Hegel - La Fenomenologia Dello Spirito
Hegel - La Fenomenologia Dello Spirito
Hegel - La Fenomenologia Dello Spirito
Quest'opera fu pubblicata nel 1807 durante il periodo iennese, ossia il periodo in cui Hegel si trova a
Iena. Nel 1806 Hegel vede Napoleone entrare nella città di Iena a cavallo e dice: <<ho visto lo spirito del
mondo andare a cavallo>> . Con questo intende dire che Napoleone incarna colui che vuole introdurre
innovazione; infatti egli sarà colui che introdurrà il nuovo codice civile, il divorzio,ecc. ossia è colui che
vuole distruggere il passato e rinnovare il mondo. Napoleone è visto come il superamento, come
momento sintetico che porterà poi al farsi della storia.
Il termine "fenomenologia" non è nuovo: infatti già Kant ci aveva parlato di fenomeno (realtà quale ci
appare attraverso le nostre forme a priori). Dunque la fenomenologia non è altro che lo studio di tutto
ciò che ci appare, pertanto non vuole fare altro che spiegare i vari momenti del farsi dello spirito (lo
spirito prima di comprendersi come tale ossia come sapere assoluto, quali fenomeni, quali aspetti
assume?). La fenomenologia da un lato è la descrizione diacronica, ossia storica, del tempo, del corso
che lo spirito infinito ha seguito prima di riconoscersi nella sua infinità; e dall'altro lato è anche la via in
cui ogni singolo individuo ripercorre i suoi passi di formazione per riconoscersi parte integrante dello
spirito universale e ciò si sviluppa attraverso le figure (tappe che sono talvolta reali, ossia momenti della
Storia, e talvolta ideali e possono essere considerate come momenti della progressiva conquista della
verità da parte dell'uomo). Dunque la fenomenologia tratta di come la coscienza esca dalla sua
individualità per poi raggiungere l'universalità e di come si riconosca come ragione che è realtà e realtà
che è ragione. Inoltre essa ha scopo introduttivo e pedagogico, in quando tende a far sì che ogni
individuo si riconosca e si risolva nello spirito universale, ossia si introduca alla filosofia.
• La prima parte comprende --> 1) il momento della coscienza : il soggetto deve cercare di
interpretare e conoscere l'oggetto, TESI ; 2) il momento dell'autocoscienza (considerato
momento antitetico): l'attenzione si sposta sul soggetto, ANTITESI; 3) il momento della ragione:
la coscienza deve cogliere ciò che accomuna il soggetto e l'oggetto, SINTESI.
• La seconda parte comprende --> 1) il momento dello spirito; 2) il momento della religione; 3) il
momento della filosofia (sapere assoluto).
- La COSCIENZA
Si divide in tre momenti: - certezza sensibile: appare a prima vista come la forma di conoscenza più ricca,
tuttavia è la più povera in quanto non mi dice niente di più del qui e ora (spazio e tempo), in altre parole
è un sapere immediato che ci fa conoscere il fenomeno ossia la conoscenza come a noi appare:
attraverso i sensi si arriva a formulare la cosiddetta "reductio ad unum", ovvero la riduzione ad una cosa
sola e si tratta di una conoscenza non completa, vale a dire che la certezza sensibile si limita a sentire
quel qualcosa nella sua unicità e immeditezza irrelata e inneffabile. Da Parmenide: se io elimino le
determinazioni dell'essere, esso chiaramente di identificherà col nulla, che è un qualcosa privo di
determinazioni. Inoltre essa si nega e si confuta da sè: nel momento in cui dico che qualcosa è, dico
anche di conseguenza il fatto che esso non sia una serie di altre cose. Ogni conoscenza di un oggetto
presuppone l'esistenza di una coscienza che percepisce quest'oggetto: tanto è possibile riconoscere un
oggetto in quanto vi è una coscienza che la interiorizza
- percezione: è un sapere mediato, cioè un sapere dato dalla mediazione, che è dato oltre da ciò che i
sensi mi attestano: si riesce a distinguere l'oggetto da conoscere e il soggetto in grado di percepire
l'oggetto. Quando dico"questa è una penna", unifico una serie di caratteristiche in un unico oggetto che
non può essere concepito come uno se non analizzo prima le molteplicità delle sue qualità. Anche qui si
presuppone l'esistenza di una coscienza, che in tal caso è in grado di unificare la molteplicità delle
caratteristiche e di concepire quell'oggetto come un unico oggetto. L'oggetto si risolve interamente nel
soggetto, cioè l'oggetto che voglio conoscere non è altro che una rappresentazione del soggetto. Dunque
la coscienza dell'oggetto è coscienza di sè, quale centro unificatore dei dati dell'esperienza. Attraverso la
percezione si arriva all'intelletto.
- intelletto: è la capacità di cogliere gli oggetti non in quanto tali, ma come fenomeni, cioè sono risultati
di una forza che agisce sul soggetto secondo una legge determinata; mi fa capire che tutti gli oggetti da
me conosciuti non sono altro che una rappresentazione della coscienza ---> passaggio dalla coscienza
all'autocoscienza (l'attenzione si sposta dall'oggetto al soggetto)
In Kant l'io è un io penso in grado di decodificare ed ordinare le determinazioni molteplici dataci dai
sensi; in Hegel l'io non è soltanto ordinatore della natura, ma ne è il creatore.
Hegel ritiene che l'essenza vera dell'oggetto (che è l'ultrasensibile) non si possa cogliere mediante
l'intelletto, poichè il fenomeno è soltanto nella coscienza e ciò che è al di là del fenomeno o è nulla o è
qualcosa per la coscienza e a questo punto la coscienza ha risolto l'intero oggetto in se stesso, e quindi è
diventata coscienza di sè e di conseguenza si conosce come Autocoscienza [io riesco a riconoscere gli
oggetti in quanto sono una mia rappresentazione, pertanto per conoscerli ho bisogno di conoscere me
stesso]
- L'AUTOCOSCIENZA
I soggetti tra di loro per delinearsi come tali, hanno bisogno di riconosciuti dall'altro, cioè l'uomo che è
Autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da un'altra Autocoscienza. Secondo Hegel (in età
giovanile) questa riconoscenza avveniva attraverso una forza, l'amore, che è inteso come motore del
mondo; di seguito ritiene che tuttavia all'amore mancano <<la serietà, il dolore la pazienza e il travaglio
del negativo>> ossia, rifacendosi all'antropologia negativa di Hobbes (secondo cui tra gli uomini non
domina l'amore bensì il conflitto in quanto l'uomo voleva sempre sopraffare l'altro, homo homini lupus, e
proprio per uscire da questa lota di tutti contro tutti che bisognava auspicare una legge razionale e
soprattutto ad un dio terrestre che mettesse ordine e che bloccasse la conflittualità tra gli uomini) ed a
Eraclito, crede che nel farsi del positivo bisogna patire il travaglio del negativo.
- Servitù e signoria
Dunque questo riconoscimento tra le Autocoscienze deve avvenire attraverso un momento di lotta e di
sfida tra due Autocoscienze: chi è pronta a rischiare la vita, chi non teme la morte si delinea come
signore, chi invece ha paura della morte e quindi non nega se stesso, non nega la vita, ma fa sua la vita si
delinea come schiavo. (dialettica del servo e del signore). Per Hegel le cose non sono mai come
appaiono: (inversione dialettica dei ruoli) in realtà, attraverso i tre momenti dialettici che sono la paura
della morte, il servizio e il lavoro, si assiste al ribaltamento di questi ruoli, tant'è che il signore diviene
servo del servo e il servo signore del signore --> il signore perde il contatto con la realtà e quindi è egli
stesso che dipende dal servo perchè quest'ultimo è indipendente dal signore, in quanto il servo è
autosufficiente (il lavoro permette il ribaltamento dei ruoli), inoltre egli col distacco dovuto ai due diversi
ruoli che ricoprono egli stesso e il signore, in realtà si fortifica in quanto capisce che il padrone dipende
dai suoi servigi, mentre il signore si indebolisce tanto da divenire un sottomesso.
- Stoicismo e scetticismo
Quest'inversione dialettica dei ruoli trova la sua manifestazione nello stoicismo (tipo di visione del
mondo che celebra l'autosufficienza e la libertà del saggio nei confronti di ciò che lo circonda; lo stoico
è apatico, dal greco apátheia ‘assenza di sensibilità’, ovvero non lasciava trasportarsi dalle emozioni ma
solo dal lògos) e nello scetticismo ( gli scettici sono coloro che dubitavano di ogni cosa tranne del
dubbio,considerato l'unico criterio di verità; essi sostenevano l'epochè (ἐποχή), ossia la sospensione di
ogni giudizio, difatti facevano proprie sono affermazioni tautologiche del tipo "la sedia è la sedia"; inoltre
essi furono considerati autocontraddittori in quanto se dubito di tutto dovrei dubitare anche del dubbio
stesso) siccome sono due atteggiamenti che rendono possibile all'uomo di prendere distanza dalla realtà
che ci circonda e da ogni forma di verità.
- La coscienza infelice
Questa coscienza è infelice in quanto non riesce a ridurre quell'insanabile divario tra l'umano ed il divino
(tra uomo e Dio) ---> l'uomo tende a Dio, ma Dio non è raggiungibile. Questa opposizione tra uomo e
Dio, finito ed infinito produce nella coscienza una lacerazione che genera per l'appunto infelicità.
Attraverso dei momenti storico-religiosi (ebraismo, il cristianesimo, il momento delle crociate) l'uomo
cerca tutti quei percorsi per avvicinarsi a Dio fin quando, con le crociate, si arriva al santo sepolcro che si
ritrova vuoto. Questo divario, quest'infelicità affligge sempre di più la coscienza, la quale si ritrova ad
attraversare tre momenti (devozione, il fare o l'operare e la mortificazione di sè): il devoto è colui che
crede in maniera indiscussa (devozione: fase in cui il pensiero sentimentale e religioso non si è ancora
elevato a concetto) e poichè non riesce a raggiungere l'infinito, Dio, il santo sepolcro, decide di assumere
un atteggiamento che fa riconoscere in piccolo ciò che Dio è in grande: così come Dio ha creato il mondo,
l'uomo decide attraverso il fare e l'operare di limitare Dio plasmando il mondo, cioè siccome non lo può
creare si dedica al suo miglioramento (il fare o l'operare: fase in cui la coscienza si esprime nell'appetito e
nel lavoro). Con la fase della mortificazione l'uomo arriva a rinnegare sè stesso per enfatizzare la figura di
Dio arrivando a momenti estremi di autoflagellazione; però proprio nel momento in cui l'uomo raggiunge
il grado più basso, arriva a comprendere che tutto ciò che lui cercava al di fuori di sè (in Dio, nel mondo),
in realtà risiedeva dentro di sè. Pertanto questa coscienza è erroneamente infelice perchè Dio non è
fuori dal mondo bensì è nel soggetto, nella coscienza.
Qui ci troviamo nel periodo del Rinascimento, dove l'uomo riacquista una nuova consapevolezza di sè e
vede in sè stesso la miglior opera del creato, in quanto egli ha possibilità di lasciare il suo segno nel
mondo.
- La RAGIONE
Come oggetto assoluto, l'Autocoscienza diventa dunque ragione e di conseguenza riesca ad assumere
ogni realtà esistente. Per Hegel la ragione è <<la certezza di essere ogni realtà>> e si suddivide in:
• Individualità in sè e per sè ---> mostra come l'uomo sia regolamentato attraverso delle leggi