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venerdì 30 luglio 2021

OLD SOUTH

(di Pasquale Ruju e Giampiero Casertano, 2021)

Una volta l'anno fa piacere tornare tra le tavole giganti del sud ovest degli Stati Uniti in compagnia di Tex e dei suoi pards, in questo caso specifico il solo Kit Carson. Il Texone continua a essere un appuntamento speciale anche per quei lettori che come me hanno da tempo abbandonato la frequentazione con il Texas Ranger più amato nel nostro paese (in altri lidi c'è sempre Chuck Norris da tenere in considerazione), la possibilità di vedere all'opera autori solitamente estranei alle vie battute dal Nostro è sempre un'occasione preziosa; se purtroppo diradano i grandi artisti internazionali che accettano di sobbarcarsi l'impresa titanica, in casa nostra non mancano certo gli autori capaci di tenere in mano la matita con grande merito, per quest'anno l'onore è toccato a Giampiero Casertano, già disegnatore Bonelli per Dylan Dog, Martin Mystère e copertinista di Nick Raider. La sceneggiatura tocca questa volta a Pasquale Ruju, scrittore verso il quale sento un feeling particolare e che difficilmente mi delude.

Old South prende le mosse ai tempi della Guerra di Secessione, siamo nel 1864 sul confine tra Arizona e New Mexico, per gli Stati Confederati del Sud le cose si stanno mettendo male, lo squadrone di soldati sudisti comandato dal Capitano Carraway con l'aiuto del Tenente Dubbs e del Sergente Mallory sta attraversando il territorio Apache tirandosi dietro un cannone colmo fino all'orlo di monete d'oro, un bottino che servirà a garantire agli uomini di Carraway un più che dignitoso futuro una volta che i soldati dell'Unione avranno vinto definitivamente la guerra. Mentre una piccola delegazione di soldati nasconde l'oro del cannone per servirsene una volta che le acque si saranno calmate, gli apache attaccano il piccolo contingente che si porterà nella tomba il luogo segreto della sepoltura dell'oro. Diversi anni più tardi, sfuggiti a un attacco indiano, Tex e Carson approdano nella cittadina di Old South, all'apparenza un luogo tranquillo dove Carraway è il Primo Cittadino, Dubbs lo sceriffo e Mallory il suo vice. Old South è effettivamente una cittadina prospera e tranquilla, gli abitanti si difendono dagli apache, almeno da quelli bellicosi (che non sono la maggioranza) e si dedicano ai loro lavori, in realtà il paese è stato fondato nei pressi del luogo in cui è stato sepolto l'oro nella speranza di ritrovarlo, con il passare degli anni però Carraway si è sinceramente affezionato alla sua cittadina e ai suoi abitanti, ritrovare l'oro non gli preme più di tanto, ma non per tutti è così, in vista poi c'è il rischio di una nuova guerra indiana, cosa che Tex e Kit sono decisi a scongiurare.

La matita di Casertano è bella potente, neri decisi dove servono, linee marcate, segni spessi il giusto, volti molto caratterizzati, tutti con segni distintivi, forse il meno interessante è proprio quello di Tex che per forza di cose deve inserirsi nel solco di una tradizione quasi secolare ormai, Casertano si diverte di più con Carson e con gli altri coprotagonisti della storia sui quali può sfogare maggiore creatività. Ottimo l'inserimento dei protagonisti negli spazi, paesaggi con un senso della profondità accentuato, interni e vedute urbane precise e dettagliate, è un disegno quello di Casertano che dà un senso di compiutezza a ogni tavola. Ancora una volta la sceneggiatura di Ruju si legge molto bene e intrattiene senza fatica né punti morti, il trentasettesimo Texone si rivela così un altro bel viaggio nei territori del vecchio west.

domenica 19 luglio 2020

LA VENDETTA DELLE OMBRE

(di Mauro Boselli e Massimo Carnevale, 2020)

Anno ricco per gli amanti del Tex in formato gigante. Causa la lunga gestazione del Texone di Claudio Villa (l'albo, programmato già da tempo, è uscito infine lo scorso febbraio) possiamo godere di una doppia dose dello Speciale Tex - questo il nome ufficiale del Texone -, il mese scorso è stato infatti dato alle stampe anche l'albo programmato per quest'anno e disegnato dal notissimo Massimo Carnevale, illustratore d'eccezione e copertinista di grande talento. Carnevale inizia a lavorare nel campo del fumetto con la Edilfumetto per approdare poi in Eura Editoriale (oggi Aurea) dove è rimasto per lunghissimo tempo cominciando proprio con le copertine di Lanciostory e Skorpio, riviste antologiche ormai storiche che tutti quanti associano immediatamente all'Eura. Negli anni 90 insieme al compianto Lorenzo Bartoli e ad Andrea Domestici lavora su quello che è divenuto un piccolo culto (e un buon successo commerciale): Arthur King. La notorietà aumenta con lo splendido lavoro fatto nel corso degli anni con le copertine della serie Eura John Doe ancora di Bartoli con Roberto Recchioni, proprio tramite quest'ultimo approda in Bonelli, prima su Dylan Dog con uno degli albi più apprezzati della storia recente della serie, Mater Morbi, per arrivare poi a questo Texone.

Boselli imbastisce per il disegnatore romano un'altra ottima sceneggiatura che mescola diversi elementi portando Tex una volta ancora in quei territori ibridi dove la cruda realtà delle pallottole di piombo incontra il mistero etereo degli spiriti. Come elemento di congiunzione troviamo il Carnivale, il carrozzone itinerante che porta alla gente semplice di provincia il sollazzo macabro dei freaks, dei "fenomeni da baraccone" da ammirare e additare con malcelata meraviglia e stupore (a riguardo si consiglia di recuperare la bella serie tv Carnivale). Questo circo errante, composto in prevalenza da artisti con sangue indiano, è diretto dal mefistofelico Jack Shado, il carrozzone indiano unisce le forze per portare a termine un loro piano di vendetta con i fratelli Fortune, due poco di buono sulle cui tracce ci sono Tex, Carson, Kit e Tiger Jack, cosa che rende il loro cognome davvero fuori luogo. Se i due fratelli sono mossi da pura e semplice avidità, gli indiani hanno da lavare un'onta importante e per far questo si serviranno delle spaventose ombre.

Massimo Carnevale mette il suo stile a servizio del west, della narrazione classica texiana, pur confezionando un bellissimo Texone questo è un po' un peccato. Avendo gli occhi ancora illuminati da alcuni splendidi lavori del disegnatore eseguiti per varie copertine, mi aspettavo un approccio al Texone più sperimentale e personale, che è quello che mi aspetto ogni volta che acquisto un Texone e che purtroppo non sempre ritrovo. Sia chiaro, il lavoro di Carnevale e inattaccabile, uso fantastico degli scuri per ombre e notturni di rara inquietudine, studio delle inquadrature per rimarcare al meglio le sequenze più "orrorifiche" e sovrannaturali, graffi sui volti a definirne cumuli di primavere passate, eccessi di cattiveria, lampi di follia, immota testardaggine. Lavoro eccelso sulle atmosfere, nella resa delle condizioni climatiche ma soprattutto una maestria naturale nel donare spessore immediato ai protagonisti dell'Indian Carnival come Tommy Skeleton, Jim Coyote, Storm, Johnny Bear, L'Uomo Tatuato, la bella Tesan-Win e l'inquietante Strega Ragno. Insieme a quello di Villa il Texone di Carnevale costituisce un'accoppiata preziosa, annata ricca come si diceva, il Tex gigante è ormai un must per gli amanti del western che quest'anno hanno trovato pane per i loro denti.

domenica 15 marzo 2020

L'INESORABILE

(di Mauro Boselli e Claudio Villa, 2020)

Per il quarto anno consecutivo a firmare il Texone c'è un artista italiano, in questo caso uno di quelli già visti su Tex a più riprese nonché copertinista di innumerevoli albi del ranger texano. Manca ancora una volta all'albo speciale il nome di richiamo internazionale, l'ultimo visto su queste pagine è stato Enrique Breccia nel 2016, autore di un Texone fantastico, con una visione dei protagonisti davvero originale e inusuale. Ma attenzione, questa volta la mancanza del talento esotico non si farà sentire, alle matite arriva infatti quello che non si può che definire un "vero mostro" del tavolo da disegno, l'inattaccabile Claudio Villa, uno di quelli che avrebbe da insegnare delle cose praticamente a chiunque. L'alchimia con Boselli c'è e si vede, da tempo i due autori sono tra le colonne portanti dell'albo di Tex, Boselli per le sceneggiature, Villa per le copertine e di tanto in tanto per le tavole delle storie, i due mi sembra possano essere indicati come i genitori adottivi dei quattro pards, orfani di Bonelli e Galeppini prima, di Nizzi poi (tranquilli, è ancora con noi, si sta semplicemente dedicando ad altro), questi personaggi trovano nelle cure dei due interpreti un rifugio sicuro per portare avanti le loro imprese nelle lande assolate del sud ovest americano.

La realizzazione de L'inesorabile non è stata semplicissima, la sceneggiatura di Boselli era stata pensata proprio per le matite di Villa ma avrebbe dovuto esser serializzata su più numeri della testata mensile di Tex, poi arrivò la proposta da Sergio Bonelli (parliamo quindi di qualche tempo fa) di trasferire tutto sul Texone, occasione che ovviamente Villa non si fece sfuggire. Lungo la lavorazione del Texone per Villa ci fu del lavoro supplementare, oltre all'impegno per le copertine del mensile, si aggiunse quello delle cover della Collezione storica a colori allegata a Repubblica, un impegno non da poco che ha rallentato la realizzazione delle matite de L'inesorabile. Così, dopo anni di lavorazione, l'atteso Texone di Villa esce solo quest'anno, l'attesa però sembra più che ripagata.

Nonostante l'impegno principale di Villa negli ultimi anni sia stato quello di realizzare le copertine di Tex, illustrazioni di sicuro impatto ma in qualche modo statiche, lontane dall'arte dello storytelling necessario per costruire una narrazione fluida e dotata del giusto ritmo, sembra proprio che il disegnatore lombardo non abbia perso confidenza con le storie lunghe. Al suo servizio trova un'ottima sceneggiatura di Boselli che riprende un tema caro all'epopea del vecchio west, quello delle famiglie criminali, manipoli di tagliagole capeggiati magari da tre o quattro fratelli, uno più balordo dell'altro, in questo caso si tratta dei Logan, uno della loro stirpe, il finora scaltro Henry, sta per assaggiare l'esperienza della forca, controllato a vista dai tutori della legge di Tucson, Arizona. Questi uomini coraggiosi non basteranno a fermare la furia dei Logan, ed è qui che entrano in scena Tex e Carson per tentare di risistemare le cose.

Il Tex Willer di Villa è forse quello che più di tutti dà l'idea della forza, l'immagine dell'uomo granitico, inscalfibile e capace di porre rimedio a qualsiasi angheria. E così è tutto il Texone di Villa, un'opera che trasuda potenza da tutte le tavole, basti guardare nella seconda pagina la prima inquadratura sul volto dello sceriffo Tom Rupert che dà l'idea da subito di un uomo tutto d'un pezzo. Proprio sui volti Villa produce un lavoro egregio, su quello del giovane Steve traspare una nota fuori posto d'eccessiva sicurezza, Harry Logan ha l'aria del figlio di buona donna, Manuel Logan quella del viscido calcolatore e così via... La scansione della storia in vignette ha un passo molto dinamico, scorre che è un piacere, il lettore si trova catapultato in un'avventura insieme a quello che è il Tex che molti di noi hanno in mente quando si pensa al personaggio, quello di Villa, che insieme al suo creatore grafico Aurelio Galeppini è uno degli artisti che l'hanno ritratto più volte. Villa ci regala anche una versione imperiosa di Tiger Jack e un Kit Carson monumentale, figure leggendarie a loro agio sia tra gli spazi aperti del deserto che tra le assi di legno dei saloon più scalcagnati.

Ognuno poi giudicherà secondo il suo gusto, a mio avviso però oggi Tex è il Tex di Villa, la sua interpretazione è quella che aleggia nell'immaginario collettivo, vuoi per la maestria del disegnatore, vuoi perché centinaia di bellissime copertine hanno ridefinito i tratti del personaggio, fedeli all'idea creata da Galep ma indubbiamente più personali e moderni. Nel corso degli anni non tutti i Texoni sono riusciti a confermarsi indimenticabili, questa trentacinquesima uscita è sicuramente una di quelle da tenere da conto.


lunedì 15 luglio 2019

DOC!

(di Mauro Boselli e Laura Zuccheri, 2019)

Ci sono voluti trent'anni ma anche tra le pagine del Texone, la testata più prestigiosa e importante di casa Bonelli, arriva finalmente una donna a illustrare le avventure dei due pards più famosi del west. Per l'occasione lo sceneggiatore Mauro Boselli conduce la disegnatrice Laura Zuccheri e i lettori direttamente nelle terre del mito, coprotagonisti di questa vicenda sono infatti niente meno che Doc Holliday e la sua donna Big Nose Kate, inoltre diversi sono i rimandi alla storica sfida all'OK Corral che vide protagonisti i fratelli Earp. Pur dentro a quello che è uno degli episodi più noti ed emblematici della storia dell'ovest americano, a confronto con personaggi entrati nella leggenda, Tex Willer e Kit Carson sembrano ancora una spanna sopra tutti, per abilità, intelligenza e caratura morale... certo, ogni tanto un poco di debolezza e umanità anche da loro sarebbe lecito aspettarsela, ma Willer e Carson li scrivono così, c'è poco da fare, raddrizzatorti come questi ce ne sono pochi in giro.

Ma che genere di Texone è quello di quest'anno? Purtroppo questa testata era nata con intenzioni molto ambiziose che quasi da subito si sono dimostrate difficili da mantenere. L'idea di portare ogni anno a disegnare le avventure del portabandiera della Sergio Bonelli Editore un artista di grande caratura internazionale non sempre è stata realizzata nel concreto, questo non vuol certo dire che i Texoni in cui mancava la firma prestigiosa siano stati dei brutti Texoni, anzi, quasi mai è stato così, viene però spesso a mancare l'eccezionalità di vedere all'opera sul Tex nomi come quello di Magnus, di Jordi Bernet, di Joe Kubert o di Enrique Breccia e degli altri maestri che si sono cimentati nell'impresa (perché disegnare un Texone è una vera e propria impresa); senza nulla togliere alla Zuccheri che ha realizzato davvero un buon Texone, anche questa volta manca quello stile unico e riconoscibile di un maestro della nona arte, caratteristica che diverse volte in passato ha impreziosito le numerose pagine del Tex Speciale.

Laura Zuccheri fin dalle prime tavole si adatta alla sceneggiatura di Boselli ed entra anche lei nel mito: veduta sulla ghost town, cavalieri al tramonto con l'ultimo sole alle spalle che proietta le loro lunghe ombre, l'interno di un saloon scalcagnato e una serie di inquadrature molto riuscite. Qualche legnosità di troppo nelle prime pagine che si perde con l'arrivo di Willer e Carson, qualche volto non proprio riuscitissimo (espressioni quasi da horror), un paio di belle tavole in toni di grigio e una narrazione che tavola dopo tavola prende la giusta confidenza con l'ambiente e con i personaggi donando il giusto apporto a una storia che si legge con molto piacere. Probabilmente nel Texone di quest'anno la sceneggiatura eclissa un poco il lato artistico, e questo, per una collana nata con gli intenti del Texone, è comunque un problema, fermo restando che il risultato finale resta più che gradevole. Purtroppo Doc! non rimarrà tra i Texoni da ricordare.

Due parole sulla trama: alcuni esponenti del gruppo di fuorilegge noto semplicemente come "i cowboys" vengono fatti fuori; uno in particolare viene torturato e ucciso su una sedia da dentista, sfigurato con le attrezzature che quel genere di medico usava all'epoca per portare a termine i suoi interventi sui pazienti. Vista la sua ex professione e il risaputo odio che prova nei confronti dei cowboys, coinvolti nelle uccisioni dei fratelli Earp, suoi cari amici, i sospetti si indirizzano sul famoso Doc Holliday, ex dentista e tiratore quasi infallibile. Sulla vicenda vengono chiamati a indagare Tex Willer e Kit Carson che hanno qualche dubbio sull'effettivo coinvolgimento di Doc Holliday negli omicidi. C'è una buona sceneggiatura di Boselli, magari prevedibile sotto alcuni aspetti, che ha il merito di pescare episodi che hanno fatto l'epopea del west e piazzarci dentro i due Texas Ranger con molta naturalezza. Non male, però dal Texone ci si aspetta sempre più di questo. Per il capo d'opera aspettiamo ancora un altro anno.

venerdì 3 agosto 2018

I RANGERS DI FINNEGAN

(di Mauro Boselli e Majo, 2018)

Texone importante questo I rangers di Finnegan se non altro almeno in virtù del fatto che vede la luce nell'anno del trentesimo anniversario della collana, inaugurata nell'ormai lontano 1988. Come sempre più spesso accade anche quest'anno a illustrare l'albo più speciale e atteso del personaggio di punta della scuderia Bonelli è stato chiamato un artista italiano, l'ormai veterano Mario Rossi (quasi non ci si crede) a.k.a. Majo. Nonostante porti uno dei nomi più comuni in Italia, l'artista bresciano ribattezzatosi appunto Majo, emerge dall'anonimato già nei primi anni 90 partecipando al progetto Full Moon Project e, a seguire, unendosi a un gruppo di altri artisti nella realizzazione grafica delle avventure del Lazarus Ledd del mai troppo compianto Ade Capone, contribuendo poi a creare l'interessante serie fantascientifica Hammer. Da lì in avanti per il disegnatore si apriranno diverse strade che porteranno Majo a lavorare sia in Italia (Dampyr per Bonelli ad esempio) sia all'estero.

In questo trentatreesimo Texone il focus della vicenda è incentrato sul corpo dei Texas Rangers, quello di cui sono illustri esponenti proprio il duo di pards composto da Tex Willer e Kit Carson. In origine i Texas Rangers non erano un vero e proprio gruppo organizzato; la necessità di avere un manipolo di pistoleri capaci di difendere le terre del Texas nasceva nei primi decenni del 1800 quando le famiglie di coloni stanziatesi nella zona in numero sempre maggiore, iniziavano ad avere sempre più pressante la necessità di difendersi dalle varie tribù di pellerossa e dalle incursioni dei bandidos messicani. Da qui la designazione di un gruppo di uomini a guardia dei confini e delle proprietà dei coloni, gruppi all'inizio sparuti composti da uomini disordinati, spesso poco più che veri e propri farabutti senza onore, indisciplinati, violenti e inclini alla rissa, non proprio un corpo di polizia da guardare con rispetto e riverenza. Dalla loro prima apparizione e per almeno una quindicina d'anni i rangers del Texas furono un gruppo poco più che anarchico, sregolato, comunque utile alla bisogna per arginare le minacce incombenti dall'esterno dei territori di proprietà dei coloni. Solo nel 1838 la legge riconobbe l'ufficialità del corpo dei Texas Rangers che di lì in avanti prese via via un aspetto più istituzionale, organizzato in reggimenti e un pelo più incline a rispettare la legge e (forse e magari non sempre) anche la buona creanza.

Tre indiani di una tribù forestiera si avvicinano ai territori Navajo protetti da Aquila della Notte, nome indiano del Nostro Tex Willer. Sono il capo Pecos, il saggio Kwinhai e il giovane Tuwik, arrivati dai lontani territori dei Comanche per chiedere proprio l'aiuto di Aquila della Notte. Il piccolo manipolo di pellerossa racconta a Tex, Carson, Kit e Tiger Jack una storia dura da digerire per il gruppo di pards: un massacro di indiani innocenti, compresi donne e bambini, perpetrato proprio dal nobile corpo dei Texas Rangers. I quattro compagni sono propensi a pensare più a un'azione organizzata da qualche gruppo di comancheros, commercianti e contrabbandieri spesso in affari con gli stessi Comanche, ma i tre indiani ospiti dei Navajos si sentono di escludere questa ipotesi, convinti della colpevolezza dei rangers: chiedono così ad Aquila della Notte di portare a galla la verità sull'incresciosa faccenda, cosa che un uomo d'onore come Tex non può rifiutarsi di fare. Così Tex e Tiger si metteranno sulle tracce dei comancheros capitanati da Robledo indagando in quella direzione; Carson e Kit si recheranno ad Austin cercando di infiltrare il figlio di Tex tra le fila dei Rangers di Finnegan, un capo carismatico che si è guadagnato la fedeltà dei suoi uomini, qui cercheranno di capire se il manipolo locale dei Texas Rangers ha qualcosa da nascondere.

Mauro Boselli imbastisce una trama funzionale, molto classica e forse un pizzico troppo prevedibile, andando a confezionare l'ennesimo Texone riuscito che però farà fatica a farsi ricordare, perso tra altre prove, molte delle quali dello stesso Boselli, riuscite meglio di questa. Si segnala un'attenzione particolare per Kit Willer, messo sotto i riflettori più di altre volte, un buon incip d'azione in quel di Austin e la solita maestria nel confezionare una buona storia affidandosi al mestiere. L'apporto di Majo all'epopea texiana si rivela sicuramente apprezzabile anche se, pur offrendo una visione inedita del ranger, non lascia il lettore a bocca aperta per lo stupore. Nonostante il disegnatore non sia uso ai territori del western, Majo dimostra di trovarsi completamente a proprio agio tra i territori polverosi dell'Ovest americano, il suo west è impeccabile e si nota soprattutto il suo bel lavoro sugli scuri, sui notturni, meno interessante invece la caratterizzazione dei personaggi comunque in ogni caso resa in maniera sempre più che professionale. Insomma, anche I rangers di Finnegan si rivela un buon Texone, non proprio quell'uscita memorabile che ogni anno dal Texone ci piacerebbe aspettarci.

giovedì 8 marzo 2018

IL MAGNIFICO FUORILEGGE

(di Mauro Boselli e Stefano Andreucci, 2017)

Con Il magnifico fuorilegge si giunge al termine della lunga carrellata sui Texoni finora prodotti dalla Sergio Bonelli Editore nel corso di questi trent'anni; il primo albo speciale, Tex il grande, risale infatti al 1988 e fu opera portata a termine dall'immarcescibile Claudio Nizzi con i disegni di Guido Buzzelli. Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora, il Texone tuttavia gode ancora di buona salute grazie al fascino dei nomi di richiamo arruolati di volta in volta per prendersi cura della parte grafica dell'albo e grazie alle tavole giganti sempre di fortissimo impatto. Quest'anno si taglia l'importante traguardo dei 30 con l'uscita prossima ventura che salvo eccezioni dovrebbe cadere come al solito in Giugno.

A un passo dal trentesimo anniversario in Bonelli, grazie alla sceneggiatura dell'ormai veterano Boselli, si decide di ricorrere al flashback per narrare un'avventura giovanile di Tex ambientata all'epoca in cui il Nostro era ancora considerato dalle autorità un (magnifico) fuorilegge. A illustrarla viene chiamato Stefano Andreucci, autore già noto ai fan della Bonelli grazie ai suoi lavori su Dampyr e Zagor. Nonostante l'impeccabile lavoro portato a termine da Andreucci sulle tavole di questo Texone, a risaltare è proprio la decisione di portare sotto i riflettori un Tex giovane mai visto prima tra le pagine dell'albo gigante. L'occasione si presenta grazie a un bivacco, questa volta non ci sono nemici da affrontare, da ammazzare c'è solo il tempo, così Tex, davanti a un fuoco, racconta al suo pard Carson e al figlio Kit di quella volta in cui incontrò il giovane Will Kramer e tutta la feccia del villaggio di Robbers' Nest.

Forse non tutti sanno che... in origine Tex si fece una bella fama di fuorilegge in seguito alla sparatoria di Culver City, episodio scatenato dal desiderio di vendetta nato nel futuro ranger dopo l'omicidio del fratello Sam, è lo stesso Tex a raccontarci di come però la cosa fu usata da una manica di farabutti per addossare al giovane anche colpe a lui estranee, cosa che un caratterino difficile come quello di Tex non poteva di certo digerire. È proprio nel tentativo di porre rimedio a questo torto che la strada di Tex incontrerà quella del giovane Will Kramer, un buon diavolo, abile con la colt ma ancora immaturo e troppo desideroso di mettersi in mostra, e quella dei desperados di stanza a Robber's Nest, un vero covo di delinquenti dove regna un'anarchia controllata solo dai comandanti di due fazioni avverse, i loschi Schirmer e Mendoza.

È un'ottima sceneggiatura quella di Boselli che ci racconta le peripezie di un giovane Tex Willer per riabilitare almeno in parte il suo nome, Il magnifico fuorilegge è un racconto di stampo classico, dove risaltano valori come onore e amicizia ma dove aleggia anche l'ombra del tradimento. Andreucci disegna tavole spettacolari che donano a Tex un taglio molto moderno, la versione giovane del protagonista fa ben risaltare l'arroganza e la sicumera di un tipo duro in giovane età, le linee sicure richiamano alla mente anche un certo tipo di fumetto americano (mi vengono in mente i Kubert figli ad esempio), la scansione della narrazione risulta molto dinamica e c'è anche una buona varietà di tipi fisici, compresa una certa dimestichezza con la sensualità femminile. Si attende ora fiduciosi il Texone del trentesimo anniversario.


domenica 10 dicembre 2017

CAPITAN JACK

(di Tito Faraci e Enrique Breccia, 2016)

Capitan Jack è il genere di Texone che personalmente vorrei sempre vedere in edicola, un'opera che travalica i confini nazionali, esula da tutto ciò che già è stato visto in casa Bonelli, un albo che propone in copertina il nome di un grande maestro del fumetto ma soprattutto presenta tavole al suo interno dalla personalità spiccata, insomma, traducendo in poche parole, è un Texone che ha il vero sapore dell'evento. Lasciamo perdere che la sceneggiatura di Tito Faraci qui non si avvicina nemmeno lontanamente all'essere una delle più interessanti o memorabili partorite per il più noto tra i ranger del Texas, la storia si lascia leggere, accompagna le tavole di Breccia senza particolari sussulti, ma non è questo un problema, certo una bella storia appassionante sarebbe stata meglio, ma di buone storie di Tex se ne trovano tutti i mesi nella serie regolare, nei volumi speciali e nelle varie ristampe dedicate al personaggio, qui è l'interpretazione che conta.

L'approccio di Enrique Breccia al Tex è più caricaturale e caricato di quello cui siamo abituati noi lettori, ciò nonostante il disegnatore argentino, figlio del grande Alberto Breccia, riesce a non togliere forza e ruvidezza al personaggio, anzi, dona a Tex uno sguardo duro e all'occasione il giusto ghigno beffardo. La prima tavola si apre con un campo lungo, vista dall'alto su un tipico ranch di coloni, la scena è osservata da quello che sembra l'occhio spettrale di un gufo, la tavola è armonica, i tantissimi brevi tratti ordinati segnano gli scuri delle vignette, i volti di Elizabeth e di suo padre sono carichi, i nasi accentuati, i tratti forti, Breccia si sofferma sui dettagli del paesaggio, piccoli animali, in vignette d'attesa che dettano i tempi, c'è una grandissima capacità di sguardo, tanto dinamismo, volti ed espressioni magnifiche. Tex compare per la prima volta in questo albo mostrandosi in una vignetta di profilo, massiccio, mento pronunciato, naso aquilino, in tutto il suo vigore, le dinamiche di Breccia sembrano nate per il cinema, angolature molto varie, avanzi da galera della peggior specie, sequenze movimentate, una maestria degna di un grande nell'illustrare la notte, i boschi, le inquadrature strette sulle mani, sugli oggetti, sulle bestie.


In alcuni flashback Breccia cambia tecnica, alleggerisce il tratto, elimina i neri pieni continuando a tenere un altissimo livello di dettaglio, regalandoci tutto il dinamismo di una stampede, il furore delle battaglie, la bellezza della natura, tavole dal sapore più sognante, altre più cruente e terrene. Davvero uno dei pochi casi dove una storia non così memorabile non va a inficiare il lavoro di una artista così personale e riconoscibile. A mio modo di vedere uno dei Texoni più interessanti in assoluto, almeno per quel che concerne il reparto grafico, peccato non sia possibile ogni anno ammirare un'interpretazione del Tex così originale.

venerdì 8 settembre 2017

TEMPESTA SU GALVESTON

(di Pasquale Ruju e Massimo Rotundo, 2015)

Dopo l'ottimo esito del precedente Texone, L'orda del tramonto, viene confermato per la seconda prova consecutiva alla sceneggiatura del Tex Speciale lo scrittore Pasquale Ruju al quale questa volta si affianca il disegnatore romano Massimo Rotundo. Nel corso degli anni mi è capitato diverse volte di leggere critiche severe al lavoro di Ruju, soprattutto in relazione agli albi di Dylan Dog da lui sceneggiati, questo un poco mi dispiace perché nelle storie di Ruju che mi è capitato di leggere all'interno di serie diverse, io alla fine mi sono sempre sentito un po' a casa. Probabilmente Ruju non è tra gli scrittori più originali e innovativi in circolazione, ha dei modelli che segue forse con fin troppa passione senza mai distaccarsene troppo, eppure ho come l'impressione che a Ruju piacciano le stesse cose che piacciono a me, questo a prescindere dall'originalità dei suoi scritti, proprio per questioni di affinità, me lo fa apprezzare praticamente sempre. La storia di questo Texone non fa eccezione.

È proprio il mix di elementi che anche questa volta mi ha fatto apprezzare la storia imbastita da Ruju: c'è l'America degli stati del sud, quella economicamente legata allo schiavismo, ritratta proprio nel momento in cui questa risorsa viene meno e i neri d'America, almeno sulla carta, ottengono i loro primi diritti, c'è un'ambientazione molto urbana e cittadina, con i suoi bei saloon, i vicoli bui, il porto, parecchi interni, ci sono dei buoni compagni di viaggio per Tex e Kit, una bella figura femminile forte e intelligente e ovviamente due o tre figli di buona donna. Gli ingredienti sono mescolati bene e offrono una bella narrazione, solida, di quelle che regalano qualche oretta di soddisfazioni.

Il Colonnello Woodlord è un possidente che sfrutta la manodopera negra nelle sue piantagioni, l'abolizione dello schiavismo però ha reso le cose più difficili anche per lui, proprio per questo il Colonnello non naviga più in acque economicamente tranquille. Con l'appoggio del corrotto giudice Trent, il Colonnello si garantisce lo sfruttamento dei condannati neri, anche quelli condannati ingiustamente, che alla prigione possono preferire per legge il lavoro nelle piantagioni di qualche ricco possidente. Fatta la legge, trovato l'inganno. Allo stesso tempo e nella stessa zona Tex e Kit Carson sono sulle tracce di un manipolo di assassini rei di aver steso un collega ranger. A Galveston i due si imbattono quindi nel nuovo sceriffo e nella bella Miss Eleanor, proprietaria del miglior saloon della città, va da sé che la figura della damigella in pericolo è servita. Le trame si incroceranno fino a portare alla decisiva Tempesta su Galveston.

Ammetto che i disegni di Massimo Rotundo non rientrino nel novero dei miei favoriti per quel che riguarda la collana del Texone, nel complesso si parla sempre del lavoro di un grande professionista, eppure alcune spigolosità nei volti, una certa discontinuità nella resa grafica di quello di Tex non incontrano proprio i miei gusti. Manca a mio modo di vedere la meraviglia del soffermarsi davanti alla tavola che ti stupisce, c'è un bel lavoro sugli interni, su diversi piani ampi e su alcune vedute che mi sono piaciute particolarmente, ma nel complesso ho trovato il lavoro di Rotundo ben realizzato e godile ma nulla più, cosa che comunque, unita a una buona storia, rende Tempesta su Galveston una bella lettura.

domenica 3 settembre 2017

AURELIO GALLEPPINI IN ARTE GALEP

Ogni appassionato di Tex riconosce la firma di Aurelio Galleppini, in arte Galep, a prima vista, quella grande G che si interseca obliqua con la A, le restanti lettere comode, adagiate nella pancia dell'iniziale. Non meno inconfondibile è il tratto del creatore grafico del ranger del Texas, a tutti gli effetti uno dei due padri putativi dell'ex fuorilegge con la camicia gialla (l'altro è ovviamente Gianluigi Bonelli). A cent'anni esatti dalla sua nascita ci sembra giusto ricordare un artista così importante per la cultura popolare italiana, il "suo" Tex ancora oggi, a quasi settant'anni dalla nascita, è il fumetto più venduto di casa Bonelli e non solo, una creatura che in qualche modo è riuscita a unire diverse generazioni nella passione per l'avventura e il western, genere un poco messo da parte negli ultimi decenni ma che grazie a Tex ancora fa capolino mensilmente nelle edicole di tutta Italia.

Nato nel 1917, Galep (per l'affetto che per lui nutriamo ci permettiamo di chiamarlo così) si afferma nel mondo del fumetto in un'epoca in cui il disegnatore era un artigiano, un forzato del lavoro stretto dai tempi di consegna e da incarichi plurimi. Nel 1948, anno di nascita di Tex, la Sergio Bonelli Editore ancora non esisteva, almeno non con questo nome, c'erano invece le Edizioni Audace che facevano capo a Tea Bonelli, ex moglie del creatore di Tex: Gianluigi Bonelli. Proprio la signora Bonelli pensò ad Aurelio Galleppini, già forte di diverse esperienze professionali tra le quali quella con Arnoldo Mondadori Editore e con l'Avventuroso di casa Nerbini, per affidargli le matite di ben due nuove proposte: Occhio Cupo e La Collana del Tex.

Più che nei primi albi della serie a strisce di Tex, l'arte di Galep si poteva ammirare proprio sulle tavole di Occhio Cupo, personaggio appartenente al genere cappa e spada e sul quale la casa editrice puntava molto: albo in grande formato, quindicinale e dal prezzo doppio rispetto a quello delle strisce settimanali, imponeva a Galleppini di concentrare gran parte degli sforzi del suo lavoro su questo titolo. Grazie alle tavole più ampie e al maggior investimento adoperato sulla testata (la collana Serie D'Oro Audace), sia in termini artistici che di aspettativa, sulle pagine di Occhio Cupo possiamo ammirare un Galep con una marcia in più rispetto a quello del primissimo Tex. Le vignette sono dettagliate, maggiore è l'attenzione ai volti, al lavoro sulle ombreggiature, i segni si moltiplicano e sono usati con particolare maestria nel costruire immagini di forte impatto, sicuramente aiutate dal più ampio spazio a disposizione. Tutti elementi di stile meno rintracciabili tra le pagine delle strisce di Tex, fumetto nato per essere puramente popolare, di poche pretese e dal quale la stessa casa editrice non si aspettava più di tanto, pronta a sostituirlo con altro alle prime avvisaglie di stanca. Prendendo in mano Il totem misterioso, primo albo di Tex, è evidente come la priorità professionale dell'epoca per Galep non fossero le storie del ranger: fondali non molto ricchi, poca varietà nei volti (tranne quello di Tex che guarda allo stesso Galep), un tratto più affrettato e spesso poco definito, ma anche tanto dinamismo, grande confidenza con i cavalli (notoriamente incubo di molti disegnatori), una bella capacità di infondere sensualità alla figura femminile e soprattutto una velocità produttiva senza eguali, sforzo stoico e continuativo che porterà Galep a sobbarcarsi da solo le prime 100 uscite de La Collana del Tex. Come sanno anche i muri, fu poi proprio Tex a ottenere un buon successo commerciale (ottimo in seguito), mentre il più sfortunato Occhio Cupo fu archiviato dopo solo una dozzina di episodi.


Così albo dopo albo, Galep contribuisce non solo a dar forma alla fantasia a briglia sciolta di Gianluigi Bonelli, ma anche a creare quella mitologia "texiana" così viva ancora oggi nella serie mensile: nel giro di poche uscite il disegnatore toscano (di nascita) imprime negli occhi dei lettori non solo un protagonista e lo scenario western in cui si muove, ma anche i volti di noti comprimari come il sodale Kit Carson, il ribelle messicano Montales o ancora Steve Dickart in arte Mefisto, caratteri sempre cari ai fan dell'epopea di Tex. Non manca inoltre di ibridare i topoi del genere con soluzioni più esotiche dettate da esigenze di sceneggiatura, guardando al cinema, allo stesso fumetto ma anche ai luoghi della sua vita. Non mancava nemmeno il tocco umoristico nei primi albi di Tex disegnati da Galep, non era affatto inusuale infatti trovarvi elementi comici disseminati nei colonnini delle didascalie, caricature stilizzate di animali vari: pesci, uccelli, soprattutto cani che in qualche caso sconfinano anche all'interno della vignetta (vedi striscia 8 de La freccia della morte), residui di un giovanile amore per il disegno umoristico e di vecchi lavori realizzati per il mondo dei cartoni animati.

Da queste parti amiamo Galep per il Tex, creatura sua che l'ha accompagnato quasi fino al giorno della morte sovvenuta nel 1994; quattro anni prima Galep lasciò il segno anche sulla collana più prestigiosa dedicata al ranger, disegnando il terzo Texone (Il segno del serpente, 1990) in un momento storico in cui ormai la matita dell'artista era incerta ma ancora capace di sfornare una mole incredibile di tavole a tempo record, togliendo le castagne dal fuoco in quell'occasione a un Sergio Bonelli in difficoltà, causa la lentezza degli artisti designati alla produzione dei nuovi albi giganti (realizzare un Texone non è impresa da tutti, soprattutto se con tempi stretti). Così il Texone di Galep ha il sapore di un lussuoso ritorno a casa, un tratto noto, maturato nel corso degli anni, finalmente da assaporare in grande formato. Il Tex di Galep è sempre stato molto particolare, originale quasi, con un taglio del volto molto diverso da come l'hanno dipinto artisti più moderni, meno bello forse, ma assolutamente unico. Ne Il segno del serpente è proprio sui volti che spicca la particolarità del tratto del disegnatore: gli avversari, i cattivi, mostrano in faccia la corruzione dell'animo, se i nostri eroi non sono così belli gli antagonisti diventano decisamente brutti. Brutti ma, soprattutto nei primi piani, molto, molto espressivi. Si ammirano ancora le tavole scure, zeppe di segni e la devozione di un artista votato anima e corpo al suo lavoro.


Come dicevamo, qui amiamo Galep per il Tex. Questo nulla toglie ai precedenti lavori del disegnatore, che noi conosciamo e amiamo meno, ma che l'artista ricorda forse con maggiore affetto di quello che sembrava nutrire per Tex, un compagno di vita che gli ha dato da mangiare ma che, come lui stesso afferma, "gli ha anche chiuso la mano". La produzione intensiva aveva infatti fatto perdere a Galep quella che era la sua formazione artistica da autodidatta dell'illustrazione e della pittura, il fumetto è sempre stata una passione risalente all'età giovanile, nata grazie alle storie di Flash Gordon ma anche, e soprattutto, la via per tirare a campare, così, per stessa ammissione dell'autore, alcuni lavori erano pagati pochissimo e quindi tirati via (quelli per L'Intrepido ad esempio) perché si doveva necessariamente puntare sulla quantità. Altre cose invece lo stesso Galep le ricordava con affetto, i primi racconti illustrati per l'infanzia commissionatigli dalle Edizioni Modellina ad esempio permettevano al disegnatore di cimentarsi proprio con quel tratto umoristico a lui congeniale, in seguito i fumetti illustrati, con sole didascalie per Mondadori e per L'Avventuroso, lavori che presentavano tavole di grande eleganza, ricercate, con dettagli tecnici e paesaggistici che raramente abbiamo visto nel Tex di Galep, soprattutto il primo. Poi l'esperienza con Nerbini che Galep ricorda con affetto, storie di guerra e tante illustrazioni, copertine di libri popolari realizzate con lo stile di un illustratore navigato, di quelle che ancora adesso si lasciano ammirare. Poi si arrivò al '48 e a Bonelli.

Tutto quello che abbiamo già detto, tutte le copertine dei primi 400 numeri di Tex, migliaia di tavole prodotte, ristampe che ancora oggi si affastellano l'una sull'altra, l'ultima iniziata pochi mesi or sono con la riproposta integrale del Tex, a partire dalla prima serie a strisce riadattata in un formato ad albo a colori, un lavoro immane. Ovviamente nemmeno la Sergio Bonelli Editore si farà sfuggire l'occasione del centenario per festeggiare e omaggiare ancora una volta Galep, in settembre il numero annuale di Avventura Magazine sarà dedicato proprio a lui, salvo modifiche dell'ultima ora dovrebbe offrirci la possibilità di vedere l'autore all'opera non solo su Tex (con la ristampa di Silver Bell), proponendo le ristampe del primo episodio di Occhio Cupo (Il giuramento del forzato) e una riduzione in vignette de Il libro della giungla. Lo aspettiamo con immutato affetto e malcelata impazienza.

martedì 20 giugno 2017

L'ORDA DEL TRAMONTO

(di Pasquale Ruju e Corrado Roi, 2014)

Chiudevo il pezzo sul precedente Texone, un poco deludente a mio avviso, con la frase "Lo compri, lo leggi, te lo godi anche, ma poi si guarda avanti aspettando qualcosa di meglio". Con il ventinovesimo Tex Speciale, nonostante si continui a pescare dal noto serbatoio Bonelli, quel qualcosa di meglio è effettivamente arrivato. Si mischiano le carte, alla sceneggiatura arriva Pasquale Ruju e i disegni sono affidati a quello che a tutti gli effetti è ormai un giovane maestro della nona arte: Corrado Roi. Nonostante Roi abbia lavorato su diversi personaggi (per ultimo il suo Ut) non solo di casa Bonelli, è principalmente a Dylan Dog che il lettore associa le matite del disegnatore lombardo andando subito con la memoria a episodi ormai divenuti dei piccoli cult come Il fantasma di Anna Never o Dal profondo. Ruju si dimostra qui intelligente e scafato nell'imbastire una trama capace di cogliere e valorizzare al meglio la natura inquieta del tratto di Roi, applicandola in maniera credibile a uno scenario classicamente western contaminato da qualche punta di mistero all'apparenza in odore di sovrannaturale. Il villain di turno è di quelli di peso, spaventoso e crudele, degno epigono di figure capaci di suscitare i giusti tormenti come potrebbero essere quelle del cavaliere di Sleepy Hollow o il famoso Conte Dracula. Forse non si arriva a tanto ma posso garantirvi che, passeggiando la sera, non vorreste incontrare nemmeno questo Vladar, sorta di apparizione fantasmatica capace di rivelarsi invece violentemente concreta e spietata, condottiero di un manipolo di cavalieri neri altrettanto brutali votati al massacro insensato e ingiustificato. Talvolta un atto di pietà verso un sopravvissuto, unico modo per diffondere la leggenda e il terrore legati a questo spaventoso colosso omicida.


Ma ogni azione ha i suoi motivi, non sarà facile per Tex e Carson scoprire quelli che stanno dietro ai comportamenti di Vladar, soprattutto nella strana cornice di un castello in stile europeo costruito nel bel mezzo degli Stati Uniti di tardo Ottocento. Le atmosfere di Roi sono semplicemente perfette per descrivere la tensione che nasce da una vicenda tetra, come sono ottime  le sue matite nel tratteggiare con segni asciugati, sporcati dai neri, a volte abbozzati in una sintesi magnifica, il personaggio carismatico di Vladar. Si intuisce già qualcosa di quello che si vedrà in seguito nelle stupende tavole di Ut, nonostante manchino sequenze visionarie e prettamente orrorifiche il lato buio di Roi non fatica a manifestarsi anche ne L'orda del tramonto, nelle espressioni trasfigurate dei volti, nei crepuscoli, negli schizzi di sangue, nelle figure inquietanti. Fuori dalle sue caratteristiche, nei territori del west, delle colt e degli spazi aperti, Roi si dimostra ancora una volta artista di razza in uno dei Texoni graficamente più interessanti.

Ottimo albo dove la sintesi tra sceneggiatura e matite trova perfetto compimento, rimane nella storia dell'albo speciale un confronto memorabile che anche i due pards non dimenticheranno facilmente.

lunedì 8 maggio 2017

I PIONIERI

(di Mauro Boselli e Andrea Venturi, 2013)

Periodo parco di grosse novità questo di inizio anni 10 del nuovo millennio per il Texone, dopo Seijas e Civitelli, nomi già noti ai lettori Bonelli, è il turno di Andrea Venturi di apporre la firma in calce alle duecentoquaranta pagine dell'albo speciale dedicato al ranger del Texas. Questa volta rientra davvero tutto in un'onorevole medietà, una buona storia, classica, senza particolari sorprese e un lavoro da parte del disegnatore di turno diligente, inappuntabile nella sua professionalità, capace di avvalersi del valore aggiunto della tavola grande che raramente delude. Che poi al Texone si possa chiedere qualcosa di più è desiderio sacrosanto, l'albo ci ha abituati bene, il lettore si aspetta sempre qualcosa di straordinario che purtroppo non sempre si può avere. Trovare l'artista internazionale di grido o di comprovata maestria disposto a legarsi a un lavoro che per mole è un impegno oneroso in termini di tempo e fatica non deve essere poi così semplice.

Boselli ormai sceneggia con il pilota automatico, degno erede di Claudio Nizzi, difficilmente imbastisce storie che annoino, se si ama il western si apprezzeranno le trame dello scrittore che col genere ormai ha una confidenza naturale. Alla ricerca di trafficanti di armi e di acqua di fuoco, Tex, Carson, Kit e Tiger Jack incroceranno la strada di una carovana di pionieri intenti ad attraversare le terre degli indiani Piutes, tra loro anche una coppia alla ricerca del figlio ormai scomparso da anni.

Non c'è tantissimo altro da dire su I pionieri, una storia che avrebbe potuto finire a puntate tranquillamente sul mensile di Tex, l'albo risulta essere uno dei più anonimi e meno interessanti dell'intera storia del Texone (a mio gusto personale almeno), come accennavo sopra le tavole di Venturi non si possono criticare, anzi, lavoro professionale lungo il quale però si fatica a trovare il guizzo, la tavola che colpisce l'occhio o la vignetta che ispira meraviglia. Tutto fila via liscio come l'acqua, la narrazione, il ritmo della storia, i disegni, in una combinazione capace di garantire il giusto intrattenimento. Però, appunto, dal Texone è lecito aspettarsi qualcosa di più. Non male ma non sarà certo questo uno degli albi della serie che tra qualche anno i fan ricorderanno. Lo compri, lo leggi, te lo godi anche, ma poi si guarda avanti aspettando qualcosa di meglio.

lunedì 27 marzo 2017

LA CAVALCATA DEL MORTO

(di Mauro Boselli e Fabio Civitelli, 2012)

Nulla di particolarmente esotico nel Texone datato Giugno 2012, Mauro Boselli e Fabio Civitelli sono nomi noti per i fan del ranger e in generale per chi segue la produzione di Sergio Bonelli Editore. La novità sta, come al solito, nella possibilità di ammirare il lavoro di un ottimo disegnatore come Civitelli sulla tavola ampia e ariosa dell'albo speciale dedicato a Tex Willer, e sia chiaro, questo non è un vantaggio da poco. Come al solito viene da pensare che sul Texone ci si aspetta di vedere il tratto inedito, l'artista internazionale o la matita poco usa a frequentare il West e dintorni, quando questo non è possibile c'è da dire che le scelte interne alla casa editrice, che non danno mai l'impressione di essere meri ripieghi, sono sempre azzeccate e garantiscono comunque la tenuta di uno standard qualitativo medio alto.

Nella fattispecie l'impegno certosino di Civitelli ci permette di poter godere di tavole realizzate con una pazienza e una precisione maniacale, paesaggi notturni costruiti con la tecnica del puntinato che rendono splendidamente le atmosfere delle ore notturne, con la Luna a rischiarare un poco il cielo, nascosta dietro a nuvole pronte a creare giochi di luci e ombre che sono chiaro segnale della maestria del disegnatore aretino. Poi, con il sorgere del sole, esplode la linea pulita e sicura di un artista dallo stampo classico che sembra fatto apposta per il western. Qualche campo medio, i cavalli in movimento e sei praticamente al cinema.

A livello di sceneggiatura Boselli torna a esplorare il lato più fantastico (o presunto tale) dell'epopea Texiana, ricorrendo all'utilizzo del personaggio del Morisco, el brujo, e del suo servo Eusebio, sempre fedele e allegro come un camposanto a mezzanotte. Per mio gusto personale, questo è il filone che apprezzo meno nelle avventure di Tex, non amo particolarmente il Morisco così come non gradisco Mefisto, Yama e tutte quelle avventure dove sono presenti strane sette, sentori sovrannaturali e via dicendo. Poi magari la storia è anche ben scritta e allora è possibile godersela ugualmente, in linea di massima però preferisco quando i nostri pards si trovano a dover affrontare pistoleri, farabutti, indiani inviperiti o semplici figli di buona donna.


Qui Boselli si ispira alla leggenda di Sleepy Hollow per costruire il personaggio di El Hombre Muerto, cavaliere senza testa che si aggira ai confini con il Messico in cerca di vendetta. Ed è stato proprio il corpo dei ranger del Texas a dar vita alla spettrale leggenda tempo addietro e oggi i loro creatori ne stanno subendo le conseguenze in prima persona. Con l'aiuto del Morisco saranno Tex, Carson, Kit e Tiger Jack a dover dipanare la matassa e a mettere fine a una leggenda che sta iniziando a diventare scomoda.

Sicuramente La cavalcata del morto non si fa notare per essere uno dei Texoni più innovativi e interessanti finora pubblicati, ancora una volta si rivela però una piacevole lettura e un modo per ammirare delle tavole con una confezione di qualità superiore alla media.


martedì 7 febbraio 2017

LE IENE DI LAMONT

(di Claudio Nizzi e Ernesto Garcia Seijas, 2011)

Dopo un'assenza di quattro anni, Claudio Nizzi torna a dirigere le vicende del Texone, lo fa accompagnando tra le pagine del nuovo albo l'argentino Ernesto Garcia Seijas, autore dal tratto chiaro e pulito, già noto ai fan degli albi Bonelli per il lavoro svolto sulle pagine di Julia e su diversi albi dedicati al nostro ranger preferito.

Questa volta si abbandonano gli spazi ampi, i deserti e le vaste praterie, l'azione è tutta concentrata tra le vie della cittadina di Lamont con diverse capatine al ranch Circle T la cui legittima ereditiera, la giovane e gentile Katie Evans, sembra essere stata estromessa dal testamento paterno con un raggiro ben orchestrato dall'amico di famiglia Harry Strode, dalla sua giovane e avvenente matrigna, la bella Vera, e da alcuni notabili del paese. La giovane Katie potrà però contare non su uno ma su ben due eventi fortunati. Il primo sarà ovviamente la presenza a Lamont di un poker d'assi di nostra conoscenza, il secondo il fatto che il vecchio Martin, quasi uno zio per la giovane Katie, impiegato al ranch, sia anche una vecchia conoscenza di Tex e soci. Potranno mai Tex, Carson, Kit e Tiger Jack esimersi dal raddrizzare un torto ai danni di una bella e giovane fanciulla? Inutile chiederselo.

Probabilmente la sceneggiatura di Nizzi, seppur solida e senza sbavature, non risulta essere tra le più avvincenti costruite per le pagine di un Texone, detto questo devo ammettere che personalmente l'ambientazione molto urbana, giocata tra le strade della cittadina, all'interno di hotel e saloon, in uffici testimoni di loschi complotti e dentro case più o meno accoglienti, a me non spiace affatto. Le tavole di Garcia Seijas sono caratterizzate da linee chiare, pulite, tratti decisi e definiti, guardano molto all'aspetto reale delle cose, basti osservare il dettaglio profuso nel delineare capelli, baffi, sopracciglia che donano un look molto veritiero ai suoi personaggi, splendide le sue donne ancora una volta protagoniste della storia, sembra passare poi a un'indole decisamente più divertita e scanzonata nelle sequenze dove Tex e soci scatenano il loro solito parapiglia a suon di cazzotti. Indubbiamente un'ottima prova da parte dell'Argentino.

Anche se forse meno coinvolgente ed entusiasmante di altri Texoni, anche Le iene di Lamont si rivela a conti fatti un'altra ottima tacca sulla cintura della serie.


giovedì 12 gennaio 2017

VERSO L'OREGON

(di Gianfranco Manfredi e Carlos Gomez, 2011)

Il 2011 vede un doppio esordio sulle pagine del Texone. Se quello del disegnatore, cambiando esso ogni anno, era scontato, non altrettanto lo era quello dello sceneggiatore, ruolo che finora si erano sobbarcati Nizzi in primis e poi Boselli con un'unica incursione dell'outsider Gino D'Antonio. Al gruppo ristretto si aggiunge Gianfranco Manfredi che mette fine alle scorribande in terra straniera degli ultimi albi e porta Tex e Carson dal Texas all'Idaho e infine verso l'Oregon. Manfredi è un autore vulcanico, si è occupato un po' di tutto, è stato compositore, scrittore con all'attivo una bibliografia che conta poco meno di una quindicina di romanzi e diversi saggi musicali, attore in una decina di film e sceneggiatore per il cinema, cantante con otto album alle spalle e poi, ovviamente, sceneggiatore di fumetti, apprezzato per la sua perizia storiografica, creatore di Gordon Link, Volto Nascosto e Shangai Devil e del più recente Adam Wild, noto soprattutto per la sua creatura più celebre in casa Bonelli: Magico Vento.

Al momento di scrivere il Texone Manfredi ha già dimestichezza con il metodo di lavoro in Bonelli e anche con il Texas Ranger, i suoi predecessori vanno sul velluto e lasciano lo scettro del comando in mani capaci. Manfredi non delude, portando una ventata d'aria fresca mettendo al centro della storia un manipolo di donne in cerca di un pezzo di terra dove stabilirsi e, al contempo, inscenando un'avvincente caccia all'uomo alla quale Tex e Kit non si sottraggono. La figura femminile nel Texone era stata così centrale forse solo in occasione dell'albo disegnato da Jordi Bernet con la sua splendida Lola Dixieland, torna ad esserlo ora grazie al drappello di donne caparbie e dinamiche affidate alla guida della signora Emma Benson, decisa a portarle sane e salve in Oregon dove dovranno incontrare i loro futuri e onesti mariti.

Lo spasso maggiore, oltre alla vicenda legata alla fuga dell'assassino Kevin Fletcher, sono i battibecchi tra Tex ed Emma, una vera furia che anche il ranger fatica a tenere a bada lungo il percorso verso l'Oregon che incidentalmente è lo stesso che sta percorrendo Kevin Fletcher.

A disegnare il tutto, signori e signore, c'è Carlos Gomez, creatore di Dago, uno dei pochi personaggi che per solidità e carisma non sfigurerebbero messi vicini allo stesso Tex, anzi, per complessità e sfaccettature sarebbe capace anche di eclissarlo un poco. Chi ha avuto la fortuna di leggere qualche storia di Dago e ammirare le tavole di Gomez conosce la caratura dell'artista, grande confidenza con la figura femminile, all'apparenza a suo agio in qualsiasi tipo di ambientazione, preciso, pulito, evocativo, qui protagonista di una prova inappuntabile, un Carson magnifico e un Tex... beh, un Tex che è il Tex che ti aspetti, da capo ai piedi, forte, vigoroso, deciso, un Tex che se lo guardi bene ha gli occhi di Dago, come se fosse un po' suo figlio. O forse suo padre.

domenica 13 novembre 2016

I RIBELLI DI CUBA

(di Guido Nolitta, Mauro Boselli e Orestes Suarez, 2010)

Sembra che sia la trasferta l'elemento che accomuna gli ultimi Texoni degli anni '00, dopo le paludi della Florida e le pampas argentine il nostro ranger prenderà il mare alla volta di Cuba, patria dell'illustratore di questo Texone: Orestes Suarez. Come lo definisce scherzosamente anche Sergio Bonelli dopo un primo incontro, Orestes Suarez divenne presto il nostro agente all'Havana per la casa editrice; proprio su un soggetto di Bonelli (firmatosi al solito Guido Nolitta) Mauro Boselli prepara una sceneggiatura ambientata in parte nelle paludi della Louisiana e in parte nell'isola di Cuba, magistralmente resa dalle matite dell'autoctono disegnatore. Ambientato durante la guerra dei dieci anni, I ribelli di cuba più che nella suddetta guerra va a scavare nelle temibili credenze legate alla religione del vudù, mettendo pericolosamente Tex Willer di fronte a seguaci e santoni di tale fede. Mastro André è il sacerdote vudù tramite il quale un ben più potente maestro della Santeria cubana cerca di perseguire i suoi voleri nella lontana Louisiana. Lo stesso André, con la minaccia di un wanga, la nota bambolina vudù, costringerà il servo nero Etienne a rapire il figlio del suo padrone, il giovane Matt Picard. Sarà una vecchia conoscenza dei fan di Tex, il messicano Montales, a consigliare al padre del fanciullo, Henri Picard, importante uomo politico, di rivolgersi al Texas Ranger per risolvere la situazione. Faccenda spinosa nella quale si intrecciano la lotta per l'indipendenza del popolo cubano dai dominatori spagnoli, interessi personali, traffico di armi, l'intervento degli Stati Uniti e l'annosa questione sulla schiavitù, da poco abolita negli States e ancora in vigore su buona parte dell'isola. L'impianto storico-politico è sicuramente uno dei fattori più interessanti della storia narrata da Boselli che non difetta neanche in azione e mistero venato dall'aspetto sovrannaturale. Ma chi conosce la filosofia del ranger ormai saprà che non c'è mistero che una buona pallottola non possa dipanare o avversario che non possa ammansire.


Dopo le prove degli italianissimi Frisenda, Filippucci, Mastantuono, Alessandrini, Ambrosini e De Angelis, il Texone ritorna nelle mani di un artista internazionale in Italia già conosciuto per aver lavorato sulle pagine di Mister No. È una grande prova quella di Suarez che coglie nel segno con la superba interpretazione dei rituali del vudù e in quella delle fattezze dei suoi adepti di origine nera. I volti folli, il terrore, gli sguardi spiritati e poi le inquadrature cinematografiche, la vita nei campi e quelli che sembrano essere gli omaggi alla Mamie di Via col vento e alla relativa proprietà: Tara. Nei volti larghi di Suarez, in quelli più deformati dalle espressioni forti, mi sembra di vedere addirittura qualcosa dei tratti di Richard Corben, il suo è un Tex massiccio, all'apparenza uno dei più inamovibili portati sul Texone. La miseria, la lordura e la violenza traspaiono chiaramente dalle tavole dell'artista cubano, così come viltà e coraggio. Ottimo lavoro è fatto sui luoghi di Cuba, sui suoi locali, sulle vedute, sugli interni così come sulla foresta, in un'esemplare rappresentazione nello stile di un sud padronale.

Un lavoro di alta caratura che fa sperare che le trasferte di Tex continuino ancora nei prossimi volumi.


domenica 28 agosto 2016

PATAGONIA

(di Mauro Boselli e Pasquale Frisenda, 2009)

Bisogna dire che, quali che fossero le intenzioni con cui l'iniziativa è nata, la qualità media del Texone rimane altissima. Ammettiamo pure che l'ambizione di Sergio Bonelli di portare sul personaggio portabandiera della sua casa editrice un artista internazionale di richiamo ogni anno sia in larga parte naufragata, però ragazzi che albi sono stati sfornati, e questo Patagonia sale di diritto tra le prime posizioni nella classifica dei migliori Texoni di tutti i tempi.

L'albo sfoggia intanto una copertina molto interessante del disegnatore Pasquale Frisenda colorata ad acquerello che si discosta parecchio da quelle finora pubblicate e, per il secondo anno consecutivo, Tex esplora lande solitamente a lui lontane, nella fattispecie le terre della Patagonia, lontane migliaia di miglia dai soliti sentieri battuti dell'Arizona o del Colorado per esempio.

Il viaggio nella pampa argentina è l'occasione per Boselli, autore di un'ottima sceneggiatura, di ricordare al lettore abituato a sentir parlare di Navajos, di Apache, di Sioux e via discorrendo, come non solo nel Nord America l'uomo bianco ha portato sterminio e morte nel nome della democrazia (sinonimo di opportunità economica a discapito di altri), ma anche in Argentina, dove le tribù dei Tehuelches o dei Ranqueles per citarne un paio, furono cacciate per perseguire gli stessi opportunistici ideali.

Proprio come è nelle sue corde, Tex con la compagnia di suo figlio Kit, si recherà in loco per incontrare un suo vecchio amico, il maggiore Montales, e cercare così di impedire un massacro di nativi sudamericani da parte del civilizzato esercito argentino.


Oltre all'interessante aspetto storico della vicenda, la sceneggiatura di Boselli è inappuntabile per quel che riguarda la costruzione dei caratteri dei personaggi, uomini capaci di grande coraggio, inaspettati slanci d'onore ma anche d'azioni opportunistiche e vili tradimenti. Sul lato umano dei protagonisti forse questo è uno dei Texoni sui quali si è svolto il lavoro migliore andando a creare una storia tesa per gli eventi narrati ma anche dal punto di vista emotivo.

Per Frisenda solo applausi. E anche in piedi. Le sue tavole sono semplicemente un piacere per gli occhi, basti soffermarsi sulle prime due e ammirare la resa e la sensazione che offre la nebbia uscita dalla sua matita, la percezione del freddo della notte, la minaccia incombente degli indios in agguato, sensazioni che sarebbero state fantastiche anche trasportate in una storia dalle tinte horror. Nulla è fuori posto: le inquadrature, le scene più dinamiche, i cieli notturni, la bruma del mattino, tutto è perfetto. Per capire bisognerebbe sfogliare.

Patagonia, come già detto, entra a pieno diritto tra i miei Texoni preferiti.

giovedì 23 giugno 2016

SEMINOLES

(di Gino D'Antonio e Lucio Filippucci, 2008)

Procede il mio percorso alla scoperta di tutti i Texoni pubblicati finora dalla Bonelli (è uscito proprio in questi giorni il trentunesimo albo disegnato da Enrique Breccia) con l'appuntamento datato 2008 che una volta tanto non porta la firma alla sceneggiatura del mitico Claudio Nizzi. Questo di per sé è già un piccolo evento vista la prolificità di uno dei classici scrittori texiani.

Purtroppo questo Texone uscì postumo. Nel 2006 ci lascia Gino D'Antonio, sceneggiatore a suo agio tra le lande del west già frequentate sulle pagine di Storia del west, tra quelle di Bella e Bronco o sull'albo Bandidos!, postumo anche questo. La collaborazione di D'Antonio con Bonelli risale ai tempi delle edizioni Audace ed è proprio a partire da alcuni appunti scritti da Sergio Bonelli che D'Antonio costruisce la sceneggiatura dell'atipico Seminoles, atipico se non altro per quel che riguarda l'ambientazione, per una volta lontana da Arizona, Texas, Colorado o Nuovo Messico ma trasferita nell'assolata Florida, tra le paludi delle Everglades elette a nuova patria dagli indiani Seminoles.

Alle matite Lucio Filippucci che nonostante in Bonelli abbia lasciato il segno più che altro sul personaggio del buon vecchio zio Marty, si destreggia più che bene tra le paludi della Florida e con i topoi del genere tanto caro all'impareggiabile Tex Willer.

Rimanendo ancora una volta tra le mura domestiche Bonelli riesce a scegliere una coppia d'assi capace di sfornare un Texone godibilissimo con una sceneggiatura dai tratti classici ma con qualche novità e con personaggi di contorno molto ben tratteggiati.

È quasi un'avventura in solitaria quella di Tex, solo in parte affiancato da Carson ma aiutato dal nero Jesus, personaggio che non stonerebbe tra la combriccola del ranger. I ranger devono scortare un indiano seminole che deve essere processato, ma Longknife, così come il suo compagno Ochala, non sembrano poi dei cattivi diavoli. Per loro però nutre una forte avversione lo scout dell'esercito Lafarge che tenta il tutto per tutto per non fare arrivare i due vivi al processo. Lo scontro tra Tex e Lafarge tra le paludi della Florida, patria dei Seminoles, è ormai inevitabile.

La matita di Filippucci è pulita e decisa, capace di dipingere con grande maestria una vasta gamma di espressioni credibili sui vari volti. Un'attenzione particolare è rivolta alla rigogliosa natura delle Everglades, ai canneti, alle radici aeree degli alberi, agli acquitrini e all'inusuale abbigliamento dei Seminoles, parecchio distante da quello d'ordinanza delle altre tribù indiane.

L'intesa tra i due artisti sembra perfetta e la collana porta a casa un risultato di tutto rispetto. Chapeaux! Ancora una volta.


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