00-Cristologia - Riassunto Del Libro
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INTRODUZIONE
Fonti della cristologia: Sacra scrittura, Tradizione, Magistero
Il luogo da cui si parte per fare cristologia è la Chiesa, ha per oggetto la fede professata, celebrata,
testimoniata e annunciata dalla Chiesa.
PARTE PRIMA: Il «Vangelo» ricevuto dagli apostoli dai padri e dai concili
Introduzione
«La Teologia si basa sulla parola di Dio scritta, insieme con la sacra tradizione» (DV 24).
Cosa si intende per cristologia del nuovo testamento? Parte dal dono della fede, uguale per tutti
per via dei vangeli. È l’interpretazione che è fondata su Gesù terreno (cristologia implicita)
condotta alla luce delle scritture e attraverso lo Spirito Santo, si sedimenta nei principali titoli
cristologici, che sono Cristo, Signore e Figlio di Dio (cristologia esplicita): per questo si parla di
cristologia del nuovo testamento. Ha due inizi, predicazione e risurrezione. Ma ci sono molteplici
tradizioni cristologiche e molteplici approcci e interpretazioni. (p. 21-23)
3.1 «lo sono l ’Alfa e l'Omega, il Primo e l ’Ultimo, il Principio e la Fine» (Ap 22,13)
Si tratta di capire come la storia tutta (di Israele e dell’umanità) sia legata a Cristo, sia per il futuro
ultimo (escatologia) sia per le origini (protologia). La protologia dipende dall’escatologia. (p. 40)
Entrambe vanno interpretate a partire dal mistero pasquale: il futuro ultimo del mondo è affidato
da Dio alla Signoria Cristo.
1. Le fonti letterarie
Tra quelle giudaiche il più importante è Giuseppe Flavio, ma sono molto ridotte. Le uniche a
disposizione sono gli scritti canonici, in particolare i 4 vangeli. Sono scelti perché «contenevano la
tradizione apostolica su Gesù; venivano letti durante la liturgia in tutta la Chiesa; il genere
letterario che li caratterizzava è quello di raccontare la vita di Gesù, dalla nascita (Matteo e Luca) o
dalla missione del Battista (Marco e Giovanni) fino alla passione, morte e risurrezione».
1
CIOLA NICOLA, Elementi di cristologia sistematica, p. 113.
Autori Pagani e Giuseppe Flavio
Plinio il giovane: scrive a Traiano una lettera per sapere come comportarsi con i cristiani;
Tacito: racconta che Nerone accusò i cristiani dell’incendio del ’64, dice che Cristo è stato
giustiziato da Ponzio Pilato;
Svetonio: racconta che l’imperatore Claudio caccia via i giudei istigati da “Cresto”;
Giuseppe Flavio: racconta della lapidazione di Giacomo e di altri cristiani, parla anche di Cristo ma
sembra ci siano delle interpolazioni non autentiche.
(p. 52-55)
I Vangeli canonici
Il vangelo è una buona notizia proclamata verbalmente: procura gioia per il contenuto
dell’annuncio, l’intervento liberatore di Dio mediante il Cristo, in favore del suo popolo e di chi è
oppresso. L’annuncio dell’avvento del regno di Dio. Dio è insieme autore e oggetto del messaggio.
Il contenuto è essenzialmente cristologico: «la Chiesa annuncia al mondo intero che Gesù di
Nazareth, il Crocifisso Risorto, è il Cristo che porta a compimento le promesse fatte da Dio al
popolo di Israele, è il Signore di tutti e l’unico Salvatore del mondo, è il Figlio unigenito di Dio che
dona lo Spirito Santo ricevuto dal Padre». (p. 55-56)
Il vangelo è un genere letterario: si differenzia dalle biografie, gli evangelisti hanno impresso un
contenuto teologico (secondo tre criteri selezione, sintesi e attualizzazione), la storia di Gesù è
tramandata dopo essere stata riletta con gli occhi della fede. I vangeli canonici si differenziano per
1. Approfondimento progressivo, 2. Impronta teologica, 3. Fonti. Dati sui 4 vangeli: 1. Marco
scritto per i pagani dell’occidente; 2. Matteo è opera di un giudeo-cristiano per i giudeo-cristiani
(anni 80-90); 3. Luca per i cristiani provenienti dal paganesimo e dalla cultura ellenistica (anni 75-
85); Giovanni nato in ambiente palestinese per tutti i credenti di ogni cultura, ebrei, latini e greci
(anni 90-100) (p. 59)
Definizione dei vangeli: sono i testi che trasmettono sotto forma di racconto la fede cristologica
che la primitiva comunità cristiana annunciava e insegnava sia ai giudei che ai pagani, sia a quanti
diventavano credenti. Questa fede ha un preciso fondamento storico.
Il vangelo ci presenta insomma il Gesù creduto, piuttosto che il Gesù descritto.
Gli apocrifi
I vangeli apocrifi si sviluppano principalmente in ambienti gnostici. Sono ascrivibili a generi
letterari diversi. Ci sono gli agrapha, detti di Gesù al di fuori dei vangeli, il vangelo di Tommaso,
frammenti di vangeli, vangelo segreto di Marco ecc. (p.61) Si presentano come un misto di mito,
leggenda e fede, spesso scritti in tenore esoterico, ma a loro modo, anche se giustamente scartati
dalla Chiesa, cercano di difendere l’immagine di Gesù. Alcuni brani tratti dal vangelo di Tommaso e
di Pietro (p. 62-63)
4. Lo stile di vita
Sradicamento sociale: vita da maestro e profeta, itinerante, completamente libero. Lascia ogni
legame, vive in celibato e forma una famiglia spirituale. La sussistenza avveniva ad opera degli
amici, delle donne che lo servivano, dell’ospitalità. È entrato in comunione con i poveri. Poveri:
descrizione delle diverse categorie, vedi p. 72. (p. 68-72)
(p. 72-75)
Attività taumaturgica
Il significato dei miracoli è il segno tangibile dell’irruzione del Regno di Dio nel presente, con tutti i
benefici che ne comporta. Dio esercita la sua regalità mediante la misericordia, la compassione e
il perdono. Le guarigioni non sono circoscritte solo alla cura del male fisico, ma comportano una
guarigione integrale, nel profondo del cuore, che si esprime spesso con il cambiamento di vita e la
sequela. (99-101)
Gli esorcismi meritano un’attenzione particolare. Sono segno che Dio domina e sconfigge, per
mezzo di Gesù, tutte le potenze ostili. Per i sinottici i demoni sono “guastatori della salute fisica e
psichica umana”. Gesù è in assoluto “il più forte” che prevale sugli spiriti immondi.
Nel vangelo di Giovanni i miracoli vengono designati con il termine di “segni” o “opere”,
attraverso i quali Gesù manifesta la propria identità di Figlio di Dio e di Cristo. (p. 101-103)
Rifiutato e perseguitato
Gesù si colloca sulla linea dei profeti rifiutati, osteggiati e perseguitati. Il vangelo di Marco lo mette
in risalto nei primi tre capitoli, alla guarigione del paralitico (Mc 2,1-12), al pasto a casa di Levi (Mc
2, 15-23), e quando i Farisei non accettano che non rispetti il sabato, per cui trameranno di
ucciderlo (Mc 3, 1-6). Inoltre gli scribi dicono che è posseduto da un demonio (3,22-30).
Anche gli abitanti di Nazareth, che non avevano visto in lui mai nulla di speciale, lo rifiutano.
Gesù è cosciente che la sua obbedienza alla volontà del Padre lo porterà ad una fine dolorosa:
“non è possibile che un profeta muoia fuori da Gerusalemme”. Le intenzioni ostili verso di lui
saranno manifeste dopo la parabola dei vignaiuoli omicidi (Mc 12, 12).
Sullo sfondo di queste dichiarazioni ci sono gli annunci della passione, in cui Gesù manifesta la sua
consapevolezza riguardo il valore espiatorio della sua morte, dove si identifica con il Figlio
dell’uomo e il Servo di Jhwh. (115-116).
Il Figlio
Gesù riceve più volte, secondo i sinottici, l’appellativo di Figlio. Dagli esseri celesti, dai demoni,
dagli uomini, da Dio stesso nel battesimo e nella trasfigurazione.
Gesù si autodefinisce figlio: nella parabola dei vignaioli omicidi (non esplicitamente ndr), l’inno di
giubilo (solo il Figlio conosce il Padre, l’unica più esplicita), discorso escatologico. (p. 134-135)
In Giovanni abbondano le dichiarazioni. Dio Padre agisce con bontà che va oltre la grazia
distributiva.
La ragione della preferenza mostrata da Gesù verso i poveri si trova in Dio, nella sua identità di
Padre che conferisce alla regalità le caratteristiche della misericordia e della compassione. (p. 136)
Le tradizioni narrative che riguardano la passione sono quella del vangelo di Marco (si basa su un
racconto preesistente del ‘30/’36) e quella del vangelo di Giovanni. Per i sinottici Gesù partecipa a
una sola festa di Pasqua e muore il giorno della festa di Pasqua. Danno risalto ai momenti più
dolorosi. Per Giovanni Gesù partecipa a 3 feste di Pasqua e muore alla vigilia, il giorno della
parasceve. Da risalto all’esaltazione e alla glorificazione di Gesù. Luca riporta come Gesù, ad un
certo punto, inizia il suo viaggio verso Gerusalemme.
Tre i momenti fondamentali: premessa alla passione, consegna, passione e morte. (p. 145-146)
Dono di sé e perdono
L’ultima cena è preceduta dal tradimento di Giuda e seguita dal rinnegamento di Pietro: i gesti di
Gesù implicano la donazione di sé il perdono dei loro peccati.
Anche in Giovanni è mantenuto questo schema, ma la donazione è espressa con la lavanda dei
piedi: Gesù si fa servo e purifica, lava dai peccati i discepoli. La fede nel mistero eucaristico è stata
presentata da Giovanni nel capitolo VI. Pietro dice che darà la vita per lui, ma Gesù lo sconfessa:
solo uno da la vita per tutti, ed è il Signore Gesù. Il martirio è dono e vocazione da parte del
Signore Gesù, come accade con Pietro che morirà martire solo dopo l’invio di Gesù. (p. 156-158)
4. Gesù in croce
La preghiera accompagna e sostiene tutta la vita di Gesù.
Il grido di abbandono
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” è l’ultima preghiera di Gesù. Gesù viene
abbandonato dal Padre alla morte. Gesù lo accetta. Ma perché allora questa domanda
sconcertante?
Ci sono state diverse interpretazioni esegetiche. Comunque è certo che ha proferito le parole del
Salmo 22,2: è chiaro dall’indizio di Matteo e Marco che riportano la dicitura in aramaico e poi la
traducono, inoltre i presenti pensano che invochi Elia. Le pronuncia a gran voce.
Con questo grido non vuole sapere le ragioni dell’abbandono: in Giovanni le parole di Gesù «Tutto
è compiuto» attestano che Gesù porta a termine la missione. Gesù esterna la sua sofferenza. Il
Salmo 22 contiene strofe cariche di speranza nel soccorso divino. Nella prova estrema la Parola di
Dio è il suo unico conforto.
Il Padre rimane in silenzio, lo lascia alla morte e agli occhi dei suoi avversari ne smentisce le
pretese messianiche.
«Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosé, nei Profeti e nei
Salmi».
Ma Dio ascolta le sue preghiere, «divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli
obbediscono, è stato proclamato da Dio sommo sacerdote secondo l’ordine di Melchisedech»
(p. 164-168)
Obbediente fino alla morte di croce
Il Messia, Figlio di Dio muore completamente espropriato di sé, povero e nudo. Gesù è sempre
stato libero dalla preoccupazione di proteggere la sua vita ed ora è interiormente disposto a
perderla per Dio. Questo atteggiamento fa pensare all’umiltà, alla povertà di spirito. Gesù accetta
il piano di salvezza voluto dal Padre. È morto come ha vissuto, nella dedizione completa di sé al
Padre. Mentre muore in croce consegna al mondo il dono di Dio, lo Spirito Santo. Siamo noi, i
salvati, l’unica ricchezza che egli ha voluto acquistare per sé. (p. 168-171)
Le narrazioni evangeliche
Per mezzo delle apparizioni Gesù suscita e garantisce la fede, conduce a dare la giusta
interpretazione di quanto avvenuto al sepolcro. Le apparizioni sono una iniziativa di Gesù Cristo,
iniziano dalla visita al sepolcro di Gesù, l’angelo che annuncia che è risorto (Mt 28,1-8 e paralleli),
Luca menziona la visita di Pietro, Giovanni quella di Pietro e Giovanni il discepolo amato. Poi ci
sono numerose apparizioni, Emmaus, Pietro gli apostoli sul lago ecc.. I discepoli sono condotti da
Gesù a riconoscerlo attraverso la comunicazione visiva, verbale e gestuale. Con le apparizioni
compie una autorivelazione, si fa conoscere nel suo nuovo stato glorificato e mette in condizione
apostoli e discepoli a riconoscerlo. Alla fine, conferisce la missione di annunciare il vangelo al
mondo intero.
Raduna di nuovo intorno a sé i discepoli dispersi e con il dono dello Spirito Santo porta a
compimento l’istituzione della Chiesa.
Il riconoscimento avviene gradualmente e dipende da Gesù che si mostra e si fa riconoscere. Gesù
ha assunto una nuova identità. Non è più legato allo spazio e al tempo, infatti entra a “porte
chiuse”. (p. 177-179)
2. Il vocabolario interpretativo
Quando si parla della resurrezione viene utilizzato un linguaggio tipico che comprende significati
profondi: anisthanai (alzarsi, al passivo indica lazione di Dio Padre, all’attivo di Gesù), eghéiresthai
(svegliarsi, al passivo teologico perché è il Padre che agisce), zoopoieistai (dare vita), ispousthai
(salita in cielo di Gesù, passivo teologico), doxazestai (glorificare, al passivo teologico, designa che
Gesù torna lì dove era prima con il Padre). (p. 183)
Quando si parla di resurrezione non si può prescindere dal comprendere anche il senso della
esaltazione e glorificazione: la risurrezione di Gesù è diversa da ogni altra risurrezione (es. Lazzaro)
perché è stato innalzato al Padre.
4. La corporeità del Signore Gesù luogo e fonte della vita «nuova» ed «eterna»
Secondo Giovanni (Gv 2, 19.21-22) il corpo glorioso del Signore risorto è il luogo dove si svolge il
nuovo culto in «spirito e verità»: questo corpo glorioso rimanda al corpo dato/offerto per la
salvezza. (p. 188)
Capitolo VII – La verità dell’umanità e della divinità di Gesù Cristo. Il simbolo Niceno-
Costantinopolitano
Introduzione
A partire dal II° secolo il contenuto essenziale della verità su Dio e la salvezza operata e rivelata
tramite Gesù Cristo viene raccolto nei simboli di fede: svolgono una funzione rispetto alla
confessione di fede (fides qua creditur) e alla dottrina a cui si deve aderire (fides quae creitur). La
Chiesa si rifà al canone delle Scritture, al vangelo. I cristiani devono seguire la fede retta senza farsi
sviare da dottrine false.
Lo gnosticismo e il docetismo
Gnosticismo: la salvezza è caratterizzata dal liberarsi dell’anima dalla materia e ad ascendere al
Dio trascendente, processo che avveniva esclusivamente grazie alla conoscenza (gnosi). Era
dunque caratterizzato da un dualismo cosmico. Il Dio Trascendente è irraggiungibile: per
degradazione si formano gli Eoni, esseri divini inferiori, che formavano una catena discendente
verso il mondo materiale. Lo gnosticismo ha origini ellenistiche, giudaico cristiane e persiane:
viene fuori da un sincretismo di pensieri variegati e complessi.
Il dare valore negativo alla carne e l’idea dell’assoluta trascendenza di Dio non gli permette di
accettare l’Incarnazione: il Verbo è venuto solo in apparenza umana, non è avvenuta neanche la
morte ne la resurrezione.
Anche il docetismo (da dokéin apparire, sembrare) è una eresia che poggia sulla convinzione che il Verbo ha assunto la
condizione umana solo apparentemente, come un ϕάντασμα. Dio non può soffrire, quindi in croce ha sofferto solo
apparentemente. Ha quindi delle convergenze con lo gnosticismo.
Convocato dall’imperatore Costantino nel 325. È il primo concilio ecumenico. I padri conciliari
redigono una professione di fede (p. 222).
Il Signore Gesù Cristo è Dio come il Padre. Gesù è generato dal Padre fuori dal tempo, prima di
tutti i tempi. Usano il termine generato per esprimere che questa è necessaria, e non volontaria
come l’atto di creazione del mondo. Nel concilio di Nicea si parla di una pluralità di Dio
salvaguardando l’unità e unicità di Dio. Il Padre e il figlio sono della stessa sostanza. Vengono
condannate le tesi Ariane.
Le controversie Ariane continuano fino al concilio di Costantinopoli del 381. (per le varie fasi
vedere appunti di Storia della Chiesa n. VI).
4. Verso la definizione dogmatica della persona di Cristo «vero Dio» e «vero uomo»
Le questioni riguardanti il rapporto tra Verbo e carne (Gesù Cristo vero Dio e vero uomo), verranno dibattute nel
concilio di Efeso.
Il dibattito cristologico a partire dal IV secolo riguarda il rapporto tra il Verbo e la carne da lui
assunta. Il dibattito verte sullo spiegare che il Figlio di Dio, vero Dio, è diventato vero uomo.
Il rapporto tra il Verbo e la natura umana da lui assunta: tra posizioni ortodosse ed eterodosse
Si riflette sulla questione del modo in cui il Verbo influenzerebbe la carne assunta.
Atanasio di Alessandria: il Logos vivifica la carne ed è l’agente degli atti umani di Gesù. Le passioni
e sofferenze vanno attribuite solo alla carne, così si salvaguarda l’immutabilità e impassibilità del
Verbo.
Teodoro di Mopsuestia (scuola antiochea): Cristo ha vissuto tutte le azioni e sofferenze
appartenenti alla natura umana perché vengono compiute dall’anima umana. Problema: Anima
creata (p. 228), sembra che il Verbo assuma un uomo già esistente di per sé.
Altra differenza tra le scuole: gli alessandrini utilizzano il criterio della communicatio idiomatum,
ovvero lo scambio delle proprietà appartenenti alle nature fatto dal Verbo. La conseguenza è che
Gesù Cristo vive, pensa e agisce sempre come Dio e come uomo. (p. 228 – 229)
Eresia di Apollinare di Laodicea (310-390) (scuola alessandrina): il Verbo prende il posto
dell’anima razionale, è l’unico centro di volontà e di operazione, ha un controllo assoluto sulla
carne. L’umanità sarebbe quindi incompleta. Le parti sono mescolate, Cristo non è né uomo
completo né Dio, è una realtà intermedia. Una sola natura, perché due nature complete non
possono unirsi tra loro. La natura umana è solo strumento passivo, mossa dal Verbo: c’è una sola
volontà e una sola operazione, e sono quelle divine. (p. 229 – 231)
Reazioni contro: cercano di spiegare che il Verbo ha unito a sé una natura umana completa.
L’eresia viene condannata al concilio di Costantinopoli nel 381.
Gregorio Nazianzeno: scrisse 3 lettere. In risposta all’eresia di Apollinare: “Quod non est
assumptum, non est sanatum” (Prima lettera a Cledonio – Quello che non è stato assunto non è
stato curato/salvato) (p. 232)
Credo Costantinopolitano
Aggiungono al credo di Nicea la sezione sullo Spirito Santo.
Aggiunte nuove: lo Spirito interviene nell’incarnazione, il suo regno non avrà fine (confutazione
Marcello di Ancira, p. 237). Aggiunta riguardo lo Spirito Santo vedi p. 238-239.
• Nicea: “per noi uomini e per la nostra salvezza egli è disceso dal cielo, si è incarnato, si è fatto uomo, …”
• Costantinopolitano: “per noi uomini e per la nostra salvezza egli è disceso dal cielo, si è incarnato per opera
dello Spirito Santo da Maria vergine, si è fatto uomo… il suo regno non avrà fine
• Nicea: “Crediamo nello Spirito Santo”
• Constantinopolitano: “… che è Signore (Kyrion, ne professano la divinità) e dà la vita, che procede dal Padre
(ha una origine divina eterna, è quindi della stessa sostanza), che insieme al Padre e al Figlio deve essere adorato e
glorificato, che ha parlato per mezzo dei profeti (l’azione dello Spirito nell’economia della salvezza)”
Capitolo VIII – Unità di persona e le due nature in Gesù Cristo. Da Efeso (431) al concilio Niceno II
(787)
Introduzione
Le controversie cristologiche del V secolo riguardano principalmente due personaggi: Cirillo,
patriarca di Alessandria (370-444) e Nestorio, patriarca di Constantinopoli (381-451).
Queste controversie portano alla consapevolezza che l’unità va cercata a livello di persona e la
distinzione a livello delle nature. In questo modo si definiscono meglio i termini utilizzati.
Cirillo di Alessandria: Cristo si incarna in una umanità completa, sono diverse le nature che si
uniscono ma uno solo è Cristo, quello che si dice dell’umanità si può dire della divinità, pur
essendo generato prima dei secoli, egli è stato generato secondo la carne da una donna, Maria è
Teotokos.
Nestorio (antiocheno): accentua la distinzione delle nature, cerca di mantenere l’unione di Cristo
salvaguardando la natura umana ma non ci riesce. Per lui Maria è solo Cristotokos.
Voleva salvaguardare l’umanità di Cristo, contro alcuni alessandrini che la predicavano come mero strumento del
Verbo. Per questo preferisce definire Maria solo Christotokos (Madre di Gesù nella sua unione con il logos). Mantiene
un certo dualismo di soggetti. L’unità è espressa con il termine sunafeia che può essere tradotto come congiunzione.
Non riesce ad esprimere che si sta parlando di un solo soggetto, il Verbo che si fa uomo. 2
In realtà il concilio di Efeso del 431 non si chiude con un accordo. La lettera di Cirillo è approvata all’inizio, quando
mancano molti che appoggiavano Nestorio. L’imperatore Teodosio annulla quanto approvato, accetta i canoni contro
Nestorio e depone sia Nestorio che Cirillo. Bisognerà aspettare Calcedonia per fare chiarezza. Nel 433 si giunge ad un
accordo con la “Formula di unione” (Maria madre di Dio), accettata da Cirillo e la condanna di Nestorio. (appunti Storia
della Chiesa e libro di CIOLA N.).
L’argomento soteriologico, a Nicea e Costantinopoli come ad Efeso, fu fondamentale. Nei primi due concili si dice “se
Gesù non è uomo e se non è Dio non ci ha realmente salvato”, a Efeso si dice “se Gesù non è uomo-Dio, cioè
mediatore a tutti gli effetti, non siamo salvi. Il Mediatore non può essere diviso in due soggetti.
2
CIOLA NICOLA, Elementi di cristologia sistematica, p. 520-521.
Eresia monofisita
(Confusione delle nature)
Eutiche: monaco di Constantinopoli, introduce l’eresia monofisismo. In Cristo, dopo l’unione, era
presente una sola natura. Le nature si confondono. Il Verbo perde la sua consostanzialità con la
nostra. Non pone una precisa distinzione tra persona e natura.
Durante un sinodo svolto a Costantinopoli nel 448 Flaviano di Costantinopoli reagisce a questa
eresia e Eutiche viene condannato.
Eutiche, grazie alle sue amicizie e all’imperatore Teodosio, viene riabilitato. Papa Leone Magno
invia la Epistula ad Flavianum ma non viene letta. Flaviano viene condannato. (p. 256-257)
Il credo calcedonense
La lettera Epistola ad Flavianum di Leone Magno fu il testo base del concilio. Nella prima parte si
afferma che il Verbo di Dio è vero Dio e vero Uomo. Ha anima razionale e corpo (contro ariani e
apollinaristi), in tutto simile a noi ad eccezione del peccato.
Nella seconda parte si insiste sull’unità della persona e sulle due nature distinte. Il Verbo di Dio è
una persona da riconoscersi in due nature (non più da due nature come prima del concilio per
evidenziare la distinzione), senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza
separazione. (p. 263)
Senza confusione e senza mutamento: il Verbo non perde la propria identità divina incarnandosi e
la carne non viene alterata dal Verbo. (p. 263-264)
Senza divisione e senza separazione: con l’incarnazione avviene una comunicazione tra il Verbo e
la natura umana da lui assunta. Il Verbo trasmette alla natura umana la propria specificità
personale e ne assume le proprietà. Una sola persona è il soggetto delle parole e delle azioni di
Gesù Cristo. (p. 264)
Unione secondo l’ipostasi: è il punto fondamentale di Calcedonia ripreso nel successivo concilio di
Constantinopoli.
3. Contestazione, difesa e interpretazione del dogma calcedonense
Il nodo teologico è decidere tra “una persona in due nature” o “una sola natura del Verbo
incarnato”.
Severo: anticalcedonese, non è d’accordo con le due nature in Cristo, usa physis al posto di
hypostasis. L’umanità di Cristo non si può definire come natura.
Leonzio di Bisanzio: divinità e umanità si uniscono analogamente come anima e corpo. Il Verbo
non ha una natura umana ma è ed esiste anche come uomo.
Imperatore Zenone III promulga l’Henotikon (Documento di unione) per unire monofisiti e difisiti,
ma viene rigettato dai monofisiti e da Papa Felice III. Provoca una rottura tra il papa e il patrarca di
Costantinopoli.
Lo scisma acaciano si conclude con l’imperatore Giustino I e Giustiniano nel 519. Condanna dei tre
esponenti antiocheni, Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto, Ibas di Edessa. (p. 265 – 268)
Il monoenergismo e il monotelismo
Patriarca Sergio: accetta il principio monofisita e non distingue, dopo l’unione, le proprietà
inerenti le due nature.
Papa Onorio, non comprendendo le implicazioni dottrinali, accetta questa visione.
Questa teoria è propagandata anche dal patriarca di Alessandria, Ciro, con il Patto di Unione del
633.
L’imperatore Eraclio la promulga nel 638 con il documento Ekthesis: l’operazione è solo del Logos
divino, c’è una sola volontà (p. 276-277)
Il monoteismo trinitario
Riassunto rapporto tra cristologia e teologia: la fede in Gesù Cristo è il punto da cui si deve partire
per arrivare a conoscere Dio nella sua realtà più profonda, quella Trinitaria, ed è il terreno nel
quale la fede in Dio si radica. Il mistero di Gesù Cristo è l’evento mediatore in assoluto: rivela la
Verità in pienezza.
Con l’espressione monoteismo trinitario si indicano le caratteristiche di unità (un solo Dio) e
pluralità (3 persone) di Dio. La fede in Gesù Cristo genera continuamente la fede nel mistero di Dio
Uno e Trino. (p. 311-313)
La cristologia indaga sulla connessione tra Gesù di Nazareth (il Gesù della storia) e la confessione
di fede a suo riguardo (il Cristo della fede). Ha per oggetto una persona concreta, Gesù Cristo, vero
Dio e vero uomo. La connessione è di identificazione di reciprocità: ci insegna che il Figlio e Verbo
di Dio è Gesù di Nazareth. In Gesù Cristo è avvenuta la rivelazione piena e definitiva del mistero di
Dio. (p. 313-316)
4. La portata rivelatrice dell’Incarnazione
Gesù Cristo è la Parola eterna che manifesta il Padre, a cui è unito nello Spirito Santo. Rivela la
paternità di Dio attraverso un’esistenza terrena segnata dalla povertà e dall’umiltà.
Hans Urs von Balthasar: mediante l’incarnazione il Verbo rende la propria umanità capace di
esprimere il mistero insondabile di Dio. La condizione di Gesù storico è espressione della sua
identità divino-filiale. (p. 317-320)
p. 319 testo citato: Porta a compimento l’ontologia dell’uomo (Dio salva la persona, non solo l’anima, tutto intero
l’uomo) e l’estetica (l’uomo è plasmato da Dio), allora Gesù è la Parola, l’Immagine, l’Espressione e l’Esegesi di Dio.
Parola di Dio indica la persona di Gesù Cristo, eterno figlio del Padre, fatto uomo ( Verbum Domini
n. 7). La fede cristiana non è un “la religione del libro” ma della Parola di Dio, del Verbo incarnato.
La prospettiva è cristocentrica, il creato viene dal Logos, la realtà nasce dalla Parola e “ogni
creatura è parola di Dio, poiché proclama Dio” (San Bonaventura): si riconosce che il Verbo è il
fondamento di tutto.
La storia di Gesù è la Parola definitiva che Dio da all’umanità e l’essere cristiano ha come inizio
l’incontro con la persona di Gesù (VD n. 11), la parola ha un volto, questo riporta alla centralità
della storia di Gesù di Nazareth, egli ha detto tutto e dato tutto, fino alla morte in croce dove
rimane in silenzio perché ha detto tutto (VD n. 12), il silenzio quindi appare come espressione
importante della Parola di Dio (DV n. 21), la Parola di Dio è la vera luce del mondo, nella
risurrezione il Figlio di Dio è sorto come luce del mondo (DV n. 12). (p. 327-330)
Cristologia e pneumatologia
La presenza e l’azione dello Spirito si sono concentrate in Gesù di Nazareth, è segno che lui è il
Messia promesso da Dio.
Gesù è generato dallo Spirito Santo nel grembo di Maria (Mt 1,18-20; Lc 1,35).
Inizia e conduce la missione messianica come Figlio Unto e ripieno dello Spirito (episodi delle
tentazioni).
Lo Spirito lo accompagna e lo guida (Lc 4,14; At 10,38). Interviene nella sua risurrezione (Rm 8,11).
Lo Spirito è donato dal Padre al Figlio (Gv. 15,26).
Ma non è un semplice carismatico, dispone dello Spirito, ricevendolo costantemente dal Padre, e
lo effonde.
La cristologia allora determina e orienta la pneumatologia: lo Spirito, in forza dell’evento Pasquale,
porta una impronta cristologica: è lo Spirito di Cristo (Rm 8,9; Fil 1,19) e del Figlio (Gal 4,6).
Lo Spirito agisce nel mondo a partire da Cristo e in vista di lui: egli quindi conduce l’umanità al
Cristo, crea e garantisce la comunione con lui. Testo a p. 333. (p. 330-333)
2. Il punto di arrivo coincide con una situazione positiva, opposta alla precedente e risolutiva;
3. Il passaggio avviene per opera di un agente esterno.
Dio viene in aiuto perché è fedele all’alleanza e perché essendo il Creatore e Signore del cielo e
della terra cioè esercita la sua regalità anche contro le forze che si oppongono al suo dominio.
Compie le opere grandiose per mettere il popolo in condizione di vivere l’alleanza.
Opera sempre per mezzo di un inviato, Abramo, Mosè, i re, il Servo di Jhwh, i profeti, i sacerdoti e
infine Gesù di Nazareth, il cui nome vuol dire “Dio salva”. Nel NT la salvezza realizzata da Gesù
Cristo riguarda tutta l’umanità, tutta la creazione, tutta la storia. (p. 341-342)
Alleanza e salvezza
La storia della salvezza attesta la volontà di Dio di chiamare l’uomo a essere partner di una
alleanza, delineata dalla simbologia del rapporto sponsale. Ci sono diverse alleanze:
1. Atto della creazione e Noè, destinazione universale;
2. Abramo, destinazione personale e universale
3. Mosè e il popolo eletto;
4. Davide promessa della discendenza messianica;
5. Nuova ed eterna alleanza con Gesù Cristo;
Elezione e salvezza
Gesù Cristo è l’unico Salvatore, nessuno si salva senza di lui.
L’elezione di alcuni avviene sempre in vista della salvezza di tutti. Questo modo di fare ha una
storia ben precisa, comincia da Abramo, Mosé, il Resto Santo e culmina in Gesù Cristo.
Dall’elezione nasce la missione, sono strettamente collegate, nessuno è eletto se non per gli altri,
per una missione. In questo si manifesta la gratuità: la vicenda storica dell’eletto viene trasformata
da Dio in avvenimento di grazia per gli altri. Per questo l’elezione è la manifestazione della bontà
di Dio verso alcuni che poi vanno ad annunciare il vangelo a beneficio degli altri. (p. 351-353)