De Cesare, CSTP C. Commissione, RTDPC, 4, 2020
De Cesare, CSTP C. Commissione, RTDPC, 4, 2020
De Cesare, CSTP C. Commissione, RTDPC, 4, 2020
ISSN 0391-1896
Anno LXXIV Fasc. 4 - 2020
Guidomaria De Cesare
Estratto
Il caso Cstp: Azienda della mobilità s.p.a. c.
Commissione: il giudicato nazionale cede al principio
della primauté, storia di una caduta (annunciata)?
(1) Corte giust., sez. IX, 4 marzo 2020, causa C-587/18, Cstp Azienda della
mobilità S.p.A. c. Commissione, in www.curia.eu.
— 1422 —
tonazione costituzionale della cosa giudicata risultava strumentale alla tesi secondo cui
la differenziazione delle forme di tutela alternative o abbreviate rispetto al rito ordinario
risulterebbe perfino costituzionalmente doverosa poiché, in tal modo, il legislatore
potrebbe adeguare la struttura della lite alle peculiarità dei diritti sostanziali (così
PROTO-PISANI, Appunti preliminari sui rapporti fra diritto sostanziale e processo, in Dir.
e giur., 1978, I, p. 7; ID., Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 ss., c.p.c., in
Riv. dir. civ., I, p. 393 ss.). Più radicale, DENTI, La magistratura, sub art. 111, in Comm.
cost., a cura di Branca, Bologna-Roma, 1987, p. 22, secondo cui la stabilità delle
sentenze sarebbe una conseguenza del principio di economia processuale, il quale non
troverebbe un sicuro addentellato in Costituzione, sicché, essendone il giudicato una
forma di manifestazione, giocoforza non sarebbe possibile arguire la tutela costituzio-
nale di quest’ultimo. Sul versante opposto si colloca la dottrina più recente (così, in più
sedi, CAPONI, Giudicato civile e diritto costituzionale: incontri e scontri, in Giur. it., 12,
2009, p. 13 ss., spec. p. 15; ID., Corti europee e giudicati nazionali, cit., p. 312; in
giurisprudenza si v. Corte cost., 7 novembre 2007, n. 364, in Foro it., 2009, I, c. 996,
con nota di CAPONI, Giudicato civile e leggi retroattive), la quale ricava la garanzia
costituzionale del giudicato dall’interpretazione a contrariis dell’art. 11, disp. prel., cod.
civ. riletto attraverso la giurisprudenza della Corte costituzionale; di talché una legge che
dispone espressamente la cessazione di efficacia di provvedimenti del giudice civile
anteriormente passati in giudicato è tacciabile di incostituzionalità, poiché, da un lato,
vìola le attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria cui spetta la tutela dei diritti
(artt. 102 e 113 cost.), dall’altro, lede l’affidamento della parte vittoriosa sul carattere
definitivo del risultato del processo (artt. 3 e 24 cost.). Non convince, altresì, la tesi di
chi presume di trovare un avallo nelle disposizioni costituzionali degli artt. 111, comma
8°, e 24 cost. ovvero, rispettivamente, la garanzia del ricorso di legittimità dinanzi alla
Corte di cassazione rispetto a tutti quei provvedimenti che abbiano natura sostanziale di
sentenza e il diritto di azione inteso non solo in guisa tale da permettere a « chiunque di
agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi », ma anche di
conseguire stabilmente, attraverso il processo, il chiovendiano bene della vita. Così
secondo SERGES, Il “valore” del giudicato nell’ordinamento costituzionale, in Giur. it.,
12, 2009, p. 5 ss., spec. p. 8. Tale costruzione, per quanto vergata in punta di penna, e,
tra le altre cose, già autorevolmente sostenuta da CERINO CANOVA, La garanzia costitu-
zionale del giudicato civile (meditazioni sull’art. 111, comma 2°), in Riv. dir. civ., 1977,
p. 395 ss., tende a riconoscere un vincolo in capo al legislatore a configurare la
giurisdizione contenziosa sempre in guisa tale da assicurare l’utilità del giudicato, ma ciò
è stato smentito, per un verso, dall’uso generalizzato del rito camerale anche per la tutela
dei diritti soggettivi e degli status, il quale dopo le ultime riforme è diventato, come va
ripetendosi da tempo, un “contenitore neutro”, per un altro, dalla giurisprudenza
costituzionale (cfr. Corte cost., 10 luglio 1975, n. 202, in Foro it., 1975, I, c. 1575; Corte
cost., 14 dicembre 1989, n. 543, in Foro it., 1990, I, c. 366, con nota di PROTO PISANI;
Corte cost., 30 gennaio 2002, n. 1, in Giust. civ., 6, 2002, p. 1476 ss., con nota
parzialmente adesiva di TOTA; nello stesso senso anche Cass. civ., sez. I, sentenza del 6
marzo 2018, n. 5256, in Dejure, nella misura in cui ha ammesso la ricorribilità in
Cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7°, cost., dei provvedimenti ablativi della
responsabilità genitoriale, i quali, pertanto, avrebbero attitudine al giudicato, rebus sic
stantibus, nonostante siano emessi all’esito di un procedimento camerale.
(11) Così GIUSSANI, Intorno al riconoscimento e all’esecuzione degli atti di conci-
liazione e transazione, in Riv. dir. proc., 2019, p. 1020 ss., spec. 1022 nota 6, in ragione
— 1425 —
dei rapporti tra i poteri dello Stato divisati ex artt. 102 e 103 cost., nonché in ragione
della rilevanza del diritto alla difesa ex artt. 24 e 3 cost.; ID., in Remedies concerning
enforcement of foreign judgments, 2018, Chapter 9, ove l’a. analizza la resistenza del
giudicato rispetto allo ius superveniens retroattivo tanto dal punto di vista della teoria
sostanziale quanto da quello della teoria processuale della cosa giudicata: « from the
point of view of the substantive theory of res judicata, because from that moment on the
decision becomes a self-standing source of the law of the case (so that changes of the
substantive law applied, even if they are retroactive for every other interested party, are
irrelevant for the parties bound by res judicata); from the point of view of procedural
theory of res judicata, because immunity of judicial adjudication from the effects of a
new retroactive law is an essential feature of balance of powers in a democratic system
[...] ». Sul rapporto tra il diritto d’azione e le attribuzioni costituzionali della magistra-
tura si v. Corte cost., sentenza del 7 novembre 2007, n. 364, in Foro it., 2009, I, c. 991
ss., con nota di CAPONI. In senso contrario la dottrina costituzionalistica più risalente, si
v. a proposito PALADIN, Appunti sul principio di irretroattività delle leggi, in Foro amm.,
1959, p. 946 ss., spec. p. 950, secondo cui la eventuale incostituzionalità di una legge
ordinaria che fosse diretta a modificare una sentenza passata in giudicato incontrerebbe
un limite nel divieto di leggi personali (ex art. 3, comma 1°, cost.) e non già « in ragione
di astratti principi di separazione dei poteri o per una pretesa proibizione costituzionale
di leggi “iperretroattive” ».
(12) Come detto supra, il giudicato incontra il piano della legittimità costituzio-
nale nella misura in cui risulta protetto — rectius: costituzionalmente protetto — da
interventi retroattivi del legislatore ordinario, quale manifestazione del principio della
certezza del diritto, come ripetuto a più fiate dal Giudice delle leggi (v. Corte cost.,
sentenza del 9 febbraio 2015, n. 10, in Deiure, secondo cui « il limite dei « rapporti
esauriti » ha origine nell’esigenza di tutelare il principio della certezza del diritto, così
ulteriori limiti alla retroattività delle decisioni di illegittimità costituzionale possono
derivare dalla necessità di salvaguardare princìpi o diritti di rango costituzionale che
altrimenti risulterebbero irreparabilmente sacrificati. In questi casi, la loro individua-
zione è ascrivibile all’attività di bilanciamento tra valori di rango costituzionale [...] che
esige una gradualità nell’attuazione dei valori costituzionali che imponga rilevanti oneri
a carico del bilancio statale »; nello stesso senso v. Corte cost., sentenza del 10 marzo
2015, n. 70, in Dejure). Ciò non toglie che il legislatore conserva il potere di disporre in
ipotesi eccezionali dei precedenti giudicati, bilanciando le ragioni di giustizia del caso
concreto e certezza del diritto a favore della prima, secondo canoni di proporzionalità e
ragionevolezza. Sulle esigenze di bilanciamento imposte dall’ordine costituzionale si v.
CAPONI, Corti europee e giudicati nazionali, cit., p. 309 ss.; ID., Democrazia, integrazione
europea e circuito delle corti costituzionali (in margine al Lissabon Urtail), in Riv. it.
dir. pubbl. com., 2010, p. 387 ss.; ID., Giudicato civile e diritto costituzionale: incontri
— 1426 —
the application of EU law must not be made impossible [...] by national procedural
rules ».
(21) Corte giust., 30 settembre 2003, causa C-224/2001, in www.curia.eu. Per
una ricostruzione del fatto v. CONSOLO, Il flessibile rapporto, cit., p. 178 e ss. Nello stesso
senso, Corte giust., 1° giugno 1999, causa C-126/97, Eco-Swiss (punti 46-47); Corte
giust., 16 marzo 2006, causa C-234/2004, Kapferer, in www.curia.eu, e in Giur. it.,
2007, p. 1089, annotata da DI SERI, L’intangibilità delle sentenze “anticomunitarie”, p,
1091 ss.; Corte giust., 22 dicembre 2010, causa C-507/08, Slovacchia c. Commissione;
e più di recente, Corte giust., 10 luglio 2014, causa C-213/13, Pizzarotti, in www.cu-
ria.eu, in ispecie si v. il punto 64 ove la Corte ha affermato che « se le norme procedurali
interne applicabili glielo consentono, un organo giurisdizionale nazionale, come il
giudice del rinvio, che abbia statuito in ultima istanza senza che prima fosse adita in via
pregiudiziale la Corte ai sensi dell’art. 267 tfue, deve o completare la cosa giudicata
costituita dalla decisione che ha condotto a una situazione contrastante con la normativa
dell’Unione in materia di appalti pubblici di lavori o ritornare su tale decisione, per tener
conto dell’interpretazione di tale normativa offerta successivamente dalla Corte »; si
pronuncia a favore della “progressively-formed res judicata” KITSOS, Public Procurement
— Meaning of “Public Works Contract — Scope of the Principle of Res Judicata, nota
alla sentenza Pizzarotti, in European Procurement & Public Private Partnership Law
Review, 3, 2015, pp. 207-212, spec. p. 211.
(22) In questo senso, ORDOÑES-SOLIS, Waiting for National Judges in Infringement
Proceedings on State Aid, in EStAL, 3, 2017, p. 377 ss., spec. p. 392, ove si sostiene che
« the credibility of all EU State aid system is based on this action and on deterrent
financial penalties to Member States. [...] National Courts play a role that is subordinate,
insofar as their duty is to take all possible steps to ensure that the European obligation
of recovery is effectively carried out ».
(23) Corte giust., 18 luglio 2007, causa C-119/05, in Rass. trib., 2007, p. 1591
ss., con nota di BIAVATI, La sentenza Lucchini: il giudicato nazionale cede al diritto
comunitario; ancora, in Riv. dir. proc. 2008, p. 224 ss., con nota di CONSOLO, La
sentenza Lucchini della Corte di giustizia: quale possibile adattamento degli ordina-
— 1429 —
Olimpiclub (25), nei quali i giudici del Kierchberg hanno completato quel
processo di dimensionamento della cosa giudicata entro il sistema di limiti
ID., Efficienza della giustizia civile e culture della riforma, Milano, 2017, p. 20 ss., per
un’analisi del rapporto tra estensione del giudicato implicito sul merito, coerenza della
lite e ragionevole durata del processo.
(28) Così superando l’orientamento informato a logiche di economia processuale
inaugurato da Cass., sez. un., 16 giugno 2006, n. 13916, in Foro it., 2007, 2, I, c. 493,
secondo cui « l’accertamento definitivo, contenuto in una decisione resa tra l’erario ed
il contribuente ha efficacia di giudicato esterno nella controversia pendente tra le stesse
parti, ed avente ad oggetto annualità diverse dello stesso tributo, ovvero tributi diversi
ma fondati sui medesimi presupposti di fatto ».
(29) CONSOLO, Il flessibile rapporto, cit., p. 191.
(30) Cfr. Cass. civ., sez. l., 25 novembre 2009, n. 24784, in Mass. Giust. civ.,
2010, 1, p. 5, la quale, richiamando espressamente il procedente Olimpiclub ha
affermato che « qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo
rapporto giuridico di durata, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in
giudicato, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato, in ordine alla
soluzione delle questioni di fatto e di diritto relative al punto fondamentale comune ad
entrambe la cause, presuppone la compatibilità del giudicato con i princìpi fondamentali
del diritto comunitario applicabili nel caso concreto. Ne consegue che il giudice
successivamente adìto per l’accertamento della medesima obbligazione di durata con
riferimento ad un diverso periodo deve coordinare il principio del giudicato con il
principio di effettività cui è improntato il diritto comunitario, evitando il conflitto tra
l’efficacia del giudicato e l’esercizio dei diritti riconosciuti dall’ordinamento giuridico
comunitario »; nello stesso senso, Cass. civ., 13 settembre 2010, n. 19493, in Dejure.
(31) Cfr. BIAVATI, Le categorie del processo civile alla luce del diritto europeo, cit.,
p. 1335, secondo cui « il diritto processuale deve ammettere che il risultato del giudizio
— 1432 —
rebbe stata quella della sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. —
interpretato estensivamente (40) e in modo conforme al principio di effet-
tività — per assicurare l’effetto utile della decisione della Commissione,
benché non vi fosse un rapporto di pregiudizialità in senso tecnico (41) tra
la risoluzione della questione sulla natura di aiuto di Stato e il diritto della
Cstp (42).
Bisognerebbe, in un certo senso, ammettere l’esistenza di accertamenti
con efficacia preclusiva su successivi giudizi dipendenti emessi al termine
di procedimenti non qualificabili come giurisdizionali. Una visiona siffatta
presuppone un abbandono della visione “soggettivistica” dell’accertamento
giurisdizionale, fondato sulla provenienza autoritaria dell’atto (43), in
(40) La stessa dottrina tedesca (v. WEIß, nota a Klausner Holz, cit., p. 60) si
aspettava che nel caso Klausner Holz il Landgericht di Munster sospendesse tempora-
neamente, nell’attesa di una decisione della Commissione, non già l’efficacia dei con-
tratti di fornitura, come proposto dalla Corte di giustizia, bensì il processo, in base ad
un’interpretazione estensiva del § 148 ZPO, a mente del quale il giudice può (kann)
sospendere il processo dinanzi a lui pendente quando la soluzione della causa dipende
dalla decisione di un’autorità amministrativa, fino all’esaurimento del procedimento
amministrativo stesso (così, D’ALESSANDRO, Aiuti di Stato e giudicato nazionale: nella
vicenda Klausner Holz il Landgericht di Munster interpreta restrittivamente i limiti
oggettivi del giudicato, in Riv. dir. proc., 6, 2018, p. 1615 ss., spec. p. 1632).
(41) ALLORIO, La cosa giudicata rispetto ai terzi, Milano, 1935, p. 68 ss., parla di
pregiudizialità laddove la situazione pregiudicante costituisca un elemento della fatti-
specie costitutiva della situazione dipendente. Sul rapporto di dipendenza tra giudizio di
impugnazione della decisione della Commissione in punto di aiuti di Stato e giudizio
interno restitutorio si rimanda a VILLATTA, Sospensione necessaria del processo civile per
dipendenza da processo comunitario di annullamento e limiti soggettivi del giudicato, in
Riv. dir. proc., 2007, p. 1030 ss., spec. p. 1035; NEGRI, Procedimenti paralleli in materia
antitrust: (ir)ragionevoli corollari processuali del vincoli dei giudici nazionali alle
decisioni della Commissione CE, in Int’l Lis, 3-4, 2009, p.133 ss., ove incidentalmente
si afferma che « il provvedimento comunitario costituisce il fondamento giuridico della
pretesa di restituzione e la legittimità di tale provvedimento (oggetto del giudizio innanzi
al TPG e contestata dall’interessato nel processo nazionale) si pone senza dubbio come
pregiudiziale rispetto all’oggetto della causa pendente innanzi al giudice nazionale ».
(42) Nel senso che si tratti di mera Rechtsfrage risolvibile dal giudice anche
incidenter tantum, D’ALESSANDRO, op. cit., p. 1632 nota 41. Di Rechtsfrage ragionano i
giudici del Kierchberg nel caso Klausner Holz: naturalmente tutto da dimostrare è che
valga la soluzione tedesca in Italia — in particolare altro è la pronuncia implicita in
punto di nullità del contratto per violazione dell’art. 108 tfue, altro quella esplicita. A
ben vedere, sviluppando coerentemente le indicazioni fornite dalla Corte di giustizia nei
casi Lucchini, Klausner Holz e, infine, CSTP, non potendosi il giudice nazionale
pronunziare in punto di legittimità degli aiuti di Stato erogati, la scelta più ragionevole,
laddove penda un’istruttoria dinanzi alla Commissione, è proprio quella della sospen-
sione. Potrebbe anche trattarsi di un’ipotesi di pregiudizialità tecnica ex lege, atta a
garantire l’armonia tra decisioni nazionali e decisioni della Commissione.
(43) Cfr. con l’interessante studio di SLATER-THOMAS-WAELBROECK, Competition
law proceedings before the European Commission and the right to a fair trial: no need
— 1436 —
for reform? in Research papers in law, 5/2008, disponibile sul sito https://www.coleu-
rope.eu/research-paper/competition-law-proceedings-european-commission-and-right-
fair-trial-no-need-reform, p. 32, i quali si interrogano sui profili di compatibilità delle
« quasi-judicial procedures » con i corollari del due process of law ex art. 6 cedu.
(44) A proposito della « crisi della giurisdizione », intesa in senso tradizionale, si
v. CHIZZINI, L’equo processo Cedu quale quadro di riferimento normativo per i procedi-
menti davanti alle autorità indipendenti nazionali (ed alla Commissione europea). Note
generali, in Giusto proc. civ., 2012, p. 346 ss., spec. p. 347; nonché, COMOGLIO, Sanzioni
antitrust e azioni risarcitorie verso nuove forme di giudicato, in La crisi del giudicato,
cit., p. 302 ss.
(45) In tal senso BIAVATI, Interessi e mercato nel processo comunitario, in questa
rivista, 3, 1999, p. 793 ss., spec. p. 795.
(46) BIAVATI, loc. ult. cit., p. 796.
(47) L’esatta delimitazione di un mercato costituisce sovente oggetto della pro-
nuncia in fatto dei giudici comunitari: si v. Corte giust., 2 marzo 1994, causa C-53/92,
Hilti c. Commissione, in www.curia.eu, punti 5-8; in ispecie la Corte ha delimitato l’area
del mercato delle pistole sparachiodi; ancora, Corte giust., 5 ottobre 1994, causa
C-151/93, in www.curia.eu, la Corte risolveva la questione intorno alla qualificazione
comunitaria di “coscia di pollo” al fine dell’applicazione della tariffa doganale comune.
(48) Si v. a proposito le penetranti indagini storiche di PICARDI, La giurisdizione
all’alba del terzo millennio, Milano, 2007; ID., Le trasformazioni della giustizia nell’età
della globalizzazione, in Riv. dir. proc., 5, 2012, p. 1153 ss.
— 1437 —
giudicato della stessa, e la riassunzione sarebbe pertanto già possibile, fatta salva la
possibilità che il giudice sospenda nuovamente il giudizio, ex art. 337, comma 2°, c.p.c.,
ma nella sola ipotesi in cui ritenga fondata l’impugnazione ordinaria proposta contro tale
sentenza. Si chiude così un circuito interpretativo che ha “svecchiato” le norme del
codice di rito, le quali, foggiate originariamente per assicurare l’armonia delle decisioni,
oggi rispondono maggiormente ad esigenze di efficienza nell’amministrazione della
giustizia. Sicché, mutatis mutandis, detta interpretazione pare mutuabile anche al
nostro tema: infatti, non sarebbe necessario aspettare la definitività della decisione della
Commissione per riassumere la causa pregiudicata; il giudice della causa pregiudicata
potrebbe sempre disporre la sospensione discrezionale, attendendo la stabilizzazione
degli effetti della decisione della Commissione, laddove ritenesse che il contenuto di
questa possa essere ribaltato al séguito dei giudizi di impugnazione.
(52) CONSOLO, Il flessibile rapporto, cit., p. 196; ID., La sentenza Lucchini della
Corte di giustizia: quale possibile adattamento degli ordinamenti processuali interni e in
specie del nostro? cit., p. 235.
(53) Sulla compressione della cognizione fattuale dei giudici nazionali nell’ipotesi
in cui sul punto si sia già pronunziata la Commissione si v. STELLA, nota a Trib. Milano,
8-11 maggio 2009, La prima pronuncia di un Tribunale italiano in materia di c.d.
follow-on antitrust litigation e sul valore delle decisioni della Commissione CE in
materia, in Int’l Lis, 3, 2009, p. 149 ss.
— 1439 —
trina (58), « nel sistema europeo è giusto ciò che è conforme a diritto e non
ciò che è stato deciso. Con buona pace dei quadrata e dei rotunda ».
Ci pare che la cifra interpretativa offerta dalla Corte di giustizia a
proposito dei rapporti tra sopravvenuta decisione della Commissione e
irretrattabilità del giudicato nazionale sia difficilmente suffragabile; ciò è
vero a maggior ragione se si considera che nella disposizione positiva
dell’art. 2909 c.c. è racchiuso un principio di rango costituzionale (59)
quale quello della certezza del diritto che, a ben vedere, rientra tout court
nel novero delle « tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri »
riconosciute ex art. 6, par. 3, tue (60).
Se quanto detto è vero, la violazione di un principio fondamentale
dell’Unione qual è la cosa giudicata, ex art. 6, par. 3, tue, a causa
dell’adozione di una decisione di recupero da parte della Commissione,
legittimerebbe l’applicazione del limite di cui all’art. 16, par. 2, reg. Ue n.
1589 del 2015, secondo cui « la Commissione non impone il recupero
dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto
dell’Unione ». Infatti, come avvertito da autorevole dottrina (61), un con-
flitto tra ius superveniens “iperretroattivo” e giudicato è ipotesi del tutto
eccezionale, astrattamente configurabile nei soli casi in cui la lex posterior
introduca valori giuridici di intonazione costituzionale « così meritevoli di
affermazione da prevalere sulla tutela dell’affidamento delle parti sull’in-
tangibilità del risultato del precedente processo (62) ».
(63) Negli stessi termini anche Corte App. Roma, 10 luglio 2019, n. 7949, non
ancora pubblicata, che costituisce il séguito del caso Lucchini più volte menzionato; i
giudici capitolini hanno fatto orecchie da mercante rispetto al dictum della Corte di
giustizia, il giudicato è stato salvato dalla disapplicazione. Non è certo un mistero che la
giurisprudenza nazionale abbia riservato un’accoglienza, per così dire, “tiepida” al
dictum Lucchini. Cfr. sul punto BIAVATI, disapplicazione del giudicato interno per effetto
del diritto dell’Unione Europea?, in questa rivista, 2014, p. 1567 ss., ove l’a. va
auspicando una corretta applicazione del sistema di pesi e contrappesi dell’Unione,
applicando pienamente, e senza riserve mentali, lo strumento del rinvio pregiudiziale.
(64) A fronte della sentenza in commento pare potersi dare una risposta positiva
all’interrogativo posto anzitempo da BIAVATI, Inadempimento degli Stati membri al
diritto comunitario per fatto del giudice supremo: alla prova la nozione europea di
giudicato, in Int’l Lis., 2, 2005, p. 62 ss., spec. p. 65, il quale, nel commentare la
sentenza Kobler — prima breccia nel muro del giudicato — si chiedeva se « è ipotizzabile
per il diritto europeo una forza applicativa tale, che una sua verificata violazione possa
travolgere un giudicato? ».