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La Commedia nel Sei e Settecento

2023, La ricezione della Commedia dai manoscritti ai media, Roma, Bardi, 2003 (Atti dei Convegni Lincei, 351)

Appare oggi riduttivo parlare del Seicento come di un “secolo senza Dante” o del Settecento come del secolo semplicemente caratterizzato da un “assalto a Dante”, per quanto queste valutazioni abbiano senza meno alcuni aspetti di innegabile pertinenza. La tradizione editoriale e critica della Commedia nel Seicento e nel Settecento configura uno scenario irriducibile ad una semplice oscillazione di opposizioni dialettiche tra reazionari e progressisti, marinisti e classicisti, letterati puri e filosofi, illuministi e arcadici. Il deciframento della tradizione contribuisce a identificare le linee guida trasversali che caratterizzano riconfigurazioni variabili di argomenti anche ripetitivi, all’interno di un sistema concettuale che coniuga la letteratura con la Storia, con la conoscenza dei fatti naturali, con l’attualità politica, o può invece isolarla come fatto a sé stante, in considerazione di una sua parnasiana purezza.

ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI ATTI DEI CONVEGNI LINCEI 351 Convegno internazionale LA RICEZIONE DELLA COMMEDIA DAI MANOSCRITTI AI MEDIA (Roma, 23-25 marzo 2022) ROMA 2023 BARDI EDIZIONI EDITORE COMMERCIALE © by Accademia Nazionale dei Lincei Si ringrazia la «Associazione Amici della Accademia dei Lincei» per la collaborazione offerta alla edizione del presente volume ISSN: 0391-805X ISBN: 978-88-218-1238-5 FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI MAGGIO 2023 Antica Tipografia dal 1876 srl – Corso del Rinascimento 24, 00186 Roma Azienda con Sistema Qualità certificato ISO 9001 - ISO 14001 - ISO 45001 INDICE Programma .................................................................................. Pag. 5 R. Antonelli − Quale Dante? .................................................... » 11 G. Inglese − Prima fortuna della Commedia ............................. » 23 S. Bertelli − La tradizione manoscritta: la Commedia entro l’antica vulgata......................................................................... » 37 M. Cursi − La tradizione manoscritta: la Commedia da Boccaccio all’affermazione della stampa ...................................... » 59 G.M. Gianola − Albertino Mussato lettore della Commedia?... » 91 A. Mazzucchi – La Commedia nella storia: i commenti manoscritti ........................................................................................ » 115 P. Mastandrea − Memoria di Dante presso i contemporanei ... » 137 L. Azzetta − Ridestare le Muse sopite. Boccaccio lettore della Commedia ................................................................................ » 151 G. Petrella − La tradizione a stampa della Commedia tra XV e XVI secolo ............................................................................ » 177 P. Procaccioli − Il Dante terzo incomodo nel secolo del petrarchismo ................................................................................ » 209 A.P. Fuksas − La Commedia nel Sei e Settecento ...................... » 223 P. Italia − La “funzione Dante” nell’Ottocento: Foscolo, Leopardi, Manzoni ......................................................................... » 237 G.L. Beccaria − Dante e la poesia del Novecento..................... » 253 A. Dolfi − Da Petrarca a Dante: costanza e mutamento di un paradigma tra prima e quarta generazione .............................. » 267 L. Battaglia Ricci − Illustrare, visualizzare, istoriare “il Dante”. Per una prima classificazione delle soluzioni iconografiche censite (secc. XIV-XVIII) ................................................. » 281 C. Cieri Via − Botticelli e il linguaggio poetico in immagine della Commedia ....................................................................... » 313 4 S. De Santis − La ricezione della Commedia nell’iconografia inglese fra Sette e Ottocento ................................................... Pag. 333 M. Fagiolo − La Visione della Luce negli illustratori dell’Ottocento ......................................................................................... » 345 C. Zambianchi – Sulle orme di Dante. Alcune visioni moderne dell’Inferno, da Auguste Rodin a Robert Rauschenberg ........ » 365 G. Pestelli − Dante e la musica ................................................. » 383 R. Sacchettini – Dante in scena tra radio e tv .......................... » 395 S. Brancato − La Commedia nel fumetto ................................. » 415 G. Frezza – Dante e il cinema. Quadro sintetico di rapporti creativi e produttivi .................................................................. » 425 P. Boitani − «Nutrice, poetando»: Dante nella poesia inglese e irlandese ................................................................................... » 431 B. Papasogli − Dante in Francia tra XX e XXI secolo ............. » 457 R. Arqués – Note su Dante nel Romanticismo spagnolo-catalano: Manuel Milà i Fontanals e dintorni .................................. » 473 M. Cacciari – Brevi note sul Dante di Germania ...................... » 495 M. Mocan − Dante in Romania: appunti sulla traduzione della Commedia ................................................................................ » 505 L. Marinelli − Su Dante nella cultura polacca ......................... » 517 Th. J. Cachey Jr. − Dante in America (Stati Uniti) .................... » 545 S. Mo Cheng − Guerra, pace e poesia: una curiosa storia dell’introduzione della Divina Commedia in Cina ............................. » 561 M.T. Orsi − Il cammino della Commedia in Giappone tra letteratura di nicchia e mondo dei Manga...................................... » 583 R. Tottoli − Dante, l’Islam e il mondo arabo: andata a ritorno .. » 601 M. Lucchesi – Dante in Brasile .................................................. » 619 G. Milanetti − Dante in India ................................................... » 633 N. Bottiglieri − Dante nei paesi americani di lingua spagnola.. » 645 J. Wilkinson − Dante in Africa: abissi infernali, purgatori perenni, barlumi di paradiso ........................................................ » 675 5 CONVEGNO INTERNAZIONALE La ricezione della Commedia dai manoscritti ai media Roma, 23-25 marzo 2022 Sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Con il patrocinio del Comitato Nazionale per la celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri Comitato Ordinatore del “Trittico dell’ingegno italiano”: Giorgio Parisi, Roberto Antonelli, Alberto Quadrio Curzio, Lamberto Maffei, Maurizio Brunori, Paolo Galluzzi, Stefano Lucchini, Carlo Ossola, Antonio Paolucci, Paolo Podio Guidugli. Comitato Ordinatore del convegno: Roberto Antonelli, Gian Luigi Beccaria, Lina Bolzoni, Anna Dolfi, Luca Serianni. Comitato Scientifico: R. Antonelli (Coord.), G. L. Beccaria, V. Bertolucci, P. Boitani, L. Bolzoni, F. Bruni, M. Cacciari, C. Delcorno, A. Dolfi, M. Fagiolo, L. Formisano, E. Malato, M. L. Meneghetti, M. Miglio, C. Ossola, E. Pasquini †, M. Pastore Stocchi †, G. Sasso, L. Serianni †, A. Stussi, M. Vitale †. Mercoledì 23 marzo 9.20-9.30 Saluto della Presidenza dell’Accademia dei Lincei 6 La Commedia 9.30-10.10 Introduzione: Roberto Antonelli, Quale Dante? La prima ricezione Presiede: Luca Serianni 10.10-10.30 Giorgio Inglese (Sapienza Università di Roma), Prima fortuna della Commedia 10.30-10.50 Sandro Bertelli (Università di Ferrara) La tradizione manoscritta: la Commedia entro l’antica vulgata 10.50-11.20 Intervallo 11.20-11.40 Marco Cursi (Linceo, Università di Napoli), La tradizione manoscritta: la Commedia da Boccaccio all’affermazione della stampa 11.40-12.00 Giovanna Maria Gianola (Università di Padova), Albertino Mussato lettore della Commedia? 12.00-12.20 Andrea Mazzucchi (Università di Napoli), I commenti prima della stampa 12.20-12.40 Paolo Mastandrea, (Università Ca’ Foscari – Venezia), Memoria di Dante presso i contemporanei La Commedia nella storia Presiede: Maria Luisa Meneghetti 15.00-15.20 Luca Azzetta (Università di Firenze), Ridestare le Muse sopite: Boccaccio lettore della Commedia 15.20-15.40 Giancarlo Petrella (Università di Napoli), La tradizione a stampa della Commedia tra XV e XVI secolo 15.40-16.00 Paolo Procaccioli (Università della Tuscia), Il Dante terzo incomodo nel secolo del petrarchismo 16.00-16.20 Anatole Pierre Fuksas (Università di Cassino), La Commedia nel Sei e Settecento 16.20-16.50 Intervallo 16.50-17.10 Paola Italia, (Università di Bologna), La “funzione Dante” nell’Ottocento 7 17.10-17.30 Gian Luigi Beccaria (Linceo, Università di Torino), Dante e la poesia del Novecento 17.30-17.50 Anna Dolfi (Lincea, Università di Firenze), Da Petrarca a Dante. Costanza e mutamento di un paradigma tra I e IV generazione Discussione Giovedì 24 marzo La Commedia e le arti figurative Presiede: Lina Bolzoni 9.00-9.20 Lucia Battaglia Ricci (Università di Pisa) Illustrare, visualizzare, istoriare il Dante. Per una prima classificazione delle soluzioni iconografiche censite (secc. XIV-XVIII). 9.20-9.40 Claudia Cieri Via (Sapienza Università di Roma), Botticelli e il linguaggio poetico in immagine della Commedia 9.40-10.00 Silvia De Santis (Sapienza Università di Roma) Dante nell’iconografia inglese fra Sette e Ottocento 10.00-10.20 Marcello Fagiolo (Linceo, Sapienza Università di Roma), La Visione della Luce negli illustratori dell’Ottocento e in alcuni riflessi novecenteschi 10.20-10.40 Claudio Zambianchi (Sapienza Università di Roma), Dante e l’arte del Novecento 11.00-12.00 Conferenza Stampa e preview della Mostra Dante, la musica e i media Presiede: Anna Dolfi 12.20-12.40 Giorgio Pestelli (Linceo, Università di Torino), Dante e la musica 12.40-13.00 Rodolfo Sacchettini (Università di Firenze), Fra teatro, radio e tv 13.00-13.20 Sergio Brancato (Università di Napoli), La Commedia nel fumetto 13.20-13.40 Luigi Frezza Università di Salerno), La Commedia al cinema e nei video 8 L’Europa e Dante Presiede: Luciano Formisano 15.30-15.50 Piero Boitani (Linceo, Sapienza Università di Roma) “nutrice, poetando” Dante nella poesia inglese e irlandese 15.50-16.10 Benedetta Papàsogli, (Lincea, Libera Università Maria Santissima Assunta) Dante in Francia tra XX e XXI secolo 16.10-16.30 Rossend Arqués (Universitad Autònoma de Barcelona), La Spagna e Dante 16.30-16.50 Massimo Cacciari (Linceo, Università San Raffaele di Milano), Dante in Germania 16.50-17.10 Mario Capaldo (Linceo, Sapienza Università di Roma), Dantismi sotto “traccia” in Russia tra Otto e Novecento 17.10-17.30 Intervallo 17.30-17.50 Mira Mocan (Università di Roma Tre), Dante in Romania 17.50-18.10 Luigi Marinelli (Sapienza Università di Roma), Su Dante nella cultura polacca Discussione Venerdì 25 marzo Il mondo e Dante Presiede: Piero Boitani 9.30-09.50 Theodore J. Cachey Jr. (University of Notre Dame), Dante in America 9.50-10.10 Silvano Mo Cheng, (Tongji University), La Cina e Dante 10.10-10.30 Maria Teresa Orsi (Lincea, Sapienza Università di Roma), Il cammino della Commedia in Giappone: tra letteratura di nicchia e mondo dei Manga 10.30-10.50 Roberto Tottoli (Linceo, Università di Napoli l’Orientale) Dante, l’Islam e il mondo arabo: andata a ritorno 10.50-11.10 Intervallo 11.10-11.30 Marco Lucchesi, (Accademia Brasiliana delle Lettere) Incroci danteschi nella poesia portoghese e brasiliana 9 11.30-11.50 Giorgio Milanetti (Sapienza Università di Roma), Dante in India 11.50-12.10 Nicola Bottiglieri, (Università di Cassino), Dante e l’America di lingua spagnola 12.10-12.30 Jane Wilkinson, (Università di Napoli l’Orientale), Barlumi di paradiso: Dante in Africa tra arte visiva e scrittura 12.30-13.00 Conclusione 15.50 Preview della Mostra per relatori Convegno 18.30 Inaugurazione della Mostra con il Partenariato ROMA – PALAZZO CORSINI – VIA DELLA LUNGARA, 10 Segreteria del convegno: [email protected] www.lincei.it Anatole Pierre Fuksas (*) LA COMMEDIA NEL SEI E SETTECENTO L’inquietante congiuntura storico-culturale nella quale ci troviamo immersi ha reso drammaticamente attuali le riflessioni concernenti il senso di ciò che andiamo ancora oggi cercando nella tradizione letteraria rispetto a ciò che si cercava nel passato. In particolare le varie declinazioni letterarie della cosiddetta cancel culture, e non soltanto quelle operative nel contesto della propagandistica bellica, suggeriscono che un confronto tra le modalità odierne del dibattito culturale sui classici letterari e quelle in voga ad esempio nel Seicento e nel Settecento possa tutto sommato dimostrarsi opportuno. Ecco che allora, forse sorprendentemente, anche il commento ai canti dell’Inferno di Alfonso Gioia o l’edizione Antonio Zatta della Commedia dimostrano di avere qualcosa di significativo da dire a questo drammatico presente. Solo qualche mese fa vedendo questi libri esposti in una teca avremmo magari percepito una forma di disagio a fronte di una monumentalizzazione nostalgica dei tempi in cui gli intellettuali si scontravano gli uni contro gli altri in base all’adesione o al rifiuto dei parametri più o meno modellizzati di un’opera. Oggi viene invece da riflettere sul fatto che l’innesco di una reazione dialettica tra contemporaneità e tradizione letteraria non si produce in maniera spontanea o automatica, poiché, come diceva Jacqueline Risset nel 1973, «le ideologie non giuocano da sole» (1). Proprio in questo senso un ragionamento sulle annotazioni dantesche di Tassoni e le osservazioni sulla Commedia di Campanella, di Gravina o di Vico, e ancora le Epistole Virgiliane di Saverio Bettinelli può offrire spunti di riflessione sul modo in cui ancora oggi ci si confronta con questioni di carattere identitario e culturale attraverso la storia della letteratura. Si potrà anticipare in chiave introduttiva che appare oggi riduttivo parlare del Seicento come di un “secolo senza Dante” o del Settecento come del se(*) (1) Università di Cassino. J. Risset, L’invenzione e il modello, Roma 1973, p. 183. 224 ANATOLE PIERRE FUKSAS colo semplicemente caratterizzato da un “assalto a Dante”, per quanto queste valutazioni abbiano senza meno alcuni aspetti di innegabile pertinenza (2). Recenti studi relativi alla tradizione editoriale e critica della Commedia nell’epoca compresa tra l’inizio del secolo XVII e la fine del XVIII hanno messo in condizione di progredire nelle conoscenze in maniera sostanziale, contestualizzando la diffusione dell’opera dantesca e la sua visione da parte degli autori di maggior impatto in un ampio e problematico panorama letterario e culturale (3). Questa modesta rassegna, sintetica, parziale e approssimativamente cronologica, ambisce più che altro a delineare una panoramica quanto più possibile articolata e dialettica sulla base delle osservazioni offerte da chi ha affrontato la questione in maniera più competente, analitica e accurata. In generale, l’accoglienza della Commedia nel corso del secolo XVII denota noti aspetti di problematicità, tra i quali certamente figurano i perduranti pregiudizi cinquecenteschi su lingua e stile, centrati sull’oscurità e la ruvidezza del linguaggio e sul discostamento dai parametri della poetica aristotelica. Ad essi si aggiungono questioni di carattere dottrinale, collegate al clima politico e culturale determinato dalla riforma protestante: il De Monarchia finisce all’indice e alcuni passi della Commedia sono apertamente censurati. Intervengono inoltre le critiche dei sostenitori della nuova poetica barocca, basate su una concezione edonistica dell’arte e sulla preferenza per gli autori moderni rispetto a quelli antichi (4). Passando alla sostanza dei fatti, bisognerà innanzitutto osservare che la presenza testuale della Commedia nel secolo XVII si rinnova soltanto in considerazione di un numero ridottissimo di edizioni, segnatamente tre, tutte antecedenti al 1630 (5). Le prime due, quella vicentina di Francesco Leni del 1613 (la prima edizione intitolata La Visione) e quella padovana di Donato Pasquardi & L. Firpo, Dante e Tommaso Campanella, «L’Alighieri» 10 (1969), pp. 41-46 ha parlato del XVII come di un secolo “senza Dante”, mentre l’idea de “l’assalto a Dante” nel XVIII intitola un capitolo di C. Calcaterra, Il Parnaso in rivolta. Barocco e antiebraico nella poesia italiana, Milano 1940 (poi Bologna 1961). (3) Un quadro sintetico d’insieme è stato offerto da A. Battistini, Dante in giudizio: requisitorie e apologie, introduzione a B. Capaci (a cura di), Dante oscuro e barbaro. Commenti e dispute (secoli XVII e XVIII), Roma 2008, pp. 11-31, nel quale si trovano antologizzate e commentate le varie opere alle quali qui si fa riferimento. Gli altri lavori critici di rilievo sono menzionati a proposito delle riflessioni rispetto alle quali si dimostrano pertinenti. (4) Tra i tanti lavori dedicati all’argomento si faccia riferimento in prima istanza a quelli di U. Limentani, La fortuna di Dante nel Seicento, «Studi secenteschi» 5 (1964), pp. 3-49; G. Tavani, Dante nel Seicento. Saggi su A. Guarini, N. Villani, L. Magalotti, Firenze 1976; G. Distaso, Dante nella cultura d’età barocca, in D. Cofano, M.I. Giabacki, R. Palmieri, M. Ricci (a cura di), Dante nei secoli. Momenti ed esempi di ricezione, Foggia 2006, pp. 87-113 e M. Arnaudo, Dante barocco. L’influenza della Divina Commedia su letteratura e cultura del Seicento, Ravenna 2013. (5) T. Nocita e C. Perna, Censimento dei commenti danteschi, III. Le Lecturae Dantis e le edizioni delle opere di Dante dal 1472 al 2000, Roma 2012, p. 374. (2) LA COMMEDIA NEL SEI E SETTECENTO 225 Compagno del 1629, sono piuttosto simili, anche in considerazione del fatto che la seconda è modellata sulla prima (6). Il paratesto è scarno e i brevi “argomenti”, i riassunti di ogni canto, posti in coda al volume, sono prelevati direttamente dall’edizione curata da Lodovico Dolce nel 1555, alla quale fa anche capo l’edizione veneziana di Nicolò Misserini, stampata nel 1629 (7). La scarsa quantità di ristampe della Commedia può certamente dipendere dalla facilità di accesso al testo grazie alle edizioni cinquecentesche. Alessandro Tassoni consulta e annota le sue Postille su una copia dell’edizione aldina, la più recente edizione della Crusca rappresenta il testo di riferimento del commento ai primi canti dell’Inferno di Lorenzo Magalotti, mentre Alfonso Gioia fa direttamente riferimento a un codice manoscritto, il cosiddetto “Dante Estense” (Modena, Biblioteca Estense Universitaria, MS Ital. 474) (8). Certo si dovrà anche osservare che i letterati seicenteschi non paiono aver sentito l’esigenza di dotarsi di una edizione di riferimento intesa a situare l’opera all’interno della mutata situazione culturale, proiettandola nella contemporaneità in senso attualizzante. Bisogna naturalmente ricordare che Dante figura tra gli autori di maggior rilievo tra quelli considerati nel corso dell’elaborazione del primo Vocabolario degli Accademici della Crusca, nel quale figurano tutti i vocaboli della sua opera. Nei primissimi anni del secolo vedono anche la luce i primi due rimari della Commedia, quello napoletano del 1602 e quello fiorentino del 1604 in tre volumi in 4° a cura di Giovanni Miniati (9). L’attenzione all’opera di Dante nello scorcio iniziale del secolo trova conferma nella proposta critica che Alessandro Guarini offre nel Farnetico Savio, stampato a Ferrara nel 1610 (10). Guarini inscena un dialogo tra Torquato Tasso e il poeta perugino Cesare Caporali, sostenendo l’infondatezza delle accuse mosse a Dante. AffidanLa Visione. Poema di D. A., Vicenza, Francesco Leni, 1613, 608 pp. e La Visione. Poema di D. A., Padova, Donato Pasquardi & Compagno, 1629, 608 pp. Per una disamina più analitica si rimanda al recente F. Samarini, La Commedia di Dante nell’editoria del Seicento, «Italian Studies» 73, 3 (2018), pp. 240-256, che nota opportunamente come (p. 5) nell’intitolazione La Visione, «pare evidente l’intenzione di indicare, fin dal frontespizio, la natura irreale dei fatti narrati, spostando in una dimensione esclusivamente mentale tutti i contenuti problematici del poema, a partire dalla presenza fisica dell’autore nell’Aldilà, privilegio che la tradizione non concedeva neppure a San Paolo, fino ai violenti attacchi contro la degenerazione della Chiesa e dei suoi pastori, alcuni dei quali relegati tra i tormenti dell’Inferno». (7) La Divina Comedia di Dante, con gli Argomenti, & Allegorie per ogni Canto, Venezia, Nicolò Misserini, 1629. (8) Samarini, La Commedia di Dante nell’editoria del Seicento, cit., p. 16. (9) Rimario di tutte le disinenze della Comedia di Dante Alighieri, Napoli, Giovan Giacomo Carlino, 1602 e Rimario di tutte le desinenze della Commedia del divin poeta Dante Aligieri fiorentino, Firenze, Cristofano Mariscotti, 1604. Per indicazioni di dettaglio vedi ancora Samarini, La Commedia di Dante nell’editoria del Seicento, cit., pp. 12-13. (10) Il farnetico savio overo il Tasso. Dialogo del Sig. Alessandro Guarini, Ferrara, Vittorio Baldini, 1610. (6) 226 ANATOLE PIERRE FUKSAS do la difesa dell’antico Dante alle parole del moderno Tasso, Guarini offre una gran quantità di argomentazioni volte alla riabilitazione della sua arte, paragonata a quella di un pittore che esprime concetti profondi e nobili con grande stile, anche sottraendosi alle regole costrittive della poetica aristotelica e ricorrendo ad asprezze e dissonanze al fine di meglio rappresentare il suo soggetto. Tra le varie osservazioni di interesse storico letterario formulate da Guarini si può osservare come, prendendo ad esempio il Canto V della Commedia, egli faccia dire al suo Tasso che proprio a Dante si deve l’ingentilimento, dunque la nobilitazione della lingua toscana, a seguito della quale Petrarca e Boccaccio hanno potuto elaborare i loro capolavori. Di segno marcatamente e apertamente celebrativo è il giudizio di Tommaso Campanella, che inserisce Dante nel novero degli autori profetici, dotati del coraggio di mettere la scrittura, ma anche la vita intera, al servizio delle idee, tenendosi a distanza dall’idea pagana di una letteratura che abbia il solo fine di dilettare (11). Considerato che la commedia è il genere inteso all’ammaestramento delle persone comuni, «Dante fa una commedia la quale insegna popolarmente, secondo la credenza cattolica, a vivere, e di mestezza finisce in allegrezza e ammaestra il mondo in ogni cosa» (12). In linea con questa impostazione Campanella sottolinea la grande portata innovativa della Commedia in campo lessicale, la stringente aderenza delle scelte stilistiche alle circostanze descritte, ma anche la grande capacità creativa, grazie alla quale Dante ha arricchito in maniera significativa il lessico italiano. Approcci ampiamente critici alla Commedia affiorano prevedibilmente nel campo dei sostenitori del partito dei “Moderni”, al quale Alessandro Tassoni aderisce in maniera inequivoca nel Quesito xv incluso nel libro IX della sua raccolta De’ Pensieri Diversi (13). Nelle Postille scelte alla Divina Commedia, redatte nel 1622, ma rimaste inedite fino al 1826, Tassoni offre una serie di valutazioni inerenti al testo della Commedia volte ad evidenziare problemi di versificazione, inaccuratezze, passaggi poco aderenti alla La versione in volgare dell’opera risale in realtà alla fine del secolo XVI (1696), dunque alla produzione giovanile di Campanella, e lo stesso dicasi anche del Giudizio Sopra Dante, Tasso e Petrarca. Come notava L. Firpo, Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella. Pubblicazione promossa dalla R. Accademia delle scienze di Torino nel III centenario della morte di T. Campanella, Torino 1940, pp. 130-131,«questa Poetica, verso il 1612-13, fu largamente rifusa in latino a costituire la IV parte della Philosophia rationalis, ma, prima del rifacimento suddetto, è citata in varie lettere». (12) T. Campanella, Poetica italiana, in L. Bolzoni (a cura di), Opere letterarie di T. Campanella, Torino 1977, p. 362. (13) A. Tassoni, De’ pensieri Diversi, Venezia, Barezzi, 1646, pp. 344-351, dove il modenese offre un’analitica comparazione dello stile del moderno Francesco Guicciardini con quello dell’antico Giovanni Villani, sottolineando la dipendenza del lessico trecentesco da quello latino francese e provenzale, argomento da lui anche adoprato (non sempre in maniera accurata) nelle Considerazioni sopra le Rime del Petrarca. (11) LA COMMEDIA NEL SEI E SETTECENTO 227 realtà storica dei fatti, a cominciare dalla pretesa di Dante di aver sviluppato il proprio stile sul modello di quello virgiliano (14). Accanto alle osservazioni censorie si registra comunque la presenza di notazioni intese a celebrare alcune delle sublimi intuizioni poetiche di Dante, ad esempio nel commento alla descrizione dell’incontro con Piccarda Donati nel III del Paradiso. Critiche puntuali alla Commedia provengono anche dal partito degli “Antichi”, in particolare da Nicola Villani, che propone una significativa digressione proprio relativa alla Commedia nell’ambito delle sue Considerazioni di Messer Fagiano del 1631 (15). Muovendo da un proposito intenzionalmente ed espressamente anti-marinista, Villani presenta Dante come un antico maestro e offre una serie di notazioni critiche che spaziano in maniera asistematica attraverso le tre cantiche, celebrando vari aspetti della poetica dantesca, ma mostrandone anche i limiti. Secondo Villani la Commedia rimane un’opera metamorfica, caratterizzata da concettosa oscurità di matrice filosofica, mescolanza di sacro e profano, presenza di errori storici e geografici e incongruenze interne, costante oscillazione tra letterale e figurato, confusione di registri e impiego di lessico di livello infimo, dunque tutt’altro che meravigliosa e divina come pretendono i suoi idolatri. I due tentativi più analitici di interpretazione testuale della Commedia sono rappresentati dal commento di Alfonso Gioia, conservato nei mss. Ital. 501-503 della Biblioteca Estense, che si arresta al canto XXV dell’Inferno, e da quello ai cinque canti iniziali della prima cantica realizzato da Lorenzo Magalotti tra il 1665 e il 1666, andato a stampa solo nel 1819. L’interpretazione prevalentemente letterale del testo fornita da Gioia si dimostra attenta all’intertestualità con le altre opere dantesche e introduce riferimenti all’opera di Petrarca, come anche a quelle di Ariosto e Tasso; Quella di Magalotti ha un taglio scientifico e mette in luce aspetti descrittivi di carattere naturalistico inerenti a circostanze atmosferiche, eventi percettivi di tipo visivo o acustico e altri aspetti della fisiologia umana, anche concernenti le affezioni dell’animo e le passioni (16). I due Per una recente disamina analitica delle postille tassoniane si veda L. Ferraro, Un esempio di metodo critico in Tassoni: la lettura di Dante nel postillato alle «Terze rime» e nei «Pensieri», «Rivista di Studi Danteschi» 1 (2019), pp. 77-147 e cf. P.B. Diffley, Tassoni’s linguistic writings, «Studi secenteschi» 23 (1992), pp. 68-89. Sull’argomento si veda anche il classico G. Rossi, Lo studio di Dante in Alessandro Tassoni, in Id., Studi e ricerche tassoniane, Bologna 1904, pp. 367-407. (15) Vedi N. Villani, Osservazioni alla Divina Commedia, Città di Castello 1894, che estrapola le notazioni dantesche contenute nelle Considerazioni di Messer Fagiano sopra la seconda Parte dell’Occhiale del Cavaliere Stigliano contro all’Adone del Cavalier Marino, Venezia, Giampietro Pinelli, 1631, pp. 155-230. (16) L. Magalotti, Commento sui primi cinque canti dell’Inferno di Dante, Milano, Regia Stamperia, 1819 e vedi le schede relative ad Alfonso Gioia e Lorenzo Magalotti di V. Pietra, in E. Malato e A. Mazzucchi (a cura di), Censimento dei Commenti danteschi. 2. I commenti di tradizione a stampa (dal 1477 al 2000) e altri di tradizione manoscritta posteriori al 1480, Roma 2014, pp. 87-99. (14) 228 ANATOLE PIERRE FUKSAS lavori critici denotano tentativi molto differenti di valorizzazione del testo della Commedia e consentono di osservare come nel corso del XVII secolo l’opera dantesca sia stata oggetto di un apprezzamento basato su indagini non necessariamente pedisseque. Queste riflessioni relative ai principali segni della presenza di Dante nel Seicento suggeriscono di concludere che parlare del XVII come di un secolo senza Dante è verosimilmente iperbolico. Le testimonianze sulle quali è possibile basare una valutazione generale delineano certamente gli estremi di un panorama critico piuttosto circoscritto, ma sicuramente innovativo e autorevole, vivace e comunque dinamico. Certamente più ampio e articolato si presenta lo scenario nel quale la Commedia viene riletta, interpretata e ripensata nel Settecento, epoca nella quale, come osservava Carlo Dionisotti, Dante e la sua opera incarnano l’idea che la letteratura rappresenti una forma dell’impegno civile (17). Il giudizio critico formulato da Muratori nella Perfetta Poesia Italiana presenta Dante come un poeta barbaramente gotico e oscuramente scolastico. Verso la fine del capitolo settimo Muratori parla espressamente del «Difetto di Dante», che consiste ne «l’aver trattato molte cose Filosofiche, e dottrinali in versi con termini Scolastici, e barbari, con sensi oscuri, e per modo di disputa, come s’egli fusse stato in una Scuola di qualche Peripatetico, e non tra le amenità di Parnaso» (18). Il principio di indipendenza dell’arte poetica dalla filosofia e il pregiudizio progressista, in considerazione del quale lingua e letteratura sono andate migliorando attraverso le epoche, non impediscono a Muratori di citare variamente Dante attraverso tutta la sua dissertazione e di rivalutarne l’importanza come poeta lirico (19). A questa prospettiva, che prosegue e sviluppa alcuni pregiudizi tradizionali, fa riscontro una linea apologetica, che trova alimento nelle osservazioni fornite da Gianvincenzo Gravina nello scritto Della ragion poetica, stampato (17) C. Dionisotti, Varia Fortuna di Dante, «Rivista Storica Italiana» 78 (1966), pp. 544583 e poi in Id., Geografia e Storia della Letteratura Italiana, Torino 1967, pp. 255-303: pp. 258-259. Per una visione d’insieme della critica dantesca nel Settecento si vedano anche A. Vallone, La critica dantesca nel Settecento, in Id., La critica dantesca nel Settecento ed altri saggi danteschi, Firenze 1961, pp. 3-64; M. Barbi, La fama di Dante nel Settecento, in Id., Problemi di critica dantesca, Seconda Serie, Firenze 1934, 1, pp. 455-472; A. Cosatti, La riscoperta di Dante da Vico al primo Risorgimento, in Mostra per il VII centenario della nascita di Dante. Catalogo (Roma, 12 dicembre 1965–15 marzo 1966), Roma 1967 e A. Battistini, Rozzo poeta o genio sublime? L’alterna fortuna di Dante nel Settecento, in G.M. Anselmi (a cura di), Da Dante a Montale, Bologna 2005, pp. 491-504. (18) L.A. Muratori, Della perfetta poesia italiana, con le annotazioni critiche di A.M. Salvini, Modena, Soliani, 1706, v. II, pp. 92-95: p. 93 in part., e vedi A. Ruschioni (a cura di), Della perfetta poesia italiana / Lodovico Antonio Muratori, Milano 1971-1972. (19) O. Masnovo, Il culto di Dante nel XVIII secolo e L.A. Muratori, «AMDSPAPM», s. 8, v. 4 (1952), pp. 211-225 rimane a tutt’oggi l’intervento che più di tutti prova a mitigare il giudizio muratoriano su Dante sulla base di una documentazione anche pertinente. LA COMMEDIA NEL SEI E SETTECENTO 229 nel 1708 (20). Gravina formula una serie di argomenti già introdotti da Campanella a proposito della congruenza tra lo stile barbaro e la realtà del tempo, enfatizzando elementi salienti della congiuntura storica e sottolineando come Dante si sia dimostrato capace di adattare la giovane lingua volgare alla varietà degli argomenti in maniera mutevole e pertinente. Gravina valorizza il comico dantesco anche oltre il piano stilistico: apprezza l’intensità dell’azione, l’interazione tra i personaggi, il movimento generale di un’opera la cui sofisticata architettura generale intreccia la fisica con la teologia, l’attualità politica con la storia, il racconto delle umane passioni dell’individuo con la loro dimensione universale, anche grazie all’impiego dell’allegoria. Come notava Dionisotti, nel corso del Settecento «il culto di Dante s’era sviluppato di pari passo con quello di Omero» (21). Il paragone, impostato proprio da Gravina nel XIII capitolo del secondo libro della sua opera, trova una sua definizione compiuta con Vico, che nella lettera a Gherardo Degli Angioli identifica nella Commedia l’equivalente medievale e cristiano dell’Iliade. Il paragone chiama in causa anche aspetti linguistici, ovvero la ricerca sintetica di una lingua poetica che accolga al suo interno la voce di tutti i popoli d’Italia, così come Omero aveva accolto nella sua quella dei vari popoli di Grecia. Nel corso degli anni Venti del secolo Vico dedica alla Commedia alcune pagine della Scienza Nuova e redige l’introduzione al commento del gesuita Pompeo Venturi, uscita solo nel 1818 col titolo di Giudizio intorno a Dante (22). Nel complesso, l’intellettuale napoletano inquadra Dante da un’angolazione storica improntata all’idea che la vera poesia non può che appartenere al passato, cioè a quell’epoca “primitiva” nella quale poesia e storia si identificano l’una con l’altra. Secondo Vico Dante è il sommo interprete dello spirito del suo tempo e il suo stile “barbaro” va inteso in considerazione delle ragioni storiche della sua arte letteraria. Questa lettura di Dante muove da un’idea della poetica che trascende il piano normativo aristotelico, in accordo col principio che ogni forma di costrutto razionale dissipa l’originaria forza della poesia. Vico valorizza piuttosto il culto delle virtù, il senso di magnanimità e la centralità di un ideale di giustizia. La superiore moralità sostanzia il sublime della poesia dantesca, ovvero il modo in cui l’opera dialoga in maniera vivace e appassionata con la ferocia dei tempi barbari in cui è concepita, dunque il suo farsi parte della Storia. (20) G.V. Gravina, Della ragion poetica libri due, Roma, Gonzaga, 1708 e vedi G.V. Gravina, Scritti critici e teorici, a cura di A. Quondam, Roma-Bari, Laterza, 1973. (21) Dionisotti, Geografia e Storia della Letteratura Italiana, cit., p. 271. (22) F. Lanza, Giambattista Vico: critico di Dante, «Lettere Italiane» 1, 4 (1949), pp. 243252 presentava i rari passaggi nei quali Vico fa riferimento a Dante registrandone l’occasionalità, ma sottolineando l’importanza che rivestono per la fondazione della critica dantesca romantica a venire. Sull’argomento vedi anche J. Nagy, L’interpretazione vichiana di Dante, «Quaderni Danteschi» 5 (2009), pp. 155-180. 230 ANATOLE PIERRE FUKSAS Il giudizio critico che Bettinelli formula nelle Lettere Virgiliane, elaborate e stampate nel corso degli anni Cinquanta del secolo, articola una censura profonda e senza appello dell’opera dantesca, saldando l’orizzonte letterario dell’Arcadia a una visione razionalista di matrice illuminista (23). Il Virgilio di Bettinelli disconosce la Commedia come opera ispirata al suo ingegno, segnalando l’infinità di fatti anacronisticamente o abusivamente associati alla sua persona, e non si capacita della ragione per la quale un poema epico possa essere intitolato come un’opera comica. Salva alcuni passi dell’Inferno, ma liquida in blocco il Purgatorio e il Paradiso, cantiche accusate di «perpetua vacuità». I principali difetti di Dante, in ordine ai quali un tribunale della classicità letteraria giudica la sua opera indegna, sarebbero la logorrea dei personaggi presentati nella Commedia, l’eccesso di dialogismo a scapito dell’azione, l’abuso dell’allegoria, il costante ricorso al grottesco, il tessuto lessicale perpetuamente “barbaro” e il ricorso a voci dialettali adatte al massimo a un poema burlesco. In sostanza, Bettinelli salva un centinaio di terzine sublimi dell’Inferno, sottolineando che proprio la qualità di pochi versi disseminati nell’immane corpo mostruoso della Commedia ha procurato l’ammirazione di imitatori inferiori, le glosse entusiastiche di inerti e pedanti e lo zelo dei lessicografi. Malgrado la sua critica assuma l’aspetto di una censura radicale, Bettinelli riconosce che Dante fu un grande uomo a dispetto della rozzezza dei suoi tempi e della sua lingua, adottando un approccio al rapporto tra biografia e Storia che potrà apparire speculare rispetto a quello di Campanella e di Vico. Le opinioni del gesuita mantovano sostanziano una significativa corrispondenza con Voltaire e influenzano gli argomenti formulati dall’illuminista francese tra il 1753 e il 1759. Farinelli contestualizzava la lettera di Voltaire a Bettinelli in un più ampio sistema di referenze, dal quale emerge una perdurante oscillazione nel pensiero dell’Illuminista francese. Al biasimo per l’aspetto barbarico e “mostruoso” della Commedia fa riscontro una forma di sostanziale ammirazione per la geniale ispirazione poetica del suo autore (24). S. Bettinelli, Illustrazioni de Dieci lettere di Publio Virgilio Marone. Scritte dagli Elisj all’Arcadia di Roma sopra gli abusi introdutti nella poesia italiana, Venezia, Modesto Fenzo, 1758. (24) Si veda l’ampio e documentatissimo capitolo su «Voltaire e il suo secolo» di A. Farinelli, Dante e la Francia, dall’età media al secolo di Voltaire, Milano 1908, v. 2, pp. 155-330 e in part. pp. 155-265, alcune argomentazioni del quale sono anche sintetizzate in Dante oscuro e barbaro, cit., v. 2, pp. 177-180. F. Piva, La (ri)scoperta di Dante in Francia tra secolo dei Lumi e primo Ottocento, «Studi Francesi» 158, 53, 2 (2009), pp. 264-277 offre una prospettiva più recente anche proiettata in avanti, verso il romanticismo e l’Ottocento, dedicando riflessioni di rilievo alle traduzioni in francese della Commedia tra XVIII e XIX secolo. (23) LA COMMEDIA NEL SEI E SETTECENTO 231 Sulla base di queste annotazioni sintetiche e certo molto parziali si potrà a questo punto osservare quanto ricco e articolato sia il contesto storico, culturale e letterario nel quale si situano le due edizioni settecentesche stampate a Venezia presso Pasquali nel 1741 e presso Zatta tra il 1757 e il 1758. Si tratta di due esempi significativi estrapolati da un panorama editoriale piuttosto ampio. Sono infatti trentasei le edizioni che vedono la luce nel Settecento, con un’accelerazione nello scorcio finale del secolo già segnalata da Dionisotti (25). L’edizione del 1741 si presenta come una summa dell’opera dantesca, che integra la ristampa della Commedia, già uscita nel 1739, con due volumi dedicati alle altre opere (26). Fa capo alla stampa lucchese del 1732, che contiene la prima versione delle chiose del già menzionato Pompeo Venturi, sostanzialmente riscritta dal confratello Giovan Battista Placidi (27). Scipione Maffei ottiene il testo del commento dal gesuita Francesco Antonio Zaccaria e fa in modo che venga ristampato a Verona da Giuseppe Berno nel 1749 (28). L’edizione del 1757-1758, dedicata all’Imperatrice di Russia, è caratterizzata da una ricchezza di materiali critici e iconografici che conferiscono all’opera un aspetto monumentale e celebrativo. Tra di essi figurano anche le riformulazioni in terzine degli argomenti a cura di Gasparo Gozzi, che proprio nel 1758 pubblica a Venezia, sempre per i tipi di Zatta, il Giudizio degli antichi poeti sopra la moderna censura di Dante. Si tratta di una delle opere critiche settecentesche più marcatamente intese a magnificare il genio di Dante e non apparirà casuale che svolga un ragionamento proprio centrato sulla necessità di rileggere l’opera in versione integrale (29). Dionisotti, Geografia e Storia della Letteratura Italiana, cit., p. 259. La Commedia di D. A. tratta da quella, che pubblicarono gli Accademici della Crusca l’Anno mdxcv, Venezia, Giambattista Pasquali, 1739 (Censimento dei commenti danteschi, III, cit., p. 375). (27) Si tratta di Dante con una breve e sufficiente dichiarazione del senso letterale diversa in più luoghi da quella degli antichi Comentatori, Lucca, Sebastiano Domenico Cappuri, 1732 (Censimento dei commenti danteschi, III, cit., p. 375). Sul commento di Venturi si vedano A. Vallone, Venturi, Pompeo, in U. Bosco (a cura di), Enciclopedia Dantesca, V, Roma 1976, p. 948; A. Marzo, Pompeo Venturi, in Malato e Mazzucchi (a cura di), Censimento dei commenti danteschi. 2., cit., pp. 103-108 e Id., Le tre edizioni del commento alla Commedia del P. Pompeo Venturi, in A. Mazzucchi (a cura di), «Per beneficio e concordia di studio». Studi danteschi offerti a Enrico Malato per i suoi ottant’anni, Padova, Bertoncello Artigrafiche, 2015, pp. 529-541. (28) La Divina Commedia di Dante Alighieri con una breve, e sufficiente dichiarazione del senso letterale diversa in più luoghi di quella degli antichi Comentatori, Verona, Giuseppe Berno, 1749 e cf. Nocita e Perna (a cura di), Censimento dei commenti danteschi, III, cit., p. 375. (29) Giudizio degli antichi poeti sopra la moderna censura di Dante, attribuita ingiustamente a Virgilio; con li principi del buon gusto; ovvero Saggio di Critica. Poema inglese del sig. Pope, ora per la prima volta fatto italiano da Gasparo Gozzi, Venezia, Zatta, 1758 e vedi G. Gozzi, Difesa di Dante, a cura di M.G. Pensa, introduzione di G. Petrocchi, Venezia, Marsilio, 1990. (25) (26) 232 ANATOLE PIERRE FUKSAS Appoggiandosi all’autorità di Doni e di Trifone Gabriello, ovvero attribuendo loro la gran parte dei suoi argomenti, Gozzi mette da parte le censure bembiane, etichettando le critiche dello stile rozzo e barbaro come eccessi del petrarchismo e delle infatuazioni arcaiche per lo stile alto. Il critico veneziano presenta Dante come autore amato dal popolo, anche in considerazione della sua arte comica, che si fa satira della società e del proprio tempo, mettendo al centro della sua opera un argomento di rilievo nazionale. Attribuendo alcuni dei suoi argomenti anche a Virgilio, Gozzi restituisce a Dante il posto che gli spetta nel pantheon dei classici, dal quale una congiura di Arcadici, capeggiata da Bettinelli, l’aveva indebitamente rimosso (30). Nella sua opera Gasparo Gozzi affida il compito di informare Dante nell’aldilà del fatto che Bettinelli ha pubblicato le velenosissime Lettere Virgiliane a Filippo Rosa Morando, appena passato a miglior vita. Il giovanissimo frequentatore del salotto di Maffei muore nel 1757 a soli 25 anni, dopo aver redatto quand’era ancora diciannovenne una serie di Osservazioni dantesche che fanno riscontro al summenzionato commento di Pompeo Venturi (31). L’intreccio tra la pratica editoriale della Commedia in area veneta e la critica dantesca “militante” si fa ancor più fitto se si considera che le Osservazioni di Rosa Morando si trovano poi rifuse nell’apparato critico dell’edizione Zatta del 1760 (32). A questo proposito sarà anche il caso di tener presente che le annotazioni di Giuseppe Torelli, allievo prediletto di Scipione Maffei, saranno pubblicate nell’edizione padovana in tre volumi del 1822 (33). Proprio a Torelli, autore di una serie di lettere di argomento dantesco che articolano una strenua difesa di Dante dalle critiche denigratorie di Bettinelli e Voltaire, Bartolomeo Perazzini suggerisce l’idea di una nuova edizione della Commedia nell’ampia sezione dantesca aggiunta nella ristampa delle sue correzioni Sul dibattito attorno alla Commedia di Dante tra Bettinelli e Gozzi si veda in particolare J. Nagy, Sul dibattito tra Bettinelli e Gozzi, su Dante, in A. Klimkiewicz, M. Malinowska, A. Paleta e M. Wrana (a cura di), L’Italia e la cultura europea, Firenze, Franco Cesati Editore, 2015, pp. 69-76. (31) F. Rosa Morando, Osservazioni sopra il comento della Divina Commedia di Dante Alighieri stampato in Verona l’anno 1749, in Verona, per Dionigio Ramanzini, 1751 e vedi L. Mazzoni, Apogeo ed eclisse della filologia. I cultori veronesi di Dante nel XVIII secolo e le loro sorti, «Seicento & Settecento» 9 (2014), pp. 125-138, pp. 126-128 in part. (32) Mazzoni, Apogeo ed eclisse della filologia, cit., pp. 127-128 e cf. La Divina Commedia di D. A., Venezia, Antonio Zatta, 1760, a proposito della quale vedi Nocita e Perna (a cura di), Censimento dei commenti danteschi, III, cit., p. 317. (33) La Divina Commedia col comento del P. Baldassarre Lombardi M.C., ora nuovamente arricchito di molte illustrazioni edite ed inedite, Padova, Tipografia della Minerva, 1822 e cf. ancora Mazzoni, Apogeo ed eclisse della filologia, cit., pp. 128-129. (30) LA COMMEDIA NEL SEI E SETTECENTO 233 all’edizione dei sermoni di San Zeno (34). In sintesi, Dante e la sua Commedia trovano un’accoglienza estremamente favorevole in Veneto, tanto per quanto concerne la difesa dalle critiche di matrice arcadica e illuminista, quanto per ciò che attiene alla necessità di sviluppare una moderna pratica editoriale (35). Nello stesso giro di anni, segnatamente nel 1763, la critica denigratoria trova ancora alimento sulle pagine della “Frusta Letteraria”, una rivista integralmente scritta da Cesare Baretti sotto lo pseudonimo di Aristarco Scannabue. Baretti parla della Commedia come di un’opera più osannata che letta, istruttiva, ma certamente non dilettevole, divenuta nel tempo «oscura, noiosa e seccantissima», al punto che neanche i massimi adoratori della Commedia, coloro i quali sostengono di averla letta e riletta, ricordano più che pochi passi, come il racconto della morte del conte Ugolino o di Francesca da Rimini (36). L’argomento coincide nella sostanza con quello già formulato da Voltaire, che Baretti però irride in considerazione dei tentativi di traduzione della Commedia, giudicati goffi e basati su una malsicura conoscenza della lingua italiana. Si spera che sulla base di queste rapide annotazioni possa apparire chiaro che per tutta la durata del secolo la Commedia si trova al centro della dialettica relativa ai valori relativi interni alla tradizione letteraria, come anche di quella che contrappone l’ingegno dei moderni a quello degli antichi. Si è anche potuto osservare come, già nel Seicento e ancora nel Settecento, alcuni intellettuali di grande rilievo come Campanella e Vico riconoscano alla poetica dantesca una dimensione di immersione nello spirito del tempo, at- (34) Mazzoni, Apogeo ed eclisse della filologia, cit., p. 130 e cf. B. Perazzini, Correctiones et adnotationes in Dantis Comoediam, in Id., In editionem tractatuum vel sermonum sancti Zenonis episcopi Veronensis a Petro et Hieronymo fratribus Balleriniis adornatam correctiones et explicationes, Veronae, apud Marcum Moroni, 1775, pp. 55-86: p. 58; G. Torelli, Lettera intorno a due passi del Purgatorio di Dante Aligeri, Verona, Agostino Carattoni, 1760; Id., Lettera a Miladi Vaing-Reit premessa al libro, che ha per titolo, XII Lettere inglesi ec. Seconda edizione. Aggiungesi altra lettera, all’autore della sudetta, Verona 1767 (che fa riferimento alle Lettere inglesi di Bettinelli, pubblicate nella raccolta di Versi sciolti dell’abate Carlo Innocenzio Frugoni, del conte Francesco Algherotti e del padre Xaverio Bettinelli [...], seconda edizione, si aggiungono Dodeci Lettere Inglesi sopra varj Argomenti, e sopra la Letteratura Italiana principalmente, nuove ed inedite, Venezia, Giambatista Pasquali, 1766) e Id., Lettera sopra Dante Aligeri contro il Sig. di Voltaire, Verona, Eredi di Marco Moroni, 1781. (35) Mazzoni, Apogeo ed eclisse della filologia, cit., p. 129 ricorda opportunamente che G. Folena, La tradizione delle opere di Dante Alighieri, in Atti del congresso internazionale di studi danteschi, Firenze, G.C. Sansoni Editore, 1965, pp. 1-78: p. 67, ha parlato di Perazzini come del «Primo a formulare criteri sostanzialmente nuovi in materia di critica del testo della Commedia (e in generale di critica di testi moderni)» mentre S. Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann, Torino, UTET, 20032, p. 43, n. 43 lo abbia definito «filologo di statura europea». (36) G. Baretti, La Frusta Letteraria, a cura di L. Piccioni, Bari, Giuseppe Laterza e figli, 1932, 2, pp. 115-116 e 6, pp. 209-210. 234 ANATOLE PIERRE FUKSAS tribuendole un rilievo storico di prima grandezza e inquadrandola all’interno di una dimensione universale del sapere. Si dovrà naturalmente far presente che la proiezione della Commedia e dell’ispirazione dantesca all’interno di un quadro di riferimento che trascende il piano letterario per investire direttamente quello dell’attualità politica assume un rilievo stringente nel corso dell’ultimo quarto del Settecento, soprattutto ad opera di Vittorio Alfieri e Vincenzo Monti. Alfieri inquadra Dante nel canone dei massimi autori italiani, con Petrarca, Boccaccio, Ariosto, Machiavelli e Tasso, i “sei luminari”, enfatizzandone la grandezza anche a fronte del maestro Virgilio, in considerazione dell’assenza di protezione politica che lo ha reso libero. La prospettiva storico-letteraria Del Principe e delle lettere, opera composta tra il 1778 e il 1786, valorizza la libertà del grande autore dalla protezione di imperatori, re e nobili, a scapito dell’arte letteraria messa al servizio del potere, poiché «le vere lettere fiorire non possono se non se all’aura di libertà» (37). Alfieri parla di Dante come di un poeta straordinario e sublime proprio perché smarcato, come Machiavelli, Milton e Rousseau, ma anche errabondo e disagiato, a fronte di altri grandi autori come Orazio, Virgilio, Ariosto e Tasso, che hanno invece goduto della protezione dei principi. Dionisotti sottolineava che l’accelerazione del processo di attualizzazione letteraria e politica di Dante è soprattutto catalizzata dalla pubblicazione della Basvilliana di Monti (38). Il poemetto, apparso per la prima volta nel 1793, narra in terzine dantesche il pentimento dello spirito di NicolasJean Hugou de Bassville, agente diplomatico francese da poco assassinato a Roma, mentre assiste accompagnato da un angelo alla Rivoluzione che porta la Francia alla rovina. Appare notevole che nell’ultimissimo scorcio del secolo (1797) la Basvilliana sia celebrata nelle Lettere sopra Dante a Miledi W.-Y. di Gian Battista Brocchi proprio in considerazione della sua ispirazione dantesca (39). Brocchi inquadra la sua lettura di Dante nella cornice di un’opera epistolare, dandosi come interlocutrice una nobildonna inglese, appassionata di Petrarca, Ariosto, Tasso e Metastasio, ma prevenuta rispetto alla Commedia V. Alfieri, Del Principe e Delle Lettere, Kehl, Tipografia di Kehl, 1795 (ma la vera data di pubblicazione è il 1789). Vedi V. Alfieri, Del Principe e Delle Lettere, in Id., Opere, a cura di V. Branca, Milano, Mursia, 1965, pp. 980 e sgg., e A. Di Benedetto, Lettere, scienze e arti in tempi di tirannide, in S. Messina e P. Trivero (a cura di), Metamorfosi dei Lumi 6. Le belle lettere e le scienze, Torino, Accademia University Press, 2012, pp. 209-228. (38) V. Monti, In morte di Ugo BassVille, Roma, Salvioni, 1793. Sulla complessa tradizione dell’opera, passata attraverso un lungo processo di revisioni autoriali dopo l’uscita della prima versione settecentesca, vedi G. Biancardi, La redazione definitiva della “Bassvilliana” e il suo testo critico, «Prassi Ecdotiche della Modernità Letteraria» 1 (2016), pp. 83-97. (39) G.B. Brocchi, Lettere sopra Dante a Miledi W.-Y., Venezia, Gnoato, 1797. (37) LA COMMEDIA NEL SEI E SETTECENTO 235 a causa dei tradizionali pregiudizi concernenti l’asprezza e l’oscurità dello stile dantesco. L’approccio divulgativo è modellato su quello del Criticism on Milton’s Paradise Lost di Joseph Addison, apparso su “The Spectator” tra il dicembre 1711 e il maggio 1712. Brocchi, naturalista, viaggiatore e già professore liceale di Scienze Naturali a Brescia, valorizza le competenze scientifiche di Dante, «spirito pensatore, vivace fantasia ed occhio finissimo osservatore della natura», che «descrisse a fondo tutto l’Universo, abbracciò la Natura in tutta la sua estensione, e la rappresentò al vivo in tutti gli aspetti» (40). Si vede bene come questa visione della Commedia, accomunabile a quella offerta da Magalotti nel Seicento, trascenda il piano delle critiche tutte interne alla qualità letteraria dell’opera, investendo la sua dimensione universalistica, in considerazione della quale Brocchi giudica il ricorso ad un lessico afferente ai registri più vari indispensabile al fine di descrivere appropriatamente le situazioni narrate. Se i poeti che lo avevano preceduto parlavano per lo più d’amore, celebrando «le trecce bionde e le mani d’avorio» delle nobili dame nei loro componimenti, Dante si trova a dover inventare parole nuove per descrivere la complessità del reale. Brocchi spiega il discostamento dai parametri della poetica aristotelica con un riferimento al De Vulgari Eloquentia e giustifica l’opzione per il genere comico in considerazione del fatto che Dante descrive azioni per lo più private espresse in dialoghi familiari. Il paragone omerico che attraversa buona parte della critica dantesca a carattere apologetico nel corso dei secoli XVII e XVIII sostanzia ancora l’elogio di Dante di Angelo Fabroni, col quale si conclude la parabola settecentesca della tradizione critica dantesca (41). Fabroni riprende l’argomento secondo il quale la polifonia della Commedia armonizza i vari volgari italiani in una lingua nazionale e definisce Dante come il “Nilo della Poesia”, facendone il fondatore di una tradizione letteraria che, stando al canone eulogico del suo volume, si sviluppa poi attorno all’opera di Poliziano, Ariosto e Tasso. Secondo Fabroni le terzine di Dante sono pitture parlanti paragonabili a quelle di Giotto, dotate di straordinaria espressività, sia quando si tratta di descrivere fatti fisici, al punto che anche Galileo e Redi hanno tratto ispirazione dai suoi versi, sia quando si tratta di rappresentare aspetti metafisici. Si potrà concludere qui questa sintetica rassegna, intesa a delineare per sommi capi il dipanarsi di questo tratto di percorso, osservando che la tradizione editoriale e critica della Commedia nel Seicento e nel Settecento configura uno scenario irriducibile ad una semplice oscillazione di opposizioni Ibid., p. 10. A. Fabroni, Elogi di Dante, di Angelo Poliziano, di Ludovico Ariosto e di Torquato Tasso, Parma, Stamperia Reale, 1800. (40) (41) 236 ANATOLE PIERRE FUKSAS dialettiche tra reazionari e progressisti, marinisti e classicisti, letterati puri e filosofi, illuministi e arcadici. Il deciframento della tradizione contribuisce a identificare le linee guida trasversali che caratterizzano riconfigurazioni variabili di argomenti anche ripetitivi, all’interno di un sistema concettuale che coniuga la letteratura con la Storia, con la conoscenza dei fatti naturali, con l’attualità politica, o può invece isolarla come fatto a sé stante, in considerazione di una sua parnasiana purezza. Rimane inteso che il successivo tratto di percorso, quello introdotto dall’ode A Dante del giovane Foscolo, risente certamente dell’influenza di Vico e di Monti, ma prefigura i confini di un nuovo presente, di una nuova critica letteraria, di un nuovo modo di intendere il rapporto tra individuo e realtà attraverso la tradizione poetica (42). U. Foscolo, Discorso sul testo e su le opinioni diverse prevalenti intorno alla storia e alla emendazione critica della commedia di Dante, Londra, Pickering, 1825. (42)