Leos Carax gira il suo sesto film (qui la filmografia) e come sempre è un film che divide, non ha e non avrà un gran successo di pubblico.
il film è un musical, nel senso che la musica degli Sparks è la protagonista del film, un concept album che voleva essere un musical e Leos Carax se ne innamora, e musical sia.
è un film d'amore, è un film di disamore, un thriller, un film sullo spettacolo e sulla società dello spettacolo, sui bambini e sul loro sfruttamento, sul perdono, che a volte non c'è, sul successo e l'insuccesso, tra le altre cose.
sbaglia chi si aspetta il già visto, sarà deluso, capita che abbandoni la sala prima della fine, lasciatevi prendere per mano da Leos Carax, è il suo film, dopo tutto.
grande super eccelsa prova d'attore di Adam Driver.
il film è in una trentina di sale.
buona visione (e buon Sparks ascolto) - Ismaele
QUI
la colonna sonora degli Sparks, completa
…missione compiuta Monsieur Carax. Che a 60
anni alle prese con il progetto più costoso della sua vita (chapeau a Amazon
che ci ha messo eroicamente i soldi) sa ancora fare benissimo il disturbatore,
il non domabile, il mai domato, l’insoumis. L’autentico fuori norma e fuori
media del cinema parigino. Che qui adotta la forma solo apparentemente
tranquilizzante del musical, più americano e inglese che francese (anche se poi
Demy non può non rispuntare in qualche modo), a sottolineare e potenziare la
consistenza fantastica-fantasmatica anzi mitologica e forsennatamente
antinaturalistica del suo fare cinema…
…Questo film è puro cinema, sempre, anche nelle
sue parti meno riuscite, anche nei suoi buchi neri, lacerazioni, incompiutezze,
irresolutezze, smagliature. La passione tra Henry e Ann si fa storia di tutte
le storie d’amore, archetipo e, nel fallimento, l’esito inevitabile di ogni
amore.
Si parte come in una rom-com con musiche – alcune
belle davvero, trascinanti e chissà se ce la faranno a raggiungere il successo
di massa -, si continua in un Scene da un matrimonio in cui ci si fa del male
pur volendosi bene essendo il bene a generare il male, si sfocia in un thriller
con tanto di assassino psicopatico, si entra nell’universo del fantastico con
scambi e andirivieni tra qui e l’oltreumano. Tutto è spettacolo, tutto è
messinscena in questo Carax (in tutto Carax?), il reale non è altro che
un’estensione dei fantasmi della mente, i due protagonisti si raccontano e si
mettono a nudo stando sempre on stage (c’è sempre un pubblico che osserva,
giudica, ride, applaude, stronca, si infuria in questo film. E Annette è anche, nella sua seconda parte un film
sulla debordiana società dello spettacolo, sull’exploitation del difforme).
Momenti sublimi, molti. Le cavalcate notturne in moto. Le luci della città,
delle città, a comporre una geografia della notte urbana tra Occidente e
parecchio Oriente.
C’è qualcosa nel cinema di Carax che non c’è in
nessun altro cinema oggi. Non tanto un certo surrealismo post-bunueliano come s’è
detto da più parti, quanto un pendolarismo incessante tra il reale e il sogno,
l’allucinazione…
C’erano una volta gli Sparks, un duo rock composto dai fratelli Ron e
Russel Mael, inventori di quello che oggi viene chiamato glam rock (padri di
un’intera generazione di altri gruppi come gli Smiths e i Depeche Mode). Un
giorno, quasi all’alba degli ottant’anni, i due fratelli decisero di scrivere
un film. Un musical: Annette.
C’era
una volta Leos Carax, regista visionario che in 37 anni di
carriera non aveva partorito più di 5 film, uno più singolare dell’altro
(l’ultimo era del 2012: Holy Motors, con Kylie Minogue, degno di nota).
Proprio come gli Sparks, Carax era un autore di culto: gli voleva bene questo
pubblico di nicchia, le star facevano a gara per lavorare con lui. Incuriosito
dalla sceneggiatura degli Sparks – nonché ispirato dalla figlia Nastya – Carax
decise che il film dovesse diventare anche suo.
Infine
c’era Adam Driver: un ex-marine arruolato in tempi un
po’ sospetti, imbenzinato dai tragici eventi dell’11 settembre e dal
patriottismo infuso dal presidente Bush (Junior), quindi scappato dalla vita
militare, scoperto da una serie HBO (Girls di Lena
Dunham) e in breve diventato una delle star più importanti della sua
generazione. Tutti lo volevano, e in tanti riuscivano ad averlo (persino la
Disney, per la nuova trilogia di Star Wars). Anche Leos lo voleva, tanto da
promettergli di aspettarlo per tutto il tempo che sarebbe servito. Ma gli
impegni di una star sono tanti, le riprese possono essere molto lunghe e 5 anni
passano in un batter d’occhio.
Annunciato
per la prima volta a novembre del 2016, Annette ha visto la luce
solo nel 2021, quando è stato selezionato come film d’apertura della 74ª
edizione del Festival di Cannes, diretto da Leos Carax (che poi ha vinto la
Palma d’Oro per la Miglior regia), protagonisti Adam Driver e Marion Cotillard
(nel ruolo che avrebbe dovuto essere prima di Rooney Mara, poi di Michelle
Williams). E come recita il payoff scelto per la distribuzione, è davvero
un’esperienza cinematografica difficile da dimenticare…
…In sinergia con i fratelli Ron
e Russell Mael, fondatori nel 1972 della rock band Sparks, il cineasta
esaspera allora la natura artificiale, anti-realistica di quei versi cantati da
una elegante cantante d’opera e un attore comico, solito andare in scena
vestito solo di un accappatoio verde, un paio di boxer e dei mocassini di
cuoio.
Se
la coppia si mostra improbabile, non è che l’inizio. Quello che si candida come Musical più assurdo di sempre prenderà
il suo titolo dal nome di una neonata realizzata in CGI. Un bambolotto con le
giunture a vista, le orecchie grandi, i capelli rossi e i tratti volutamente
irregolari di un elfo abbozzato al computer, prodotto e vittima del narcisismo
imperdonabile dei suoi genitori.
Il regista e questo bizzarro ensemble ci sfidano così a rinunciare
ad ogni aspettativa, per guardare direttamente negli occhi l’Abisso. E se lo
scopo del gioco era chiaramente pungolare lo spettatore, condurlo oltre i
confini soliti dell’esperienza cinematografica, Leos Carax si conferma il più
crudele, ineffabile, perfetto tra i direttori d’orchestra.
… Holy Motors prova che Leos Carax sa gestire un budget ma soprattutto che non lo abbiamo
amato invano. Invano si cerca invece una formula critica per dire con lo stesso
linguaggio il dritto e il rovescio di questo film, la sua superficie e la sua
intimità, il suo oggetto e il suo soggetto. Perché Holy Motors è una straordinaria
affermazione di arte cinematografica, è il più emozionante, tenero, feroce,
provocatorio e completo ritratto umano che un film possa offrire. Quell’umano si chiama Monsieur Oscar, è un attore ma di un
tipo nuovo che prefigura un mondo prossimo: recita in assenza di ‘camere’. Un
solo corpo, quello di Denis Lavant, per undici personaggi e una doppia
esplorazione: la ricerca di sé e di tutto il cinema perduto.
Se Holy Motors rompe il sonno livido della sua arte, coltivata
nell’intimità del suo limbo, nove anni dopo Annette brucia i confini tra fiction
e realtà e punta il dito sulla tensione irriconciliabile tra
l’opera e l’artista. È un film esagerato Annette, pieno di simboli, allusioni e
omaggi. Sembra il racconto di una storia d’amore, di una
grande, smisurata storia d’amore ma diventa qualcos’altro. Qualcosa di
completamento diverso. È un’opera pop, un dramma
musicale, un film opera, un trip barocco di furore e passione…dove l’amore brucia nel girone infernale dello show business
e l’essenziale dell’azione è cantata. Annette forma quasi un dittico con Holy Motors, moltiplicando i riferimenti e affermando una parentela: la
natura meta-cinematografica del prologo, la struttura in atti, la figura del
gorilla, la limousine come bolla virtuale, teatro ambulante, quadro temporale e
spaziale del film, di tutti i film di Carax, che rinnova la sua leggenda e torna in maestà, con
un’intelligenza dello sguardo che ci fa urlare: ça, c’est du cinéma.