Fruizione e Valorizzazione

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AVVERTENZA

I presenti appunti sono utilizzabili esclusivamente dagli iscritti


all’insegnamento di Diritto dei beni culturali del corso di laurea
in Beni culturali dell’Università degli Studi di Verona (a.a. 2023-
2024).
Di conseguenza, ne è vietata la riproduzione, la messa a
disposizione del pubblico, la commercializzazione e comunque
la diffusione a soggetti terzi in qualunque modo ed in
qualunque forma.

FRUIZIONE E VALORIZZAZIONE DEI


BENI CULTURALI

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AVVERTENZA
I presenti appunti sono utilizzabili esclusivamente dagli iscritti
all’insegnamento di Diritto dei beni culturali del corso di laurea
in Beni culturali dell’Università degli Studi di Verona (a.a. 2023-
2024).
Di conseguenza, ne è vietata la riproduzione, la messa a
disposizione del pubblico, la commercializzazione e comunque
la diffusione a soggetti terzi in qualunque modo ed in
qualunque forma.
LA FRUIZIONE DEI BENI CULTURALI: NOZIONE
Per fruizione si intende il godimento o, se volete, l’uso del bene culturale da parte
della collettività.
Il bene culturale è un bene pubblico non nel senso di bene di proprietà di un ente
pubblico (territoriale o strumentale), ma nel senso di «bene di fruizione pubblica» (M.
S. Giannini) nel senso della necessaria fruibilità del valore culturale da parte della
collettività.
Detto altrimenti: «il bene culturale è bene di fruizione perché il godimento lo ha
l’universo dei fruitori del medesimo cioè un gruppo disaggregato e informale di
persone fisiche indeterminate e indeterminabili come universo».
La prospettiva esposta è recepita dal Codice il quale enuncia il principio che «i beni
del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della
collettività» (art. 2 comma 4).
Più precisamente:
- i beni culturali presenti in istituti e luoghi di appartenenza pubblica sono destinati
alla pubblica fruizione (art. 102, comma 1);
- i beni culturali posti al di fuori degli istituti e luoghi di cultura ma di proprietà di enti
pubblici sono destinati alla pubblica fruizione «compatibilmente con gli scopi
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istituzionali» cui sono destinati» (art. 102 comma 3).
- i beni culturali di proprietà privata «non possono essere imperativamente messi a
disposizione del pubblico godimento salvo che sussistano determinati presupposti»
(Sciullo).
Emerge, quindi, che il principio della fruizione pubblica dei beni di proprietà
privata ha carattere meramente tendenziale.
a Cultura sono consultabili dopo cinquant’anni dalla loro adozione;
b) i documenti contenenti i dati sensibili e i dati relativi a provvedimenti di natura
penale sono consultabili dopo quarant’anni;
c) i documenti contenenti dati c.d. supersensibili (ad esempio dati idonei a rilevare lo
stato di salute, la vita sessuale, rapporti riservati di tipo familiare).
Tuttavia i predetti documenti sono consultabili per scopi storici previa
autorizzazione del Ministero dell’Interno il cui procedimento di adozione è
disciplinato dall’art. 123.
La fruizione dei documenti conservati negli archivi correnti e di deposito dello
Stato e degli altri enti pubblici.
Lo Stato e gli altri enti pubblici disciplinano con propri regolamenti i propri archivi
correnti e di deposito (norma di riferimento: art. 124).

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LA VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI: NOZIONE
Nozione di valorizzazione in generale
La valorizzazione è preordinata:
a) alla promozione della conoscenza dei beni culturali;
b) a garantire le migliori condizioni di utilizzazione e di fruizione dei beni culturali;
c) promuovere e sostenere gli interventi di conservazione dei beni culturali
Più precisamente la valorizzazione consiste nelle norme che disciplinano l’attività
della pubblica amministrazione e dei privati nonché nell’esercizio delle attività da parte
della pubblica amministrazione e dei privati al fine di:
- promuovere la conoscenza dei beni culturali,
- garantire il miglioramento delle condizioni di utilizzazione e di fruizione;
- promuovere e sostenere gli interventi di conservazione dei beni culturali.
Nel complesso la valorizzazione sottende una concezione del bene culturale
come «risorsa e come servizio da erogare» (Sciullo).
La nozione di valorizzazione è ricavata da un’interpretazione letterale dell’articolo
6, comma 1, del Codice nel quale si fa espressamente riferimento
- da un lato, alla promozione della conoscenza dei beni culturali nonché alla garanzia
delle migliori condizioni di utilizzazione e di fruizione dei beni culturali (art. 6, comma
1, primo periodo);
- dall’altro, alla promozione ed al sostentamento degli interventi di conservazione dei
beni culturali (art. 6, comma 1, secondo periodo).
Nozione di valorizzazione: i due profili
La nozione di valorizzazione merita di essere approfondita sia per la sua
complessità sia per porne in luce la differenza rispetto alla fruizione ed alla tutela:
emerge, infatti, una certa sovrapposizione fra i fini della valorizzazione, quelli della
fruizione e quelli della tutela.
Si pensi, ad esempio:
- che, da una parte, la fruizione è - nella nostra ricostruzione - addirittura una funzione
amministrativa; dall’altro, che la garanzia delle migliori condizioni di utilizzazione e di
fruizione è un fine della valorizzazione;
- che, da un lato, la conservazione è un fine della tutela; dall’altro, che la promozione
ed il sostegno degli interventi di conservazione è un fine della valorizzazione.
Di conseguenza pare necessario approfondire la nozione di valorizzazione.
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La valorizzazione appare presentare due profili: uno culturale ed uno economico.
Nella prospettiva culturale la valorizzazione è da intendersi «come miglioramento
delle condizioni del pubblico godimento dei beni culturali» o, più precisamente, come
«adozione di misure dirette ad agevolare ed accrescere la possibilità di accesso ai beni
culturali e, quindi, la percezione e l’apprendimento del valore culturale dei beni» (la
citazione è tratta dal manuale di T. Alibrandi – P.G. Ferri I beni culturali ed
ambientali).
In tale prospettiva la valorizzazione è un quid pluris rispetto alla fruizione nel senso
che «incrementa la conoscenza del bene ed accresce il livello qualitativo e quantitativo
della sua fruizione» (citazione tratta dalla relazione ministeriale al Codice).
Esempi di attività di valorizzazione sono i servizi di accoglienza svolti negli istituti
e luoghi di cultura come i servizi di informazione, di guida, di assistenza didattica.
Si tratta di prestazioni che agevolano – per riprendere le espressioni di sopra – la
percezione e l’apprendimento del valore culturale del bene.
La valorizzazione in senso economico sottende un ragionamento di tipo circolare:
- i beni culturali sono in grado di produrre reddito o, se volete, possono essere gestiti
in forma imprenditoriale assumendo, quindi, rilevanza determinante nella creazione
di reddito ed occupazione;
- la produzione di reddito favorisce una maggiore ed una migliore fruizione pubblica
del patrimonio culturale.
Detto altrimenti: «la produzione di reddito da parte dei beni culturali consente
maggiori entrante e maggiori entrate possono garantire una miglior tutela ed una
fruizione più ampia dei beni culturali» (S. Cassese).
Un primo esempio.
Si pensi all’istituzione di un servizio di caffetteria e ristorazione all’interno di un
museo.
Tale servizio comporta maggiori entrate per il museo e le maggiori entrate sono
utilizzate per la tutela e la fruizione del museo.
Un secondo esempio.
Un bene culturale (ad esempio una Villa) è spesso fattore di sviluppo socio-
economico di un’area e delle relative attività economiche (ad esempio per esercizi
alberghieri, per esercizi di ristorazione, per esercizi commerciali).

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Di conseguenza soggetti pubblici e privati (ad esempio fondazioni bancarie)
promuovono la conoscenza della Villa, migliorano la fruizione e promuovono
interventi di conservazione della Villa.
Detto altrimenti: il bene culturale è foriero di utilità economica per il territorio
perché attrae capitali e risorse così da promuovere la conoscenza del bene culturale,
migliorare le condizioni di fruizione del bene e sostengono interventi di conservazione
del bene culturale.
Una precisazione finale importante.
Come rilevato da autorevole dottrina «l’ordinamento tende progressivamente verso
una nozione di valorizzazione sostenibile, ossia in grado:
- da un lato, di soddisfare le esigenze di risorse sempre più consistenti da destinare al
patrimonio culturale;
- dall’altro, di impedire che una gestione troppo imprenditoriale possa disattendere
l’obiettivo primario di […] diffondere valori culturali a livello globale rendendo ogni
testimonianza di civiltà parte integrante e imprescindibile del territorio e della società»
(L. Casini).
Detto altrimenti ancora: la nozione di valorizzazione è «circolare nel senso che
parte dalla fruizione e a quest’ultima deve tornare: l’aumento della domanda di accesso
ai beni culturali, lo sviluppo di servizi aggiuntivi, l’incremento delle sponsorizzazioni
rappresenta un profitto, ma vincolato alla maggiore offerta del bene culturale e,
quindi, in altri termini una sua maggiore fruizione».
Un esempio di valorizzazione insostenibile del bene culturale: un aumento del
biglietto di ingresso così elevato da un lato, coprire i costi di gestione del museo e
garantire un lucro; dall’altro, precludere a molti la fruizione del bene culturale.
Le attività preordinate alla realizzazione dei fini della valorizzazione
Le attività di valorizzazione o, se volete, le attività preordinate alla realizzazione dei
fini della valorizzazione sono oggetto di una definizione alquanto generica e lata.
Il Codice ed, in specie, l’articolo 111 individua due ambiti delle attività di
valorizzazione:
a) l’organizzazione di reti di cooperazione tra soggetti pubblici e tra i soggetti pubblici
e privati;
b) coordinamento e concentrazione delle risorse finanziarie, strumentali (ad esempio
immobili) o tecniche per la realizzazione dei progetti o dei programmi concordati.
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Si tratta evidentemente di ambiti alquanto ampi al cui interno rientrano eterogenee
e molteplici attività.
Esempio: sostegno finanziario alle iniziative dei proprietari di conservazione dei
beni; campagne promozionali a fini di “studio e ricerca”; individuazione di itinerari
turistico-culturali, realizzazione di rappresentazioni dal vivo della storia dei luoghi
come nell’area archeologica di Pompei.
Detto altrimenti: la definizione delle attività di valorizzazione è:
- da un lato, aperta perché comprende ogni possibile iniziativa diretta a realizzare i fini
della valorizzazione, ossia la promozione della conoscenza del patrimonio culturale,
garantire le migliori condizioni di utilizzazione e di fruizione del patrimonio culturale,
promuovere e sostenere gli interventi di conservazione;
- dall’altro, dinamica in quanto muta al mutare delle modalità di godimento beni
culturali.
Un’ipotesi di classificazione delle attività di valorizzazione opera una distinzione
fra:
- interventi di valorizzazione di tipo diretto nel senso che hanno ad oggetto
direttamente il bene culturale come ad esempio l’organizzazione di mostre o
esposizioni;
- interventi di valorizzazione di tipo indiretto nel senso che hanno ad oggetto
indirettamente il bene culturale come ad esempio il servizio di ristorazione e
caffetteria nell’ambito di un museo.
- interventi di valorizzazione di tipo contestuale nel senso che operano nel contesto
dei beni culturali oggetto di valorizzazione come ad esempio il servizio di ristorazione
e caffetteria;
- interventi di valorizzazione di tipo extracontestuale nel senso che operano al di fuori
del contesto dei beni culturali oggetto di valorizzazione come ad esempio campagne
pubblicitarie per diffondere la conoscenza dei beni culturali
Riassumendo.
La valorizzazione è multiforme perché si articola in svariate modalità di intervento.
Di conseguenza, le attività di valorizzazione non sono tipizzate in modo tassativo
dal Codice.

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Infatti, il Codice, da un lato, prevede – come appena visto - una nozione alquanto
generica ed ampia di valorizzazione; dall’altro, come vedremo - esemplifica e
disciplina alcune specifiche attività di valorizzazione.

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