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Frege: riflessioni sulla verità (2022)

2022

Scopo di questo breve saggio è analizzare il concetto di verità che Frege delinea nel saggio Il pensiero, ponendo particolare attenzione alla sua concezione anticorrispondentista e deflazionista. Il fine è quello di giungere al nocciolo della sua teoria, ovvero che la verità sia, in fondo, un'entità sui generis e praticamente indefinibile.

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e Comunicazione Corso di laurea in Filosofia Laboratorio di filosofia A.A. 2019/2020 Prof. Giorgio Volpe Frege: riflessioni sulla verità Giulia Pagotto Matricola: 0000894990 Abstract Scopo di questo breve saggio è analizzare il concetto di verità che Frege delinea nel saggio Il pensiero, ponendo particolare attenzione alla sua concezione anticorrispondentista e deflazionista. Il fine è quello di giungere al nocciolo della sua teoria, ovvero che la verità sia, in fondo, un’entità sui generis e praticamente indefinibile. Introduzione Gottlob Frege (Wismar 1848 – Bad Kleinen 1925) è stato un importante logico, matematico e filosofo tedesco, padre della moderna logica formale e della filosofia analitica. Si è interessato principalmente di logica matematica e filosofia del linguaggio, dando inizio sia a quella che conosciamo oggi come logica, descritta per la prima volta nella sua opera Ideografia del 1879, sia a quella che sarà poi definita la ‘svolta linguistica della filosofia analitica’, pubblicando negli anni ’90 del 1800 tre saggi di centrale importanza: Funzione e concetto, Senso e riferimento, Concetto e oggetto. È invece negli ultimi anni della sua vita che si è dedicato alla stesura della raccolta delle Ricerche logiche. In questo saggio verrà presa in esame la prima di queste Ricerche logiche, Il pensiero, con l’obiettivo di far luce sulla concezione freghiana del vero che emerge da questo testo. In realtà, più che darci una vera e propria analisi della verità, in questa prima ricerca logica Frege spesso si limita a dirci cosa non è la verità. La tesi centrale che sostiene è che la verità sia indefinibile. Per arrivare ad affermare questo Frege si confronta con alcune delle principali teorie della verità, soffermandosi in particolare sulla teoria della verità come corrispondenza e su una prima teorizzazione della concezione deflazionista della verità. Nel testo che segue si vedranno le critiche e le argomentazioni avanzate da Frege alle tesi prese in considerazione al fine di cercare di evincere la sua concezione del vero. Il saggio sarà suddiviso in tre paragrafi: nel primo verrà analizzata l’accezione della parola ‘verità’ a cui fa riferimento Frege, affrontando le questioni circa i portatori di verità e la natura di quest’ultima. Nel secondo paragrafo verrà esposta la prima tesi con cui Frege si confronta, ovvero la concezione corrispondentista della verità, e si vedrà l’obiezione da lui addotta. Il terzo paragrafo sarà invece dedicato alla seconda delle teorie prese in esame da Frege e della quale può a buone ragioni considerarsi un precursore, ovvero la teoria deflazionista della verità. Infine, si vedrà come le riflessioni su queste teorie abbiano portato Frege alla conclusione che sarà poi il fulcro della sua concezione del vero, cioè che la verità sia sostanzialmente indefinibile. 1. In che senso ‘verità’? Per poter cominciare a delineare la concezione del vero di Frege è necessario anzitutto definire in quale accezione parla di verità. La parola ‘vero’ è utilizzata da Frege con un senso più specifico rispetto all’uso abituale. Comunemente si è soliti attribuire il predicato ‘vero’ a persone e oggetti di ogni tipo, inserendo questo termine in frasi come “Sara è una vera amica”, “Il dipinto esposto in quella galleria è un vero Mondrian” o “Questa giacca non è in vera pelle”, cioè utilizzando ‘vero’ nel suo senso ontologico. Frege prende le distanze da questa accezione che non riguarda la logica e afferma che «la verità di immagini e rappresentazioni viene quindi ricondotta alla sola verità di enunciati»1 e, pertanto, sarà solo su questi che si concentrerà la sua analisi. Infatti, prima di cominciare 1 G. Frege, Ricerche logiche. Il pensiero, Guerini e Associati, Milano 1999, p. 60 2 una riflessione sul vero è importante chiedersi quali siano i portatori di verità, ossia di quali entità si può predicare la verità. La risposta è, appunto, che la questione dell’esser vero si pone solo riguardo ai sensi degli enunciati (ossia le proposizioni). È per questo che Frege prende in considerazione solo quegli enunciati in cui ‘vero’ è usato nella sua funzione di predicato e di attribuzione (o negazione) di proprietà, vale a dire tutti quegli enunciati dalla forma “è vero che p” o “la proposizione che p è vera”. Si è appena detto che in questi enunciati la verità sembra essere concepita come una proprietà, ma è utile menzionare il fatto che Frege accetta questa tesi soltanto provvisoriamente, arrivando a sostenere invece che la verità non è da concepire come una proprietà. Nella prima Ricerca logica Frege si distacca dai suoi scritti precedenti, in particolare da Senso e riferimento, nei quali il vero è inteso come il riferimento/denotazione di un enunciato. Con la prima Ricerca logica la prospettiva di Frege cambia: la verità non è la proprietà che attribuiamo o neghiamo agli enunciati quando diciamo che sono veri o falsi, ma egli non spiega esattamente cosa essa sia. Semplicemente ci suggerisce cosa non è: una proprietà. Nonostante questa sua nuova convinzione, ne Il pensiero il filosofo di Wismar sceglie di continuare per un po’ a trattare la verità come una proprietà al fine di evitare maggiori equivoci e difficoltà al lettore. Come si è detto sopra, Frege nelle Ricerche logiche non ci dà una vera e propria definizione della verità, limitandosi a sostenere che essa è lo scopo della scienza e la scoperta delle sue leggi il compito della logica. Il motivo c’è ed è che Frege ritiene che il vero sia un concetto sui generis e che risulti impossibile definire la verità. Ma forse, come si vedrà nei prossimi paragrafi, pensare di poter dare una definizione della verità è una pretesa inutilmente ‘gonfiata’. 2. La teoria corrispondentista della verità e la critica di Frege La principale teoria della verità con cui si confronta Frege è la cosiddetta teoria corrispondentista della verità, cioè quella teoria secondo cui la verità consiste in una relazione di corrispondenza tra ciò che è detto e ciò che è (ovvero tra parole e realtà). Nel corso della storia del pensiero filosofico vari autori hanno dato una particolare accezione a questa espressione, interpretando di volta in volta questa relazione come piena corrispondenza, congruenza, conformità, immagine, accordo o identità. La prima formulazione di questa teoria la troviamo nella Metafisica di Aristotele, il quale scrive: «dire di ciò che è che non è, o di ciò che non è che è, è falso; dire di ciò che è che è, o di ciò che non è che non è, è vero»2, che in termini formali si potrebbe riassumere con l’affermazione «È vero che p se e solo se p». Una successiva interpretazione è quella di Tommaso D’Aquino. In questo caso si parla di corrispondenza alla cosa o aedaquatio rei et intellectus: la mente riflette (si adegua) alle cose fuori di sé e quindi un pensiero/enunciato può dirsi vero se si conforma alla realtà esterna. Nel XX secolo Alfred Tarski ha offerto una formulazione più elegante dell’idea aristotelica di verità come concordanza tra ciò che viene asserito e ciò che è. Questa formalizzazione viene sintetizzata nel suo famoso ‘schema T’: (T) ‘p’ è vero se e solo se p. L’esempio più noto di questo schema è: (T) ‘La neve è bianca’ è vero se e solo se la neve è bianca. L’idea viene ulteriormente estesa nel corso del ‘900 da filosofi come Russell, Moore e Popper che parleranno di corrispondenza ai fatti. La verità, secondo la loro prospettiva, è la corrispondenza con i fatti del mondo e pertanto si potranno dire vere quelle proposizioni a cui corrispondono 2 Aristotele, Metafisica IV, 7, 1011b. 3 effettivamente dei fatti nella realtà. Scrive ad esempio Popper: «Chiamiamo vera un’asserzione se essa coincide con i fatti o corrisponde ai fatti o se le cose sono tali quali l’asserzione le presenta»3. Frege rispetto a questa teoria ci dice che, per quanto possa risultare intuitivo vedere la verità come una corrispondenza, in realtà dietro tale prospettiva si nascondono diversi errori di pensiero. Anzitutto essa viene smentita dall’utilizzo che facciamo della parola vero: la corrispondenza è una relazione, ma non possiamo dire lo stesso del termine ‘vero’. Esso non è un termine di relazione ma di proprietà «e non contiene alcun rimando ad alcunché d'altro con cui qualcosa dovrebbe concordare»4. Frege poi individua un secondo punto debole della teoria corrispondentista, cioè quello che Michael Dummett nel suo saggio Frege: philosophy of language ribattezzerà come “regress argument”5. Frege sostiene che una piena corrispondenza tra due enti non ci possa mai essere dato che due cose per essere completamente corrispondenti dovrebbero coincidere, essere identiche, essere la stessa cosa. Invece una rappresentazione e un fatto sono sempre due cose distinte e di conseguenza non potranno mai combaciare perfettamente l’una all’altra in quanto «la corrispondenza può essere completa solo allorché le cose corrispondenti coincidano, e non siano pertanto in alcun modo cose distinte […] far combaciare una rappresentazione con una cosa sarebbe possibile solo se la cosa fosse anch'essa una rappresentazione. Ed esse combacerebbero solo se la prima corrispondesse completamente con la seconda»6. E anche se volessimo ricercare una corrispondenza in un aspetto parziale di questa il problema si ripeterebbe nuovamente: infatti, anche prendendo in esame un caso particolare, dovremmo ugualmente vedere se due caratteristiche specifiche concordano tra loro e capire se sussiste una concordanza su un qualche aspetto particolare tra una rappresentazione e la realtà, ma come abbiamo visto ciò è impossibile. Di conseguenza fallisce ogni tentativo di definire la verità come corrispondenza, e con esso fallisce, per ragioni che sarebbe troppo lungo spiegare in questa sede, anche ogni altro tentativo di definire la verità. A questo punto vale la pena chiederci se la verità sia quindi del tutto indefinibile. 3. La prima pietra del deflazionismo È con Frege che ha inizio la riflessione sull’indefinibilità della verità. Anzitutto, ci dice che la verità non è una proprietà come le altre, non può essere paragonata a proprietà come quelle che si riferiscono a impressioni sensibili quali colori o odori. La verità non è una proprietà che si riferisce a percezioni sensibili. Eppure, anche se la verità non si fonda su impressioni sensibili, è proprio grazie a queste che possiamo riconoscere una cosa come vera. Frege fa il seguente esempio: «Ma non vediamo forse che il sole è sorto? E non vediamo al tempo stesso anche che ciò è vero? […] dà da pensare che non possiamo riconoscere una proprietà in una cosa senza con ciò stesso trovare vero il pensiero che questa cosa ha questa proprietà»7. Qui Frege intuisce una prima tesi della teoria deflazionista, cioè quella che i filosofi del linguaggio chiamano tesi dell’onnipresenza della verità, la quale sostiene che S crede/afferma che p → S crede/afferma che è vero che p, cioè che se qualcuno crede/afferma qualcosa, allora necessariamente crede/afferma anche la verità di tal cosa. Difatti, continua Frege, «È anche degno di nota che l'enunciato “sento un profumo di violette” ha né più né meno lo stesso contenuto dell'enunciato “è vero che sento un profumo di violette”. Pare così che non venga aggiunto niente al pensiero con l'attribuirgli la proprietà della 3 K. Popper, Sulla logica delle scienze sociali, in Dialettica e positivismo in sociologia, Einaudi, Torino 1972, p. 117 4 G. Frege, Ricerche Logiche. Il pensiero, cit., p. 59. 5 M. Dummett, Frege: Philosophy of Language, Harvard University Press, Cambridge 1981, p. 443. 6 G. Frege, Ricerche Logiche. Il pensiero, cit., p. 60. 7 Ibid., p. 61. 4 verità»8. Ciò che Frege vuole sottolineare è che l’aggiunta della parola ‘vero’ nel secondo enunciato non esprime nulla di più in quanto a significato rispetto al primo enunciato e di conseguenza affermare che una proposizione è vera equivale semplicemente ad affermare la proposizione stessa. Tra gli esempi che Frege riporta c’è il seguente: «La proposizione “il pensiero che il numero 5 è primo è vero” contiene un solo pensiero che è lo stesso del semplice “5 è un numero primo”»9. L’idea è che, essendo quello della verità un predicato vuoto, non venga aggiunto niente al pensiero attribuendo a esso la proprietà della verità. Ciò che Frege cerca di dimostrare qui è che il vero non è una proprietà reale perché ogni tentativo di darne una definizione risulta epistemologicamente sterile. È con questa intuizione che possiamo affermare che Frege pone la prima pietra della teoria deflazionista della verità. A questo punto nell’analisi freghiana si aggiunge un’altra tesi a supporto della teoria deflazionista: il fatto che l’enunciato “Sento profumo di violette” e “È vero che sento profumo di violette” abbiano lo stesso contenuto presuppone la cosiddetta tesi dell’identità, che è formulabile nel modo seguente: la proposizione che p = la proposizione che è vero che p. A sua volta la tesi dell’identità implica altre due tesi fondamentali della teoria deflazionista: la tesi della ridondanza, secondo cui affermare che è vero che p è affermare che p, e la tesi dell’equivalenza, ossia che è vero che p se e solo se p. Le prime due sono tesi tipicamente deflazioniste, in quanto mirano a ‘sgonfiare’ (deflate) la questione intorno all’importanza della proprietà della verità e comportano appunto che la parola ‘vero’ non apporti alcuna sostanziale aggiunta di senso ad un enunciato ma anzi sia ridondante e quindi priva di significato e definizione. La teoria deflazionista ha visto nel corso della storia vari contestatori. Uno di questi è stato il matematico e filosofo Bernard Bolzano. Egli sostiene che l’enunciato “Cesare è stato assassinato” ha un contenuto evidentemente diverso dall’enunciato “È vero che Cesare è stato assassinato” in virtù del fatto che viene aggiunto il concetto di verità che nella prima manca. Bolzano spiega che «La proposizione espressa dalle parole “A è vero” è diversa dalla semplice proposizione A, dato che la prima ha un altro argomento rispetto alla seconda»10 e questo argomento diverso e aggiuntivo trattato dalla prima asserzione è proprio quello della verità dell’asserzione A. Frege però, come si è visto, rifiuta questa tesi sostenendo che non esiste una proprietà della verità, né quindi una sua definizione. Questo porterà, successivamente, alla tesi della ridondanza di Ramsey: Per qualsiasi p, “è vero che p” ha lo stesso significato che “p”. Basandosi su questo principio, egli sostiene che ‘vero’ è eliminabile senza perdita di contenuto e perciò è ridondante, dato che non aggiunge niente di significativo all’enunciato p. La conseguenza di questo è che il concetto di verità non corrisponde a nessuna proprietà logica e quindi non svolge un ruolo fondamentale per l’analisi filosofica degli enunciati. Conclusione Abbiamo visto che il deflazionismo concepisce la verità come una proprietà non sostanziale o addirittura come una non-proprietà, vale a dire che secondo questa teoria la verità non ha alcuna natura metafisica e non gioca alcun ruolo esplicativo. La particolarità del concetto di verità è che affermare la verità è sempre incluso nell’affermare qualsiasi cosa: il termine ‘vero’ risulta essere solo 8 Ibid., p. 61. G. Frege, Senso e significato, cit. in “Senso, funzione e concetto. Scritti filosofici 1891-1897”, a cura di Eva Picardi e Carlo Penco, trad. di Eva Picardi, Laterza, Roma-Bari 2001, p. 35. 10 B. Bolzano, Paradoxien des Unendlichen, § 13, cit. in W. Kunne, Conceptions of Truth, Clarendon Press, Oxford 2003, p. 46, trad. mia. 9 5 ridondante e superfluo. Questa posizione la troviamo in Frege quando sostiene che non c’è alcuna proprietà con cui la verità si possa identificare. Ciò ha portato vari studiosi a definire Frege come colui che pose la prima pietra del deflazionismo, in quanto nella sua concezione ‘vero’ non è un predicato né esprime una qualsiasi proprietà. Frege in sostanza arriva alla conclusione che «è pertanto probabile che il contenuto della parola ‘vero’ sia di una specie del tutto singolare e indefinibile»11: egli esclude ogni possibile definizione della verità sostenendo che il contenuto della parola ‘vero’ sia indefinibile e anche unico nel suo genere in quanto non rientra in nessuna categoria logica, anticipando così le future declinazioni del deflazionismo da parte di autori come Ayer, Ramsey, Strawson e Quine. 11 G. Frege, Ricerche logiche. Il pensiero, cit., p. 60. 6 Bibliografia Letteratura primaria G. Frege, Ricerche logiche, Guerini e Associati, Milano 1999. G. Frege, Senso e Significato, in Senso, funzione e concetto. Scritti filosofici 1891-1897, Laterza 2001, Roma-Bari, pp. 32-57. Letteratura secondaria M. Eklund, What is deflationism about truth. “Synthese” 198(2), 2017, pp.5 1-73. W. Künne, Conceptions of Truth, Clarendon Press, Oxford 2003. C. Penco, Introduzione alla filosofia del linguaggio, Laterza, Roma-Bari 2004. C. Penco, Frege, Carocci, Roma 2010. G. Volpe, La verità, Carocci, Roma 2012. J. Wyatt, The many (yet few) faces of deflationism. “Philosophical Quarterly” 263, 2016, pp. 362-382. Sitografia E. N. Zalta, “Gottlob Frege”, in E. N. Zalta e U. Nodelman (a cura di), The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Fall 2022 edition). URL: <https://plato.stanford.edu/archives/fall2022/entries/frege/> M. David, “The Correspondence Theory of Truth”, in E. N. Zalta (a cura di), The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Summer 2022 edition). URL: <https://plato.stanford.edu/archives/sum2022/entries/truth-correspondence/> B. Armour-Garb, D. Stoliar e J. Woodbridge, “Deflationism About Truth” in E. N. Zalta (a cura di), The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Summer 2022 edition). URL: <https://plato.stanford.edu/archives/sum2022/entries/truth-deflationary/> 7