Dopo aver pubblicato la favola: "Il paese delle pagine ferme", propongo agli amanti della lettura e ai più coraggiosi, un altro post kilometrico con un'altra favola (sempre dal libro "Il bambino nascosto" di alba Marcoli). Anche questa favola è stata proposta dalla docente del corso di Danza movimento Terapia (che proseguo con convinzione, curiosità ed entusiasmo!), come trampolino di lancio per lavorare sulle emozioni della rabbia e della fiducia; sono emerse una valanga di spunti e riflessioni e a questo punto sono curiosa di vedere e leggere i vostri pareri e commenti, sulla favola o su ciò che vi ha cattutrato di più o qualsiasi altra cosa....Mi aspetto anche di leggere da qualcuno di voi, che la favola non gli "dice niente " e se volete potete dirmi anche perchè.
Favola numero 12
Il gabbiano che giocava col vento
Il gabbiano che giocava col vento
“Nel cuore portavo la spina di una passione;
riuscii a strapparmela un giorno:
ora non sento più il cuore".
(A. Machado, “El limonero l nguido).
riuscii a strapparmela un giorno:
ora non sento più il cuore".
(A. Machado, “El limonero l nguido).
Fra le storie che si raccontavano al tramonto alla Scuola del Mare ci fu una volta anche quella del gabbiano giocherellone. In effetti non era una storia di mare, ma di vento, di quelle scritte sulle onde quando si rincorrevano fra di loro.
C'era una volta un gabbiano che amava molto vedere le cose dall'alto.Tutta la sua giornata era fatta di saliscendi. Saliva verso le nuvole per godersi lo spettacolo e poi scendeva verso il mare in veloci picchiate e si posava sopra le onde per farsi cullare dolcemente. E poi di nuovo su, nel cielo, a salire e scendere di nuvola in nuvola.
Ma la cosa che il gabbiano amava più di tutto erano le giornate di vento, di quello che ogni tanto soffia sul mare e si diverte a formare i mulinelli nell'acqua e nell'aria. Appena il vento giusto arrivava, ecco che il gabbiano si levava in volo per cercare il punto più tempestoso e quando lo trovava si metteva ad ali spiegate e si lasciava andare fiducioso. Allora il vento, che lo conosceva bene, lo prendeva su di sé e iniziava a giocare. Prima lo sosteneva, poi lo lasciava cadere un po', poi lo riprendeva di nuovo e lo sollevava più in alto, poi gli faceva fare un giro di danza e lui era proprio molto felice. Il gabbiano aveva fiducia nel vento e il vento non tradiva la sua fiducia. E così questo rapporto fatto di fiducia andò avanti per molto tempo, con gran soddisfazione di entrambi.
Finché una volta capitò una giornata in cui il vento si era alzato con un gran mal di testa.
Quel giorno era preoccupato perché aveva tante cose da fare ed era proprio arrabbiato col mondo e, avendo poca voglia di pensare agli altri, anche un po'distratto. Ma il gabbiano non si accorse di niente, essendo anche lui preso dai suoi pensieri, e fu così che quando si lasciò andare fiducioso nei suoi mulinelli il vento fu meno pronto del solito a farlo risalire prima che cadesse e il povero gabbiano andò a sbattere contro una roccia e si ferì a un'ala, esattamente nel punto che gli faceva ancora male per una vecchia ferita. In realtà questa cosa gli era successa tante altre volte e non era poi così grave, ma non gli era mai successa con il vento e questo lo spaventò e lo offese moltissimo.
Il gabbiano si allontanò dal mare con la sua ala ferita e volò, volò, volò più lontano che poté, finché arrivò a una città che non conosceva il mare perché era completamente circondata dalla terra e lì si fermò. Vide degli altri uccelli grandi come lui e che gli somigliavano, ma non fece amicizia, si nascose in un angolo e rimase sempre da solo. Ormai il gabbiano non si fidava più degli altri e così visse per tanto tempo solitario e pieno di paure.
Intanto il vento giocherellone, che non si era accorto di come il gabbiano si fosse fatto male, continuava ad aspettarlo per giocare con lui. Ma i giorni passavano e lui non tornava mai, anzi, se n'era persa ogni traccia. Allora il vento, che aveva nostalgia del suo gabbiano, cominciò a cercarlo, prima su tutto il mare e poi anche sulla terra; e gli uomini che non conoscevano questa storia pensavano che doveva proprio essere cambiato il clima, se un vento di mare soffiava così forte anche dove prima non si faceva mai sentire.
Passò così tanto tempo e il vento continuava a cercare il suo gabbiano e lui a nascondersi ogni volta che lo sentiva arrivare da lontano, alla sua ricerca. Però tutti e due si sentivano molto soli e rimpiangevano i giochi di quando erano amici.
Andò a finire che poco a poco il vento si scoraggiò e pensò che non avrebbe più trovato il suo gabbiano. E allora si immalinconì tanto che cominciò a uscire sempre meno di casa e poi a non uscire più del tutto. E quando questo successe, tutto si fermò. Le nuvole stavano ferme nel cielo perché non c'era più nessuno che le spingesse, il mare era immobile, le vele si afflosciavano senza vita e i semi dei nuovi fiori erano ammucchiati tutti insieme perché nessuno li spandeva più nell'aria per preparare i fiori della primavera seguente.
E allora la terra e il mare si impensierirono e decisero di fare qualcosa, ma era difficile sapere che cosa esattamente. Finché un giorno la terra, che aveva buona memoria e un grande cuore, si ricordò della scena del gabbiano che giocava con il vento e pensò che forse il vento era triste per questo ricordo e ne parlò col mare.
«Potremmo provare a farli incontrare di nuovo perché si spieghino le cose e si ritrovino,» disse infine il mare «ma mi chiedo se sia questa la soluzione» aggiunse poi pensieroso.
«Me lo chiedo anch'io,» rispose la terra «perché se questo è successo vuol dire che c'è qualcosa dentro di loro che l'ha provocato e che continua a restare dentro.»
«È vero», rispose il mare «allora se questo qualcosa non cambia è inutile farli incontrare, perché l'episodio potrebbe ripetersi in qualsiasi altro momento della giornata e della vita. Chissà quante altre volte il vento si potrà alzare col mal di testa e il gabbiano si potrà graffiare l'ala proprio nel punto che gli fa più male!»
E così, pensa e ripensa, la terra e il mare decisero di chiamare a raccolta gli uccelli e li incaricarono di prendere nel becco un seme ciascuno, fra quelli tutti ammucchiati insieme, per trasportarli lontano come prima faceva il vento, affinché nascessero nuove piante e nuovi fiori.
Gli uccelli iniziarono un lungo lavoro che durò giorni e giorni e giorni e lo fecero con tutta la cura che ci poterono mettere. Ma per quanto si sforzassero, era proprio difficile trovare il posto giusto per ogni seme perché loro non conoscevano le strade del vento.
Fu così che la primavera successiva, quando le nuove piantine cominciarono a nascere, capitarono le cose più strane. Anzi, sembrava proprio una Babilonia. Per quanto gli uccelli si fossero sforzati, quasi nessun fiore era al posto giusto. Allora la terra andò a svegliare il vento, che sonnecchiava intristito nella sua casa, e lo invitò a fare un giretto per il mondo.
Lui si lasciò convincere, per una sola volta, ma quando fu fuori rimase sbalordito da ciò che era successo.
«Ma questi fiori sono tutti al posto sbagliato!» disse sorpreso alla terra. «Perché è successo questo?»
«Perché sei tu e non gli uccelli che conosci le strade per trasportarli,» rispose la terra «cosicché loro hanno fatto ciò che hanno potuto.»
Fu allora che il vento si rese conto di una cosa che prima non sapeva ed era che la vita aveva proprio bisogno anche di lui e delle sue strade. E fu pure così che il vento decise di tornare nel mondo perché i fiori non soffrissero più nascendo nel luogo sbagliato e perché sentiva che anche per lui quello era il suo posto. E quando tornò a fare il suo antico mestiere si accorse che era molto più bello viaggiare per la terra e per il mare piuttosto che restare intristito in casa in compagnia di un solo pensiero, sempre uguale e identico a se stesso, giorno dopo giorno.
Nel frattempo sulla terraferma, là vicino alla città, anche il gabbiano si era accorto dell'ordine rovesciato delle piante e dei fiori e anche lui era rimasto stupito della cosa.
Anzi, cominciava a capire che diventava difficile anche per gli animali vivere e trovare da nutrirsi, con tutte le piante al posto sbagliato. E anche lui scoprì che, anche se era triste, aveva ancora voglia di respirare e di nutrirsi e di vedere le piante giuste al posto giusto.
E poi c'era un'altra voglia che da un po'di tempo gli stava venendo ed era quella di tornare ad avere nella sua testa dei pensieri diversi che gli facessero compagnia e non sempre lo stesso pensiero, uguale e monotono, identico a se stesso. Un po'come era successo al vento.
E allora si ricordò che ai tempi dei vecchi giochi i pensieri della sua testa facevano risuonare delle cose dentro di lui che gli piacevano, mentre ora gli sembrava che non ci fossero più.
Eppure lui sapeva di averle ancora, sepolte chissà dove, mentre adesso era come se risuonasse sempre e solo la stessa corda, monotona e grigia.
Il povero gabbiano era come un musicista che aveva dentro una musica da suonare, ma non trovava più lo strumento che gli serviva.
Finché un giorno anche lui decise di partire per ritrovare il suo strumento. Sapeva che l'avrebbe trovato al paese del mare e del vento e questo lo intimidiva un po'.
Ma mentre volava ecco che arrivò il suo vento che gli diede un tuffo al cuore, ma lui non lo riconobbe, tanto il gabbiano era intristito e immalinconito.
E quando il vento vide questo gabbiano che avanzava timoroso perché aveva una vecchia ferita, lo prese gentilmente sulle sue ali e lo portò verso il mare per farlo respirare meglio che là, sulla terra lontana. E allora sul mare il vento si mise a giocare scherzoso e il gabbiano stette a guardarlo muto. Poi, piano piano, gli si avvicinò di nuovo e gli chiese di portarlo su una nuvola. E quando lui lo portò, il gabbiano si lasciò andare ai vecchi giochi e il vento, stupito e commosso, lo riconobbe.
E fu così che i due antichi amici si ritrovarono e ripresero a incontrarsi per giocare, loro col mondo e il mondo con loro.
E quando ciò avvenne, la terra e il mare si guardarono soddisfatti. Anche dalle vecchie ferite può nascere sempre qualcosa; in fin dei conti anche nella terra bisogna scavare un solco perché un seme possa crescere. E nessuno, proprio nessuno, può impedire all'erba di crescere a primavera, anche fra i sassi e i rovi, persino fra le tegole sui tetti delle case degli uomini.
E qui finisce la storia del gabbiano che giocava col vento, ma il vento e i gabbiani continuano ancora a giocare.