Domande Finanza

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Domanda 1

AUMENTO DEL CAPITALE E REAZIONE DEI MERCATI

Un aumento di capitale comporta una modifica dell’atto costitutivo e deve essere deciso in sede di
assemblea straordinaria; per la delibera in prima convocazione è necessario il voto favorevole di tanti soci
che rappresentino più della metà del capitale sociale, più di un terzo per la delibera in seconda
convocazione.
Per le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o dell’UE la delibera
dell’assemblea straordinaria può essere assunta in prima, seconda e terza convocazione con il voto
favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Ci sono dei vincoli:
- le azioni e le obbligazioni convertibili non possono essere emesse a un prezzo inferiore al loro valore
nominale
- non si possono emettere nuove azioni fino a che quelle emesse non siano state interamente liberate
- le azioni a voto limitato (privilegiate) non possono essere emesse in misura superiore al capitale sociale; in
caso di società quotate lo stesso limite vale per le azioni di risparmio
- gli azionisti di risparmio hanno diritto di ricevere in opzione azioni di risparmio di nuova emissione e, in
mancanza, azioni privilegiate o azioni ordinarie
In generale le azioni di nuova emissione o le obbligazioni convertibili devono essere offerte in opzione ai
vecchi azionisti in proporzione alle azioni possedute e agli eventuali possessori di obbligazioni convertibili
già in circolazione sulla base del rapporto di cambio.
Nei casi di aumento di capitale da realizzarsi tramite confermenti in natura, in quelli riservati ai dipendenti
dell’impresa e nei casi in cui l’interesse della società lo esige (quotarsi in borsa) il legislatore ha previsto che
i vecchi azionisti possano essere privati parzialmente o totalmente del diritto di opzione.
Qualora il diritto di opzione venga limitato o escluso il controvalore del bene conferito in natura deve
risultare da una relazione giurata di un esperto.
La proposta di aumento del capitale deve essere illustrata da un apposita relazione degli amministratori
dalla quale devono risultare: le ragioni del conferimento in natura e i criteri adottati per la determinazione
del prezzo di emissione che deve essere determinato dall’assemblea convocata in base al valore del
patrimonio netto, tenendo conto per le azioni quotate dell andamento delle quotazioni nell’ultimo
semestre.
Reazioni del mercato:
- Negli Stati Uniti le emissioni di nuove azioni non sono offerte in opzione agli azionisti esistenti, ma
vengono offerte al pubblico tramite le cosiddette “offerte pubbliche”.
Il prezzo di emissione viene fissato pari al prezzo di mercato meno un piccolo sconto per incentivare
l’acquisto dei nuovi titoli rispetto a quelli già in circolazione. I manager non partecipano all’acquisto di
nuove azioni. L’acquisto delle nuove azioni è infatti limitato da eventuali vincoli personali di ricchezza; è
disincentivato dai costi di mancata diversificazione; la diluizione della quota azionaria posseduta a causa
della mancata partecipazione all’aumento di capitale non costituirebbe un valido incentivo a partecipare
all’acquisto delle nuove azioni, in quanto tale quota è talmente esigua da risultare ininfluente per l’esercizio
del controllo dell’impresa. Motivazioni analoghe potrebbero indurre anche i piccoli azionisti ad astenersi
dall’acquisto delle nuove azioni.
Comprare nuove azioni o acquistare quelle già in circolazione sarebbe uguale in quanto il prezzo è
praticamente lo stesso. Se si considera l’ipotesi di asimmetrie informative (manager insider vs investitori
esterni outsider) si crea un problema di selezione avversa. I manager agiscono negli interessi dei vecchi
azionisti quindi un aumento di capitale realizzato con offerta pubblica comporta un trasferimento di
ricchezza da nuovi ai vecchi azionisti quando i titoli sono sopravvalutati. Risulta sempre conveniente
emettere nuove azioni quando le quotazioni di mercato sono sopravvalutate. Gli investitori in questo caso
non sono in grado di distinguere aumenti di capitale per imprese con titoli sopravvalutati da quelli per
finanziare validi progetti di investimento.
- In Italia e nei paesi dell’UE le nuove azioni vengono offerte in opzione agli azionisti e il prezzo di emissione
tende ad essere pari al 40-50% del prezzo di mercato, fatta eccezione per quelle britanniche; in europa e
specialmente in italia domina la presenza di un azionista di maggioranza assoluta o relativa.
In Italia c’è una coincidenza di interessi tra manager e azionisti di maggioranza e un’asimmetria informativa
tra azionisti di maggioranza e quelli di minoranza (invece che tra manager e azionisti).
Gli insider italiani (azionisti di maggioranza) tendono a sottoscrivere nuove azioni offerte in proporzione alla
quota proprietaria detenuta.
Vincoli di ricchezza o disincentivi all’acquisto risultano molto meno stringenti rispetto agli USA. Il
disincentivo all’acquisto di nuove azioni viene frequentemente ridotto attraverso una diversificazione
industriale operata dalle famiglie imprenditoriali all’interno del proprio grupo industriale.
La partecipazione alle ricapitalizzazioni azionarie è favorita dall’interesse degli azionisti di maggioranza a
non diluire la quota detenuta delle azioni con diritto di voto, al di sotto di una soglia oltre la quale
rischierebbe di perdere il controllo dell’impresa e i relativi benefici privati.
Non vi è sopravvalutazione dei titoli in quanto i gruppi di controllo delle società tendono a partecipare pro
quota alla sottoscrizione delle nuove azioni: il problema di selezione avversa è praticamente assente.
Un aumento di capitale a pagamento può comportare un aumento dei dividendi.

Domanda 4

EFFICIENZA DEI MERCATI CON RIFERIMENTO ALL’ITALIA


Un mercato dei capitali è efficiente quando i prezzi delle azioni riflettono in pieno l’informazione
disponibile. La teoria del Random Walk afferma che il movimento dei prezzi delle azioni da un
giorno all’altro non riflette nessuno schema. In termini statistici, il movimento dei prezzi azionari è
casuale (con asimmetria (skewed) positiva nel lungo termine).
In base al grado di informazione riflessa nei prezzi dei titoli si definiscono tre livelli di efficienza
del mercato
- mercato efficiente in forma debole: quando i prezzi riflettono tutte le informazioni contenute
nelle serie storiche dei prezzi passati; in questo caso è impossibile realizzare profitti sistematici
attraverso l’analisi dei rendimenti passati. Spesso l’efficienza in forma debole è espressa come Pt =
Pt-1 + Rendimento atteso + errore casuale t. Poiché i prezzi azionari rispondono solo alle nuove
informazioni, che per definizione arrivano casualmente, si dice che i prezzi azionari seguono un
random walk
- mercato efficiente in forma semiforte: i prezzi riflettono i prezzi del passato ma anche tutte le
altre informazioni disponibili al pubblico, cioè quelle informazioni che si possono leggere sui
giornali o acquisire consultando siti finanziari; i prezzi si aggiusteranno immediatamente al
giungere di nuove informazioni quali l’annuncio di utili, emissioni azionarie, fusioni ecc
- mercato efficiente in forma forte: i prezzi riflettono le informazioni pubblicamente disponibili
ma anche quelle informazioni a disposizione degli insider (soggetti che possiedono maggiori
informazioni rispetto al mercato); gli isider vengono identificati nel management della società in
quanto nessuno meglio di questo è informato sulla reale situazione dell’impresa.

La teoria dei mercati efficienti si basa su due analisi:


- Analisi Tecnica: consiste nel fare previsioni sui prezzi azionari guardando alle fluttuazioni dei
prezzi storici "wiggle watchers”. Se vale l’efficienza in forma debole allora l’analisi tecnica non ha
valore
- Analisi Fondamentale: consiste nel fare ricerca sul valore delle azioni utilizzando il VAN e altre
misure dei flussi di cassa

SEI LEZIONI SULL’EFFICIENZA DEL MERCATO


- prima lezione: la sequenza passata delle variazioni del prezzo non contiene alcuna informazione
relativa alle variazioni future; gli economisti affermano che il mercato non ha memoria e che i
cicli su cui i direttori finanziari sembrano fare affidamento non esistono
- seconda lezione: in un mercato efficiente potete fidarvi dei prezzi, essi comprendono tutte le
informazioni disponibili relative al valore di ogni titolo
- terza lezione: se il mercato è efficiente i prezzi racchiudono tutte le informazioni disponibili di
conseguenza le informazioni del bilancio di un impresa possono aiutare il direttore finanziario a
valutare le probabilità di fallimento (interpretate le informazioni)
- quarta lezione: in un mercato efficiente le illusioni finanziarie non esistono; gli investitori si
preoccupano poco dei flussi di cassa dell’impresa e di quella parte dei flussi di cassa a cui essi
hanno diritto
- quinta lezione: in un mercato efficiente gli investitori non pagheranno altre persone per ciò che
essi possono fare altrettanto bene da soli (alternativa del fai da te)
- sesta lezione: gli investitori non acquistano un azione per le sue qualità esclusive ma in quanto
offre la prospettiva di un rendimento coerente con il suo rischio. Le azioni vanno considerate come
sostituti quasi perfetti l’una dell’altra di conseguenza la domanda di azioni di una società dovrebbe
essere molto elastica (vista un’azione viste tutte)

L’EFFICIENZA DEL MERCATO ITALIANO


- Per quanto riguarda la forma debole di efficienza in seguito a delle ricerche è stata rilevata la
presenza di una significativa autocorrelazione nei rendimenti giornalieri, la quale andava
progressivamente scemando nei rendimenti settimanali e mensili. La presenza di autocorrelazione
nei rendimenti è contraria all’ipotesi di efficienza debole.
Altre ricerche hanno verificato la presenza nel nostro mercato di anomalie di calendario, ossia la
tendenza del mercato azionario a fare registrare rendimenti più alti in alcuni periodi dell’anno o
della settimana come ad esempio nel mese di gennaio; questa anomalia simile a quella riscontrabile
nei mercati statunitensi, contrasta con l’ipotesi di efficienzadel mercato.
Si è indagato sulla presenza nel mercato italiano dello “smallfirm effect”, ovvero dell’anomalia per
cui le piccole medie imprese quotate tendono a generare rendimenti superiori a quelli del mercato e
dallo studio è emerso che le imprese a minore capitalizzazione hanno offerto rendimenti maggiori
sono nel periodo 1950-1973.
E’ stato invece riscontrato nel mercato italiano “l’effetto fine settimana” secondo cui i rendimenti
giornalieri tendono ad essere più alti il venerdì e più bassi il lunedì.
Esiste inoltre un effetto di persistenza di medio periodo dei rendimenti azionari contestuale a un
effetto di “mean reversion”, ossia di ritorno alla media di lungo periodo. Si è riscontrato che i
risultati di un portafoglio comprendente titoli che in un periodo precedente avevano realizzato le
migliori performance continua, nel periodo successivo, a ottenere risultati superiori rispetto a un
portafoglio comprendente un ugual numero di titoli che nel periodo precedente aveva realizzato le
performance peggiori.
- Per quanto riguarda la forma semiforte di efficienza del mercato azionario italiano è stato
confermato che il mercato reagisce favorevolmente all’annuncio di un aumento dei dividendi e
sfavorevolmente a una loro riduzione. Solo la presenza di extra-rendimenti nei giorni
immediatamente successivi ai volumi anomali mette in discussione l’ipotesi di efficienza del
mercato.
Altri studi hanno riscontrato la presenza sul mercato italiano dell’effetto P/U, ovvero di
quell’anomalia di mercato per cui i portafofli di titoli caratterizzati da bassi rapporti prezzo-utili
offrono nel medio-lungo periodo rendimenti superiori al mercato e ai portafoglicon titoli ad alto
P/U, anche dopo averli rettificati per il rischio.
Il mercato reagisce favorevolmente all’annuncio dell’aumento della quota di controllo da parte degli
azionisti di maggioranza più importanti.
Per quanto riguarda il comportamento dei fondi comuni di investimento italiani si può notare come,
ugualmente al mercato statunitense, i rendimenti anomali netti dei fondi non sono
significativamente diversi da zero, mentre lo sono i rendimenti al lordo dei compensi annui di
gestione; nemmeno i gestori professionali di portafoglio sono in grado di battere il mercato.

Domanda 5

I CRITERI DI SCELTA ALTERNATIVI AL VAN


Buona parte delle imprese calcola il VAN quando deve decidere se intraprendere o meno un progetto di
investimento, ma esso non è l’unico criterio adottato dalle aziende nelle decisioni di investimento, spesso
vengono utilizzate più misure.
Le imprese utilizzano il VAN o il TIR.
Il tasso di rendimento contabile e il tempo di recupero sono due misure di valutazione supplementari che
possono aiutare a distinguere un progetto marginale da un progetto su cui non ha senso sprecare l’analisi.
Parlando del VAN, riconosce che un qualsiasi metodo di selezione degli investimenti che non riconosca il
valore temporale del denaro non può essere considerato corretto. Esso, dipende unicamente dai flussi di
cassa previsti dal progetto e dal costo opportunità del capitale, un qualsiasi metodo che venga influenzato
dalle preferenze dei manager, dai criteri contabili di valutazione, dalla redditività del business già esistenti o
dalla redditività di altri progetti indipendenti porta a decisioni peggiori. Il fine davanti a due progetti A e B il
VAN(A+B)= VAN(A)+VAN(B)
Il VAN dipende solo dai flussi di cassa di un progetto e dal suo costo opportunità del capitale.
I manager calcolano il tasso di rendimento contabile = reddito contabile/attività contabili, ma questo tasso
può non essere una vera misura della redditività, la redditività media degli investimenti passati non è il
giusto metodo sulla base del quale stabilire se un investimento è conveniente o meno.
Invece, alcune imprese richiedono che la spesa iniziale per qualsiasi progetto sia recuperata entro un certo
periodo, il tempo di recupero si ottiene calcolando il numero di anni affinchè i flussi di cassa cumulati
previsti siano uguali all’investimento iniziale
Questa regola fornisce risposte sbagliate in quanto ignora tutti i flussi di cassa successivi al cutoff period,
considera allo stesso modo tutti i flussi di cassa all’interno del cutoff period.
Inoltre, questa regola porta a non accettare mai un progetto che abbia un VAN negativo e non prendendo
in considerazione i flussi di cassa successivi al cutoff period rischia di rifiutare i progetti che nel lungo
periodo si rivelerebbero convenienti.

Domanda 7

LEASING OPERATIVO, CONTABILIZZAZIONE E RISCHI/VANTAGGI DEL LOCATARIO E DEL LOCATORE


Il leasing è un contratto di locazione che dura un anno o più e prevede che il locatario (utilizzatore) si
impegni ad eseguire una serie di pagamenti periodici al locatore (proprietario) per usufruire di un certo
bene. Alla scadenza del contratto il bene deve essere restituito al locatore, oppure il locatario può avere
l’opportunità di riscattare il bene o di prolungare il periodo di locazione attraverso la sottoscrizione di un
nuovo contratto. Ci sono due tipi di leasing:
- Leasing operativi: sono stipulati per un breve periodo e prevede l’opportunità della rescissione anticipata
del contratto da parte del locatario. Il locatore si accolla il rischio di obsolescenza. In un mercato del leasing
competitivo i canoni del leasing operativo sono uguali al costo annuo equivalente del locatore.
I leasing operativi sono attraenti per gli utilizzatori di beni strumentali se il canone di leasing è inferiore al
costo annuo equivalente per l’acquisto dei beni stessi. I leasing operativi hanno senso quando l’utente ha
bisogno di attrezzature per un breve periodo, quando il locatore può meglio sopportare il rischio di
obsolescenza o quando il locatore può offrire un buon affare per la manutenzione (l’azienda locatrice cerca
di coprire il rischio di obsolescenza ammortizzando il capitale investito nel più breve tempo possibile). E’
molto probabile che il leasing operativo sia più costoso (e più redditizio) di quello finanziario
- Leasing finanziari: sono stupulati per un periodo superiore alla stessa vita del bene ( contratti di lungo
termine) e non prevedono l’opportunità di rescissione anticipata del contratto da parte del locatario. In
questo caso il rischio di obsolescenza è a carico del locatario. I leasing finanziari rappresentano delle vere e
proprie fonti di finanziamento per l’acquisto di beni durevoli che devono permanere in azienda per un
lungo periodo di tempo. I contratti di leasing finanziario possono essere: leasing full-service o rental lease,
leasing netto, leasing diretto, leveraged leasing.

CONTABILIZZAZIONE
- Il leasing finanziario quando sono sostanzialmente trasferiti tutti i rischi e i benefici relativi alla proprietà
viene contabilizzato con il metodo finanziario.
- Il leasing operativo quando non sono sostanzialmente trasferiti tutti i rischi e i benefici relativi alla
proprietà viene contabilizzato con il metodo patrimoniale. I pagamenti per un leasing operativo devono
essere imputati come costo al conto economico a quote costanti per la durata del leasing a meno che sia un
criterio sistematico diverso a rispecchiare le modalità temporali di godimento dei benefici da parte
dell’utilizzatore.

VANTAGGI/RISCHI LEASING
Vantaggi:
- i leasing a breve termine sono convenienti
- le opzioni di rescissione anticipata hanno valore
- manutenzione garantita
- il contratto di leasing standardizzato riduce i costi di finanziamento
- Benefici fiscali, riduzione dei canoni
Rischi:
- Elusione dei controlli sugli investimenti
- Conservazione del capitale
- Leasing può essere un finanziamento fuori bilancio e quindi non incide in maniera negativa
- Effetti sul reddito contabile: il leasing aumenta il reddito contabile nei prima anni di vita di
un bene
Domanda 8

METODO DELL’APT E METODO FATTORIALE


L’APT(Arbitrage Pricing Theory) non si chiede quali portafogli siano efficienti, ma parte dall’assunzione che il
rendimento di ogni azione dipenda parzialmente da fenomeni macroeconomici e parzialmente da fenomeni
di disturbo, eventi specifici dell’impresa.
Ipotizza che i rendimenti obbediscano alla seguente relazione:
rendimento=a+b₁(rfattore1)+b₂(rfattore2)+….+fattore di disturbo
Per ogni singola azione ci sono due fonti di rischio:la prima è costituita dai fattori macroeconomici che non
possono essere eliminati dalla diversificazione, la seconda è costituita dai rischi che derivano da possibili
eventi che influenzano in modo specifico la singola impresa.
La diversificazione elimina il rischio specifico e gli investitori possono trascurarlo quando decidono di
investire. Il premio atteso per il rischio di un’azione dipende da fattori macroeconomici di rischio e non è
influenzato dal rischio specifico.
L’APT afferma che il premio per il rischio di ogni azione dovrebbe dipendere dal premio associato ad ogni
fattore e dalla sensibilità delle azione ad ognuno dei fattori.
Premio per il rischio delle azioni=r-rf=b₁(fattore1-rf)+b₂(rfattore2-rf)+…
Il premio atteso per il rischio è 0 se si attribuisce ad ogni b della formula un valore pari a 0. Un portafoglio
diversificato costruito in modo da non essere sensibile a ognuno dei fattori macroeconomici è privo di
rischio e quindi deve avere un prezzo tale da offrire un rendimento pari al tasso di interesse privo di
rischio.se invece offrisse un rendimento maggiore, gli investitori potrebbero ottenere un profitto senza
sopportare alcun rischio, indebitandosi per acquistare un portafoglio. Se offrisse un rendimento minore,
sarebbe possibile ottenere un profitto da arbitraggio operando la strategia opposta, vendendo il portafoglio
non sensibile ai fattori macroeconomici e investendo il ricavato in titoli di stato.
Un portafoglio diversificato costruito in modo da essere sensibile al fattore offrirà un premio per il rischio
che varia in porzione diretta alla sensibilità del portafoglio a tale fattore.
Tutto ciò si applica per portafogli ben diversificati, ma se è vera per essi allora deve essere vera in genere
per tutte le singole azioni. Ogni azione deve offrire un rendimento atteso coerente con il suo contributo al
rischio del portafoglio.
L’APT enfatizza il concetto che il rendimento atteso dipenda dal rischio che deriva da eventi generali che
influenzano l’economia nel suo complesso e non dal rischio specifico.
Il portafoglio del mercato è importante nel CAPM e non nell’APT, l’APT non dice quali siano i fattori
rilevanti, al contrario del CAPM che unisce tutti i rischi in un singolo fattore ben definito, il rendimento del
portafoglio di mercato.
Per calcolare i rendimenti attesi:
- Bisogna identificare una lista breve di fattori macroeconomici che potrebbero influenzare i
rendimenti azionari
- Stimare il premio atteso per il rischio di ciascuno dei fattori
- Misurare la sensibilità di ogni azione a questi fattori.
Le azioni delle piccole imprese e quelle con un alto rapporto valore contabile-valore di mercato hanno
offerto rendimenti superiori alla media.
Questi fattori sono collegati alla redditività dell’impresa e possono catturare fattori di rischio che non sono
ricompresi nel modello standard del CAPM.
Se gli investitori domandano un rendimento supplementare per accettare di essere esposti a questi fattori
allora abbiamo una misura del rendimento atteso che assomiglia molto all’ATP:
r-rf=bmercato(rfattoremercato)+bdimensione(rfattoredimensione)+bvalorecontabile/valore di
mercato(rfattorevalorecontabile/valore di mercato)
questo modello è chiamto modello a tre fattori di Fama-French.

Domanda 9

POLITICA DEI DIVIDENDI

Un incremento dei dividendi segnala l'ottimismo dei manager sugli utili futuri e influenza il prezzo
dell'azione, ma il rialzo dell'azione che accompagna un inatteso incremento dei dividendi alla fine si
realizzerebbe lo stesso.
Per capire se la decisione sui dividendi crei valore o se i prezzi reagiscano positivamente agli annunci di
incremento dei dividendi solo per un effetto di segnale gli economisti si sono divisi in 3 gruppi.
A destra abbiamo i conservatori che ritengono che un aumento dei dividendi contribuisca ad aumentare il
valore dell'impresa, a sinistra abbiamo i radicali che credono che un aumento dei dividendi contribuisca a
diminuire il valore dell'impresa, al centro c'è un gruppo che afferma che le diverse politiche dei dividendi
sono tra loro indifferenti, questo partito fu fondato da Miller e Modigliani.
Secondo M&M: un'impresa mette a punto il suo progetto di investimento, si individua quanto del progetto
può essere finanziato tramite debiti e il resto viene coperto con utili non distribuiti, qualsiasi eccedenza di
denaro deve essere distribuita sotto forma di dividendi.
Se si vuole incrementare il pagamento dei dividendi , l'unico modo per finanziare l'aumento dei dividendi è
quello di emettere nuove azioni e venderle. I nuovi azionisti parteciperanno con il loro denaro solo se si
offrono le azioni che valgano quanto costano.
Ci deve essere un trasferimento di valore dai vecchi azionisti ai nuovi, i nuovi entrano in possesso delle
nuove azioni mentre i vecchi sopportano una diminuzione del prezzo delle loro azioni, ed è una perdita che
controbilancia il maggiore dividendo che ricevono.
Gli investitori non hanno bisogno dei dividendi per ottenere contante, non pagheranno prezzi più alti per
acquistare azioni di un'impresa che distribuisce alti dividendi. Le imprese non devono preoccuparsi della
politica dei dividendi.

Se le politiche di investimento(accettazione di tutti i progetti con VAN>0) e di indebitamento (rapporto


debito-equity costante) vengono mantenute costanti, qualsiasi aumento nell'erogazione di dividendi deve
essere controbilanciato da un'emissione di azioni, gli azionisti finanziano il maggior dividendo vendendo in
parte la proprietà dell'impresa, quindi il prezzo delle azioni diminuisce quel tanto che basta per bilanciare
l'aumento del dividendo.
Invece, qualsiasi diminuzione nei dividendi deve essere controbilanciata da una diminuzione nel numero di
azioni emesse o da un riacquisto di azioni precedentemente in circolazione.

Secondo il partito di destra, coloro che sono a favore di elevati dividenti sostengono che c'è una clientela
naturale per le azioni con elevati rapporti di distribuzione degli utili.
I fondi di investimento e le fondazioni preferiscono azioni con alti dividendi in quanto sono considerati
reddito spendibile, mentre i capital gain sono aumenti del capitale che non possono essere spesi.
Gli investitori possono chiedere dividendi generosi non perchè i dividendi creino valore per se stessi, ma
perchè segnalerebbero una politica di investimento più attenta e più orientata alla creazione di valore.
Non tutte le imprese possono trarre benefici dall'aumentare i suoi dividendi. La clientela che cerca alti
dividendi ha abbondanza di azioni che pagano alti dividendi fra cui scegliere.
I clienti naturali aumentano il prezzo dell'azione concentrando la loro domanda su azioni che pagano
dividendi. Una volta che le clientele sono soddisfatte è improbabile che un'impresa crei valore cambiando
la politica del dividendo.

Secondo i partiti di sinistra, ogni volta che i dividendi sono tassati più dei capital gain le imprese dovrebbero
erogare i dividendi più bassi possibili. La disponibilità disponibile dovrebbe essere trattenuta e reinvestita o
comunque usata per riacquistare azioni.
Le società per azioni possono tramutare i dividendi in capital gain semplicemente modificando le politiche
dei dividendi. Se i dividendi sono più tassati dei capital gain gli investitori dovrebbero pagare un prezzo
superiore per le azioni che fruttano bassi dividendi. Quindi devono accettare un tasso di rendimento al
lordo delle imposte.
Ad un'impresa che elimina i dividendi e comincia a riacquistare azioni con regolarità potrebbe accadere che
l'autorità fiscale riconosca il programma di riacquisto per ciò che realmente è e tassi i pagamenti
coerentemente.
Questo partito ha mantenuto l'opinione che il mercato premi le imprese che perseguono la politica dei
bassi dividendi.
Le imposte sui dividendi devono essere pagate immediatamente, mentre le imposte sui capital gain
possono essere differite fino a quando le azioni vengono vendute e i capital gain conseguiti.
Gli azionisti possono scegliere quando vendere le proprie azioni e quindi quando pagare l'imposta sui
capital gain, più a lungo si aspetta minore è il valore attuale delle imposte sui capital gain che andranno
versate.
Le ragioni del partito di sinistra per minimizzare il pagamento dei dividendi sono più deboli di quanto lo
fossero nel passato

Il partito di centro sostiene che il valore di una società non è influenzato dalla sua politica dei dividendi.
Secondo loro nessuna società ritiene di poter aumentare il prezzo delle sue azioni semplicemente
cambiando la sua politica dei dividendi.
Un certo numero di imprese ha optato per una politica di bassi dividendi in modo da soddisfare
completamente la domanda della clientela e quindi non c'è motivo che altre imprese si convertano alla
politica dei bassi dividendi.
Ci sono poi clientele per alti dividendi ed anche esse sono soddisfatte.
Se quindi tutte le clientele sono soddisfatte le loro preferenze circa i dividendi non influiscono sui prezzi o
sui rendimenti.
Non importa quindi a quale clientela ci si rivolge, se il partito di centro avesse ragione il valore di ogni
singola società sarebbe indipendente dalla politica di dividendi che ha deciso di seguire.
Nel sistema fiscale vi sono diversi espedienti che i contribuenti possono utilizzare per non pagare le imposte
sui dividendi.
Le imprese che pagano bassi dividendi saranno più attraenti per gli investitori con aliquote personali più
elevate, mentre quelli che pagano alti dividendi avranno fra gli azionisti per es i fondi pensione.
Le imprese ben gestite vogliono segnalare quanto valgono e possono farlo tramite un'elevata presenza di
intermediari finanziari fra i propri azionisti ed ottengono questo risultato pagando alti dividendi.
Domanda 10

PREMI PER IL DIRITTO DI VOTO


I principali diritti degli azionisti consistono nel diritto a percepire i dividendi e nel diritto di voto spettante
solo agli azionisti ordinari e agli azionisti privilegiati nelle sole assemblee straordinarie. In italia prevale il
meccanismo del voto cumulativo secondo il quale gli amministratori vengono votati congiuntamente e gli
azionisti possono concentrare tutti i loro voti su un solo candidato, cosicchè risulta più agevole per le
minoranze eleggere i proprio candidati.
La legge prevede per i consigli di amministrazione delle società quotate che almeno un amministratore sia
espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata con la lista
risultata prima per numero di voti.
Per le società con azioni quotate è previsto che il voto in assemblea possa essere esercitato per
corrispondenza ossia per delega.
Per tutelare i diritti degli azionisti di minoranza è stato aumentato il quorum richiesto per deliberare nelle
assemblee straordinarie in prima, seconda e terza convocazione ad almeno i due terzi del capitale
rappresentato in assemblea. Un ulteriore tutela degli azionisti di minoranza prevede la diminuzione della
quota di capitale sociale necessaria per richiedere la convocazione delle assemblee dal 20% al 10%, mentre
per condurre un azione di responsabilità contro gli amministratori è necessario solo il 5%.
Il maggiore valore delle azioni ordinarie è spiegato dal cosiddetto premio per il diritto di voto. Il valore di
un’azione ordinaria può infatti essere considerato composto da due segmenti: vote segment e investment
segment. In termini di investment segment, le azioni di risparmio dovrebbero valere più delle azioni
ordinarie. Ciò significa che il valore del diritto di voto attribuito dal mercato è maggiore della differenza fra
valore delle azioni ordinarie e valore di quelle di risparmio. Nelle imprese in dissesto, le azioni di risparmio
valgono di più delle azioni ordinarie.
Il premio per il diritto di voto può essere più elevato in alcuni paesi piùttosto che in altri.
Il diritto di voto ha valore in quanto un consistente pacchetto di diritti consente di esercitare il controllo
delle assemblee e quindi della gestione dell’impresa. I benefici spettano solo a chi esercita il controllo
dell’impresa e non a tutti gli azionisti.
Il valore del diritto di voto di un’azione di minoranza dipende dalla probabilità che tale azione entri a far
parte di una partecipazione di controllo e della quota di benefici privati da cui il futuro soggetto
controllante sarà disposto a retrocedere tramite un maggiore prezzodi acquisto del titolo.

Domanda 11

POPOSIZIONE DI MILLER & MODIGLIANI E TESI TRADIZIONALE


Secondo Modigliani e Miller in un mercato perfetto ogni combinazione è valida come qualsiasi
altra,non fa differenza che si indebiti l'impresa o il singolo azionista, il valore dell’impresa non è
influenzato dalla sua struttura finanziaria.
Il valore delle azioni è uguale al valore dell'impresa meno il valore del debito(nel caso ci fosse un
debito), il valore dell'impresa non indebitata deve essere uguale al valore dell'impresa che lo è.
Secondo la legge di conservazione del valore il valore di un'attività rimane inalterato
indipendentemente dalla natura dei diritti vantati nei suoi confronti.
Combinare le attività e poi successivamente dividerle non influirà sul valore finchè queste
operazioni non influiscono sulla scelta dell'investitore.
Si era ipotizzato che le imprese e gli individui possano dare o prendere a prestito allo stesso tasso di
interesse privo di rischio, in questo modo gli individui possono annullare gli effetti di qualsiasi
cambiamento della struttura finanziaria.
In pratica, il debito delle imprese non è privo di rischio.
Detto ciò si può affermare che la struttura finanziaria può essere irrilevante anche se il debito è
rischioso.

PROPOSIZIONE I
Il valore di mercato di qualsiasi impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria.
Se i mercati stanno funzionando a dovere le imprese non possono aumentare il loro valore
rattoppando la struttura finanziaria.

Il rendimento atteso delle attività = rA= reddito operativo atteso/valore di mercato di tutti i titoli

Nei mercati finanziari perfetti le decisioni di indebitamento di un'impresa non influenzano né il suo
reddito operativo, né il valore totale di mercato dei suoi titoli, quindi anche la decisione di
indebitamento non influenza il rendimento atteso delle attività dell'impresa rA.

rA=(rD* D/D+E)+(rE*E/D+E)
Il rendimento atteso di tutte le attività rA è chiamato costo del capitale aziendale WACC
rE=rA+(rA-rD)D/E

PROPOSIZIONE II
il tasso di rendimento atteso delle azioni di un'impresa indebitata aumenta in proporzione al
rapporto di debito-equity espresso in valori di mercato. Il tasso di aumento dipende dalla differenza
fra rA e rD.
Si ha rE=rA se l'impresa non è indebitata.

La proposizione I sostiene che la leva finanziaria non ha alcun effetto sulla ricchezza degli azionisti,
la proposizione II sostiene che il tasso di rendimento che gli azionisti si possono aspettare di
ottenere dalle loro azioni aumenta con l'aumentare del rapporto debito-equity dell'impresa.
Ogni aumento dei rendimenti attesi è controbilanciato da un aumento del rischio e quindi del tasso
di rendimento richiesto dagli azionisti.
Gli investitori richiedono rendimenti maggiori da un'azione di un'impresa indebitata, il rendimento
richiesto aumenta semplicemente per adeguarsi al maggior rischio.

Domanda 12

LEGAME FRA PREZZO E UTILI PER AZIONE


Se si pensa ad un’impresa che non cresce essa non è in grado di reinvestire alcun utile e produce solamente
un flusso costante di dividendi e quindi il suo rendimento atteso dovrebbe essere uguale al dividendo
annuo diviso il prezzo dell’azione. Siccome tutti gli utili sono distribuiti, il rendimento atteso è anche uguale
agli utili per azione diviso il prezzo dell’azione(rapporto utili-prezzo).
r=DIV1/P0 r=EPS1/P0
Il prezzo è quindi: PO= DIV1/R = EPS1/r
Anche il rendimento atteso per aziende in crescita può essere uguale al rapporto utili-prezzo.
Le opportunità di crescita sono le opportunità di investire in progetti con VAN positivi.
I manager spesso prendono cattive decisioni finanziarie perché confondono il rapporto utili-prezzo con il
costo opportunità del capitale. Si considera il prezzo di un’azione come il valore attuale degli utili medi in
una politica di non crescita più il VAOC ( valore attuale delle opportunità di crescita).
P0= EPS1/r + VAOC
Il rapporto utili-prezzo è quindi: EPS1/P0 = r(1- VAOC/PO)
Il significato del rapporto prezzo-utili(P/U) non è ben chiaro. Un alto rapporto di esso può indicare che gli
investitori ritengono che la società presenti buone opportunità di crescita , che i suoi utili siano
sufficientemente sicuri e meritino un basso rendimento atteso r. Le società possono presentare alti
rapporti non perché il prezzo è alto, ma perché l’utile è basso. Una società che in un determinato momento
non guadagna nulla, EPS=0, ha un rapporto infinito finchè le sue azioni non hanno un valore.
Un alto rapporto non indica un basso rendimento atteso.

Domanda 13

TIR E TRAPPOLE
Il TIR è definito come il tasso di attualizzazione che da il VAN=0.
Per ricavare il TIR di un progetto di investimento della durata di T anni, si risolve
VAN= C0+C1/1+TIR+C2/(1+TIR)²+….+CT/(1+TIR)T=0
Il TIR è una misura di redditività che dipende unicamente dall’ammontare e dalla collocazione temporale
dei flussi di cassa di un progetto e non è da confondere con il costo opportunità del capitale che è uno
standard di redditività di un progetto.
Bisogna accettare un progetto di investimento se il costo opportunità del capitale è inferiore al tasso
interno di rendimento. Se il costo opportunità è inferiore al TIR, progetto ha VAN positivo, se è uguale ha
VAN uguale a 0, se è maggiore ha VAN negativo.
La regola del TIR contiene diverse trappole.
TRAPPOLA 1- INVESTIMENTO O FINANZIAMENTO?
Con alcuni flussi di cassa positivi seguiti da flussi negativi il VAN del progetto aumenta all’aumentare del
tasso di attualizzazione, bisognerebbe accettare questo progetto quando il TIR è inferiore al costo
opportunità del capitale.
PROGETTO C0 C1 TIR VAN 10%
A -1000 1500 50 364
B 1000 -1500 50 -364

TRAPPOLA 2- TASSI DI RENDIMENTO MULTIPLI


Se c’è più di un cambiamento nel segno dei flussi di cassa il progetto può avere numerosi TIR o nessuno.
TRAPPOLA 3- PROGETTI ALTERNATIVI
Le imprese spesso di trovano nella necessità di dover scegliere fra diverse alternative per effettuare lo
stesso lavoro o usare lo stesso impianto.
La regola del TIR potrebbe portare a risultati errati, in questi casi bisogna calcolare il tasso interno di
rendimento dei flussi incrementali.
TRAPPOLA 4- CHE COSA SUCCEDE QUANDO NON POSSIAMO DIMENTICARE LA STRUTTURA PER SCADENZA
DEI TASSI DI INTERESSE?
La regola del TIR obbliga a confrontare il TIR del progetto con il costo opportunità del capitale, talvolta
quest ultimo può risultare diverso tra i flussi di cassa del primo anno e quelli del secondo e così via, in
questi casi non vi è nessun parametro per valutare il TIR di un progetto.
Quando le risorse sono limitate l’indice di redditività ci permette di scegliere tra combinazioni e alternative
dei progetti di investimento
IR=VAN/INVESTIMENTO
Un insieme limitato di risorse e progetti può portare a varie combinazioni possibili.
Bisogna analizzare tutte le possibili combinazioni dei progetti, per ognuna bisogna verificare se i progetti
rispondano ai vincoli dati e calcolare il VAN.
L’IR medio ponderato più alto può permetterci di decidere quale progetto scegliere
Gli svantaggi dell’IR sono che ci possono essere problemi con investimenti mutualmente alternativi e in
caso di razionamento su più forti.
I vantaggi, invece ci dicono che può risultare utile quando le risorse a disposizione sono limitate, è facile da
capire e comunicare, e fornisce la decisione corretta da prendere quando si valutano progetti indipendenti.

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