L'arte Di Porgere
L'arte Di Porgere
L'arte Di Porgere
Ioannis Barbas
È importante sottolineare come gli allestimenti di padiglioni o di mostre temporanee degli anni
trenta, prima ancora della rivoluzione nell’ambito della museografia del dopoguerra, fossero
delle sperimentazioni d’avanguardia da parte degli architetti, quasi volte a studiare e delineare
un carattere che avrebbe in seguito segnato l’architettura moderna. È presente la traccia di una
matrice neoplastica nel linguaggio degli allestimenti di Albini; i sottili montanti scuri che corrono
lungo le pareti, o che attraversano lo spazio seguendo una tensione cartesiana, un po’ ricor-
dano le linee nere di Mondrian, tese al limite della tela. Queste sono le stesse linee “tensionali”
che troviamo nella scomposizione ortogonale delle linee d’ombra che scandiscono la facciata
rigorosa degli uffici Ina, costruiti a Parma negli anni cinquanta. Il motivo del telaio cartesiano
nell’alzato deve qualcosa agli studi degli allestimenti intrapresi da Albini. In particolare, non si
può non sottolineare come nel dettaglio dei pilastri che, rastremandosi verso l’alto, si piegano
in sommità a mensola per sorreggere il coronamento dell’edificio, vi sia un eco del linguaggio di
Albini allestitore; è come se l’architetto “porgesse” il cornicione aggettante nel vuoto, sospen-
dendolo nell’aria, presentandolo con la delicatezza di un oggetto esposto.
È chiaro come Albini operasse progettando spazi definiti da linee tensionali, piuttosto che ri-
cercare soluzioni materiche o scultoree per mettere in risalto le tele. Questa concezione archi-
tettonica dello spazio, unita alla leggerezza calligrafica del linguaggio di Albini, suggerisce una
coreografia spontanea all’interno delle sale da parte del pubblico, il cui ruolo diventa protago-
nista. Albini stesso esplicita questa volontà, scrivendo: “L’architettura deve farsi mediatrice tra
il pubblico e le cose esposte; deve dare valore all’ambiente come potente elemento di sugge-
stione sul visitatore. Per raggiungere questo risultato bisogna, secondo me, ricorrere a soluzioni
spaziali piuttosto che a soluzioni plastiche: bisogna creare spazi architettonici, o sottolineare
quelli esistenti, legandoli in una unità assoluta con le opere esposte. È la mia opinione che sono
proprio i vuoti che occorre costruire, essendo aria e luce materiali da costruzione. L’atmosfera
non deve essere ferma, stagnante ma vibrare, e il pubblico si deve trovare immerso e stimolato,
senza che se ne accorga”7. È interessante notare come un’architetto esponente del razionali-
smo insista su termini quali “atmosfera”, parola che rimanda ad un universo onirico, quasi una
dimensione metafisica. In realtà, Albini progetta delle “atmosfere” quasi in senso letterale, in
quanto si tratta di disegnare vuoti d’aria e di luce. L’elemento onirico è dato dalla sospensione
degli oggetti che fluttuano nello spazio; le opere d’arte quasi si incontrano camminando, come
fossero dei soggetti viventi. Carlo Scarpa riprenderà la medesima idea nei piedistalli progettati
per le sculture nel museo di Castelvecchio a Verona; le statue sembrano non poggiare mai
direttamente sul pavimento, la base del piedistallo è disegnata in maniera tale da scomparire
avvolta dall’ombra. In tal modo, le statue sembrano galleggiare su piattaforme fluttuanti, come
se stessero passando di lì in quel momento. I passi dello spettatore seguono l’atteggiamento,
il gesto delle opere esposte, che si incontrano quasi per caso.
Questi scelte suggestive, che permettono il “coinvolgimento inconsapevole” dello spettatore,
segnano una rottura con la tradizione espositiva italiana. Albini scrive: “L’architettura, spostan-
do anch’essa il suo fuoco dall’opera esposta al pubblico, tende ora ad ambientare il pubblico,
se così si può dire, anziché ambientare l’opera d’arte. L’architettura crea attorno all’opera d’arte
un’atmosfera moderna, e proprio per questo entra direttamente in rapporto con la sua sensibili-
tà, con la sua cultura, con la sua mentalità di uomo moderno”8. Avviene dunque un ribaltamento
fondamentale: si ambienta il pubblico, non l’opera d’arte. Le persone che valicano lo spazio
espositivo sono invitate ad interagire dinamicamente
con le opere d’arte, girandoci attorno e osservandole in
movimento, in una coreografia che consente molteplici
punti di vista differenti.
Una delle invenzioni espositive più ingegnose e celebri
di Albini, disegnata per le gallerie di Palazzo Bianco, è il
supporto per i frammenti del gruppo scultoreo Elevatio
Animae di Margherita di Bramante, opera di Giovanni
Pisano. L’architetto immagina un supporto mobile in
ferro, costituito da due mensole lievemente asimme-
triche rastremate alle estremità, che si innestano su
una struttura telescopica. Un motore elettrico, nasco-
sto sotto la pavimentazione, permette l’innalzamento,
l’abbassamento e la rotazione della scultura secondo
il gusto dello spettatore, che è invitato fisicamente a
maneggiare il sistema pensato da Albini. Questo per-
mette l’osservazione dell’opera da diverse prospettive,
ma consente anche di apprezzarne il rilievo scultoreo,
che si svela al cambiare della luce. Negli stessi anni, a
Palermo, nel museo di Palazzo Abatellis, Carlo Scarpa progetta un piedistallo dal motivo simile,
per il busto marmoreo raffigurante Eleonora d’Aragona, scultura di Francesco Laurana. È im-
portante quindi sottolineare il dialogo, lo scambio di conoscenze che avviene tra i due maestri,
che imparano l’uno dall’altro in uno spirito di collaborazione e amicizia, forse nato negli anni di
insegnamento presso l’università di Venezia.
Qualche anno più tardi, nelle gallerie di Palazzo Rosso, Albini studierà, per i dipinti situati in
prossimità delle finestre, un fine supporto rotante a bandiera, dotato all’estremità di una mani-
glia con la quale lo spettatore potrà decidere l’inclinazione della tela che più gli è congeniale.
Un sistema simile verrà adottato dal gruppo BBPR a Milano, nella sistemazione del museo di
Castello Sforzesco.
0
G. Ponti, Una mostra perfetta, in Stile, n.3, Marzo 1941 p.1
1
G. Ponti, La casa dell’architetto Franco Albini, Domus, Novembre 1939, p.28
2
F. Albini, lezione tenuta presso l’IUAV, 1954-44, ora in Casabella, n.370, Febbraio 2005, p.2
3
A. Monestiroli, I musei e gli allestimenti di Franco Albini, Electa, 2005, p.9-10
4
G. Argan, Il museo come scuola, Comunità n.3, Maggio-Giugno 1949, p.64-66
5
F. Albini, G. Palanti, Costruzioni-Casabella n.193, Marzo 1946, p.2
6
F. Albini, Le funzioni e l’architettura del museo: alcune esperienze, ciclostilato, Facoltà di Architettura al Politecnico
di Torino, 1954-55, p.9
7
F. Albini, lezione tenuta presso l’IUAV, 1954-44, ora in Casabella, n.370, Febbraio 2005, p.2
8
F. Albini, Le funzioni e l’architettura del museo: alcune esperienze, ciclostilato, Facoltà di Architettura al Politecnico
di Torino, 1954-55, p.5
9
O. Lanzarini, M. Mulazzani, Zero gravity - Franco Albini: costruire le modernità, Electa, 2006, p.159
10
F. Bucci, I musei e gli allestimenti di Franco Albini, Electa, 2005, p.23
11
F. Bucci, I musei e gli allestimenti di Franco Albini, Electa, 2005, p.21
12
F. Albini, lezione tenuta presso l’IUAV, 1954-44, ora in Casabella, n.370, Febbraio 2005, p.8-9
13
F. Bucci, I musei e gli allestimenti di Franco Albini, Electa, 2005, p.20
Iconografia, in ordine:
F. Albini, Libreria Veliero presso l’appartamento dell’architetto a Milano, 1940 (in copertina)
F. Albini, Supporto mobile per un frammento scultoreo di Giovanni Pisano a Palazzo Bianco,
1949-51
C. Scarpa, schizzo di studio per la statua del Cangrande al museo di Castelvecchio a Verona,
1958-64
Bibliografia consultata
- I musei e gli allestimenti di Franco Albini, a cura di Federico Bucci e Augusto Rossari, Electa,
2005
- Zero gravity - Franco Albini: costruire le modernità, a cura di Federico Bucci e Fulvio Irace,
Electa, 2006
- Conservare il moderno: Franco Albini e il Museo del Tesoro di San Lorenzo a Genova, saggio
introduttivo di Manuela Salvitti, Altralinea, 2015
- Franco Albini. La sostanza della forma, Carlo Olmo, Istituto Italiano di Cultura, 2016
I hereby certify that the present work entitled:
L’arte di porgere
was indipendently written by me, that no other sources and aids than those specified have been
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Ioannis Barbas
Mendrisio, 24.01.2023