti_ e i proventi sono proporzio­ nali alla quantità degl'ingrassi, in conseguenza all'estensione dei campi consacrati a nutrire il bestiame in confronto dei campi a col­ tivazioni estenuanti>>. A noi l'esperienza ricorda che il sistema del celebre Crud praticato nel territorio di Massa appunto sulla base della prefata sentenza diede proventi negativi, onde è molto dubbio se fia per essere ovunque e sempre vera. Dove è poi da considerare, non essere nel caso da stabilirsi la proporzione sul dato dell'esten­ sione del terreno a prato, ma della quantità del foraggio prodotto. I. <<Comptes-rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences•>, Pa­ ris, 24 février 1845. 20 21 CARLO BERTI PICHAT L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL'AGRICOLTURA Ed egli passa più oltre. <<La Germania, tre quarti di secolo addie­ tro, produceva appena un po' di segala e di spelta. Schubart intro­ dusse il trifoglio, Thaer i principi e le pratiche dell'agricoltura in­ glese, e le nazioni germaniche sonosi meravigliosamente arricchi­ te>>. Eppure, si potrebbe osservare, il triregno brittanico intanto è forse l'unico paese in Europa, dove con tutti i suoi turnips e ray-grass una parte di popolazione quando a quando si muore let­ teralmente di fame: e l'esperienza, tanto dal nostro autore com­ mendata, l'esperienza ha insegnato ai francesi di non fare quello che agl'inglesi conviene, perché l'esperienza insegna magistral­ mente che a diverse contrade spettano e convengono diverse colti­ vaz1on1. Nella stessa memoria si assevera poi che nella nostra penisola i raccolti erano in antico d'un'abbondanza prodigiosa: nel territorio rorriano il frumento aver prodotto le 1 5 e 20 sementi; un secolo do­ po solamente le 7 e le 8; un altro secolo più tardi e sino al presente le 4 per una essere da riguardare come prodotto degno di memoria. Non è qui luogo di fare aperto il difetto di cotali asserzioni, e di ri­ levare come delle affermate diminuzioni avvenute ne' secoli addie­ tro non sieno a tenersi colpabili le scienze del secolo presente. Mi basti aver toccato di volo quanto il signor Dezeimeris nella sua guerra alle cognizioni teoriche poco esattamente si faccia saldo nel1'esperienza; la quale intesa come e' pare intenderla, ridurrebbelo a tacere: sendo niun mezzo migliore di servire all'esperienza quan­ to quello di lasciar le cose come sono, dopoché il sono da tanti se­ coli. Né so comprendere come questa memoria sia stata portata a cielo, quasiché il proclamare e scongiurare l'aumento dei foraggi non sia, in ispecie dal principio del nostro secolo, il costante predi­ ,camento di tutti gli scrittori agronomici; essendo anche meravi­ glievole che quel celebre corpo scientifico di Francia abbia plaudi­ to a simigliante lavoro del signor Dezeimeris, il cui fine si è non di temperare, bensì di ripudiare· affatto il concorso delle scienze dal­ l'agricoltura. Per contrario ho io fermo coi migliori, non reggere nella campe­ stre industria la teorica non fondata sulla pratica, ma la pratica eziandio senza la teoria rimanersi tenace de' suoi difetti, nella via del perfezionamento non mai vantaggiare. La quale verità veggo oggimai dimenticarsi da molti agronomi, conciossiaché molti si volgono, se non all'empirismo, ad un'agri­ coltura affatto sperimentale o come dicono positiva, sempre ap­ punto per non imbarazzarsi della sua parte scientifica per l'enun­ ciata ragione di mostrarsi questa troppo lussureggiante di non ben chiari né facili principi. Ond'è da credere che la piupparte s'acque­ tino meglio dell'osservanza dei fatti invece d'indagare la ragione dei medesimi inquantoché questa, per la sregolata intervenzione di scientifiche ipotesi, quasi come se fosse per soverchia luce, siasi maggiormente circondata da tenebre. Ora, mi pare egli questo un indietrare, un ripudiare alla parte più degna dello intelletto. Ma purtroppo è ancor quella parte molto trattata oggidì dai sapienti per illuminare l'agricoltura senza che quasi gliene incolga verun profitto. Proposizione questa mia invero ardimentosa, se non pog­ giasse sovra sentenza del chiarissimo professor d'agricoltura, ono­ re di questo consesso, e maestro mio ossequiatissimo, il quale dice­ va già in questo stesso venerando luogo il 10 maggio 1832, <<non es­ servi quasi parte della scienza agraria che non abbisogni di filo­ sofici aiuti... ma in luogo di questi non ha trovato l'agricoltore che notizie dubbiose ed incerte e parole vane in luogo di ragionate spe­ rienze>>.1 Dalle cose forse troppo lungamente fin qui discorse vi è manife­ sto, dubitare io grandemente di quanto ha fatto sinora la moderna scienza per gli agricoltori, onde in me il. desiderio che per l'una parte temperasse il suo concorso esclusivamente speculativo, per l'altra che in diversa guisa vi procedesse affine di vantaggiare l'ar­ te, e non precipitare gli agronomi ad emanciparsi del tutto dalla scienza. Breve, la chimica agraria e fisiologia vegetale mi pare deb­ bano modificare i metodi con cui vengono modernamente disputa­ te, perché l'agricoltura se ne giovi. Argomento certamente d'im­ mensa rilevanza, e d'altri omeri soma, intorno al quale potrò oggi appena toccare alcuni dubbi generali, ristrettivamente all'attuale modo di concorso dispiegato dalle scientifiche discipline, riserban­ domi a parlare altra volta della diversa direzione da seguirsi, se le meschinissime forze varranno a sì grave subbietto. Tali mie dubi­ tazioni hanno fondamento dall'osservare ne' molti recenti scrittori d'economia rurale considerata ne' suoi rapporti colle scienze, bat­ tuta apposita strada da quella <<quae vera est et intentata>>, diceva il r. <<Memorie di agricoltura, manifatture e commercio>>, Bologna, t. I. 23 CARLO BERTI PICHAT L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL'AGRICOLTURA filosofo da Verulamio, e la quale <<a sensu et particularibus excitat axiomata, ascendendo continenter et gradatim, ut ultimo loco per­ veniatur ad maxime generalia>>. 1 verso il centro della terra. lo cercava la ragione pei: esempio di tale direzione della radice, ed ecco io leggeva doversi attribuire alla forza della gravità. La notissima sperienza di Knight a conferma di siffatta spiegazione mi sembrava, e più mi sembra adesso, materia­ lissimo e insufficiente concetto, ad onta di sì venturosa accoglienza dei dotti da vedersi in quasi tutte le opere di botanica descritta e ri­ prodotta. I semi di fava attaccati alla periferia d'una ruota in movi­ mento germogliando spinsero le radici all'esterno in linea del pro­ lungamento del raggio di essa ruota. Si è voluto considerare questo fatto siccome dipendente dalla forza centrifuga cagionata dal velo­ ce aggirarsi della ruota trascinata da quella congiuntale da un mo­ lino: e si è conchiuso che le radici non potevano dirigersi in senso verticale verso la terra perché la forza di gravità era sopravvinta dalla centrifuga. La conchiusione rigorosa si è che cotal forza cen­ trifuga annulla gli effetti di quella per cui le radici assumerebbero una direzione discendente verso il suolo, ma non vale per spiegare la sua natura. E già Mulder, ponendo semi di Vicia faba minima e di Polygonum fagopyrum germoglianti sopra mercurio coperto di uno strato d'acqua, rilevò che la radice della Vicia penetrò nel mercurio, quella del Polygonum si distese sulla sua superficie senza penetrarlo.' Ma di questa sperienza non si tenne conto. Il Dutro­ chet in un rapporto letto all'Accademia di Parigi il 28 aprile tra­ passato2 intorno sperienze analoghe fatte dal Payer e dal Durand espone non aver mai potuto rilevare, ripètendo le esperienze del Payer, che le radichette, quelle in ispecie del Lathyrus odoratus, abbiano potuto penetrare al di là di quanto era dovuto alla pressio­ ne esercitata sulle radichette dal peso dei semi: e ripetendo le spe­ rienze del Durand, per dieci grani di Lepidium sativum una sola ra­ dichetta si fissò entro il mercurio, le altre nove crescevano lamben­ done la superficie. Senza citare le sperienze ancora più acconcie a parer mio di Gioacchino Carradori lette il 5 maggio 1 802 dinanzi alla Società dei Georgofili di Firenze3 mi limiterò a considerare nel grande laboratorio del campo le migliaia di semi gettati sul suolo dal coltivatore. È agevole riconoscere, cadere eglino quali in una 22 II Applicato da parecchi lustri alla coltivazione, io traea singolar di­ letto nel leggere in alcune opere le spiegazioni razionali, onde mi si apriva la ragione dei fatti e delle pratiche agrarie, apprendendo in che difettassero, in che potessero ammettere profittevole incre­ mento, e quali nuove fossero da introdurre. Avezzo a contemplare quei prodigi del germogliare, del crescere, del fecondarsi l'infinita schiera di esseri vegetanti, soddisfatto da indicibile compiacenza, direi quasi orgogliosa, nel faticare, nell'operare di certa guisa in­ sieme colla natura, nel coadiuvarla a produrre i suoi portenti col­ l'acconciare i terreni, col lavorarli, col soccorrerli di concime, col potare o innestare le piante, nel trovarne le sapienti e giudiziose in­ dicazioni negli scritti dei Chaptal, dei Carradori, dei Pollini, nelle investigazioni d'Ingenl:10usz, di Hales, di Saussure ed altri non più recenti scrittori, io ne traeva sommo dilettamento e profitto. Ma quando in seguito ebbi ad aprire qualche pagina della chimica agraria del Davy, allora celebratissima, se scontravami in un passo, ove tutto il miracolo della vegetazione rappresentavasi quasi sem­ plicissimo effetto di agenti affatto materiali fisici o chimici, io non potea ristarmi dal chiudere quel libro, quasi umiliato e compreso da indefinibile scoraggiamento. Questa legge fisica, io dicea, que­ sta legge chimica ha per verità la sua influenza, ma non deve essere la legge che comanda a quegli esseri di vegetare. Quella sovranità, per ispiegare. il mio concetto, delle forze fisiche e chimiche può es­ sere intera, assoluta su quegli esseri, solo quando essere più non sono, quando hanno cessata la loro esistenza vegetale. Dunque la fisica e la chimica eccedono, quando vogliono risolvere in sole azioni fisiche o chimiche la ragione di quell'esistenza. In qualunque parte del solco fosse gettato un seme di grano, o nel colmo o ne' lati inclinati della porca, io vedeva spuntare snello e diritto il nascente germoglio: all'opposito la radichetta volgere r. Francisci Baconis Novum organum scientiarum, aphorysma XIX. I. <<Annales des sciences naturelles>>, t. XXI, pag. r 29. 2. <<Comptes-rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences>>, Paris, 28 avr. 1845. 3. <<Atti della Real Società economica di Firenze, ossia de' Georgofili», voi. VI, pag. 205. 25 CARLO BERTI PICHAT L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL' AGRI COL TURA posizione quali in un'altra. Quanti trovansi caduti come a rovescio colla piumetta in basso, e verso l'alto la radichetta, spingono que­ sta e quella alquanto nel senso in cui si trovano, poi sì l'una che l'altra curvandosi dolcemente a poco a poco tendono e rivolgonsi nella direzione cui la natura le invita. Le radici se dovessero piega­ re verso il centro della terra unicamente per forza di gravità non ·assumerebbero le forme particolari alle specie di piante cui perten­ gono: conciossiaché talune crescano e moltiplichino per ogni lato di guisa da raffigurare una bella chioma a simiglianza di quella so­ praterranea dei rami; altre invece prolunghino la loro radice mae­ stra pressoché orizzontalmente; altre infine (ove concorrano adatte circostanze di terreno) rimontino ad altezza superiore al çosì detto nodo vitale ove hanno esse radici incominciamento. Più volte pas­ seggiando per un campo vi ho rimarcato serpeggiare alla superficie radici di olmi e gelsi, e sendovi fra questi e la parte di campo ove serpeggiavano la così detta scolina, o altro fosso' più profondo assai di quella superficie, mi è sembrato da quelle radici apertamente smentirsi la sentenza di Knight. La smentiscono eziandio per mio debile avviso, le boscaglie in pendio ove non di rado trovasi nel terreno al di sopra di quello da cui sorge un cespuglio o una quer­ cia molte parte di loro radici, benché quel terreno sia più alto del punto d'onde nascono esse radici. Chi avesse attaccato alla ruota di Knight, agitata da moto velocissimo, un animale col capo all'estre­ _mo della sua periferia, si sarebbe veduto cred'io sortire il sangue dagli occhi e dalla bocca, e rimontare fors'anco gli escrementi alla gola. Or sarebbe egli da inferirne per questo, che il sangue e le deiezioni che nella posizione normale si portano quello anche agli arti inferiori, queste al fondo dell'intestino, il facciano per sempli­ ce azione di gravità? Eccovi adunque, s'io non erro gravemente di­ mostrato il caso dell'applicazione di una legge fisica, per soverchio modo assegnata come causa di un fenomeno cui concorre invece altra più possente ragione che una soltanto materiale non è. Ometterò di rilevare come il Boussingault asseveri derivare la direzione anche dei rami dalla gravità. <<Knight a montré par des experiences ingénieuses que la direction, que suivent les racines et les branches, provient en grande partie de cette force [la gravità}>. 1 Mi starò a quanto ho rilevato sulle radici, e solo indicherò quanto mai saggiamente delle medesime discorresse quel grande scrutato­ re della natura, il nostro Malpighi: <<Hae [radices] itaque varie a trunco terrae affini producuntur: nam in aliquibus perpendiculari­ ter elongatae radiculas hinc inde promunt: in plerisque vero pro­ ductus truncus in multiplices dividitur insignes radices, quae fere horizontaliter, deorsum tamen propagatae in ulteriores radiculas solutae rotundam peripheriam non absimilem ei, quae ab extremi­ tate ramorum describitur, graphice efformant>>. Diffatti non altri­ menti potrebbero servire al loro fine, pel quale <<per subiectum so­ lum alimoniam quaeritant et immobilitatem plantae stabiliunt>>. 1 Sentenza troppo generale è pur l'altra del Boussingault: <<La vé­ gétation qui est seulement interrompue pendant la saison froide, se ranime de nouveau au retour des circonstances qui la favorisent>>. 2 Ammettendo essere la vegetazione interrotta soltanto dalla sta­ gione fredda, lasciando anche da parte l'osservazione giornaliera e ben confermata dalla diretta sperienza del prof. Savi onde provasi l'atto vegetativo, assai intenso in primavera, diminuire nel calor dell'estate almeno per molte piante arboree, come si potrebbe spiegare il vedere tante piante dei nostri paesi, sempre verdi, con­ servare quell'apparato di vegetazione dimesso dall'altre a foglie ca­ duche? Ernesto Mayer esaminando il crescimento dell'orzo e del frumento, lo ha bensì rilevato maggiore di giorno anziché di notte, ma non disconosce certi periodi di rallentamento anche nel giorno3 e Mulder da analoghe osservazioni sull'Urania speciosa ha ricono­ sciuto esservi assai di frequente, nelle ore prossime al mezzodì, so­ spensione nello allungamento della pianta, il quale allungamento continua solo se la temperatura discenda. 4 Esempi questi per dubi­ tare dell'asserzione per la quale moderni chimici e fisiologi agricoli attribuiscono alla temperatura la ragione_ principale degli atti della vegetazione. Né mi dilungo a recarne altri di piante vegetanti an­ che nella stagione invernale, siccome la rosa notissima del Bengala, e le tante piante ortensi ·1e quali si giovano assai meglio della sta- 24 r. J.B. Boussingault, Éeonomie rurale eonsidérée dans ses rapports avee la ehimie, la physique et la météorologie, Paris 1843, t. I, pag. 1 r. r. M. Malpighi, Opera omnia, Londini 1686, t. II, pag. 54; editio novissima, Lug­ 2. J.B. Boussingault, Zoe. eit.,. pag. duni Batavorum 1687, t. I, pag. 144 ecc. 8. 3. A.P. de Candolle, Physiologie végétale, Paris 1832, t. I, pag. 445. 4. A.P. de Candolle, Zoe. eit. 26 CARLO BERTI PICHAT ' ' L APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL AGRICOLTURA gione autunnale che dell'estiva. Dirò solo una osservazione che ho fatta replicate volte. Avendo veduto in case rustiche de' nostri col­ li, travi e panconcelli di cipresso, m'invogliai di coltivarne presso a un centinaio, i quali da seme riuscirono sì da dimostrarmi suscetti­ bile questa pianta, contro la volgare credenza, di crescimento rapi­ do quanto gli altri alberi coltivati. Ora in molti individui d'anni 6 ai IO e 12 ho misurate messe lunghe da 30 centimetri cacciate fra il 15 novembre, e il 15 febbraio successivo. Non più tardi d'ieri ho rimarcato la floridissima vegetazione dell'Arum maculatum, non­ ché de' muschi vegetanti sulle cortecce delle quercie, e sensibil­ mente più rigogliosi nella parte del tronco volta a settentrione. Esaminando ancora la così detta rogna dei gelsi, è curiosissimo il vedere a questi giorni come egregiamente si distinguano le sue parti vegetanti assai più rigogliose che in estate. Ho poi citato quell'opinione del Boussingault e d'altri moderni, perché alcuni vorrebbero attribuire la caduta delle foglie unica­ mente al rigore del freddo. Dove è da credere che la natura sapien­ tissimamente adoperando abbia forniti i paesi delle zone tempera­ te, ove cadono non di rado copiose nevi, di vegetabili a foglie cadu­ che, o altrimenti, se sempreverdi, dotati di forma piramidale come il cipresso e di foglie assai minute come il pino, l'abete, ecc.: che se persistesse l'adornamento del folto e largo fogliame dell'olmo, del­ la quercia, della vite ecc., per lo peso di esse nevi si fiaccherebbero i rami con grave danno della pianta, siccome accade talora, quando neve molto precoce sorprenda la quercia ancor ricca di foglie. Molti attribuiscono alla elettricità grande influenza nella vegeta­ zione. Ma che diremo del Du Petit Thouars il quale considera ogni funzione vitale delle piante come giuoco di due pile voltaiche?' vonno essere agronomi trascendentali: voglio dire sulla chimica. Scienza per verità meravigliosa, in ispecie perché in breve ora tol­ tasi dall'infanzia ed ascesa tanto da pretendere seggio in quasi tutte le naturali discipline: scienza feconda di molti vantaggi all'agricol­ tura se non avesse troppo dimenticate le orme del Chaptal e del Carradori, orme per verità meno ardite, però assai più adatte alla scienza agraria, e se nelle mani abilissime de' moderni troppo non agognasse a disvelare e spiegare il segreto della natura vivente colla sola analisi della natura morta. L'agricoltura può certamente ri­ trarre sommi vantaggi dalla chimica nella cognizione delle terre, degli ingrassi, ne' processi di fatturazione del vino, dello zucchero, della fecola, nel concorrere alle investigazioni della fisiologia vege­ tale; ma non per questo può la chimica pretendere di rifare a nuovo la scienza agraria. Antica più della chimica è l'arte del coltivare, e quella di servirsi dei prodotti della coltivazione. Antichissimi po­ poli, come oggi anche alcuni selvaggi, in posto di graminacee nu­ drivansi di radici assai tempo prima che i chimici vi trovassero la fecola. Sino al tempo di Mosè l'uso del lievito era noto. ((Septem diebus azyma comedetis... quicumque comederit fermentatum, peribit anima illa de Israel>> ecc.:' così nel XII dell'Esodo, ove sta scritto più sotto gli egiziani avere sollecitato sì vivamente gli ebrei da torgli agio di mettere il lievito nella pasta:2 <(Tulit igitur populus conspersam farinam antequam fermentaretur>>. Senza parlare del vino descritto anche da Osiride, come si ha da Diodoro Siculo cita­ to dall'Hoefer,3 quando Tacito ci narra usarsi dai Germani una spe­ cie di vino <(ex hordeo factus et in quamdam similitudinem vini corruptus>>, 4 non dà egli evidentissimo cenno della birra chiamata già dai greci otvoc; xpl-&'i'voc;, vino orzaceo? Se non che, non avendo in adesso a fare sposizione di una chimi­ ca agraria degli antichi, ripigliando il mio dire, replicherò che quella dal Carus chiamata (nella sua VI lettera sulla vita della terra) ((morta veduta de' chimici moderni>>, 5 quando vuole da sola spiegare i fenomeni della vegetazione, mi pare poco atta a comprendersi né III Trapasso altre considerazioni sulle attinenze della fisica coll'agri­ coltura per dire alquante parole su quell'altra scienza la quale vo­ lendo spiegare molti misteri della vegetazione alla sua maniera, e dettare conseguenti principi e precetti di coltivare, empie di ansie­ tà per non dire di confusione i discreti agrofili che non sono, né 1. A.P. de Candolle, loc. cit. r. Exodus, XII, 15. z. Exodus, XII, 39. 3. Histoire de la chimie, par le doct. 4. Tacito, De moribus germanoFerdin. Hoefer,. Paris 1843, t. I, pag. 34. 5. K.G. Carus, Sulla vita della terra, Firenze 1843, lettera VI. rum. 28 29 CARLO BERTI PICHAT L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL' AGRI COLTURA con profitto da chi è destinato in ultima analisi ad occuparsi e di­ riggere in suo pro' l'opera stessa della vegetazione. Fo stima inol­ tre che in molte applicazioni all'arte agraria la chimica si comporti come in altre, per esempio alla fisiologia e patologia animali, se ve­ ro è quanto è detto nel <<Bulletin général de thérapeutique>> a pro­ posito dell'opera di Paolo Gaubert intitolata Hygiène de la digé­ stion, ove si legge: <<dimostra l'autore che la digestione non risulta da quelle leggi cui si vorrebbe soggetta: ma che appartiene ad una categoria di fatti fuori della fisica, e della chimica... le quali invano cercano usurpare il diritto di spiegare i fenomeni di cui il corpo or­ ganizzato vivente è il soggetto e l'agente>>. 1 Due grandi scuole si contendono oggi la palma nella chimica or­ ganica applicata alla fisiologia vegetale ed alla coltivazione. La schiera de' chimici alemanni di cui è principe il celebre Liebig, il cui sistema in una parte essenziale è stato combattuto dal professor Gazzeri. La schiera dei chimici francesi, a capo della quale il non men celebre Dumas, in varie fondamentali sentenze non concorde coll'altra. Trascelgo alcune loro opinioni, onde si vegga come di­ stano dall'indicata maniera di filosofare insegnata da Bacone, e si argomenti come sieno più presto atte a confondere le menti degli agronomi, i quali hanno poi diritto di conchiudere dubitando di cattedratiche asserzioni che con vicendevole contraddizione sono di spesso dalle due scuole proclamate. Il regno vegetale secondo il programma della famosa lezione di Dumas, che s'intitola Essai de statique chimique des étres organisés, 2 è un apparecchio di riduzione ove il grande laboratorio della vita or­ ganica, ove la formazione delle materie vegetali ed animali, ed ove questa si compie a spese dell'aria. Le quali materie passano appie­ no formate, dai vegetabili negli erbivori, e da questi ne' carnivori. E durante la vita e dopo la morte degli animali esse materie, a mi­ sura che distruggonsi, ritornano nell'atmosfera d'onde derivano. Per dimostrare vera e completa tale sentenza converrebbe prima dimostrare che tutti quanti gli animali, niuno eccettuato, compresi i zoofiti, gl'infusori, ed altri microscopici di numero infinito, si nu­ trono di vegetabili, o d'altri animali dai vegetabili nutriti. Conver- rebbe di più d'altra parte dimostrare che la natura ha bensì prodot­ to degli animali carnivori, ma non ponno esistere piante che fosse­ ro erbivore. Ed allora come sta quanto dimostrava Marcello Mal­ pighi nel suo libro De plantis quae in aliis vegetant? E quelle cuscu­ te, que' funghi, quelle tante piante parassite viventi a spese dei ve­ getabili, invece di essere apparati di riduzione e composizione, non fanno esse l'ufficio esclusivamente imposto agli esseri animali dalla legge di Boussingault e Dumas? Pretendono inoltre (Lezione citata) che i vegetabili operino le lo­ ro funzioni unicamente colla presenza della luce, onde saremmo indotti a sospettare che di notte punto non vegetino, e meno poi crescano. Valendomi io quanto più possibile di quell'insegnamen­ to di Bayle Barelle il quale in una lettera al Configliacchi dicea: 1 <<negli oggetti di storia naturale conviene aver la fede degli occhi, anziché gli occhi della fede>>, io non so comprendere così estesa­ mente quella sentenza del Dumas ricordandomi d'aver veduto molte volte del frumento svettato nel tramonto, già sensibilmente cresciuto nel mattino seguente, ed il prato ricoperto nell'alba di piccoli funghi mangerecci, benché in esso l'ultimo fosse colto nella sera antecedente. Il chimico d'ordinario disfa completamente il povero essere, lo riduce in tre, al più in quattro sostanze: ossigene idrogene carbo­ nio ed azoto. Ed ogni materia organica, sia pure ligneo, fibrina, ca­ seina, legumina ecc. ecc., tutto l'immenso apparato organico da ul­ timo in quei quattro elementi risolve. E con questo metodo si pre­ tende spesso di spiegare l'organismo mercè la sua più completa di­ sorganizzazione. Mercè di esso udite dal Dumas: <<les plantes et les animaux dérivent de l'air, ne sont que de l'air condensé. Ils vien­ nent de l'air et ils y retournent>> (loc. cit.). Ora Aristotile ci dice al capitolo I Metaphysicorum: 2 <<Anaximenes autem et Diogenes aerem priorem aqua et maxime simpliciurr1 corporum principium sta­ tuunt>>. Paracelso poi anche più decisamente affermò: «l'uomo è un vapore condensato, e ritornerà in vapore d'onde è sortito>>.3 Da que­ sto confronto nasce un dilemma ch'io ardisco soggiugnere perché dell'Hoefer: <<o queste dottrine arditissime sono verità eterne ine- r. <<Bulletin général de thérapeutique>>, Paris, fév. 1845. 2. Essai de statique chimique des étres organisés, par J .B. Dumas, 3e édit., Paris 1844. r. <<Annali dell'agricoltura del Regno d'Italia•>, t. VI, pag. 6. cap. 1 Metaphysicorum (Venetiis, apud lunctas, 1572, voi. VIII). Histoire de la chimie cit., t. II, pag. 21. 2. Aristotele al 3. F. Hoefer, 30 31 CARLO BERTI PICHAT L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL'AGRICOLTURA renti all'intelligenza dell'uomo, o sono semplici fantasmagorie del­ lo spirito non dimostrate dall'esperienza>>. 1 D'onde appare che an­ che dopo 24 secoli da che furono enunciati quei. principi non siano nemmeno al presente, secondo il giudizio di Hoefer, abbastanza fondati sull'esperienza. E qui cademi in acconcio di afferire una seconda riprova della verità, sì a proposito ricordata non ha guari in questo luogo, di quell'apotegma, <<multa renascentur quae jam cecidere>>. La scuola francese, in questo pure non appieno consen­ tita dall'alemanna, per organo dello stesso Dumas, come ho già ri­ levato, così si esprime: <<Des végétaux ces matières passent toutes formées dans les animaux herbivores>>. Quell'Anassagora filosofo, vivente accusato come sacrilego, e morto sopracchiamato Nouc; [in­ telligenza] aveva detto: 2 <<Noi mangiamo pane e beviamo acqµa. Questi elementi nutrono i muscoli il sangue le ossa in una parola .tutte le parti del corpo. Sarebbe ciò possibile se non vi fosse_ro nel pane e nell'acqua degli atomi o delle molecole [µ6pux.] identiche a quelle di cui si compongono i muscoli il sangue e l'altre parti?>>. 3 Identicità di sostanze dalla moderna chimica non solo proclamata, ma dalla scuola francese voluta così completa che il grasso tal quale trovasi negli animali risieda nell'alimento prestatogli dai vegetabili insieme coll'altre materie più nobili onde si compone quella mera­ vigliosa opera della natura che chiamasi animale: identicità dalla quale discenderebbe per diretta conseguenza essere il nostro corpo un aggregato di parti tutte composte nel laboratorio delle piante, unico capace di fabbricarle, sia la fibrina, o l'albumina, o la caseina o sto per dire le ossa, la sostanza cerebrale ed il liquore prolifico ecc., intantoché poi le funzioni animali si epilogherebbero in quel­ l'unica d'imitare un crogiuoLo sovra quattro bragie senz'altra de­ stinazione se non quella di distruggere quanto dalle piante erasi elaborato! Ma pensino i fisiologici a rivendicare l'onore dell'umana mac­ china il cui sublime e complicatissimo congegno servirebbe soltan­ to a funzioni molto meschine in confronto degli effetti conseguiti dal congegno tanto più semplice della macchina vegetale. Tornan­ do a questa, è veramente singolare che, contenendo l'aria in mille parti 792 d'azoto, le piante abbiano soltanto da inalare l'acido car­ bonico per tenersi il carbonio rigettando l'ossigene senza prendere minima parte di tanto azoto, volendo il Liebig tutto l'azoto trovato nelle piante derivare unicamente dall'ammoniaca portata dalle piogge, e prima generata dai fulmini e dai vulcani. E quando il Fa­ raday, in una lettera al Dumas 1 chiede: <<L'azote sera-t-il un métal ou bien conservera-t-il sa place parmi les corps non métalliques?>>, la teoria dell'azoto rispetto al regno vegetale non appare essa in pe­ ricolo di doversi rifare a nuovo? Intanto io non so come i chimici non abbiano finora sospettato d'un'altra sorgente dell'azoto trova­ to ne' vegetabili. Quell'altro universo, condonatemi l'espressione, così immenso di animali pressoché impercettibili, viventi non solo come dice il Redi in altri animali viventi, ma ne' più piccoli e se­ greti recessi de' tessuti vegetali ed animali, quegli eserciti d'infini­ tesimi esseri contati da Ehrenberg su pochi centimetri di materia, i quali inoltre devono lasciare ne' vegetabili, ove albergano, si nu­ trono, e sì prodigiosamente moltiplicano, inenarrabili tracce di escrementi, ovuncoli o germi, se tutta questa siccome materia ani­ male è azotata, quando il chimico si pone a macinare un vegetabile ed analizzarlo alla sua maniera, non so se int' elletto e poter d'uomo valga a cernere quell'azoto che veramente da que' minimi anima­ letti provenga, rimanendo dubbio eziandio se possa anche tutto soltanto dai medesimi provenire. Certissimamente attenendosi alla sola chimica manipolazione, le magnifiche scoperte del Gren, del Malpighi, dell'Amici, quelle tutte le quali si ottengono col soccorso del microscopio e dallo scal­ pello anatomico, adoperati da sapienti filosofi che sanno resistere alla tentazione di abusarne, o sarebbero ·pressoché oziose, o rimar­ rebbero ancora da farsi. Ma quell'azoto, oltrecché se vero ci ammoniscono Varrentrapp e Will2 sa occultarsi entro i tubi di vetro d'onde poi si caccia e com­ mischia colle sostanze analizzate in que' tubi, quell'azoto preso dai chimici a base per calcolar la qualità fertilizzante delle materie ap­ prestate alle piante come concime, ha esso poi generalmente tutta quella preponderante efficacia per fecondar il terreno, quel- Loc. cit., t. I. 2. F. Hoefer, loc. cit., pag. 80. t. II, pag. 21, intorno a Paracelso. 1. 3. Vedi F. Hoefer, loc. cit., r. <<Comptes-rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des sciences>>, Pa­ ris, 24 fév. 1845. 2. G.A. Quesneville, in <<Re-vue scientifique et industrielle>>, Paris, t. VII. 32 CARLO BERTI PICHAT l'influenza quasi esclusiva per far prosperare i vegetabili coltivati? Fra i documenti annessi alla citata lezione del Dumas nella 3a edizione ( I 844) si riferiscono sperienze di germinazione e vegeta­ zione di diverse piante' le quali hanno dimostrato: <<Qu'en germant, le trefle et le froment ne gagnent ni ne perdent une quantité d'azo­ te qui soit indiquée par l'analyse>>; inoltre che in suolo assoluta­ mente privo d'ingrassi sotto la sola influenza dell'aria e dell'acqua il trifoglio coltivato ha guadagnato dell'azoto, ma l'avena piuttosto ne ha perduto, il frumento infine né guadagnato né perduto. Ora queste esperienze mi paiono piuttosto escludere il bisogno d'azoto per le piante più necessarie all'uomo siccome il frumento. Dunque come si possono allegare in qualità di documenti per argomentare il testo quando afferma: <<les plantes consomment clone sans cesse de l'oxyde d'ammonium, de l'azote>> ecc.? 2 Ma siccome d'altronde si trova azoto nel frumento, la conchìusione da trnrre dalle indicate sperienze era che questo azoto il frumento lo trova nel terreno, conchiusione però ammessa perché non andava a martello cogli al­ tri precetti dettati nella più volte citata lezione. E qui tralascerò di parlare d'altre mie dubitazioni intorno ad al­ tre applicazioni della moderna chimica, e preferirò che parli in mia vece un chimico celebre il quale nasceva appunto nell'anno in cui moriva il grande cancelliere Bacone, ed era quel Roberto Boyle delle opere del quale non sapeva un Boerhaave qual fosse la più de­ gna di encomio. <<Se gli uomini>>, lasciava scritto Boyle nel discorso preliminare delle sue opere, <<se gli uomini>>, e parlava dei chimici, <<avessero più a cuore il progresso della vera scienza anziché la loro gloria, potrebbesi loro far comprendere che il più gran servizio fa­ rebbero al mondo collo spendere ogni cura nell'istituire sperienze e raccogliere osservazioni, senza cercare di stabilire teorie prima d'aver dato la soluzione di tutti i fenomeni che ponno presentarsi>>. 3 Io stimo la chimica agraria di Davy, quella organica applicata al­ l'agricoltura del Liebig, l'economia rurale di Boussingault, la stati­ ca chimica sua e del Dumas, il recente corso d'agricoltura del Ga­ sparin, opere degnissime della moderna età, ma dubito che abbia- r. Essai de statique chimique cit., pagg. 84, 85. fer, Zoe. cit., t. II, pag. 156. 2. Ibid., pag. 6. 3. F. HoeI ( /./;-;,/, (1,(/lrl I 'r': /,I//(I. L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZ� ALL'AGRICOLTURA 33 no alcun poco deviato dalla prima succitata sentenza del Bacone, e dall'ultimo riportato avvertimento del Boyle. IV Dopo ciò mi pare d'avere abbastanza abusato della tolleranza vo­ stra. Ma per soddisfare, comunque io il possa, il desiderio di pro­ ferire cosa praticamente utile all'agricoltura, mi varrà d'eccita­ mento a farne alquante parole il nostro Jacopo Bartolomeo Beccari il quale a quel suo memorevole commentario De lacte preludeva con questi sensi: <<Optabile in primis, et omni commendatione di­ gnissimum semper habitum est genus illud philosophandi quod cum specie utilitatis aliqua sit conjunctum>>.' Da molto tempo i botanici riconobbero doversi attendere da piante troppo innaffiate o troppo nutrite, più presto abbondanza di foglie che di frutti. Per questo motivo i nostri alberi fruttiferi ed i nostri legumi trapiantati ne' tropici lussureggiano di fogliame, ra­ de volte di frutti, secondo l'osservazione del Wydler citato dal de Candolle. In una memoria sull'innesto il de Tehudy racconta di aver costretto una pianta di popone· a fruttificare, sia togliendole alquante radici sia menomandole parte del succhio ascendente col sopprimere una porzione cilindrica del suo stelo. <<Jeunesse et vi­ gueur>>, dic'egli, <<ne produisent que de l'herbe et n'accordent pas de fruits ou les murissent mal». 2 Si citano le pervinche (pervenches), meglio pronte a fruttificare costrette in vasi che 1ibere in piena ter­ ra. Gli alberi fruttiferi nelle Indie Orientali hanno d'uopo d'una specie di verno artificiale per fiorire, del qual verno e del modo di crearlo lascio la responsabilità al de Candolle, non essendo tale l'artificio di porre allo scoperto le loro radici nel tempo de' grandi calori per raffrenare la soverchia vegetazione, benché per tal mez­ zo possa anche cagionarsi la caduta delle foglie. È poi costante os­ servazione che i nostri fruttiferi trapiantati dal vivaio sogliono sbocciare prontamente i loro fiori. Ma la conchiusione logica di questi fatti sta in questo, che quante volte una pianta non ha ancoTAV. I. Varietà piemontese di vite (da G. GALLESIO Pomona italiana ossia trattato degli alberi fruttiferi contenente la descrizi;ne delle migliori v�rietà dei frutti coltivati, con la loro classificazione, la loro sinonimia, la loro cultu­ ra... , Pisa 1817-39). I. <<De Bononiensi scientiariam et artium Instituto atque Academia commentarii>>, t. V, p. I, Bologna 1767, pag. 2. 2. A.P. de Candolle, Physiologie végétale cit., pag. 469. 34 CARLO BERTI PICHAT ra compiuto il suo totale sviluppo di crescimento, ovvero è di so­ verchio nutrita la sua vegetazione, si profonde di certa guisa in una inutile lussuria, e per determinarsi all'atto più importante com­ messole dalla natura, alla riproduzione della specie, d'uopo ha di normale salute né eccessiva; nel caso poi speciale di recente tra­ piantamento si ha mostra di fiori ma d'ordinario senza successivo frutto. Dunque se la pianta non fruttifica può dirsi non abbastanza adulta o non perfettamente sana. Oggi invece il Braconnot preten­ de dimostrare il contrario. A stima di lui per ottenere aumento di produzione degli alberi conviene indurre in essi uno stato patolo­ gico, e lo argomenta dalla potatura pretendendo disporsi il vegeta­ bile a maggiore fruttificazione coll'opera dei tagli e colle conse­ guenti piaghe; dallo scoprire parte delle radici; dallo scarseggiare d'inaffiamenti siccome ha sperimentato in un cotogno indico (Cy­ donia japonica). E sin qui se questa teorica non è esatta è tollerabi­ le. Ma il proporre di forzare gli alberi a produrre frutti con opera di bastonate? Purtroppo nel campo ho veduto talora alcunché di analogo a questo metodo. Nel penultimo decorso anno le nostre querce portavano infinite ghiande e i nostri villici le rimeritarono di bastonate: ma nel successivo appena avreste contato una ghian­ da in dieci quercie. Convien però dubitare se alle percosse del sig. Braconnot le sue piante abbiano corrisposto come non di rado il pazientissimo somarello il quale più è tempestato dall'inumano ru­ stico di stemperate botte e più cammina a rilento, giacché si appi­ glia a prescrivere il sale; uso raccomandato dalla Società orticola di Berlino, secondo la quale è da coprire di sale ai primi d'ottobre tutto il terreno compreso sotto i rami della pianta, e se ne ottiene meravigliosa fruttificazione. E siccome quest'addizione del sale non parrebbe da tenersi in conto di offesa recata alla sanità dell'al­ bero, per confortare la sua ipotesi d'indurre uno stato d'infermità nella pianta pretende il Braconnot bastevole però l'enunciata quantità di sale per disturbare le normali funzioni dell'albero a se­ gno di scemarne il vigore e quindi sviluppare la produzione. Ram­ mentando poi avere Columella e Palladio commendato l'uso delle orine per fruttiferi e viti, onde averne più saporosi ed abbondevoli prodotti, vuole il nostro autore sostituita l'orina al sale·' notate ' non per riguardamento di evitare la spesa di salare del terreno, sì bene per l'eccesso d'acido e sali contenuti nell'orina, sali parimente atti secondo lui a scemare la vigoria del vegetabile. L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL'AGRICOLTURA 35 Rimane solo che dopo dimostrato il bisogno d'uno stato morbo­ so nelle piante c'insegnino d'avvelenarle addirittura. Ed infatti egli, il chiarissimo chimico Braconnot, raccomanda di provare i veleni perché per le cose da lui dette devono, acconciamente am­ ministrati, produrre effetti non manchevoli, non dovendosi di­ menticare, prosegue egli, che nei fiori di tutti i vegetabili appena volgono alla fruttificazione si verifica uno stato di malattia: onde opina, tenersi saviamente dagli odierni botanici le brattee e le co­ rolle siccome degenerazioni di foglie; e dal Lamarck ammettersi giustamente ne' fiori uno stato morboso pareggiabile a quello delle foglie nella autunnale loro colorazione prima di cadere a terra. Io per verità non ho potuto rinvenire questo passo del Lamarck, ma mi lusingo avrà detto ed egregiamente che quegli organi florali do­ po compiuta la fecondazione, e così le foglie dopo esaurite le loro funzioni, devono staccarsi dalla pianta, più a lei non servendo: ma ciò non significa che nell'atto di eseguire le funzioni cui sono ap­ positamente destinate dalla natura, per meglio compierle debbano essere inferme, come lo sarebbero quando si procacciasse all'albe­ ro uno stato patologico. È poi inutile dimostrare quali effetti in pratica conseguirebbero da così fatte teorie. Uno de' principi soverchiamente generalizzati dalla chimica sta nel pretendere che le piante traggano tanto_ nutrimento dall'aria da non aver quasi uopo del terreno per sorreggerle. L'opinione di Tull di riportare il perfezionamento della coltivazione nella sola meccanica divisione del terreno finì per rovinare i suoi seguaci, né so qual sorte migliore potesse toccare chi aspettasse che l'aria sola fertilizzasse i propri campi. È inutile riferire gli assurdi della pro­ sperità del frumento seminato sopra lastre di vetro, né so quanto saviamente se ne prendesse cura il congresso degli scienziati a To­ rino. Dirò solo dell'inganno in cui mi sembrano coloro eziandio i quali, senz'ammettere quell'unica nutrizione d'aria pei vegetabili, la reputano però bastevole sino all'epoca della loro fioritura, ricat­ tando poi le piante a loro stima da quell'epoca in avanti l'alimento dalla terra. Pregovi, accademici umanissimi, di addoppiarmi l'in­ dulgenza vostra sofferendo ch'io vi esponga succintamente la sin­ golare mia opinione: veramente singolare dappoiché io dubito che avvenga anzi, entro certi limiti, l'opposito. Columella è dei più saggi e solidi precettori nella cosa rustica. Il suo precetto è chiaro: <<Si tamen eam viridem desectam confestim CARLO BERTI PICHAT aratrum subsequatur, et quod falx reliquerit, prius quam inare­ scat, vomis rescindat atque obruat, id enim cedit pro stercore: nam si radices ejus desecto pabulo relictae inaruerint, succum omnem solo auferent vimque terrae absument►>.' Un altro padre dell'agri­ coltura e suo restauratore, Crescenzio, dice, parlando della veccia tagliata verde: <<se con quello che sulla terra rimane, il campo in­ contanente si ari, come il letame ingrassa la terra, così lo ingrassa essa, e se arata quando le radici sono secche, rimuove succo dal campo►>.2 Questo passo è quasi volgarizzamento di quello. Dunque se quei resti di vegetabili lasciandoli disseccare perdono sostanze che rubano al campo, e se erano falciati in verde prima della com­ piuta maturazione prova che dal campo aveano già preso l'alimen­ to che quegli autori raccomandano non si disperda: onde prescri­ vono di ricacciar subito que' residui sotterra prima che, come usa­ no dire i contadini, siano mangiati dal sole. Ma perché potrebbe ancora rimanere alcun dubbio se Columella e Crescenzio intenda­ no parlare di piante cresciute solo fino al momento della fioritura, rammentiamo l'esperienza del Giobert, il classico fautore del sove­ scio. Egli fa vegetare graminacee in sabbia ben bene lavata; giunta la fioritura esse illanguidiscono. Il Saussure giunge a far fiorire fa­ giuoli e piselli vegetanti in solo crine di cavallo continuamente umettato d'acqua distillata, ma non può ottenerne grani.3 Ommetto altre osservazioni del Morel de Vindé e del Pollini e mi porto sul campo. Ivi, sementandolo di fave per sovescio, se l'ho concimato le fave riescono bellissime ed ottime all'uopo: non così nel terreno magro. Mi reco nell'orto e quivi, benché l'ortolano estragga dal suolo tante piante da consumarsi in verde prima della fioritura, non di meno occorre somministrare nuovo concime per avere suc­ cessivi prodotti. La canepa si giova tanto nella sua infanzia dello sterco di volatili sparso alla superficie del campo con moltissimo accorgimento de' miglìori pratici, da riuscire assai imperfettamen. te se ne' primordi della sua vita non accenna singolare floridezza. Se poi il Giobert e il Saussure sanno condurre senza terra la vege­ tazione delle piante sino alla fioritura, se questa o la successiva ma­ turazione dei semi non possono conseguire, ciò vale a significare 1. Columella, capitolo XIV del libro Il. 2. Crescenzio, libro III, cap. 23. 3. H.B. de Saussure, Recherches chimiques sur la végétation, Paris 1804, pag. 345. L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL'AGRICOLTURA 37 che, se avessero desse vegetato colla terra, avrebbero fior{to e frut­ tificato: dunque avrebbero dalla terra ricevuto quell'alimento completo e normale senza del quale la pianta nello svilupparsi non si pone in condizione e capacità di fruttificare. Ma l'esposizione della mia opinione spiega tutto il fenomeno. Il vegetabile, come l'animale nella prima età ha bisogno di nutrirsi a doppio oggetto: per conservarsi e per crescere; giunta la pianta (e qui parlo sempre di annue o bienni) al suo massimo sviluppo, si accinge al grande atto della riproduzione. Allora che avviene egli? Tutte le parti sue, quasi cedendo la sostanza propria al fiore e al frutto, a poco a poco si svuotano, si estenuano e disseccano: la fruttificazione è forse concentramento dei più eletti succhi sparsi nel resto del vegetabile: questa la ragione per cui l'azoto si rinviene nel fusto verde, non nel secco, o dirò meglio prima della fioritura e non dopo. Torniamo nel campo. Appena il frumento comincia a maturare, le sue foglie, il suo stelo riduconsi come scheletro di quello che erano: le barba­ bietole carnose e rotonde nella fine del primo anno, trapiaotate nel seguente mano a mano gettano la nuova messe destinata a produrre il seme, e questa monta in fiore, si vuotano e consumano a vantag­ gio di quella vegetazione del secondo anno, e le trovi avvizzite co­ me accade delle patate che si ripiantano ecc. Che se per alcun tem­ po germoglia una pianta e può vivere senza terra, generalmente parlando trae prima nutrizione spesso dai cotiledoni, e appresso dall'umidità apprestatale. Ma se quelle piante così governate dal Giobert e dal de Saussure si trasportino al momento del fiorire nel terreno, o periranno sterilmente, o prima di fruttare converrà che s'afforzino, che percorrano in somma tale stadio di vegetazione on­ de si completi di qualche guisa quello imperfettissimo avuto fin a quell'epoca fuori del loro natural albergo, la terra. Ma il Boussingault dice affermativamente:' <<... une graine peut gérmer, végéter, et donner une piante qui atteigne une parfaite maturité par le seul concours de l'eau et des gaz ou des vapeurs ré­ pandus dans l'atmosphère>>. Cita piselli seminati, germogliati, cre­ sciuti e fruttuosi, in mattoni cotti pestati, e scaldati a rosso per eli­ minarne ogni traccia organica, poscia acconciamente umettati con acqua distillata usando le più opportune cautele per escludere an­ che l'accesso al pulviscolo atmosferico. Fortunatamente risparmio 1. J.B. Boussingault, loc. cit., pag. 49. CARLO BERTI PICHAT L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL'AGRICOLTURA altre parole valevoli a ben pesare il valore di quell'asserzione. Egli stesso soggiugne (a pag. 50 ): <<... Les tiges recoltées étaient fort greles. Les feuilles ne présentaient guère que le tiers de la superfi­ cie qu'elles auraient acquis si elles eussent appartenu à une plante venue dans un terrain fumé>>. Del resto l'asserzione di Boussingault tenderebbe a provare che anche nel secondo periodo, quello cioè di fioritura e maturità, le piante ponno trar nutrimento bastevole per una meschinissima ve­ getazione, senza terreno. Io ho insistito sull'argomentare che nel primo periodo di sviluppo le piante traggono alimento anche dal suolo, perché ne conseguono vantaggiose applicazioni nella vera economia rurale, la quale non si contenta di <<tiges greles>> e di fo­ glie aghiformi, e quindi di magri e scarsi grani. Se ne trae infatti insegnamento che se le piante ricavassero nutrimento solo dall'aria in quella prim'epoca, a nulla servirebbe l'arroncare erbe; che inve­ ce lo si dee fare, come l'esperienza dimostra, sia pel frumento sia pel grano turco o pel riso, canepa ed altri vegetabili coltivati; ar­ roncandoli quando sono nella prima età essi e le piante da svellere, e se ne ria moltissimo giovamento: che in pratica i contadini quan­ do levano dai canapuli delle piante di colzat o rape sementatevi per sovescio, e ciò affine di trapiantarle altrove, d'altrettanto impove­ riscono il terreno, oltre lo sminuire gli effetti utili attesi dal sove­ scio. E così allorché seminando nello entrar dell'autunno grano turco o meliche negli stessi canapuli credono non ismagrirli perché fannole in erba pel bestiame, nocciono a quei canapuli, benché questa pratica in alcuni anni di scarsi foraggi si possa tollerare in quantoché da ultimo, quelle meliche consumandosi dal bestiame, se ne ricuperi concime. Le prefate considerazioni portano anche a dubitare se la malattia delle patate rilevata in quest'anno ne' paesi settentrionali d'Euro­ pa, anziché veramente causata da funghi parassiti veduti dal Payen, 1 possa per quanto ebbi io stesso ad osservare ne' miei campi desumersi da altra causa la quale io farei consistere probabilmente in questo. Le alternative di caldo e di umidità hanno reso attivissi­ ma la vegetazione sopraterranea di quelle piante: poi, manifestatasi negli steli l'affezione patologica volgarmente nota sotto nome di melume, si è fatto luogo ad una specie di rinovellamento di vegeta­ zione, pur noto ai campagnoli sotto nome vernacolo di raguaimare. Allora la nuova messe sopraterranea ha richiesto dai nuovi tube­ ri quanto il primo stelo ammorbato richiese dal vecchio tubero adoperato alla piantagione. Come ho notato sopra per le barbabie­ tole, è facile vedere quanto completamente si struggano i tuberi dei pomi di terra cedendo di certa guisa, come cotiledoni, la sostanza loro ai nuovi germogli. Questi ultimi nascenti come a rimpiazzo dei primi ammorbati, non incontrano per la stagione troppo avan­ zata elementi favorevoli al loro sviluppo. E più poi per lo stato pa­ tologico in cui la pianta si trova, il processo della vegetazione rima­ sto alterato, i tuberi come disturbati nel loro crescimento volgono a quello stato di degenerazione palesatosi estraendoli dal terreno. In verità portando esatta attenzione quasi quotidiana ai miei campi ov'erano pomi di terra, in un solo m'avvenne rintracciare la malat­ tia tanto diffusa oltremonti, e primi ad accusarla furono gli steli, macchiandosi di nero e guastandosi_ come ho detto: onde potei ri­ conoscere due fatti: l'uno del precedere il morbo del fusto a quello dei tuberi; l'altro di accadere ciò solo in un campo di natura come dicono fresca per qualità di terreno, ed umido per la depressa ubi­ cazione, vicina inoltre a un fiume di alveo sensibilmente più eleva­ to. La scomparsa della fecola nelle parti ove il tubero cominciava a decomporsi per servire a quella rigenerazione delle parti erbacee, è avvenuta siccome avviene nel tubero che si pianta in primavera. Quel vegetabile parassito però del Payen nol potei scorgere benché avessi la ventura somma di giovarmi del microscopio e, quel che più vale, del soccorso del nostro prestantissimo preside, onore e lume di vera sapienza italiana. Mercé del quale ebbi invece campo di distinguere perfettamente alcuni acari nella polpa infracidita del tubero, i quali ravvisai poi somigliantissimi al disegno che dopo al­ cun tempo ne giunse in una tavola annessa al fascicolo di novem­ bre 1845 degli <<Annales de l'agriculture française>> segnalati dal Guérin-Méneville col nome di Tyroglyphus feculae.' Ma io non soggiugnerò altro intorno questi animalucci, né intor­ no l'opinione onde si vogliono causa, anziché seguito, del morbo, r. Vedi <<Comptes-rendus hebdomadaires des séances de l'Académie des scien­ ces>>, Paris, 8 settembre r 845, pag. 560. 39 r. Note sur les acariens etc., par Guérin-Méneville. <<Comptes-rendus hebdoma­ daires des séances de l'Académie des sciences>>, Paris, r 3 octobre r845 (pag. 876) e <<Annales de l'agriculture française>>, nov. 1845. 40 CARLO BERTI PICHAT né intorno altri esempi pratici per dimostrare ulteriormente con quanta sobrietà si debbano proclamare proposizioni scientifiche non abbastanza fondate sull'esperienza. Ben mi duole di non far cenno intorno alla celebre opinione del Gazzeri e del Liebig profe­ rita anche dal Dumas sui concimi non fermentati, tenendo io op­ posito parere sempreché la fermentazione non sia troppo violenta e avanzata. Questa ed altre considerazioni troveranno luogo quando, facendo passo dalle influenze semplicemente fisiche e chimiche di cui finora ebbi l'onore d'intrattenervi, m'ingegnerò in altra occa­ sione di accennare per qual modo io crederei potesse, più proficua­ mente pel coltivatore, applicarsi la scienza della fisiologia vegetale all'agricoltura: a dir meglio per qual via la fisiologia stessa potesse meglio concordare coi fenomeni pratici della vegetazione; concor­ danza non molto manifesta nelle recenti teoriche di parecchi mo­ derni chimici, o almeno non abbastanza completa. Allora, <<si Deus optimus maximus opem tuler1t>>,' mi proverò d'argomentare che la scienza agraria può ritrarre immensi ed utili chiarimenti per la pratica coltivazione quando là fisiologia vegetale sia rischiarata da una fisiologia veramente comparata, diversa da quella Botanica comparata del chiarissimo professor Parlatore mo­ dellata sulla precedente di Augusto Saint-Hilaire. E nella quale è principale concetto e perno quel concetto più presto poetico che fi­ losofico del Goethe, diretto a spiegare il meraviglioso mecanismo dell'organizzazione vegetale con semplice processo di morfologi­ smo, che volontieri chiamo semplice ipotesi dacché il veggo com­ mendato da prima dal sommo Linneo, e di poi dallo stesso presso­ ché dimenticato. Allora l'idea d'una fisiologia vegetale comparata com'io l'inten­ do, cioè per la quale il vegetai regno coll'animale sotto condizione della debita temperanza si confrontasse, non vi sembrerà vestire le foggie di paradosso, come a me non appare, dappoiché vidi conti­ nuo il nostro grande Malpighi nella sua incomparabile Anatomia delle piante quasi passo a passo quella classica storia dei vegetabili raffrontare con quella degli animali; e dappoiché questo nostro vi­ vente primo fisiologo italiano nelle sue auree Prime linee di patolo­ gia vegetale2 discorse con tanta luce l'analogia fra i due regni degli 1. J .B. Beccari, loc. cit., pag. 8. 2. «Memorie della Società agraria della provincia di Bologna>>, voi. Il (1842-44), pag. 277 ecc. L'APPLICAZIONE DELLE SCIENZE ALL' AGRICOLTURA 41 esseri organizzati. Allora citando il nostro Jacopo Bartolomeo Beccari nel suo com­ mentario De lacte ove ha queste parole: <<Quemadmodum enim in triticea farina, quae vegetalis indolis tota esse credebatur, duas partes inveneram, quarum altera vegetalis quidem ahera animalis esset naturae, ita in lacte, cujus pariter indoles tota penitus ad ve­ getabilem naturam pertinere censebatur, nonnihil inesse animalis substantiae comperi>>, potrò rilevare come questo sapiente, ne' tempi in cui la chimica era può dirsi bambina, avea presentito non già la ristretta sentenza de' moderni che tutto sia elaborato dalle piante per essere alimento dell'unica facoltà, attribuita all'animale, di distruggere, ma come ad amendue sieno donate dalla natura funzioni e proprietà di composizione e formazione di speciali so­ stanze, benché non poche di esse si trovino comuni ad ambedue i regni. Proposizione questa che si rileverà evidente quando siasi pe­ netrati che dalla sola manipolazione chimica si ottengono risultati puramente chimici. Allora l'intervenzione dell'ammoniaca nella vegetazione, sco­ perta tribuita dal Dumas al Davy ed al Schattenmann e ch'io potrò dimostrare meglio dovuta a Gioacchino Carradori, sarà per me, ne ho fiducia, argomentata intorno al modo con cui ha luogo e rendesi sensibilmente profittevole alle piante. Le quali cose ho voluto oggi di certa guisa anticipare, sia perché abbiate prova quanto io tenga obbligo d'ogni buon nato di questa non venturosa frastagliata penisola lo studiare modi a ricordare, a far risorgere almeno nelle scienze le due virtù dell'unione e della indipendenza per farle entrare per tutti i sensi negli animi italiani, e per tutti i sensi importunarne gli stranieri,' sia perché non tanto nelle esposte dubitazioni, comecché incomplete e manchevoli, quanto nella mia ferma speranza e promissione di meritarmi co­ munque il possa la vostra benevolenza, troviate motivo per conce­ dere, siccome ve ne prego, indulgentissimo riguardamento al mio buon volere. 1. Cesare Balbo, Delle speranze d'Italia, cap. XI, 8. ELENCO DELLE SIGLE E DELLE OPERE C ITATE ABBREVIATAMENTE <<L'agricoltore ticinese. Giornale economico-agrario>>, Lugano, I= 1869. AA = <<L'agricoltura coloniale. Rivista mensile dell'Istituto coloniale ita­ liano>>, Firenze, I= 1907. AB= <<Agricoltura e bestiame>>, Milano, I= 1894; poi AGM. AGA= <<L'agricoltura e le industrie agrarie>>, Portici, XVI= 1893 (continua­ zione di AGL, anche nella numerazione delle annate, salvo l'indicazione di s. rr); poi confluito nel GVE. AGI = <<L'agricoltura italiana. Rivista di agraria, veterinaria e scienze ap­ plicate>>, Pisa, I= 1874. AGL = <<L'agricoltura meridionale>>, Portici, I= 1878; poi AGA. AGM = <<Agricoltura moderna. Agricoltura e bestiame>>, Milano, I= 1897 (già AB). AGP = <<L'agricoltura pratica. Giornale del Comizio agrario del circondario di Firenze>>, Firenze, I= 1882. AL= <<Almanacco agrario>>, Milano, I= 1868. ALM= <<Almanacco degli agrofili italiani>>, Bologna, I= 1868. AM = <<L'amico del contadino. Manuale ad uso degli agricoltori>>, Milano, I= 1850. AMI = <<L'amico del contadino. Organo della Società di m.s. contro i dan­ ni della grandine... Giornale di agricoltura pratica>>, Milano, I= 1860 (già MS); poi AN. AN= <<Annali d'agricoltura>>, Milano, I= 1861. ANM = <<Annali del Ministero di agricoltura, industria e commercio>>, par­ te I [agricoltura], vari luoghi, I= 1870 (già ANNA). ANN = <<Annali di agricoltura>>, a cura del Ministero di agricoltura, indu­ stria e commercio, vari luoghi, I= 1878 (già ANM ). ANNA = <<Annali di agricoltura, industria e commercio>>, a cura del Mini­ stero di agricoltura, industria e commercio, Torino, I= 1862; poi ANM. ANNB = <<Annali della Società agraria provinciale di Bologna, in conti­ nuazione delle Memorie della società medesima>>, Bologna, I= 1860-61 (XI delle <<Memorie>>) (già MEB). ANNS = <<Annali della Società dei zootecnici italiani>>, Milano, I= 1882. ANNU= <<Annali universali di medicina>>, Milano, I= 1817. ANR = <<Annuario agrario>>, a cura della R. Accademia dei Georgofili, Fi­ renze, I= 1858. ANU = <<Annuario biografico universale. Raccolta delle biografie dei più illustri contemporanei>>, Torino, I= 1884. ANUA = <<Annuario della R. Scuola superiore d'agricoltura in Portici>>, A= . 562 SIGLE SIGLE Portici, I=1878, con sequenza non continuativa delle annate; poi <<An­ nali della R. Scuola superiore di agricoltura in Portici>>, Portici, s. II, r = ATTSN = 1899. ATTSPS = <<Annuario dei consorzi agrari italiani>>, a cura della Federazione italiana dei consorzi agrari>>, Piacenza, r = 1899. ANUI = <<Annuario della Istituzione agraria dott. Andrea Ponti. R. Scuola superiore d'agricoltura in Milano>>, Milano, I=1892-94. ANUM = <<Annuario della R. Stazione di patologia vegetale di Roma>>, I=1901; poi SR. ANUP = «Annuario della R. Università di Pisa>>, Pisa, Ie:c1890-9r. ANUS = <<Annuario scientifico ed industriale>>, Milano, I= 1863. AP = <<L'ape delle cognizioni utili. Scelta delle migliori notizie, invenzio­ ni, cognizioni e scoperte>>, Capolago, I=1833. ARF = <<Archiv fiir Experimentelle Pathologie und Pharmakologie >>, Leip­ zig, I=1873. ·ARIB = <<Archives italiennes de biologie. Revue, résumés, reproductioIQ.s des travaux scientifiques italiens>>, Torino, I=1882. ARN = <<Archivio della veterinaria d'Italia>>, Napoli, I=1868 (già <<Giornale delle razze degli animali utili e di medicina veterinaria►>). ARP = <<Archivio di psichiatria, antropologia criminale e scienze penali>>, Torino-Milano, r == 1 880. ASIA = <<Assemblée generale de l'lnstitut international d'agriculture. Pro­ cès verbaux>>, Roma, r e session =1908. ASM = <<Associazione meteorologica italiana. Bollettino mensuale dell'Os­ servatorio centrale del R. Collegio Carlo Alberto in Moncalieri>>, Tori­ no, s. II, I= 1880-81. ATI = <<Atti del R. Istituto d'incoraggiamento alle scienze naturali, econo­ miche e tecnologiche di Napoli>>, Napoli, r =181 I. ATS = <<Atti delle adunanze dell'I.R. [dal 1866-67, R.] Istituto veneto di scienze, lettere ed arti>>, poi <<Atti del R. 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GAIT = <(Giornale agrario italiano>>, dal 1874 <(Giornale agrario italiano in­ dustriale e commerciale...>>; col 1881 iniziò una nuova serie e la testata tornò a denominarsi <(Giornale agrario italiano>>, Forlì, I= 1867. GAT = <(Giornale agrario toscano>>, a· cura della R. Accademia 1 dei Geor­ gofili, Firenze, I=1827 (dal 1848 al 1853 edito come BUF). GB = <(Giornale botanico italiano>>, Firenze, I= 1844; dal 1 869 <<Nuovo giornale bbtanico italiano>>, a cura della Società botanica italiana. GDE = <(Giornale degli economisti. Organo dell'Associazione per il pro­ gresso degli studi economici>>, poi ((... Rivista degli interessi italiani>>, Padova-Bologna-Roma, I=1875. GDG = <<Giornale dell'Associazione agraria della provincia di Grosseto>>, Firenze, I=1848 (suppi. al GAT). GDS = <(Giornale dell'Associazione agraria subalpina>>, Torino, I=1850. GE = <(Giornale della Società di letture e conversazioni scientifiche di Ge­ nova>>, Genova, I= 1877. 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