Caligola

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De vita Caesarum  Svetonio

Caligula 29-32
5
Altre crudeltà gratuite di Caligola
Continua la descrizione degli episodi di ferocia di Caligola.

29 (1) Accresceva con la ferocia delle parole le sue già ferocissime azioni. (2) Diceva
che quello che gli piaceva di più del suo carattere era, per usare le sue stesse parole,
l”inflessibilità”, vale a dire la sfacciataggine.
(3) Alla nonna Antonia che lo rimproverava, come fosse poco limitarsi a disob-
bedirle, disse: “Ricordati che a me è lecito tutto e verso tutti”. (4) Sul momento di
uccidere il fratello1 e sospettando che quello per paura di essere avvelenato pren-
desse degli antidoti, disse: “Ci sono forse antidoti contro Cesare?” (5) Alle sorelle2
mandate in esilio ricordava che non aveva solo isole, ma anche spade.
(6) Un ex pretore che dal suo ritiro di Anticira3, dove si era recato per motivi di
salute chiedeva di prolungare il congedo, lo mandò a uccidere, aggiungendo:
“Quando per tanto tempo è risultato inefficace l’elleboro4, non c’è altro da fare che
un salasso”.
(7) Ogni nove giorni faceva la lista dei prigionieri da mandare al supplizio, e la
chiamava “la resa dei conti”. Avendo candannato nella stessa occasione Galli e
Greci, si vantava “di avere sottomessa la Gallogrecia.”
30 (1) Non permise che si procedesse a giustiziare nessuno diversamente che con
ferite piccole e numerose, secondo il suo solito e noto precetto: “Colpisci in modo
che la vittima senta di morire”.
(2) Avendo fatto giustiziare per un errore di nome una persona diversa da quella
che aveva destinato, disse che anche quest’altro se l’era meritato. (3) Ripeteva spesso
quel famoso verso tragico:
Mi odino purché mi temano5.
(4) Spesso inveiva contro tutti i senatori chiamandoli clienti di Seiano6, delatori
della madre e dei fratelli, producendo le lettere che aveva finto di bruciare e difen-
dendo la crudeltà di Tiberio come necessaria: bisognava pur credere a un numero
così grande di accusatori.
(5) Diffamava continuamente l’ordine equestre tacciandolo di essere dedito alla
scena e all’arena. (6) Irritato che la folla tifava contro di lui, esclamò: “Oh se il
popolo romano avesse una sola testa!” (7) E quando reclamavano il brigante Tetri-
nio7, disse che “anche quelli che lo reclamavano erano Tetrini”.
(8) Ordinò di uccidere cinque reziari tunicati8 che avevano combattuto senza
impegnarsi, soccombendo ad altrettanti avversari, ma uno di loro riprese il tridente

1. il fratello: Tiberio, figlio di Germanico tiche, usata anche per la cura delle malat- di Tiberio era stato un persecutore della
e fratello di Caligola. tie mentali. famiglia di Germanico.
2. Alle sorelle: Drusilla, Giulia e Agrip- 5. Mi odino… mi temano: il motto, pro- 7. il brigante Tetrinio: altrimenti ignoto.
pina (la futura moglie di Claudio e madre nunciato da Atreo nell’ononima tragedia Doveva essere un brigante che si esibiva
di Nerone). di Accio (oderint dum metuant), è ricorda- nell’arena.
to varie volte da Cicerone e da Seneca;
3. Anticira: nella Focide, famosa per l’el- 8. reziari tunicati: i reziari sono i gladia-
Svetonio afferma che fu adottato anche da
leboro ricordato subito dopo. tori armati della rete; i “tunicati” erano
Caligola.
probabilmente una sottocategoria di gla-
4. l’elleboro: pianta dalle proprietà eme- 6. Seiano: il potente prefetto del pretorio diatori effeminati.

Copyright © 2010 Zanichelli editore SpA, Bologna [9308]


Questo file è una estensione online del corso A. Perutelli, G. Paduano, E. Rossi, Storia e testi della letteratura latina, © Zanichelli 2010
De vita Caesarum  Svetonio

e uccise tutti i vincitori. L’imperatore condannò con un suo editto quest’atto come
una strage ferocissima e maledisse anche quelli che avevano avuto cuore di assi-
stervi.
31 (1) Spesso si lamentava in pubblico della condizione dei suoi tempi, che non
avevano visto nessuna calamità illustre, mentre il principato di Augusto era stato
reso memorabile dalla disfatta di Varo9 e quello di Tiberio dal crollo dell’anfiteatro
di Fidene10: il suo invece era minacciato dall’oblio a motivo della prosperità; per-
tanto non faceva che augurarsi disfatte di eserciti, carestie, pestilenze, terremoti.
32 (1) Anche quando si rilassava, dedicandosi al gioco e al banchetto, era in lui
la medesima ferocia di parole e di azioni. (2) Spesso alla sua presenza, mentre ban-
chettava e faceva baldoria, si tenevano gravi processi, ricorrendo alla tortura, e un
soldato che era un vero artista della decapitazione tagliava la testa a chiunque gli
arrivava dal carcere.
(3) Quando inaugurò a Pozzuoli il ponte che, come ho ricordato, aveva proget-
tato, invitò la folla ad avvicinarsi a lui dalla spiaggia, e improvvisamente li fece
precipitare in mare, respingendo in mare coi remi e con le pertiche alcuni che
cercavano di attaccarsi ai timoni.
(4) A Roma, durante un banchetto pubblico, consegnò immediatamente al car-
nefice uno schiavo perché aveva strappato a un triclinio una lamina d’argento, gli
fece tagliare le mani e con quelle che gli pendevano dal collo sul petto lo fece con-
durre in mezzo ai commensali, con un cartello che indicava il motivo della pena.
(5) Un mirmillone11 che si batteva contro di lui alla scuola con le armi spuntate
e si gettò spontaneamente a terra, lo trafisse con il pugnale di ferro, e si mise a
correre con la palma al modo dei vincitori.
(6) Un’altra volta in una cerimonia, quando la vittima era stata portata all’altare
lui con la veste raccolta nel costume dei sacrificatori, alzò il maglio e ammazzò il
sacerdote.
(7) In un convito sontuoso scoppiò improvvisamente a ridere e poiché i consoli
che gli stavano accanto gli chiesero timidamente perché rideva, rispose: “Oh niente,
tranne che con un solo mio cenno potrei farvi strozzare sul momento tutti e due”.

9. dalla disfatta di Varo: la famosa scon- avvenuto nel 27 d.C.; le vittime furono tura gallica, così chiamato per via dell’im-
fitta in Germania del 9 d.C. almeno 20 .000. magine di un pesce (la murmura) raffigu-
rata sull’elmo.
10. dal crollo dell’anfiteatro di Fidene: 11. Un mirmillone: gladiatore dall’arma-

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