Lavender è convinto di essere il primo horror nella storia del cinema. Di conseguenza si premura di spiegarci ogni cosa più e più volte, sottolineando ogni ovvio simbolismo e annunciando con grandi fanfare sviluppi che noi spettatori avevamo previsto ben prima che lo sceneggiatore li mettesse su carta. In effetti non è un grande spasso.
Nel 1985, in una casa immersa nei campi di granoturco da qualche parte in Canada, una famiglia viene sterminata. L'unica superstite è la piccola Jane, di circa otto anni, che viene ritrovata con in mano un rasoio insanguinato accanto ai corpi martoriati dei genitori e della sorella Suzie.
Balzo nel 2010, Jane vive in città con il marito e la figlia. Non ricorda nulla della sua infanzia né del massacro che l'ha resa orfana, e neppure è interessata a indagare. L'unico legame con il passato consiste in una fascinazione ossessiva per le vecchie case abbandonate, davanti alle quali cade occasionalmente in una specie di trance, specialmente se in zona ci sono dei campi di granoturco, guarda un po'.
Balzo nel 2010, Jane vive in città con il marito e la figlia. Non ricorda nulla della sua infanzia né del massacro che l'ha resa orfana, e neppure è interessata a indagare. L'unico legame con il passato consiste in una fascinazione ossessiva per le vecchie case abbandonate, davanti alle quali cade occasionalmente in una specie di trance, specialmente se in zona ci sono dei campi di granoturco, guarda un po'.
Sicuramente Jane continuerà a vivere nell'oblio come ha fatto negli ultimi 25 anni, non c'è motivo di credere il contrario... e invece no, comincia a ricevere dei regali anonimi che la riportano con la memoria alla tragedia della sua infanzia: una pallina rossa, delle pedine da jacks, delle piccole chiavi, una foto dell'ottobre 1985 che la ritrae con la sua famiglia. Probabilmente tra questi disinteressati omaggi e quella tragedia non c'è alcuna relazione, ma ad ogni buon conto conviene tenere gli occhi aperti.