Regni Ellenistici
Regni Ellenistici
Regni Ellenistici
1. Alessandro Magno
Cumque illi in terram demissis capitibus tacere perseverarent: Nescio quid, inquit,
in vos inprudens deliqui, quod me ne intueri quidem vultis. In solitudine mihi videor
esse. Nemo respondet, nemo saltem negat. Quos adloquor? quid autem postulo?
Vestram gloriam et magnitudinem vindicamus. Ubi sunt illi, quorum certamen paulo
ante vidi contendentium, qui potissimum vulnerati regis corpus exciperent? Desertus,
destitutus sum, hostibus deditus. (...) Mori praestat quam precario imperatorem esse.
Ite reduces domos! ite deserto rege ovantes! Ego hic aut vobis desperatae victoriae
aut honestae morti locum inveniam.
Allaccorato discorso di Ceno, che a nome dei soldati chiedeva di evitare alla truppa
stanca e provata unulteriore fatica e che aveva provocato nellassemblea una scena
quasi isterica (clamor undique cum ploratu oritur regem, patrem, dominum confusis
appellantibus vocibus ... universa contione effusius flente), Alessandro replica con
un gesto di grande irritazione: si isola nella sua tenda proibendo a chiunque di venire
a cercarlo, e solo dopo due giorni [1] abbandona il progetto di unavanzata per terra,
per accogliere lidea suggerita da Ceno di procedere verso lOceano seguendo il corso
del fiume fino alla foce dellIndo. Alla decisione di Alessandro, che sognava di
estendere il suo dominio fino agli estremi confini del mondo e di dare celebrit a
regioni finora sconosciute (Dabo nobilitatem ignobilibus locis, aperiam cunctis
gentibus terras, quas natura longe submoverat IX 6, 22), contribuiscono per anche
altri fattori. Per quanto la campagna militare allinizio non facesse presagire difficolt
insormontabili (in molti villaggi la popolazione fugge davanti a lui o esce
spontaneamente a rendergli omaggio), col procedere del tempo la resistenza delle
popolazioni locali si era fatta pi rigida, e Alessandro aveva dovuto aprirsi la strada
nella valle dellIndo con difficolt crescente. Alla fine aveva dovuto rendersi conto del
fatto che il terreno che si apriva davanti a lui era ben pi sconfinato di quanto avesse
previsto, e che molte delle supposizioni che erano alla base del suo progetto si erano
rivelate fallaci: aveva pensato [2] che procedendo per quella via sarebbe arrivato in
Africa, alle sorgenti del Nilo (tanto nel Nilo che nellIndo vivono i coccodrilli, e questo
aveva indotto a confondere tra loro i due fiumi, e oltretutto anche la vegetazione
dellIndia ricordava quella dellEgitto), e ora si accorgeva che le cose non stavano in
questi termini. La campagna aveva bisogno di una preparazione pi accurata e di un
apporto di truppe fresche: oltre tutto, cera la concreta possibilit che, approfittando
del prolungarsi della sua assenza, si verificassero moti di ribellione o di sedizione alle
sue spalle. Alessandro aveva esteso la sua conquista fino al fiume Ipasi e aveva
fondato alcune citt (tra cui Alessandria Bucefala, lodierna Jehlum nel Punjab;
Alessandria nel Caucaso, lodierna Bagram, nellHindu-Kush, e altre) e aveva lasciato
lamministrazione del territorio a Poro e Taxila. Desideroso di sapere di pi dellIndia e
della sua cultura, aveva mandato Nearco e Onesicrito a circumnavigare le coste di
quelle regioni sconosciute e altri suoi delegati a raccogliere informazioni sulla
geografia, la storia, le tradizioni dellIndia [3], e si favoleggi anche di suoi incontri e
di suoi rapporti coi sapienti dellIndia, i gimnosofisti [4], e, a detta di Strabone, questo
incontro lasci pi di una traccia sul suo pensiero [5]. La sua decisione di rinunciare
allimpresa era probabilmente solo temporanea (prima di ritirarsi aveva fatto
costruire dodici altari di pietre squadrate alte come torri, per segnare, a
testimonianza dei posteri, lestrema punta est della sua avanzata), ma nel volgere di
pochi mesi sopraggiunse improvvisa la malattia e poi la morte [6].
Indubbiamente linteresse dei Greci nei confronti dellIndia non nasce con Alessandro
Magno [8]. LIndia era per i Greci una terra posta agli estremi confini del mondo, una
terra inaccessibile e dimenticata, una terra abitata da genti di cui si sa poco o nulla (e
quel poco che si sapeva era cos straordinario da invogliare a saperne di pi), eppure
il desiderio di spingersi fino in queste zone e di esportare anche qui la cultura greca
fortemente radicato nellimmaginario collettivo dei Greci, e si esprime nel racconto
mitico di Dioniso, che avrebbe fatto irruzione fino in India sottomettendola. A questa
incursione di Dioniso in India accenna, in tono critico, Arriano [9], chiedendosi quanto
sia compatibile la raffigurazione usuale e prevalentemente pacifica di Dioniso con
questa immagine di dio guerriero, che non avrebbe sottomesso altra popolazione se
non lIndia. Durante il viaggio sia di andata sia di ritorno il dio avrebbe dovuto
affrontare pericoli e sconfiggere numerosi nemici (tra cui le Amazoni, che avevano
tentato di contrastarlo). Anche di Eracle si narrava che avesse compiuto grandi gesta
in India, e uno dei motivi che avevano indotto Alessandro a spingere il pi possibile a
oriente la sua avanzata era proprio il vanto di avere oltrepassato i limiti verso i quali
si erano avventurati personaggi grandi e prediletti come Dioniso ed Eracle.
Questi racconti mitici sintrecciano per con una precisa realt storica, la presenza di
minoranze greche in queste terre lontane anche prima della venuta di Alessandro. Se
quello di Dioniso un mito, realt storica invece lesistenza di Nisa, una citt
situata tra i fiumi Cophen e Indo e abitata da Greci. Il nome, come evidente,
allusivo al mito di Dioniso, dal momento che Nisa era il nome della nutrice del dio:
secondo gli abitanti, Dioniso stesso aveva fondato la citt, e da quel momento essa si
era mantenuta libera e ben governata, e i suoi abitanti autonomi [10]. Nonostante
qualche incertezza e contraddizione, lesistenza di questa citt non pu essere messa
in dubbio. Fondata forse da mercenari greci che avevano seguito Dario in una delle
sue spedizioni, la citt accoglie benevolmente Alessandro, che viene anche
accompagnato a visitare il territorio circostante, dove si conservavano lontani ricordi
della venuta di Dioniso [11]. Ben diverso destino era toccato a unaltra minoranza
greca, quelle dei Branchidi. Questi si vantavano di essere i discendenti di Branco, il
mitico fondatore di un tempio di Apollo nei pressi di Mileto. Al tempo della spedizione
di Serse i loro antenati avevano consegnato s stessi e il tesoro del tempio al re
persiano, rendendosi cos invisi a tutti gli altri Greci. Dopo la sconfitta di Serse, il re
persiano, mostrando una moderazione e un senso umanitario maggiore di quello
dimostrato in circostanze analoghe dagli Alleati dopo la fine della seconda guerra
mondiale, li aveva salvati da una sicura e sanguinosa vendetta portandoli con s
durante la sua ritirata e assegnando loro un villaggio in Sogdiana. Quando Alessandro
li incontr, era gi in uno stadio avanzato il processo di assimilazione ai Persiani,
anche in grazia dei molti matrimoni misti, ma non era venuta meno n la coscienza
della loro origine n la conoscenza della lingua greca. Il loro destino per fu ben
diverso da quello dei Niseni: fattosi accogliere in citt, Alessandro diede corso a una
carneficina che coinvolse praticamente tutta la popolazione, e la citt stessa fu
distrutta: un eccidio che gli valse la riprovazione anche di storici apertamente
benevoli nei suoi confronti, come Plutarco [12].
2. Il regno di Battria.
Con lintento di lasciare persone fidate alla guida delle province lontane, spesso
inquiete (Besso, dopo avere ucciso Dario III, aveva tentato di organizzare un
movimento di resistenza nazionale nella sua satrapia battriana), Alessandro aveva
lasciato la guida della Battria e della Sogdiana a un generale di provenienza
macedone, Filippo. Poco tempo dopo la sua morte, quando la spartizione dellimpero
da lui conquistato fu ratificata col Trattato di Triparadiso (321 a.C.), Filippo fu
trasferito in Partia, e signore di Battria e Sogdiana, dal momento che nessun
macedone intendeva assumere il comando delle regioni pi lontane [13], divenne
Stasanore di Soli [14], uno straniero cipriota, che per, essendo stato un fedele
seguace di Alessandro ed essendosi distinto nelle operazioni svolte in Battriana, gi
conosceva i problemi del territorio. Delle satrapie indiane furono nominati governatori
i re locali Poro e Taxile, mentre al comando delle truppe di stanza nella regione fu
nominato un generale greco di nome Eudemo. Poco sappiamo del regno di Stasanore,
che dovette comunque incontrare il favore delle popolazioni locali. Non conosciamo la
data esatta della sua morte, e forse era gi morto quando, nel 312, Seleuco Nicatore,
dopo avere riconquistato Babilonia, aveva rivendicato il possesso, in quanto
successore di Alessandro, di tutta lAsia. La sostanziale indisponibilit delle regioni
orientali a riconoscere la sovranit di Seleuco era dovuta non soltanto o non tanto a
una scarsa simpatia delle popolazioni locali, quanto soprattutto alla forte presenza
nelle colonie lasciate da Alessandro e nei quadri del governo di Greci, poco propensi a
farsi comandare da un signore macedone. Seleuco doveva procedere a una vera e
propria riconquista della regione, e la lotta fu cos dura, che egli dovette delegare a
suo figlio Antioco il compito di domare quelle terre lontane.
Mentre si svolgevano queste lotte tra i Diadochi, dallaltra parte della collina si stava
profilando un evento di portata rilevante. LIndia, divisa fin allora in una variet di
entit politiche, veniva progressivamente unificata sotto la spinta espansionistica
della dinastia Nanda, che, partendo dal Magadha (nel Nord-Est dellIndia), aveva
assoggettato buona parte dellIndia settentrionale e la governava in modo dispotico.
Nel 322, non sappiamo precisamente in quali circostanze, ma certamente in seguito
a una sollevazione, la dinastia Nanda veniva sostituita dalla dinastia Maurya. Il primo
sovrano della nuova dinastia, Candragupta ( o nelle
fonti greche) [15], un sovrano valoroso e capace, continua lopera dei Nanda, e
giunge alla quasi completa unificazione di tutta lIndia. Alle vicende che portarono
alla sostituzione dei Nanda con la nuova dinastia sembra che non siano stati del tutto
estranei anche i Greci, dal momento che le fonti indiane (e in particolare il
Mdrarkasa), nellenumerazione delle popolazioni straniere che avevano
appoggiato Candragupta, indicano anche gli yavana [16], e viene nominato, tra i
sovrani amici, anche un Parvata, che la usuale denominazione indiana di quel Poro
che era stato lasciato da Alessandro a presidiare i lembi orientali dellimpero, carica
che, a quanto sembra, gli era stata poi riconfermata dal Trattato di Triparadiso.
Sulle circostanze che portarono alla sostituzione dei Nanda coi Maurya abbiamo fonti
storiche (non sempre affidabili) soprattutto di parte greca. La principale fonte indiana
costituita dal dramma di argomento storico Mudrrkasa, del poeta Viakhadatta,
che tardo (tra il VII e il IX secolo [17]), ma pu rifarsi a racconti o tradizioni
contemporanee agli avvenimenti. Trattandosi di un dramma, e non di un resoconto
storico, difficile discernere lelemento propriamente storico dalle aggiunte
drammatiche.
Il dramma in sette atti Mudrrkasa (Rkasa del sigillo, cio sconfitto per mezzo
del sigillo) ha una collocazione un po sui generis nel panorama del teatro indiano. Si
tratta di un dramma dargomento politico. Protagonisti sono da una parte Caakya,
labile ministro di Candragupta (che appare in alcuni passi, ma con un ruolo tutto
sommato marginale), dallaltra Rkasa, il primo ministro del re Nanda ormai
deposto, che rimasto fedele a lui e che si rifugiato allestero, presso il re straniero
Malayaketu; questi vorrebbe vendicare il padre, che stato defraudato della parte di
regno che gli era stata promessa e che stato ucciso per mezzo di una ragazza
avvelenatrice [18]. Caakya, figura pressoch leggendaria del pensiero politico
indiano ( stato trasmesso sotto il suo nome anche un trattato di politica), stato
personalmente offeso dai Nanda e ha giurato eterna inimicizia al deposto sovrano e a
tutti i suoi sostenitori: ha sciolto i capelli in segno di ira e ha promesso con s stesso
che avrebbe nuovamente legato la sua chioma solamente quando la sua collera
sarebbe stata placata dalla fine della sua vendetta. Sarebbe difficile raccontare in
modo riassuntivo i vari espedienti e stratagemmi che Caakya mette in atto per
raggiungere il suo scopo: sono al suo servizio un gran numero di spie infiltrate nel
campo di Rkasa, con una variet di tipi umani, che vanno dal mendicante jaina
allincantatore di serpenti: questi agiscono ognuno allinsaputa dellaltro, senza
conoscersi tra di loro, dando luogo a situazioni complesse, in cui non sempre
agevole per il lettore o lo spettatore seguire il filo degli avvenimenti e capire a che
cosa mira la singola azione di Caakya. Alla fine questi raggiunge il suo scopo, che
quello di creare divisione tra Rkasa e il suo alleato e di convincere lo stesso
Rkasa a cambiare campo, passando dalla parte dei Maurya. Per fare questo si
serve di un sigillo (mudr), che venuto casualmente nelle mani di una delle sue
spie: nel momento in cui aveva lasciato Paaliputra per raggiungere Malayaketu, il
ministro aveva affidato sua moglie e la sua famiglia allamico Candanadsa, potente
capo della corporazione dei gioiellieri. Il sigillo col nome del ministro era caduto a
terra dalle mani smagrite della donna ed era stato raccolto da una delle spie di
Caakya, che se ne era servito sia per fare imprigionare Candanadsa, minacciando
di condannarlo a morte per tradimento (in quanto aveva nascosto e dato rifugio alla
famiglia di un traditore), sia per scrivere una lettera contraffatta, che, letta alla
presenza di Malayaketu, faceva pensare a un raggiro che Rkasa stava ordendo ai
danni dellalleato. Alla fine del dramma il tentativo di invasione di Malayaketu viene
sventato e Rkasa, cacciato da Malayaketu e ormai sconfitto, accetta di passare
dalla parte dellavversario anche per evitare allamico Candanadsa lesecuzione
capitale che era stata ormai approntata. Il dramma di Viakhadatta, come si detto,
un prodotto anomalo: il consueto intreccio di natura amorosa sostituito da un
complesso e spesso intricato gioco di sotterfugi reciproci: a questa oscurit e
complessit si adegua anche lo stile del dramma, la cui lingua inserisce praticamente
a ogni passo allusioni sofisticate, con possibilit di duplice lettura di parole e interi
passaggi. Il lettore pu essere disorientato dalle molte sottigliezze stilistiche e
lessicali, e il continuo riferimento alle arti e alle astuzie della politica, che richiama
spesso argomenti di trattati e di dottrine ormai consolidate [19], non contribuisce
certo n a rendere pi agevole lapproccio dello spettatore comune n a risollevare il
tono complessivo del dramma. Anche lo spazio delle strofe liriche (anchesse
appesantite e rese oscure dalle allusioni e dalle duplicit di lettura di cui si detto)
nel complesso modesto, rispetto alla lunghezza delle parti prosastiche, in cui
unanalisi persino minuziosa degli avvenimenti che si stanno svolgendo e le
spiegazioni, necessariamente particolareggiate, dei fini che si intendono perseguire
spesso rallenta il procedere dellazione del dramma. Ci nonostante, non mancano
pagine di vera poesia. Molto felice la caratterizzazione sia dei due personaggi
fondamentali sia di alcuni personaggi minori, che fanno da contorno nel gioco di
raggiri in cui ciascuno agisce quasi sempre allinsaputa degli altri, e poeticamente
notevole la scena allinizio del sesto atto in cui Rkasa, ormai certo della propria
sconfitta e della necessit di venire a patti con lavversario, rientrato nella capitale di
Candragupta, si sofferma, in un lungo monologo, a meditare sulla propria infelice
vicenda, dando libero sfogo alla propria nostalgia per la vista di tante cose che gli
suscitano tristi reminiscenze di situazioni e persone che ormai non ci sono pi. Per
quanto ognuno dei due sia disponibile a qualsiasi azione, anche delittuosa, pur di
vedere sopraffatto lavversario, lazione si svolge sempre in un atteggiamento di
fondamentale moderazione: lo scopo ultimo di Caakya non leliminazione di
Rkasa, bens la possibilit di costringere il proprio avversario, di cui comunque
riconosce le capacit e la scaltrezza politica, a divenire amico di Candragupta, che
potrebbe cos acquisire un valido e capace collaboratore [20].
Secondo una tradizione riferita da Plutarco [21], Candragupta in giovent aveva visto
Alessandro, e soleva ripetere che questi era stato a un passo dal conquistare tutta
lIndia, perch la popolazione locale, odiando i Nanda, sarebbe stata volentieri dalla
sua parte. La scarsa simpatia degli Indiani per il sovrano pare fosse dovuta, oltre al
carattere brutale del suo dominio, anche al fatto che i Nanda erano di bassa
estrazione sociale: il primo sovrano della dinastia, Mahpadma, che aveva usurpato il
trono Magadha, secondo la tradizione era figlio di una madre di casta dra [22].
Tuttavia anche i Maurya (a quanto apprendiamo sia dal Mudrrkasa sia dalle fonti
occidentali [23]) dovevano essere di estrazione sociale non elevata: ladesione e il
successivo sostegno dato al buddhismo possono essere stati motivati anche dalla
necessit di trovare appoggio contro uneventuale ostilit di parte brahmanica.
Attorno al 305 Seleuco Nicatore rivendic la propriet dei territori indiani che erano
stati ripresi da Candragupta e oltrepass lIndo con un esercito [24]. Non ritenendosi
in grado di affrontare unavventura militare col re indiano, pens che toccasse alla
diplomazia risolvere la questione: strinse con Candragupta un trattato di alleanza col
quale riceveva, in cambio della definitiva rinuncia ai territori perduti, 500 elefanti di
guerra e stringeva un patto matrimoniale, che si inaugurava con la celebrazione delle
nozze tra la figlia di Seleuco e un figlio di Candragupta [25]. Inoltre si rafforzarono i
legami tra le due corti regali, con lo scambio di numerosi doni [26] e con linvio di
alcuni greci (tra cui Megastene) alla corte dei Maurya, perch studiassero la cultura e
il modo di vivere degli Indiani.
Verso il 250, dopo una serie di eventi abbastanza confusi, la Partia e la Battria si
proclamarono regni indipendenti. Liniziativa della ribellione contro il sovrano
seleucide Antioco II fu di un certo Diodoto (Teodoto secondo Giustino, ma la forma
Diodoto assicurata da Strabone e Trogo), che guid la rivolta della Battriana. Nel
frattempo un parto, Arsace, un uomo di incerta origine descritto come un predone,
ma valoroso e capace, approfittando delle voci che davano Antioco sconfitto in un
lontano paese occidentale, si era proclamato signore dellIrcania. Nel momento in cui
Seleuco II Callinico, il nuovo sovrano succeduto ad Antioco II, intervenne per
riprendere possesso del paese, Arsace aveva stretto alleanza con Diodoto II, figlio di
Diodoto, che nel frattempo era morto, e aveva sconfitto e costretto a ritirarsi Seleuco:
secondo alcune fonti addirittura Seleuco sarebbe stato preso prigioniero, ma lunica
cosa certa che fu costretto a sottoscrivere una pace che riconosceva la sovranit di
Arsace sulla regione. Da quellanno i Parti celebrarono con grande solennit il giorno
della ritrovata indipendenza [27]. Gli avvenimenti comunque sono confusi: Strabone
(XI 9, 2 s.) ne d una versione diversa, la stessa cronologia incerta, e secondo
alcuni studiosi moderni Giustino avrebbe confuso due serie di avvenimenti tra loro
distinte : secondo Narain [28] si deve porre attorno al 248-7 la rivolta della Partia
(the Parthian era started in 248-247 B.C.) e attorno al 238 (ma forse qualche anno
dopo) il tentativo di Seleuco II di restaurare il suo dominio sulla Partia. Lunica cosa
che ci interessa in questa sede lo stabilirsi di un regno greco-battriano per opera di
Diodoto I e poi del suo successore Diodoto II, che per primo assunse il titolo regale.
La monetazione indica chiaramente limportanza e la leadership greca su questa
regione. Attorno al 230 (secondo Polibio, o qualche anno pi tardi, secondo Strabone)
Diodoto II viene rovesciato da Eutidemo I, che consolid il suo regno, aggiungendo
probabilmente nuove province e nuovi territori a quelli gi posseduti dal suo
predecessore. I tentativi di riscossa da parte dei Seleucidi non sono per ancora
terminati: nel 208 a.C., Antioco III, dopo una lunga serie di campagne militari che gli
avevano consentito di ridurre allobbiedenza i territori occidentali del suo regno,
continuamente scossi da fremiti di rivolta e di emancipazione, compie un estremo
tentativo di riconquista del regno battriano, sconfiggendo Eutidemo presso il fiume
Ario (oggi Hari Rud) e costringendolo a ritirarsi nella citt fortificata di Bactra. Dopo
un assedio protrattosi per tre anni, i due contendenti, ormai stremati, decidono di
venire a patti: Antioco conclude una pace onorevole per entrambi i contendenti,
simpegna a riconoscere Eutidemo, stringe unalleanza con lui, e d in matrimonio a
sua figlia il figlio di Eutidemo, Demetrio.
3. Aoka.
Nel periodo che corrisponde a questi avvenimenti limpero Maurya raggiunge il suo
apice con Aoka (304-232) [29]. Questi noto soprattutto per la sua piet religiosa e
per limpegno che profuse nel diffondere il buddhismo, ma fu anche uomo dazione di
grandi capacit politiche e militari. La prima fase del suo regno, precedente la
conversione al buddhismo, contrassegnata da un atteggiamento aggressivo e
brutale sia in politica interna sia in politica estera. Aoka giunse al trono nel 272 (ma
lincoronazione vera e propria avvenne nel 268), favorito da una congiura di palazzo,
quando, al peggiorare delle condizioni di salute del padre Bindusra, alcuni ministri
ostili al legittimo erede al trono Suma si rivolsero al principe (che era al momento
lontano, impegnato a domare la sollevazione della citt greco-battriana di Takaila)
e lo convinsero a rientrare nella capitale per assumere il potere. Aoka si lasci
convincere allimpresa, che condusse in maniera spietata, uccidendo Suma e tutti i
fratellastri. Aoka continu la politica espansionistica dei Maurya, giungendo fino a
dominare quasi tutto il subcontinente indiano (con lesclusione dellestrema parte
meridionale dellIndia), gran parte del Bengala, alcune zone della Persia orientale.
Convertitosi poi al buddhismo, profuse innumerevoli energie alla diffusione della
dottrina buddhista non solo nellIndia, ma anche in paesi lontani, mandando anche
monaci buddhisti nelle terre occidentali col compito di predicarvi il dharma. La
conversione al buddhismo sarebbe stata, secondo la tradizione, conseguenza diretta
delle violenze compiute dal sovrano nel primo periodo di regno. In modo particolare
avrebbe influito sul suo animo lesito sanguinoso di un conflitto interno, a cui Aoka
era stato costretto, otto anni dopo la sua incoronazione, per aver ragione di uno dei
suoi fratellastri che si era rifugiato a Kaliga. Poich le popolazioni locali si erano
rifiutate di consegnargli il principe, Aoka decise di intraprendere una guerra e, dopo
alcuni insuccessi iniziali, dovette scendere in campo con tutto il suo esercito,
provocando un eccidio di dimensioni tragiche. Il giorno dopo la fine della guerra
Aoka, camminando tra le migliaia di cadaveri disseminati nel campo di battaglia,
sent il peso della sua colpa e matur la decisione di convertirsi al buddhismo.
Per quanto Aoka non avesse mai inteso rendere il buddhismo religione ufficiale del
suo regno, molte leggi da lui promulgate seguono i principi buddhisti, soprattutto
nellaffermare il rispetto degli anziani, il dovere dellobbedienza ai genitori, il divieto
della caccia e luso di una dieta priva di carni. Di questa legislazione che ha permesso
unampia pratica della piet nel suo regno il sovrano rende conto in una serie di
epigrafi di diversa estensione (alcune particolarmente lunghe, altre molto sintetiche)
che vengono collocate in varie regioni dellIndia. In alcuni di questi editti si ricorda
molto dettagliatamente il fatto che la pratica della piet si diffusa anche tra le
molte popolaioni stanziate entro i confini dellIndia. In un editto in particolare per si
nota con rammarico il fatto che la pratica della religione, buddhista o brahmanica, ha
scarsamente coinvolto i Greci:
Non c paese, ad eccezione dei Greci, dove non esistono queste classi, i brhmaa e
gli asceti. E non c paese in cui non esistano o si sia cessato di avere onore e
adesione a una comunit religiosa (Ed. 13, 9).
Tuttavia lo stesso re fa sapere altrove di avere contribuito a diffondere la dottrina
buddhista anche nei paesi governati dai Greci. Si legge infatti in un altro editto che il
re ha inviato in tutto il regno funzionari della legge religiosa, col compito di verificare
eventuali abusi, e tra le popolazioni coinvolte in questa politica sono esplicitamente
menzionati i Greci (5, 9). In un altro editto Aoka menziona la sua politica sanitaria,
che consistita nel fornire assistenza medica, sia per gli uomini sia per gli animali, in
tutte le parti del suo impero e anche tra i vicini, tra i quali viene ricordato il territorio
di Antioco, re dei Greci, e coloro che abitano nelle vicinanze di questo re Antioco
(2, 1). In un altro editto ancora Aoka mette in rilievo il fatto che la conoscenza della
dottrina buddhista si estesa a grandissima distanza dal suo regno, fino a seimila
yojana dal suo regno, l dove c il re dei Greci di nome Antioco, e ancora pi in l di
Antioco, dove ci sono i re di nome Tolomeo, Antigono, Magas [Magante di Cirene], e
Alessandro (13, 16).
Non solo risultano da vari documenti le iniziative di Aoka volte alla diffusione del
buddhismo in Occidente, ma si deve considerare certo che il buddhismo suscit una
discreta simpatia tra i Greci: sappiamo che nei monasteri buddhisti non mancava la
presenza di greci, e in uno dei documenti che narrano le vicende di Aoka si afferma
che venne inviato nei paesi occidentali col compito di predicare la fede un greco che
aveva assunto il nome di Dhammarakkhita [34]. Che nel mondo greco-ellenistico la
conoscenza del buddhismo si sia mantenuta anche nei secoli successivi provato in
maniera certa sia dal rinvenimento in Egitto di una pietra risalente allepoca dei
Tolomei in cui inciso il dhammacakka [35] sia dagli accenni al buddhismo che si
trovano in autori dellet imperiale, cristiani e pagani, tanto che si ammessa la
presenza di una comunit di buddhisti ad Alessandria dEgitto attorno al II sec. d.C.
Clemente Alessandrino, citando gli influssi delle antiche filosofie straniere sul
pensiero dei Greci, nomina infatti esplicitamente il buddhismo:
Due potenti eserciti invasero lIndia, luno da Nord guidato da Apollodoto, forse
parente di Demetrio, laltro da Ovest guidato da Menandro, uno dei generali di
Demetrio. Non agevole seguire lesatto svolgersi degli avvenimenti, perch le fonti
di parte greco-romana [45] sono confuse e contraddittorie, e quelle di parte indiana
pressoch inesistenti: se si escludono allusioni isolate in opere letterarie, lunico testo
di un certo valore lo Yuga-Pura (Storia delle et), che, risalendo attorno al 250
d.C. [46], comunque lontano centinaia di anni dagli avvenimenti, che peraltro non
vengono riferiti come una narrazione storica, bens prospettati in forma di profezia
[47]. Nonostante il carattere frammentario delle narrazioni, alcuni punti possono
essere fissati con certezza.
d. Dopo otto anni di permanenza in India [51], nel 162 una serie di avvenimenti
obbliga i Greci ad abbandonare Paaliputra. In particolare, Demetrio costretto a
ripiegare e ad abbandonare almeno parte del terreno conquistato [52], in quanto
nella madre patria scoppiata una sollevazione guidata da Eucratide, un generale
ribelle, imparentato forse col sovrano seleucide Antioco IV. Messo sotto assedio da
Demetrio e indebolito dalla necessit di coprire il fianco sinistro dalle possibili
sollevazioni di trib confinanti e ribelli, Eucratide alla fine riesce comunque ad avere
ragione di Demetrio, assume il potere e lo sostituisce anche come re dellIndia [53].
Leffettiva ascesa di Eucratide al potere in India confermata dalla presenza di una
monetazione in cui il nome di Eucratide accompagnato dallepiteto .
Per contro, le armate di Menandro, che operano in unaltra zona dellIndia
(presumibilmente nellarea del Punjab), restano sulle loro posizioni [54].
6. Menandro
Dopo la sua morte, avvenuta, a quanto sembra dalle fonti greche, durante una
campagna militare, diversi capi si disputarono le sue ceneri, che alla fine furono
suddivise e portate in varie localit, dove furono conservate in reliquiari (stpa) e
divennero oggetto di devozione: questo episodio, narrato di passaggio anche da
Plutarco [59], ricorda lanaloga spartizione delle ceneri del Buddha, con conseguente
fondazione di stpa in diverse citt dellIndia. curioso comunque che Plutarco parli
di questo sovrano come di un tal Menandro ( ) e gli attribuisca il
governo della Battriana, quando in realt il suo regno era pi ad oriente di questa
regione: evidentemente in occidente non giungeva che una pallida eco degli
avvenimenti e dei personaggi di quei paesi lontani. Secondo il Milindapaha
Menandro sarebbe divenuto un arhat, cio un discepolo che ha raggiunto la completa
perfezione e meritato il nirva. Quel che certo che, come affermato anche da
altre fonti buddhiste oltre che dallo stesso Milindapaha, durante il regno di
Menandro si assiste a una notevole ripresa del proselitismo buddhista condotto anche
da greci. Secondo una fonte singalese, durante il regno di Menandro il monaco Yona
(Greco) [60] Mahadhammarakkhita sarebbe giunto da Alessandria del Caucaso
insieme a trentamila monaci per la cerimonia di fondazione di un santuario buddhista
[61]. Per quanto la cifra possa apparire esagerata o convenzionale, tutte queste
allusioni dnno una chiara immagine da una parte del diffondersi della dottrina
buddhista tra le minoranze greche dellIndia, dallaltra del mescolarsi sempre pi
profondo delle due tradizioni culturali.
Il Milindapaha, che considerato da alcune scuole buddhiste come una delle opere
pi autorevoli e importanti, secondo per valore solamente ai piaka [62], sembra uno
dei prodotti pi caratteristici di questa interazione tra le due culture. Si tratta di un
dialogo tra il re Menandro e un dotto e venerabile monaco buddhista, Ngasena,
reincarnazione di un altro pio e famoso monaco, Mahsena, che, ormai giunto al
termine del suo cammino di purificazione, gi si trovava nel cielo dei deva e riceve
dal capo dei deva Sakka lordine esplicito di ritornare sulla terra, perch lui soltanto
avrebbe potuto essere adatto a un compito cos impegnativo, adeguato maestro di
uno scolaro tanto illustre e tanto desideroso di apprendere: Menandro desidera
conoscere in modo pi approfondito la dottrina buddhista, e il monaco risponde in
modo circostanziato alle sue domande. Il re appare instancabile e desideroso
continuamente di approfondire, e ogni nuova domanda loccasione per chiarire e
precisare il contenuto della precedente risposta. Il contenuto dellopera
completamente pervaso dallo spirito dellIndia, ma la forma dialogica ha indotto
qualche studioso a richiamare Platone [63].
Nella sua redazione attuale il Milindapaha consta di sette libri, ma vari indizi
inducono a credere che solamente i primi tre [64] siano da considerare antichi: i libri
4-7 sembrano unaggiunta posteriore. Infatti, oltre al fatto che i libri 4-7 appaiono da
una punto di vista stilistico pi scadenti, stato notato anche che, mentre i primi libri
dibattono questioni di primaria importanza per chi vuole avvicinarsi alla dottrina,
buddhista, gli ultimi libri hanno un contenuto apologetico. significativo che le due
antiche versioni in cinese (peraltro di diversa estensione e con alcune differenze
rispetto alloriginale indiano) conoscano solamente i primi tre libri. Circa la data di
composizione, un sicuro termine ante quem il IV sec. d.C., quando il Milindapaha
citato in autorevoli testi e commenti buddhisti. Ma probabile che lopera sia stata
redatta in unepoca non molto posteriore alla morte di Menandro.
Dopo la morte di Menandro, avvenuta attorno al 130, le vicende del regno indo-greco
sono avvolte da una nebbia che non consente di discernere in modo netto personaggi
e avvenimenti. Pressoch assenti le fonti di parte greca o greco-romana (del tutto
indifferenti alle vicende di questarea remota dove pure si svolge un episodio
importante della cultura greco-ellenistica), inesistenti, come di consueto, le fonti
storiche indiane, i dati principali ci vengono o da scarni accenni delle cronache cinesi
[69] o da documenti di prima mano, ma sporadici e difficili da utilizzare, in assenza di
narrazioni dirette degli avvenimenti, come le iscrizioni e le monete. Possiamo
riassumere molto sinteticamente i dati di fatto sicuri nei seguenti punti:
b. Attorno al 125 gli Sciti prima e gli Yue-zhi poi penetrarono in Battriana e uccisero il
re Eliocle, ponendo virtualmente fine al regno greco-battriano, anche se, a quanto
sembra, un ultimo brandello di territorio nella parte meridionale rimase ancora per
qualche tempo sotto il dominio di un re Eucratide II, del quale si hanno alcune
monete con la scritta . Per contro il regno indo-greco, sia pure con
unestensione pi ridotta, frammentato tra pi sovrani e con alterne vicende di
perdite e riconquiste di territori (ad esempio, attorno al 70 a.C. con Apollodoto II la
perdita dei territori occidentali del regno sarebbe stata compensata da una
espansione in Oriente, con la conquista del Punjab orientale), resistette per pi di un
secolo, fin dopo linizio dellera cristiana. Nel frattempo Sciti e Yue-zhi allargavano i
loro domini verso Sud, fino a costituire due regni sulle coste occidentali dellIndia, e
da qui, nel corso di alcuni secoli, partono poi alla conquista dellIndia settentrionale.
e. Le monete con raffigurazioni ispirate alla cultura e alla religione greca presentano
tipi diversi. Seguendo la classificazione di Narain [70] avremmo cinque tipi
fondamentali:
Vi sono anche monete che non rientrano nei tipi descritti: p.es. Diomede, che fu re
della Paropomaside attorno al 95-90 a.C., predilige la raffigurazione dei Dioscuri.
Accanto alle tradizionali monete rotonde di tipo greco, sono coniate anche monete
quadrate. La maggior parte delle monete presentano scritte bilingui (greco e
pracrito). Nel complesso, sembra che nel prosieguo del regno indo-greco si assista a
una progressiva indianizzazione delle monete [71].
Sulla base di questi elementi [72] gli studiosi hanno tentato di disegnare un quadro
storico, che per tutto da verificare e presenta lacune e incertezze.
Con la fine del regno indo-greco non cessa n la presenza di minoranze greche in
India n la circolazione di elementi di cultura greco-ellenistica in quella lontana
regione. Le citt popolate da Greci, che si amministravano con un ordinamento simile
a quello delle poleis, preservarono almeno per qualche tempo la loro autonomia, e si
continu a parlare in greco almeno per un breve periodo [73]. Il Periplo del mar
Rosso, unopera di interesse geografico databile attorno al I sec. d.C., che
descrive luoghi che si trovano nella rotta dal mar Rosso al golfo Persico e allOceano
indiano, afferma che ai suoi tempi ancora circolavano a Barigaza [74] dracme greche,
ricordo della campagna indiana di Alessandro e poi dei re che dopo di lui avevano
regnato in India, Apollodoto e Menandro [75]. Anche le monete dei regni indiani o
indo-parti che si collocarono sui territori dello scomparso regno indo-greco
continuarono ancora per qualche tempo ad avere sulle monete scritte in greco (non
di rado con errori di grammatica) o almeno dei monogrammi greci [76].
Dal meridarca Teodoro stata stabilita questa reliquia del beato akyamuni per il
benessere del popolo [80].
Con lavvento del Cristianesimo possibile che sia iniziata una nuova epoca di
rapporti tra il mondo occidentale e lIndia. Una diffusa tradizione parla
dellevangelizzazione dellIndia da parte dellapostolo Tommaso: in realt n le fonti
neotestamentarie n le fonti storiche immediatamente successive dnno indicazioni
che possano in qualche modo confermare questa notizia. Secondo Eusebio (Hist.
eccles. III 1, 1) Tommaso predic il Vangelo in Siria e in Persia, ma non vi sono notizie
circa una sua predicazione in zone pi orientali. per probabile che fossero sorte
comunit cristiane in India, grazie allattivit evangelizzatrice dei cristiani presenti in
medio Oriente e nellarea dellimpero persiano, come mostrerebbero alcune antiche
iscrizioni in pahlavi ritrovate in India [84]. La predicazione di Tommaso in India
narrata da un libro apocrifo, pervenutoci in una redazione greca e in una siriaca, gli
Acta Thomae, un testo di origine gnostica: bench lammassarsi di elementi
fantastici, come in tutti gli apocrifi, rendano ogni parola del libro sospetta e
inutilizzabile per la ricostruzione storica, la narrazione propone una buona
conoscenza di luoghi e di personaggu, cos da rendere proponibile lipotesi che nei
primi secoli dellera cristiana vi fosse una presenza, pi o meno estesa, di comunit
cristiane nellIndia settentrionale. A questa origine difficilmente pu essere riportata
la cosiddetta Chiesa di Malabar [85] (nonostante il titolo di Figli di San Tommaso
con cui gli amano chiamarsi i cristiani nella zona che va dallIraq allIndia), perch di
fatto la sua origine non sembra anteriore al VI secolo.
Gli Acta Thomae sono, nella redazione greca, una narrazione di non grande
estensione (171 capitoli): la sua redazione pu essere collocata, secondo gli studiosi,
in Siria attorno al 220 d.C.: alcuni (Harnack) fanno anche il nome preciso di
Bardesane come autore del testo. Il libro comincia con la narrazione dellestrazione a
sorte con cui gli Apostoli si erano suddivisi le zone del mondo in cui portare la
predicazione del Vangelo. A Tommaso era toccata lIndia, ma lapostolo dichiara la
sua inferiorit rispetto a un simile compito e rinuncia ad andare, nonostante che la
notte seguente gli fosse apparso in sogno Ges stesso che lo invitava ad andare in
India. Nel frattempo per si trovava in Gerusalemme un certo Abbane, inviato del re
Gundaforo (in realt Gondophares o forse Gundophernes [86], il primo re della
dinastia indo-partica che regn su un vasto territorio dellIndia settentrionale,
dallHimalaya fino al Balucistan e al Sindh, in un periodo circa dal 21 al 47 d.C.), che
era stato inviato per procurare un falegname. Mentre si trovava nella piazza della
citt allora del mezzogiorno il Signore si avvicin a lui e, indicandogli Tommaso che si
trovava poco discosto, stabil con lui un contratto che poneva Tommaso al suo
servizio [87]. I due partono alla volta dellIndia e giungono ad Andrapoli, dove stanno
svolgendosi le nozze della figlia del re: ma in conseguenza di una serie di
avvenimenti Tommaso alla fine esorta la figlia del re a rimanere vergine. In sguito
Tommaso giunge da Gundaphoros e attende alla costruzione del palazzo regale, ma
usa il denaro datogli dal re per aiutare i poveri. Il re lo fa imprigionare, ma Tommaso
fugge miracolosamente, e gli avvenimenti che si susseguono sono talmente
prodigiosi, che il re decide di convertirsi al Cristianesimo. Nella parte successiva del
testo Tommaso si reca nella citt del re Misdai e ne converte la moglie Terza, poi il
racconto prosegue con un dispiegamento di fatti soprannaturali e di creature
romanzesche (draghi e asini selvatici), fino alla conclusione in cui lapostolo subisce il
martirio.
1. Le arti figurative.
Nelle arti figurative gli influssi culturali sono numerosi e agiscono in entrambe le
direzioni: vi sono monete greche in cui compaiono in modo sempre pi palese influssi
indiani (generalmente buddhisti) e vi sono opere darte indiane in cui compaiono
influssi greci o addirittura sono raffigurate divinit o personaggi mitici della Grecia. Si
tratta di fatti ben noti, sui quali lindagine degli studiosi occidentali si esercitata in
profondit fin dalla fine del XIX secolo e sui quali esiste una bibliografia abbondante.
Non entreremo dunque nel merito del discorso, accontentandoci di qualche scarna
indicazione.
b. Influssi greci. Le prime statue del Buddha non sono anteriori al II-I sec. a.C. (in
precedenza larte buddhista si limitava a rappresentazioni simboliche e non
antropomorfe), e vari indizi fanno pensare alla presenza di influs si della statuaria
greco-ellenistica. Una tradizione buddhistica cinese afferma che la prima statua del
Buddha venne creata nel 43 a.C. a Paaliputra per iniziativa di Ngasena: si tratta del
famoso Buddha di smeraldo oggi conservato a Bangkok [88]. Poich Ngasena
presentato come il maestro che convert Menandro al buddhismo nel Milindapaha,
abbastanza facile concludere che nellambito del regno indo-greco si dovette
sviluppare una tendenza artistica che spinse a rappresentare il Buddha secondo gli
stilemi propri della cultura ellenistica. Secondo V. Pisani, che aveva proposto di
vedere in rappresentazioni indiane di Apsaras (le ninfe celesti della religione
brahmanica), un adattamento o una continuazione del Ganimede di Leocare, la
regione indiana del Gandhra offre lo spettacolo di una scultura ellenistica soltanto
lievemente indianizzata [89]. Come conferma Tarn [90], il Gandhra a kind of
new Hellas [91].
2. Scienze.
Secondo la prassi corrente di mitizzare lorigine dei fatti umani, si disse che la scienza
astronomica fu rivelata dal Sole stesso agli Yavana (...), quando questo dio, esule del
cielo, sera rifugiato in Romakaputra la citt dei Romani [92]. Come si vede, anche
la mitizzazione della vicenda non esclude comunque una priorit dei Greci
nellinvenzione di questa scienza.
3. Letteratura
Se il debito dellIndia nei confronti del mondo occidentale facile da definire quando
si parla dellarte e delle osservazioni scientifiche, assai pi problematico da precisare
linflusso che le lettere greche possono avere avuto sullo sviluppo della letteratura
indiana.
E stato notato [93] che alcuni termini indicanti il materiale scrittorio sono prestiti
greci (mala inchiostro < gr. , kalama penna < gr. canna), il che
starebbe a indicare un prestigio della lingua greca (e quindi della cultura greca) in
questo particolare settore del lessico.
Ma, pi che questi aspetti, importanti, ma pur sempre esterni rispetto alle vicende
dello sviluppo culturale di una nazione, degno di considerazione il momento storico
in cui i rapporti tra Grecia e India si fecero pi stretti e sistematici. Attorno al IV
secolo la cultura indiana si sta preparando a un cambiamento significativo, col
passaggio dalla fase vedica alla fase classica. un passaggio che non coinvolge
solamente la lingua, ma va alle radici stesse della letteratura indiana. Non esiste una
discontinuit assoluta tra questi due momenti: in India tutto pu cambiare, ma non si
hanno mai (o quasi mai) momenti di rottura brusca tra due fasi: nella religione si
arriva dal Veda al brahmanesimo e poi allinduismo senza che vi siano stati mai n
stacchi traumatici n una sconfessione aperta della fase precedente. Come da un
punto di vista linguistico il sanscrito non la continuazione diretta del vedico, ma non
potrebbe esistere senza il vedico, cos la letteratura sanscrita classica qualcosa di
profondamente diverso dalla letteratura vedica per la sua variet e per la sua
ricchezza, ma non potrebbe neppure concepirsi senza questultima. La differenza
fondamentale tra i due momenti costituita principalmente dal fatto che la
tradizione letteraria vedica presenta esclusivamente testi di interesse religioso: o i
testi sacri nel senso stretto del termine (i Veda, che costituiscono la ruti o
rivelazione [94]) o testi che servono comunque di accompagnamento a questi: opere
che hanno finalit didattiche o pratiche, o riflessioni teologiche o filosofico-teologiche
che simpegnano nellapprofondimento di contenuti e dottrine dei testi vedici,
immancabilmente considerati base imprescindibile della vita brahmanica. La
letteratura dellIndia classica invece una letteratura esuberante e dai mille aspetti,
nella quale fiorisce ogni genere letterario con una grandissima quantit di testi
profani. La crisi e lesaurimento della letteratura post-vedica coincide, nel VI sec. a.C.,
col rapido diffondersi tra le masse delle due religioni eterodosse (buddhismo e
jainismo). Parallelamente al propagarsi delle nuove fedi si assiste alliniziarsi di una
nuova tradizione letteraria, che di preferenza fa uso delle lingue pracrite, sia pure in
una forma colta e adattata alluso letterario: il pli la lingua fondamentale del
canone buddhista, lardhamgadh (o una lingua ibrida e artificiale a cui dato il
nome di ara la lingua dei veggenti [i]) la lingua del canone jainista. La scelta di
valorizzare non pi la lingua della tradizione post-vedica, bens la lingua (o le lingue)
delluso corrente dovuta anche alla volont di permettere una pi vasta diffusione
nelle masse dei testi delle nuove dottrine: una scelta che ha pi di unanalogia con
quanto avvenne nel Cristianesimo primitivo, che non si avvalse (almeno allinizio) del
latino ciceroniano, ma utilizz una lingua pi vicina a quella delluso corrente, con
lintroduzione di fatti volgari (soprattutto nel lessico), in misura proporzionale non
solo alla cultura di chi scriveva (le prime versioni della Bibbia, opere spesso
pioneristiche di persone che avevano una conoscenza appena superficiale del latino,
contengono un numero impressionante di volgarismi a ogni livello della lingua,
fonetica, morfologia e sintassi), ma anche alle precise scelte stilistiche dello scrivente
(un personaggio di cultura immensa come Agostino utilizza nei suoi Sermones forme
del latino volgare, per rendere pi diretta e naturale la sua comunicazione col popolo
cristiano).
Tra il IV e il II sec. a.C. il sanscrito tende a riaffermarsi come lingua della cultura e
della letteratura. Questa ripresa del sanscrito (Sanskrit-Renaissance la chiamarono
gli studiosi tedeschi del XIX secolo) contemporanea al rinvigorirsi della linea
tradizionale vedico-brahmanica. Il recupero e il rinnovato slancio di questa anche
dovuto allevidente impossibilit del buddhismo di adattarsi ad alcuni dei fondamenti
indiscussi dellorganizzazione sociale dellIndia: c uninsanabile discrasia tra
buddhismo e organizzazione castale della societ, e poich questultima permea in
modo profondo la coscienza stessa dellIndia, alla fine limpossibilit di addivenire a
una sintesi tra buddhismo e caste finisce per frenare la diffusione del buddhismo
nella societ stessa. La contemporaneit tra ripresa del sanscrito e ripresa del
brahmanesimo dunque non casuale. Labbattimento dellimpero Maurya e la sua
sostituzione con una dinastia che favorisce la religione brahmanica indizio di questo
diverso orientamento che la societ indiana sta assumendo.
Ma non soltanto la grande epica mostra convergenze coi modelli greci. Uno sguardo
alla letteratura dei secoli seguenti ci pone di fronte altre possibilit di contatto. Se
leggendo certe espressioni della lirica indiana (per esempio la Centuria di Amaru o
lantologia di Hla) difficile resistere alla tentazione di richiamare la poesia
epigrammistica del periodo ellenistico, di fronte a certi gioielli di poemetti artistici di
argomento mitologico (il Meghadta o Nuvolo messaggero di Klidsa, per dirne uno)
doveroso chiederci se il genere dellepillio non abbia fatto una sua comparsa in
India.
Per ci che concerne la prosa, i rapporti tra la narrativa indiana e il tipo della fabula
Milesia e poi del romanzo sono stati indagati in profondit, con risultati che hanno
portato in entrambe le direzioni. Secondo lipotesi che uno studioso francese, Flix
Lacte, avanz allinizio del XX secolo, la narrativa come genere letterario autonomo
nacque e si svilupp in Grecia sotto linflusso della narrativa indiana. Purtroppo il
nostro giudizio gravemente limitato dalla perdita delloriginale di quello che
dovrebbe essere considerato larchetipo e il modello per il successivo sviluppo della
narrativa indiana, cio la Bhatkath (Grande racconto) di Guahya [98], della
quale possiamo conoscere a grandi linee il contenuto solamente attraverso
successive rielaborazioni. Il romanzo doveva contenere le vicende del re dei Vatsa
Udayana e dei suoi matrimoni con Vsavadatt e Padmavat: ma nel racconto
principale, riferito in prima persona da un testimone oculare degli eventi, si
inserivano una quantit di episodi e di narrazioni, in parte anche raccontate dai vari
personaggi, cos che il racconto principale finisce per divenire spesso un racconto
cornice, sovrastato dalla crescente esuberanza dei racconti secondari: una tecnica
che conosciamo bene da opere come le Metamorfosi di Apuleio e altri romanzi della
tradizione greca. Questa tecnica divenne poi usuale nella narrativa indiana, al punto
che il racconto principale fin per avere un carattere sempre pi esile e ad essere
relegato sempre pi sullo sfondo, divenendo un semplice pretesto narrativo, mentre
lattenzione del lettore era focalizzata soprattutto sul susseguirsi delle varie
narrazioni (cos nella favolistica, p.es. il Pacatantra, o nella novellistica, p.es. il
Kathsaritsgara Oceano dei fiumi di racconti). Se il Lacte cerc di dimostrare
lesistenza di una filiazione dallIndia alla Grecia in questo particolare settore
dellattivit letteraria, altri puntarono piuttosto a dimostrare che era stata la Grecia a
fare da modello allIndia [99].
Ma nel teatro che alcuni hanno pensato di potere percepire in modo pi consistente
il modello greco. Se ci furono insediamenti Greci in India, ci furono anche
rappresentazioni di drammi greci in India. Non pensabile che, tra tutti i Greci, solo i
Greci che abitavano in India rinunciassero alle rappresentazioni di drammi o ai
festival drammatici [100]. Del resto, i drammi greci erano rappresentati anche al di
fuori dellambito culturale greco se, come ci attesta Plutarco [101], la testa di Crasso
dopo la battaglia di Carre pot essere usata a Susa come appropriato attrezzo
scenico per una rappresentazione delle Baccanti di Euripide. Siamo alla corte regale
dei Parti, non siamo nel mondo greco, ma anche qui la produzione teatrale greca
evidentemente conosciuta e viene apprezzata. Del fatto che il teatro greco, e in
particolare le tragedie di Sofocle, fosse noto in India abbiamo la certezza
documentaria: a Peshawar stato trovato un frammento di vaso (oggi conservato nel
museo di Lahore) fabbricato in loco sul quale rappresentata una scena
dellAntigone (Emone che prega Creonte di non condannare a morte Antigone).
Secondo quanto notava Weber, nellesercito di Alessandro cerano mimi, giocolieri,
artisti da circo, che Alessandro intendeva usare come mezzo per lellenizzazione
dellOriente [102]. Tra dramma indiano e commedia nuova sembrano sussistere dei
legami. Non solamente la presenza delle yavan, le raffinate danzatrici greche (o
forse rinomate etere, da cui le colleghe indiana, a quanto pare, avrebbero avuto
molto da imparare) che nei drammi di Klidsa fan sempre parte del sguito del re, o
il fatto che yavanik greca sia il nome dato al tendaggio che fa da sfondo alla scena,
a motivare questa impressione. Sta di fatto che sia la nea sia il dramma indiano
hanno una consonanza singolare nella formulazione degli intrecci: le vicende
amorose di una coppia, che per una qualunque motivo si separa, le peripezie che
portano allo scioglimento dellazione e al ritrovarsi dei due amanti, e soprattutto,
spesso il riconoscimento dellidentit dellaltro per mezzo di un oggetto che era stato
smarrito. Anche la presenza di personaggi fissi che presentano caratteristiche
somiglianti (p.es. lo schiavo della commedia greco-romana e il vidaka, un
brahmano compagno di sollazzi, e soprattutto di pranzi, del protagonista) unaltra
coincidenza importante [103]. Nella akuntal riconosciuta di Klidsa, per citare il
pi apprezzato esempio di dramma indiano e il pi noto anche nella tradizione
occidentale, loggetto indispensabile per il riconoscimento lanello che il re
Duyanta aveva lasciato alla donna nel momento di allontanarsi da lei e che viene
perso durante unabluzione rituale, cos che la donna non pu opporre allamante,
immemore di lei per le conseguenze di una maledizione, lo strumento che farebbe
cadere il velo doblio che gli offusca la memoria: lanello ricomparir in sguito,
pescato nel ventre di un pesce, e la sua vista riporter alla memoria del re lepisodio
della donna che ha colpevolmente abbandonato insieme col bambino che aveva in
seno. La conclusione positiva (dal momento che il dramma indiano presuppone
sempre una conclusione positiva e aborrisce qualunque situazione violenta o
sanguinosa) avverr in questo caso per altra via. Ma si visto che anche nel
Mudrrakasa, che pure ha una posizione anomala nella storia del teatro indiano,
lanello col sigillo del ministro, perso dalla sua consorte, a costituire il fulcro
essenziale della trama. Sarebbe indubbiamente semplicistico e riduttivo attribuire
semplicemente allimitazione del teatro greco la nascita di una tradizione teatrale in
India [104]. Altre ipotesi sono state fatte: dal progressivo sviluppo di situazioni
dialogate quali si hanno fin daglinni vedici, alla crescente popolarit di un teatro di
ombre o di un teatro di marionette che si svolge sulle pubbliche piazze, alle
rappresentazioni di mimi. Senza pervenire a conclusioni eccessive, si pu benissimo
pensare a unazione catalizzatrice che il dramma greco pot avere sul nascente
teatro indiano. Tra i pi antichi autori di drammi si annoverano il gi citato Avaghoa
e Bha: autore di drammi apprezzati e citati nel periodo antico (Klidsa lo nomina
espressamente come uno dei suoi predecessori), questultimo ha conosciuto un lungo
periodo doblio, e solamente allinizio del XX secolo sono tornati alla luce alcuni dei
suoi drammi. Purtroppo limpossibilit di determinare delle coordinate cronologiche
precise (per Bha si suppone unepoca che va dal II sec. a.C. al II sec. d.C.) non
consente neppure di stabilire se tra la definitiva maturazione del teatro indiano e la
presenza dei Greci in India c o meno un rapporto cronologico. Lipotesi dellinflusso
greco fu formulata fin dalle prime stampe occidentali della akuntal di Klidsa:
Weber nel 1851, poi Windisch nel Congresso degli Orientalisti tenutosi a Berlino nel
1881, poi altri studiosi avevano osservato alcune coincidenze tra dramma indiano e
la commedia nuova; lipotesi poi trov sempre meno consenso tra gli studiosi [105].
Se si potesse in qualche modo avvalorare la tesi di Lvi, secondo cui la forma
definitiva del dramma indiano sarebbe stata fissata a Mathur nel I sec. a.C. [106],
lipotesi di un influsso greco sulla nascita del teatro indiano farebbe un grosso balzo
in avanti. Purtroppo questa ipotesi, bench affascinante, ha poche probabilit di
essere provata in modo definitivo, e cos il problema del possibile rapporto greco
continua ad essere, per chi si pone nella prospettiva dellIndia, nientaltro che una
questione irritante [107].
Conclusione.
Bibliografia
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[6] Il nome di Alessandro non viene ricordato in India in nessuna fonte antica;
solamente in fonti tarde e medievali se ne trova traccia. I tentativi di trovarne
qualche traccia (cfr. Weber, pp. 6 ss) sono in genere poco persuasivi.
[7] Nella grande iscrizione di Behistun (l. 16), e anche altrove, facendo lelenco delle
sue province, Dario nomina anche il Gandhra (la zona nella valle del Cophen, un
affluente dellIndo), insieme allAracosia (odierna regione di Kandahr
nellAfghanistan) e ad altre satrapie collocate allestremo oriente del suo impero. Il
possesso della valle del Cophen ha unimportanza strategica, perch permette anche
il controllo dellalta valle dellIndo. Abbiamo anche notizia di una visita al fatta da
Dario nella primavera del 515 a Taxila, che si trovava ad Est dellIndo, in territorio
quindi che non pi Persia, bens India.
[8] Per le fonti greco-romane sullIndia precedenti il periodo di Alessandro cfr. Renou-
Filliozat, vol. I, pp. 144 ss.
[9] Anabasis V 1, 2; cfr. anche ps.-Apoll. III 2 (ma il breve passaggio che accenna alla
spedizione di Dioniso in India da ritenere interpolato) e Tzetzes, Chiliades VIII 582
ss.
[10] Anabasis V 1, 6.
[11] nec non et Nysam urbem plerique Indiae adscribunt montemque Merum, Libero
Patri sacrum, unde origo fabulae, Iovis femine editum (Plin., Nat. Hist. VI 79).
[12] Plut., De sera numinis vindicta 557 B. Sulla vicenda dei Branchidi cfr. anche
Strabone XIV 1, 5; Curt. Ruf. VII 5, 28 ss., ecc..
[14] Diodoro Siculo, XVIII 39, 6. Staganore il nome del personaggio secondo
Giustino (loc. cit.).
[15] Candragupta significa propriamente luna velata (candra- luna, corradicale del
lat. candre e candidus, e gupta-, participio passato passivo di gup- nascondere,
celare). Nel dramma di Viakhadatta in pi occasioni si hanno giochi di parole e
allusioni al significato del nome del sovrano.
[16] Yavana il nome con cui sono chiamati in India i Greci. Si tratta della trascrizione
indiana di *iones, iwones. Anche in altre lingue orientali (armeno, ebraico, p.es.) il
nome degli Ioni divenuto il nome per antonomasia di tutti i Greci, sia per il maggior
prestigio culturale degli Ioni rispetto alle altre stirpi greche sia perch le colonie
ioniche dAsia minore erano le pi facilmente accessibili per le popolazioni stanziate a
oriente. Il nome yavana attestato per la prima volta nellopera del grammatico
Pini (IV-III sec. a.C.), che accenna alla yavann lipi, la scrittura greca (IV 1, 49).
[17] Potr sembrare strano, agli specialisti di mondo classico, che ci siano oscillazioni
cos forti nelle indicazioni delle date di una dramma. La realt che la tradizione
indiana non ha un concetto di storia equivalente a quello che si venuto formando
nel mondo greco, e quindi lindicazione delle date, sia degli avvenimenti storici sia
(soprattutto) degli avvenimenti collegati con fatti letterari (vita degli autori, date
delle composizioni) manca in modo pressoch totale: per datare unopera letteraria o
la vita di un autore si deve ricorrere a termini ante e post quem collegati a fatti
esterni al mondo indiano (invasioni, ecc.): quando questi mancano, si deve ricorrere a
congetture basate su fattori stilistici o simili, che portano spesso a conclusioni vaghe
e puramente indicative.
[18] Le ragazze avvelenatrici sono prostitute che, secondo una credenza indiana,
hanno imbevuto il corpo di potenti veleni (rispetto ai quali sono mitridatizzate) e li
trasmettono ai loro amanti attraverso il rapporto sessuale.
[22] Gli dra costituivano la casta pi bassa della popolazione indiana: erano
probabilmente discendenti delle popolazioni indigene incontrate e sottomesse dagli
Ari quando erano giunti nel subcontinente indiano da Nord-Ovest e avevano esteso il
loro dominio man mano verso sud. Le altre tre caste erano costituite dai brhmaa-
(la casta sacerdotale), dagli katriya- (la casta guerriera, dal cui seno aveva
normalmente origine il re) e dai vaiya- (la gente del villaggio, i borghesi). Come si
vede, le tre caste (in sanscrito vara- colore) corrispondono alle tre funzioni di
Dumzil. In sguito, anche come conseguenza dei numerosi matrimoni intercastali e
di unaccentuata specializzazione in base al mestiere esercitato, lorganizzazione
castale divenne pi complessa e regolata da norme sempre pi meticolose.
[25] Strab. XV 2, 9: Gli Indiani occupano parte delle terre oltre lIndo che
precedentemente appartenenvano ai Persiani: Alessandro le aveva sottratte agli Arii
e vi aveva posto delle colonie. Ma Seleuco Nicatore le diede a Sandrocotto,
stabilendo un trattato matrimoniale e ricevendone cinquecento elefanti ( '
,
,
,
).
[26] Tra cui alcuni potenti afrodisiaci precedentemente ignoti ai Greci, secondo
Ateneo, Deipnos. I 32.
[27] (Arsaces) cum filio eius, et ipso Theodoto, foedus ac pacem fecit, nec multo
post cum Seleuco rege ad defectores persequendos veniente congressus victor fuit;
quem diem Parthi exinde sollemnem velut initium libertatis observant (Iustin. XLI 9
s.).
[29] Il nome del sovrano significa letteralmente senza dolore (da a- prefisso
negativo e oka dolore).
[36] La parola designa i monaci vaganti del buddhismo, ma anche gli asceti jaina o
brahmanici. Aind. ramaa-, pracrito samaa, deriva da rama- fatica, sforzo,
mortificazione fisica, a sua volta dal verbo ram- stancarsi o essere stanco; la
parola passata al tocario ma, che, attraverso il tunguso aman, stata ripresa
dal russo aman, da cui la parola it. sciamano (e suoi corrispondenti nelle varie lingue
europee).
[37] ( ...) , .
, , .
,
, , ,
. .
. (Clemente, Stromata, I 15, 72).
[39] Megastene (ca. 350-290), nativo della Ionia, amico di Alessandro e diplomatico
al servizio prima del re Macedone poi dei Seleucidi, intrattenne rapporti con
Candragupta, fu pi volte in India e acquis una conoscenza di prima mano della
cultura indiana, che riassunse poi nei quattro libri di Indica, utilizzati come fonte da
Strabone e da Arriano. Ledizione dei FHG di Mller riporta una quarantina di
frammenti di questa opera perduta.
[41] lipotesi di Ranajit Pal, op. cit. comunque singolare che Diodoto abbia
prodotto unabbondante monetazione, ma non si abbia di lui nessuna iscrizione,
mentre Aoka ci ha lasciato numerose iscrizioni, ma nessuna moneta.
[42] ,
,
, ',
, ,
.
, ,
. (Polyb. XI 34, 11-13).
[44] Notiamo per incidens che quella di Puyamitra la prima celebrazione di questo
tipo di sacrificio di cui si abbia notizia in epoca storica.
[46] In realt sono state proposte date che vanno dal I sec. a.C. al III-IV sec. d.C.
[47] Questo testo, che costituisce l'ultimo capitolo (113) di un'inedita opera
astrologica intitolata Vddhagrgasahit, si inserisce nella tradizione letteraria dei
Pura, testi della tradizione post-vedica destinati alla narrazione delle et del
mondo. Si tratta in realt di una storia, sia pure narrata in forma particolare,
dellimpero Magadha. Sui gravi problemi di natura testuale e interpretativa posti dal
testo rinviamo per pi ampie informazioni a Narain, pp. 174 ss., Tarn, pp. 452-456, e
soprattutto a L. Rocher, pp. 253 s. Il testo che ci pervenuto talmente corrotto che
stata proposta lipotesi che si tratti della redazione sanscrita di unopera scritta
originariamente in pracrito o in una lingua ibrida sanscrito-pracrita.
[48] ,
, '
(queste notizie riguardanti le parti
orientali dellIndia, al di l del fiume Ipani, divennero note, quando scrissero qualche
rendiconto coloro che si erano spinti oltre lIpani fino al Gange e a Palimbroto). Cfr.
anche Strabone XI 11, 1, che, facendo riferimento ai perduti Parthica di Apollodoro
Artemisio (FHG fr. 5), nomina esplicitamente le imprese di Apollodoto e di Menandro
in India.
[50] Y-P 55. Ind. rya signore, uomo degno di rispetto un modo formale di
rivolgersi a persone di riguardo o di casta superiore, bho un modo meno formale di
salutarsi tra persone di basso rango. Con ari si intendono gli appartenenti alle tre
caste superiori, con esclusione quindi dei udra.
[52] Y-P 56 s.: Gli Yavana, infatuati della guerra, non resteranno nel Madhyadea. Ci
sar un accordo tra loro per andarsene, a causa dello scoppio di una terribile e
terrificante guerra nel loro reame.
[53] Multa tamen Eucratides bella magna virtute gessit, quibus adtritus cum
obsidionem Demetrii, regis Indorum, pateretur, cum CCC militibus LX milia hostium
adsiduis eruptionibus vicit. Quinto itaque mense liberatus Indiam in potestatem
redegit. (Iustin. XLI 6, 4)
[55] Unde cum se reciperet, a filio, quem socium regni fecerat, in itinere interficitur,
qui non dissimulato parricidio, velut hostem, non patrem interfecisset, et per
sanguinem eius currum egit et corpus abici insepultum iussit (Iustin. XLI 6, 5).
[58] Milinda una delle forme assunta in India dal nome di Menandro (sulle monete si
legge Menadra) i paha la forma pli della parola che in sanscrito appare come
prana- domanda (formata da una produttiva radice indeuropea che si ritrova nel
lat. poscere e nel ted. forschen cercare).
[59] Praecepta gerendae reipublicae, 821 D: Quando un certo Menandro, che aveva
governato con benevolenza in Battria, mor in un accampamento, le citt celebrarono
tutte insieme il resto del funerale, poi venute in contrasto per i suoi resti a stento si
accordarono che si distribuissero una parte uguale delle sue ceneri e diventassero
per tutti un monumento di quelluomo (
,
,
, ,
).
[60] Yona la forma pli di sanscrito yavana (aind. ava > pracrito o).
[61] Mahvasa 29.
[62] I piaka (canestri) costituiscono il canone dei libri sacri (in lingua pli) del
buddhismo. Il Milindapaha gode di notevole prestigio presso i Theravdin, la scuola
buddhista che si attenne in modo rigoroso allinsegnamento del Buddha (Theravda
insegnamento [vda] degli anziani [thera, sanscrito sthavira stabile, solido,
vigoroso), del quale si ritengono i fedeli garanti.
[63] Cfr. Weber, p. 12; Winternitz, v. II, p. 141; Tarn., pp. 414 ss., Boccali-Piano-Sani,
pp. 99 s., e Fal, Introduzione allediz. italiana citata.
[64] In realt anche per il primo libro si sospetta che alcune parti siano frutto di
aggiunte posteriori.
[65] Si tratta dellopera in cui riportato il dialogo tra il sovrano ellenistico Tolomeo II
Filadelfo (283-146) e i settantadue sapienti giudei che avrebbero tradotto in greco
lAntico Testamento.
[67] Cfr. Renou-Filliozat, vol. II, p. 352 per ulteriori informazioni sullargomento.
[74] Barygaza lodierna Bharuch, importante porto nello stato di Gujarat, India
occidentale.
[75] ,
.
[81] Il testo delle due iscrizioni della colonna (generalmente molto chiaro, solamente
un paio di punti dnno adito a piccoli problemi di lettura e di interpretazione) il
seguente:
(I) Questo pilastro con Garua dedicato a Vsudeva dio tra gli di fu eretto da
Eliodoro, un bhgavata, figlio di Dione, di Taxila, giunto da parte del grande re greco
Antalcida come ambasciatore dal re Kosiputra Bhgabhadra il saggio nel
quattordicesimo anno del suo prospero regno. (II) Tre immortali precetti se ben
applicati portano al cielo: temperanza, carit, coscienza.
[82] una delle divinit minori dellinduismo, unaquila con piume doro propriet di
Viu.
[83] Per un greco la conversione all'Induismo era difficile a causa del rapporto
reciproco tra la religione e il sistema castale. Un gruppo numeroso di non ind poteva
essere gradualmente assimilato soltanto diventando una sotto-casta, mentre la
conversione di un singolo creava il problema di fornirlo di una casta appropriata,
poich quella dipendeva dalla nascita. Era quindi pi semplice per dei greci diventare
buddhisti, come molti fecero. Poich il buddhismo a quell'epoca era in fase
ascendente, il suo prestigio rese l'inserimento dei nuovi convertiti molto pi facile.
(Fal, pag. 11, n. 6).
[88] Attorno a questa statua (che in realt una statua di giada, e non di smeraldo,
dellaltezza di cm. 75 e della larghezza di cm. 45) circolano racconti leggendari: dopo
essere rimasta per tre secoli nella sua sede originaria dove era stata creata, la statua
venne inviata a Ceylon per proteggerla da una guerra civile; alcuni secoli dopo un re
straniero (birmano) chiese agli abitanti dellisola la consegna dei libri canonici e di
questa statua per potere diffondere il buddhismo nel suo paese. La nave che
trasportava la statua perse la rotta e approd in Cambogia; da qui la statua sub
complicate e non sempre chiare peripezie, fino a giungere alla sua attuale
sistemazione nella Cappella del Buddha di smeraldo, nei sotterranei del Palazzo Reale
di Bangkok.
[90] P. 135.
[94] Aind. ruti- una derivazione (col suffisso -ti formatore di nomi dazione) dal
verbo ru- udire, ascoltare (gr. - ascoltai, lat. cluns), quindi il complesso di
ci che stato udito, e si oppone a smti-, che la tradizione (radice verbale sm-
ricordare, la stessa che ritroviamo nel gr. parte, destino, ecc.).
[95] Sanscrito significa propriamente perfetto (da sam- insieme + kta-, participio
passato passivo di k- fare: quindi qualcosa come confectus, pienamente
realizzato).
[97] Dicono che anche presso gli Indiani fosse cantata la poesia di Omero, avendola
essi tradotta nella loro lingua: cosicch anche gli Indiani non sono in grado di vedere
molte delle stelle che vediamo noi dicono infatti che le Orse non si vedano nelle loro
terre , ma delle sofferenze di Priamo e dei lamenti e dei dolori di Andromaca e di
Ecuba e del valore di Achille e di Ettore non sono inesperti: tale forza ha larte di un
uomo! ( ,
.
.
, Dio Chrys., orat. 53, 8)
[98] Bench la sua opera sia andata perduta e sia difficile precisare persino la lingua
in cui era scritta (presumibilmente una variet di pracrito che ebbe scarsa diffusione
e una vita breve, la paiac), Guhavya un personaggio pressoch leggendario in
India, e in Nepal addirittura oggetto di venerazione. Una tradizione affermava che si
sarebbe trattato di un genio celeste entrato in conflitto con iva perch avrebbe
ascoltato di nascosto i racconti che questi raccontava alla moglie Prvat e ridotto
alla condizione di essere umano.
[100] Per usare le parole di Tarn (p. 34), i Greci dIndia erano just Greeks, with all
that that implies, e (p. 382) una citt greca of any pretensions without a theater is
unthinkable. Non quindi obiezione fondata il fatto che non si siano trovate tracce
di anfiteatri o notizie di rappresentazioni nelle citt dellIndia abitate da Greci.
[104] Secondo Hermann Reich, I ii, p. 694, il teatro indiano si svilupp sotto linflusso
del teatro greco, ma fu il mimo, e non la commedia nuova ellenistica, a determinarne
la fioritura; cfr. anche Winternitz, vol. III, p. 175.
[105] Per uninformazione generale sulla questione si veda, oltre ai testi fin qui citati,
Barriedale Keith, pp. 57 ss. (con copiosa bibliografia); in generale cfr. Winternitz, vol.
III, pp. 160-180 (pp. 174 ss. sullipotesi dellinflusso greco).
[107] Renou-Fillozat, vol. II, p. 259. Anche Tarn (pp. 383 ss.) valuta piuttosto
negativamente lipotesi che il teatro indiano abbia preso le mosse dal teatro greco:
pur non negando lesistenza di contatti tra teatro greco e teatro indiano, afferma che
contatto non significa influenza. Indubbiamente, se sbrigativo, a nostro parere,
negare un qualunque influsso del teatro greco sullo sviluppo del dramma indiano,
altrettanto semplicistico sarebbe affermare che il teatro greco ebbe un peso
determinante o comunque di rilievo nello sviluppo del teatro indiano. Forze endogene
ed esogene possono ben coesistere: vi sono elementi chimici che generano una
reazione, ma la presenza di un catalizzatore pu accelerare un processo che
comunque destinato ad avvenire. Il problema allora quello di misurare e valutare
il peso e limportanza delle forze esogene rispetto a quelle endogene: ed lavoro di
non facile soluzione!
[108] Questo disinteresse non soltanto della storiografia antica, se Tarn poteva
scrivere nel 1950, allinizio del suo libro che No Greek historian has yet attempted to
handle this subject as a connected whole or to put it in its right place as a lost
chapter of Hellenistic history (p. xiv).