Bollette A 28 Giorni - Cassazione SS - UU. N. 26164/2022

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Civile Ord. Sez. U Num.

26164 Anno 2022


Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO
Data pubblicazione: 06/09/2022

Corte di Cassazione - copia non ufficiale

ORDINANZA

sul ricorso 25570-2020 proposto da:


FASTWEB S.P.A., società a socio unico soggetta alla direzione e
coordinamento di Swisscom AG, in persona dei legali rappresentanti
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, FORO TRAIANO I/A,
presso lo STUDIO ORSINGHER/ORTU AVVOCATI ASSOCIATI,
rappresentata e difesa dall'avvocato ELENIA CERCHI;

- ricorrente -

contro
CODACONS - COORDINAMENTO DELLE ASSOCIAZIONI E DEI
COMITATI DI TUTELA DELL'AMBIENTE E DEI DIRITTI DEGLI UTENTI E

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


DEI CONSUMATORI, ASSOCIAZIONE DEGLI UTENTI PER I DIRITTI
TELEFONICI - A.U.S. TEL. ONLUS, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE
GIUSEPPE MAZZINI 73, presso l'Ufficio Legale Nazionale del Codacons,
rappresentati e difesi dagli avvocati CARLO RIENZI e GINO GIULIANO;
AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI, in persona del
Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
la rappresenta e difende;
MOVIMENTO CONSUMATORI, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOMMASO
CAMPANELLA 41, presso lo studio dell'avvocato LAILA PERCIBALLI,
rappresentato e difeso dall'avvocato PAOLO FIORIO;
U.DI.CON. APS, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA BENEDETTO CAIROLI 2, presso l'avvocato
MANUELE MISIANI (STUDIO C. e C. & PARTNERS), rappresentata e
difesa dagli avvocati DONATO PATERA e GIUSEPPE CATALANO;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 987/2020 del CONSIGLIO DI STATO, depositata


il 07/02/2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
23/11/2021 dal Consigliere LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

Ric. 2020 n. 25570 sez. 5U - ud. 23-11-2021 -2-


lette le conclusioni scritte del Procuratore Generale Aggiunto LUIGI

SALVATO, il quale chiede che la Corte rigetti il ricorso.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 7/2/2020 il Consiglio di Stato ha respinto i
gravami interposti dalla società Fastweb s.p.a. -in via principale- e
dall'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni-Agcom -in via

incidentale- in relazione alle pronunzie Tar Lazio n. 11306 del 2018 e

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Tar Lazio n. 1956 del 2019, di rigetto dell'impugnazione della delibera
con la quale quest'ultima ha imposto alla prima di «ritornare entro il
23 giugno 2017 alla fatturazione su base mensile o suoi multipli per i
servizi di telefonia fissa e ad una periodicità almeno quadrisettimanale
per quelli di telefonia mobile>>, nonché della delibera di irrogazione
nei confronti della medesima della «sanzione di euro 1.160.000>>

per mancata ottemperanza alla prima delibera.


Avverso la suindicata pronunzia la società Fastweb s.p.a.
propone ora ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., affidato a 4

motivi, illustrati da memoria.


Resistono con separati controricorsi l'Autorità per le garanzie

nelle Comunicazioni-Agcom, l'Associazione movimento consumatori,


l'Associazione U.DI.CON.APS, il Codacons e l'Associazione degli utenti
per i diritti telefonici A.U.S. Tel Onlus, i quali ultimi hanno presentato

anche memoria ( tardiva ).


Con conclusioni scritte ex art. 380 bis.1 c.p.c. il P.G. presso
questa Corte ha chiesto pronunziarsi il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con tutti i motivi la ricorrente denunzia violazione degli artt. 111

Cost., 362 c.p.c.


Si duole essersi dal giudice amministrativo d'appello
erroneamente ravvisato «il potere dell'Autorità di imporre lo "storno
dei giorni erosi" agli operatori creando una norma di diritto del tutto

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nuova ed effettivamente avulsa dal quadro giuridico e

regolamentare».
Lamenta che tale «potere nominato» di natura inibitoria-
conformativa-indennitaria, quale <<rimedio generale posto dalla

legge», in realtà <<non esiste».


Si duole dell'erroneità al riguardo dell'assunto secondo cui

<<dall'attribuzione di un determinato fine all'Autorità deriva non solo

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il potere ( innominato ) di definire in sede regolamentare il contenuto
del contratto ma anche quello positivo ed espresso ( che però è del pari
non rinvenibile in norme positive ) di azionare una forma di tutela
indennitaria, ripristinatoria e generalizzata», in quanto tali poteri
<<in alcun modo l'ordinamento prefigura e men che meno ...

attribuisce all'Autorità».
Lamenta che l'ecceso di potere giurisdizionale si sostanzia

nell'individuazione da parte del giudice amministrativo, <<quale fonte


del potere di Agcom», di «una norma espressa che in realtà non

solo non esiste nell'ordinamento ma non può essere ricavata neanche


in via interpretativa poiché una interpretazione in tal senso si porrebbe

in contrasto con altre norme e principi positivi ed espressi».


Si duole non essersi considerato che la <<restituzione dei giorni

erosi è una prestazione patrimoniale imposta autoritativamente agli

operatori» in contrasto con l'art. 23 Cost.; e che l'art. 2 L. n. 481 del


1995 non legittima l'Agcom ad imporre un «rimborso automatico»
in caso ( anche ) di ravvisata <<violazione di un obbligo di
trasparenza», trattandosi di misura impositiva di prestazione
patrimoniale di natura sanzionatoria adottata in violazione dei principi
di tassatività e legalità, risultando a tale stregua travalicata anche la
giurisdizione del giudice ordinario.
Lamenta che «qualificare come indennizzo la misura non la
depriva della sua natura sanzionatoria>>.

Ric. 2020 n. 25570 sez. SU - ud. 23-11-2021 -4-


Si duole che, nel riconoscere la legittimità dei provvedimenti

impugnati e la spettanza all'Agcom 1.\aci—s4.Fespeestit del potere di H


adottarli, il giudice dell'appello amministrativo abbia invaso la «sfera
riservata al legislatore» anche <<con riferimento alle disposizioni
dell'ordinamento comunitario», giacché nell'«affermare la
sussistenza del potere dell'Agcom di imporre la restituzione dei giorni
erosi, il Consiglio di Stato ha violato le direttive di massima

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armonizzazione UE ed in particolare della direttiva 21/2002/CE, che
non contemplano la possibilità per le ANR di imporre la gratuità delle
prestazioni erogate dagli operatori, né contemplano un potere
conforrnativo/ripristinatorio come ipotizzato dal Consiglio di Stato».
Lamenta che erroneamente tale giudice non ha ( come invero in
altro giudizio ) disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in

argomento.
Si duole che il travalicamento da parte del giudice amministrativo
dei «limiti della propria giurisdizione anche rispetto al potere
dell'Autorità Giudiziaria ordinaria» trovi ulteriore menifestazione
nell'adozione di <<misure ripristinatorie imposte dall'Autorità»
incidenti «sui rapporti e sulle situazioni sostanziali», imponendosi

esse <<sulla volontà delle parti e sul contratto», laddove la


«disponibilità dei propri diritti (ivi inclusa la scelta di non esercitarli)

sta alla base dell'ordinamento e si concretizza nell'esigenza di una


domanda di parte per l'accesso alla giustizia (in questo caso
ordinaria)».

Lamenta che il giudice amministrativo ha <<posto a fondamento


del decidere le proprie valutazioni di merito e di opportunità», a tale
stregua altresì <<invadendo la competenza della stessa Autorità».
Si duole che il giudice amministrativo abbia ritenuto avere essa
posto in essere una «pratica scorretta» -in quanto «sleale»-
sulla base di una valutazione di opportunità al medesima invero
preclusa, né oggetto di accertamento in tali termini da parte

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dell'Agcom, cui viceversa competeva, atteso che la «prassi dei 28
giorni, attuata dal 2015 al 2017, non è stata di per sé criticata
dall'Autorità>>, che non ha «espresso un giudizio di valore sul

contegno degli operatori>>, sicché il <<decisum si è fondato

interamente ... su una valutazione di opportunità del giudice che era

tuttavia ad esso preclusa>>.


I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto

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connessi, sono inammissibili.
Come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare,
l'eccesso di potere denunziabile con ricorso per cassazione per motivi

attinenti alla giurisdizione va invero riferito alle sole ipotesi di difetto


assoluto di giurisdizione ( che si verifica quando un giudice speciale
affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla
discrezionalità amministrativa, ovvero, al contrario, la neghi
sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto in
assoluto di cognizione giurisdizionale ) o di difetto relativo di
giurisdizione ( riscontrabile quando detto giudice abbia violato i c.d.

limiti esterni della propria giurisdizione, pronunciandosi su materia


attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale,
ovvero negandola sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri
giudici ), e, in coerenza con la relativa nozione posta da Corte Cost. n.

6 del 2018 ( che non ammette letture estensive neanche limitatamente


ai casi di sentenze "abnormi", "anomale" ovvero di uno

"stravolgimento" radicale delle norme di riferimento ), tale vizio non è


configurabile in relazione ad errores in iudicando e in procedendo, i
quali non investono la sussistenza dei suindicati limiti esterni del potere
giurisdizionale del giudice amministrativo e dei giudici speciali, bensì
solo la legittimità dell'esercizio del potere medesimo (cfr., da ultimo,
Cass., Sez. Un., 11/11/2019, n. 29082; Cass., Sez. Un., 11/9/2019, n.
22711; Cass., Sez. Un., 6/7/2019, n. 18079; Cass., Sez. Un.,
20/3/2019, n. 7926).

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Si è da queste Sezioni Unite altresì precisato che l'interpretazione

della legge o la sua disapplicazione rappresentano invero il proprium


della funzione giurisdizionale, e l'eccesso di potere giurisdizionale nei
confronti del legislatore non ricorre allorquando il giudice si sia attenuto
al compito interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis
applicabile nel caso concreto ( cfr. Cass., 11/9/2019, n. 22711 ), a

fortiori allorquando abbia correttamente argomentato non già dal mero

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tenore letterale delle singole disposizioni bensì ( anche ) dalla relativa

ratio, nel legittimo esercizio della potestà giurisdizionale avuto riguardo


al sistema normativo invocato, tale operazione ermeneutica non

integrando la violazione dei limiti esterni della giurisdizione ma potendo


al più dare luogo ad un error in iudícando ( v. Cass., Sez. Un.,
12/12/2012, n. 22784 ), sottratto al sindacato di queste Sezioni Unite
(cfr. Cass., 13/6/2019, n. 15893; Cass., Sez. Un., 9/4/2018, n. 8720;
Cass., Sez. Un., 9/4/2018, n. 8719; Cass., Sez. Un., 25/9/2017, n.
22251; Cass., Sez. Un., 14/12/2016, n. 25628; Cass., Sez Un.,
10/9/2013, n. 20698; Cass., Sez Un., 10/6/2013, n. 14503 ), salvo il

caso di radicale stravolgimento delle norme o dell'applicazione di una

norma creata ad hoc (v. Cass., Sez. Un., 31/5/2016, n. 11380) tali da
ridondare in denegata giustizia ( cfr. Cass., Sez. Un., 14/11/2018, n.

29285 ).
L'eccesso di potere giurisdizionale nei confronti del legislatore è

allora configurabile solo ove il giudice amministrativo ( o contabile )


applichi non già la norma esistente bensì una norma da esso stesso
creata, esercitando un'attività di produzione normativa che non gli
compete, la mancata o inesatta applicazione di norme di legge non
comportando viceversa la creazione di una norma inesistente, con
conseguente invasione della sfera di attribuzioni del legislatore, giacché
il controllo sulla giurisdizione non è in alcun caso estensibile alla
prospettazione di pure e semplici violazioni di legge da parte del giudice

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speciale ( v. Cass., Sez. Un., 16/10/2018, n. 25936; Cass., Sez. Un.,

27/6/2018, n. 16974 ).
Il sindacato di queste Sezioni Unite sulle decisioni del giudice
amministrativo ( e del giudice contabile ) è quindi circoscritto alla

violazione dei limiti esterni della giurisdizione, non estendendosi anche


-come detto- alla verifica degli errores in iudicando né degli errores in

procedendo, qual è in particolare il difetto di corrispondenza tra chiesto

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e pronunziato ( cfr. Cass., Sez. Un., 22/4/2013, n. 9687; Cass., Sez.
Un., 4/10/2012, n. 16849; e, da ultimo, Cass., Sez. Un., 10/9/2019,
n. 22569; Cass., Sez. Un., 20/3/2019, n. 7926 ) o l'applicazione di
norme processuali ostative all'esame del merito della domanda ( v.
Cass., Sez. Un., 27/6/2003, n. 10287) o la negazione dell'esistenza di
condizioni dell'azione ( v. Cass., Sez. Un., 14/1/2015, n. 475 ) o il

mancato esame di questione procedurale ( v. Cass., Sez. Un.,


17/11/2016, n. 23395 ) o l'applicazione di regola processuale interna
incidente nel senso di negare alla parte l'accesso alla tutela
giurisdizionale nell'ampiezza riconosciuta da pertinenti disposizioni
normative dell'Unione europea direttamente applicabili secondo

l'interpretazione elaborata dalla Corte di Giustizia ( v. Cass., Sez. Un.,


29/12/2017, n. 31226 ), o la violazione dell'obbligo di rimessione alla

Corte di Giustizia delle questioni relative all'interpretazione delle norme


dell'U.E. ( v. Cass., Sez. Un., 28/7/2021, n. 21641; Cass., Sez. Un.,
30/10/2020, n. 24107; Cass., Sez. Un., 15/11/2018, n. 29391 ).
Sotto altro profilo, si è da queste Sezioni Unite posto in rilievo
che le decisioni del giudice amministrativo concernenti la legittimità dei
provvedimenti della P.A. possono essere impugnate con il ricorso per
cassazione ex art. 111, 8° co., Cost. qualora siano affette da eccesso
di potere giurisdizionale sotto il profilo della usurpazione della funzione
amministrativa, configurabile solo allorquando eccedendo i limiti del
riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando
nella sfera del merito ( riservato alla P.A. ) detto giudice compia una

Ric. 2020 n. 25570 sez. SU - ud. 23-11-2021 -8-


diretta e concreta valutazione della opportunità e convenienza dell'atto,
ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula
dell'annullamento, evidenzi l'intento dell'organo giudicante di sostituire
la propria volontà a quella della P.A. mediante una pronunzia che, in
quanto espressiva di un sindacato di merito ed avente il contenuto
sostanziale e l'esecutorietà propria del provvedimento sostituito, non
lasci spazio ad ulteriori provvedimenti dell'autorità amministrativa ( v.

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


Cass., Sez. Un., 7/5/2021, n. 12155; Cass., Sez. Un., 4/2/2021, n.

2604).
Orbene, dei suindicati principi il giudice amministrativo d'appello
ha nell'impugnata sentenza fatto piena e corretta applicazione, e le
dedotte ipotesi di violazione dei limiti esterni della giurisdizione
amministrativo nella specie non risultano invero integrate.

La vicenda attiene all'<<aumento di circa l'8,6% delle condizioni


economiche per i contratti di telefonia fissa», dall'odierna ricorrente
nel 2017 introdotto mediante la «riduzione del periodo di rinnovo e/o
fatturazione delle offerte, che passò dalla cadenza mensile ad una
quadrisettimanale (28 gg.)», ritenuto dall'Agcom «pregiudizievole
per l'utenza» in quanto determinante un «aumento tariffario»
mediante «non già libere scelte imprenditoriali degli operatori di

TLC>> ma particolari «modalità della cadenza di fatturazione» in

un mercato quale quello della telefonia fissa «tradizionalmente


connotato da periodi di fatturazione ordinaria su base mensile, a sua

volta coincidente con le modalità di fatturazione di altri servizi ed


utenze, oltre che con la cadenza con la quale si genera usualmente il
reddito mensile degli utenti», altresì «non rispettosa della dovuta

trasparenza nei confronti degli utenti, in quanto sostanzialmente rivolta


a realizzare aumenti tariffari di non immediata percezione da parte dei
consumatori», oltre che ostativa alla «comparabilità delle
offerte».

Ric. 2020 n. 25570 sez. SU - ud. 23-11-2021 -9-


L'Agcom pertanto «impose a detti operatori di telefonia, ma
senza contestar loro l'aumento in sé della tariffa, di ritornare, entro il

23 giugno 2017, alla fatturazione su base mensile o suoi multipli per i


servizi di telefonia fissa e ad una periodicità almeno quadrisettimanale

per quelli di telefonia mobile».


L'impugnazione da parte dell'odierna ricorrente della relativa
delibera, nonché di quella avente ad oggetto l'irrogazione della

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


«sanzione di euro 1.160.000» per mancata ottemperanza alla
medesima, è stata rigettata nei due gradi del giudizio amministrativo

di merito.
Nello stigmatizzare l'<<eccentricità della scelta, comune a tutti i
principali operatori di telefonia, verso una fatturazione dei servizi
erogati con cadenza a 28 giorni, anziché, com'è sempre stato e lo è
comunque dall'entrata in vigore della novella recata dall'art. 19-

quinquiesdecies del DL 148/2017>>, secondo la «periodicità mensile


( o multipli del mese )>>, quale «scadenza d'uso da sempre
adoperata per i contratti di durata relativi alle utilities
continuativamente erogati ( tipo la telefonia fissa )>>, assurta a
«fatto notorio ex art. 115, II co., c.p.c.>> e trovante «buona
conferma pure a livello eurounitario nell'art. 5, § 1, lett. e) della Dir. n.
2011/83/UE ( sugli obblighi informativi precontrattuali del

professionista al fine della stipula di contratti da concludere con i


consumatori a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali ) ] che
«si premura di precisare, per i contratti di abbonamento o a tempo
indeterminato che prevedono l'addebito di una tariffa fissa, che il
prezzo totale equivalga anche ai costi mensili totali>>, sicché «il
legislatore UE reputa un dato di fatto ovvio, ossia un patrimonio di
conoscenza comune della collettività per i contratti a prestazioni
continuative a cadenza fissa, che il parametro ordinario di riferimento
sia appunto il mese solare» ], il giudice ammnistrativo d'appello ha
nell'impugnata sentenza in particolare sottolineato che la condotta

Ric. 2020 n. 25570 sez. SU - ud. 23-11-2021 -10-


dell'odierna ricorrente <<s'appalesa sleale, non solo perché indusse
l'utente, grazie all'apparente piccolo scarto tra 28 giorni e mese intero
a sottovalutare tal sottile discrepanza e non cogliere fin da subito il
predetto aumento» ( la «nuova cadenza di fatturazione»
sembrando «impedire» o, comunque, rendere «più difficile
all'utente rappresentare a se stesso e con la dovuta immediatezza
come, attraverso la contrazione della periodicità di tariffazione, il

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


gestore telefonico percepisce, nel corso di un anno, il corrispettivo per
13, anziché per 12 volte» ), ma anche perché «la scelta a 28 giorni
limitò drasticamente la possibilità di reperire offerte basate su termini
temporali mensili e rese difficoltoso, se non inutile, l'esercizio del diritto
di recesso, non essendo più reperibili sul mercato alternative diverse
da quella così adottata», sicché l'<<anomalia era legata al riscontro,
da parte degli utenti, di un aumento dei prezzi delle tariffe telefoniche
con modalità non trasparenti in seguito alla nuova e simultanea

rimodulazione dell'offerta».
A tale stregua, il «passaggio dalla fatturazione a cadenza
mensile a quella a 28 giorni, quantunque annunciata dall'appellante
alla sua clientela, determinò una violazione del principio di trasparenza,
rendendo meno intellegibile l'effettivo costo del servizio al fine di non

consentire la percezione immediata dell'aumento della tariffa ed

impedendo perciò una libera valutazione delle offerte».


Con tale «passaggio» si è infatti realizzato «un aumento

del costo dei sevizi ... pari a ca. l'8,6%».


Per altro verso, «il cambio di tal cadenza da parte di tutti i
principali operatori non consentì nei fatti la possibilità di recesso».
Il giudice ammnistrativo d'appello ha ulteriormente posto in
rilievo che <<buona fede e correttezza ( regole specifiche sia della fase
di conclusione che di quella di esecuzione del contratto, artt. 1175,
1375 c.c. ), nonché [ il ] rispetto del principio di trasparenza ...
imponevano all'appellante di render noto ai suoi utenti» quanto sopra

Ric. 2020 n. 25570 sez. SU - ud. 23-11-2021 -11-


«già alla luce del solo art. 71, co. 1, CCE, senza bisogno pertanto di

coinvolgere pure il Codice del consumo».


Ha osservato, ancora, che il fondamento del potere nella specie
esercitato dall'Agcom è da individuarsi nella L. n. 481 del 1995,
istitutiva di tutte le Autorità per i servizi di pubblica utilità [ e in
particolare l'art. 2, comma 12 lett. d), g) ed h); l'art. 2, comma 20 lett.
d); l'art. 2, comma 37 ], nonché nella L. n. 249 del 1997, istitutiva

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


dell'Agcom, ponendo in rilievo che «in base all'art. 2, co. 20, lett. d),
l'Agcom non ha esercitato un vero e proprio potere sanzionatorio, ma
ha attivato il rimedio generale posto dalla legge ( dunque, tutt'altro che

privo di base normativa ) sull'ordinamento delle Autorità di


regolazione»; e che «tal rimedio indennitario» [ il quale «per
sua natura s'attaglia alla situazione cui intende por soluzione», e
appunto «per questo sfugge al principio di tipicità proprio delle
sanzioni» trovando «fondamento nella necessità di assicurare,
insieme con la promozione della concorrenza e con definizione di
sistemi tariffari certi, trasparenti e basati su criteri predefiniti, per i
servizi erogati, la tutela degli interessi degli utenti e consumatori» ],
proprio «in base alla delibera n. 114/2017 CONS non s'atteggia più
a mero rimborso», contemperando «le esigenze di ripristino della

fatturazione a cadenza mensile ... con la refusione dei disagi subiti dagli
utenti», in quanto volto «ad evitare che la scelta unilaterale degli

operatori di telefonia ... incida senza controllo sula sfera giuridica degli
utenti >>, quale forma di «cd. tutela amministrativa dei diritti o

public enforcement».
Ha quindi sottolineato come il successivo intervento legislativo
(art. 19 quinquiesdecies D.L. n. 148 del 2017) abbia in realtà
<<completato quello che l'atto di regolazione aveva già stabilito»,
espressamente regolamentando un potere già desumibile dalle norme
anteriormente vigenti, prevedendo la cadenza mensile quale
«periodicità temporale d'uso per i pagamenti nei contratti di

Ric. 2020 n. 25570 sez. SU - ud. 23-11-2021 -12-


somministrazione [recte, continuativa] di beni ( energia, gas, acqua )
e di servizi (telefonia fissa)», pur non trattandosi «né della
conferma della carenza di potere dell'Autorità in materia, né tampoco
d'una sorta di "sanatoria" della delibera n. 121», la «detta
novella» avendo avuto «al più» lo «scopo d'estendere, recte,
di rammentare la tutela per la violazione del principio di trasparenza

all'erogazione degli altri servizi di TLC>>.

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


Orbene, a fronte di siffatta ricostruzione in fatto e delle

conclusioni al riguardo dal giudice ammnistrativo d'appello raggiunte


nell'impugnata sentenza, l'odierna ricorrente formula invero censura di
eccesso di potere giurisdizionale nei confronti del legislatore -anche
eurounitario-; nei confronti del giudice ordinario; nei confronti della

P.A.
Quanto al legislatore, in ragione della ravvisata sussistenza del
potere dell'Agcom di imporre agli operatori di TLC lo storno dei giorni
erosi, a tal fine asseritamente creando una norma di diritto del tutto
nuova ed avulsa dal quadro legislativo e regolamentare, atteso che solo

successivamente, con l'emanazione dell'art. 19 quinquiesdecies D.L. n.


148 del 2017 è stato a quest'ultima invero riconosciuto tale potere,
pertanto in capo alla medesima insussistente al momento dell'adozione

delle impugnate delibere in argomento.


Con invasione invero anche del potere riservato al legislatore
dell'U.E., non essendosi nemmeno disposto rinvio pregiudiziale alla

Corte di Giustizia dell'U.E. in ordine alla suindicata delibera n.

121/2017 CONS.
Quanto al giudice ordinario, per indebita ingerenza a fronte della
tutela apprestata dal Codice del consumo, compresa l'azione di classe
ex art. 140.
Quanto all'autorità ammnistrativa, per avere il giudice
amministrativo invaso la sfera di attribuzione dell'Agcom, sostituendo

Pie. 2020 n. 25570 sez. SU - ud. 23-11-2021 -13-


le proprie considerazioni di opportunità e di merito a quelle di

quest'ultima.
Orbene, relativamente al dedotto eccesso di potere
giurisdizionale nei confronti del legislatore, anche eurounitario, va
osservato che nell'impugnata sentenza il giudice ammnistrativo
d'appello ha posto in rilievo che nella specie «in base all'art. 2, co.
20, lett. d), l'Agcom non ha esercitato un vero e proprio potere

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sanzionatorio, ma ha attivato il rimedio generale posto dalla legge
(dunque, tutt'altro che privo di base normativa) sull'ordinamento delle
Autorità di regolazione», avendo <<la giurisprudenza da tempo ...
riconosciuto alle Autorità indipendenti, per la loro collocazione
istituzionale, dei poteri impliciti, da esercitarsi in relazione agli scopi
stabiliti dalla legge», a fortiori in un settore, quale quello di specie,
in cui il «particolare tecnicismo» che lo contraddistingue impone di
assegnare all'<<Autorità il compito di prevedere e adeguare
costantemente il contenuto delle regole tecniche all'evoluzione del
sistema», in quanto <<una predeterminazione legislativa rigida
risulterebbe invero di ostacolo al perseguimento di tali scopi», il
potere nella specie dall'Agcom esercitato -nell'ambito di <<una
fattispecie procedimentale a formazione progressiva ... in
contraddittorio con le imprese»- essendo «riconducibile all'ampio
genus dei poteri conformativi ed inibitori spettanti all'Autorità per
garantire la tutela degli utenti sul mercato», nell'ambito del

riequilibrio di una <<situazione alterata da un aumento dei prezzi non


trasparente».

Potere, si è sottolineato, a tale stregua sussistente in capo

all'Agcom già da epoca anteriore all'emanazione dell'art. 19


quinquiesdecies D.L. n. 148 del 2017, trovando -come detto- fonte
nell'art. 2, comma 20 lett. d), L. n. 481 del 1995, che a fronte di
comportamenti lesivi dei diritti degli utenti attribuisce alle Autorità di

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regolazione il potere di imporre il pagamento dell'indennizzo, che ai
sensi del precedente comma 12 lett. g) può essere anche automatico.
Il giudice amministrativo si è pertanto attenuto al compito

interpretativo che gli è proprio, ricercando la voluntas legis applicabile


nel caso concreto in termini non comportanti la violazione dei limiti

esterni della giurisdizione, non ravvisandosi nella specie alcun radicale


stravolgimento delle norme di riferimento tali da ridondare in denegata

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giustizia, la stessa censura mossa dall'odierna ricorrente in realtà
sostanziandosi nell'asserita erroneità dell'interpretazione della L. n.
481 del 1995 fornita dal giudice amministrativo, che può dare al più

luogo ad un error in iudicando, sottratto al sindacato di queste Sezioni


Unite.
Deve per altro verso sottolinearsi che, come da queste Sezioni
Unite posto in rilievo all'esito della pronunzia Corte Cost. n. 6 del 2018,
anche la violazione del diritto dell'U.E. e il mancato rinvio pregiudiziale
ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle
magistrature speciali debbono ritenersi compatibili con il diritto
eurounitario, come interpretato della giurisprudenza costituzionale ed
europea, in quanto correttamente ispirato ad esigenze di limitazione
delle impugnazioni, oltre che conforme ai principi del giusto processo
ed idoneo a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, essendo

rimessa ai singoli Stati l'individuazione degli strumenti processuali per


assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall'Unione, pertanto non
sindacabile ex art. 111, 8° co., Cost. da parte della Corte Suprema di
Cassazione ( v., con riferimento al Consiglio di Stato, Cass., Sez. Un.,
17/12/2018, n. 32622; Cass., Sez. Un., 30/10/2020, n. 24107; Cass.,

Sez. Un., 28/7/2021, n. 21641; e, conformemente, da ultimo, Cass.,


Sez. Un., 24/1/2022, n. 1996 ).

Queste Sezioni Unite hanno d'altro canto già avuto modo di


sottolineare come solo ad un primo sguardo la lettera dell'articolo 267,
paragrafo 3, TFUE «potrebbe indurre a ritenere tale giudice "tenuto"

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al rinvio» ( così Cass., Sez. Un., 15/4/2020, n. 7839 ), laddove non
ricorre in materia alcun automatismo ma va dal giudice vagliata la
relativa necessità <<per evitarne gli abusi» ( v. Cass., Sez. Un.,
23/2/2021, n. 4848; Cass., Sez. Un., 15/4/2020, n. 7839; Cass., Sez.

Un., 10/9/2013, n. 20701 ).


Quanto al dedotto eccesso di potere giurisdizionale nei confronti

del giudice ordinario, va ulteriormente osservato che la relativa

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inconfigurabilità nella specie discende dalla considerazione che, come
sottolineato anche dal P.G. presso questa Corte nelle sue conclusioni
scritte, l'esercizio da parte dell'Agcom dei propri poteri regolatori
mediante l'applicazione del <<rimedio generale>> ex art. 2, comma

20 lett. d), L. n. 481 del 1995 opera invero su un piano diverso e

<<parallelo>> rispetto alla tutela civilistica apprestata dal codice civile


e dal codice del consumo ex artt. 138 ss., cui si aggiunge, senza

escluderlé.
In ordine al dedotto eccesso di potere giurisdizionale nei confronti

dell'autorità ammnistrativa, va infine posto in rilievo che


nell'impugnata sentenza il giudice ammnistrativo d'appello ha ravvisato
la piena legittimità dell'intervento nella specie dall'Agcom operato
nell'esplicazione dei propri poteri in materia.
A tale stregua, il giudice amministrativo non si è sostituito a detta

Autorità nel valutare l'opportunità e la convenienza dell'atto, nemmeno


là dove ha qualificato come sleale o contraria a buona fede o
correttezza la condotta dell'odierna ricorrente nel caso mantenuta.
Atteso che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità il vizio in argomento non è invero configurabile in relazione
a pronunzia come nella specie di rigetto dell'impugnazione del
provvedimento amministrativo, sostanziandosi essa nella conferma di
quest'ultimo e non sostituendosi al medesimo ( sicché l'Autorità che
l'ha emesso mantiene intatti tutti i poteri che avrebbe avuto se l'atto
non fosse stato impugnato, con la sola eccezione di ravvisare in esso i

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vizi di legittimità ritenuti insussistenti dal giudice amministrativo: v.,
da ultimo, Cass., Sez. Un., 7/5/2021, n. 12155 ), va al riguardo
evidenziato che le valutazioni espresse dal giudice amministrativo si
appalesano nella specie al più meramente aggiuntive al riguardo, senza
pertanto infirmare i poteri e i provvedimenti dell'Agcom, sicché esse
possono se del caso integrare meramente la violazione di limiti interni
della giurisdizione.

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Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo
in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in


complessivi euro 13.200,00, di cui euro 13.000,00 per onorari, oltre a
spese generali ed accessori come per legge, in favore dell'Autorità per
le garanzie nelle Comunicazioni-Agcom; in complessivi euro 13.200,00,
di cui euro 13.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori

come per legge, in favore dell'Associazione movimento consumatori;


in complessivi euro 13.200,00, di cui euro 13.000,00 per onorari, oltre
a spese generali ed accessori come per legge, in favore
dell'Associazione U.DI.CON.APS; in complessivi euro 10.200,00, di cui
euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come

per legge, in favore del Codacons e dell'Associazione degli utenti per i


diritti telefonici A.U.S. Tel Onlus.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come

modif. dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei


presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a
norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Roma, 23/11/2021

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