Silone Fontamara
Silone Fontamara
Silone Fontamara
Tesi di Laurea
IGNAZIO SILONE:
il punto di vista popolare in Fontamara.
Relatore Laureando
INTRODUZIONE ............................................................................................................................. 2
(5) LA VOCE DEGLI UMILI NEGLI ALTRI ROMANZI DI SILONE .................................................... 142
1
INTRODUZIONE:
1
http://www.treccani.it/enciclopedia/popolo_(Dizionario-di-filosofia)/
2
Tengo a sottolineare che emerge come con il termine popolo si faccia
riferimento a coloro che sono privi di potere e spesso dominati da altri, come
appunto i ‘’cafoni’’ di Silone, in questo lavoro cercherò di analizzare come,
servendosi di personaggi emblematici, e di particolari artifici narrativi Silone
faccia parlare i cafoni senza snaturarli e senza ‘’tradire la loro realtà.’, come
ripeterò più volte infatti per i cafoni l’italiano è una lingua straniera.
A questo proposito trovo utile riportare il commento di Gramsci sul Manzoni, in
riferimento alla letteratura non-popolare.
Se per il Manzoni gli umili sono visti come creature prive di personalità, idee e
sogni, al contrario gli umili di Silone sono animati e motivati da una enorme
voglia di riscatto, la stessa ricerca linguistica di Ignazio Silone infatti consiste
nel tentativo di immedesimarsi nella realtà di un luogo in un preciso momento
storico, politico e culturale adattandosi completamente ad essa, si parla pertanto
di metamorfosi dell’autore, che si immedesima completamente nella realtà che
descrive.
2
A. Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975, p. 86 e seg
3
Per usare le parole del poeta Alfonso Gatto3 si denota ‘’ l’impegno a non
tradurre una maniera di raccontare, lasciandola cioè propria e necessaria ai
fatti’’.
Il critico Goffredo Bellonci sostiene che per capire al meglio la produzione
siloniana sia necessario tenere conto delle sue origini geografiche e dell’infanzia
trascorsa in Abruzzo.
Bellonci sottolinea poi come, nelle tematiche dei romanzi di Silone siano
presenti diversi spunti: come il neorealismo, il surrealismo, la narrativa
popolare, l’arte abruzzese e la narrativa sociale.
Trovo particolarmente emblematica questa frase:
Riporto inoltre la definizione di ‘’cafone’’ fatta dallo stesso Silone per rendere
più chiaro il termine cosa si intende e quale sia la sua condizione sociale.
Già da queste righe introduttive si nota come in una realtà di immobilità sociale,
di povertà diffusa e di mancata tutela da parte delle istituzioni i cafoni alternino
impulsi di evasione a impulsi di sottomissione e accettazione della realtà.
3
Luce d’Eramo ,Ignazio Silone, Castelvecchi,Roma, 2014 p.494
4
Ivi p.101
5
Ignazio Silone, Fontamara, Mondadori, Milano, 2011, p.5
4
(1) LA VITA E L’INTERESSE POLITICO.
Secondino Tranquilli, nome reale di Ignazio Silone, nasce il primo maggio del 1900
a Pescina dei Marsi, nel cuore della Marsica, paese che all’epoca della nascita dello
scrittore non contava più di cinquemila abitanti divisi tra la parte vecchia rurale e
contadina e quella nuova, leggermente più moderna. Del costume e delle abitudini
etiche e civili Silone parlerà in questi termini:
Nel 1915, mentre l’Italia entra in guerra, Silone perde i genitori a causa di un grave
terremoto che colpisce l’Abruzzo, scrissero a tal proposito i giornali dell’epoca:
6
Ignazio Silone, Uscita di Sicurezza, Mondadori, Milano, 2001 P.56
7
Ivi p. 62
5
maggior numero di vittime. Era senza dubbio il più pittoresco paese
della Marsica.8
Al giovane Silone infatti accade di assistere a scene terribili come il furto del
portafoglio dal cadavere della madre ‘’credo che quella notte il mio atteggiamento
nei confronti del denaro si sia colorato di una sfumatura di profondo orrore’’ 9dirà
in seguito.
Dirà invece il critico Richard W.B. Lewis ‘’Il ricordo del terremoto erompe dalle
sue pagine con lo stesso significato che per Dostoevskij ebbe l’esperienza di
scampare all’ultimo minuto dall’esecuzione capitale’’.10
Sempre in questo periodo entra in contatto con quei personaggi che riempiranno la
narrativa delle sue pagine: i cafoni, emblema della povera gente.
8
Ottorino Gurgo, Francesco de Core, Silone L’avventura di un uomo libero, Marsilio, Venezia, 1988 p.23
9
Ignazio Silone, Il seme sotto la neve, Mondadori Milano 1953 p.56
10
Gurgo, de Core, Silone, Op. cit ., p.24
11
Silone, Uscita di Sicurezza p.8
6
trasognate su ceppi contorti e ritorti, teste deformate dalla fame, dalle
12
malattie, e qualche giovanotto selvatico e rissoso.’’
Frequenta la lega dei contadini del suo paese, viene eletto segretario regionale della
federazione dei lavoratori della terra.
12
Ignazio Silone, Vino e pane , Mondadori, Milano, 1980 p.176
13
Silone , Uscita di Sicurezza p.26
7
spettacolo d’un signorotto locale che aizzò un suo cagnaccio contro una
donnetta, una sarta, che usciva di chiesa.
14
Ignazio Silone, Uscita di Sicurezza p.56
8
« Eppure dev’essere qui », diceva il diavolo-marionetta, « sento il suo
odore. Adesso chiedo a questi bravi spettatori ». E rivolto a noi, aveva
chiesto:
« Cari miei ragazzi, avete forse visto nascondersi in qualche posto quel
bambinaccio che io cerco?»
9
Noi avevamo detto una bugia, egli ci avvertì preoccupato. L’avevamo
detta a fin di bene, certo, ma era pur sempre una bugia. Non bisogna dir
bugie.
10
Il parroco arrossì ed evitò una risposta, imponendomi, come punizione
per la mia impertinenza, di restare tutto il resto della lezione in
ginocchio accanto a lui.
Silone conosce Don Orione, prete che si era molto speso per aiutare i terremotati,
quando orfano e sopravvissuto al terremoto viene accolto in uno dei suoi collegi.
15
Ignazio Silone, Uscita di Sicurezza p.58
16
Ignazio Silone, Ivi, p. 28
11
Dalle conversazioni intrattenute emerge la figura di un religioso con la reale
intenzione di essere d’aiuto al prossimo.
Per diversi anni Silone intratterrà un rapporto epistolare con Don Orione.
Dal 1921 per i dieci anni successivi Silone consuma la sua esperienza di militante
comunista, animato da interesse sociale e voglia di giustizia ‘’ Lo stato è sempre
ruberia, camorra, privilegio, e non può essere altro’’.18
Una volta aderito al PCI è costretto poi ad entrare in clandestinità per via delle
persecuzioni fasciste, in questi anni compie missioni di partito in Germania, Spagna
e Francia, per poi stabilirsi in Svizzera.
Silone è tra i delegati del partito al congresso della Terza Internazionale, a Mosca, in
tale occasione conosce Lenin, ne ricava impressioni negative di cui parlerà in questi
termini
« La prima volta che lo vidi, a Mosca nel 1921, l'apoteosi era già
cominciata. Lenin viveva, ormai, tra il mito e la realtà. Erano i giorni
del congresso Terza Internazionale. Lenin partecipava soltanto ad
alcune sedute, così come fa il Papa al Concilio. Ma quando entrava
nella sala, nasceva un'atmosfera nuova, carica di elettricità. Era un
17
Silone, intervista del 1964 durante il processo di beatificazione di Don Orione
http://www.30giorni.it/articoli_id_3594_l1.htm
18
Ignazio Silone, Ivi p.69
12
fenomeno fisico, quasi palpabile: si creava un contagio di entusiasmo,
come in San Pietro quando dai fedeli intorno alla sedia gestatoria si
diffonde un'ondata di fervore fino agli orli della basilica. »19
Silone rimane negativamente colpito anche dalla diversa accezione del concetto di
libertà per i comunisti occidentali e russi.
Il 1931 è un anno doloroso e di svolta per Silone, deluso sfiduciato dalla politica di
Stalin, e dalla cultura russa, che aveva avuto modo di conoscere durante alcuni
viaggi, decide di uscire dal partito.
Scelta sofferta che egli stesso descrive come ‘’un grave lutto, il lutto della mia
gioventù. Di essa resta sempre qualcosa che marca il carattere per il resto della
vita; gli ex comunisti formano una categoria a parte, come gli ex preti’’.21
« Avrei potuto difendermi. Avrei potuto provare la mia buona fede. Avrei
potuto dimostrare la mia non appartenenza alla fazione trozkista. Avrei
potuto raccontare come si era svolta la scena della pretesa
dichiarazione da me "rilasciata" a Togliatti. Avrei potuto; ma non volli.
In un attimo ebbi la chiarissima percezione dell'inanità d'ogni furberia,
tattica, attesa, compromesso. Dopo un mese, dopo due anni, mi sarei
ritrovato daccapo. Era meglio finirla una volta per sempre. Non dovevo
19
Gurgo, de Core, Op cit, p.48
20
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza, p. 78-79
21
Ivi p. 112
13
lasciarmi sfuggire quella nuova, provvidenziale occasione, quella uscita
22
di sicurezza.»
Inizia così la vita del senza partito a cui si accompagna l’attività di scrittore.
Dal 1931 al 1934 Silone compone un saggio sul fascismo che non è mai stato
pubblicato in Italia.
Tradotto in molte lingue, Silone ritenne sufficiente ciò che di quel libro inserì in La
scuola dei dittatori.
-L’ESILIO IN SVIZZERA
Nei circa quindici anni che trascorre in Svizzera (1931-1944), Silone entra in
contatto con una società più aperta, frequenta un vasto gruppo di intellettuali,
perlopiù esuli di altre nazioni; si unisce a gruppi di intellettuali antifascisti e
antimilitaristi con i quali progetta e realizza varie iniziative culturali.
Ormai non più attivo nel partito Silone sceglie di portare avanti la lotta politica
grazie alla sua attività di scrittore, raccontando a parole i soprusi che tanto lo
appassionavano e indignavano.
Secondo alcuni critici sarebbe in questo contesto che Silone offrì alla polizia fascista
alcune informazioni delicate per la liberazione del fratello. Nel periodo dell’esilio
Silone pubblica anche scritti di emigrati, articoli e saggi sul fascismo.
22
Ivi p.110
14
Egli stesso dirà riguardo a Fontamara:
- L’INTERESSE SOCIALE
I perseguitati, gli umili, gli oppressi i ‘’cafoni’’ marsicani, così simili agli umiliati di
Dostoevskij, colpiscono in modo prepotente Silone sin dall’infanzia, tanto che
successivamente darà loro voce in diverse opere.
Sarà proprio Don Luigi Orione ad aprire gli occhi allo scrittore e a fargli capire che
l’ingiustizia non dev’essere regola di vita.
Gli umili però non subiscono e basta, è necessario sottolineare anche la loro forza di
ribellione., tematica che nei suoi romanzi Silone approfondirà molto.
23
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza, p.167
15
rafforzavano negli animi dei contadini, la sfiducia, la diffidenza, la
24
rassegnazione’’.
Come si era dimostrato "socialista senza partito", allo stesso modo Silone si dimostrerà
sempre ostile nei confronti della chiesa, sarà proprio lui ad autodefinirsi ‘’cristiano
senza chiesa’’.
Crede in un Cristianesimo capace di ripercorrere la sua storia per tornare alla purezza
del messaggio evangelico delle origini, una religione che protegge i cafoni, i poveri, gli
ultimi.
«La corruzione della religione era tra le cose che più lo ferivano e lo
muovevano a sdegno»25
IL SUCCESSO LETTERARIO:
Fontamara
Fontamara è uno dei successi letterari più importanti del novecento, probabilmente
anche il romanzo italiano più tradotto in lingua straniera.
Nel 1929-30, durante il soggiorno in Svizzera , in pochi mesi Silone scrive Fontamara,
la storia di un paese immaginario della Marsica ricostruito grazie ai ricordi giovanili
dell’autore.
24
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza p. 65
25
Margherita Pieracci Harwell, Un cristiano senza chiesa, Edizioni Studium, Roma, 1991 p.123
16
semplice, anzi con delle pagine francamente rozze, ma per l'intensa
nostalgia e amore che l'animava, commosse lettori di vari paesi in
misura per me inattesa. »26
Vino e Pane
Significativi sono però anche tutti i personaggi che fanno da cornice, alcuni membri
antifascisti del clero, vari poveri ‘’cafoni’’, la descrizione della nuova classe di potere.
Per quanto riguarda lo stile linguistico rispetto a Fontamara vengono calcate la satira e
la dimensione del grottesco, del caricaturale.
Pubblicato nel 1938 è un pamphlet di carattere storico- politico scritto sotto forma di
dialogo tra un aspirante dittatore e altri personaggi, dietro a uno dei quali si cela un alter
ego dello stesso Silone.
26
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza, p. 172
17
Il libro si svolge come un trattato di storia e tecnica della dittatura, diviso in capitoli i
cui titoli hanno una funzione significativa.
Le tematiche trattate variano dalla nascita del fascismo sull’onda dell’insuccesso dei
partiti socialisti, la delusione delle masse, lo sfruttamento da parte fascista della
democrazia liberale, la manipolazione psicologica delle folle, l’uso della propaganda, la
violenza da parte delle istituzioni.
‘’Si potrebbe vivere così bene, in pace non sempre lieti ma almeno
sereni se i figli rimanessero a casa loro, o non molto lontani da casa
’’.27
Sono significative anche le tematiche della famiglia e in particolar modo della madre.
Per quanto riguarda lo stile narrativo possiamo ritrovare, specialmente nella descrizione
di alcuni personaggi, lo stile grottesco e talvolta caricaturale di Vino e Pane.
E’ il primo romanzo scritto in patria da Silone, esce nel 1952 e riscontra notevole
successo anche all’estero.
27
Ignazio Silone, Il seme sotto la neve, Mondadori Milano 1967 pp. 164
18
Ci sono molteplici riferimenti e simbologie religiose al fine di decantare la moralità e
l’onestà di persone molto povere.
La trama del romanzo è al solito fitta di contrasti tra gli umili e la società, la dimensione
saggistica è assai ridotta.
Il segreto di Luca
Romanzo che esce nel 1956, procura a Silone il premio Salento 1957, qui viene
abbandonata la dimensione politica, nonostante il protagonista sia un ‘’vocato’’ ad
un’opera di redenzione umana che desidera la giustizia.
La tecnica è quella del racconto poliziesco attraverso la quale si dipana la storia d’amore
alla base del romanzo.
Anche qui rivestono una notevole importanza le figure popolari descritte nella loro
dimensione quotidiana senza alcun folklorismo.
La volpe e le camelie
Esce nella versione definitiva nel 1960, anche qui Silone accantona la tematica
prettamente politica per affrontare il tema della solitudine amorosa.
Per capire il titolo è necessario precisare che la volpe si riferisce ‘’a quella razza che
visita i pollai dei dintorni’’, dunque un animale pericoloso mentre le camelie si
19
riferiscono alla festa dei fiori come emblema d’amore; dietro questa metafora si cela
l’idea del male subdolo che può essere in ogni caso sconfitto.
Lungo tutto il romanzo si dipana la rivalità continua tra due chiese storiche: quella
mondana e quella profetica.
Possiamo considerarlo sia come la falsariga di un’esperienza vissuta dallo scrittore, sia
come una riflessione storiografica, nella quale lo stesso Silone si pone come mediatore.
LE TEMATICHE:
20
mano alla zappa e comincia a sarchiare nel punto dove la donna gli
28
aveva appena interrotto’’.
Con queste righe Silone descrive uno dei ‘’suoi’’ cafoni, i contadini poveri così presenti
in tutte le opere.
Oltre ad essi però sono frequenti altri personaggi popolari appartenenti alla sfera
religiosa o famigliare che riflettono le origini popolari dello scrittore.
Importante per Silone è dare voce agli umili, denunciare i soprusi che essi sono costretti
a subire e raccontare la loro quotidianità, come dirà lui stesso con queste parole:
La libertà
Oltre ai soprusi vissuti dagli umili è necessario parlare anche della lotta per la libertà,
una bella definizione di essa è quella messa in bocca a Pietro Spina in Vino e Pane.
‘‘La libertà non è una cosa che si possa ricevere in regalo. Si può anche
vivere in un paese di dittatura ed essere liberto, a una semplice
condizione, basta lottare contro la dittatura. L'uomo che pensa con la
28
Ignazio Silone, Il seme sotto la neve p.550
29
Indro Montanelli, I protagonisti, Rizzoli Editori, Milano 1976, pp. 181-182.
21
propria testa e conserva il suo cuore incorrotto è libero. L'uomo che
lotta per ciò che egli ritiene giusto, è libero. Per contro si può vivere nel
paese più democratico della terra, ma se si è interiormente pigri, ottusi,
servili, non si è liberi; malgrado l'assenza di ogni coercizione violenta,
si è schiavi. Questo è il male, non bisogna implorare la propria libertà
dagli altri. La libertà bisogna prendersela, ognuno la porzione che
30
può.’’
Sia in Fontamara che in negli altri romanzi emerge una voglia di giustizia, una
rivendicazione di farsi valere ed essere liberi.
Da Berardo Viola a Pietro Spina i tanti alter ego di Silone, non sono passivi ma animati
da una voglia di giustizia e di farsi sentire.
Berardo Viola sarà consapevole dei rischi e del suo triste destino ma accetterà di morire
per essere l’emblema dei cafoni oppressi.
Silone fa emergere dunque la tematica della lotta di classe come ricerca di una libertà
collettiva e individuale.
In Vino e Pane per esempio appare anche la tematica della vita cospirativa, dell’attività
clandestina, si cerca di tener vivo nel popolo lo spirito di sovversione nella probabile
speranza di un mutamento radicale.
30
Ignazio Silone, Vino e Pane, p.55
31
Ivi p.188
32
Ignazio Silone, Fontamara, p. 247
22
La prepotenza delle istituzioni.
Berardo Viola, protagonista di Fontamara verrà torturato e ucciso dai fascisti, in Pane e
Vino la violenza civile del fascismo si tramuta in imperialismo con la guerra
d’Abissinia.
Risalta in tutti i romanzi con evidenza la brutalità delle presenza in camicia nera che
mitragliano i paese, stuprano le donne, uccidono i civili.
‘In Fontamara tema chiave del romanzo è la differenza tra l’ingenuità dei contadini che
vengono sempre più privati di tutto e la violenza delle istituzioni capaci solo di reagire
con la forza.
Altro spunto di riflessione che il romanzo offre è come ci si può ribellare a un regime
totalitario? Bisogna adeguarsi o è una scelta più saggia opporsi?
Sicuramente questo problema è presente anche nella vita reale di Silone, trovo
interessanti queste parole che egli scrisse in uscita di sicurezza:
33
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza p.235
23
arbitrio e non mira che a terrorizzare. Esso mira non tanto a distruggere
fisicamente un certo numero di avversari, quanto a distruggerne
psichicamente il più gran numero, a renderli pazzi scemi vili, a privarli
d’ogni residuo di dignità umana. Quelli stessi che ne sono gli autori e i
promotori cessano di essere uomini normali. Nel terrore le violenze le
più efficaci e frequenti sono proprio quelle che sembrerebbero le più
34
‘’inutili’’ le più superflue le più inattese’’.
La scrittura di Silone inoltre nonostante rispetti la parlata locale non si può definire
prettamente ‘’regionale’’ anzi, da voce genericamente ai contadini meridionali.
34
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza p.218
24
col capire che conveniva smetterla di classificare come regionali gli
35
scrittori del Sud.
Possiamo quindi affermare che Silone è sì scrittore del meridione, ma non scrittore
solo meridionale, né tanto meno regionale.
Nucleo di questa metafora, per Silone, sono i romanzi, i ‘’veri romanzi, intesi come
rappresentazioni sociali vaste, originali, viventi, profonde’’37
‘’Ora il lavoro artistico mi appare come la sola maniera degna che sia a
mia disposizione per vivere in qualità di uomo. [...] Il bisogno di verità e
di sincerità che mi ha allontanato dalla politica dei partiti, è l'impulso
principale che mi sostiene nel lavoro letterario’’.
La farsa
Se sono sempre gli umili le vittime degli imbrogli possiamo notare che anche i
personaggi della classe dirigente sono connotati da caratteristiche caricaturali,
grossolanamente ironiche che ne esaltano gli aspetti vili e rozzi.
35
Silone, Nichilisti e idolatri. Dopo il neorealismo, in, Romanzi e saggi, II, a cura di B. Falcetto,
Mondadori, Milano 1999, pp. 1194-1195
36
Valeria Giannantonio, La scrittura oltre la vita. Studi su Ignazio Silone, Loffredo, Napoli 2004, p. 19.
37
Silone, Nichilisti e idolatri. Dopo il neorealismo, Op.cit., p. 1375.
25
Riporto l’episodio tratto da Fontamara che descrive la fine del banchetto
dell’Impresario:
Nel 1965 viene pubblicata ‘’Uscita di sicurezza’’ sarà questa l’opera grazie alla quale
Silone otterrà il successo.
Fontamara era stato tradotto e apprezzato all’estero, mentre la critica italiana l’aveva
etichettato in fretta come romanzo appartenente alla letteratura del "fuoriuscitismo’’,
indegno quindi di grandi giudizi.
38
Ignazio Silone, Fontamara , p.76
26
Sarà un antifascista… ma certo non è uno scrittore. Madonna santa è
solo un cattivo avvocato di provincia. Silone è pieno di fiele e di
rancore. Egli ha fallito in ogni momento della sua vita. Cosparge di
veleno e sbava tutto ciò che gli sta vicino. Forse è sconveniente ma ci è
venuta irresistibile la tentazione di rivolgere a Silone l’invito affinché
non insista a fare lo scrittore. Ma poi ci è sorto un dubbio. Politico? No.
39
Scrittore? No. E che gli facciamo fare, pover’uomo?
Uscita di sicurezza invece, scritto come diario e ricco di riferimenti politici su temi
all’epoca scottanti fa ricredere molti critici italiani, anche lo stesso Idro Montanelli
cambia radicalmente posizione
39
Dario Biocca, Silone: la doppia vita di un italiano, Milano,Rizzoli,2005.p.285
27
persino Togliatti; e se non ci riesce che in parte, non è certo colpa sua.
Qui non c'è che un accusato: Silone. E non c'è che un giudice: la sua
coscienza. »40
Sarà però nel 1968 con ‘’L’avventura di un povero Cristiano’’ che Silone vincerà a
Venezia il Super Campiello, la critica riconosce in esso il miglior romanzo Siloniano
mentre la stampa comunista continua a ignorarlo.
Si può affermare che Silone ottiene maggiori riscontri positivi all’estero, la critica
italiana cambia diverse volte opinione riguardo ai suoi romanzi.
A tale proposito possiamo distinguere tre fasi, la prima dal 1945 al 1950 di silenzio, la
seconda (1949-1952) di interrogativo, e la terza iniziata con ’’Uscita di sicurezza’’ nella
quale lo scrittore fa parlare di sé.
L’ambiente culturale italiano dell’epoca non era pronto per comprendere romanzi di
denuncia come quelli Siloniani, per questo motivo vennero ignorati.
Mentalità più aperta era invece presente all’estero, è’ lecito pensare che in Italia Silone
venisse percepito come uno scrittore legato alla sua vicenda dell’esilio e pertanto
destinato a sparire presto dal panorama italiano.
Effettivamente i critici italiani, chi per pregiudizi, chi per ostilità non si sforzarono mai
di comprendere lo scrittore abruzzese.
Riporto ciò che scrive Enrico Falqui in rapporto a Silone e alla critica italiana:
40
Indro Montanelli, I protagonisti, Rizzoli Editori, Milano 1976, pp. 180-181 e 186-187
28
e l’inesperienza letteraria insieme avvicinarono più del necessario lo
scrittore a questi ultimi’’ cioè ai cafoni. Con la giunta che ‘’tornato
vincitor, rinnovò l’espediente con maggior baldanza: Il seme sotto la
neve (1945) è un’altra storia di un villaggio abruzzese sotto il fascismo,
innaffiata, stavolta, da un inno alla povertà che muoverebbe lo stomaco
a San Francesco’’.41
Riguardo a Fontamara, nello specifico, i critici stranieri sottolineano diversi punti degni
di nota come la struttura marxista del racconto, che è storia di classi in lotta, la
prevalenza della coralità e l’incitamento alla rivolta popolare.
Come già detto infatti è importante e innovativo il fatto che i personaggi principali di
Fontamara non siano singoli individui ma un’intera classe sociale.
Dopo un’accoglienza tiepida da parte dei critici italiani, Fontamara diventa un romanzo
di grande successo, ecco cosa scrive a questo proposito il critico fiorentino Geno
Pampaloni.
Egli aveva letto Fontamara mentre combatteva in Abruzzo presso un reggimento del
corpo italiano di liberazione:
41
Enrico Falqui, Novecento Letterario, vol III , Vallecchi, Firenze, 1955 p.522
42
Dario Biocca, Op cit, p.268
29
(2) SILONE SPIA DELL’OVRA?
“ rimangono sempre delle tracce …..dello scoop dei due ricercatori, che
agli occhi di tanti giornalisti, studenti, e persino scrittori diventa verità
assoluta…”44
Questa frase sembrava proprio riassumere la mia situazione, avevo letto i romanzi di
Silone e mi erano piaciuti poi però avevo saputo, forse da un insegnante, che lo
scrittore aveva fatto la spia per i fascisti; questa informazione, che avevo data per buona
e che non avevo ulteriormente approfondita, mi aveva lasciata con l’amaro in bocca e
mi aveva convinta a trascurare l’autore perché se è vero che tra la vita e l’opera
letteraria non deve necessariamente esserci assoluta coerenza, tuttavia ritenevo che non
si potesse scrivere la storia di Berardo Viola e essere al contempo pagato dagli
aguzzini descritti.
Poiché il testo di Vacca sembrerebbe (vista la situazione ritengo obbligatorio l’uso del
condizionale) essere l’atto finale di una contesa storiografica iniziata vent’anni fa e
sembrerebbe fornire le prove dell’innocenza di Silone, ho pensato di comprendere i
termini di tale contesa ripercorrendone la storia attraverso la lettura dei testi di
riferimento e concentrandomi sulle reazioni del mondo intellettuale, di studiosi e di
giornalisti alla notizia e dunque sull’eco che di questa contesa arrivava all’opinione
pubblica; devo dire che se non fossi partita dall’atto conclusivo, dopo aver letto i saggi e
i testi e tutti i commenti che sono riuscita a rintracciare, avrei avuto le idee piuttosto
confuse.
La questione sembrerebbe semplice: nell’Archivio Centrale dello Stato sono stati trovati
dei documenti che sembrano stabilire un collegamento tra lo scrittore e un funzionario
43
Vacca Alberto. , Le false accuse contro Silone, Milano, Guerini e associati, 2015.
44
Ivi p. 11
30
della polizia; in realtà la questione si rivela tutt’altro che semplice e riguarda la
datazione e l’attribuzione di tali documenti; su questa questione gruppi di storici e
studiosi non si risparmiano reciproche accuse e pur leggendo i testi alla fine ci si trova
in una situazione di imbarazzo e incertezza. Nonostante in più occasione i ricercatori
coinvolti dicano, forse con un tocco di supponenza, che basta andare all’Archivio per
verificare le ragioni, la cosa non è così semplice (Alberto Vacca andrà all’archivio tutti i
giorni per un anno e consulterà più di quattrocento fascicoli); al normale lettore non
resta che sposare il parere dell’opinionista in cui ha più fiducia.
C’è un’ulteriore domanda che non mi sembra di aver rintracciato nella documentazione
consultata, perché quando si viene a sapere che è stato arrestato il fratello di Silone
l’Ovra non si adopera immediatamente per farlo rilasciare e invece questi viene
mantenuto in carcere rischiando di indispettire il più prezioso dei confidenti e di
perderne la collaborazione? Certo non aveva senso far pressione su un individuo che già
collaborava spontaneamente da anni.
E’ opportuno, come premessa, richiamare la tragica storia del fratello dello scrittore,
Romolo.
31
Il 12 aprile 1928 in piazza Giulio Cesare a Milano esplode una bomba che fa strage tra
le persone in attesa del passaggio del corteo del re Vittorio Emanuele III; è un massacro
e si contano diversi morti e feriti, le indagini della polizia si concentrano subito sul
mondo antifascista particolarmente sui comunisti. Il 13 aprile viene arrestato e accusato
della strage Romolo Tranquilli, fratello di Ignazio. Romolo è in possesso di alcuni
documenti che a detta della polizia indicano il luogo dell’attentato, ha documenti falsi
(era in procinto di espatriare in Svizzera) nega di essere coinvolto nell’attentato ma
ammette anzi si vanta di essere iscritto al Partito Comunista, cosa quest’ultima che
viene negata da Silone cui forse non era nota. Subisce torture che gli producono gravi
lesioni ai polmoni e il trattamento disumano continuerà anche nelle carceri in cui verrà
in seguito trasferito. La polizia fascista ha scoperto che il giovane è il fratello di Silone e
ricostruisce una traballante versione dei fatti secondo la quale lo stesso scrittore avrebbe
ordinato al fratello di mettere l’ordigno in piazza.
Anche Ignazio è colpito, come indicato nel fascicolo del casellario politico, da mandato
di cattura per l'attentato al Re. L'Avanguardia, periodico dei gruppi giovanili
comunisti, ribadisce l'innocenza di Romolo Tranquilli in relazione al sanguinoso
attentato di Milano del 12 aprile. Romolo, presentato sulla stampa italiana come spietato
attentatore, sta per essere sommariamente condannato e fucilato quale responsabile della
strage. Silone si trova a Parigi quando apprende la brutta notizia dell’arresto del fratello,
contatta moltissime persone e riesce a far scrivere a Mussolini da eminenti personalità
del tempo. Gli interventi (sollecitati da Silone tramite il Soccorso Rosso) del Ministro
degli Esteri inglese Henderson (che comunica di avere a disposizione le prove
dell'innocenza) e di autorevoli intellettuali europei (Rolland, Barbusse) che chiedono un
processo regolare con udienze pubbliche, e gli stessi dubbi della polizia, bloccano la
giustizia sommaria. Nella primavera del 1929 la commissione istruttoria presso il
Tribunale speciale fascista ritiene che non può esservi luogo a processo penale (per
attentato e strage) per insufficienza di indizi, per tutti gli imputati, ma rinvia a giudizio
per altri reati (ricostituzione del partito comunista, ecc) Secondino e Romolo Tranquilli.
Così descrivendolo:
32
certo che il suo giungere a Milano il mattino del 12 poté corrispondere
davvero con altri iscritti al partito ed estranei alla strage che vi si
consumava; tuttavia la sua fuga immediata verso il confine, la sua
estrema agitazione, il tentativo di sottrarsi alle ricerche che egli stesso
con il suo contegno provocava contro di lui, dimostrano uno stato
d'animo equivoco tra il rimorso e la paura".
Dopo un’istruttoria durata tre anni, la sentenza del Tribunale speciale condanna Romolo
Tranquilli a 12 anni.
33
nulla volle dire. In un memoriale però scrisse che era fuggito da Milano
per timore di essere ritenuto compartecipe dell’attentato del giorno 12.
Indizi sufficienti non risultarono contro Romolo Tranquilli in confronto
dei tre attentati, ma la sua capacitò a delinquere risulta dal fatto che già
nel 1922, ancora adolescente, egli fu amnistiato da procedimento penale
per apologia dell’attentato dinamitardo del Diana. Risulta ancora che
per denaro, egli vincolò la propria libertà agli organizzatori del partito
comunista.
L’arresto al confine
34
mi va bene sono 25 anni di galera: se mi va male sono 20 pallottole sulla
schiena>>.
Silone fu molto colpito dalla disgrazia accaduta al fratello, forse si sentiva in parte
responsabile, in quanto modello di riferimento di Romolo e quindi involontaria causa
delle scelte da questi operate e quindi del suo destino; così si spiega forse la negazione
dell’iscrizione del fratello al partito comunista.
Anche parlando con la moglie Darina, emersero queste parole, che dimostrano questa
volta qualche dubbio da parte dello scrittore:
45
Altri 2 terroristi milanesi condannati dal Tribunale Speciale in “ Corriere della Sera” 7 giugno 1931
46
Silone Ignazio, Uscita di sicurezza p.54
35
‘’Dissero più tardi che alla fine si era iscritto al partito. Non so se fosse
vero. Non avevo allora la possibilità di sapere nulla di preciso. Certo
non fu mai né dirigente né attivista.’’47
In ogni caso non sono molti i commenti pubblici che Silone fece nei confronti del
fratello, nei confronti del quale manteneva sempre una particolare riservatezza; la
moglie ricorda nuovamente:
Gli inquirenti quindi, dopo le indagini iniziali, si resero conto della non colpevolezza di
Tranquilli ma mantennero le accuse e lo stato di detenzione per fare pressione sul
fratello.
Scrive Silone:
47
Silone Darina, Le ultime ore di Ignazio Silone in Severina, p.172
48
Gurgo Ottorino, De Core Francesco., Silone, p. 95
49
Ibidem
36
carcere, perché parlasse sotto tortura. Coraggio a parte, Romolo non
conosceva nomi, non aveva nulla da rivelare. Rifiutò di spiegare perché
tenesse in tasca lo schizzo della piazza di Como per timore di
compromettere la persona che lì avrebbe dovuto consegnargli i
documenti falsi. Quindi tacque. Ripeteva solo di essere innocente. Se
avesse confessato subito che stava cercando di espatriare senza
passaporto, forse non lo avrebbero sottoposto a tortura, forse non
l’avrebbero condannato a dodici anni di carcere, con tre di vigilanza
speciale. Romolo potrebbe essere ancora vivo, se non fosse stato per
me.’’50
‘’La preda era molto importante, Ignazio Silone e la sua attività politica
erano noti nel campo internazionale per cui l’arresto del fratello era un
avvenimento che avrebbe conferito una parvenza di serietà alle indagini
e per converso alle accuse a suo carico.
Ignazio Silone infatti pochi mesi prima si era recato a Mosca, per
partecipare con Palmiro Togliatti, in rappresentanza del PCI ad una
sessione straordinaria dell’Internazionale comunista, nel corso della
quale si era incontrato con Stalin, Rykov, Bucharin, Manuilsky ed altri
dirigenti sovietici. Da parte dei fascisti si dedusse che l’attentato era
stato deciso in quelle sedute a Mosca e che l’ordine di attuarlo era stato
conferito a Ignazio Silone che lo avrebbe messo in esecuzione a mezzo
del fratello Romolo al quale avrebbe dato istruzioni da Zurigo.
Montatura più assurda non poteva architettarsi. Anche a prescindere dal
carattere mite di Ignazio Silone, era universalmente noto che egli si era
messo in aperto contrasto con Stalin e con i maggiori esponenti del
Cremlino. In quell’epoca, del resto, l’attività comunista non era né
poteva essere indirizzata ad attentati terroristici o ad atti di violenza di
sorta. I comunisti avevano al contrario, la più grande preoccupazione di
mimetizzarsi e i loro sforzi erano diretti unicamente a favorire l’espatrio
di dirigenti e gregari che avrebbero potuto essere, da un momento
50
Silone Darina., Severina, p.173
37
all’altro colpiti dalle nuove leggi eccezionali varate il 5 novembre del
1926’’.51
Silone si trova a Parigi quando apprende la brutta notizia dell’arresto del fratello e,
come abbiamo visto, contatta moltissime persone e tra questi anche un funzionario della
polizia che probabilmente già aveva conosciuto in passato; in cambio di informazioni
sulle condizioni di salute del fratello e nell’intento di diminuire le pressioni cui è
sottoposto fornisce informazioni sull’attività del partito comunista. Tali informazioni
sono peraltro di scarso valore, come riconosciuto dagli stessi dirigenti della polizia:
Non è escluso, peraltro, che avesse informato gli altri dirigenti del partito di questa sua
iniziativa; a questo potrebbe riferirsi la testimonianza di Luce D’Eramo di un colloquio
avuto con Umberto Terracini53 e questo spiegherebbe anche il fatto che quando nel
dopoguerra gli esponenti del pci poterono visionare le carte dell’Ovra; questa
spiegazione è anche molto più semplice e lineare di quella data da Galli Della Loggia a
Montanelli sullo stesso argomento:
51
Paese sera, 19 settembre 1954
52
Vacca Alberto., Le false accuse contro Silone p.22
53
Testimonianza di Luce D’Eramo in processo a Silone pp. 133-136. Anche in M.Co., Luce d'Eramo,
l'ultima difesa della spia, Corriere della sera, 8 marzo 2001.
54
Galli Della Loggia Ernesto, Lo storico? Che indaghi su tutto Corriere della sera 5 aprile 2000
38
Questa conferenza e le indiscrezioni di stampa che la precedettero, segnarono l’inizio di
un lungo confronto tra “innocentisti” capeggiati dallo storico Giuseppe Tamburrano e
colpevolisti capeggiati da altri due storici Dario Biocca e Mauro Canali (che stava
conducendo ricerche simili).
Il 7 marzo 1996 il Corriere della sera anticipando il contenuto della relazione che si
sarebbe tenuta alla Standford University con un articolo intitolato “Silone con l’Ovra
per amore del fratello” dava la notizia dei contatti che Silone avrebbe avuto con la
polizia fascista dopo l’arresto del fratello. L’articolista nel riassumere il contenuto dei
documenti scrive:
Il Corriere della Sera del 8 marzo 1996 pubblicò le reazioni di Leo Valiani e Darina
Silone, vedova dello scrittore, che interpellati per un commento sulla notizia negarono
l’autenticità dei documenti.
Per Leo Valiani “sono infiniti gli autentici falsi dell’Ovra” ed inoltre
avendo conosciuto direttamente Silone “mi sento di escludere che egli
possa aver fatto qualsiasi rivelazione all’Ovra in cambio della salvezza
del fratello”. Per Darina Silone “ ho letto all’archivio di Stato tutti i
documenti dell’Ovra riguardanti mio marito e Romolo. Ebbene quei
55
Belardinelli Giovanni., Silone con L’Ovra per amore del fratello, Corriere della sera, 7 marzo 1996
39
documenti sono pieni di calunnie. Così come sono falsi quelli di cui ha
parlato ieri il corriere”.56
Tali reazioni, a botta calda, senza diretta conoscenza dei documenti, sono probabilmente
troppo impulsive ma rappresentano una buona testimonianza dell’atteggiamento e del
pensiero di chi conosceva direttamente lo scrittore.
Una prima osservazione è che entrambi gli esponenti dei due schieramenti accusarono
in più occasioni la stampa di dare poco credito alle proprie tesi e complementarmente
di darne troppo agli avversari.
“Alcuni quotidiani, dopo aver dedicato ampio spazio alla notizia del
ritrovamento, cambiarono opinione definendo l’anticipazione del
Corriere null’altro che un “clamoroso falso scoop” e persino “un
tentativo di assassinio morale”……Sul “Corriere della Sera e l’Unità,
sul Secolo d’Italia e Il Centro – roccaforte dei <<silonisti>>….”57
La polemica riprese nel marzo 1996 con la pubblicazione di un articolo di Dario Biocca
sulla rivista “Nuova storia Contemporanea”; a questo articolo fecero seguito, sempre
pubblicati sulla stessa rivista, un articolo di Mauro Canali e un altro di Biocca nel 1999.
62
56
Messina Dario, Valiani L’antifascista Silone vittima di un falso dell’Ovra, Corriere della sera, 8 marzo
1996
57
Biocca Dario, La fonte amara dell’Ovra, Diario della settimana, 7-13 ottobre 1998, pp. 74-6.
58
Tamburrano Giuseppe., Il caso Silone, p.15
59
Ivi pag. 16
60
Ivi. pag. 19
61
Ivi. pag. 24
62
Biocca Dario“Ignazio Silone e la polizia politica. Storia di un informatore” Nuova Storia
Contemporanea, 3, 1998, pp.67-93; Biocca Dario “ ‘Tranquilli (nell’ombra)’. Ignazio Silone in Francia”,
40
Nell’articolo del 1996 Biocca, oltre a ribadire i contatti di Silone con la polizia fascista
negli anni 1928-30, arriva a ipotizzare una collaborazione di più lunga data partendo da
una frase presente in una lettera del 1929 inviata al commissario Bellone:
Questa frase interpretata letteralmente lascia pensare ad un rapporto tra Silone e Bellone
cominciato nel 1919 (all’epoca lo scrittore aveva 19 anni e il funzionario 48) e proprio
su questa ipotesi lavorarono i due storici cercando di trovare altri documenti che
confermassero questa collaborazione; i risultati di queste ricerche e i documenti
rintracciati furono pubblicati negli articoli del 1999 e quindi in un libro pubblicato a
quattro mani nel 2000. 64
Ovviamente la notizia che uno dei massimi dirigenti del partito comunista era un
informatore della polizia, che Silone aveva avuto rapporti con la polizia già dal 1919 e
che la sua era stata una vera e propria attività spionistica ai danni del partito di cui era
militante prima e dirigente poi, anzi che la sua attività di informatore era iniziata ancor
prima, quando era socialista, era uno scoop e i giornali ci si tuffarono chiedendo pareri e
coinvolgendo numerosi altri intellettuali.
E’ necessario precisare che la lettura dei saggi e del testo non è affatto semplice, come
riconosce lo stesso Tamburrano:
Nuova Storia Contemporanea, 3, 1999, pp.53-76; Canali Mauro “il fiduciario ‘Silvestri’ ”. Ignazio Silone, i
comunisti e la Polizia politica” Nuova Storia Contemporanea, 1, 1999, pp.61-86.
63
Biocca Dario, Ignazio Silone e la polizia politica. Storia di un <<informatore>>, Nuova storia
Contemporanea n. 3 19986 p.82
64
Biocca Dario, Canali Mauro, L’informatore: Silone, i comunisti e la polizia.
41
e distaccata, che sembra seria anche perché – come ho notato – è
corredata di note e irta di riferimenti.”65
Dunque non può stupire che la notizia venga rilanciata come vera da gran parte dei
giornalisti, che non hanno il tempo e probabilmente neppure le competenze per
verificare le fonti, d’altra parte sappiamo che la società dell’informazione coincide
ormai con la società dello spettacolo e molti titoli di articoli sono costruiti per attirare
l’attenzione dei lettori, se poi la notizia si rivela una non notizia, perché allora ridarne
notizia? In questa logica non stupisce che le rivelazioni degli accusatori godessero di
maggiore visibilità mentre gli interventi degli innocentisti passavano un po’ sotto tono.
D’altra parte che notizia è un antifascista che non ha fatto la spia per la polizia fascista?
65
Tamburrano Giuseppe, Processo a Silone, pp.34-35.
66
Fertilio Dario, Silone. Una spia al di sopra di ogni sospetto, Corriere della sera, 1 maggio 1998.
42
Nonostante i “documenti inoppugnabili” c’è chi non crede:
Indro Montanelli:
“Io non ho ancora letto il loro testo. Sono sicuro che la loro denunzia di
un Silone a doppia faccia di perseguitato e di spia sarà basata su
documenti all’apparenza ineccepibile. Ma alla cui veridicità non
crederei nemmeno se Silone, riemergendo dalla tomba, venisse ad
accreditarmela. Pregiudizio, il mio? No, esperienza. Ne ho letti tanti di
documenti, via via che diventavano pubblici. …Financo a riprova del
tradimento di Trotzki (di Trotzki!) si trovarono dei documenti…..Ma
sono disposto ad ammettere anche di più: che Silone avesse rivolto
qualche supplica a Mussolini per alleviare la sorte di suo fratello
Romolo da dieci anni in galera, dove di lì a poco sarebbe morto. E
infine: come mai il Pci, che subito dopo la Liberazione ebbe in mano
tutte le liste e i documenti della polizia segreta fascista, la famigerata
Ovra …..non ne trovò nessuno che inchiodasse il più celebre accreditato
dei suoi transfughi? Ecco perché non credo alla fondatezza di queste
“rivelazioni” nemmeno se venisse Silone a confermarmela…..”67
43
“doppiezza” in cui i comunisti di quegli anni venivano allevati, una
doppiezza da funamboli nel caso di Silone, e spinta al limite estremo.
Proprio questo stato di sdoppiamento psichico e morale avrebbe
prosciugato le sue forze e minato i suoi nervi, al punto di costringerlo al
ricovero in clinica. Non si trattava soltanto di disturbi polmonari come
si era sostenuto, avverte Canali con il supporto di nuovi documenti, ma
forse della sua crescente difficoltà a venire a patti con se stesso.”68
Enzo Siciliano:
Di nuovo Montanelli:
68
Fertilio Dario, Silone la spia che venne da Fontamara, corriere della sera, 25 gennaio 1999
69
Siciliano Enzo., Un romanzo per i revisionisti, La Repubblica, 26 gennaio 1999
44
Aveva solo l’amore della verità, basata sul fiuto e sull’istinto. E sia pure
dopo dieci anni riuscì a farla trionfare. Senza documenti…..”70
Luciano Canfora:
“sul ruolo di Silone nei lunghi anni in cui era al vertice del Pci e, al
contempo, informava la polizia italiana, non vi possono essere dubbi.
Nella disputa, che si stenta a credere che potesse sorgere, intorno
all’importanza dei documenti nella ricerca storica,….”71
Mauro Canali
Il giorno 19 marzo 1999 la fondazione Nenni indice una conferenza stampa per
denunciare delle “incongruità “ nelle ricerche che accompagnavano i documenti:
70
Montanelli Indro, Io non ci credo, Corriere della sera, 2 febbraio 1999
71
Canfora Luciano, Tasca e Silone travolti dalla guerra civile, Corriere della sera, 15 aprile 2000
72
Fiori Simonetta, Montanelli sbagli Silone era una spia, La repubblica, 3 febbraio 1999
45
“Noi avevamo notato delle manipolazioni proprio nelle carte e
decidemmo di denunciarle in una conferenza stampae di annunciare che
avremmo sottoposto i documenti ad una attenta verifica.”73
La conferenza non suscitò grande impressione a giudicare dai resoconti dei giornali
E anche
La rivista “Reset” organizza il 5 marzo 1999 una tavola rotonda per parlare del caso
Silone, gli atti vengono pubblicati nel numero 54 di Maggio-Giugno 1999 insieme ad un
articolo di Argentieri Federigo “il caso Silone”; alla tavola rotonda partecipano oltre a
Dario Biocca e Mauro Canali gli storici Giovanni Sabbatucci e Luciano Zani, Romolo
Tranquilli (figlio di un cugino di Silone) e Vittoriano Esposito, studioso di critica
letteraria, entrambi membri del comitato direttivo del Centro studi Ignazio Silone.
73
Tamburrano Giuseppe, Il “caso” Silone, pag. 20
74
Cianca Mario, “ Lettere manipolate”: la difesa di Silone va all’attacco, Corriere della sera, 20 marzo
1999
75
Fiori Simonetta, L’ultimo atto dal caso Silone, La repubblica, 20 marzo 1999
46
fuor di dubbio che, dal 1919 al 1930 – cioè nel periodo in cui Silone fu
militante e poi dirigente dapprima del Psi, poi del Pcd’I – egli ebbe
rapporti assidui con il funzionario di polizia Guido Bellone…..Quale fu
dunque il motivo? … non è illecito avanzare qualche ipotesi…Troppo
poco, però, si è indagato su Guido Bellone, commissario di polizia
scapolo che viveva con la sorella nel quartiere Nomentano….è da
escludere l’ipotesi che un rapporto ambiguo, con una componente di
plagio da parte del più forte, si fosse venuto a creare tra il funzionario
degli interni ed il giovane inquieto?....”76
Tutto il dibattito appare “schiacciato” dalla forza dei documenti la cui attendibilità non
viene messa in dubbio, si criticano gli interventi non specialistici basati sull’intuito o
sulle sensazioni, il problema è quello eventualmente di approfondire le motivazioni o i
danni che la spia può aver arrecato. Anche i “siloniani” appaiono in difficoltà,
schiacciati anch’essi dalla forza documentale di cui si limitano a indicare qualche
lacuna, preferiscono lamentarsi dei titoli sensazionalistici dei giornali.
76
Argentieri Federigo, Il caso Silone, Reset, n. 54, maggio-giugno 1999, pp. 64-65.
77
Zani Luciano, ibid, p. 66
78
Vittoriano Esposito, ibid, p. 68
47
“…A questo proposito vorrei dire al professor Esposito in modo chiaro
e, se possibile, una volta per tutte, che le prove che silvestri fosse
Ignazio Silone, evidentissime, sono state discusse e verificate in ogni
dettaglio. ..”79
79
Biocca Dario ibid, p. 70
80
Canali Mauro ibid, p. 72.
81
Ivi. p., 73.
82
Zani, Luciano ibid, pp. 73-74.
83
Sabbatucci, Giovanni ibid, p. 75 [Il riferimento è a Enzo Siciliano, Indro Montanelli ed Ennio Carretto
per le posizioni di incredulità da loro sostenute].
48
“…Noi abbiamo seguito la via scientifica, del rigore documentale.
Credo che abbiamo il diritto di essere indignati, di fronte alle posizioni
preconcette espresse da chi rifiuta persino di leggere i risultati del
nostro lavoro. E la cosa è particolarmente grave quando attacchi del
genere ci arrivano dalle pagine della grande stampa….”84
“Il caso Silone non esiste. Anzi, il vero caso Silone è il caso della
stampa che lo ha montato prendendo acriticamente per buone le
rivelazioni di due ricercatori, Biocca e Canali, qualche volta trovandovi
quello che non c’é. ---Arrigo Petacco scrive, sul “resto del Carlino, che,
secondo Canali, Silone ha denunciato anche Gramsci alla polizia
fascista e Enzo Biagi riprende da Petacco la notizia e la butta giù
sull’Espresso. Ovviamente tale rivelazione non è da nessuna parte…..E
invece giornalisti, storici, uomini di cultura non si sono fatti venire
dubbi, quei dubbi che sorgono fortissimi ad una lettura attenta della
ricerca di Biocca e Canali Ignazio Silone vive la vicenda del
fratello come una colpa lacerante. Chiede a qualcuno della polizia
politica, che probabilmente conosceva, di aiutare il fratello in carcere. Il
suo corrispondente si fa sfuggire l’occasione di utilizzare un altissimo
dirigente comunista che fa parte dell’organizzazione clandestina?
Impensabile! E la polizia usa Romolo in carcere per far <<cantare>> il
fratello. Ma Silone si limita mandare dall’estero qualche informazione
generica. Ad un certo punto Silone su rende conto dell’inutilità del suo
tentativo e interrompe il rapporto nell’aprile del 1930….il caso Silone è
il caso della stampa che per pubblicare uno scoop non avverte lo
scrupolo di verificare, controllare, dubitare….il caso Silone …solleva il
problema di come sia fatta l’informazione in Italia.”86
84
Canali, Mauro ibid, p. 78.
85
Tamburrano Giuseppe “Silone, una condanna senza prove, in Reset, luglio-agosto 1999 n.55
86
Ivi pp.88-92.
49
Nel frattempo nel numero 3 della rivista “Nuova storia contemporanea” era stato
pubblicato il nuovo saggio di Biocca in cui la collaborazione di Silone con la polizia
veviva datata a partire dal 1923:
87
Biocca Dario, “Tranquilli(nell’ombra)”: Ignazio Silone in Francia, Nuova storia contemporanea, n. 3,
1999, pp. 57-58.
88
Fiori Simonetta “Silone fatto a pezzi” in “ La repubblica” 1 giugno 1999.
50
negli oltre 10 anni in cui aveva lavorato come fiduciario, cioè come
informatore poliziesco, Silone-Tranquilli …. Le informative …
corrispondono agli spostamenti di Silone per l’Europa. E sembrano la
miglior risposta agli attacchi furibondi lanciati da un ampio fronte che
va da Indro Montanelli a Enzo Siciliano allo storico Tamburrano … “89
Nel 2000 viene pubblicato il testo L’informatore: Silone, i comunisti e la polizia che i
due storici Biocca e Canali scrivono a quattro mani integrando i lavori precedenti con
altri documenti che sembrano confermare l’assunto della collaborazione da lunga data.
“Per motivi sui quali è necessario oggi riflettere, molti hanno negato,
prima ancora di esaminare le carte dell’archivio e i saggi che le
accompagnavano, ogni possibile compromissione o colpa di
Silone…..Eppure sotto il profilo documentario, le carte riprodotte ….non
presentavano anomalie né peculiarità tali da far ritenere potesse
trattarsi di documenti falsi…un documento informativo che dimostrava,
ben oltre ogni ragionevole perplessità, che la corrispondenza era stata
avviata sin da almeno il 1924…..Era perciò necessario….riesaminare i
nuclei narrativi che animarono i primi romanzi svizzeri fino alle celebri
pagine autobiografiche di Uscita di sicurezza…..Qualsiasi discussione
avrebbe comportato esami archivistici accurati…sottoponiamo
all’attenzione degli studiosi e dei lettori... [il] testo delle informative
inviate alla Polizia tra il 1922 e il 1930….Autore delle relazioni, infatti,
è Ignazio Silone…Ci preme ricordare quanto la ricerca era riuscita ad
appurare:
….
89
Chiara Valentini, Una spia, minuto per minuto, L’Espresso, 10 giugno 1999
51
e. la attribuzione è inoltre confermata dalla presenza di Silone in
ciascun luogo di provenienza..”90
90
Biocca Dario, Canali Mauro, L’informatore: Silone i comunisti e la polizia .pp.13-25.
91
Torno Armando “Silone, spia dei fascisti. Un giallo.” Corriere della Sera, 25 marzo 2000
92
Nirenstein Susanna, Silone la spia schiacciata dalle prove, La Repubblica, 29 marzo 2000
52
“ … il “caso Silone” è una catastrofe italiana … un doloroso cimento
della morale italiana del passato prossimo, e soprattutto del presente. …
Un rovello speciale sta nel rapporto personale e pressoché esclusivo che
il Silone “informatore” tenne con quell’alto funzionario di polizia,
Guido Bellone, difficile da spiegare solo in termini di ricatto, o di
interesse …. E tanto meno di doppiezza ideale, cioè di un’impensabile
adesione occulta di Silone , se non al fascismo, all’ordine costituito … le
rivelazioni su Silone sembrano non solo verosimili, ma quasi ovvie e
attese. Le vecchie osservazioni più penetranti dei suoi critici, riflette ora,
sembrano averne intuito quel fondo fangoso e nascosto … Si rilegge
Silone, e si pensa: ma come non essersene accorti, non ha fatto altro che
parlare di questo …”93
“Dopo aver letto attentamente capitolo per capitolo, nota per nota,
documento per documento il tedioso e spesso ambiguissimo libro
“L'informatore: Silone, i comunisti e la polizia”, compilato con
ostentata neutralità rivelatoria da Dario Biocca e Mauro Cianali, devo
dire che tutta questa loro puntigliosa caccia archivistica alla spia mi ha
lasciato quanto mai perplesso e dubbioso. Già Benedetto Croce usava
osservare che ogni ricercatore trova negli archivi soltanto quello che
desidera trovare. … Caratteristica precipua di questi «documenti» é la
loro piattezza, innocuità, genericità, pleonasticità. … Por contro le
«informative» attribuito a Silone dagli autori non sono corto all'altezza
della posiziono sempre più elevala che il giovane dirigente andava
assumendo nelle varie nomenclature comuniste del tempo … si possono
rintracciare nomi di famosi dirigenti komintemisti continuamente
trascritti in forma errata … Silone evidentemente era una curiosa spia
che sapeva bene come, quando e dove proteggere coloro che fingeva di
denunciare … Alla fine dei conti, anche ammesso e non concesso che
Silone fosse stato un informatore, quale profitto o risultato concreto egli
avrebbe mai tratto dalla sua sotterranea attività? … Non s'era ancora
93
Sofri Adriano, Il caso Silone nell’Italia dei delatori, La Repubblica, 15 aprile 2000
53
visto, nella storia dello spionaggio politico, un personaggio così
inutilmente generoso, così futile, così gratuito, e così fallimentare. In
senso tecnico, una nullità assoluta. In senso personale, un francescano
scalzo. Poteva ma essere questo il terroso romanziere di Fontamara e il
lucido memorialista dell’Uscita di sicurezza? Un grafomane svitato, un
demone meschino, intento a scriver vacue lettere anonime a una piccola
questura mediterranea? … “94
94
Bettiza Enzo, Silone, una spia per pettegoli, La Stampa, 15 aprile 2000
95
Bocca Giorgio, L’Espresso, 4 maggio 2000
54
colpevolezza spionistica possa indebolire “ex post” la loro sacrosanta
denuncia dei crimini del comunismo…”96
Sempre nel 2000 la rivista Liberal pubblica, a cura di Canali, un allegato contenente
una raccolta di documenti, trentasei pagine autografe contenenti trentasei distinte
informative, stese a Genova, tra il 21 e il 22 aprile del 1923, da Silone in persona, alla
presenza dello stesso Bellone, che le avrebbe poi inviate al questore di Roma, Cesare
Bertini.
96
Scalfari Eugenio, L’Espresso, 11 maggio 2000
97
Sofri Adriano, Silone confessò nei suoi romanzi, L’Unità, 15 maggio 2000
55
Armando Torno in Corriere della Sera
98
Torno Armando, Ecco le prove: Silone spia della polizia fascista, Corriere della Sera, 17 giugno 2000
99
Fertilo Dario, Silone. In difesa di un povero cristiano, corriere della Sera, 2 settembre 2000
56
Susanna Nirenstein intervista Darina Silone in occasione del convegno internazionale
tenuto a l’Aquila dal 29 aprile al 1 maggio 2001.
100
Nirenstein Susanna, Silone, il lato oscuro di mio marito, Repubblica, 27 aprile 2001
57
secondo la quale arrivano da Silone informative su ogni riunione alla
quale egli partecipa … “101
101
Tamburrano Giuseppe, Processo a Silone, pp. 90-92
102
Tamburrano Giuseppe, Il caso Silone, pag.37
103
Il libro bianco che scagiona Silone, L'Unità, 27 aprile 2001
58
perito che io non so chi sia, ma posso assicurare che tutti i documenti
sono stati da me e dal mio collega Mauro Canali già ampiamente
controllati…”104
104
Gaia Cesare, Il "libro bianco" scagiona Silone, Il Nuovo.it, 28 aprile 2001
105
Silone non era una spia dell'Ovra, una perizia calligrafica lo scagiona, Adnkronos libri, 28 aprile 2001
59
giunte alla polizia: Parigi, Roma, Barcellona, Milano, Berna. Questo
parallelismo non c’é….”106
106
Gravagnuolo Bruno, L'imputato Ignazio Silone è innocente, L'Unità, 28 aprile 2001
107
R.Cult., Silone delatore? Ma le lettere non le scrisse lui, La Gazzetta del Mezzogiorno, 28 aprile 2001
108
P.Co., Silone spia? Il perito nega, la vedova riconosce la grafia, Corriere della sera, 28 aprile 2001
60
“Lo storico Mauro Canali arriva con nuovi documenti su Ignazio Silone.
Ma gli irriducibili difensori dello scrittore gli gridano che sono
spazzatura, cartacce senza valore….Canali… dice di aver trovato negli
Stati Uniti nuovi argomenti in grado di dimostrare la collaborazione
dell’autore di Fontamara con la polizia fascista. Alla fine della seconda
guerra mondiale, gli americani impacchettarono migliaia di documenti e
se li portarono via…c’erano i fascicoli recuperati dall’Alto
Commissario…Quei fascicoli si riferivano a 815 informatori della
polizia…Il numero 73 corrisponde al nome Silvestri, pseudonimo dietro
il quale si nascondeva Silone…La decisione di invitare al convegno
Canali e l’altro cacciatore di documenti, Dario Biocca, ha provocato
lacerazioni fra gli organizzatori….Il problema, secondo lui, (Biocca)
non è trovare una risposta al quiz –spia o non spia?- dal momento che le
carte parlano chiaramente di una forma di collaborazione con la polizia.
Lo sforzo da fare è sbirciare nell’intimo, capire i tormenti di
Silone….Ma i siloniani di ferro...non vogliono sentir ragioni. –Una
vergogna –strilla nel microfono Maria Moscardelli, pronipote di
Silone……Un altro pronipote, Pompeo Tranquilli –fremente di
indignazione- giudica un’offesa …aver invitato Biocca e
Canali….Ancora più accalorato, Francesco Sidoti, docente
universitario, irride Biocca e Canali con insulti e sarcasmi….”109
109
Nese Marco, Silone spia? Vedi il fascicolo 73, alla voce Silvestri. Lo storico Canali torna dagli Stati Uniti
con nuove rivelazioni, gli eredi si ribellano, Corriere della sera, 3 maggio 2001
61
Nenni che sembra aver fatto della guerra ai due studiosi un punto
d’onore e che copre Biocca e Canali di improperi….Il paragone usato
da Tamburrano per definire il lavoro dei due storici è nientemeno quello
di –Vishinskij e i suoi collaboratori che sono riusciti a fabbricare da
piccole tessere il mosaico delle accuse dettagliate (ma false) contro gli
avversari politici di Stalin nei processi di Mosca…..”110
110
Battista Pierluigi, Prove di intimidazione. Tamburrano contro Biocca e Canali. Mentre la vedova
Silone..., Panorama, 16 maggio 2001
62
accuse mossegli e non dimostrate, conservando perciò un’immagine
menomata del suo messaggio e del suo esempio di vita….”111
“Il caso Silone può essere considerato sotto molti profili. Innanzitutto,
un profilo è preminente: i documenti. Quasi tutti quelli che hanno preso
per buona la ricostruzione di Biocca e Canali hanno sottolineato la
sacralità del documento, anzi il documento per eccellenza, il documento
d’archivio, vera pepita aurea, riportata eroicamente alla luce dalle
profonde e tenebrose viscere dell’oblio….Per alcuni ci sarebbero
dunque in campo due opposti schieramenti: quelli che credono nei
documenti e quelli che, -oltre a ogni ragionevolezza, sono pronti a
difendere a oltranza, come un’icona sacra, il ricordo e l’immagine di
integrità che Silone ha saputo costruire”. Il volume di
Tamburrano….sicuramente va oltre questa contrapposizione: è fondato
sui documenti….Le conclusioni di Tamburrano derivano da ricerche in
archivio, lunga ed attenta analisi….In particolare, per Tamburrano:
111
Costi Robinio, Smontate una per una le accuse di collaborazionismo a Ignazio Silone, L'Opinione, 23
giugno 2001
63
5. Alcune insinuazioni mettono in grave dubbio l’imparzialità e la
lealtà della loro ricerca.
112
Sidoti Francesco, Un'investigazione all'italiana: il processo a Silone, Mondo Operaio, luglio 2001
113
Franzinelli Mimmo, Silone non figura nell'elenco ma c'era in un altro quaderno, Corriere della sera.
25 maggio 2002
64
aveva - gestito per un periodo non breve rapporti occulti con le strutture
segrete fasciste -. E’ di nuovo una denuncia senza prove a sostegno di
una tesi precostituita? No, Franzinelli esibisce un dato inoppugnabile:
Silone non appare nella rubrica speciale annotata dai capi della polizia
Bocchini e Senise in cui, come dice, erano inclusi solo gli informatori
operativi negli anni Trenta, perché Silone appariva nella rubrica che
annotava gli spioni del periodo precedente, rubrica distrutta…..Cioé,
siccome Silone non c’è nella rubrica che esiste, quindi c’è nella rubrica
che non esiste. E’ perciò affermato il principio per cui l’assenza da una
rubrica ….esistente dimostra in maniera apodittica la presenza in una
rubrica assente…”114
114
Moscardelli Maria, Il caso Silone, Corriere della sera, 28 maggio 2002
115
Fertilio Dario, Silone in America: come si traduce la parola "revisionista", Corriere della sera, 10 luglio
2002
65
dimostravano che Silone (Secondino Tranquilli) era stato in realtà (sin
dal 1919!) l'informatore di questura "Silvestri", la scoperta compiuta da
alcuni egregi studiosi (Canali ecc.) è stata accolta con duplice
imbarazzo: la destra cosiddetta "intelligente" si è profondamente irritata
e si è attestata sul negazionismo puro e semplice (valga per tutti
Montanelli che ha proclamato: "non ci crederò mai!") mentre i post-
comunisti non hanno neanche osato dire (forse al più mormorare) la
parola che qualunque persona dabbene si aspettava: "Ecco chi era
Silone, il nostro fustigatore "libertario" osannato ad nauseam dagli
anticomunisti di tutte le risme!".
116
Canfora Luciano, Revisionismo diffuso, Calendario del popolo, 2002
66
propri schemi ideologici piuttosto che alle carte. Siamo, tuttavia,
dell'opinione che vi siano cause più profonde che concorrono a ciò. Più
in generale, da diversi anni si è ristretto a sinistra lo spazio per
contributi critici alla storia del ventennio fascista e della Resistenza;
essi vengono in genere misurati in base alla loro complementarietà nei
confronti degli schemi storiografici consolidati; ed è battaglia quando si
insinua tra le anacronistiche ma ancora autorevoli vestali
dell'establishment storiografico ii sospetto che possa trattarsi di
contributi che direttamente o indirettamente servano a legittimare
ideologie avverse… Nella guardia all'ortodossia storiografica si
distingue la rete degli Istituti storici della Resistenza e le varie e
variegate Fondazioni a essi legate, meritori in passato per un'attività di
ricerca che ha dato talvolta ottimi risultati, ma da un decennio in
evidente difficoltà a rinnovare studi e compiti istituzionali. Sul «caso
Silone», mentre la storiografia di sinistra più innovativa ha taciuto, a
dare il tono alla polemica sono stati i rappresentanti dì quella sinistra
storiografica più legata al passato, con il risultato che il dibattito sul
«caso Silone» sembra destinato a rimanere prigioniero di una logica da
scontro frontale dove si tende a valutare le novità storiografiche presenti
in esso col metro della opportunità politica…. Cosa è invece avvenuto in
Italia, dopo il gran baccano sollevato dagli improvvisati difensori
silonisti, e, soprattutto, cosa hanno prodotto nel corso della querelle
quegli ambienti culturali progressisti a cui spettava il compito, per ovvi
motivi, di confrontarsi in profondità con tali novità…… si è consentito in
definitiva che una vicenda di grande rilievo per la storia della nostra
cultura politica e letteraria venisse gestita da Tamburrano, con la
facilmente prevedibile conseguenza della scivolata progressiva nel
grottesco, prima con il ricorso a una perizia calligrafica degli autografi
siloniani da noi pubblicati per liberal nel giugno del 2000, e con
l'affidamento del delicato ruolo di giudice a una tecnica di parte, sui cui
risultati abbiamo preferito tacere per tenerci lontani da un'assai
prevedibile rissa grafologica, e poi con l'entrata in campo di quel tal
Francesco Sidoti, un criminologo tanto a digiuno di storia quanto
67
agguerrito nel turpiloquio, che ha trovato persino ospitalità da parte del
direttore di Mondo Operaio…..”117
117
Canali Mauro, I negazionisti, Liberal, marzo 2003
118
Fiori Simonetta, Così l'esule Silone riceveva i soldi dai servizi americani, la Repubblica 2 aprile 2003
119
Teodori Massimo, Non sparate su Ignazio Silone, esule simbolo dell'anti-totalitarismo, Il Foglio, 10
aprile 2003
68
“Lo facevano per soldi, per avventura, per gusto del doppio gioco.
Qualche volta per motivi ideologici; più spesso perché erano ricattati.
La figura dello scrittore prestato ai servizi segreti si muove in genere tra
le ombre della letteratura anglo- sassone, con casi esemplari come
quello di Graham Greene. Ma anche il mondo culturale italiano del
ventennio fascista rivela angoli oscuri pieni di spie, fiduciari e
confidenti. E quello che sorprende sono le dimensioni….Canali …ora sta
per consegnare al Mulino le bozze di un altro saggio…. Nel saggio ci
sono anche nuovi documenti su Silone…. Ma cosa spingeva gli
intellettuali tra le braccia dell'Ovra e delle altre polizie?.... «Silone,
direi, non era né comunista né un informatore di vocazione. Nel '19 era
stato arrestato e intimorito. Dopo le prime soffiate viene probabilmente
ricattato. Poi aveva spesso bisogno di soldi. Con l'ispettore Bellone si
creò uno strano rapporto di dipendenza, mista a rispetto, simile a quella
che poi verrà chiamata "sindrome di Stoccolma »"120.
“«…..E credo che questo metta la parola fine alla vicenda di Silone
informatore». Secondo la ricostruzione di Canali, Tranquilli cessa di
essere un confidente della polizia fascista nell'aprile del 1930, quando è
in Svizzera. Poche settimane dopo, lascia anche il Partito comunista, va
in terapia da Cari Gustav Jung per curare la sua depressione. E
scrive….Sembra diventato un personaggio di Pirandello, Ignazio Silone.
Una, nessuna, centomila identità. Con carte che continuano ad uscire
dagli archivi. Nome anagrafico Secondino Tranquilli; nome in codice
per la polizia politica, Silvestri, numero: 73. Più tardi arriva il nom de
plume di Ignazio Silone….Tornano anche le carte, messe online nel 2000
dallo storico svizzero Peter Kamber, sulla collaborazione di Silone con l'
Oss, l'Office of Strategie Services, il servizio segreto americano
120
Sindici Fabio, Con Silone, tutti all'Ovra, La Stampa, 14 aprile 2003
69
precursore della Cia. Le utilizza ampiamente Dario Biocca nella sua
nuova biografia dello scrittore….”121
121
Sindici Fabio, Le mille identità dell'informatore Tranquilli, La Stampa, 14 aprile 2003
122
Craveri Piero, L'inquisitore della Spiopoli antifascista, Il Sole 24 Ore, 14 novembre 2004
70
eseguiti da più persone quel nome non c’é. Non credo che vi sia bisogno
di commenti….”123
123
Tamburrano Giuseppe, Sotto l'inchiesta niente, L'Unità, 10 dicembre 2004
124
Franzinelli Mimmo, Così fan tutti, L'Indice, gennaio 2005
71
Supplement e contestata dallo storico Giuseppe Tamburrano, già più
volte intervenuto per difendere lo scrittore abruzzese dalle accuse di
delazione mossegli dagli studiosi Dario Biocca e Mauro Canali.”125
«Tamburrano nega ancora l’evidenza. Per molto tempo lui solo ha avuto
accesso a quelle carte, segretate e custodite presso fa Fondazione Nenni,
di cui è Presidente. Adesso però l’Archivio di Stato ha autorizzato la
loro consultazione e sappiamo che nell’elenco dei confidenti dell’ Ovra
c’è il nome di Silvestri, lo pseudonimo che Silone utilizzava nelle
corrispondenze con la polizia: sono documenti che ora ho pubblicatosi
mio libro. In quanto al Gran giurì... non ha senso: l’autenticità di quegli
scritti è già stata ampiamente dimostrata»…..
«Silone era un informatore della Polizia già quando entrò nel Partito
comunista nel l921. Fornì particolari a volte sconcertanti sui comunisti
in clandestinità mentre proseguiva la sua ascesa fino ai vertici del Pci.
Si fermò solo nel 1930, quando fu sopraffatto dal rimorso per l’arresto
del fratello….»
125
L'ultima ipotesi su Silone: una relazione omosessuale, Corriere della sera, 26 aprile 2005
72
«Non ci fu un motivo. Ce ne furono molti e di natura psicologica prima
che politica. Silone era un orfano, aveva perso i suoi familiari nel
terremoto della Marsica, ed era solo….»
Nelle ultime pagine del libro lei sembra quasi alludere a una relazione
omosessuale.
126
Nirenstein Susanna, Silone il doppio, Repubblica, 29 aprile 2005
73
L’interrogativo si lega al problema che allo storico spetta non solo
ritrovare ma anche valutare i documenti di archivio e inquadrarli
all’interno del quadro complessivo che ne deriva….127
127
Tranfaglia Nicola, Ma un documento non spiega una vita, L'Unità, 11 maggio 2005
74
esaminare le prove e le contestazioni e a dire una parola autorevole,
chiara e definitiva.”128
Il Giornale
128
Tamburrano Giuseppe, I nemici di Silone, L'Unità 11 maggio 2005
129
Biocca Dario, Nessun giurì d'onore, Il Giornale, 18 maggio 2005
75
e calunniosa. Se qualcuno se ne vuole convincere vada all’Archivio
Centrale dello Stato, chieda di consultare le carte del Fondo Nenni e tiri
le conclusioni sull’affidabilità scientifica di chi - per colpa di certa,
tanta stampa che gli ha creduto - ha infangato un grande italiano e la
verità”.130
“… Io non ci credo, e credo che per difendere la sua memoria non ci sia
bisogno di prove. Bastano i suoi libri.”131
“…. Che è accaduto? Perché si è diffusa, con tanta eco sui giornali, una
storiografia che ha fatto della delazione, con compiacimento, e con
inevitabili infortuni, il proprio centro? Rispondere a queste domande, e
leggere tale storiografia come un sintomo, darebbe un contributo,
piccolo forse, ma non inutile, alla comprensione di questi ultimi anni che
abbiamo attraversato. È un tema che qualcuno dovrà pur trattare. E che
mi pare più importante del giurì d’onore proposto da Tamburrano, con i
più nobili intenti, su l’Unità. Quel che colpisce è l‘insistenza ossessiva
sulla «scientificità», termine inadatto alla ricerca storica, ivi compresa
quella fondata sul feticistico assolutismo documentolatrico. Solo nella
trouvaille archivistica, non importa se decontestualizzata, non importa
se non confrontata con altri documenti, parrebbe racchiudersi per
alcuni l ’essenza del Verstehen storiografico. Non è così. Il singolo
130
Tamburrano Giuseppe, Ma io insisto, per Silone è meglio un giurì d'onore, l'Unità, 19 maggio 2005
131
Vassalli Sebastiano, Le infamie su Silone, Corriere della Sera, 1° giugno 2005
76
documento non è mai «scienza». Ma un empirico tassello da trattare con
il massimo di acribia.”132
132
Bongiovanni Bruno, Gli archivi non bastano, L'Unità, 5 giugno 2005
133
Teodori Massimo, Chi riaccusa Silone di spionaggio fu molto ideologo e poco fantasioso, Il Foglio, 18
giugno 2005
77
ha mai manifestato ostilità nei confronti della libera ricerca storica. Il
caso Silone perde i suoi contorni specifici e diventa un banco di prova
per capire se in Italia la storiografia può fare il suo lavoro senza
imbarazzanti intimidazioni”134
“Pochi libri sono stati tanto attesi quanto questa biografia di Dario
Biocca su Silone….Biocca conferma tutto quanto ha sostenuto in
passato, e cioè che dal 1919 al 1930 (e non tra il ’28 e il ’30, come è
accertato) Silone sarebbe stato un informatore della polizia. E qui
nascono i primi problemi, perché in un’opera che viene annunciata
come una “biografia definitiva”, la conferma di una tesi molto discussa
dovrebbe essere accompagnata da una confutazione serrata di chi la
mette in dubbio. Invece Biocca (come già Canali) sceglie un’altra
strada, quella cioè di ignorare sostanzialmente sia le obiezioni
riguardanti la correttezza dell’attribuzione delle fonti da lui utilizzate,
sia le argomentazioni logiche contrarie alla sua ricostruzione dei fatti.
Tamburrano, Granati, Isinelli hanno analizzato tutti i documenti da lui
utilizzati e smontato, l’assunto del suo primo libro? Biocca non si
scompone e ripresenta la sua tesi tale e quale, senza aggiungere, almeno
in nota, alcuna confutazione chiara di quanto sostenuto dai suoi critici
più ostinati, i quali, per altro, sono citati una sola volta, quasi en
passant. Ora, nel lavoro storiografico, ignorare quanto su un argomento
è stato scritto da altri, specie se in polemica diretta, è sempre un errore.
Si può sostenere, cioè, ogni tipo di tesi, purché si accetti di misurarsi
con gli interlocutori che la pensano diversamente; tanto più quando non
si tratta di interpretazione dei fatti, ma della verifica della validità delle
fonti che sono alla base della ricostruzione dei fatti stessi. Purtroppo,
invece, a chi si sia sottoposto alla lettura incrociata delle due tesi (e non
è -si creda - un’operazione agevole), rimane l’impressione che l’autore
134
Battista Pierluigi, Ma i documenti inchiodano Silone, Corriere della sera, 25 giugno 2005
78
di questo ultimo volume abbia deciso di sottrarsi al confronto. E ciò,
inevitabilmente, aumenta, anziché attutire, i dubbi di chi si ponga, senza
preconcetti o pregiudizi, di fronte all’ipotesi di un Silone che per undici
anni si presta al doppio gioco a danno dei partiti (prima il Psi e poi, e
soprattutto, il PCd’I) nei quali milita….”135
135
Soave Sergio, Un silenzio assordante, L'Indice, luglio agosto 2005
79
scoop politico editoriali che spesso provocano solo nuovi schizzi di
fango su grandi scrittori …. ”136
136
Forbice Aldo, Dopo tante accuse infamanti Silone "ha avuto ragione", Quotidiano Nazionale, 20
marzo 2006
80
assumere identità plurime, con un senso del teatro e della recitazione
sociale. … Avendo cercato di far capire queste cose, al convegno
dell’Aquila sono stato aggredito e accusato nello stesso tempo come
fascista e come comunista: ma continuo a credere che, di fronte alla sua
storia passata, ai drammi e agli equivoci che ha attraversato, la sinistra
dovrebbe imparare a ragionare, a guardare senza schermi le
contraddizioni dei comportamenti e la verità dei testi, a far luce sulla
penombra che abbiamo attraversato.”137
137
Ferroni Giulio, Silone, l'opera letteraria come sintomo di ambivalenza tragica, L'Unità, 22 marzo 2006
138
Romano Sergio, Il misterioso caso Silone tra ingenuità e scaltrezze, Corriere della sera, 18 settembre
2008
81
Dario Fertilio in Corriere della Sera
139
Fertilio Dario, Un pò spia e un pò eroe, il Silone "cerchiobottista", Corriere della Sera, 17 novembre
2009
82
Nel 2004 Canali pubblica un volume sulla rete informativa stesa dal regime fascista e
sull’evoluzione dell’apparato poliziesco.140
Nel 2005 viene pubblicato un biografia di Silone142 ne è autore Dario Biocca. Si tratta
di un testo molto ricco di informazioni ma che ricostruisce la biografia dello scrittore
muovendosi lungo la linea dell’attività spionistica già ipotizzata nei lavori precedenti.
Nel 2006 è la volta di un testo di Tamburrano143 che ricostruisce la vicenda a partire dal
1996 ribadendo le tesi “innocentiste” e criticando la biografia pubblicata l’anno
precedente.
Nel 2007 un volume “Silone, la libertà”144 raccoglie una serie di materiali tra cui gli
interventi alla giornata di studio del 18 marzo 2006 a l’Aquila promossa dalla
Fondazione Ignazio Silone, e alcuni saggi tratti da un convegno internazionale svoltosi a
Napoli il 27-28 aprile 2000.
140
Canali Mauro, Le spie del regime, Bologna, Il Mulino, 2004
141
Ivi, pp. 409-414
142
Biocca Dario, Silone. La doppia vita di un italiano, Rizzoli, milano, 2005.
143
Tamburrano Giuseppe, Il «caso» Silone, Utet, Torino, 2006
144
Forbice Aldo (a cura di), Silone, la libertà. Un intellettuale scomodo contro tutti i totalitarismi, Guerini
e Associati, Milano, 2007
83
“… Insomma, Silone non fu mai una spia dell’Ovra, così come ci
vogliono far credere i due ricercatori …”145
Nel 2015 la pubblicazione del testo “False accuse contro Silone”148 riapre e forse
chiude la questione. L’autore analizza le relazioni fiduciarie degli anni 1923-27
attribuite a Silone e le confronta con altre relazioni di altri fiduciari fino a riuscire a
individuarne l’autore in Alfredo Quaglino, un ingegnere che già si sapeva essere un
fiduciario. L’attribuzione è fatta attraverso un’analisi approfondita sia contenutistica che
filologica e grafologica. L’attribuzione permette anche di risolvere il problema dei
“vuoti temporali” che risultavano dalle ipotesi Biocca-Canali, se l’autore è Quaglino,
queste relazioni si inseriscono bene all’interno delle altre da lui spedite, senza soluzione
di continuità.
145
Ivi. p. 25
146
Canali Mauro, Il tradimento . Gramsci, Togliatti e la verità negata, Marsilio, Venezia, 2013
147
Ivi, pp. 55-68.
148
Vacca Alberto, Le false accuse contro Silone, Guerini e Associati, Milano 2015
84
Nell’analisi vengono rilevati anche stili grafici ( per esempio l’utilizzo dei simboli
matematici ½ come abbreviazione per la parola “mezzo” o l’utilizzo di lineette per
separare paragrafi:
Vacca fornisce anche un’altra interpretazione della frase presente nella lettera del 1929
Quello che sembra (ritorno all’uso del condizionale) risultare da tutta la vicenda è che i
due storici si sono “innamorati” della loro ipotesi e hanno continuato a ricercare dati di
conferma invece che concentrarsi a cercare prove invalidanti per verificarne la
consistenza: a volte l’intuito, l’impressione, la sensazione vale più del documento che
va comunque sempre gestito con attenzione.
149
Ivi,p. 108
150
Ivi, p. 60
85
(3) FONTAMARA: LA STORIA LE STESURE E I PERSONAGGI
Fontamara fu scritto in italiano tra il 1930 e il 1931, nelle librerie però comparve
scritto in lingua tedesca e solo due anni più tardi; a questo proposito Silone spiegò che
gli editori non erano convinti del potenziale successo del romanzo, addirittura
Salvemini si dimostrò scettico a stampare il testo in Francia, dove la presenza di
emigrati italiani era più massiccia.
In pochi anni Silone fu travolto dalla fama e da una nuova identità, nel pubblico e nel
privato.
86
Struttura della narrazione
Silone scrive Fontamara con l’idea di un romanzo raccontato da più voci; oltre allo
scrittore esule, che rammenta con nostalgia un tipico villaggio marsicano triste come
‘’un ergastolano’’ appaiono nel racconto tre contadini, arrivati a casa sua dopo un lungo
viaggio dall’Abruzzo, uno alla volta essi raccontano alcune esperienze che hanno
vissuto in ruolo di testimoni.
Silone descrive con una prosa scarna e priva di ornamenti retorici la storia di un
villaggio abruzzese vessato dalla persecuzione fascista., utilizzando uno stile narrativo
ricco di espressione gergali e dialettali; per i cafoni infatti l’italiano ‘’è una lingua
straniera ’’.
Come sottolinea Dario Biocca in ‘’ Silone, la doppia vita di un italiano’’, sono i cafoni i
protagonisti del romanzo, e in un’ ottica più ampia essi possono essere paragonati ai
fellahin, ai peones, insomma a tutti i poveri della terra.
La vita dei cafoni è scandita dallo scorrere delle stagioni, dai debiti, dai soprusi
dell’Impresario, dalla sicurezza che il loro paesino rimarrà sempre uguale, dalla certezza
che tutto rimarrà identico, come da sempre, ad un tratto però tutto cambia.
La famiglia narrante racconta allo scrittore la tragica sorte del villaggio, vogliono
rendere pubblica una vicenda di tale portata.
87
La seconda storia narrata è quella di un imbroglio: i contadini vengono infatti privati ,
senza un motivo preciso, dell’acqua che utilizzano per irrigare i campi, loro unica fonte
di sostentamento; le colture crescono sempre più deboli e la terra si secca ‘’ fino a
morire’’.
Il solo a trarre vantaggio dalla truffa è un affarista senza morale che si arricchisce
sfruttando l’ingenuità dei poveri cafoni; alcuni tra i Fontamaresi più coraggiosi provano
a chiedere consiglio alle figure che percepiscono come riferimenti: preti, avvocati,
generali ma non raggiungono nulla se non l’essere ulteriormente beffati e presi di mira;
in un crescendo di imbrogli i contadini firmano anche un accordo che prevede che nulla
sia modificato per cinque lustri.
Giunto a Roma però Berardo non trova lavoro, viene nuovamente truffato con la scusa
di assunzioni varie. Egli si sforza in ogni modo di darsi da fare, ma poi torna impulsivo
e ribelle, quando gli giunge la notizia da Fontamara di essere un pericoloso sovversivo
senza diritto a un impiego.
Berardo comprende così che il suo destino infausto non gli promette nulla di buono.
Un giorno incontra un cordiale Avezzanese, quest’ultimo gli rivela che la polizia sta
dando la caccia a un tale ‘’Solito Sconosciuto’’ che compie attentati in diverse città,
Berardo viene quindi arrestato da un gruppo di poliziotti che lo accusano di divulgare
88
volantini sovversivi; nonostante le torture e le privazioni che subisce in prigione,
Berardo continua a dichiararsi innocente.
Venuto a sapere della morte dell’amata Elvira, preso dallo sconforto ammette di essere
il Solito Sconosciuto.
In seguito tutto il paese di Fontamara, individuato come covo di ribelli venne distrutto
dalla milizia fascista.
Sul frontespizio di Fontamara Silone volle scrivere una dedica al fratello Romolo.
Le due stesure
Nel 1949 a quasi vent’anni di distanza dalla prima edizione del 1930 Silone apportò
delle modifiche all’opera, infatti a causa del tema sgradito al regime fascista, Fontamara
non fu pubblicato in Italia fino al 1945; la prima edizione uscì in Svizzera in tedesco,
nel 1932, la prima edizione in italiano apparve nel 1934, pubblicata a spese dell'autore a
Parigi.
Solo nel 1945 il romanzo fu pubblicato in Italia dapprima a puntate, con parecchi errori,
su una rivista; Silone continuò a operare grosse modifiche finché nel 1947 uscì, con
altre importanti correzioni, la prima edizione in volume, presso l’ Editore Faro di
Roma., ancora insoddisfatto del testo, alla fine Silone si rivolse a Mondadori, che
stampò il libro con ulteriori correzioni.
Questa travagliata gestazione fu il motivo per cui i lettori italiani accedettero a un testo
pesantemente diverso rispetto alla prima edizione.
Lo stesso Silone nella prefazione all’edizione inglese del 1958 spiega le motivazioni di
tali rifacimenti:
89
caduta del fascismo, devo dire qualcosa delle relazioni tra me e i miei
libri.
La causa di ciò mi diventa palese ogni volta che sono sul punto di finire
un libro.
(…)
Allorché, dunque, alcuni anni più tardi potei tornare nel mio Paese e
dovetti occuparmi della prima stampa di Fontamara presso un editore
italiano, non fu poca la mia sorpresa nel rileggerne il testo.
90
Per riprendere l’immagine del pittore, ridipinsi il quadro da cima a
151
fondo, utilizzando la vecchia tela e cornice.’’
Sullo stesso argomento è anche interessante confrontare quanto scritto in questo passo
di ‘’Vino e Pane’’:
Le differenze:
Nell’edizione del 1930 un intero capitolo è dedicato alla storia di un giovane detto
‘’Eroe di Porta Pia’’, un cafone Fontamarese emigrato a Roma, che si trova arruolato in
una squadra fascista operante una spedizione punitiva a Porta Pia ( da qui il nome),
caduto il regime il giovane viene rimpatriato a Fontamara, dove però nessuno si ricorda
di lui e dei suoi momenti di gloria passata.
Nell’edizione attuale questa vicenda è stata omessa perché a detta di Silone, durante
un’intervista con alcune studentesse americane e l’insegnate Michele Cantarella,153
avrebbe rotto l’unità e il ritmo del racconto proprio nel momento più drammatico.
151
Luce d’Eramo, Op. cit., pp.66 e seguenti
152
Ignazio Silone, Vino e pane p. 21
153
Luce d’Eramo, Op. cit., p.68
91
spiega che correzioni grammaticali di questo genere sono presenti solo nei suoi romanzi
scritti prima della guerra, essi, una volta riletti, gli sembravano troppo ricchi di termini
non più attuali e talvolta addirittura dialettali o comunque sorpassati; caratteristiche non
presenti nei testi scritti dopo la guerra.
Capitolo V: Capitolo V:
La parte sugli stupri commessi dai fascisti E’ riportata solo la triste vicenda toccata
è più ampia. in sorte a Maria Grazia.
Capitolo VI:
Capitolo VI:
Digressioni varie sui cafoni senza terra,
sull’emigrazione, sui partiti e la politica Non risulta nulla di tutto ciò.
locale.
92
Un secondo racconto narra la vicenda Sono anche ridimensionate alcune
dell’Eroe di Porta Pia. opinioni sociali e politiche, dette sempre
dalla vecchia.
Il racconto del giovane è abbastanza lungo Sono riportate solamente alcune frasi
e articolato. sull’unità dei cafoni.
Mentre nel testo del 1930 la moglie della famiglia narrante, Matalè, interviene solo due
volte, nella seconda edizione riveste un ruolo più significativo.
93
Troviamo nel capitolo II:
Poi ancora:
Anche Elvira nella seconda edizione è dotata di una personalità più spiccata, è più
decisa nel manifestare i suoi sentimenti per Berardo e discute addirittura con la madre di
lui.
Nella prima edizione del ’30 la madre di Berardo non era citata, nella seconda edizione
riveste un ruolo drammatico e apprensivo:
‘’E la povera Maria Rosa, sua madre, per salvarlo fece recitare di
nascosto una novena a San Giuseppe da Copertino e vendette due
lenzuola per accendere alcune candele davanti al santo affinché salvasse
suo figlio.’’156
Poi ancora:
Innanzi alla grotta, Maria Rosa filava e cuciva, o aspettava il ritorno del
figlio ch’essa ammirava e vantava con parole poco abituali alle madri.
154
Ignazio Silone, Fontamara , p..27
155
Ivi P.37
156
Ivi P.57
94
Non potendo primeggiare sulla ricchezza, Maria Rosa trovava
157
inevitabile e meritato ch’egli eccellesse almeno nella sventura.’’
Inoltre nell’edizione del 1949 vediamo Elvira che tiene testa anche allo stesso Berardo:
Nel sentire che anche Elvira gli dava torto, Berardo non seppe frenare
un gesto di stizza e stava per dire qualche grosso improperio, ma preferì
andarsene senza neppure salutare.158
Nel complesso rispetto alla prima edizione il sentimento di Berardo per Elvira risulta
rafforzato nonostante egli scelga comunque di emigrare in città, contrariamente alla
volontà della ragazza.
Come osserva Luce d’Eramo159 nei romanzi dell’esilio Silone ha potenziato il ruolo dei
personaggi femminili, se nei primi scritti esse erano totalmente subordinate agli uomini
ora risulta più evidente la loro volontà e spesso il loro ruolo di ‘’stimolatrici’’.
Come già detto la narrazione ruota attorno ai Fontamaresi, sono loro, i poveri braccianti
i personaggi principali il desiderio che anima queste sventurate persone è il bisogno di
rispetto, coloro che capiscono questa necessità li imbrogliano senza scrupoli; altra
caratteristica dei Fontamaresi è inoltre il credere una grande prova di coraggio
157
Ivi P.63
158
Ivi p. 132
159
Op. cit.
95
rispondere ai padroni, peccato che raramente qualcuno trovi il coraggio per farlo e il più
delle volte il popolo offeso si guarda in silenzio, subendo ogni genere di sopruso.
‘’Tu mi hai trascinata qui’’ gridava. ‘’Io non volevo venire, io avevo da
fare a casa, io non ho tempo da perdere fuori casa, a me non piace di far
la bella per le strade del capoluogo’’.
Trovo questo passaggio significativo per dimostrare che l’ignoranza e la mancanza della
coscienza di classe porta a individuare l’avversario nel proprio simile.
Nel romanzo di Silone appare chiaro come ai contadini non pesi tanto la miseria in cui
sono nati e alla quale sono abituati, ma soffrono di più per il disprezzo che suscitano nei
potenti dei quali disprezzano ma al contempo invidiano l’abilità retorica.
160
Ignazio Silone, Fontamara, P.37
96
Troviamo un’ intero villaggio descritto nella sua quotidianità e con una cornice di
personaggi secondari.
‘’A Berardo però in fondo gli volevamo tutti bene. Aveva anche lui i suoi
difetti, specialmente da ubriaco, ma era leale e sincero ed era stato assai
sfortunato, e per questo, di buon cuore, gli auguravamo che potesse
161
rifarsi la terra.’’
Poi ancora:
‘’Tutti i cafoni devono avere fiducia in lui. Devi dirlo a Fontamara: tutti
i cafoni devono avere fiducia in lui. E’ un uomo straordinario. Quello
che gli è successo doveva succedergli. Forse un cafone come lui non
esiste oggi in tutta l’Italia. Devi ripetere queste mie parole a Fontamara.
Dovete fare quello che Berardo vi dirà.’’163
‘’La sua perdizione, la sua rovina, come si è già accennato erano gli
amici; per aiutare un amico egli avrebbe impegnato anche la
camicia’’.164
161
Ivi P.58
162
Ivi, p..132
163
Ivi, p..152
164
Ivi, p.59
97
Anche durante la drammatica prigionia, egli continua a rimanere fedele alle proprie
idee:
Trovo che sia egli il personaggio che più da voce agli umili, a questo proposito è
significativa la frase con cui ne parla sua madre Maria Rosa ‘’Se deve morire impiccato,
non sarà certo per il denaro, ma per l’amicizia’’.166
La sua sete di giustizia è tanta da portarlo più di qualche volta ad avere problemi con la
legge:
Silone insiste molto anche sulla descrizione fisica e sul passato quasi leggendario della
sua famiglia:
Berardo ha tutte le caratteristiche per essere il classico ‘’eroe’’ la forza fisica, la bontà,
la generosità, la volontà di difendere la sua donna dai rivali:
165
Ivi, p.154
166
Ibidem,.59
167
Ivi, p.60
168
Ivi, p.59
98
‘’Quella sera, dopo una lunga assenza, egli rifece anche una breve
apparizione nella cantina di Marietta; ma sfortunatamente vi arrivò
mentre Americo parlava di Elvira, non certo per dirne male, ma,
insomma, ne parlava. Berardo gentilmente, come se si ricordasse di un
affare da regolare, chiamò Americo dentro la cantina, nell’orto; e poco
dopo lo ricondusse dentro che gli sanguinavano un orecchio e la
169
bocca’’.
Il giovane ha tuttavia un passato tragico, che come sottolinea più volte Silone, per i
popolani è presagio di un destino avverso.
Interessante come venga descritta la storia quasi mitica della famiglia Viola:
‘’Quelli che non conoscono o hanno dimenticato questi fatti, ora sono
facilmente ingiusti verso Berardo e preferiscono spiegare il suo destino
rifacendosi alla fine del nonno, il famoso brigante Viola, l’ultimo
171
brigante delle nostre parti giustiziato dai Piemontesi’’.
Emerge quindi questo passato mitico che poi Silone rimarca con l’amara frase:
‘’ Non c’è femmina che possa domarlo. Io lo conosco; sono io che l’ho
fatto. Non è uomo da femmina.’’173
169
Ivi, p..113
170
Ivi, p.113
171
Ivi, p.59
172
Ibidem,p..59
173
Ivi, p..63
99
Nel corso della vicenda Berardo cambia progetti: se un primo momento è determinato a
rimanere a Fontamara, lavorare duramente, farsi giustizia e costruirsi un avvenire poi,
sempre più demoralizzato dall’andazzo delle cose vede nell’emigrazione l’unica via di
riscatto.
Una volta giunto a Roma, Berardo è spaesato, non è più l’eroe senza paura che era a
Fontamara; in una realtà più grande e sconosciuta egli si sente quasi fuori posto:
‘’A Berardo piaceva molto di sedersi sui banchi dei viali dei giardini
pubblici. ‘’Siediti’’ diceva anche a me.’’ Sembra incredibile ma è
gratis.’’ Egli aveva l’abitudine di seguire attentamente i discorsi degli
sconosciuti seduti sul nostro stesso banco o su un banco vicino.
‘’Potrebbe darsi’’ egli mi confidò ‘’ che ad un certo momento sentiamo
da qualcuno dire ‘’Cerco dappertutto un buon terrazziere, robusto,
fidato possibilmente della montagna abruzzese, insomma non uno
175
scansafatiche.’’
174
Ivi, p.136
175
Ivi, p.139
100
‘’Certamente’’ si affrettò a rispondere Berardo che non aveva mai
176
assaporato miele in tutta la sua vita.
Fino al tragico epilogo della vicenda Berardo si comporta da eroe dimostrando fierezza
e lealtà:
Come sostiene Aliberti nel testo ‘’Come leggere Fontamara di Ignazio Silone’’
possiamo anche paragonare Berardo a una specie di ‘’Cristo’’ che si sacrifica per i diritti
del popolo, per la libertà.
176
Ivi, p.142
177
Ivi, p.156
101
quel biglietto che egli non ha rinnegato. Nel cortile della caserma della
milizia di Fossa gli hanno perciò messo in testa un vaso da notte in
luogo di corona. Gli hanno messo una scopa nella mano destra in luogo
di scettro. Quest’è la fraternità gli hanno detto. Gli hanno poi avvolto il
capo in un tappeto rosso raccolto da terra, l’hanno bendato e i militi se
lo spinto a pugni e a calci tra di loro. Quest’è il regno del lavoro gli
hanno detto. Quando è caduto per terra gli hanno camminato di sopra,
pestando coi talloni ferrati. Dopo questo inizio d’istruttoria egli è
vissuto ancora un giorno.’’178
In Fontamara, nel corso della narrazione tutti i ‘cafoni’’ che nei primi capitoli erano
presentati come diversi individui, alla fine sono un unico personaggio: la massa
contadina.
Le vicende individuali si uniscono alla fine in una voce collettiva che esprime
all’unisono l’interesse di tutti.
178
Ignazio Silone, Vino e Pane p. 376
179
Claudio Marabini, Gli anni Sessanta: narrativa e storia, Milano; Rizzoli, 1969 pp. 264-265
102
Giuvà e Matalè , mentre i ricchi sono appellati con riferimenti alla loro professione
(l’Impresario) o al comportamento ambiguo Don Circostanza o Don Carlo Magna.
Nel testo del 1949 la figura di Berardo diventa più complessa articolata e meglio
descritta, appare passionale, forte ma anche per certi versi infantile, come per esempio
nel primo capitolo quando lancia sassi contro i lampioni, viene descritto in modo più
approfondito il suo sentimento per Elvira e il suo modo cavalleresco di amarla.
Nell’edizione del 1930 invece non erano chiari i rapporti che legavano i due giovani,
nella revisione Silone preferisce approfondire la ‘’storia nella storia’’ ovvero la vicenda
amorosa di Berardo e Elvira.
(….)
180
Ignazio Silone, Fontamara, p..126
103
Tra i due non c’era stato altro ma i fontamaresi li consideravano
promessi, e trovavano il fatto assai naturale, poiché Berardo era il
giovane più forte della contrada e Elvira la ragazza più bella. ‘’181
Berardo quindi seppure distante, a Roma, e perlopiù contro il volere di lei pensa ancora
alla sua donna.
‘’Un giorno però che si sparse la notizia che questa era stata chiesta in
moglie dal cantoniere Filippo il Bello, Berardo ebbe un’uscita da toro
infuriato. Corse nella casa di lui, ma non c’era; avuto sentore che
doveva trovarsi nella cava di pietre, vi si recò in tutta fretta e lo sorprese
mentre misurava alcuni mucchi di ghiaia; senza chiedergli neppure
conferma della richiesta presentata ad Elvira, lo prese per il petto e lo
sbatacchiò una decina di volte sul mucchio di ghiaia, come uno straccio
finchè non accorsero altri operai.183
Così Silone modifica la descrizione di Berardo dalla prima alla seconda edizione.
Dura e quadrata come un’incudine, due Quadra, ma aveva gli occhi buoni: aveva
occhiaie enormi come uno spiritato, conservato da adulto gli occhi che aveva
spavaldo, temerario ,impulsivo, manesco, da ragazzo. Era incomprensibile, e persino
181
Ivi, p.64
182
Ivi, p.138
183
Ivi, p..65
104
senza rispetto di Dio, amante del vino, ridicolo, che un uomo di quella forza
prodigo, generoso con gli amici, ma, potesse avere gli occhi e il sorriso di un
volentieri, anche prepotente. fanciullo.
La sua perdizione, la sua rovina, come già
si è accennato, erano gli amici; per aiutare
un amico, egli avrebbe impegnato anche la
camicia.
Nella prima edizione possiamo notare un ritratto più denso di aggettivazione, di Berardo
vengono esaltate la temerarietà ma anche la violenza.
Nel testo del 49 invece la descrizione risulta un po’ moderata, talvolta quasi idealizzata,
come se Silone, consapevole degli sviluppi della vicenda volesse serbarne una gloriosa
memoria.
Nel primo testo sembra più spesso la spavalderia a rendere famoso Berardo,
nell’edizione definitiva invece Silone si concentra di più sulla maturazione del
personaggio ( che nei primi capitoli troviamo intento a dar prove della sua forza ma più
avanti a prevalere è solo la sua sete di giustizia).
Nel testo del 49 c’è anche maggiore introspezione psicologica sui sentimenti di Berardo
per Elvira, aspetto nemmeno citato nel testo del 30.
Per quanto riguarda le similitudini rimane uguale il rapporto tra Berardo e Fontamara: il
villaggio rimane il vero protagonista della vicenda, la storia di Berardo non lo fa passare
in secondo piano ma anzi lo centralizza e rende più compatto.
105
Una volta che paesani apprendono la morte di Berardo si fanno più uniti e capiscono la
necessità di rendere pubblico il sopruso da loro subito.
La figura di Elvira
Se Berardo è l’uomo più forte e robusto del paese, Elvira primeggia tra le donne del
paese per la sua bellezza.
‘’Elvira era la ragazza più bella. Più che bella, bisogna dire che’era
185
gentile e delicata, di statura media, col viso dolce e quieto.’’
Possiamo trovare delle somiglianze tra Elvira e Cristina, ragazza protagonista di Vino e
Pane che viene descritta con queste parole:
184
Ignazio Silone, Fontamara, p.158
185
Ivi, p..64
186
Ibidem, p.64
106
accentuata dalla pettinatura dei capelli nerissimi, spartiti a metà testa,
leggermente ondulati sulle tempie e raccolti sulla nuca in un largo nodo
di minute trecciuole. Il suo viso le sue mani avevano il pallore delle rose
bianche, ma per la luce dei suoi occhi e la grazia del suo sorriso non vi
erano similitudini della natura’’.187
In Fontamara emerge molto chiaramente come Elvira si distacchi dalla massa rumorosa
delle altre donne ponendosi in un ruolo a loro superiore per doti innate.
Dal punto di vista lessicale troviamo una tipizzazione ironica dei personaggi, volta a
esaltare i loro difetti.
Del prete del paese, Don Abbacchio, come anche dei fascisti e dei potenti Silone
sottolinea più volte la codardia, la mancanza d’iniziativa, l’adeguarsi a fare ciò che si
deve fare senza porsi alcun problema:
187
Ignazio Silone, Vino e Pane, p.30
188
Ignazio Silone, Fontamara, p..54
189
Ivi,.p.116
107
qualche altro, di quelli che non erano andati in campagna, muti,
190
immobili, pallidi, rassegnati, come prigionieri di guerra.’’
‘’Trovammo don Achille Pazienza interamente disteso sul letto; egli era
un povero vecchietto catarroso, con una barba di una decina di giorni,
un vestito giallo, delle scarpe di tela bianca, un cappello di paglia sulla
testa, una medaglia di bronzo sul petto e uno stecchino di legno in
bocca, ed in questi paramenti egli si era messo per riceverci. Sotto il
letto si vedeva un vaso pieno di orina. Sulla parete più buia un ritratto
fosforescente, giallo verde, di una testa impressionante sotto la quale
era scritto duce.’’191
Questo ritratto così grottesco e tristemente comico è da interpretare come una forte
critica alla società benestante, che si prende gioco dei poveri, degli umili, di coloro che
non hanno nessuna voce in capitolo e ancora fiduciosi nelle istituzioni sono in cerca di
aiuto da parte di esse.
Le figure femminili
Come già detto il personaggio narrante di Matalè è colei che da voce alle donne di
Fontamara.
Le donne sono descritte spesso in gruppo, come una cornice, non sono però personaggi
marginali, anzi, nel secondo capitolo sono proprio loro a recarsi nel capoluogo per
chiedere spiegazioni.
Rispetto al testo del 1930 compare Maria Rosa, la madre di Berardo, e anche ad Elvira è
assegnato un ruolo più decisivo.
Alla madre di Berardo è assegnato un ruolo particolarmente drammatico, dato che ella si
dimostra sin da principio a conoscenza di quello che sarà il tragico destino del figlio:
190
Ivi,p..96
191
Ivi, p.141
108
‘’ Per la vecchia Maria Rosa la notizia era stata terribile, ma come
prevista. Durante tutta la notte Fontamara risuonò dei suoi lamenti.
‘’Povero figlio mio’’ gridava; ‘’perdonai se ti misi al mondo con un
destino così duro. E che la povera sposa tua mi perdoni, se facendoti la
promessa, decise anche la propria rovina.’’192
E poi nuovamente Maria Rosa si rifà alla tragica vicenda familiare dei Viola:
(…)
Nel corso di tutte le situazioni, inspiegabili ai cafoni, che accadono durante la vicenda
Silone descrive spesso le discussioni che le donne hanno tra loro a causa del nervoso,
della sete o degli stenti.
Potrei affermare che le usa come ‘’specchio’’ per riflettere la realtà sociale:
‘’A Fontamara non c’erano più due famiglie che si parlassero in pace.
Bastavano i pretesti più futili per scatenare violente liti. Le liti
cominciavano durante il giorno tra le donne e i ragazzi e si
riaccendevano alla sera, al ritorno degli uomini.’’194
192
Ivi, p.160
193
Ivi, p.162
194
Ivi,p.117
109
La famiglia narrante
Le straordinarie vicende svoltesi a Fontamara sono narrate da tre voci, tre cafoni
emigrati a Parigi per sfuggire alla dittatura fascista.
I genitori vengono presentati con nomignoli: Giuvà, Matalè che sembrano quasi
esplicitare un rapporto di amicizia e vicinanza.
Le differenze tra le tre voci non sono sempre chiare, ma ciò contribuisce a dare realismo
all’opera; dietro a questa finzione letteraria si cela, da parte di un Silone esiliato in
Svizzera, la volontà di testimoniare la barbarie fascista e di riconfermare il proprio
impegno politico.
Non si può dimenticare però che dietro al pretesto della famiglia narrante, i veri
protagonisti dell’opera sono i ‘’cafoni’’.
195
Giorgio Barberi Squarotti, La narrativa italiana del dopoguerra, Bologna Cappelli 1965 p.113
110
I fascisti
Silone insiste parecchio nella connotazione negativa dei fascisti che distruggono,
rovinano e oltraggiano.
Da un punto di vista visivo appaiono vestiti di nero, come una presenza infausta che si
scaglia sulla valle dipingendola di un colore cupo.
Silone li descrive con ricchezza di aggettivi, sottolinea molto anche il loro carattere vile
contrapposto a quello ‘’dell’eroe buono’’ Berardo.
I fascisti inoltre appaiono compiere azioni si crudeli ma senza saperne bene essi stessi il
motivo.
Importante anche la volontà punitiva dei fascisti, soprattutto contro i deboli e gli
indifesi.
196
Ignazio Silone, Fontamara p. 98
111
l’avevano fatta in nome della legge e alla presenza di un commissario di
197
polizia, e questo non era comprensibile.
Il linguaggio
‘’La ricerca linguistica di Silone consiste nello sforzo, da parte di chi sa,
d’esprimere il proprio passaggio dall’ignoranza alla comprensione.
Più volte Silone afferma che per gli abitanti di Fontamara l’italiano è una lingua
straniera.
197
Ivi, p.106
198
Ivi, p.107
199
Luce d’Eramo, Op. cit., p.45
112
Il critico Giosuè Bonfanti sostiene che tradurre in italiano corretto il linguaggio dei
‘’cafoni’’ sarebbe uno sradicare, un far mancare di autenticità la realtà del luogo e dei
personaggi.
Il cafone, in quanto contadino, umile e non istruito parla in modo colorito e talvolta
dialettale, ciò rappresenta un’innovazione all’epoca di Silone nella quale veniva
apprezzato ciò che era stilisticamente ricercato e semplice da tradurre in altre lingue .
Rivela quindi una coscienza delle cose; apre, sia pur tardi, degli scenari,
mostra dei meccanismi perfidi o ingenui. Ma questa coscienza non è il
tema del racconto, non include il suo dramma, la fase di conquista dei
dati del mondo e delle cose avverse nella conoscenza dei ‘’cafoni’’.
Donde viene, questa coscienza di fatti raccontati che non dovrebbe
diradare l’ignoranza? E che difatti non la dirada in una lotta aspra e
sorda, non delinea le posizioni reciproche in tutta la loro ostilità e nelle
loro stessa unilateralità e insufficienza, perché gli interessati, pur
raccontando e sapendo, per la struttura del racconto è come se non
sapessero; hanno quindi in prestito la coscienza dell’autore, che in loro
diventa inverosimile. ‘’200
Nel 1949 Giacomo Devoto confrontò tale stile con quello del Manzoni che invece
faceva parlare in italiano letterario i popolani.
200
Ivi, p.492
113
strutture linguistiche che erano del tutto estranee al popolo e che ciononostante egli
sottoponeva a un processo accuratissimo e riuscito di costrizione’’.201
Alla sera mi sentivo perciò stanco e avvilito come una bestia. (p.54)
Maria Grazia, sotto di noi urlava come un animale che sta per essere
sgozzato. (p.95)
Berardo aveva ormai una sola idea: emigrare, andare via, lavorare
come una bestia. (p.127)
201
Ivi, p.493
114
Berardo passeggiava in su e in giù per la cella, come un leone in una
gabbia, con passi enormi. (p.152)
Sono poi presenti anche diversi paragoni che si rifanno alla realtà dei fenomeni fisico-
naturali, ciò aumenta l’accezione realistica del romanzo, in questo caso troviamo diversi
termini che si rifanno a un crudo realismo per esempio:
Sulla strada del piano il caldo era come in una fornace. (p.28)
Quando si descrive la triste sorte di Berardo possiamo notare espressioni che si rifanno
a una tradizione religiosa:
La madre gli stava aggrappata a una spalla (..) aggrappata come Maria
al calvario (p.59)
115
caccia spietata che si fa ad essi. Non c’è usignolo, nel dialetto non c’è
neppure la parola per designarlo. (p 9)
La via che dal piano saliva su a Fontamara facendo larghi giri sul dorso
della collina, era anch’essa deserta e silenziosa. (p.90)
Quest’aridità sia paesaggistica sia intesa come aridità sociale e della vita, a mio avviso
descrive con maggiore completezza la durezza della realtà protagonista.
In contrapposizione a questo troviamo anche una ricchezza di aggettivi usati per narrare
l’immobilismo sociale del paese e la geografia della miseria.
Anche in questo caso possiamo notare una similitudine con Pietrasacca, la cittadina in
cui è ambientato Vino e Pane.
Oppure ecco anche come viene descritta Orta, citata ne Il seme sotto la neve.
202
Ignazio Silone, Fontamara, p.4
203
Ignazio Silone, Vino e Pane, p.104
116
All’entrata del paese anche il fango diventa domestico e umano. Il
vicoletto è fiancheggiato da stalle fetide e casucce imputridite, contro le
quali sono addossate mucchi di letame e resti di cucina, spazzatura,
cocci altri rottami, mentre nel mezzo della via, che è costruita a forma di
basto rovesciato, scola un rigagnolo nerastro che trasporta con sé detriti
e disfacimento.204
Parallelamente all’affermazione dello stesso Silone che per i suoi cafoni l’italiano è una
lingua straniera, alcuni critici hanno studiato il suo linguaggio in rapporto alla
traduzione in lingue straniere.
204
Ignazio Silone, Il seme sotto la neve, p.17
205
Luce d’Eramo, Op. cit., p.623
117
Accadde poi che durante l’esilio in Svizzera Silone conobbe persone che conoscevano
l’italiano e apprezzarono Fontamara, tra queste ricordiamo la traduttrice bavarese
Nettrie Sutro che di propria iniziativa decise di tradurre il romanzo in tedesco.
206
Ivi,p.59
118
(4) IL PUNTO DI VISTA POPOLARE
I protagonisti di Fontamara sono i poveri, i cafoni, i contadini, e con essi è protagonista
il loro modo di comunicare e di rivendicare i propri diritti, di consultarsi e discutere;
Silone compie la scelta innovativa di inserire nelle sue opere termini gergali o errori
grammaticali per rendere più autentica la parlata popolare, ovvero lo stile comunicativo,
quella parola che i personaggi usano prima per litigare tra loro, poi per farsi forza e
infine per difendersi.
Lo stile narrativo è semplice e talvolta gergale, non dimentichiamo che per i cafoni
l’italiano è una lingua straniera . Silone avrebbe desiderato scrivere il racconto nel
dialetto del luogo, in modo da renderlo ancora più realistico, ma affinché esso potesse
essere capito da tutti i lettori, è costretto a servirsi dell’italiano, senza ricorrere ad
espressioni troppo tipiche, se non nei nomi propri. La scrittura è costruita su periodi
semplici, priva di riflessioni psicologiche o di accurate descrizioni, che spesso non
vengono espresse con discorsi teorici, ma portando un esempio concreto, proprio come
in una conversazione reale.
207
Luce d’Eramo , Op. cit., p.492
119
neppure lo dice, perché allora ragionerebbe, ma per naturalezza così
208
agisce.’’
‘’ Damià’’ gli gridò Maria Rosa dopo averlo osservato con aperto
disgusto ‘’chi ti ha gettato il malocchio?’’209
Lo scrittore si concentra molto sullo sforzo che i contadini compiono per capire e farsi
capire; il testo di Fontamara è ricchissimo di allusioni al tema dell’equivoco da un punto
di vista sia lessicale sia tematico.
208
Ignazio Silone, Fontamara, p.74
209
Ivi, p.65
210
Ivi, p.121
211
Ivi, p..53
120
come ho detto più volte i contadini ci appaiono come una massa unica, accomunata
dalla medesima situazione economica e sociale.
Ma che dinamiche segue il linguaggio del popolo ? Quali regole? E come sono
considerati essi da chi li vede dal di fuori?
A Fontamara e nei paesi vicini la maggior parte dei cafoni sono piccoli
proprietari o fittavoli o anche le due cose assieme. Il numero dei
senzaterra è scarso. Il cafone senza terra è disprezzato e malvisto da
tutti; perché grazie al basso prezzo della terra, il bracciante che una
volta rimaneva senza terra, veniva giudicato un uomo fiacco stupido e
passivi (…) Se però i tempi erano mutati, il modo di sentire era rimasto
l’antico, e il cafone senza terra era assai disprezzato.213
Ci troviamo di fronte a una situazione di immobilismo sociale e storico, che vede ‘’il
cafone’’ come l’ultimo della terra, ultimo al quale Silone cerca di dare voce, riporto a
questo proposito il commento di Francesco Flora:
212
Ivi, p.98
213
Ivi, p..106.
121
che cosa possano essere romanzi e racconti, spontaneamente ordinati
dalla virtù dell’arte.214
In secondo luogo è necessario precisare che come sottolineato da Luce D’Eramo 215, il
romanzo ruota attorno a tre importanti nuclei tematici: la nozione di parola, il capire e il
parlare.
La parola è un’arma, prima in mano ai potenti, poi al servizio degli umili per
rivendicare giustizia sociale, quando il Solito Sconosciuto suggerisce ai cafoni la stesura
del giornalino, il regime rade al suolo Fontamara, basta una debole protesta da parte di
un paesino di provincia per spaventare ‘’i briganti neri’’, i cafoni perlopiù analfabeti
non sarebbero stati in grado da soli, di reagire in modo così sofisticato, essi però
comprendono grazie alla triste sorte di Berardo che la forza fisica non è il modo che
serve loro per farsi rispettare.
Tutti i rapporti tra i personaggi si giocano sul binomio della spiegazione, e della
comprensione, i cafoni, sono consapevoli della loro ignoranza, il detto ‘’questo ognuno
lo sa’’ nel corso del romanzo è quasi un intercalare.
Essi sono abituati ai soprusi dei potenti e ad essere imbrogliati, tanto da confondere
l’essere istruiti con l’essere intelligenti, ammirano chi possiede una notevole o discreta
214
Francesco Flora, Storia della letteratura italiana, Mondadori Milano 1949 p. 633
215
Luce d’Eramo Ignazio Silone
216
Ignazio Silone, Fontamara , p.163
122
abilità retorica, sono fragili di fronte alla battute e ai motti di spirito, si vergognano
dell’ignoranza che li contraddistingue.
‘’Una volta, quando avevano diritto di voto solo quelli che sapevano
leggere e scrivere, egli (Circostanza) mandò a Fontamara un maestro
che insegnò ai cafoni a scrivere il nome e il cognome di don
Circostanza. I Fontamaresi votavano dunque sempre unanimi per lui,
d’altra parte, anche volendo, essi non avrebbero potuto votare per altri,
perché sapevano scrivere solo quel nome’’.217
A un certo punto del romanzo vediamo il personaggio di Don Abbacchio che si cava
d’impaccio con una battuta.
Quello che pretendono i cafoni è il vedere la propria dignità riconosciuta, o meglio, non
essere calpestati tanto da essere privati del proprio stato di essere umani, non essere
derisi o manovrati dalle istituzioni; essi non si fanno un cruccio della loro povertà ma
piuttosto del disprezzo che essa produce, chi è interessato a manovrarli farà leva su
questo per ingraziarseli; nel corso del testo spesso i cafoni si deridono l’un l’altro
accusandosi di ignoranza. L’autore sottolinea come la povertà intellettuale e l’ingenuità
dei Fontamaresi giochi a loro svantaggio, vengono imbrogliati e non possiedono i mezzi
per difendersi.
217
Ivi, p..44
218
Ivi, p.117
219
Ivi, p.54
123
Percepiscono come una gran prova di coraggio e di personalità il replicare ai signori, il
farsi valere davanti a chi è socialmente più elevato, ma poiché molte volte non ne hanno
il coraggio tacciono e si chiudono in un silenzio di difficile interpretazione.
Riporto, capitolo per capitolo, i dialoghi o le frasi che mi sembrano più significativi per
comprendere sia l’artificio letterario dell’autore, sia il punto di vista popolare dei
personaggi, il loro modo di percepire la realtà e lo sforzo che essi fanno per farsi capire.
CAPITOLO I:
‘’Capimmo subito che era uno di città. Rare parole capivamo di tutto
quello che diceva’’.
A parlare sono gli uomini di legge, mentre i cafoni tacciono e ascoltano sorpresi, non
sono infatti abituati a ricevere visite importanti.
Già da questo incipit emerge la distinzione tra chi è contadino e chi è di grado più
elevato.
220
Ivi, p.16
124
‘’Ma non riuscivamo a capire di che cosa si trattasse.(….) Di tutta la
sua filastrocca non avevo capito dieci parole. Io lo guardai con
indifferenza e neppure gli risposi’’.
Emerge la differenza sociale e intellettuale tra i più potenti che spiegano e i poveri che
non sono nemmeno in grado di capire e si chiudono nel silenzio.
‘’Gli feci dunque capire che non eravamo idioti. Gli feci capire che
avevamo compreso’’
‘’Ma noi eravamo cafoni. Non capivamo tutto da cafoni, cioè a modo
nostro.’’
‘’Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi nulla. Poi ancora
nulla, Poi ancora nulla. Poi vengono i cafoni’’.221
Lungo tutto il romanzo la parola esprime un ruolo molto importante, prima è l’arma dei
ricchi, dei padroni, dei potenti, di coloro che vengono dalla città, poi diventerà anche il
mezzo di ribellione dei poveri.
CAPITOLO II:
221
Ignazio Silone, Fontamara p.17 e seguenti
125
‘’Siamo poveri ma conosciamo le convenienze (…) Come ognuno
capisce’’ (p.25)
Parla Marietta ‘’perché lei sapeva come si parla con le autorità. (p.27)
E’ evidente il tema della disparità sociale, con le autorità si parla in modo diverso da
quello che si usa nel quotidiano.
‘’Ma quella non mi capì. Ad ogni modo non sapevamo più che fare (..) si
guardavano tra loro sbalorditi. (p.30)
Ancora presente il tema della diversa scala sociale tra l’autorità che decide e il povero
contadino sottomesso.
‘’..Non devi credere che siamo poveri perché siamo sfaticati’’. (p.43)
126
CAPITOLO III:
I contadini vengono più volte beffati, giocando sulla loro incapacità di comprendere le
sottigliezze a cui sono sottoposti.
‘’Egli poteva fare da paciere (…) non aveva interessi da spartire con
gli altri cafoni’’. (p.55)
Berardo, il giovane più forte del paese, è l’unico che rifiuta la propria condizione di
cafone. In un primo momento egli cerca in ogni modo la giustizia sociale, in seguito
decide di emigrare.
Emerge ancora in modo prepotente il tema della comprensione e del farsi capire.
‘’L’avvocato dovè capire che la sua vita era legata ad un filo, eppure
cercò di sorridere.’’ (p.57)
Oltre al solito nucleo tematico del capire, emerge ancora come l’avvocato, quindi una
persona con un ruolo sociale più elevato seppur spaventato da Berardo Viola abbia i
mezzi e l’istruzione per togliersi d’impaccio da una situazione sgradevole.
127
La metafora della comprensione viene usata anche per una descrizione paesaggistica.
‘’Quelli che non conoscono o hanno dimenticato questi fatti, ora sono
facilmente ingiusti verso Berardo e preferiscono spiegare il suo destino
rifacendosi alla fine del nonno, il famoso brigante Viola (p.59)’’.
Riconoscimento della parola come arma, in questo caso vana di fronte all’interesse
economico dei padroni.
Nella descrizione del protagonista, Silone attribuisce una notevole importanza al suo
saper essere carismatico e convincete, dote che oltre a quelle fisiche, lo rende l’uomo
più rispettato del paese.
‘’Come puoi pensare che io mi sposi una ragazza con la dote ed io senza
terra?’’ (p.64)
128
Emerge la tematica dell’emigrazione e dell’importanza di avere un possedimento.
Interessante anche notare come le vicende personali della famiglia Viola, vengano
narrate in modo quasi leggendario.
Cosa ne vuoi sapere tu, cafone ignorante e senza terra? La guerra sono i
cafoni che la combattono ma sono le autorità che la dichiarano. Quando
scoppiò l’ultima guerra a Fontamara sapeva qualcuno contro chi fosse?
(p.70)
‘’Ma ci sono state guerre che nessuno ha mai capito contro chi fossero.
Una guerra è talmente complicata che un cafone non potrà mai
capirla.’’ (p.70)
Si denota come i contadini si rivolgano all’unica persona che sembra loro in grado di
comprendere la situazione.
‘’Senza dubbio egli ha mal capito i vostri discorsi, senza dubbio ‘’(p.71)
‘’ <Voi non mi avete capito > disse < oppure scusate fingete di non
avermi capito>.’’ (p72)
129
‘’Ma a Fontamara nessuno sa neppure cosa sia la politica’’ (p.73)
‘’Coi padroni non si ragiona. Tutti i guai dei cafoni vengono dai
ragionamenti. Il cafone è un asino che ragiona. Perciò la nostra vita è
cento volte peggiore di quella degli asini veri, che non ragionano (o,
almeno, fingono di non ragionare)’’ (p.74)
Parla sempre Berardo Viola, possiamo notare come sia chiara la consapevolezza di
essere stati imbrogliati con le parole dai potenti.
‘’L’asino irragionevole porta 70, 90, 100 chili di peso; oltre non ne
porta. (…) Nessun ragionamento lo convince. Nessun discorso lo muove.
Ma il cafone invece ragiona, il cafone può essere persuaso.’’( p.74)
Grazie a questo paragone con la vita contadina Berardo con un ragionamento sottile ma
semplice cerca di risvegliare la consapevolezza dell’imbroglio tra la sua gente.
CAPITOLO IV:
‘’E chi non lo sapeva? Ma sapevamo anche che ai fontamaresi..’’ (p. 77)
130
‘’< E il gagliardetto?> domandammo noi. <Ogni gruppo di contadini
deve assolutamente portare il gagliardetto, dicono le istruzioni da me
ricevute> aggiunse il conducente.
I contadini ignorano cosa sia il gagliardetto e provano vergogna nel vedere la loro
ignoranza così evidente.
Però noi non potevamo ripartire senza aver nulla concluso e senza aver
nulla capito di ciò che era successo (p.83)
Emerge la paura dei contadini di farsi valere e il timore di non essere ascoltati o capiti.
‘’Il malcontento dei cafoni è al colmo. Ma voi siete ignoranti. Voi avete
bisogno di una persona istruita per guidarvi. ‘’(p.87)
Ancora una volta i cafoni vengono fatti sentire inadeguati per farsi voce e far valere i
loro diritti.
131
CAPITOLO V:
Emerge sempre come i Fontamaresi siano pronti a litigare tra loro di fronte ad
avvenimenti estranei per i quali non sanno darsi una risposta.
Con queste scelte lessicali Silone evidenzia come la povera gente non comprende un
avvenimento nuovo ( la mancanza dell’acqua e l’avvento dei fascisti) e cerca di darsi
una risposta.
Nemmeno uno dei più colti riesce a spiegare l’avvenimento, in questo istante più che
mai appare vicino ai contadini.
Tema della complicità tra i paesani che cercano di costruire un legame tra loro.
132
In questo caso i fascisti sono descritti tramite il colore che li contraddistingue, colore
che va ad incupire la brulla vallata, come un’ombra scura.
Se prima Baldissera poteva essersi reso complice con i Fontamaresi adesso vediamo che
riprende subito il suo antico ruolo.
‘’Spiegò l’omino’’(p.100)
Berardo viene sempre citato come la figura di maggiore iniziativa, che fa da guida per
gli altri.
CAPITOLO VI:
‘’Tu sai che non è vero, tu sai che non ho affatto avuto la vita facile’’
(p.105)
133
Parla Berardo; è afflitto e abbattuto per tutte le sventure successe, ma ancora
intenzionato a fare giustizia.
‘’Tu dovresti saperlo hai già tentato un paio di volte e non t’è riuscito’’
(p.105)
Siamo a metà della vicenda, da questo momento in poi i ‘’cafoni’’ perdono sempre più
le loro connotazioni individuali per diventare un’unica ‘’fascia sociale’’ alla ricerca di
giustizia.
‘’Per una persona istruita come Circostanza il conto non era difficile’’
(p.108)
Don Circostanza, essendo un religioso dovrebbe avere a cuore gli interessi dei
contadini, invece di natura vile e interessata, approfitta del loro non saper contare,
imbrogliandoli piuttosto che soccorrendoli.
‘’Sapete voi quali pene rischia colui che trasgredisce simili leggi? Voi
non lo sapete, voi siete ignoranti, ma io lo so. ‘’(p.110)
134
‘’Ogni parola di loro signori, ogni gesto, puzzava di inganno.’’(p122)
‘’Ma nessuno di noi sapeva quanti mesi o quanti anni facessero dieci
lustri’’ (p.123)
CAPITOLO VII:
‘’Non è facile spiegare quello che ciò significava per noi .’’ (p.125)
Da questa frase risulta chiara l’impossibilità da parte dei cafoni di spiegare le loro
sensazioni.
La lotta per la sopravvivenza è l’istinto che spinge i cafoni a dar voce alla loro sete di
giustizia.
‘’Non conosci tutti i torti che l’impresario ci ha fatto? Non vedi che non
ci resta altra via per faci giustizia? Non sai che a Fontamara il prossimo
inverno non avremo da mangiare che i sassi? ‘’(p.131)
135
E’ Scarpone che parla a Berardo. Il giovane però ormai è demotivato e vuole solo
andarsene, non crede più nella possibilità di una giustizia sociale, di una rivincita da
parte di tutti, ora vuole pensare a sè stesso.
Fontamara si ritrova così priva di quel punto di riferimento che aveva sempre trovato in
lui.
CAPITOLO VIII:
136
Emerge ancora una volta il carattere deciso e forte di Berardo, ora egli è animato dalla
volontà di trovare un lavoro e si sforza di mettersi in gioco.
Berardo, consapevole di essere il giovane più rispettato del paese non accetta che
qualcuno possa sfidarlo.
I cafoni sono derisi per la loro ignoranza e addirittura l’impiegato invece che aiutarli si
prende gioco di loro, aumentando di conseguenza il loro disagio.
Ancora una volta, dopo aver girato di ufficio in ufficio, Berardo deve spiegarsi per non
essere frainteso. Ancora una volta non sarà aiutato.
I due Fontamaresi sono stati derubati e ora si ritrovano affamati e beffati, in una
drammatica situazione.
I due sventurati devono anche lasciare l’alloggio. Sono senza soldi e senza lavoro.
137
Il protagonista tuttavia vede sempre in Berardo qualcuno in grado di fornirgli delle
risposte.
Quando la parola diventa un’arma di difesa, gli stessi cafoni non sono in grado di
comprenderne la portata.
CAPITOLO IX:
‘’Ma il cafone? Chi conosce il cafone? C’è mai stato un governo che
abbia conosciuto il cafone? E chi potrà mai tesserare, catalogare,
timbrare, sorvegliare, conoscere tutti i cafoni?’’ (p.154)
Ancora una volta appare chiaro come i cafoni siano talmente poco considerati da essere
emarginati e invisibili agli occhi delle istituzioni.
138
‘’Berardo ogni tanto veniva tratto fuori dalla cella per essere mostrato a
qualche nuovo funzionario che voleva interrogare, o semplicemente
vedere con i propri occhi il cafone, il Solito Sconosciuto.’’ (p.154)
Anche il figlio, narratore di questo capitolo, viene picchiato dalla polizia perché non
viene creduto.
Emerge ancora una volta la violenza gratuita da parte delle istituzioni a spese degli
innocenti.
Egli sarà il cafone che ‘’spingerà’’ tutti gli altri a reagire, grazie al suo sacrificio.
CAPITOLO X:
‘’Quante volte era stato avvertito? Fin da ragazzo gli era stato detto’’
(p.160)
La madre di Berardo si lamenta per la morte del figlio. Crede che il destino tragico che
non ha risparmiato nessun membro della famiglia sia rimasto tale anche per lui.
Più volte nel corso della narrazione emerge il tema del fatalismo e dell’impossibilità di
sottrarsi al proprio destino.
‘’Essi non sanno stare sulle sedie. Nessuno ha mai saputo perché’’
(p.160)
139
Si parla sempre della famiglia di Berardo. La loro intraprendenza in molti casi è causa
della loro rovina.
‘’In principio nessuno aveva potuto capire per quale colpa Elvira avesse
voluto prendere parte a un faticoso pellegrinaggio di penitenza assieme
a Maria Grazia. ‘’(p.161)
Nella seconda edizione del romanzo viene descritta più in dettaglio la personalità di
Elvira, il suo amore per Berardo e le decisioni che compie.
Credo che questo sia uno dei passaggi più significativi del romanzo. I cafoni si
apprestano a scrivere il giornalino che narra le loro sventure.
Ora hanno compreso che la parola può essere un’arma molto potente.
Silone si sofferma su questa comica discussione tra i contadini, che, non conoscendo la
grammatica discutono tra loro anche per questo motivo.
Il narratore è venuto a conoscenza del fatto che Fontamara è stata rasa al suolo e chiede
informazioni sul destino degli abitanti.
‘’Dopo tante pene e tanti lutti, tante lacrime e tante piaghe, tanto odio,
tante ingiustizie e tanta disperazione, che fare?’’ (p.166)
Il racconto si conclude con questa frase; ‘’che fare?’’ è anche il titolo del giornale dei
cafoni.
140
‘’Che fare?’’ è una domanda rivolta al futuro prossimo ma forse Silone, considerata la
sua situazione negli anni in cui scrive il romanzo, pensa anche al celebre scritto di Lenin
in cui il famoso rivoluzionario delineava la sua teoria sull’organizzazione del partito
della rivoluzione.
141
(5) LA VOCE DEGLI UMILI NEGLI ALTRI ROMANZI DI SILONE
Per comprendere in pieno come Silone dia voce ai suoi umili è necessario precisare che
in alcuni casi lo scrittore prende spunto da fatti realmente accaduti o addirittura dalla
sua stessa esperienza di vita, uno dei punti più controversi dalla critica di vari paese su
Silone, riguarda appunto il giudizio sui contadini, ecco cosa scrive Petrocchi in merito:
223
‘’Silone era veramente un uomo che manteneva i segreti e non parlava troppo’’ proprio
come Luca.
222
Luce d’ Eram, Op cit, p.241
223
G. Herling, Op cit, p.11
142
anche se non lo riguardano personalmente, si sconvolge. Nessuno riesce
allora a tenerlo. Non conosce prudenza.224
Il critico Jacques Sorel studia approfonditamente la figura di Pietro Spina, come altri
studiosi, egli vede in Pietro Spina il nuovo idiota di Dostevskij del XX secolo , ma in
più gli trova una sicurezza di scelta nella pazzia, nell’accezione di Erasmo da
Rotterdam, che rende tragico il suo destino. Scrive a questo proposito.
Gli eroi di Silone sono inadattabili alla società corrotta in cui sono
costretti a vivere. Essi rifiutano di piegarsi a una realtà che riprovano,
d’agire in disaccordo con la loro coscienza. Che importa se il loro
atteggiamento è tacciato di follia, dal momento che si giustifica ai loro
occhi. Tale è la disposizione di Pietro Spina, la figura più
indimenticabile dell’opera di Silone. Pietro Spina è il pazzo per
eccellenza. Malato, fuorilegge, braccato dalla polizia fascista,
abbandonato da tutti, s’adoprerà instancabilmente in Pane e Vino per
svegliare lo spirito di resistenza alla dittatura nell’Abruzzo natale.
Fallito in questa temeraria impresa, nondimeno continuerà la lotta
clandestina, questa volta non più in nome d’un partito politico ma
insegnando con l’esempio della propria vita i sentimenti di solidarietà e
di fraternità a dei miserabili cafoni. Quest’apostolato Spina lo adempirà
fino alla consumazione finale, fino al sacrificio di sé per amore del
prossimo. La follia si confonde qui con la redenzione.225
224
Ignazio Silone, Una manciata di more, p.136
225
Luce d’Eramo, Op. cit., p.228
143
Come Fontamara, anche il ‘’ Segreto di Luca’’ è un romanzo ‘’sulla complessità del
semplice’’, i protagonisti sono persone che potrebbero essere realmente esistite, alla
ricerca di un proprio riscatto proprio come i cafoni fontamaresi.
Anche nella Volpe e le Camelie emerge, seppure in modo meno evidente, il tema della
ricerca della giustizia, in questo romanzo però troviamo tutti i personaggi che si battono
per la verità, mentre in Fontamara il romanzo ruota attorno alla figura di Berardo, qui la
voglia di riscatto appartiene a diverse personalità, è propria dell'antifascista svizzero
Daniele, del fascista ferito Cefalù e della stessa Silvia, figlia di Daniele, tutti quanti, con
i loro mezzi cercano di ricostruire la verità, anche in questo romanzo però si
sovrappongono storie diverse, troviamo la storia d’amore di Silvia e Cefalù ma anche
diversi intrighi politici, di sfondo sempre la ricerca di una giustizia che gli umili
protagonisti devono cercare per indizi.
Alcune tematiche, si ripetono nei vari romanzi per esempio sia nel Segreto di Luca che
in Fontamara e nella Volpe e le Camelie è importante il tema della lotta dell'individuo
contro gli ingranaggi del potere, tema che in parte riappare anche ne L'avventura di un
povero cristiano.
Possiamo intendere il carattere autobiografico del Segreto di Luca con due accezioni: è
possibile scorgervi un’autobiografia ‘’storica’’ e una strettamente personale.
Secondo il primo tipo di autobiografia, Silone indossa, nel romanzo, i panni del giovane
Andrea Cipriani, invece il critico Herling riconosce Silone nei panni dell'ergastolano
144
ingiustamente punito, Luca Sabatini, secondo me è più probabile identificare il fratello
nel personaggio di Luca.
La caparbietà di Luca nel mantenere tale il suo segreto, lontano da amici e compaesani
riflette la stessa impenetrabilità dell'autore intesa come riserbo e tendenza e tenere per
sé pensieri e sofferenze.
Riserbo che lo stesso Silone afferma di aver mantenuto nel romanzo autobiografico
Uscita di sicurezza.
Lo scrivere non è stato, e non poteva essere, per me, salvo in qualche
raro momento di grazia, un sereno godimento estetico, ma la penosa
continuazione di una lotta, dopo essermi separato da compagni assai
cari. E le difficoltà con cui sono talvolta alle prese nell'esprimermi, non
provengono certo dall'inosservanza delle famose regole del bello
scrivere, ma da una coscienza che stenta a rimarginare alcune nascoste
ferite, forse inguaribili, e che tuttavia, ostinatamente, esige la propria
integrità. Poiché per essere veri non basta evidentemente essere sinceri.
226
226
Ignazio Silone, Uscita di sicurezza, p.54
145
danno risalto alla nobiltà di Luca Sabatini, il cui valore si misura proprio in relazione
alla paura e codardia dei suoi compaesani.
146
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