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Il rompicapo di Frege: cos'è, come si risolve, cosa comporta

Gottlob Frege è considerato da molti il precursore di quella che è stata poi chiamata filosofia analitica. La sua analisi del linguaggio e l’introduzione di nozioni come quelle di Sinn e Bedeutung hanno sollevato una serie di questioni che ha attraversato l’intero secolo: dallo stesso Frege fino a Kripke, passando per Russell, Carnap, Wittgenstein e Quine. Il ruolo di Frege come antesignano della svolta linguistica è stato a più riprese segnalato e scopo di questo saggio è mostrare una parte di quelle soluzioni che ci hanno poi permesso di usare quell’eredità lasciataci dal filosofo, matematico e logico tedesco.

Alma Mater Studiorum-Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e Comunicazione Filosofia del Linguaggio (1) Prof. Sebastiano Moruzzi Sul rompicapo di Frege Cos’è, come si risolve, cosa comporta Raffaele Lauretti 0000739826 A.A. 2015/2016 Sommario: Gottlob Frege è considerato da molti il precursore di quella che è stata poi chiamata filosofia analitica. La sua analisi del linguaggio e l’introduzione di nozioni come quelle di Sinn e Bedeutung hanno sollevato una serie di questioni che ha attraversato l’intero secolo: dallo stesso Frege fino a Kripke, passando per Russell, Carnap, Wittgenstein e Quine. Il ruolo di Frege come antesignano della svolta linguistica è stato a più riprese segnalato e scopo di questo saggio è mostrare una parte di quelle soluzioni che ci hanno poi permesso di usare quell’eredità lasciataci dal filosofo, matematico e logico tedesco. Parole Chiave: Frege – Significato – Senso – Rompicapo – Identità 2 Introduzione: Gottlob Frege (1848-1925) è considerato da molti una delle figure più influenti per la logica e la svolta linguistica della filosofia analitica del XX secolo. Nonostante la sfortuna che lo ha perseguitato1 in vita, egli ha avuto il merito di influenzare direttamente autori come Carnap e Wittgenstein. Tra i suoi contributi, il più influente è sicuramente un saggio 2 del 1892 all’interno del quale, tramite una serie di riflessioni sulla nozione d’identità, introduce le nozioni di Sinn (senso) e Bedeutung (significato, l’odierna nozione di "riferimento"). All’interno di questo saggio ci occuperemo intanto di riprendere i dubbi di Frege sulla funzione d'identità, cercheremo di comprenderne la portata (§1); seguirà la soluzione da lui proposta (§2) e alcune precisazioni dovute per la giusta comprensione del valore epistemologico insite nella visione nella soluzione che Frege propone (§3). Concluderemo, infine, cercando di spiegare la crucialità, per il filosofo, di una visione condivisa che esula fortemente dai dubbi tipici dello scettico. 1. Presentazione del rompicapo Il testo si apre immediatamente con la presentazione del problema, scrive infatti Frege: L’ uguaglianza sfida la riflessione con quesiti che a essa si connettono e ai quali non è facile dare risposta. È l’uguaglianza una relazione? È una relazione fra oggetti oppure fra nomi o segni di oggetti? Quest’ultima è la soluzione che avevo adottato nella mia Ideografia. Le ragioni che sembrano militare a suo favore sono le seguenti: a = a e a = b sono evidentemente enunciati di diverso valore conoscitivo: a = a vale a priori e secondo Kant va detto analitico, mentre enunciati della forma a = b spesso contengono ampliamenti assai preziosi del nostro sapere e non sempre sono giustificabili a priori. Frege 1892, p. 18 Ammettendo che ‘a’ e ‘b’ sono nomi dello stesso oggetto, Frege si chiede dov’è che si trova il quid informativo che rende ‘a è identico a b’ molto più interessante di ‘a è identico ad a’. Quest’ultima proposizione è una tautologia e, secondo Kant un giudizio analitico, verificabile logicamente, senza cioè aver bisogno di una verifica che si rifaccia agli oggetti cui ‘a’ si riferisce. Cosa intendiamo dire quando diciamo che ‘a è identico a b’? Bisogna capire se ci si rifà soltanto a nomi o ad oggetti e cosa questo comporti. Leibniz non aveva dubbi: secondo la legge d’indiscernibilità degli identici da lui formulata è di oggetti che parliamo.3 Dire però che un oggetto è uguale a sé stesso pare piuttosto 1 Per un approfondimento biografico cfr. Carlo Penco Frege, Roma: Carocci, 2010. 2 Gottlob Frege, Senso e Significato (1892), in Andrea Iacona e Elisa Paganini (a cura di), Filosofia del linguaggio, Milano: R. Cortina, 2003, pp. 18-40. 3 "Eadem sunt, quorum unum potest substitui alteri salva veritate" che può essere tradotto come: "le cose 3 banale; in quel ‘a è identico a b’ sembra invece nascondersi una conoscenza genuina, un suggerimento che pare voglia dirci qualcosa di nuovo, superando quelle che sono le mere convenzioni linguistiche. Sembrerebbe quindi che la conoscenza genuina dipenda dal suo contenuto semantico, ma questa è una contraddizione: ‘a è identico a b’ ha sì lo stesso valore semantico, ma non lo stesso valore cognitivo di ‘a è identico a b’. Dov’è che si nasconde ciò che è capace di rendere così interessante un giudizio come ‘a è identico a b’? Questo è ciò che Frege tenta di risolvere. 2. Le soluzioni di Frege: senso e significato Frege propone la sua soluzione dicendo che: Una differenza [di nomi] può sussistere solo se alla diversità di segno corrisponde una diversità nel modo di darsi di ciò che è designato. Frege 1892, p. 18 È a questo punto che Frege inserisce l’esempio delle mediane nel triangolo per poi introdurre le idee di Senso e Significato. Scrive infatti che: Siano a, b e c le rette che connettono i vertici di un triangolo con il punto mediano dei lati opposti. Il punto di intersezione di a e b coincide con il punto di intersezione di b e c. Abbiamo qui modi diversi di designare lo stesso punto e questi nomi (ossia: "il punto d’intersezione di a e b" e "il punto d’intersezione di b e c") accennano al tempo stesso al modo in cui esso ci è dato; pertanto nell’enunciato è racchiusa una conoscenza effettiva. Viene dunque naturale concepire un segno (nome, gruppo di parole, lettera) come collegato oltre che a quel che designa, che io propongo di chiamare significato, anche a quello che io propongo di chiamare il senso del segno, nel quale è contenuto appunto il modo di darsi dell’oggetto Frege 1892, pp. 18-19 Se è stato comune pensare che i nomi servissero soltanto a nominare l’oggetto a cui fanno appunto da nome, Frege afferma invece che «i nomi propri esprimono un senso tramite cui l’oggetto si mostra che egli descrive come una sorta di percorso, di via per giungere all’oggetto che porta quel nome: conoscere il senso di un nome significa padroneggiare almeno in parte un certo percorso referenziale».4 In questo modo, la base di ogni enunciato d’identità acquista un valore epistemico: dire che delle quali l’’una può essere sostituita dall’’altra mantenendone intatta la verità, sono le stesse". Cfr. Brandon C. Look, Gottfried Wilhelm Leibniz, Edward N. Zalta (a cura di), The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Summer 2016 edition), Edward N. Zalta (a cura di), URL = http://plato.stanford.edu/archives/sum2016/entries/leibniz/. 4 Cfr. Eva Picardi, Linguaggio e analisi filosofica: Elementi di filosofia del linguaggio, Bologna: Pàtron, 1992, p.123. 4 un qualcosa è identico ad un altro, significa dire che conosciamo due diversi sensi dell’oggetto. Non riconoscere l’asserzione come un atto linguistico che manifesta conoscenza sarebbe un errore. 5 Una volta chiarita la proposta di Frege, quel che poi viene da chiedersi è come possiamo garantirci che vi sia una comprensione tra più individui. Secondo Dummett infatti: Il primo argomento di Frege a favore della distinzione fra senso e riferimento ha tuttavia un difetto fondamentale: non mostra affatto che il senso di una parola sia una caratteristica della lingua. Mostra, al massimo, che ciascun parlante, per associare un riferimento a una parola, deve annettere ad essa un senso particolare; non mostra che sia necessario che parlanti diversi annettano alla parola il medesimo senso, fin tanto che i sensi che essi le associano determinano il medesimo riferimento. Di conseguenza lascia aperta la possibilità che il senso di una parola non faccia affatto parte del suo significato, posto che il significato debba essere qualcosa di obiettivo e condiviso da tutti i parlanti, come Frege sosteneva [...]. Questo dubbio è controbilanciato dal secondo argomento di Frege per introdurre la distinzione fra senso e riferimento. Dummett 1975, p. 130 Quel che Dummett vuole sottolineare è che secondo le descrizioni di Senso e Riferimento fin qui presentate, non c’è nulla che ci faccia capire che i parlanti debbano essere d’accordo sul senso tramite quale accediamo all’oggetto (nel caso questo accadesse sul serio, vi sarebbero situazioni imbarazzanti: si parlerebbe dello stesso oggetto senza forse neanche saperlo). Pare così che il senso non faccia parte del significato e che questo non sia quindi qualcosa di obiettivo tra gli interlocutori. Per dirci qualcosa, un enunciato va prima compreso e soltanto poi può esser riconosciuto come vero. Il principio di contestualità serve proprio a garantire la prima fase. 3. Il carattere obiettivo del senso Per comprendere meglio quanto detto sul principio di contestualità e sul carattere oggettivo che il Senso ha per Frege, faremo il seguente esempio: 1. Espero = Fosforo. 2. Espero e Fosforo designano lo stesso pianeta. 3. Espero e Fosforo sono nomi dello stesso oggetto L’identità (1) ‘Espero = Fosforo’ può essere espressa, nel linguaggio naturale, in due diversi modi: (2) e (3). Ci è facile capire come la formulazione accettata da Frege sia la (2) piuttosto che la (3); la 5 Cfr. Ibidem. 5 prima è infatti una relazione che prende in considerazione l’oggetto a cui si accede tramite due nomi diversi, due sensi tramite il quale l’oggetto si dà. In (3), invece, il lavoro svolto nella formulazione dell’identità è svolto principalmente a livello semiotico: se si accetta che ‘Espero’ e ‘Fosforo’ altro non sono che dei nomi concordati, questo comporta l’idea che il rapporto fra segno e designato sia arbitrario. Apprendere due diversi sensi dello stesso riferimento non è che scoprire una convenzione, un «accidente storico»6, non vi sarebbe conoscenza genuina. Qualcuno potrebbe obiettare che il Linguaggio stesso si basi su una continua arbitrarietà: quando dico una parola, essa significa ciò che io personalmente intendo, che siamo noi a dare significato a una parola usandola 7. A un’obiezione simile si risponde facendo un distinguo tra arbitrarietà e convenzionalità: ‘Istanbul’, ‘Bisanzio’ e ‘Costantinopoli’ indicano sì la stessa città dell’odierna Turchia, ma in sensi storici nettamente differenti. Inoltre, possiamo ammettere che una certa arbitrarietà è senza dubbio possibile, ma metaforicamente parlando, un computer collegato a una rete che è incapace di scambiare informazioni è tutto sommato inutile. Il confronto è certamente necessario per stabilire un dialogo. Per render chiari ancora una volta il carattere obiettivo del senso e i rapporti che questo ha con il Significato e il riferimento, Frege utilizza l’esempio del cannocchiale: Supponiamo che uno osservi la Luna attraverso un cannocchiale. lo paragono la Luna stessa al significato: essa è l’oggetto che osserviamo, mediato dall’immagine reale proiettata dalla lente dell’ obiettivo all’interno del cannocchiale e dall’immagine che si forma sulla retina dell’osservatore. La prima è paragonabile al senso, la seconda alla rappresentazione o all’intuizione. Certamente l’immagine del cannocchiale è unilaterale, poiché dipende dal luogo di osservazione, ma è obiettiva, in quanto può essere utilizzata da più osservatori. Sarebbe possibile in effetti organizzare le cose in modo tale che essa risultasse utilizzabile contemporaneamente da più osservatori. Ciascuno però continuerebbe ad avere la propria immagine retinica Frege 1892, pp. 21-22 Questo esempio permette a Frege di spiegare qual è la natura del senso, in rapporto alle idee che aveva di significato e di rappresentazione: qualcosa di parziale che può essere visto tramite l’intuizione di chi osserva e che però resta oggettivo, fisso, neutro rispetto all’identità dell’osservatore. Sarà proprio quest’ultimo, tramite la sua individualità a scoprire diversi livelli di equivoci linguistici per rappresentazioni, senso e significato: è questa che rende unica per ognuno l’esperienza dell’uso del linguaggio. Per Frege, l’obiettività del mondo esterno è indubbia.8 6 Ivi, cit., p. 125. 7 Mirabile esempio di quest’idea è il personaggio di Humpty Dumpty, in Alice e il Paese delle Meraviglie di Carroll. 8 Questo paragrafo e la conclusione seguono le argomentazioni del IV capitolo di Eva Picardi Linguaggio e analisi filosofica: Elementi di filosofia del linguaggio, Bologna: Pàtron, 1992, pp. 124-138. 6 Conclusione Fin qui abbiamo visto quanto siano originali le idee di Frege: abbiamo approfondito l’enigma con il quale il saggio del 1892 viene aperto, le soluzioni proposte e le implicazioni logiche di queste. Per Frege, vi è un collegamentro tra conoscenza e linguaggio che ci permette, su una base di nozioni condivisa, di comunicare senza scadere nel solipsismo più rigoroso. Vi è una sorta di limes fatuo tra l’informazione e il signficato, ed è proprio questo che ci fa capire di cosa stiamo parlando. Per rifarci all’esempio di prima, non ci stupisce chiamare la stessa città ‘Istanbul’, ‘Bisanzio’ o ‘Costantinopoli’, né ci stupiamo che alcuni non sappiano quanti abitanti abbia avuto quella stessa città ogni volta che si è trovata ad avere un nome diverso; ci sembrerebbe invece strano, trovandoci a parlare con un uomo dotato di cultura generale scoprirlo a non sapere a che periodo storico fa riferimento ogni nome della stessa città e a cosa sia stato dovuto quel particolare cambio di nome. Sono i pensieri più diffusi, per Frege, a garantire la capacità di comprendersi e a garantire un’oggettività del senso. Un’idea, quella del matematico tedesco, che ammette un’eterna danza di questi pensieri diffusi (alcuni faranno dei passi indietro, vnenedo dimenticati; altri si faranno avanti, diffondendosi pian piano) e una sorta di database open-source che non risiede da nessun’’altra parte se non nella lingua stessa. BIBLIOGRAFIA DI LAVORO: Abbagnano, Nicola (a cura di), Dizionario di Filosofia, terza edizione aggiornata e ampliata da Giovanni Fornero, Torino: UTET, 1998. Dummett, Michael, Frege's distinction between Sense and Reference, 1975, rist. in Dummett, Truth and Other Enigmas, London, Duckworth, 1978, pp. 116-144. Frege, Gottlob, Senso e Significato (1892), in Andrea Iacona e Elisa Paganini (a cura di), Filosofia del linguaggio, Milano: R. Cortina, 2003, pp. 18-40. 7 Look, Brandon C., "Gottfried Wilhelm Leibniz", Edward N. Zalta (a cura di), The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Summer 2016 edition), URL = http://plato.stanford.edu/archives/sum2016/entries/leibniz/ Penco, Carlo, Frege, Roma: Carocci, 2010 Picardi, Eva, Linguaggio e analisi filosofica: Elementi di filosofia del linguaggio, Bologna: Pàtron, 1992. Vocabolario Treccani.it, URL = www.treccani.it/vocabolario 8