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ANDREA PALLADIO

CHIESA DI SAN GIORGIO MAGGIORE


La Chiesa di San Giorgio Maggiore si trova a Venezia sull’isola di San Giorgio Maggiore. Viene
definita con l’attributo “maggiore” poiché ce n’era un’altra di isola con quel nome ma era più
piccola di estensione.
L’innovazione che introduce il Palladio è quella di rappresentare le facciate a tempio greco sulle
chiese, non a caso notiamo due fronti di tempio sovrapposti l’uno sull’altro. Anteriormente è
tetrastilo, posteriormente è esastilo. Entrambe le facciate sovrapposte ergono su plinti molto
alti, vi sono capitelli corinzi rivestiti quasi di ordine composito, c’è il timpano dentellato. La
facciata è bianca perché il materiale più impiegato è il laterizio. La scelta è specifica: le
costruzioni sul mare dovevano dare idea di leggerezza e purezza, quindi il bianco del laterizio
permette alla chiesa di riflettersi sull’acqua. Si tratta in verità di un complesso monastico, infatti
sta anche il chiostro e il campanile che conserva i colori della bandiera d’Italia, dovuti alla pietra
d’istria e alle lastre di piombo che ossidandosi diventano verdi. Il campanile crollò nel 1700 a
causa di un terremoto, ma fu ricostruito. Per la facciata ha voluto sfruttare l’ordine gigante di
Michelangelo. Troviamo ai lati del portale delle nicchie:
- DESTRA: SAN GIORGIO CON LO SCUDO;
- SINISTRA: SANTO STEFANO CON LA DALMATICA;
Vi sono poi delle nicchie (rientranza del muro semicircolare), con i busti dei dogi con le loro
urne cinerarie. Una nicchia che presenta un ordine architettonico con timpano è detta edicola.
Nella parte alta sta al centro la statua del Redentore con due angeli ai lati.
Internamente l’ambiente si distingue per la sua grande illuminazione, con le finestre a libertini
semicircolari, utilizzate dai romani per illuminare le terme. Nella parte in fondo sta un’opera di
Tintoretto (Ultima Cena), poi anche le Nozze di Cana del Veronese. Si credeva che la pianta
centrica fosse quella perfetta poiché rimandava al cosmo, ma in realtà un ambiente come tale si
riempiva subito quindi Palladio mischia la pianta centrale con quella longitudinale. Corpo
basilicale a tre navate con transetto absidato, presbiterio e coro. La centricità si percepisce
grazie alla cupola centrale.

CHIESA DEL REDENTORE


Si trova nell’isola della Giudecca che è la più grande tra quelle venete ed è stata costruita per
rendere grazie a dio per la fine della peste. Si dice anche che sia stato il papa a invocare la fine
della peste. C’è anche la chiesa di Santa Maria della Salute con lo stesso scopo. Caratterizzata
dalla sequenza di più ambienti. Si caratterizza per un corpo basilicale a navata unica con tre
cappelle laterali comunicanti. Vi è anche un transetto absidato, sta la zona del presbiterio che
funge da filtro e presenta una fila di colonne a semicerchio. Anche se sta il coro, la parte che
separa il transetto da quest’ultimo concorre a dare l’impressione di pianta centrale. Ci sono
anche due sagrestie quadrate.
Sulla facciata notiamo sicuramente più colori e architetture. Notiamo la presenza di un piccolo
tempietto dentellato che forma l’ingresso, poi un tempio tetrastilo retrostante nella sua
interezza e infine un altro tempio ancora dietro di cui emergono solo le parti terminali e non c’è
completo il timpano.
La donna in alto che ha il crocifisso ed è circondata da due angeli ai lati è la figura della fede.
Nelle nicchie le statue sono di:
- SAN FRANCESCO D’ASSISI (CON IL SAIO): A DESTRA;
- SAN MARCO: A SINISTRA.
TEATRO OLIMPICO
La tipologia del teatro non era stata più costruita all'epoca di quello romano, quello greco era
all’aperto con la cavea che poggiava su una collinetta. In tal caso invece il teatro è poggiato su
dei setti murari, come il Teatro Marcello a Roma. Con l’avvento del cristianesimo non sono stati
più costruiti perché era proibito siccome si considerava l’attività del teatro come malefica, infatti
si riteneva che gli attori avessero il diavolo in corpo, erano false. Siccome col Rinascimento si
rivede tutta l’opera della classicità, il teatro non può essere scartato. A progredire una nuova
costruzione di teatri fu l'Accademia Olimpica, formata da vicentini colti che al fine di far fluire le
opere classiche antiche come le tragedie, favorirono la costruzione di teatri. Palladio sarà il
primo a essere incaricato di quest’opera per la quale venne scelta una zona occupata da un’ex
prigione medievale. Si tratta del teatro in muratura più antico al mondo utilizzato tutt’ora.
Palladio gli dà la forma. Si trova la cavea semicircolare sulla quale stavano gli spettatori, poi il
proscenio, vi sono poi 7 strade sulla scena che però sono illusorie perché la rappresentazione sul
muro appariva lunga e profonda solo per via di pavimenti in salita, soffitto in discesa. La loro
idea all'epoca era di inaugurare il teatro con una tragedia di Sofocle nella cui rappresentazione vi
erano le sette vie di Tebe. Inaugurazione ufficiale nel 1585. A terminare il progetto sarà Vincenzo
Scamozzi.
Tutta la scena in legno, le statue alcune sono in pietra e altre in stucco e in totale ve ne sono 95.
Rappresentano personaggi del passato ma anche quelli dell’accademia che ha sovvenzionato la
costruzione del teatro a indicare il loro amore nella prosecuzione dell’opera classica. Ci sono
anche Giangiorgio Trissino, Palladio e Scamozzi. A seconda della quota che avevano versato
potevano essere più in vista o meno. Ci sono i bassorilievi con le 12 fatiche d’Ercole. Scena
tripartita presentante una grande fornice, cioè successione di una specie di archi di trionfo che
dovevano simulare l’ingresso regio. Parte del soffitto è cassettonato, l’altra parte è dipinta con
delle nuvole a imitazione dell’ambiente esterno dei teatri antichi greci. Fu usato solo per 2/3
rappresentazioni e poi chiuso a causa delle censure della Controriforma. Verrà riutilizzato solo a
partire dalla metà dell’ ‘800 e soprattutto dopo le due guerre mondiali. Le antiche lampade ad
olio sono state sostituite dall'impianto elettrico, non ci sono impianti di riscaldamento o
raffreddamento. Essendo la struttura in legno avevano paura di deteriorasse. Ha 500 posti, ma
non ne venivano riempiti più di 400.
JACOPO TINTORETTO
Jacopo Tintoretto nasce e muore a Venezia (1518-1594) e assieme a Paolo Veronese
rappresenterà uno dei pittori più attivi nel territorio veneziano. Al Veronese era stato affidato il
compito di affrescare tutte le ville del Palladio. Tintoretto rispetto a lui era più innovativo, venne
chiamato il cosiddetto “pittore della luce” proprio perché ha rinnovato il sistema di illuminazione
all’interno delle sue opere pittoriche. Sembra che le sue opere siano illuminate da dei fari la cui
luce proviene talvolta da parti sconosciute. Si ispirò a questo elemento Caravaggio. Dal
momento che se la contendeva col Veronese che era più apprezzato in quanto le sue opere
erano più classiche e tradizionali, quando veniva bandito un concorso, Tintoretto riusciva a finire
prima del previsto e consegnava le opere talvolta regalandole.
Il suo vero nome era Jacopo Robusti, questo cognome perché la sua famiglia si era presa dei
meriti in una battaglia. Era figlio di tintori di tessuti e siccome era molto esile, veniva chiamato in
maniera dispregiativa tintoretto. Lavorò per le Scuole Grandi nonché confraternite di ricchi
componenti che facevano opere di carità, ad appartenervi erano laici e non religiosi. Le più
importanti sono quella di San Marco (ora un ospedale) e quella di San Rocco (ora un museo).
Nella Scuola di San Marco erano commissionate tutte opere che riguardassero la storia del
santo. Egli morì ad Alessandria d’Egitto e dei mercanti veneziani si dice abbiano trafugato il suo
corpo e lo abbiano portato a Venezia dove sarebbe stata costruita una chiesa per raccogliere le
sue spoglie.
A Venezia in questo periodo anziché gli affreschi, si diffuse l’uso dei teleri nonché grandi tele
cucite insieme che si inchiodavano su supporti in legno che potevano essere rimosse per
evitare problemi di umidità. Sopra ai teleri ci spalmavano delle soluzioni in gesso per non far
rovinare i dipinti e renderli elastici. Per rendere le opere più realistiche in dei vani sulle pareti
Tintoretto inseriva delle candele per dare l’idea dell’illuminazione del dipinto sulla tela.

IL MIRACOLO DELLO SCHIAVO


Il committente di quest’opera è Tommaso Rangone, era il guardian grande, famoso perché si
credeva che avesse inventato una pozione che faceva vivere 120 anni e sta a sinistra della
rappresentazione. Narra del miracolo avvenuto quando, contrariamente a quanto gli era stato
imposto dal padrone, lo schiavo viene sorpreso da lui a venerare le sue reliquie. Nell’atto della
tortura dell’accecamento e la fratttura delle ossa, gli attrezzi del martirio si spezzzano poiché
arriva il santo. Il padrone apre le braccia stupito del miracolo. Il santo arriva da uno scorcio
piuttosto ardito e la sua mano fa da punta di fuga. Sembra una rappresentazione teatrale nel
complesso. Dalla testa si irradia una luce violenta.
I personaggi di sinistra sporgono dal porticato per osservare l’atto, mentre quelli di destra si
ritraggono, descrivendo un andamento ondulatorio della composizione. L’architettura
contemporanea a Tintoretto, il quale è rappresentato accanto a quello col turbante, col vestito
nero. Quelli col turbante sono i turchi. Lo schiavo a terra appare pallido a causa del martirio in
primis, ma poi perché viene illuminato dalla luce divina di San Marco, ovviamente la parte della
nudità è all’ombra. Da raccordo nella composizione c’è una sorta di “festone” con l’edera vicino
san Marco. Abbiamo tre tipi di luce: la luce di fondo del cielo e del giardino che fa da sfondo, luce
di San Marco, ovvero la luce divina, infine una luce frontale. Tintoretto fu criticato perché la
faccia del santo non si vedeva, quindi nemmeno gli astanti si erano accorti della sua presenza e
invece veniva messa in risalto la pianta del piede di San Marco.
TRAFUGAMENTO DI SAN MARCO
Si tratta di un’opera pressoché quadrata e rappresenta il momento del ritrovamento del corpo del
santo, infatti notiamo dei mercanti veneziani che stavano srotolando il corpo per portarlo via. La
vista è prospettica, messa in evidenza dalla scacchiera delle mattonelle e il punto di fuga
converge sulla mano di San Marco. Ci sono raggi di luce che provengono dalla zona in cui è
stato trovato il corpo. Si osserva San Marco che con la mano accenna dove sta il suo vero
corpo, poiché vuole porre fine a tutte le profanazioni. Dallo sfondo arriva una luce folgorante che
mette in risalto una serie di linee svolazzanti, nonché spiritelli che aleggiano nella basilica. Lo
sfondo è così scuro cosicché la luce abbagliante possa mettere in risalto l’azione divina. Le
arcate sembrano di metallo per come riflettono la luce. Quella più forte proviene proprio dal
santo che illumina il suo corpo morto steso su di un tappeto orientale (anziché il tipico sudario)
e questo perché ci si doveva sempre rifare al luogo in cui è avvenuto l’episodio (Alessandria
d’Egitto). Quello quasi al centro della rappresentazione è il committente Tommaso Rangone. alla
destra sta un ceco che beneficia del miracolo, riacquisendo la vista. A sinistra del committente
sta un indemoniato che si aggrappa alla donna, ma che riesce a risanarsi grazie al Santo, infatti
gli esce lo spirito cattivo dalla bocca. L’opera si trova nella pinacoteca di Brera.

L’ULTIMA CENA DI TINTORETTO


Si trova nella Chiesa di San Giorgio Maggiore del Palladio e presenta una novità rispetto alle
ultime cene tradizionali, infatti queste prevedevano una tavolata centrale con i 12 apostoli
intorno, ma è diverso qui. La tavolata anziché essere dronale è vista in scorcio e fa credere che
l’ambiente sia lungo, a esaltare ciò vi è anche un punto di fuga molto alto (a destra poco sopra di
una serva che ha in mano un piattino con della frutta).
L’episodio è ambientato in una taverna veneziana nella quale si trovano addirittura cani e gatti.
Sempre frequente il motivo degli sfondi scuri e luci impattanti. Ecco i diversi tipi di luci:
- LUCE FISICA DEI LAMPADARI AD OLIO che mette in risalto gli spiritelli, nonché angeli in
verità;
- LUCE SPIRITUALE DEGLI SPIRITELLI CHE ALEGGIANO;
- LUCE SANTA DELLE AUREOLE;
Se Da Vinci rappresenta il momento in cui Gesù riferisce che uno dei suoi discepoli li tradirà,
Tintoretto rappresenta propriamente il momento dell’eucarestia. Giuda è quello rosso senza
aureola in fondo, accanto a lui sta la cesta con la spugna che allude al lavaggio dei piedi. Quello
a sinistra piegato con le mani conserte è un mendicante. Esaltano i diversi inservienti che si
avvicendano per portare le cose al tavolo, poi una cameriera al centro che sta passando una
coppa con dei confetti, una specie di dolce tipico all’epoca. Il fatto di inserire i gatti che
sembrano tigri e cani era indice del fatto che non pulissero e spesso gli animali entravano
facilmente nelle taverne. Presenza di una torta con delle candeline (interpretazione ancora oggi
non ben compresa). Le linee di fuga proseguono nei cassettoni del soffitto.
PAOLO VERONESE
Se Tintoretto viene riconosciuto per la maggiore tecnica, Paolo Veronese è considerato più
rivoluzionario e non perché sfrutta la complementarietà dei colori, bensì per le scene presentate.
Il suo vero nome era Paolo Caliari, ma veniva chiamato Veronese perché appunto proveniva da
Verona.

CONVITO IN CASA DI LEVI


Si tratta di un dipinto situato attualmente nella Galleria dell’Accademia a Venezia, della
lunghezza di 13 m. Osservando il dipinto si osservano subito i segni delle giunzioni, infatti nel
‘600 ci fu un incendio presso il convento domenicano in cui era situato inizialmente che era
dovuto alle cucine e allora al fine di preservare l’opera, smontarono letteralmente in tre pezzi il
telero e lo arrotolarono. Napoleone confiscò l’opera proprio perché ancora i pezzi non erano stati
ricuciti insieme, tuttavia Antonio Canova lo riporterà Italia nel 1815. Al contrario l’opera “Le nozze
di Cana” rimase in Francia, infatti adesso si trova al Louvre, perché non era nelle condizioni di
essere trasferito.
L’opera ha destato spesso la contrarietà della chiesa, infatti era stato criticato per la
rappresentazione esagerata del momento dell’Ultima Cena. Il Veronese sarà arrestato
dall’Inquisizione poiché secondo loro aveva offeso la chiesa. Innanzitutto aveva inserito troppi
personaggi, poi avendo rappresentato il tema della transustanziazione, fu oggetto di critica,
proprio perché i principi della Controriforma la condannavano. In verità, probabilmente, la ragione
vera del suo arresto era già un precedente dissidio tra la Chiesa Vaticana e quella domenicana.
Una novità che egli introduce nella rappresentazione di questo episodio è la presentazione del
momento sacro all’esterno e racchiuso in una grande architettura con archi. Le altre costruzioni
sono tipicamente veneziane. Erano raffigurati all’incirca 50 personaggi i quali sembravano non
importarsene nulla di quello che Gesù stesse facendo. Questo forse è stata l’accusa più grande
mossa dalla chiesa. In aggiunta erano considerati offensivi, anche se il Veronese ribatte
constatando che siccome aveva tanto spazio, dopo aver rappresentato la scena principale
necessitava di riempire lo spazio rimanente. Peraltro egli sosteneva di dipingere non per fede ma
con lo scopo di raffigurare e completare qualcosa. Addirittura egli presenta un nano giullare
ubriaco, e questo lo si denota per la presenza della fiaschetta vuota, con un pappagallo e poi uno
schiavo nero che lo rimprovera. A destra sono inseriti i lanzichenecchi che si ubriacano. Erano
malvisti dai veneziani e venivano chiamati in maniera spregiativa “i tedeschi”. Inoltre figura un
inserviente molto piccolo con un fazzoletto insanguinato in mano poiché gli era uscito il sangue
dal naso. Molti si chiesero il perché di questa rappresentazione e lui rispose che, come i poeti, si
poteva concedere qualche licenza. Peraltro si paragonò al grande Michelangelo perché aveva
potuto rappresentare i nudi. Tra le colonne c'è un personaggio che si pulisce i denti con la
forchetta.
Paolo Veronese venne scarcerato solo per cancellare quei particolari offensivi, anche se non lo
fece perché si rifiutò. Piuttosto cambiò il nome dell’opera in “Convito in casa di Levi”.
Giuda, colui che non è interessato, è vestito di rosso ed è di spalle. Poi accanto a Gesù troviamo
San Pietro che taglia il cosciotto dell’agnello e specularmente a lui, San Giovanni. Levi si trova a
sinistra e vicino a lui sta un cane che gli elemosina qualcosa. Il maggiordomo è quello vestito in
verde e dovrebbe rappresentare un autoritratto. Poi c'è anche una bambina a destra, vicino le
scale ed è la figlia di qualcuno che si sta arrampicando su di esse. Il vero nome e la data
dell’opera stanno a sinistra vicino le scale. Levi in realtà era San Matteo, all’epoca esattore delle
tasse che aveva invitato Gesù a casa ad una cena. Egli veniva presentato come un uomo alato
nel tetramorfo in quanto era riuscito a far emergere il lato più umano nel suo vangelo, inserendo
la genealogia di Gesù. Si notano tovaglie in pizzo, marmetti ed elementi pregiati.
BAROCCO
Il Barocco è una corrente artistica che riguarda tutto il ‘600 e buona parte del ‘700 (1750), nella
seconda metà del XVIII secolo si parlerà di Rococò, nonché un’esasperazione del Barocco
stesso. È caratterizzato da un estremo decorativismo e nasce dal desiderio di esaltare il
committente, non a caso chi sovvenzionava le opere era qualcuno di ricco. La maggior parte
delle opere barocche sono state commissionate dai papi. Nelle Chiese l’arte barocca aveva lo
scopo di attirare il fedele e renderlo partecipe agli eventi. Si osserva la fruizione delle tre arti che
vengono fuse insieme, infatti spesso non si capisce quando finisce l’architettura e iniziano le
travature dipinte o sculture, le quali alle volte sono dipinte sulla parete dando l’idea di essere dei
veri e propri blocchi. Ci sono effetti scenografici assurdi ed un’estrema teatralità. Con il Barocco
si sviluppa l’architettura urbanistica, infatti nascono piazzette, fontane. Tipico dell’arte barocca è
l’uso di marmi policromi e dorati.

CARAVAGGIO
Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio (dalla città di provenienza della sua famiglia) nasce
nel 1571. Consegue la sua formazione a Milano presso una nota bottega, quando i suoi genitori
decidono di trasferirsi lì. Successivamente si vorrà trasferire a Roma, città molto ambita per
ricevere incarichi importanti. Qui comincia a farsi conoscere subito poiché propone una pittura
innovativa, ovvero quella di ambientare i suoi quadri in luoghi molto scuri che però vengono
illuminati improvvisamente da una luce. Altra novità che apporta nella pittura è la
rappresentazione di persone povere, mendicanti oppure ubriaconi e prostitute. Questo tipo di
modelli determinano un impatto molto forte da parte dello spettatore. Secondo lui ritrarre i santi
come persone umili serviva al fedele per meglio immedesimarsi nel personaggio e proprio per
questa motivazione che vi furono frequenti dissidi con i committenti. Per esempio ha ritratto la
Madonna come una prostituta. Il temperamento di Caravaggio è molto inquieto e ribelle e
proprio per questo, egli si metteva spesso nei guai. Il primo ad accoglierlo in bottega fu il
Cavalier D’arpino, dal quale se ne andò poi perché gli affidava solo la rappresentazione delle
nature morte. Successivamente venne accolto dal cardinal del Monte, grazie al quale entrò nelle
grazie dei più ricchi. Viene presentato come un uomo che vive di notte, armato di coltello che
andava sia con uomini che con donne prostitute. Nel 1606 mentre giocava alla pallacorda uccide
un uomo e i fratelli non esitano a vendicarsi, erano i capi del quartiere, insomma persone poco
raccomandabili. Vendicarsi in quel periodo era semplice, difatti vigeva una legge secondo cui chi
commetteva un omicidio poteva essere vendicato subito senza l’ausilio delle forze dell’ordine e
di un tribunale che giudicasse l’imputato. Allora Caravaggio è costretto a fuggire e a farsi aiutare
da una nota famiglia di roma, quella dei Colonna Carafa, nella quale si erano susseguiti diversi
papi e poi vi erano altri componenti della famiglia nel resto dell’Italia. Venne ospitato in molte
loro ville, infatti verrà, attraverso un piano di depistaggio, accolto a Napoli. Seppur fosse
considerato il “pittore maledetto” riuscì comunque a lavorare. Da Napoli va a Malta, dove diviene
membro dei cavalieri di Malta, ma anche qui litiga con un personaggio importante. Verrà
imprigionato, anche se riuscirà nuovamente a scappare e andare a Napoli. Qui alloggia presso la
casa di una duchessa dei Colonna che si diceva fosse anche la sua amante. Questo è il periodo
della rappresentazione del tema della decapitazione. Nel 1610 viene a sapere di aver ricevuto il
perdono papale da Paolo V. Quindi poteva tornare a Roma, anche se doveva farlo con
discrezione perché avrebbero potuto ucciderlo. Prende un’imbarcazione che viene fermata a
Porto d’Ercole per dei controlli. Quando la barca riparte, lui la perde. Lì c’era il prezzo della sua
libertà nonché tre tele richieste da cardinale Scipione Borghese per ringraziarlo della buona
parola messa con suo zio, Paolo V. Dovrà prendere un’altra imbarcazione. Tuttavia circa la sua
vita le fonti si fermano in questo periodo, difatti ci sono molte incertezze su cosa sia successo
dopo. Molti credono che il febbricitante sia stato raccolto da delle suore che lo hanno soccorso
in ospedale, altri ritengono che sia stato aggredito dai fratelli dell’uomo che aveva ucciso o dagli
emissari di Malta e che sia stato soccorso dalle suore, ormai in fin di vita. Non a caso fu sepolto
nel cimitero delle suore. Nel 2010 è stato festeggiato il quattrocentenario dalla sua morte, ma il
problema era che non c’era il suo corpo. Siccome agli inizi del 1900 il cimitero è stato spostato
per far fronte alla nuova strada, il comune riceve molti soldi e allora vanno a recuperare i resti
ossei. Datando gli scheletri con il carbonio-14 e prelevando il DNA dei fratelli dovevano
confrontarli. Controllando il livello di mercurio accertarono l’appartenenza dei resti a Caravaggio,
infatti gli artisti erano soliti a inumidire il pennello con la saliva e il mercurio contenuto in esso,
veniva immesso nel sangue e lo si poteva rintracciare dalle analisi. C’è l’85% di certezza che lo
scheletro fosse il suo grazie anche al confronto dei dati con i laboratoristi di Londra. I
caravaggisti lo imitarono parecchio poiché la sua produzione si fermò bruscamente. A Roma ci
sono da osservare soprattutto i cosiddetti “sei Caravaggio gratis”.
● 3 nella chiesa di San Luigi dei Francesi in piazza Navona;
● 2 nella chiesa di Santa Maria del Popolo;
● 1 nella chiesa di Sant’Agostino.

IL BACCO
Si trova agli Uffizi. Così come per tutte le prime opere, il committente è cardinal del Monte. Sarà
donato poi a Ferdinando I de’ Medici. Cardinal del Monte voleva rafforzare i legami con i Medici.
Vuole risanare i rapporti. Rappresenta il Bacco, nonché il dio dell’ebbrezza. Viene rappresentato
con la testa circondata da uva, anche se in maniera eccessiva. Ovviamente regge il calice di vino
e sul tavolo vi è la carafa. Anche la posa ricorda quella di un dio, infatti è su una struttura simile
a un triclino. Il soggetto che ha posato per questo dipinto è sicuramente un suo amico, molto
intimo, quasi un fidanzato. Di lui si denota la cosiddetta abbronzatura da muratore. Ha volto e
mani abbronzate, mentre il resto della pelle è bianca. Se con una mano regge il calice, con l’altra
regge un fiocco nero, simbolo del legame con Dio. Il soggetto è pagano. Caravaggio pur essendo
ribelle era molto religioso, credeva fermamente che per trasmettere la fede bisognasse essere
vicini al popolo quindi prendere come soggetti povera gente, non le figure più regali. Ecco perché
raffigura sempre uomini umili. Spesso questa scelta sarà motivo di rifiuto delle opere da parte
della committenza. Verranno viste come offensive nei confronti dei santi anche se non è questo
il caso. Davanti al Bacco c’è un cesto con natura morta. Vi sono vari frutti, anche se non tutti
freschi: le melagrane sono spaccate, la pera è ammaccata. Stanno a significare la caducità della
vita. La frutta che si rovina come il corpo umano perde giovinezza. Nel calice di vino si possono
osservare gli anelli formati dal liquido causati dal movimento del braccio. Tutto molto realistico.
Nel vetro della carafa si può osservare anche il riflesso di lui che dipinge l’opera.

CANESTRA DI FRUTTA
Si tratta di un quadro che raffigura una natura morta. Era molto abile ma anche agli inizi
soprattutto quando stava con il cavalier D’Arpino rappresentava solo quel tema. Ha realizzato
questo quadro su una tela già usata, infatti quando non riusciva economicamente a prenderne
delle nuove, utilizzava quelle vecchie. Osserviamo una carrellata di frutti non tutti della stessa
stagione. Sta la mela bacata, chiara rappresentazione non solo della caducità della vita ma
anche dei vizi umani. L’uva era era allegoria della trasposizione della passione di cristo, infatti è
qualcosa che si trasforma in vino e quindi nel sangue di Gesù. Stanno le foglie accartocciate dei
fichi. Viene presentato uno sfondo molto piatto, infatti per evitare bidimensionalità ha messo la
cesta più sporgente rispetto al bordo. Questa dovrebbe rappresentare tutta la chiesa che si
sporge e si offre ai fedeli. Opera commissionata dal Cardinal del Monte per darla a Cardinal
Borromeo. Si trova nella Pinacoteca Ambrosiana.

TESTA DI MEDUSA
Commissionato dal Cardinal del Monte, poi donato a Ferdinando I. Questo lo metterà
nell’armeria di famiglia a Palazzo Vecchio, si tratta infatti di uno scudo. Oggi si trova infatti agli
Uffizi. Si dice sia un suo autoritratto. L’espressione è molto reale, la sua testa è stata appena
tagliata ed è rappresentato nell’attimo in cui è ancora viva. La testa di Medusa ha i serpenti al
posto dei capelli. C’è il fiotto di sangue che esce dal collo. Questa in realtà è una seconda
versione di un primo dipinto. La prima versione è in una collezione privata e in questa
Caravaggio si è firmato con il sangue. Sembra che Medusa sia ancora in vita, ha gli occhi e la
bocca spalancati. Rappresentandola su uno scudo, il quale è convesso, c’era il rischio che
apparisse deformata. In realtà riesce ad eliminare la convessità dello scudo. Medusa è allegoria
della sapienza, data l’astuzia che ha permesso di decapitarla. Ma è anche allegoria della
prudenza, infatti non doveva essere guardata in faccia.

CAPPELLA CONTARELLI
Si trova nella chiesa rinascimentale di San Luigi dei Francesi, sovvenzionata soprattutto da
Caterina de’ Medici e da alcuni cardinali francesi. Una cappella della chiesa se la comprò
Matthieu Quaintrelle (Matteo Contarelli italianizzato). Essendo lui devoto a San Matteo, incarica
Caravaggio di dipingere delle tele che potessero rappresentare le scene della vita del santo. Si
tratta di una cappella rettangolare nella quale si trovano in primi tre caravaggi gratis.

TELA DI SINISTRA: LA VOCAZIONE DI SAN MATTEO


Ambienta la scena in un ambiente generico e scuro, ma illuminato da una luce violenta.
Dovrebbe essere una taverna. Si trova un tavolo con le panche dove sta San Matteo e altri
esattori. Improvvisamente attiva Gesù con San Pietro che indica Matteo. Egli è attonito ed è
illuminato da una luce abbagliante che non si sa da dove provenga, si sa solo che si staglia
dall’alto a destra, vicino a una finestra. Per Caravaggio la luce aveva una funzione salvifica,
colpiva i personaggi buoni. La luce oltre a colpire San Matteo, colpisce anche i personaggi alla
sua destra e sinistra. Soltanto quelli con la testa chinata non si accorgono di Gesù, avevano un
carattere più venale e legato ai beni materiali. Cristo è riconoscibile solo per l’accenno di aureola.
Pietro sta lì a ripetere il gesto perché è come se Matteo non avesse capito.

TELA CENTRALE: SAN MATTEO E L’ANGELO


Fa da pala d’altare e rappresenta San Matteo mentre scrive il vangelo e arriva l’angelo ad
aiutarlo. L’angelo è come se stesse contando e indicando tutti gli avi di Gesù. Matteo si scosta
per ascoltarlo, con un movimento rotatorio. Questo denota anche un degno rispetto verso la
creatura celeste. MAtteo scrive su di un supporto di legno ed ha una gamba su uno sgabello
sporgente da cui escono i piedi. Sembra che stia cadendo, in realtà è un espediente per attirare
l’attenzione. Questa non è la prima versione della tela, infatti questa non fu accettata e criticata
dalla chiesa, poiché San Matteo ha un’espressione rozza e poi è muscoloso, il ciò farebbe
pensare al fatto che lui svolgesse un lavoro faticoso, ma non era così. Le gambe sono scoperte
così come i piedi in vista, la loro pianta era addirittura sporca. L’angelo gli ha preso la mano per
guidarlo nella stesura del vangelo quando in realtà Matteo non ne aveva bisogno.

TELA DI DESTRA: MARTIRIO DI SAN MATTEO


Rappresenta il martirio di San Matteo. Viene presentata la scena in cui San Matteo predica e
diffonde il cristianesimo in una cittadina dell’Etiopia. Si intravedono i catecumeni a terra che
attendono il battesimo. si dice che il re era invaghito della figlia di suo fratello e la voleva
sposare e allora per convincerla, chiede a San Matteo di praticare un sermone e di fare una
messa dove parlasse dell’importanza del matrimonio per convincerla. La ragazza non voleva e in
aggiunta si voleva fare suora. Tuttavia Matteo, nella messa, parlò del matrimonio con Dio e allora
la ragazza si convinse ancor di più a diventare suora. Il re per vendicarsi fece uccidere Matteo.
Notiamo il sicario che butta a terra il santo che cerca di opporsi senza risultato. Nulla potrà
salvarlo. Tutti si spaventano e corrono. In disparte c’è l’autoritratto di Caravaggio (sinistra). Tutti
sono vestiti con abiti contemporanei. La luce colpisce particolarmente San Matteo, ma anche il
carnefice infatti non ha colpe, è stato obbligato a farlo. Ha la spada in mano. C’è un angioletto
che arriva dal cielo su una nuvola e pone a san Matteo la palma del martirio. L’ambientazione è
solo accennata si vede solo un po’ l’altare e i gradini.
CAPPELLA CERASI
Si trova nella chiesa di Santa Maria del Popolo. Questa cappella se la comprò un certo
monsignor Cerasi, tesoriere del papa, uomo molto potente ma al contempo corrotto. Ci sono due
cappelle laterali e una frontale che funge da pala d’altare. In questa sono sue solo le tele laterali,
la più importante è la centrale che è di Carracci (Annibale e Agostino), erano più tradizionalisti
quindi non c’erano chissà che novità. I soggetti delle due opere sono San Pietro e Paolo.

CONVERSIONE DI SAN PAOLO


La tela iniziale si dice che fu rifiutata e venne rifatta perché Caravaggio non aveva calcolato che
quelle laterali si dovessero vedere di scorcio e quindi sembravano deformi. C’è chi sostiene che
furono rifiutate perché Baglioni scrisse che odiava Caravaggio. Probabilmente è falso. La tela
iniziale è in collezione privata.
Rappresenta San Paolo che non era un soldato normale, bensì perseguitava i cristiani. Si dice
che nella via per Damasco sia stato colto da un bagliore accecante che lo disarcionò dal cavallo,
ha gli occhi chiusi infatti. Comparve Gesù che gli chiese perché li perseguitasse e gli chiese di
diventare suo discepolo. Il cavallo occupa gran parte della scena ed è illuminato perfettamente
dalla luce divina. La spada a terra è il simbolo del santo. Venne rifiutata dai religiosi proprio a
causa del cavallo, anche perché era volgare dato che in primo piano si vedeva il suo sedere. C’è
anche lo stalliere che sta tenendo l’animale.
In quello originale: San Paolo è molto più anziano, sta a terra nudo. Si intravedono i soldati
romani con il gonnellino (era raro che lo avessero, in questa occasione sì), anche il santo ce l’ha
ma con le frange. Gesù tenta di aiutarlo ma l’angelo lo blocca.

CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO


San Pietro per differenziarsi da Gesù, siccome non era degno di ricevere il suo stesso
trattamento, chiese di farsi crocifiggere a testa in giù. Lo stanno facendo degli operai. Il
particolare dei piedi con i chiodi è molto realistico. Anche qui vi fu una critica da parte della
chiesa poiché aveva la pianta dei piedi sporca. Si denota lo sforzo fisico degli operai che
stavano alzando la croce. L’offensività sta anche nell’operaio piegato, quasi rannicchiato, del
quale si vede il sedere. Ci sta il terzo che se lo tira con la corda, mentre il secondo con le
braccia. Il primo cerca di fare leva con la schiena. L’altro elemento di realismo è rappresentato
dall’atto istintivo di alzarsi di San Pietro. A terra stanno gli attrezzi per la crocifissione, i sassolini,
la pala, il drappo. La luce salvifica colpisce non solo San Pietro, ma anche i carnefici perché loro
non sono cattivi, ma solo obbligati. Spiccano anche le venature del legno.

MORTE DELLA VERGINE


Oggi si trova al Louvre. Fu commissionata da una Chiesa di Roma, dal giurista Laerzio Cherubini
per la propria cappella in Santa Maria della Scala, la chiesa più importante dell'ordine dei
Carmelitani Scalzi a Roma. Appena la vide, non la accettò. Caravaggio disse che l’avrebbe rifatta
ma non fece in tempo perchè doveva scappare da Roma a causa dell’omicidio del 1606. La
Chiesa respinse l’opera perché la Vergine è rappresentata con le fattezze di una nota prostituta
di Roma, annegata nel Tevere. I lineamenti erano i suoi. I preti lo consideravano uno scandalo. In
più anche la posa non è congeniale a quella che doveva essere la sua morte, sta come una
qualsiasi morta. Ha la pancia gonfia, caratteristica di chi annega. La posa è poco composta, la
caviglia e i piedi sono scoperti. La Madonna ha tutti gli apostoli attorno. Caravaggio evidenzia le
espressioni di dolore. L’espressione più provata è quella della Maddalena, il suo volto non si vede
e questo lascia spazio all’immaginazione. I capelli sono sciolti, c’è il bacile che usa per la
lavanda dei piedi. Lo sfondo è molto scuro, la luce arriva da una fonte nascosta. Il drappo è
rosso sangue, simbolo della passione, della morte. Significativo del fatto che in questo periodo è
tutto molto teatrale, l’arte barocca lo è, sembra quasi il sipario di un teatro, di una scenografia.
DAVID E GOLIA
David e Golia è uno dei tre dipinti che aveva fatto e che portò con sé nell'imbarcazione per
tornare a Roma. Simboleggia la libertà ed è destinato a Scipione Borghese, motivo per cui si
trova in Galleria Borghese. Rappresente il mitico eroe David che riesce con astuzia a vincere sul
gigante Golia. Quindi simbolo delle virtù intellettive e della razionalità, della vittoria della forza
della ragione sulla forza bruta, simbolo della vittoria del bene sul male. Spesso Caravaggio si
era cimentato nella rappresentazione delle decapitazioni. Siccome viveva scappando, aveva
incubi di essere catturato e quindi ucciso. Quindi proietta tutte le sue paure nel quadro. La testa
del Golia è il suo autoritratto quando era avanti con gli anni. Il volto del David invece è il volto di
lui quando era giovane. Vuole mettere in evidenza l’innocenza del piccolo Caravaggio, a
confronto con il Caravaggio adulto ormai sporco di peccati. Dalla testa del Golia schizzano fiotti
di sangue. Sono realistici ma non molto. Sarà Artemisia Gentileschi, sua contemporanea, a
realizzarlo in maniera più realistica. Sulla testa del Golia c’è un segno rosso in quanto prima di
ucciderlo lo stordisce mirando un sasso con la frombola. Successivamente gli taglierà la testa.
Si vede bene il corpo del David e nella bocca del Golia i denti cariati. Sulla spada ci sono le prime
lettere di una frase latina, “HASOS”, “Umiltà uccide la superbia”. Questo rappresentava il suo
motto, doveva chiedere perdono.

DECOLLAZIONE DI SAN GIOVANNI BATTISTA


Quest’opera la realizza a Malta, si trova nell'Oratorio di San Giovanni Battista dei Cavalieri nella
Concattedrale di San Giovanni a La Valletta. La storia è nota, quando facemmo Donatello
abbiamo visto Erode con Erodiade. A un banchetto, era attratto dalle movenze di Salomè che
ballava. Chiese di ballare per lui e in cambio Erodiade chiese la testa del Battista. Questo li aveva
giudicati per la loro condotta. Caravaggio rappresenta la decollazione nello spiazzo del carcere.
Nella parte di destra ci sono i prigionieri nelle celle che guardano curiosi la scena dalla grata. Il
Battista era legato a destra, dove sta l’anello con la corda. Il carnefice gli ha già inflitto il primo
colpo. la sua testa è molto girata, sta tutto il fiotto di sangue. Si affretta a dare il colpo decisivo. Il
carnefice regge dietro un’altra spada, un po’ più piccola. L’ha appena tolta dal fodero. Questa è
più simile a un pugnale. Si chiama pugnale della misericordia, quello che in battaglia era
utilizzato per uccidere i compagni che stavano soffrendo per evitare che soffrissero ancora. Lo
possiede perché la compagnia che aveva chiesto questa tela si chiamava Compagnia della
Misericordia. Quindi per omaggiarla inserisce il pugnale omonimo. Il pugnale individua anche il
centro della tela. Quello con le chiavi nella cinta è il carceriere. C’è una vecchia che si scompone
mentre la ragazza è tranquilla. Si dice sia Salomè. Regge tranquilla il vassoio. A parte l’anziana
signora, nessuno è scandalizzato. Le persone erano abituate a scene simili. Gli attributi del
Battista sono il drappo rosso e la pelle del cammello. Questa è l’unica opera del caravaggio
firmata. Dal sangue scende la scritta del suo nome. F sta per FRA, titolo dei Cavalieri di Malta.
Poi MICHEL ANG.
GIAN LORENZO BERNINI
Gian Lorenzo Bernini, nacque nel 1589 a Napoli e morì a Roma nel 1680, fu un architetto e
scultore barocco, definito il continuatore di Michelangelo. Dopo ci sarà Antonio Canova che è
stato il migliore scultore, dopo Michelangelo e Bernini. Durante la sua vita entrerà in contrasto
con Francesco Borromini. Per un periodo viene chiamato in Francia per partecipare ai progetti di
decorazione di Versailles. Le sue opere sono contrassegnate dal pontificato di tre papi: il primo
è Urbano VIII, nonché Maffeo Barberini, il cui simbolo è la tiara con le chiavi e tre api. Le api
rappresentano l’operosità. Prima la famiglia si chiamava in un altro modo, erano i Tafani, che è il
termine con il quale si riferisce alle mosche. Il simbolo iniziale erano tre tafani con un paio di
forbici, poiché era una famiglia di sarti. Poi c’è papa Innocenzo X che apparteneva alla famiglia
Pamphili. Egli all’inizio non si servì del bernini perché siccome riteneva che Urbano VIII fosse
corrotto allora come presa di posizione decise di non servirsi di lui. Entrerà comunque nelle sue
grazie mediante una strategia. Il papa aveva una cognata che veniva chiamata Donna Olimpia
sposata con il fratello del papa quando era vecchio. Veniva considerata la “papessa” perché si
riteneva fosse l’amante di Innocenzo X. Allora il Bernini per ricevere l’incarico della costruzione
della fontana dei quattro fiumi in Piazza Navona, le costruì un modellino che presentò al Papa, il
quale accettò la proposta. Altrimenti la struttura sarebbe stata del Borromini. Era molto noto
l’astio tra i due perché l’uno era geloso dell’altro, anche se era più Borromini del Bernini. A causa
di questo clima opprimente, Borromini si suicida. Lo stemma della famiglia Pamphili è la
colomba col ramoscello d’ulivo in bocca. Il terzo papa è Alessandro VII Chigi, la cui famiglia
proveniva da Siena. Il simbolo era il monte a sei cime: continuarono a usare questa
rappresentazione perché a roma c’erano i sette colli. Poi sta la stella a otto punte perché era
tipica degli altri Chigi di Roma. Bernini completerà la Cappella Chigi di Raffaello. Le prime opere
saranno commissionate dal cardinale Scipione Borghese.

RATTO DI PROSERPINA
Narra della bella proserpina, figlia di GIOVE E CERERE, dea della FELICITA.
PLUTONE re degli inferi si innamora di lei che invece cerca di divincolarsi. Ma la forza di lui
ha la meglio. Lei invoca i genitori e il padre Giove intercede con Plutone, trovando un
COMPROMESSO. Lui l’aveva rapita e portata negli inferi, e aveva mangiato melograno,
quindi non poteva tornare dietro. Grazie al compromesso del padre, Proserpina poteva
trascorrere SEI MESi con Plutone e SEI MESI con la Madre CERERE. La madre era la dea
della fertilità, quando Proserpina stava con la madre, Cerere era contenta e quindi il terreno
era fertile (primavera ed estate), quando invece era con Plutone il terreno non produceva
nulla (autunno e inverno).
Plutone indossa la CORONA, mentre lo SCETTRO è a TERRA. Sono entrambi nudi,
sapientemente coperti da DRAPPI. Lei si divincola, cerca di spingere la sua faccia, ma lui ha
la meglio e riesce a prenderla. La scultura è fatta per essere vista a 360 gradi, ci sono molti
particolari, tra cui la famosa presa di lui che affonda nella coscia di lei. Fa intuire la forza di
lui, come nel ratto della Sabina. Si vedono le VENE.
Bernini usa il marmo bianco di carrara, scolpito sapientemente. Sul volto di lei ci sono due
LACRIME. Sulla spalla di lui c’è un NEO. Il profilo è quello GRECO, naso di lei molto
pronunciato, attaccato alla fronte. Si diceva fosse il profilo più bello.

APOLLO E DAFNE
Fa parte del gruppo delle statue mitologiche che si trovano presso GALLERIA BORGHESE.
Apollo era stato vittima di uno scherzo, si era sempre vantato con EROS che non aveva mai
fatto grandi imprese, mai stato coraggioso per grandi imprese. Eros quindi si vendica e
scaglia su di lui una freccia con la PUNTA DORATA (facendolo innamorare) e su Dafne una
freccia dalla PUNTA DI PIOMBO (facendole repudiare Apollo). Quindi Apollo si innamora e
lei non lo vuole. Quando Apollo la afferra, lei che aveva già invocato sua MADRE GEA (dea
della terra), inizia a trasformarsi in un albero di ALLORO. Pur di non essere presa da Apollo,
accetta di trasformarsi in un albero di alloro. Daltronde Dafne in greco significa alloro. Inizia
quindi la METAMORFOSI, parte dai piedi, le dita si legano alla terra divenendo radici, la
corteccia inizia ad avvorgerla. Braccia e capelli si trasformano in fronde con foglie d’alloro. I
capelli sono in movimento perchè i due corrono. Apollo è leggiadro, poco muscoloso.

DAVID DEL BERNINI


Si trova in GELLERIA BORGHESE. Il Bernini non lo rappresenta come Raffaello e
Michelangelo, ovvero nel momento successivo all’uccisione del Golia, ma nell’attimo che
precede il lancio della pietra. Si mette in posizione, ha un’espressione concentrata. Ha una
FRAMBOLA, oggi FIONDA. Era in pelle di pecora, trattata per essere elastica. Sotto c’è
l’ARMATURA, che ebbe dal re ma che non indossò. Sta la CETRA a terra, strumento
musicale suonato solitamente subito dopo la vittoria. Si sa che lui vince sul gigante. Anche
dopo le guerre la suonavano i vincitori. Sulla cetra c’è un’AQUILA, fa parte dello stemma
della FAMIGLIA BORGHESE. Ha una BORSA a tracolla e un DRAPPO che gli copre le parti
intime. Il marmo presenta macchioline nere. I marmi usati dal Bernini provengono tutti dalla
stessa cava, e quella parte di marmo aveva quella caratteristica.

BUSTO DI COSTANZA BONARELLI


Si trova al MUSEO DEL BARGELLO, a FIRENZE. Qui c’è tanta scultura rinascimentale.
Questo busto non venne commissionato, ma il BERNINI lo fece per se stesso. Era così ricco
da poterselo permettere. Gli altri scultori non realizzavano opere private. Decide di
raffigurare la sua AMANTE.
Con lei ebbe una storia d’amore che durò due anni. Era la moglie di un suo collaboratore.
Ha deciso di ritrarla. Non doveva essere esposta, non era un’opera di rappresentanza. Infatti
la capigliatura è spettinata, non è fatta bene. Dietro ha una CROCCHIA, treccia arrotolata.
Ma sta comunque spettinata, anche la camicia è sbottonata. Non ha una collana e nessun
altro gioiello. La rappresenta per come la vedeva lui, nei momenti più intimi.
Mentre aveva questa opera, viene a scoprire che lei aveva una relazione con in fratello
minore del Bernini. Allora si vuole accertare della diceria che si stava diffondendo. Una notte
si apposta sotto casa di lei e vede scendere lei accompagnata dal fratello minore. Lui allora
accecato dalla gelosia lo segue, inizia una corsa a cavallo. Il fratello di rifugia in SANTA
MARIA MAGGIORE, chiesa della loro cappella. Si rifugia lì, pensando che il fratello si
sarebbe calmato. Invece gli frattura la clavicola con una spada.
A questo punto la MADRE del bernini scrive una lettera a Papa Urbano Ottavo,
supplicandolo di far allontanare il Bernini da Roma. Ma il papa invece di allontanare il
Bernini, allontana il fratello. Necessita infatti della manodopera del Bernini, “mandato da
Dio”. Il fratello piccolo quindi fu allontanato. Ci sono ancora le lettere della madre del Bernini
e i documenti dei provvedimenti presi dopo l’episodio.
Il papa trasformò tutto in una AMMENDA, multa pagata dal Bernini per aver arrecato danni
al fratello minore. Il papa fece di tutto per mettergli la testa apposto, lo fece sposare con una
delle donne più belle di Roma. Almeno da sposato sarebbe stato tranquillo. Ha avuto anche
figli da quel matrimonio. Non volle più il busto e lo regalò a un figlio di COSIMO II DE
MEdICI, motivo per cui si trova a Firenze e non a Roma.
CAPPELLA CORNARO, L’ESTASI DI SANTA TERESA
Si trova nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria. La cappella prende il nome da Corner, l’antico
cognome della famiglia di Venezia . Si tratta di una chiesa costruita nella seconda metà del
Cinquecento, importante perché rappresenta la vittoria del cristianesimo sul protestantesimo
(battaglia della montagna bianca). Emergono i trionfi dei santi che vanno al cielo e i marmi
pregiati delle glorie. A livello compositivo si ispira alla chiesa del Gesù del Vignola. Bernini riceve
quest’opera sotto Innocenzo X e per commissione di Filippo Cornaro. La cappella è un
capolavoro dell’arte barocca. Famosa perché al centro sta un’edicola con l’estasi di Santa
Teresa d’Avila, una santa spagnola appartenente all’ordine delle Carmelitane Scalze.
Lateralmente vi sono due palchetti da cui si affacciano 8 personaggi, 4 per lato, della famiglia
Fornaro, tra cui il committente. In questi palchetti ha creato uno spazio con una falsa prospettiva
con volta a botte cassettonata. Con i vari marmi ha simulato le stoffe. Stavano il doge di firenze,
prelati e cardinali, quello più sporgente a sinistra è il committente. Narra la transverberazione di
Santa Teresa, la quale disse che ad un certo punto aveva visto un angelo bellissimo, il quale le
ha spostato il vestito e trafitto il cuore con una freccia infuocata, la sensazione si è trasformata
in piacere. Si può avere una lettura in chiave erotica dell’episodio. Lei ha uno sguardo sognante
con la bocca schiusa. Si dice che questo episodio lo avrebbe vissuto quando aveva già 70 anni.
Si parla di questa santa come una santa focosa. È perfetto il panneggio del vestito. La
trasverberazione rappresenta l’unione intima con Gesù, una sorta di matrimonio con lui. Lei sale
sul cielo. Ha realizzato una finestra ovale nascosta cosicché i raggi di luce (luce divina) fatti di
bastoncini in legno dipinti in oro potessero essere illuminati naturalmente. In più questa luce
proiettava la luce sul gruppo scultoreo di marmo bianco. Sfondo di marmi policromi, sono
almeno 17. Lastra di alabastro dietro. Sul soffitto stanno gli angioletti che portano le ghirlande,
perché sta una gloria. Portano un nastro con la frase latina che “se non avessi già creato il cielo
adesso lo creerei per te”.

BALDACCHINO DI SAN PIETRO


Si trova nella basilica di San Pietro. Il committente è PAPA URBANO OTTAVO. Egli chiede
al BERNINI di realizzare questo enorme baldacchino perchè doveva qualificare l’altare
maggiore. Si trova al centro. La Basilica è a croce latina anche se allungata. Chiede di
riqualificare l’incrocio tra navata e transetto, fulcro della Chiesa.
La struttura ha la forma di un baldacchino, simile a un ciborio (quello in legno che
solitamente veniva usato durante le processioni, magari per trasportare il papa o la statua di
un santo, caricato a spalla). Questo è in BRONZO. Si dice che Urbano abbia dato il
permesso al Bernini di prendere le trabature in bronzo del Pantheon e di fonderle per
realizzarlo. Urbano si difese dall’accusa, le aveva prese sì ma per la realizzazione dei
CANNONI di CASTEL SANT’ANGELO, non per il ciborio. I papi erano spesso anziani,
permettevano di recuperare il bronzo da altre strutture per terminare prima della loro morte
le opere che avrebbero permesso loro di essere ricordati.
Bernini rischiava di realizzare un ciborio troppo piccolo, misero per una Chiesa così grande,
oppure troppo grande, che potesse ingombrare lo spazio a dispozione portando squilibrio e
disarmonia. Invece riesce a creare una struttura dalle giuste dimensioni. Nonostante
comunque sia alto quanto un palazzo di 9 piani (27 metri circa) fino alla punta della croce.
La struttura si sposa benissimo con l’intera chiesa. Il bronzo scuro risalta sul marmo chiaro.
Non sembra affatto sproporzionato, anzi, inquadra la CATTEDRA DI SAN PIETRO, un
reliquiario. Contiene il trono su cui si sedette San Pietro. In realtà risale a un’epoca
successiva al Santo, circa 6/7 secoli dopo.
In realtà il Bernini ha collaborato con il Borromini per la sua costruzione. Unica volta tra
l’altro che lavorano insieme. Borromini si è occupato della fusione del bronzo, infatti era più
esperto in quanto a tecnica. L’idea del ciborio daltronde è dello stesso Borromini.
L’odio tra i due naque in seguito alla costruzione di questo ciborio. Bernini rubò l’idea del
collega attribuendosi l’intero merito. Bernini era il direttore dei lavori e pagava in ritardo il
Borromini. Quest’ultimo arriverà ad uccidersi.
La struttura è sorretta da QUATTRO PILASTRI. I ci sono QUATTRO GRANDI PLINTI di
MARMO BIANCO. Su questi ci sono OTTO BASSORILIEVI, 2 per ogni PLINTO (ocupano i
lati esterni di ciascuno). Figurano le insegne del Papa (con le api) e si narrano le FASI
DELLA NASCITA DI UN BAMBINO A PARTIRE DAL CONCEPIMENTO. Ci sono le fasi della
gravidanza, della nascita e il bambino come ultima raffigurazione.
Non si capisce il motivo, la Chiesa non ha mai trattato questo tema. Forse Urbano Ottavo
aveva avuto una nipote che non riuscì ad avere figli e quando ci riuscì la gestazione fu
difficile. Potrebbe essere questo il motivo.
Le 4 colonne sono TORTILI, si avvolgono su se stesse. Sono tipice dell’arte barocca. Ogni
colonna è formata da 3 pezzi, messi a incastro. Sono ovviamente cave all’interno. Qui vi è
stato colato il CALCESTRUZZO per renderlo solidale. La prima parte di ciascuna è rigata, vi
è una scalanatura. Gli altri due terzi hanno rami di alloro che si attorcigliano, l’alloro è
simbolo della fama, della gloria, deriva da Apollo. Il calcestruzzo era usato dai romani,
nell’epoca della costruzione del baldacchino si usava sporadicamente. Fu LEON BATTISTA
ALBERTI a dire che fu utilizzato. Ci sono ancora i progetti.
Sulle colonne, tra le foglie, compaiono delle LUCERTOLINE, simbolo di RINASCITA, per il
fatto della coda che ricresce. Ci sono poi le API, simbolo di operosità e dei BARBERINI.
I CAPITELLI sono COMPOSITI. Prima della TRABEAZIONE c’è un DADO, tipo i PULVINI
usati per lo stancio della costruzione (DADI BRUNELLESCHIANI).
La trabeazione è concava, non rettilinea, come tipica del Barocco. Le quattro colonne sono
collegate da una frangia a festoni che, data la maestria nella lavorazione del bronzo, pare di
vera stoffa, mossa dal vento. Proteggevano dalla pioggia o dal sole. Figurano le api.
Soora ci sono 4 grandi ANGELI, ciascuno su ogni capitello. Le VOLUTE A DORSO DI
DELFINO (la parte inferiore ha la parte inferiore grande rispetto alla superiore, assomiglia al
dorso del delfino). Sono state ideate dal BORROMINI. Ci sono poi le palme simbolo di
martirio. L’intera struttura si conclude con il GLOBO che sorregge la CROCE (Simbolo di
FEDE sul mondo). Nel tetto invece è raffigurato lo SPIRITO SANTO.
è una piccola architettura o grande scultura???

FONTANA DELLA BARCACCIA, in PIAZZA DI SPAGNA


La piazza di Spagna sarà costuita un secolo dopo rispetto alla costruzione della Fontana
della Barcaccia, a circa metà del 700.
Il progetto della fontana appartiene al padre del Bernini. Trovandoci negli anni 30 del 600,
possiamo dire che sia stato proprio il figlio, Bernini, a completarla. Infatti questi anni
coincidono con gli ultimi anni di lavoro del padre.
L’incarico venne affidato al padre del Bernini da PAPA URBANO OTTAVO.
Rappresenta una barca che Urbano Ottavo volle in ricordo di una barca che lì si arenò.
Infatti in periodo di piena il Tevere sdradipava e l’acqua giungeva sino a quel punto. La barca
è parcolare, ha i lati molto bassi per favorire lo stoccaggio della merce.
Al centro c’è una fontanella, e l’acqua fuoriesce anche da due SOLI posti uno a prua e l’altro
a poppa. Il getto d’acqua è molto debole, altro motivo per cui la fontana è bassa.
Dietro la fontana c’è la Scalinata di Trinità dei Monti, costruita un secolo dopo, ha una forma
a calice e collega la parte bassa di Piazza di Spagna con quella alta (piazza di spagna per
via dell’ambasciata di spagna, quivi collocata).
Sia a prua che a poppa figurano le insegne papali (api).

PIAZZA NAVONA
Dove oggi sorge Piazza Navora, un tempo c’era il circo di domiziano, dedito alla corsa coi
cavalli. La piazza ne eredita la forma, infatti è lunga e molto stretta. I lati sono curvi (linee
esetre ???, semicircolari). Il pavimento non è piano bensì concavo, soprattutto sui lati.
Questa forma permetteva ai carri di girare più velocemente.
Il committente è INNOCENZO DECIMO, il secondo Papa che adotta il Bernini. Innocenzo
Decimo odiava Papa Urbano Ottavo per via della sua condotta. E Bernini era l’artista di
Urbano Ottavo, è normale che Innocendo Decimo inzialmente preferì il Borromini. Ma il
Bernini ideò uno stratagemma pur di togliere il posto al rivale. Innocenzo Decimo infatti
aveva una cognata, DONNA OLIMPIA, moglie di suo fratello. Bernini regala alla donna il
modellino di un metro e mezzo completamente in argento, e quindi convince Innocenzo a
commissionargli la piazza. Donna Olimpia veniva chiamata “La Papessa”, perchè prendeva
le decisioni al posto del papa. Innocenzo Decimo, al contrario di altri papi, non pensò al suo
monumento funebre. Non era megalomane. Bisognava quindi dare degna sepoltura al papa.
Donna Olimpia non se ne occupò. Non vegliò nemmeno sulla sua tomba. Fu un
collaboratore del papa a stare lui nei giorni successivi alla sua morte. Si dice addirittura che
una notte entrarono i topi e fu il collaboratore a scacciarli, mentre la donna non si preoccupò
di nulla. Fu quindi il collaboratore a provvedere, seppur in forma molto modesta. Venne
sepolto nella chiesa in Piazza Navona (CHIESA DI SANT’AGNESE IN AGONE). Poi un suo
erede commissionò la realizzazione di una tomba più degna.
In questa piazza compaiono la FONTANA DEI 4 FIUMI e la CHIESA DI SANT’AGNESE IN
AGONE. Qui si svolgevano infatti gli agonis, ovvero i giochi. Intitolata a Sant’Agnese perchè
custodisce la sua testa, molto piccola. In passato si contendevano le reliquie, perciò la testa
è conservata in questa chiesa e il corpo altrove.
Nella piazza è presente anche il PALAZZO PANPHILJ, il palazzo di famiglia.
Il BORROMINI fu incaricato di ampliare l’acquedotto per permettere a un getto d’acqua
maggiore di arrivare in piazza per garantire un effetto ricco alla fontana. Inoltre nel mese di
agosto si facevano chiudere i tappi della fontana e la piazza si allagava. Si creava una sorta
di piscina della quale rimanevano asciutti giusto i bordi, a costituire una sorta di marciapiede
che cincordava la conca. Le persone potevano sia camminare sui lati sia entrare in acqua.
Non tutti aveva l’acqua in casa, quindi ne approfittavano per lavarsi oltre che per fare festa.
L’idea della Fontana appartiene al Borromini. Il Bernini la ruba per realizzarla. Si chiama “Dei
4 fiumI” perchè si voleva mettere in evidenza il fatto che la Chiesa dominasse sul Mondo. Si
decisero di rappresentare infatti i fiumi più lunghi del Mondo. Quattro e non 5 perchè non si
era a conoscenza dell’Oceania. Anche se solo uno dei 4 è effettivamente in più lungo del
continente che rappresenta. Metaforicamente, si vuole rappresentare la diffusione della
Chiesa sul mondo. L’acqua al tempo era sinonimo di ricchezza. Gli acquedotti romani erano
11, anche se non tutti in funzione perchè in seguito alla caduta dell’Impero Romano i lavori
di manutenzione cessarono. Roma era la città con più acqua al mondo, quindi la più ricca.
Chiamata anche “città delle fontane”.
La fontana rappresenta 4 SPERONI DI ROCCIOSI che si uniscono per sorreggere
l’obelisco. Obelisco non egizio, infatti venne realizzato dai romani. è comunque ricco, stava
abbandonto e rotto in 4 pezzi. Fu preso, reassettato e montato lì. Si disse che era
impossibile che la fontana lo sostenesse, perchè il supporto era vuoto nel mezzo. Bernini
sfida quindi le leggi della statica.
Ogni fiume è rappresentato da una ALLEGORIA:
- Europa: Danubio (VOLGA)
indica lo STEMMA PAPALE (in cima all’obelisco, colomba con ramo di ulivo nel
becco). Possiede le chiavi con la NITRA. Ci sono i GIGLI perchè la famiglia del Papa
è originaria di Firenze. L’ellegoria guarda allo stemma papale perchè il Vaticano si
trova in Europa e il Danubio la rappresenta. Come animale ci sta il CAVALLO.
- Africa: Nilo (SI)
Ha un DRAPPO sulla testa. Questo perchè le origini del Nilo erano sconosciute, non
si sapeva da dove nascesse. Come animale c’è il LEONE. Anche le piante sono
quelle tipiche della vegetazione africana.
- Asia: Gange (FIUME AZZURRO)
Possiede un bastone, il REMO. Questo perchè il GANGE era NAVIGABILE.
L’animale rappresentato è il SERPENTE MARINO.
- America: Rio della Plata (MISSOURI)
Possiede un sacchetto e cadono delle monete d’argente, a rappresentare il colore
delle acque del rio della plata. La mano è rivolta verso la chiesa di Sant’Agnese in
Agone. LEGGENDA secondo cui il Bernini abbia deciso di porre la mano in quella
posizione perchè la chiesa era stata creata dal Borromini e il Bernini aveva paura
potesse cadere, oppure oscura la vista della chiesa all’allegoria dell’America perchè
la chiesa era brutta.
ALTRA LEGGENDA Il bernini venne incaricato di mettere due campanili sul
Pantheon. Questi non piacquero ai romani, vennero paragonati a delle orecchie
d’asino. Dopo un secolo e mezzo vennero abbattuti. Però il Borromini, in una
commissione per ordini minori, come cornice di una finestra vicina a casa del Bernini,
mise due orecchie d’asino. In risposta, il Bernini disegnò un fallo davanti casa del
Borromini.
Come animale ci sta l’ARMADILLO. Il Bernini era venuto in possesso di un disegno
di un uomo che era stato in America, e decide di riprodurlo. Ma non ha le sembianze
di un coccodrillo, infatti ha il becco da papera e il corpo da coccodrillo.
la bocca del coccodrilo permetteva il ricambio dell’acqua. Ora è presente un sistema
elettrificato perchè i piccioni avevano rovinato la fontana. Questo dà frequenze che danno
fastidio ai piccioni.

PIAZZA SAN PIETRO


Il bernini riceve l’incarico di ultimare la basilica di San Pietro con la costruzione della piazza
che la precede. La chiesa di San Pietro ha avuto una storia costruttiva senza precedenti: i
lavori per la sua costruzione sono durati un secolo e mezzo e hanno visto alternarsi artisti di
calibro e importanza differenti.
In particolare la costruzione della piazza viene affidata al Bernini a metà del 600 da PAPA
ALESSANDRO SETTIMO (appartenente alla famiglia Chigi). Il Bernini progetterà una piazza
capace ad accogliere più fedeli possibili. Idea due piazze, la prima, a forma trapezoidale,
vede il lato maggiore adiacente alla Chiesa di San Pietro, la seconda invece ha forma ovale.
Nel progetto iniziale l’ovale era chiuso. Infatti il viale davanti a piazza san pietro prima non
c’era. Venne abbattuto un intero isolato per dare spazio a quel viale che oggi ci permette di
osservare San Pietro anche a qualche chilometro di distanza.
Al centro della piazza figura un obelisco, collocato lì nel 500 da Papa Sisto Quinto. A Roma
figurano in totale 13 obelischi egizi, e al Mondo ve ne sono soltanto 29. Roma si classifica al
primo posto per le città con il numero maggiore di obelischi. Questo titolo è da attribuire alla
conquista da parte dell’impero romano dell’Egitto. L’obelisco collocato in questa piazza è
stato il primo ad essere stato trafugato dall’Egitto. Ed è anche l’unico a non essere mai
caduto da quando l’imperatore lo portò a Roma. Gli altri obelischi si erano rotti nel trasporto
e quindi furono riassemblati. Fu Caligola a portarlo a Roma. Egli riempì la nave di lenticchie
così da attutire tutti i colpi che avrebbe subito nel trasporto. Il compito di trasportarlo venne
affidato a Domenico Fontana, incaricato da Sisto Quinto. L’operazione era complicata. Molte
case vennero abbatture per permettere all’obelisco di percorrere le vie più strette di Roma.
Ciononostante, non è l’obelisco più alto. Il primato in questo caso infatti è dell’obelisco
lateranense.
Si pensava che Papa Sisto Quinto avesse inserito dei frammenti della vera croce di Gesù
sull’obelisco. Infatti i fedeli si riunivano a pregare sotto di esso. Daltronde nella chiesa di San
Pietro sono contenuti i veri pezzi della Croce di Gesù, era molto probabile che Papa avesse
deciso di spostarne alcuni sull’obelisco. Tuttavia nel 700 grazie ad alcuni lavori si scoprì che
questi frammenti non c’erano e decisero di collocarli.
PIAZZA La piazza ha forma ovale, simula le braccia della Chiesa che accolgono e
proteggono i fedeli. Figurano in totale circa 180 statue, sono infatti rappresentati tutti i Santi
della Chiesa. Sulla facciata di San Pietro invece ne figurano 13: al centro Gesù, su un lato 6
apostoli, sull’altro 5 apostoli e San Giovanni Battista. L’apostolo Pietro non è stato inserito
sul tetto perchè una sua statua già figura in facciata, più in basso. E si è quindi deciso di non
rappresentarlo due volte bensì di sostituirlo con San Giovanni Battista. Le statue sul tetto
sono alte il doppio rispetto a quelle dei santi che figurano sul colonnato della piazza.
Il colonnato conta 4 file di colonne che individuano una sorta di ambiente a tre navate.
Interessante notare che il Bernini ha deciso di segnare sul pavimento della piazza due
Fuochi che ci permettono di osservare il collonnato con le colonne perfettamente in asse. (si
osserva quindi solo la prima colonna, le precedenti vengono nascoste dalla prima).
Le colonne sono massicce e l’ordine è dorico. Ai lati compaiono due fontane gemelle

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