Prefacio - Un Baritono Ai Tropici PDF

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UN BARITONO AI TROPICI Il sogno dAmerica Quale remota ma potente seduzione ancora esercita, sul lettore contemporaneo, lAmerica vista

o sognata da viaggiatori ed emigranti dei tempi in cui, per raggiungerla, ci voleva pi dun mese di navigazione transatlantica? Certo che diari, lettere e memorie di viaggio saltati fuori dai vecchi bauli, di qua e di l delloceano, per restituirci intatto il profumo della vita nellaltro tempo e luogo, non finiscono mai dalimentare larchivio immaginario sul viaggio come metafora dellesistenza metafora che pare resistere ad anacronismi. Forse, che il tono sia eroico come nellepopea delle lussuose traversate narrate da viaggianti illustri, grandi attori o divi dellopera; oppure che sia il tono minore e quasi involontario delle testimonianze buttate gi in un italiano spesso precario dai viaggiatori della terza classe, in queste microstorie che il lettore pi percepisce la Storia come esperienza di vita, come vicissitudine. Nel mare di numeri in cui la Storia dellEmigrazione spesso obbligata a traghettare il lettore su zattere statistiche, archivi come lArchivio Ligure della Scrittura Popolare, istituito dal Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea dellUniversit di Genova, emergono come arche di No in cui sono confluite testimonianze, immagini e reliquie tramandate da nonno a nipote; ricordi rimasti impigliati nella tradizione dei racconti. Ciascuno di questi frammenti di memoria salvati al naufragio ha il valore di una tessera in un mosaico che si svela a poco a poco come viluppo di vite avventurose, mentre apre scorci caratteristici su un dato momento storico e convalida legami specifici tra territori apparentemente sconnessi. Il tragitto alla rovescia compiuto dal lettore, rimontando il puzzle della memoria dei viaggiatori, spesso svela sullo sfondo la citt di Genova. Prima di costituire un porto dapprodo per tanti documenti e memorie di viaggio, la citt fu durante un secolo il principale porto di partenza verso nuovi mondi dove cercare fortuna. Per gli emigranti che arrivavano da tutta Italia, Genova significava lAmerica. Era come se, ridotto loceano al primo colpo docchio sul mare avvistato dalla Stazione Marittima, lAmerica apparisse agli emigranti gi allorizzonte del porto della Superba. Nelleccitazione della partenza imminente, annullata per un attimo limmensa distanza dal traguardo, la luce di una speranza schiariva la scena tragica delladdio: la speranza di sopravvivere e forse risorgere ad una seconda vita, pi fortunata. Di modo che, nelle lettere e nei diari, la citt appare pi spesso come sinonimo di un destino, che di una destinazione. Genova: ovvero, il sogno

dAmerica. Non a caso fu proprio da qui che, manipolando ambizioni, speranze e disperazione, oculati impresari di compagnie di navigazione misero a frutto il gigantesco business del trasporto di emigranti. Lemigrazione era stata una scommessa precoce tra i naviganti genovesi e intorno al 1850 gi coinvolgeva altre classi sociali, allettando masse di contadini dallentroterra ligure e dalle pianure di l dei monti con la vaga promessa delle sterminate terre argentine e dellinesauribile oro californiano. Suggestioni messe in circolo dagli armatori liguri per corroborare limmenso potenziale dattrazione del magnete America: quella capacit di suscitare aspettative senza deluderle mai tutte.1 E chi, potendo far fortuna oltreoceano, si sarebbe accontentato di guadagnarsi il pane in qualche nazione europea o sarebbe rimasto a morir di fame e di colera al paese? La scommessa era abilmente gonfiata in una sfida per i migliori, lasciando il ruolo di vili per coloro che vi rinunciassero. A partire dalla met del secolo, con linaugurazione delle prime linee a vapore da Genova verso i principali porti latino-americani, il viaggio transatlantico in prima classe campeggi sui giornali come prodotto di lusso; mentre agenti sguinzagliati in tutto il Nord Italia arruolavano lavoratori a contratto, garantendo condizioni da sogno, per nellaltro emisfero. Il viaggio poteva durare anche 60 giorni e non era privo di rischi; ma n le condizioni destremo disagio della traversata in terza classe n lincertezza del futuro in un altrove tanto distante quanto ignoto sembravano poter scoraggiare chi si trovava a dover pagare lo scotto di un quinquennio di cattivi raccolti e di continue insurrezioni represse da eserciti di conquista. Nel Regno Sabaudo, meno sconvolto dalle sommosse, si fuggiva alla leva ed alle crescenti tasse imposte dal governo per riscattarsi da due guerre dindipendenza. Una sorta di fanatismo migratorio contagiava non solo gli intraprendenti commercianti liguri ma anche gli stanziali contadini lombardi, emiliani e veneti, fino ai montanari dellAppennino e delle rive del Garda, spingendo intere famiglie a richiedere il passaporto per andarsene, appunto, allaltro mondo. Lemigrazione temporanea della forza-lavoro eccedente, prima verso paesi europei come Francia e Belgio e poi verso gli Stati Uniti e lAmerica Latina, era impresa supportata dallaccordo familiare e pianificata collettivamente sulla base di una efficiente rete informativa: chi trovava occasioni, le segnalava agli altri. Lobiettivo, a principio, era il rientro al paese, una volta capitalizzati fondi sufficienti ad acquistare terre o ad avviare piccole imprese nei luoghi dorigine. Ma mentre dal porto di Napoli salpavano per lo pi piccoli proprietari gravati dalle tasse o artigiani

Marco Porcella, La fatica e la Merica, Sagep, Genova 1986

estromessi dal mercato, diretti ai porti dellAmerica del Nord dove trovavano lavoro nelle industrie come manodopera non specializzata; da Genova invece confluivano sui bastimenti soprattutto contadini depauperati e mossi dalla speranza di trovare, in America Latina, terre in cui stabilirsi e sopravvivere. Non a caso, dopo il fallimento di pochi tentativi pionieri, gli oculati armatori genovesi continuarono ad investire sulle rotte latinoamericane, che garantivano grossi numeri consentendo di mantenere al minimo le condizioni di vivibilit del viaggio; e lasciarono le destinazioni nordamericane alla concorrenza francese in partenza da Marsiglia e da Le Havre. Uno dei primi intraprendenti che sostenne lopportunit di avviare un servizio di linea per il trasporto merci e passeggeri da Genova sulla rotta per New York fu nientemeno che il capitano Giuseppe Garibaldi, sul finire del 1849, appena rientrato dallAmerica Latina e dopo la fallita Repubblica Romana. Il progetto, che poi (letteralmente) non and in porto, prevedeva la costruzione alluopo, nei cantieri nordamericani, di una nave da 500 tonnellate che non avrebbe battuto bandiera italiana perch certe considerazioni speculative lo vietano ed io ammette leroe dei due mondi che ne veniva da scorribande contro le navi austriache e francesi sulle coste brasiliane, con un brigantino che sbandierava il futuro tricolore mercantile, ora! mi conformo.2 A pi riprese, in quel decennio, si tent di fondare a Genova una Compagnia Transatlantica che operasse la traversata con moderni vapori di modello americano (i potenti clipper: dei bestioni di ferro da 1500 o 2000 tonnellate, spinti a propulsione meccanica) che potevano esser prodotti nei cantieri genovesi. Osteggiata dalla prudente burocrazia del Governo piemontese, la Compagnia ottenne infine parere favorevole da Nino Bixio; in un solo anno (1857)3 fu fondata ed affondata. Si annunci che la linea diretta Genova - New York non reggeva per esiguit di traffico. Insomma, gli armatori preferivano tenersi al vento coi loro fidati brigantini a vela (detti scune) stipati di poveracci, sulle rotte consuete (Montevideo, Buenos Aires, Valparaiso, Lima). Il Sud America fu

anche un miraggio pubblicitario grazie a cui per anni i pochi irriducibili che controllavano la rotta verso quella destinazione lucrarono sul gigantesco mercato nero dei contadini messi in viaggio dalla fame. Sembra suggerirlo, fra laltro, il trattamento ottimistico delle informazioni da parte della stampa ligure che fin per andare a vantaggio degli agenti delle compagnie di navigazione legati agli interessi dei fazendeiros. In quel decennio, i titoli pi neri riguardano le crisi doccupazione in Nord America, culminando in quella del 1860 a New York; mentre si sorvola sulle condizioni
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Lettera a Lorenzo Valerio, direttore de La Concordia, giugno 1850. Vedi anche Proposta di una societ commerciale per le linee transatlantiche periodiche tra New York e Genova, Museo Centrale del Risorgimento, Roma, Archivio Garibaldi. 3 Il Corriere Mercantile, Genova, 20.8.1857

schiavistiche di lavoro cui erano ridotti i contadini veneti finiti nel Rio Grande. Rosee descrizioni sono riservate ai benefici effetti della legge della terra che nel 1850 abol in Brasile le antiche sesmarie ereditarie, 4 trascendendo fino allimmagine idilliaca di una terra promessa ove insieme ai lotti fertili vengono distribuiti cavalli, buoi e pane bianco. Insomma, per lesercito degli illusi, lEldorado era ai tropici. Per i pi smaliziati, laggi almeno non si moriva di fame. Ad imbarcarsi volontariamente, senzessere contrattati n richiamati da un famigliare, erano individui di tutte le classi sociali ed atti a mille mestieri: impiegato, calzolaio, ortolano, vinaio, fabbricatore di strumenti, attore. In verit, pur dichiarando allimbarco una professione che conoscevano appena o affatto, molti di questi avventurieri sarrangiavano poi come ciarlatani, musici ambulanti, lustrascarpe e con le mille arti girovaghe al confine con la mendicit anchessa, in ogni caso, intesa come mestiere. Questa collocazione vergognosa delle frange pi avventate aliment un perdurante stereotipo anti-italiano, vero, anche se spesso corroborato dal riconoscimento di unabile tradizione del saper fare. Litaliano, allestero, fu per molto tempo ed ancor oggi, per presupposto, ritenuto abile ad ogni mestiere o capace di trarre profitto da qualsiasi sapere pratico, reale o millantato; ed in pi dotato di vocazione artistica, in specie canora. E lAmerica era il mondo nuovo, ove occasioni certo non mancavano per chi volesse investire talento e competenze; per questo, dietro al miraggio dellEldorado, molti emigranti trovavano il tesoro delle molte opportunit. Nella definizione di Antonio Gibelli, 5 lAmerica costituiva una risorsa integrativa, ovvero la spinta fondamentale per intraprendere una seconda vita di maggior successo.6 Sicch i talenti tradizionali ed i mestieri imparati a bottega, invece di perdersi, si consolidarono, piazzando delle vere e proprie lobby dinfluenza in fette di mercato specifiche, come quella dei cantanti lirici a Rio de Janeiro nella seconda met del secolo, ove gli italiani per parecchie

In realt, tra i grandi possidenti perdeva la terra solo chi non poteva dimostrare il diritto alla propriet neanche con documenti privati, che era facile falsificare (alluopo esistevano i grileiros). Limmigrazione dunque non scardin affatto il sistema del latifondo. Le grandi fazendas rimasero intatte nelle mani degli antichi occupanti, mentre i lavoratori erano trattenuti dalla continua promessa di liberalizzazione del mercato. Vedi: Chiara Vangelista, Dal vecchio al nuovo continente. Limmigrazione in America Latina, Paravia, Torino 1997 e Emilio Franzina, Merica! Merica! Emigrazione e colonizzazione nelle lettere dei contadini veneti in America Latina, Feltrinelli, Milano 1979. Sul tema dellemigrazione italiana in Brasile vedi: Angelo Trento, La dov la raccolta del caff. Lemigrazione italiana in Brasile, Antenore, Padova 1984 ed il saggio In Brasile in P.Bevilacqua, A.De Clementi e E.Franzina (a cura di), Storia dellemigrazione italiana, II. Arrivi, Donzelli, Roma 2002, pp. 3-23 5 La risorsa America, in Storia d'Italia. Le Regioni dallUnit ad oggi, Einaudi, Torino 1994 6 Lestesissima bibliografia italo-brasiliana lo prova con storie di vita, vedi: Franco Cenni, Italianos no Brasil, Edusp, So Paulo 2004; Rovlio Costa e L.Alberto de Boni La presenza italiana nella storia e nella cultura del Brasile (org. Angelo Trento), Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1987 e N. Santoro de Constantino, Italianos na cidade. A imigrao italica nas cidades brasileiras, UPS, Passo Fundo 2000

stagioni ebbero da affrontare appena una timida concorrenza locale. Pur essendo questo il caso storico che indagheremo, il sorprendente viaggio di Giuseppe Banfi sbarcato muratore nel 1856, improvvisato corista nella capitale e poi mercante di bigiotteria doro nelle favolose lande del Paran mostra ancora che la duttilit del viaggiatore nello scambio interculturale rendeva possibili percorsi dadattamento anche molto singolari, acquisendo via via i necessari strumenti dosservazione e di radicamento al territorio. Ne risulta che, pur quando approfittasse delle catene dappartenenza etnica o delle lobby dinfluenza precostituite; pur quando da buon patriota auspicasse lUnit dItalia e anche dopo che fu proclamata, litaliano in America non intendeva la propria nazionalit come unidentit obbligatoria o un certificato da cui attendersi privilegi. Al contrario, come nota Gramsci rispetto al tipo intellettuale dellitaliano emigrante, 7 la vocazione pioniera lo spingeva piuttosto ad agire nel contesto sociale ampio, senza fare ghetto seppur tornando sempre ad alimentarsi al patrimonio culturale dorigine.

La Parigi dei tropici Il Brasile, come lArgentina e lUruguay, fin dallinizio del Risorgimento aveva accolto insieme a naviganti, missionari e sedicenti imprenditori o artisti, molti veri esuli italiani: dalla Toscana, dal Piemonte, dal Veneto e dalla stessa Genova per tutti, porto di partenza fuggirono patrioti anche illustri quali Garibaldi e Giovan Battista Cuneo che svolsero dallAmerica Latina la propria missione di fiancheggiamento ai moti rivoluzionari. 8 Il breve periodo del Regno d'Italia istituito da Napoleone rafforzava nei patrioti italiani l'aspirazione allIndipendenza; la repentina dichiarazione dIndipendenza del Brasile, proclamata il 7 settembre del 1822 da Dom Pedro I sulle sponde del fiume Ipiranga e poi a Rio de Janeiro, nel Campo che perci fu detto da Aclamao, mostrava agli esuli italiani la possibile realizzazione del sogno rimasto frustrato in patria. Mentre il secolo avanzava, le centinaia di viaggiatori diventavano migliaia di emigranti, talvolta istruiti ma, come gli altri, spinti ad attraversare loceano dal miraggio di una vita nuova in un paese giovane, generoso e lanciato in una febbrile corsa al progresso. Nel 1843, il matrimonio dellImperatore Dom Pedro II con la principessa napoletana Teresa Cristina Maria di Borbone contribu a propagare lammirazione imperiale per la cultura italiana
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Gli intellettuali e lorganizzazione della cultura, Einaudi, Torino 1950 Per le attivit dei carbonari esuli in Brasile vedi M. Pace Chiavari, Nel paesaggio di Rio de Janeiro il tricolore della Giovine Italia, in Il Risorgimento Italiano in America Latina, Atti del Convegno Internazionale, Affinit Elettive, Genova-Ancona 2006

come un entusiasmo alla moda ed indispensabile al transito sociale, il che ovviamente facilitava linserimento di immigrati dal Bel Paese, a maggior ragione se artisti. Per gli altri, una scia di buonia-tutto che a finire il secolo prese le forme di un inarrestabile esodo, provvedeva anche la patriottica solidariet dellImperatrice, dal 1856 patrona dellarticolatissima Societ Italiana di Beneficenza e Mutuo Soccorso di Rio che per prima cosa costru limponente Ospedale della Misericordia. Annunciando la fondazione della Societ a Massimo dAzeglio, il console sardo F dOstiani includeva il nome dellImperatrice Teresa Cristina tra altri compatrioti notabili che in pochi anni, fattisi una posizione, si disponevano a realizzare un progetto collettivo che poteva dirsi modello dunit nazionale prima ancora che si facesse lUnit dItalia. Daltronde fondare circoli, associazioni ricreative benefiche e clubs era una mania a Rio de Janeiro dove ogni comunit di immigrati, puranche esigua come quella inglese, ne vantava almeno uno, con splendidi saloni ove ospitare eventuali viaggiatori illustri e celebrare date della storia del paese dorigine. Oppure, incontrarsi per scambiar facezie e sfoggiare notizie, come molti italiani, per lo pi intellettuali (quali Luigi Persiani, presidente della Societ di Mutuo Soccorso; Luigi Vincenzo de Simoni, medico personale nonch consigliere di letture dellImperatrice), talvolta esuli (Luigi Bompiani, Arcangelo Fiorito, Carlo Negri, Carlo Rossetti) usavano fare ogni pomeriggio nella libreria-tipografia di Francisco de Paula Brito al Largo do Rossio (attuale Praa Tiradentes). La libreria, che fungeva anche da sala da t, era frequentata dal fior fiore dellelite brasiliana: ci passavano i pomeriggi lattore Joo Caetano, il poeta Gonalves Dias ed il romanziere Machado de Assis. 9 Il circolo costituiva una specie di campo neutro dove lo scrittore al debutto chiacchierava col consigliere di Stato e il cantante italiano se la rideva con lex-ministro. Lultima novit del Parlamento? Il titolo della prossima opera italiana? Insomma, le notizie che tutti volevano sapere? Bastava andare l.10 La moda cosmopolita imperversava a Corte e gli stranieri prosperavano. Il barbiere parigino Teyssier era tanto apprezzato che, quando torn in Francia, il suo garzone adott il nome insieme al negozio. Sarte e modiste francesi spopolavano. Un certo signor J.Joly annunciava periodicamente sul Jornal do Commercio larrivo di un vasto assortimento di alberi da frutto e da fioritura europei, i pi belli e moderni. I tedeschi aprirono una tipografia e vari ristoranti, uno dei quali serviva con successo un vino ungherese. I portoghesi controllavano il commercio al minuto e gli italiani generalmente si adattavano ai lavori pi umili: conducevano le carrozze o suonavano lorganetto

Sulla passione di Machado per lopera lirica e per la lingua italiana, appresa da autodidatta, vedi Edoardo Bizzarri, Machado de Assis e a Italia,, Instituto Cultural Italo-Brasileiro, cad. 1, So Paulo 1961 10 Wilson Martins, Histria da inteligncia brasileira, So Paulo 1978 (vol. II), p. 498

agli angoli delle strade.11 La musica li riscattava. Se il francese era indispensabile nelle conversazioni eleganti, era per litaliano la lingua dobbligo nellistruzione musicale delle fanciulle. Per stanare talenti e diffondere larte del bel canto anche tra le classi meno abbienti, lImperatore aveva sovvenzionato la fondazione, nel 1841, del Conservatrio Dramtico e Musical Brasileiro e finanziava le stagioni dopera integralmente, tramite lotterie oppure stimolando la fondazione di societ ad hoc tra i dilettanti pi abbienti. Il gusto per la lirica corroborava il progetto imperiale di rifondare lidentit del giovane Stato emancipandolo dallarretrato passato coloniale ed avviandolo ad un futuro di progresso, perch, oltre al pubblico diletto e allorgoglio nazionale, pure la tranquillit, la pace, i buoni costumi richiedono la protezione del governo per le compagnie italiane. 12 Dom Pedro II sognava un Brasile civile e moderno, capace di conquistare i conquistatori europei sfoggiando precoci risultati nelle pi avanzate espressioni di modernit, senza per mai perdere il senso delleredit umanista. Tale progetto, alimentato dalla raffinata cultura dellImperatore che prediligeva lItalia come patria del bello e culla delle arti, promuoveva nellimmaginario di italiani e brasiliani una sorta di consanguineit elettiva che facilitava la convivenza. Allo straniero a passeggio per i viali della capitale, arredati come quelli di Parigi, poteva sembrare dessersi adattato fin da subito agli ag tropicali e cortigiani della borghesia locale, nel caso riuscisse a dimenticare linsalubrit del clima e delle acque nere che scorrevano a cielo aperto gi per i declivi e nei campi adiacenti le vie pubbliche. La futura Parigi dei tropici per si mostrava decisa a venire alla luce, divincolandosi dalle spoglie di capoluogo di una colonia tanto esotica quanto primitiva. Nel giro di pochi decenni, tra la met del secolo ed il 1870, la citt che gi contava 400.000 abitanti si dot di acquedotti, paviment le strade del centro e le illumin, tracci le prime linee di tramvai. Il governo imperiale fu allavanguardia tra le grandi nazioni nella sperimentazione di telegrafo e telefono, anche se con linee ridottissime; e fece fronte con inedita solerzia alla funesta sequela di incendi che sbriciolarono per ben tre volte in dieci anni (1851, 1856 e 1859) lunico palco della Corte adatto allOpera, il Teatro S. Pedro de Alcntara (j Real Teatro Dom Joo VI). La superstizione popolare attribu la cosa al fatto che ledificio era stato costruito con pietre sottratte ad unantica chiesa. La prima volta si rimedi allestendo in tre mesi un palco provvisorio, detto

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Notizie riportate da Luis G. de Escragnolle Doria, Cousas do passado, Rio de Janeiro 1909 e Frderic Mauro, O Brasil no tempo de Dom Pedro II, Cia. das Letras, So Paulo 1991. Cfr. anche Delso Renault, A vida da cidade refletida nos jornais, MEC, Rio de Janeiro 1978 12 Relazione del 22.7.1835 del Ministero dellImpero, apud Marco Lucchesi, Mitologia das platias: a pera e a casa de pera na corte (1840-1889), rivista Setembro, n.1, Rio de Janeiro 1986, p.13

appunto Teatro Provisrio e inaugurato con quattro balli pubblici nel Carnevale del 1852, appena in tempo per accogliere la compagnia lirica italiana sbarcata prima di Capodanno. Col corpo di ballo viaggiava Marietta Baderna, giovanissima toile della Scala ed esule da Milano con il padre carbonaro.13 Il teatro, che doveva servire per tre anni, ne dur ventitr, finch fu pronto per sostituirlo un nuovo gigantesco teatro in muratura (lImperial Teatro Dom Pedro II) per la costruzione del quale fu necessario indire tre lotterie. Nel Campo da Aclamao, appena decentrato dal centro (attuale Campo de Santana, allangolo tra Rua do Hospcio e Rua dos Ciganos, attuali Buenos Aires e Constituio) dove era stato sistemato il Teatro Provisrio, migr anche, nel 1854, il Museu Nacional: una specie di enorme archivio etnografico che ospitava, tra altre curiosit, anche gli studenti del Conservatrio Dramtico e Musical. Dirimpetto, nel 1858, fu inaugurata in pompa magna la Estao Central (poi dai repubblicani ribattezzata Central do Brasil) nonch il primo tratto di strada ferrata dellAmerica Latina: progetto pioniere che intendeva emulare il grandioso modello nordamericano14 pur limitandosi ad un unico collegamento, dalla capitale alla vicina freguesia di Queimados. Sulla locomotiva sbuffante, meraviglia del progresso, salirono per primi, dopo il taglio del nastro, lImperatore e lImperatrice, con gran concorso di ministri e pubblico plaudente. Oltre il Campo da Aclamao e la ferrovia, oltre la Rua da Valla, cio del fossato, si stendeva a macchia dolio la Cidade Nova: senza fontane, senza vialetti, carrozze o tramvai, senza illuminazione a gas, senza negozi n teatri e, ovviamente, senza fognature. Da laggi, senza scampo, arrivava il contagio. Fu di febbre gialla quello del 1851 in cui ci rimisero la pelle i due terzi della compagnia lirica italiana, compreso il padre della Baderna. Colpiva i bianchi e disseminava le strade di carcasse di animali. Il Municipio incaricava delleliminazione dei rifiuti e della pulizia delle strade appositi Intendenti di Polizia, muniti di carrozze e di schiavi neri che si caricavano sulle spalle i cadaveri e sulla testa barili di feci come fossero ceste darance. Come se niente fosse, lopera italiana debutt il 25 marzo 1852, alla data prevista, col Macbeth di Verdi, alla presenza delle Auguste Maest Imperiali. Smentire il terrore che i giornali facevano echeggiare dallaltra parte delloceano fu compito, fra altri, del console brasiliano a Genova

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Per quanto riguarda laffascinante destino brasiliano della Baderna, vedi Silverio Corvisieri, Baderno, la ballerina dei due mondi, Odradek, Roma 1998 14 Gi nel 1857 il Nord America disponeva di 43.549 km di ferrovia su 340 linee che sezionavano il paese in tutte le direzioni. La ferrovia brasiliana, progettata dallingegnere inglese Edward Price per fungere da spina dorsale del paese (doveva collegare Rio a Belm con ramificazioni in tutti gli stati) si limit invece ai collegamenti tra Rio, Belo Horizonte e So Paulo. Nel secolo XX, il progetto fu abbandonato.

(Ernesto de Souza Le Conte) che neg ufficialmente lepidemia. 15 A met di quellanno, ancora in pieno contagio, sbarc in citt la soprano Rosina Stoltz e fece furore; guadagn in otto mesi quattro volte lo stipendio di un ministro dellImpero; poi fugg in incognito, in piena crisi dipocondria. 16 Il 1853 segn lapice della febbre di balli, esibizioni, concerti e feste con cui la Corte rinnegava lemergenza sanitaria e contrapponeva lo sfoggio delle ultime mode europee allo stato darretratezza vigente nel resto del paese. Perfettamente accomodata nella Baia di Guanabara ma priva di un movimento industriale che la rifornisse di prodotti, la capitale, pur avendo le carte in regola per diventare in breve il maggior porto latinoamericano sullAtlantico, si accontentava di far commercio di lussi e vanit. Ogni genere di velleit era offerta in affitto sulla pagina dinserzioni dei giornali locali, compresi i servizi pi comuni degli africani che erano doppiamente sfruttati dai loro sfaccendati e spesso squattrinati proprietari. Nessuno degli aristocratici politici brasiliani osava denunciare il traffico clandestino di schiavi, tanto meno si prendeva limbarazzo di rivendicare labolizione della schiavit, pur mostrando una nobile indignazione dinanzi a scene di ordinaria amministrazione cui assistessero anche eventuali visitatori europei. E, noblesse oblige, nessun aristocratico mancava alle occasioni mondane cui si faceva condurre in carrozza, lusso che a Rio de Janeiro costava il triplo che a Londra. Sua Maest apprezzava i valzer e apriva con stile le danze; ma i suoi compositori preferiti dunque i pi gettonati nelle riunioni artistiche cui si degnava di comparire erano Verdi, Rossini e Donizetti. 17 Nel 1854 lepidemia fu di colera che, al contrario della febbre gialla, colpiva pi facilmente i neri e in un anno e mezzo fece 5.228 vittime dichiarate.18 Nel frattempo sbarcarono le dive Mme. de la Grange e Mme. La Grua con una sfilza di bassi e tenori ed un esercito di coristi, tutti reclutati in Europa. Il Teatro Provisrio era sgraziato fin dal progetto: un capannone con 124 palchetti disposti su quattro ordini sovrastati dalla galleria e una platea arrotondata (per ospitare, alla bisogna, anche il circo) decorata con ritratti di Bellini, Verdi, Donizetti, Auber, Schiller, Catalani, Meyerbeer e

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Bollettino Storico Commerciale Marittimo, Genova, 26.6.1851 Quando lImperatore la invit a tornare nel 1857, la Stoltz chiese ed ottenne 320.000 franchi per sei mesi a patto di cantare al massimo due volte la settimana, un beneficio di 50.000 franchi, viaggio e alloggio pagati, otto servitori due carrozze e dodici cavalli a sua disposizione. Vedi: Vincenzo Cernicchiaro, Storia della musica nel Brasile dai tempi coloniali fino ai giorni nostri, Riccioni, Milano 1926, p.220 17 I diari di viaggio dellepoca registrano ogni genere di curiosit, vedi: Charles Expilly, Le Bresil tel quil est, Paris 1862 e i diari femminili citati da Miriam Moreira Leite, Livros de viagem (1803-1900), UFRJ, Rio de Janeiro 1997 18 Jos Pereira Rego, Memria histrica das Epidemias da febre amarela e cholera, morbus que tm reinado no Brasil, Rio de Janeiro 1873 (apud Corvisieri, op.cit).

Rossini su un fondo rosa acceso, pare di pessimo gusto.19 Ma, pur brutto comera, il teatro aveva rivelato uninsospettabile qualit acustica, colta a tempo dallorecchio degli impresari che ne fecero il tempio della passione operistica. 20 A maggio, in pieno contagio, fu reinaugurato in gran gala, con lErnani sui manifesti ed una scintillante targa sul frontespizio: Teatro Lyrico Fluminense. Fra tutti i palchi urbani ove i borghesi si osservavano e tentavano la scalata sociale, disputando campionati detichetta, scambiandosi cortesie e combinando matrimoni, il Lyrico Fluminense divenne quello pi adatto allesibizione di s. Nei suoi quasi mille posti tra palchi, galleria, balconata, prima e seconda platea, gli spettatori si distribuivano ciascuno secondo la propria classe, come in un microcosmo ordinato da una gerarchia di potere visibile e concretamente riflessa dal divario tra i prezzi delle poltrone. La sintassi dello spazio di un teatro sempre direttamente proporzionale al prestigio assicurato da ciascuna postazione, nella gamma dei valori di visibilit (del vedere e dellesser visto). Una gerarchia di potere al cui apice, nel caso del Lyrico, troneggiava Sua Maest nella tribuna imperiale appesa sul palcoscenico. Ben lo sapevano i gestori della sala i quali, a partire dal 1854, condizionarono la vendita dei biglietti allaffitto stagionale oppure allacquisto definitivo della poltrona numerata, in alcuni casi contrassegnata con il nome dei proprietari. Lo stesso Imperatore in quegli anni non si negava a presenziare le serate di gala, facendosi annunciare sulle locandine. Dom Pedro II riconosceva nel teatro il topos del suo progetto di nazione, accogliente ed ordinata secondo precise ambizioni politiche e culturali; tanto che molti anni dopo a partire dal 1888 quando, nei rientri tra un viaggio internazionale e laltro, si trasfer sulle alture di Petrpolis per sfuggire al collasso sanitario della capitale la sua assenza della tribuna imperiale significher anche, agli occhi dellopinione pubblica, una tragica diserzione dal progetto di nazione. Agli spettatori si vendeva, con il biglietto, lartificiale e momentanea immunit da qualsiasi pericolo, di cui solo il mondo dello spettacolo capace. Pi che la difesa dellorgoglio patrio o lesibizione di qualit artistiche, si auspicava che gli artisti producessero occasioni di pubblico divertimento e di evasione dalle strade infestate dai contagi. The show must go on. Gli artisti ignari o sprezzanti del pericolo, oppure messi alle strette dalla fame arrivavano a sciami dallEuropa, attratti come mosche al miele da vaghe ma generosissime promesse contrattuali.

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Allinaugurazione, il Jornal do Commercio (29.3.1852) rimprover il costruttore Vicente Rodriguez per la scarsa eleganza del nuovo teatro. Altre informazioni sul Teatro Provisrio sono fornite da Vivaldo Coaracy, Memrias da cidade do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro 1965 e Augusto Mauricio, Meu velho Rio, Rio de Janeiro, s/d, p.128. 20 Linformazione fornita da Gyorgj Miklos Bohm, Enrico Caruso na Amrica do Sul: o mito que atravessa o milnio, Cultura Editorial, So Paulo 2000

Nellaprile del 1855 apr un nuovo teatro per la prosa, il Gynsio Dramtico, gestito da portoghesi nella vicina Praa So Francisco; subito dopo, approfittando della stagione di riposo in Europa, sbarcarono le prime compagnie francesi di operetta e vaudeville. Il business dellopera buffa mostr desser cos promettente che in pochi anni sinaugur un salone apposito per il caf chantant, a nome Pavillon du Paradis (omonimo alla sala aperta da Offenbach a Parigi qualche mese prima), proprio di fronte al Teatro Lyrico Fluminense. Nel 1859 il salone si dot di spars, denud le cosce delle soubrettes e prese il nome di Alcazar Lyrique. Le francesi circolavano liberamente per la citt, vestite alla moda parigina (con una stagione di ritardo) e sfoggiando carrozze, domestici e brillanti enormi, dono dincauti fazendeiros. Erano loro che occupavano le poltrone pi in vista nei teatri; mentre le dame brasiliane maritate si tappavano in case prive di libri e in severi abiti neri, le rare volte che uscivano da sole, magari per andare alla messa. Accompagnavano i mariti allopera, ma con lobbligo di restare invisibili, retrocesse al secondordine di sedie nei palchetti di propriet della famiglia. Quello delle francesi era il contagio che pi preoccupava la borghesia benpensante della capitale: linfluenza epidemica, perniciosa, palustre dellAlcazar, tale che perfino Rossi e Salvini ebbero a Rio qualche notte pressoch senza pubblico e ci volle tutto il prestigio della Ristori e linesauribile tesoro del suo straordinario genio e profonda maestria artistica, perch non Le accadesse la stessa cosa.21 Rossi, Salvini, Ristori. Stelle peninsulari che brillarono nel firmamento tropicale e imposero sui palcoscenici della Corte una moda italiana egemonica, una passione di massa prima per lopera lirica e solo poi per larte drammatica, a partire dal 1869, quando sbarc a Rio de Janeiro Adelaide Ristori. Pioniera, tra gli attori, ad intraprendere lavventura dei viaggi intercontinentali, la Ristori dopo la consacrazione nelle capitali europee (principalmente Parigi) aveva deciso di battere le rotte trionfali dellopera lirica ed era partita alla conquista di pi ampli orizzonti. In Sud America, la Ristori divenne un fenomeno di consumo ed inaugur il mercato delle tourne transoceaniche, lanciando mode come il debutto mondiale di un nuovo titolo in una capitale estera, lattivazione anticipata delle campagne promozionali tramite stampa, pre-vendita di abbonamenti, pubblicazione di biografie encomiastiche e distribuzione sul mercato al dettaglio di gadgets legati al nome dellartista. La moda Ristori, proiettando nellempireo dellarte il nome della primadonna mentre lo rendeva accessibile ai fans tramite redditizie pratiche di compra-vendita, decret il suo successo a Corte. Nel 1874, la Parigi dei tropici fece da trampolino di lancio del viaggio della Ristori intorno al

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Joaquim M. de Macedo, Memrias da rua do Ouvidor, Rio de Janeiro 1887, pp. 111-112

mondo, coperto in dettaglio per quasi due anni dalla stampa mondiale. 22 Sulla rotta trionfale Rio Buenos Aires Montevideo la seguirono quasi tutti i grandi nomi italiani (Salvini, Rossi, Emanuel, Novelli, Pasta, Maggi, Giacinta Pezzana, Celestina Paladini e fino alla Duse) e anche francesi (Coquelin, Sarah Bernhardt) con rispettivi mattatori e primedonne, spartendosi le cabine dei transatlantici con i cantanti lirici, mentre nelle stive saccalcavano le famiglie degli emigranti con le loro miserabili carabattole. Per riscattarsi dalle ristrettezze del mercato peninsulare, gli artisti italiani si facevano concorrenza in America, per su ben altra scala di profitti e con la provinciale certezza che un eventuale trionfo allestero aumentasse il proprio potere di trattativa con gli agenti in patria. 23 Diversamente dagli artisti inglesi e francesi, la cui presenza in America Latina era saltuaria, e dagli spagnoli e portoghesi i quali, in virt dellaffinit linguistica, facilmente fissavano residenza, i teatranti italiani tradizionalmente nomadi e con poche pretese si lanciarono in massa nel business delle tournes transatlantiche, allora chiamate giri che diventavano vere e proprie trasferte della classe artistica durante la bella stagione europea, quando le condizioni climatiche nellemisfero sud apparivano meno minacciose. A temperatura appena tollerabile (diciamo sotto i trenta gradi) qualsiasi citt latinoamericana dotata del pi precario palcoscenico poteva sembrare lEldorado. Perfino Manaus, allora floridissima grazie allestrazione della gomma dalla foresta, si dot di un teatro rosa che spiccava come un confetto tra le anse limacciose del Rio delle Amazzoni e divent tappa obbligatoria dei circuiti lirici e drammatici. Leterna sfida tra lestro degli italiani e luniversale scuola francese divenne, a Rio come a Montevideo e Buenos Aires, materia di pubbliche dispute che vedevano schierata la compatta tifoseria della locale comunit immigrata a favore del celebre compatriota di turno. Poi, nei decenni a finire il secolo, mentre il Brasile, da Corte di un Imperatore illuminato, scivolava di collasso in collasso (sanitario, finanziario, politico) verso la slavata Repubblica che traghetter il paese nel Novecento, il prestigio di quelle capitali decadde ed evapor anche per gli artisti europei il mito dellEldorado latinoamericano.

Delirio lirico

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Sui favolosi viaggi della Ristori vedi innanzitutto Eugenio Buonaccorsi, Adelaide Ristori in America, in Larte della recita e la bottega. Indagini sul grande attore dell800, Bozzi, Genova 2001. Per lo specifico dei viaggi brasiliani vedi A. Vannucci, La regina delle scene alla corte dellImperatore, Studi Portoghesi e Brasiliani n.23, Roma 2003; Uma amizade revelada. Epistolrio entre o Imperador Dom Pedro II e Adelaide Ristori, Fundao Biblioteca Nacional, Rio de Janeiro 2004 23 Su questo tema vedi A. Vannucci, Gli attori viaggianti, Letterature dAmerica, n. 97, Roma 2003

Fu solo a partire dalla met del secolo, dopo i primi ventanni di un governo che Dom Pedro II aveva assunto bambino, che la temperie cosmopolita della Corte corrispose pienamente alla predilezione della famiglia imperiale per larte italiana. Gli immigrati italiani pi in vista in specie se intellettuali o con ambizione di divenirlo, come quelli che si davano appuntamento alla libreria di Paula Brito simpegnarono a lato dei brasiliani nella campagna per il finanziamento delle stagioni dopera italiana e per la ricostruzione del Teatro S.Pedro, oltre che nellorganizzare patriottiche manifestazioni daccoglienza per cantanti, mattatori e muse italiche di passaggio. La libreria funzionava anche da box-office del Teatro Lyrico: vi si stampavano e vendevano abbonamenti, libretti bilingui per le opere in programma e foglietti con le arie pi celebri. Durante i festeggiamenti per il compleanno dellImperatrice Teresa Cristina, il 18.3.1855, lo scrittore Jos de Alencar, frequentatore assiduo, ebbe modo di ricordare ai suoi lettori quanto la cultura brasiliana fosse debitrice alla buona terra dItalia, e questo sia per le belle notti in teatro che dobbiamo alla scuola italiana ed ai suoi gen musicali; e sia perch l, in mezzo a quelle rovine secolari, nel suolo dove visse il popolo-re, nella terra in cui nacque Virgilio, che un poeta brasiliano pu trarre la pi profonda ispirazione per imprimere nel suo poema nazionale quel carattere di grandezza e di sublimit che il tempo ha lasciato nella storia di quel popolo. Tutto questo deve il Brasile all'Italia.24 Proseguiva annunciando lo sbarco di nuove celebrit provenienti dalla terra classica delle arti e del bello con la certezza che i buoni spettacoli, lesempio e le lezioni degli artisti di talento sicuramente favoriranno lo studio della musica italiana tra noi, contribuendo alla crescita di talenti nazionali. La predilezione di Alencar per lItalia non era una passione solitaria. Colleghi scrittori come Machado de Assis, Martins Pena, Muniz Barreto e Gonalves Dias, nonch giornalisti, attori e spettatori da anni sognavano il gemellaggio culturale con la penisola, tanto che in quel 1855 un gruppo di folies rivendic un carnevale ad imitazione di quello che allora si svolgeva a Roma. Annunciando luscita, per i tipi di Paula Brito, del libretto bilingue degli Arabi nelle Gallie con nuovo sistema interlineare di traduzione ad opera dello stimato prof. Galleano-Ravera (che era anche autore del Metodo prtico para aprender a lngua italiana pubblicato proprio quellanno) il Diario do Rio de Janeiro si augurava di fare presto dellitaliano una lingua famigliare a tutti in

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Ao correr da pena, cronache pubblicate sul Correio Mercantil (1855), So Paulo 1874. 4 a ed. a cura di Joo R.Faria, Martins Fontes, So Paulo 2004. Il suggerimento fu preso alla lettera: lImperatrice Teresa Cristina indisse borse di studio per lItalia a favore di artisti brasiliani particolarmente dotati, come il compositore Carlos Gomes che grazie al suo sostegno fece una carriera fulminante (debutta al Lyrico Provisrio nel 1861 con A noite do Castelo, nel 1864 gi a Milano, nel 1866 riceve il titolo di maestro al Conservatorio e nel 1870 debutta alla Scala con Il guaran).

Brasile. Tutti i dilettanti devono saperlo per forza. incontestabile: per poter apprezzare lopera, bisogna saper litaliano (28.1.1855). Fra tutti gli amori italici, per, quello che pi dilagava era il gusto per il bel canto: un delirio lirico che in quel decennio non fece che crescere. Erano i tempi omerici del Teatro Lirico, descrive Machado de Assis che, allepoca diciassettenne, dedic la sua prima poesia ad una italiana: 25 ovviamente una cantante. Era la favolosa Augusta Candiani, un viso ed una voce che popolarono per molti anni i suoi ricordi di spettatore, come poi quelli della Ristori, di Rossi e di Salvini. Del superiore talento drammatico italiano e del suo trionfo sui palcoscenici della Corte, Machado fu uno dei pi appassionati promotori: la sua passione teatrale era per condizionata allarte della declamazione ed alluso della voce, di cui i grandi attori italiani erano virtuosi. Quando, nel 1867, la Ristori debutt con Medea di Legouv proprio al Teatro Lyrico, Machado annunci la resurrezione della musa tragica, attribuendo la sua superlativa qualit drammatica alla magia lirica della voce capace di sintetizzare diversi effetti sonori nel medesimo contesto armonico ed allo straordinario strumento della lingua italiana, tra tutte la pi armoniosa: uno dei pi intonati strumenti della sonorit umana. 26 Invece non linfiammarono affatto, anni dopo, larte intimista e la voce naturale della Duse, perch ammise io capisco solo litaliano cantato e la Duse non canta (Gazeta de Notcias, 25.7.1885). Ebbene, la favolosa Candiani non solo cantava: metteva il cielo in bocca [] Quando sussurrava i versi della Norma cera di che rimanere tramortiti. Il pubblico carioca, che impazzisce per la melodia come le scimmie per le banane, viveva allora la sua aurora lirica (Ilustrao Brasileira, 15.7.1877). La soprano milanese che merit il primo poema di Machado fu anche una delle prime che sbarc a Rio nel 1844 e divent un mito in una sola notte, cantando la Norma di Bellini. Ventenne, sera imbarcata a Genova per un viaggio lungo e rischioso senza alcuna promessa dingaggio: fidandosi delle promesse di un marinaio e della fama di melomani attribuita ai cittadini di Rio. 27 La moda fomentava il mercato ed attraeva frotte di cantanti dopera, italiani a volte pure italiani e
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Pubblicata sulla Marmota Fluminense (15.7.1855), giornale di moda e variet il cui redattore era lo stesso Paula Brito. 26 A ci attribu lequivoco di presentare la Ristori come una cantante, quando in verit la sua declamazione rivela una traduzione lirica e musicale degli intimi sentimenti dellanimo con tale arte che ricorda i cori della tragedia greca. Folhetim do Dirio do Rio de Janeiro, s/d, in Homenagem a Adelaide Ristori, Dupont&Mendona, Rio de Janeiro 1869, p. 55. Per lopinione di Machado sugli altri artisti vedi Vannucci, Gli attori viaggianti, cit. 27 Sulla Candiani vedi Silverio Corvisieri, Musica danza e belcanto. Il mito dellItalia nel Brasile dellOttocento, in Letterature dAmerica, n. 97, 2003. Allarrivo, cos giustific limpresa: Noi sottoscritti, artisti di canto, dichiariamo che il signor Pietro Pittaluga capitano del brigantino sardo Empireo, conoscendo la propensione e il desiderio degli abitanti di questa capitale nei confronti della musica vocale italiana, di sua spontanea volont ci ha proposto di unirci in una societ, dopo averci scelti in mezzo a molti altri e ha poi firmato con noi un contratto, che abbiamo accettato di comune accordo, secondo Ayres de Andrade, Francisco Manuel da Silva e seu tempo, Rio de Janeiro 1967 (vol. I), p. 196.

basta, per privilegio di nazionalit subito acquisiti a ruolo di specialisti e francesi o tedeschi, dedicati allarte del bel canto. I brasiliani amano quellarte! Qui non si canta altro che arie dopera persino nelle feste religiose. Bellini e Donizetti allassalto dei pulpiti!. la scherzosa opinione di un osservatore non sospetto come il pittore francese Charles Ribeyrolles, esule a Rio nel 1858-59 dopo aver partecipato al Quarantotto parigino. Quindici anni sono passati ma il vero divertimento carioca nonostante il caldo che fa ancora il teatro; ed il pi ricco, il pi affollato, il miglior teatro di Rio il teatro lirico italiano. Il Ginsio Dramtico e il So Janurio, pur essendo degni di molte piccole sale di Londra e Parigi, gli sono senzaltro inferiori mentre perfino il circo equestre meglio frequentato del francese Alcazar Lyrique. La direzione (del Lyrico Fluminense), generosamente sovvenzionata, fa concorrenza alle pi prestigiose accademie europee di musica e, se non sempre voci fresche, riesce talvolta ad accaparrarsi qualche bel nome nella sua compagnia franco-italiana.28 Ecco il problema: nonostante la presenza costante dellImperatore e i suoi sforzi pedagogici, quali le borse di studio e la sovvenzione pubblica al Conservatorio, larte italiana restava indotto di artisti italiani o al massimo francesi... Nel 1857, lImperatore raddoppi la posta in gioco, sovvenzionando la fondazione dellImperial Academia de Msica e dellannessa compagnia dellpera Nacional (tenuta a scritturare almeno met del suo organico tra artisti brasiliani di nascita) perch facesse concorrenza alla Compagnia Lirica Italiana, inamovibile carrozzone che aveva cambiato impresari, soprani e coristi senza mai perdere il monopolio del gusto. Nessuno si stup del fatto che della direzione dellOpera Nacional fosse incaricato il maestro italiano Gioachino Giannini, insegnante di Carlos Gomes al Conservatrio Dramtico prima che questi partisse per Milano. Giannini, radicato in Brasile da molti decenni, portava avanti con entusiasmo lidea di una futura produzione operistica in lingua portoghese.29 Uno dei pi decisi sostenitori dellidea era Paula Brito, che dalle colonne della sua Marmota Fluminense afferm leccellenza dellimpresa nazionale ancor prima del debutto e prese a pubblicare libretti con lopera annunciata gi belle tradotta in portoghese. Il momento clou della querelle fu a met ottobre, quando due Norme (una in portoghese, laltra in italiano) debuttarono contemporaneamente al Teatro S. Pedro de Alcntara (appena ricostruito dopo il secondo incendio e diretto dallattore Joo Caetano) e al Lyrico Fluminense. Lanno seguente, il

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Brasil pictoresco. lbum de vistas, panoramas, monumentos e costumes, Paris, 1861. Vedi anche Joo R.Faria, Teatro realista no Brasil (1855-1865), Perspectiva, So Paulo 1993 e L.Hessel e G.Raeders, O teatro no Brasil sob D. Pedro II, EDURGS, Porto Alegre 1979/1986 (2 voll.) 29 Cfr. Guimares JR., Perfil biogrfico, Rio de Janeiro, 1870 e Lafayette Silva, Artistas de outra era, Revista do Instituto Histrico e Geografico Brasileiro, vol. 169, Rio de Janeiro 1939, pp. 1-196

terzo incendio dellunico altro palco adatto allopera fece traballare le speranze di chi sazzardava a far concorrenza agli italiani quando si trattava di cantare. Morto il maestro Giannini nel luglio del 1860, lOpera Nacional fu estinta, dopo due sole stagioni di vita finanziata. Lepisodio uno spiraglio che rivela un particolare percorso di civilizzazione. La ricerca dellidentit nazionale brasiliana, intrapresa con lIndipendenza e quindi nella fase di distacco dal Portogallo, si affermava a met del secolo nellimperativo di una nuova europeizzazione culturale che, paradossalmente, partiva dalla squalifica delle potenziali qualit autoctone. La volont di potenza della giovane e gigantesca nazione guidava la marcia della civilt, fomentando la sensazione euforica del progresso ad ogni costo e negando la percezione del ritardo catastrofico, dovuto alla distanza geografica e temporale della ex-colonia dallex-centro. Il vecchio mondo era sempre, comunque, davanti al nuovo come un modello; per superarlo era necessario comprenderlo ed acquisirlo se non profondamente, almeno letteralmente. Lapertura dei porti aveva accelerato il processo. DallEuropa simportavano vini e acque minerali, spezie, profumi, cuochi e pasticcieri, stoffe, cappelli, bastoni, gioielli, modiste e mode da primo mondo cos come cantanti pi brave e prostitute pi raffinate. Perfino il profumo della lavanda francese pareva insostituibile: e i nobili mandavano le camicie in lavanderia a Parigi. Uninserzione sul Jornal do Commercio (8.11.1858) mostra bene lassurda esterofilia che caratterizza in quegli anni il processo di emancipazione del Brasile, Impero nuovo che pende dallantico come da un sole intorno a cui, al pi, potr orbitare. Al rispettabile pubblico di dilettanti della Corte, notasi una citt incastonata nella foresta atlantica e zeppa di spec canore, offresi un gran numero di canarini, merli, usignuoli e altri passeri, eccelsi cantanti, con grande assortimento di gabbie del pi squisito buon gusto, tutto importato dallEuropa. Fenomenali opere del progresso quale la canalizzazione del fiume Maracan, il telegrafo elettrico, lilluminazione a gas o la costruzione della ferrovia perdono totalmente interesse agli occhi dellopinione pubblica dinanzi al fulgore di Mme. Stoltz (Jornal do Commercio, 25.6.1852). La pi sublime delle voci canterine, appunto. Ben pi che la causa dellopera nazionale, la passione dei dilettanti animava risse tra opposte tifoserie a favore di questa o di quella cantante italiana (o francese o tedesca) arrivata fresca fresca da Vienna, Trieste, Parigi o Milano. In assenza di campi sportivi e di un parlamento democratico, studenti, artisti ed intellettuali frequentavano i teatri con la smania di difendere la bandiera prediletta ed attaccare gli avversari: il partito della Candiani contro quello della Stoltz, lagruisti contro lagrangisti, i devoti della Baderna contro i suoi nemici. Questultima, come racconta benissimo Silverio Corvisieri in Baderno (op.cit.) portava sul palco carioca, che finallora aveva offerto poco

pi che un sonnolento rifugio alla borghesia cortigiana locale, il marchio di un passato sovversivo: durante la sua ultima recita alla Scala, come toile, aveva sputato sulla prima fila di ufficiali austriaci. Le scorribande dei baderneiros, giovani repubblicani che onoravano il culto della loro beniamina con manifestazioni dincandescente ammirazione, cominciarono a costituire una preoccupazione per lordine pubblico. Ad un certo punto Marietta, una silfide di neanche ventanni che viveva da sola e non rinunciava alle feste notturne coi suoi ammiratori sulle spiagge di Rio (allora selvaggie), inser nel programma ufficiale del balletto una umbigada, danza femminile di origine africana. Intendeva fare omaggio alla sensualit delle donne nere con una danza a ventre scoperto, giudicata oscena e censurata dalla societ brasiliana schiavista; con evidente provocazione, additava il re nudo e lo faceva dal palcoscenico pi chic della Corte. Era il 1854. Lo scandalo inebri gli studenti e terrorizz i borghesi, impose il nome della Baderna per mesi su giornali, locandine e riviste prima che la direzione del teatro silurasse lincauta ballerina. Fu cos che il balletto fu declassato dalla pi sublime delle arti importate dallEuropa a divertissement infilato negli intervalli delle opere italiane e bollato come scuola di prostituzione al pari delle disdicevoli danze dellAlcazar Lyrique. Oltre a mostrare a quale livello di censura poteva giungere il complesso di sudditanza postcoloniale, il subisso della Baderna e, con lei, delle sorti del balletto a Corte fa emergere la mancanza di scrupoli di un personaggio che prender molto spazio nella nostra storia: linfluente impresario Jos Manoel de Arajo, che aveva strappato la gestione del Lyrico Fluminense, con relativo finanziamento, allattore ed impresario Joo Caetano. Uno dei patti in convenzione era, appunto, la creazione di un corpo di ballo; nonostante ci, per i motivi sopradetti e con lalibi di un necessario aggiustamento di bilancio, Arajo dopo la Baderna falci ballerini e coreografi, quasi tutti italiani e senza rivali sulla piazza, perci difficilmente sostituibili. Laprile seguente, per rimpiazzare il balletto negli intervalli del Don Pasquale, Arajo convoc la banda della fregata francese Poursuivante ormeggiata in porto. I baderneiros insorsero in difesa dellarte della loro eroina, ma le contemporanee vicissitudini della soprano Arsne Charton-Demeur, scritturata da Arajo a Parigi alla favolosa cifra di 120.000 franchi francesi per una sola stagione e gi sbarcata con la sua corte di accompagnatori, distrassero lopinione pubblica. Solo il Jornal do Commercio ebbe a lamentare la mossa di Arajo che decretava la decadenza del genere e la morte artistica di una stella. Un anno dopo, un anonimo corrispondente da Rio inform i lettori del periodico milanese La Fama

(13.6.1856) che la Baderna si trovava ancora in citt ma inoperosa mentre la febbre gialla aveva fatto fuori un altro cantante a Salvador, Bahia. 30 Il 1856 fu un anno pieno di aspettative e colpi di scena, con il Teatro S.Pedro in cenere e il Lyrico Fluminense sconquassato da battaglie campali a base di lancio di ortaggi, di versi e di fuochi dartificio tra bande di spettatori fanatici. Una sera (racconta Machado) lo scontro fu di tale violenza che sembrava di assistere allIliade. Stavolta fu Venere a rimanere ferita: un botto esplose in faccia alla Charton-Demeur. Il furore fu incredibile e la patata bollente pass ai giornali: vergogna eterna ai cavalieri che hanno sputato in faccia ad una dama! Diceva uno, e laltro replicava: se sar il caso sfideremo a duello i vigliacchi che nellatrio giurarono vendetta! Miserabili! Birbanti!.31 Queste guerre tra rosmarino e maggiorana avrebbero richiesto, suggerisce Machado con il suo abituale understatement, una valutazione improntata alla serenit e qualche lezione di buon gusto. Invece (secondo un altro cronista) erano risse, risse e ancora risse. Non si discute neanche pi del merito degli artisti, n del modo con cui la direzione amministra il teatro, cosa cui il pubblico avrebbe doppiamente diritto perch vi contribuisce con il proprio denaro. Un incendio subito domato, forse doloso ma poi attribuito ad una cenere di sigaro, bastava per incutere il panico nella popolazione e infiltrare il disgusto ed il sospetto tra gli artisti a scapito dei giusti diritti altrui, specialmente dei dilettanti (A palestra, 20.8.1855). Il fanatismo provocava reazioni distorte e forse ingenue cos nei plausi come nei biasimi: non raro il caso di veder passare gli spettatori dalluno allaltro partito senza ragione o, piuttosto, per istigazione di coloro che pescano nel torbido (La Fama, 24.3.1856). Ma chi mai poteva desiderare di pescar nel torbido? Bench vigesse il divieto al pubblico di eccedere negli applausi ed agli artisti di secondare le ripetute chiamate alla ribalta (in casi del genere, interveniva la polizia e procedeva allarresto degli spettatori pi vivaci), lacquisto del biglietto dava il diritto inalienabile di patear. Ovvero, il pubblico poteva pestare i piedi sullimpiantito, caso disapprovasse lesecuzione che in tal modo veniva disturbata e talvolta interrotta. Lingenuit dei dilettanti finiva per fornire un ottimo alibi alla furberia dellimpresario, che facilmente giustificava mancati pagamenti e dimissioni sommarie con la scusa della scarsa qualit dellartista che era stata pateada. Era stata questa la strategia con cui Arajo aveva squalificato ed espulso il balletto dal palcoscenico del Lyrico: una perentoria pateada (da lui stesso organizzata, si disse). Non sorprende che le cantanti meno amate dal pubblico arrivassero ad offrire
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Corvisieri, op.cit. (cap. V). A mo e a luva, Cultrix, So Paulo 1919 (cap. II).

balli in maschera per promuovere il proprio partito di sostenitori, come quello dato per carnevale del 1855 al Teatro S. Janurio da una (non meglio precisata) soprano italiana. Una sventura simile accadde proprio alla celebre Charton-Demeur la quale, pochi giorni dopo il suo arrivo, a detta dellimpresario gi faceva i capricci in quanto pateada durante la Semiramide. La Charton godeva di unottima reputazione da soprano oltre che di una paga notevole, il che fa credere che preferisse risparmiarsi il confronto con la seconda voce femminile, la contralto Annetta Casaloni (cos suggerisce il settimanale lIride italiana, diretto dal prof. Galleano-Ravara, genovese nonch dilettante sfegatato, che tentava di infilarsi tra Arajo e gli artisti come agente intermediario). Colpita da una febbre ai bronchi, la Charton aveva fatto saltare tre repliche, scatenando lira degli abbonati, la vendetta dellimpresario ma anche lindignata reazione degli intellettuali contro lincivilt del pubblico carioca. Signori artisti, insorse il prof. Galleano-Ravara, vittime innocenti delle ire donchisciottesche dei dilettanti: tenetevi di buon animo e state col pubblico(Iride italiana, 8.1.1855). Il 30.1.1855, rientrando in scena nella Semiramide, Mme. Charton era stata nuovamente pateada senza che la sua esecuzione desse motivo a tanto rigore rimprover il Diario do Rio de Janeiro e provocando un tumulto cui segu larresto di due spettatori facinorosi. Un fiume di chiacchiere e disquisizioni sui limiti di urbanit da imporre allespressione delle passioni teatrali dilag sulle pagine dei giornali. Il 6.2, una pubblicazione a pagamento sul Diario, firmata la civilt e indirizzata allesimio capo della polizia, invitava a riflettere sulla necessit di obbligare la platea allo stesso severo comportamento vigente nei palchetti, giacch, mentre anticamente si frequentava il teatro solo per rider e far rumore, oggi il teatro un luogo serio, soprattutto il Lyrico dove andiamo a sentir cantare e goderci lo spettacolo del convivio di persone distinte e belle donne in un grande salone illuminato in modo da far conversazione negli intervalli; tutte queste emozioni si confanno ad una Corte distinta mentre la confusione creata dalle gallerie sconveniente, a maggior ragione in presenza delle Loro Maest Imperiali. La settimana seguente, nello stesso spazio, un cronista faceva notare che, seppur latto di patear fosse usanza antica e quasi un diritto in passato, nello stato di civilt attuale esso sconfinava nella maleducazione. Il 19.3 Mme. Charton diede nuovamente forfait facendo saltare il debutto del Trovatore, sostituito quella sera con gli Arabi nelle Gallie. Alla terza replica del Trovatore (27.3) il tenore si diede per malato ma non trov chi lo sostituisse per cui, piuttosto che doversi esporre allumiliazione della pateada proprio sul titolo che godeva della preferenza dei dilettanti, si scus avvisando che avrebbe cantato male. Per assistere al Trovatore senza intoppi, la platea dovette attendere il 7 di settembre, commemorazione dellIndipendenza, mentre nel Campo da Aclamao,

antistante il teatro, impazzava il torneo romano con corse a cavallo, salti mortali, gare di cani, di carrozze e lancio di palloni aerostatici. Il braccio di ferro fin per definire le sorti della cantante francese che, avvilita dal trattamento poco cavalleresco ricevuto a Rio, se ne torn in Francia non senza raccogliere melanconici applausi alladdio (il 13.11 con la Fidanzata corsa). In attesa dellimbarco diede ancora, in dicembre, quattro trionfali repliche della Traviata, titolo in cui fu giudicata insuperabile. Nelle locandine dellimminente stagione operistica (1856), sparita lincompresa Mme. Charton, brillano i nomi di Mme. Emy La Grua (mezzo-soprano) e Mme. Anna de la Grange (soprano), mentre allappello dei tenori rispondono Camolli, Devoto, Gentili e Ballestra-Galli: tutti nomi nuovi. Limpresario sera messo a battere le piazze europee a caccia di nuovi talenti da attrarre oltreoceano con favolose promesse contrattuali. In quel momento, con il teatro S. Pedro in ricostruzione, a Corte non esistevano che due palchi per lopera lirica: il Lyrico Fluminense e il piccolo Teatro Santa Teresa, a Niteri (cittadina situata dirimpetto a Rio, sullaltra riva della Baia di Guanabara), gestiti dal medesimo impresario con identica programmazione. Ai cantanti che si lasciavano irretire da Arajo appariva ben presto evidente, una volta sbarcati, di non avere alternative, caso la realt non rispettasse le promesse e limpresario tradisse i termini della scrittura. Fuori dal teatro, dal Campo da Aclamao alla Praa Tiradentes, la notte carioca era popolata da vadios e capoeiras (cio vagabondi e bande di africani, lottatori di capoeira) oltre che da solitari spettatori dellAlcazar Lyrique che vagavano a caccia di prostitute. Per la serie delle correzioni morali, il Correio Mercantil nel luglio 1856 fece una campagna contro le proprietarie di pensioni del centro perch, con quel viavai di clienti fino allalba, fomentavano disordini. E, per la serie delle peggiori figuracce sulla stampa internazionale, nellottobre del 1858 il Moniteur Universal sbatt in prima pagina lavviso di un viaggiatore inglese: lo stato della citt di Rio de Janeiro una vergogna per un paese civilizzato: in quasi tutta la citt, immondizie dogni genere, animali morti e porcherie da dar la nausea. Un indignato firm un pezzo a titolo Teatro versus immondizia in cui metteva in ridicolo Arajo che da Parigi, ad ogni inizio di stagione, annunziava per il Lyrico Fluminense un programma ancor pi megalomane del precedente: cose da primo mondo. Se non abbiamo nientaltro di decoroso da mostrare agli stranieri, mostreremo loro le massime celebrit europee sulla nostra scena lirica! Come? Scritturando un numero spaventoso di artisti che vengono qui a vivere a sbafo del teatro, incassando paghe da favola senza cantare (Jornal do Commercio, 7.11.1858). Due giorni dopo la Marmota fluminense pubblic una corrispondenza del fantasmagorico Arajo da Torino: Ho trovato qui assai screditato il nostro Teatro Lyrico e ho

temuto di far fiasco. Poi, valutate bene le forze dei miei nemici a Rio i quali hanno inondato lEuropa di lettere a giornalisti ed artisti, ho deciso di affrontare la missione; e me la cavo eccellentemente. Ho scritturato 59 artisti, tra i migliori qui in Europa, e non ebbi a scegliere tra coloro che vollero venire, perch nessuno ricus di firmare; insomma, ho trionfato sui miei nemici. Nel 1859 il nostro Teatro Lyrico sar il primo al mondo. Le condizioni che Arajo affermava daver ottenuto nelle nuove scritture corroboravano il suo trionfo: paghe pi basse che in Europa e riposo estivo (da dicembre a marzo) non retribuito, divieto di repertorio esclusivo (ovvero obbligo di accettare nuovi ruoli) e compenso per notte cantata, sia a Rio che a Niteri. 32 I nemici concludeva mi hanno reso famoso: tutti mi vogliono conoscere. Torner, se avr deciso di non accettare la direzione dei principali teatri che qui mi offrono. Paula Brito sostenne limpresario ne andava dellonore dellImpero, ma era anche un suo amico personale garantendo ai lettori della Marmota che giornali internazionali tenevano in gran conto il paese e il suo teatro lirico, ufficialmente rappresentato da Arajo, perch noto che le nazioni civilizzate intendono il teatro come un mezzo di governo. Per scagionare il suo influente amico, il redattore della Marmota intervist le cantanti francesi passate per le sue grinfie. Sul numero successivo (17.12.1858) salt fuori che Mme. de la Grange, primadonna in carica che si era affermata nella Favorita, era felice a Rio de Janeiro ove passava di festa in festa e di successo in successo; mentre la reietta Mme. Charton-Demeur, da Parigi, spieg di non aver mai sofferto a Rio di febbri n di mancati pagamenti n, colmo dei colmi, desser giammai stata pateada; anzi, giustific il diritto del pubblico a farlo, caso la cantante non lo aggradi. Nel frattempo, per, la guerra tra lagente plenipotenziario ed i suoi nemici era rimbalzata in teatro: il 21.11, senza alcun riguardo per leccezionale presenza in platea della soprano Sofia Lorini, di passaggio a Rio, il pubblico carioca pateou il tenore Carlo Balestra-Galli durante il 2 Atto della Traviata e questi per vendetta salt la celebre cavatina. In galleria scoppi il finimondo e la polizia arrest sei spettatori, fatto che il Jornal do Commercio (23.11.1858) comment con desolazione: Cos i dilettanti diserteranno sempre pi quel disgraziato teatro: i cantanti sono di fatti scadenti o magari insoddisfatti perch mal pagati. Di fatto, Galli era in piena vertenza con la direzione del Lyrico: era stato licenziato senza preavviso due giorni prima. Si disse che aveva fatto a botte con un corista e, rimproverato dal maestro, aveva reagito da italiano: gesticolando con violenza e gettando a terra il cappello: una scena scandalosa alla quale assistettero diversi artisti
32

Si tratta di clausole abbastanza anomale rispetto al modello vigente allepoca in Italia, vedi: John Rosselli, Limpresario dopera. Arte e affari nel teatro musicale italiano dellOttocento, EDT, Torino 1984

(secondo la versione di Dionysio Vega, amministratore del Lyrico sul Jornal do Commercio, 20.11.1858). Il tenore si difese in una pubblicazione a pagamento in cui non negava il comportamento (evidentemente cerano troppi testimoni) ma controbatteva, accusando lamministrazione di mancato pagamento. Aveva ricevuto solo due mesi di paga su quattro (dalla firma della scrittura) pur avendo onorato i termini della scrittura e finanche le richieste cui non era tenuto, come cantare a Niteri. La direzione del teatro invece mancava al dovere denunciava il tenore e lui avrebbe fatto pubblicare proteste sempre pi veementi finch il debito non fosse saldato. Lamministratore ribatt daver anticipato a Balestra-Galli 18.000 franchi, corrispondenti a sei mesi di paga, di cui solo due erano stati onorati finora; e inaspettatamente contrattacc, ingiungendo al tenore la restituzione del rimanente. Furibondo, Balestra-Galli reclam daver sostenuto spese per la rescissione del contratto con il San Carlo di Napoli superiori allanticipo ricevuto da Arajo, che di per s non sarebbe bastato neanche a coprire il biglietto della nave. Rivel (il 21.11.1858) che la favolosa somma promessa da Arajo allatto della scrittura era di 106.000 franchi annui e non di miseri 3.000 mensili; esigeva quindi che gli fosse corrisposta una percentuale come compenso per la rescissione del contratto e per non mettere in imbarazzo lagente plenipotenziario ancora in Europa. Insomma venne fuori la bugna delle mezze promesse di Arajo che Banfi avrebbe facilmente messo in imbarazzo in quel preciso momento, se avesse pensato di inviare ai giornali europei la lettera controfirmata dagli artisti del Lyrico nelle sue stesse condizioni. Invece la mand solo ai giornali locali che nicchiarono perch subodorarono che, con il buon nome di Arajo, se ne sarebbe andata in frantumi anche la reputazione nazionale. Solo il Jornal do Commercio (20.11.1858) protest: Che insulto allarte della musica! Lagente inganna la direzione, mentre il pubblico paga per avere in cambio sarcasmo e prese in giro. Il 16.12.1858, mentre il giudice rifletteva sul caso, il Jornal do Commercio pubblic una lettera spedita da Milano due mesi prima (12.10) in cui G.B. Lampugnani, critico della Gazzetta dei teatri, fustigava Arajo senza scampo. Accusava lagente carioca di tentata corruzione: 200 franchi perch io non pubblicassi neanche una riga in favore o contro gli artisti del teatro di Rio, senza che ne venisse lordine esplicita da lui; e di altre basse manovre per comprare il giornalismo europeo. Lo apostrofava (voi che dallesotico Brasile vi siete degnato di attraversare lAtlantico per venire, messaggero di civilt, ad insegnar lurbanit a noi, figli degenerati di questa vecchia Europa) perch chiarisse la questione che premeva a tutti: i contratti firmati in Europa erano garantiti in Brasile, paga inclusa, oppure no? Testimoni daccusa, secondo lui, non mancavano: i tenori Salviani e Ciaffei, le primedonne Steffanone, Stella, Candiani, Laborde. Oltre a ci, sinterrogava

Lampugnani, cosa mai sar una sovvenzione di 300.000 franchi annui, pi il fondo societario, dinanzi alle paghe da favola che voi promettete agli artisti? Esaurito il fondo sociale, cosa che pu accadere in un batter docchio, buona notte a tutti! Chi garantir per un artista che si trova gi a Rio? Nessuno! Quindi: buona biglietteria, si paga; biglietteria scarsa, si sospendono i pagamenti. E concludeva: ficcatevi bene in mente che nelle scritture giammai si trova espressa la clausola che lartista debba esser daggrado al pubblico; un problema dellimpresario se non sa scegliersi artisti adatti alle sue scene. Nonostante il polverone provocato dalla lettera milanese ed i testimoni presentati dalla presunta vittima Balestra-Galli, il Teatro vinse la causa di licenziamento e mise a tacere le pretese del tenore con una sentenza seccamente sfavorevole: Balestra-Galli pag i danni e uno dei tre testimoni fu licenziato. In assenza di sindacati, il tenore prov ad esacerbare il contenzioso in un caso nazionale. Fece appello a chi di dovere (intendeva dire lImperatore?) perch valutasse seriamente la situazione del Teatro Lyrico per prevenire casi ancor pi disastrosi e meno onorevoli al buon nome di questa nazione di cavalieri. Cerc, ahim tardi, di acchiappare il treno dello scandalo internazionale con lo spauracchio della vergogna dinanzi alle superiori nazioni civilizzate: tutta lEuropa ormai sapeva della morosit e dellimprudenza di unamministrazione che permette ad un agente screditato in patria di andare a sedurre grandi artisti perch vengano quaggi ad esporsi aglimbarazzi pecuniari del Teatro Lyrico (Jornal do Commercio, 30.12.1858). Quella dello sguardo degli stranieri, vale a dire degli europei, era unossessione. Nel tentativo di comporre il puzzle della propria identit (tra matrice portoghese, indigena, africana e modelli importati dagli immigrati europei) il Brasile alimentava speranze di riconoscersi allo specchio della civilt occidentale. Il tropico appariva inattuale ed imbarazzante ai brasiliani ancor pi che ai viaggiatori stranieri i quali, osservando uno stile di vita cos bizzarramente europeo per quel clima e vegetazione, traevano unimpressione di anacronismo pi che di distanza spaziale. Il viaggio in Brasile era un viaggio allindietro nel tempo che per non sembrava dar accesso alla primitiva purezza idealizzata dai romantici in cui natura e popoli del Nuovo Mondo apparissero liberi delle perverse degenerazioni del Vecchio bens ad una societ altrettanto se non ancor pi irreparabilmente corrotta da vizi e contagi. Una societ meno esotica che dmod (come ebbe a dire Claude Lvi-Strauss cinquantanni pi tardi).33 Quindi, pi dello sguardo nostalgico dei romantici, era lo sguardo perplesso dei viaggiatori moderni a fungere da paradigma ermeneutico, in quanto

33

Tristi tropici, Il Saggiatore, Milano 1960. Vedi anche Carl von Koseritz, Imagens do Brasil, Martins, So Paulo, 1943

esaltava le rivendicazioni di diversit del Sud America dal vecchio continente. Senza lo sguardo europeo, che in un primo momento laveva esaltato a eldorado dei cuori pi arditi e successivamente lo declassava a selva selvaggia, periferica e pestifera, il Brasile non sapeva di esistere; mentre in questo sguardo dellaltro finiva per riconoscere se stesso. Per tornare alla vertenza degli artisti contro il Teatro Lyrico, la prossima ad abbandonare losso fu Mme. de la Grange, che rientr in Italia (a fine 1859, dopo un giro a Montevideo e Buenos Aires) con la broncopolmonite e dicendosi vittima degli imbrogli dellamministrazione. Il caso suscit in Europa qualche acido commento sullinsalubrit della nazione: quanto sforzo per dissuadere Mme. de la Grange, e con lei Medori, Graziosi, Michele Tosi e Borghi Vietti dallintento di andare nellorrida capitale del Brasile. Tutto inutile! Se proprio il fato li spingeva a partire, che imparassero prima il portoghese! Perch poi saranno obbligati a firmare uninfinit di carte di cui non capiranno unacca ed i dollari da brillanti si trasformeranno in carboni. Disgrazie! La tosse di Mme. de la Grange, tanto applaudita dal pubblico brasiliano nella Traviata (che pubblico cinico! era tosse vera!) fece addirittura sospettare al giornalista italiano che limpresario del Lyrico avesse concepito linfernale progetto di scritturare i pi noti artisti europei ed attrarli al loro funerale, promettendo loro paghe da favola per infine sterminarli.

Il baule del viaggiatore Questultimo ritaglio, in italiano e senza indicazione di testata, mi saltato fuori dallarchivio di Giuseppe Banfi, viaggiatore lombardo (nato a Varese il 29.3.1830) che allet di ventiquattro anni lasci lItalia, senza motivi riconducibili ad unimprovvisa miseria (era discretamente istruito e lavorava) ma piuttosto ad una sopravvenuta libert. Il giovane non era sposato n aveva parenti a carico: aveva perso da otto anni il padre Baldassarre e la madre Maria Bianchi da cinque; in seguito aveva lavorato per alcuni anni a Busalla, dove i cantieri di perforazione delle gallerie dei Giovi (1850-54) offrivano un indotto occupazionale capace di attrarre dal lombardo-veneto una discreta migrazione stagionale anche non specializzata. Finiti i lavori, Banfi scese (forse in comitiva con altri muratori ormai disoccupati) a cercare opportunit a Genova. Era il 6 settembre del 1854 quando salp per Rio de Janeiro a bordo del bastimento Bricche Rosa. Portava con s una piccola pistola e un paio di vestiti buoni. Partiva per far miglior fortuna, forse trascinato dallentusiasmo di qualche compagno o forse dal sogno di una libert politica che non gli era concessa in patria. Certo non era disposto a tornare nella sua natale Varese, sottomessa al dominio asburgico, in et desser coscritto.

Partiva per far lAmerica: non solo inseguendo un miraggio di successo e ricchezza ma anche convinto di poter meglio investire la propria energia in un paese giovane, libero e lanciato in una febbrile corsa al progresso. Come il Brasile. Sbarcato alla Corte di Dom Pedro, Banfi simpieg subito come corista al Teatro Lyrico. Non abbiamo notizie della sue competenze canore; solo che, forse perch non si sentiva allaltezza dellincarico, si iscrisse al corso di solfeggio del Conservatorio Dramtico e Musical, che da quellanno aveva sede nel Museu Nacional, adiacente il teatro. Il suo nome non risulta sulle locandine della Compagnia Lirica Italiana dellepoca, mentre invece consta il nome di Gioachino Giannini come maestro, di Marietta Baderna come prima ballerina, di Giuseppina Zecchini come primadonna lirica, di Domenico Laboccetta e Giacomo Sicuro come primo e secondo tenore, di Anselmo Brondi e Caterina Castelli come capi del coro di 24 elementi. La direzione del teatro spetta a Dionysio Vega e il fatidico Jos Manoel de Arajo risponde al ruolo di direttore di scena. Il fatto che non siano menzionati i coristi ci lascia supporre che tra essi ci fosse davvero Giuseppe Banfi; ma anche possibile che fosse stato preso solo in prova, sprovvisto comera di credenziali salva la presupposta dote nazionale. Un italiano, per natura, non poteva certamente essere stonato. Il suo percorso in Brasile fu breve ma intenso. Indizi saltati fuori dal suo archivio gli attribuiscono un inatteso ruolo da protagonista delle vicende fin qui narrate e ne fanno un prezioso testimone di quel mondo. Un quaderno enciclopedico datato Rio de Janeiro, 15.1.1856, sul cui frontespizio lautore traccia il proprio nome con un carattere elaborato che non domina perfettamente,34 registra la volont di riscattare le radici del proprio sapere e fissarle sulla carta come ancore a salvaguardia dellidentit e del senso della vita nellaltro luogo. La trascrizione di alcuni canti della Commedia (primo, secondo e terzo canto dellInferno, inizio del primo canto del Purgatorio e del primo del Paradiso) in bella calligrafia e pressoch esatta, senza vuoti di memoria n strafalcioni, farebbe supporre una copiatura da volume reperito a Rio se non seguissero alcuni versi dellErnani, un sonetto dellAriosto, lincipit dellOrlando Furioso e due arie dopera (LAmante Tradito e il Bel Zerbino) difficilmente reperibili allepoca in Brasile. Probabilmente aveva buona memoria che manteneva in allenamento con esercizi di calligrafia. Nelle pagine successive, sotto il titolo Storia Italiana, una dettagliata cronaca della Congiura de Pazzi e una scheda (Annali degli Imperatori Romani dallepoca di Cristo con relativi commenti: buono, assai pessimo, usurpatore, mezzo, scrupoloso) rivelano lurgenza di riepilogare i fondamenti della propria
34

Sulla copertina, rifasciata di carta marrone con disegni rossi e neri, scritto [Banfi giusepp] mancando spazio per la [e] finale. Misura 23 x 33 cm. Linterno conta 19 fogli a righe quasi tutti utilizzati.

cultura. Tra queste pagine e le cinque successive, dedicate ad argomenti geografici (in cui Banfi descrive schematicamente Italia, Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera, Germania, Austria, Prussia, Ungheria, gli Imperi Ottomano, Russo e Cinese, Grecia, Asia Minore, i possedimenti della Compagnia delle Indie, lAfrica e lAmerica) emergono alcune righe di Memorie:
Il Padre mio mor nellanno 1845, il d 18 Novembre. La Madre mia mor nellanno 1849, il d 22 Marzo, entrambi a Varese io parti di detto luogo dellanno 1850, li 5 Marzo, per Genova onde Busalla, per mio domiciglio per quattro anni. Il d 6 Settembre 1854, salpava dal porto di Genova a bordo del Bricche Rosa per Rio Janeiro ove in breve fui impiegato come corista allImperiale Teatro e nel medesimo tempo era studente al Conservatorio di Musica. Dal 1856 cominciai a fare funzioni di Chiesa ed d 7 aprile sono stato derubato di tutta la Robba che possedeva. 1858 a d 18 Gennaio parti per linterno del Brasile Come Negoziante di bijoteria. Divi abbiamo fatto 200, e pi leghe a Cavallo. Le fatiche soferte in detto viaggio sono molto estese in tutti i ponti. Provincia Paran e S.Paolo. Il viaggio fu di tre mesi e mezzo e poi di nuovo venni impiegato al Teatro il 21 Agosto detto guadagnai 920 milreis [920.000 reis] ci fu di grande sollievo e dal medesimo giorno risolvetti la partenza dal Brasile a d 23 Dicembre detto salpava dal Porto di Rio al Bordo del Clipper Corriere alla volta di New York. Il 28 Gennaio abbiamo avuto burrascha il 29 arrivammo. Il nolo fu da 750 fhi [franchi francesi].

Le lacune ortografiche, in un quadro di discreta dimestichezza con la scrittura, non impediscono di cogliere laccuratezza con cui sono riportate date e nomi: si tratta di un archivio della memoria che ha come primo interlocutore colui che lo compila. Nella traiettoria di unesistenza, la decisione di archiviare fatti, date ed immagini in un virtuale baule autobiografico risponde innanzitutto ad unesigenza tutta privata di aggiustamento tra progetto di vita e frammenti di vissuto. Nel caso di un viaggiatore, la rottura biografica della partenza induce ad una maggior cura, talvolta ossessiva, nella compilazione e conservazione di questo baule di ricordi che, come uneclettica collezione di objets divers, sono testimoni unici della vita nellaltro luogo specialmente quando, come nel caso di Banfi, si tratta anche di unaltra vita: quella del cantante dopera, professione mai esercitata in patria n prima n poi. Segue infatti, in una pagina fitta fitta sul cui primo rigo campeggia il titolo: opere fate nel Teatro Lirico di Rio janeiro dal 1855, 26 genajo, un elenco di titoli numerati (da 1 a 48, con tratto a matita forse segnale di un conteggio successivo) e qua e l completati (a riprova dello sforzo di memoria) dal nome del compositore o almeno della nazionalit.
Lebreo Lelisir damore La Regina di Cipro Lucrezia Borgia La Favorita Maria padilha Il giuramento

Trovatore Arabi nel gallie Linda di sciamoni [Chamonix] D. pasquale Semiramide Luisa miller Puritani

1 2 3 4 5 6 7

30 31 33 34 35 36

Verdi Puccini

Verdi

Sonabula Suonambula [sic] Anna bollena Figlia del regimento Maria rohan Otello Nabucodonosor Norma Macbeth Foschari Capuleti [e] Montecchi Fidanzata Corsa Traviata Rigoletto Orazi [e] Curiazi La Saffo Il Barbiere di Siviglia Ernani Attila Poliuto Domino Nero Damabiancha Cenerentola

8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29

I martiri Fiorina Marco Visconti Mos Buondelmonte Don Giovanni Fausto Traggico Roberto il Diavolo Ugonotti Frai schinz Vespri siciliani Medea Marta Fra Diavolo Crespino Fausto Giulietta [e] Romeo

37 38 39 40 41 42 43 44 45 Lebreo 46 47 48

Donizetti Donizetti Rossini Verdi Bellini Verdi Verdi Apolloni Verdi Verdi Mercadante Puccini Rossini Verdi Verdi Donizetti francese francese

La precisione dellelenco ci permette di comprovare la verit dei fatti. 35 Lintraprendente Banfi, giunto a Rio da pochi mesi, cant come basso baritono nel Coro del Teatro Lyrico Fluminense gi nella Semiramide e nel Trovatore del gennaio del 1855, quando Mme. ChartonDemeur, contestata dal pubblico, fece i capricci e si rifiut di andare in scena; nonch negli Arabi nelle Gallie di febbraio, quando la soprano fu sostituita da Giuseppina Zecchini; e nel Don Pasquale del 14.3.1855, rappresentazione in gran gala per lanniversario dellImperatrice, quando la banda della fregata francese Poursuivante inton lInno Nazionale brasiliano, insieme alla Marsigliese e, probabilmente, alla Marcia Reale sabauda. Una rapida indagine comparativa conferma tutti i titoli listati da Banfi come effettivamente realizzati al Lyrico nella stagione 1855-56 e seguenti, con un discreto elenco di prime voci come il basso profondo La Bouch (detto, allitaliana, Laboccetta) e i tenori Sicuro e Dufrne ad accompagnare, prima Mme. Charton (I Puritani di Bellini in aprile e Anna Bolena di Donizetti a giugno; Domin noir, opera comica di Scribe, nel febbraio del 1856) e la Sra. Zecchini (Luiza Muller di Verdi a maggio del 1856), poi Mme. Djane (Lebreo di Giuseppe Apolloni a luglio del 1856); poi Mme. La Grua (Ernani di Verdi nellagosto del 1856) e infine Mme. de la Grange (Rigoletto di Verdi nellottobre del 1857).

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Un elenco completo degli spettacoli dati nei teatri di Rio in J. Galante de Souza, Teatro no Brasil, MEC, Rio de Janeiro 1960

Nella sua seconda stagione a Rio, Banfi registra anche un gran numero di lavori in chiesa, con dettagli in cifre romane e arabe che forse corrispondono al ricavato.36 Solo ogni tanto compare lindicazione della parte sostenuta: funzione di Pasqua, Novena, Libera Me, Te Deum ma anche solo e duo che comprovano la scherzosa testimonianza di Ribeyrolles: Verdi, Rossini e Donizetti allassalto dei pulpiti!. Le numerosissime chiese di Rio, quasi sempre a pianta centrale e con la facciata decorata, in stile Borromini, ospitavano programmi musicali non religiosi; naturalmente lopera la faceva da padrona. Banfi cant in chiesa sei volte nel 1856 (Candelaria, S. Rosario, S. Ritta, N.S. Parto, S. Cristofano e S. Antonio di p. [Padova]); e ben cinquantadue volte nel 1857: quasi una la settimana, di cui almeno otto come solista.

Praina [Prainha] S. Bento duo Funzione delle Ceneri alla Misericordia Carmo pascua Candelaria S. Giuseppe A la Lapa S. Ritta solo Candelaria solo S. Pietro S. Cruce [Santa Cruz] S. Anna solo Ospizio alla Lapa 2 solo S. Antonio della Cav. S. Antonio della Cav. S. Cruce S. Cruce solo Arsenale di marina solo N. S. Rosario duo N. S. Rosario solo Cappella della M.S. del Carmo nel 1857: Li 1 Marzo, Li 4 Aprile, Li 15 Maggio, Li 6 Giugno, Li 7 Luglio, Li 1 Agosto, Li 6 Settembre, Li 3 Ottobre, Li 7 Novembre, Li 12 Dicembre. S. Croce Libera me S. Croce Funzione S. Croce Funz. S. Cruce Settimanale Rosario Novena N.S. Carmo Teatro Lirico N.S. Lampados impresa N.S. della Lapa Te Deum S. Giuseppe S. da Candelaria Libera me
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Non riportiamo le cifre in quanto non codificabili.

N. S. della Praina S. Antonio Praja Grande Libera me Sagramento Piccola Cosa S. Ritta solo S. Bento S. Antonio N.S. do Ospizio Concezione Trasordinario S. Cristofano [So Cristovo]

Le cifre indecifrabili potrebbero rivelarci quale piccola fortuna Banfi riusc ad accumulare in due stagioni grazie al suo rivelato talento musicale che non gli fece certamente mancare opportunit, vista lestrema mobilit del mercato dei cantanti lirici a Rio in quegli anni. Se non che lultima riga del quaderno enciclopedico ci riserva un bel colpo di scena. E daltri benefici scrive Banfi in fondo alla lista di chiese fui derubato a li 7 Aprile 1857 a ore 2. E sotto: Beneficio di 36 mila, un bel gruzzolo se si considera che era di 3.000 la paga mensile in franchi rivendicata e mai corrisposta al tenore Balestra-Galli lanno successivo. Un furto di tale entit deve aver avuto conseguenze traumatiche e difatti, dal baule di Banfi che attualmente ha le forme di una cartellina rossa, emergono indizi di un repentino cambio di ambiente. Per un periodo simpieg in una fabbrica di vetro; poi, il 3.12.1857, decise in societ con lamico Buzzone di investire i risparmi nellacquisto di una paccottiglia di bigiotteria doro e di andarla a vendere nellinterior del Brasile. Si tratta di una nuova partenza: un ulteriore e ancor pi ardito sogno dAmerica. Misero in atto il proposito un mese dopo (il 15.1.1858) quando, pagata allerario la tassa dovuta per entrare e uscire per mare dal porto di Rio, i due amici simbarcarono alla volta di Antonina nello Stato del Paran, da pochi anni separato dallo Stato di So Paulo. L furono accolti, dodici giorni pi tardi, da un sedicente Console Italiano che per non sapeva dirci di quale parte dItalia ne fusse il rappresentante. Seguirono via terra, con due cavalli per mezzo di trasporto (registrati il 18.3.1858 dal pagamento di una tassa di settemila ris)37 e qualche lettera di raccomandazione per viatico, raggiungendo Curitiba e Campo Largo, oltrepassando linfido Passo dos Garapatos e guadando i tre fiumi della Serra da Ribeira per giungere a Ponta Grossa e da l a

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Moneta coniata dalla monarchia brasiliana, il cui nome perdura fino ad oggi: real, pl. reais o ris.

Castro, sulla divisa ideale dei monti che dividono il Paran dallo Stato di So Paulo. 38 Rientrarono a Rio dopo tre mesi e mezzo e pi di duecento leghe di strada nelle gambe. Neanche stavolta era toccata ai due amici la sorte grande. Banfi, immediatamente dopo il rientro, torn a proporsi come basso-baritono e riebbe limpiego al Teatro Lyrico, grazie alla pressione di vecchi colleghi. Da maggio a dicembre del 1858 cant spesso anche in chiesa, 39 mentre in citt esplodeva la bomba contro il plenipotenziario Arajo ed i giornali pubblicavano le vane rivendicazioni del tenore Balestra-Galli. Banfi sinser nella vicenda e riusc in qualche modo a
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Tutte le notizie geografiche sul Paran tratte da Il Brasile e gli italiani, Bemporad, Firenze/Genova 1906 (pubblicazione a cura del Fanfulla, quotidiano italiano di So Paulo). 39 Registra ancora: Mag. [maggio] Madre degli uomini S. Gonalves [Gonalo] S.Ritta Giugno S. Giuseppe San Giovan Praja Grande Luglio N.S. da Misericordia S. Pietro S. Bento Festa do Maj [Mar] Septenario alla Croce N. S. do Carmo Agosto Alla Croce Tedeum S. Teresa Alla Lappa Liberame N.S. della Concezione N. S. della Candelaria Settembre Ingegno Veglio [Engenho velho] S.Cristoforo Novena TeDeum N. S. da Lappa S. Antonio Ottobre Largo do Masciado [Machado] N.S. do Rosario novena N. S. do Rosario S. Antonio N.S. do Carmo N.S. do Spassos [dos Passos] Novembre S. Jos Dicembre S. Antonio Ospizio S. Antonio S. Lucia

cavarne il gruzzolo che gli era necessario per fare il terzo salto di qualit che sognava: partire di nuovo, lasciando Rio per New York, ove forse avrebbe trovato la vera Merica. Il 27 Agosto guadagnai 920 milreis e ci fu di grande sollievo poich dal medesimo giorno risolvetti la partenza dal Brasile, si segn nelle Memorie. Evidentemente, dopo le fatiche dellimproduttivo viaggio al Paran, il rientro a Rio non faceva sperare oltre. Perci, in vista della partenza, Banfi non si lasci allettare da nessun futuro progetto in loco. Il Brasile non valeva il sogno americano con cui seduceva gli emigranti: al contrario, l si rischiava di vedere i dollari da brillanti trasformarsi in carboni. Come riusc a guadagnare la somma in cos breve tempo? Piant una grana (oggi si direbbe) sindacale. O la pens fin dal principio oppure le cose in teatro non andarono come previsto: sta di fatto che a met novembre, dopo lErnani, Banfi fu licenziato in tronco dallAmministratore, insieme a Ballestra Galli. La giusta causa fu daver polemizzato, rivendicando lapplicazione del contratto ed il pagamento degli arretrati, non solo per s, ma per tutti i colleghi che si trovavano nelle stesse condizioni. Il Jornal do Commercio (23.11.1858) riporta la replica dellAmministratore con un riassunto dei fatti che riguardano il caso Banfi:
[] che egli entr in teatro lanno scorso senza contratto; che per tre volte fu allontanato per aver fatto sorgere problemi e reclami in termini poco rispettosi. Simpieg per qualche tempo allOpera Nazionale che lasci per rientrare nellorganico del Teatro Lyrico, promettendo di correggersi. Quando mi si present esigendo desser pagato, con modi scontrollati, non gli era dovuto niente del suo salario ma solo una gratificazione che io gli avevo promesso nel caso cantasse pi di dieci volte in un mese. In qualit di gerente e maestro di canto del Teatro Lyrico, non potevo tollerare, n sono tenuto a farlo ora, che qualsivoglia artista mi manchi di rispetto nellesercizio delle mie funzioni. Questa la ragione per cui ho licenziato il corista Giuseppe Banfi e come lui licenzier qualsiasi altro artista che voglia imitarlo [traduzione mia]

Banfi si butt a capofitto nella polemica:


In risposta al Sr.Amministratore del Teatro [] dichiaro francamente che quello si inventato una sfilza di falsit com facile provare: falso che io fossi gi stato altre volte licenziato dalla direzione del teatro, ma al contrario io stesso mi dimisi per fare un viaggio allinterno del paese; falso che sia andato a cercarlo per rientrare nel coro, promettendo che avrei corretto il mio comportamento, in quanto non avevo nulla da rimproverarmi a maggior ragione poich fu lui che mi cerc al ritorno da sopraddetto viaggio, aumentandomi lo stipendio perch rientrassi nellorganico del Teatro. falso che io abbia mai cantato nellOpera Nazionale. vero, invece, ci che il Sr.Amministratore annunzia nella sua lettera, cio desser disposto a licenziare tutti quelli che volessero imitare il mio comportamento e in ci non si ravvede altro che una minaccia rivolta ai colleghi perch non osino reclamare il denaro che loro dovuto da un mese e mezzo; denaro che appartiene loro per diritto e non in quanto gratificazione; denaro che ancora non stato loro pagato.

Nella risposta del 24.11, il tartassato Amministratore cambia tono e comincia a giustificarsi. In realt Banfi
non mi parl mai di un viaggio allinterno del paese, ed ben vero che lho licenziato perch creava problemi in termini irrispettosi. Quando ultimamente torn a lavorare in teatro, fu per sua spontanea volont e di altre persone, quale Anselmo Brondi, capo dei coristi, che pu confermare. Il sr. Banfi deve prender atto di non essere ancora un corista abile al punto che io fossi tenuto ad aumentargli la paga. anzi un principiante, tanto che prendeva lezioni di solfeggio nella classe del Conservatorio quando entr in teatro per la prima volta per un compenso bassissimo; e se ora ha il coraggio di affermare che non cantava come corista nellOpera Nazionale, andate a chiedere a tutti i suoi compagni coristi per verificare che mente. Infine io non minacciai nessuno per evitare che esigessero il pagamento, giacch pago puntualmente e solo domani (25.11) la scadenza del corrente mese

Lultima replica di Banfi, del 28.11, tassativa. Specifica


che non avevo nessun obbligo di illustrare i motivi del mio viaggio al Sr. Amministratore, essendo un affare privato; il mio silenzio non lo assolve dal mancato pagamento. Che non ho insistito con nessuno per rientrare in Teatro ma che fu per bont dei colleghi o perch sanno riconoscere le mie capacit, quando qualcuno mi elogia ed io ne sono gratissimo! Che non fu il ritardo nel pagamento, nonostante gi siano passati venticinque giorni dalla scadenza del mese dovuto, il fatto che mi spinse a dimettermi dal teatro, bens le recite in soprannumero che non vengono pagate n a me n ad alcun compagno. Infine, che non ho mai fatto parte dellOpera Nazionale

Le accuse di Banfi amplificano la lamentela di Ballestra Galli, facendo di un caso individuale una vertenza collettiva. Emerge la vessazione cui la compagnia era sottoposta: lobbligo di repliche gratuite al Teatro Santa Teresa di Niteri, non previste a contratto, che avrebbero dovuto essere saldate a parte con una gratificazione che lAmministratore tirava a non corrispondere. evidente che al Teatro fece pi paura larrabbiato corista Banfi che loffeso divo Balestra-Galli. Tutto ci fa supporre che lAmministratore gli elarg una consistente buona-uscita la quale, aggiunta al gruzzolo ricavato dalla vendita delle gioie in Paran, permise a Banfi lacquisto del biglietto per New York. Il viaggio gli cost 120$, una cifra considerevole. 40 Simbarc il 23.12.1858 su un piccolo clipper americano (677 tonnellate spinte dalla macchina a vapore) che dichiarava alla dogana di trasportare, oltre al sardo Giuseppe Banfi ed al nordamericano Theodor Whising, anche 6.080 sacche di caff brasiliano. Il clipper Courier salp allalba del 24 dicembre e giunse negli Stati Uniti ai primi di febbraio. Qualche rudimento dinglese Banfi laveva appreso a Rio. Aveva con s un indirizzo ove riparare allo sbarco (scritto e riscritto sul suo quaderno: U.S.A. Mr. Moretti, n.116 3Av., New York). Forse lo accompagnava anche una crescente malinconia, un senso di lutto per la distanza dalla patria e dagli affetti che sembrava aumentare sempre. Una nota in un canto del
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Fino al 1862, il dollaro fu moneta bimetallica (oro e argento) di valore equivalente al peso. Ricevuta in inglese del biglietto, datata Rio de J decb 23/58 e firmata J. Bense.

quaderno registra lansia del viaggiatore che non prevede ritorno: L 14 aprile 1859 sognai di avere accompagnato un morto alla sepoltura e li ultimi passi averlo io medesimo cantato. Il mio dubio che sia morta Isabella. Fuse mintira. Si arrangi in America facendo commerci per tre anni, prima di rimpatriare, nel 1861, con il necessario per sposarsi (il 3.2.1862, a Busalla, con la giovanissima Caterina Rugo) e metter su casa a Bolzaneto. Apr unattivit di pizzicagnolo; nacquero due figli maschi: Achille (1863) ed Enrico (1866). Lacquisita stabilit famigliare per non compensava lambizione del viaggiatore, ormai contagiato dal virus dellavventura americana. Come indica Gibelli per molti altri emigranti, soprattutto liguri, 41 Banfi trov negli Stati Uniti quella risorsa integrativa che il Brasile gli aveva negato: un luogo ove tentare la sorte, incontrare occasioni, investire il proprio talento e forse approdare ad una seconda vita di successi. Periodicamente, per poi rientrare nella propria vita normale. Gi perch, nel suo eccezionale caso, il pendolarismo transatlantico significava la possibilit di condurre anche una vita completamente diversa: una vita dartista. Pendolarismo transatlantico. Sono anni in cui il movimento migratorio esplode in un traffico di manodopera semi-specializzata, lucrosissimo per gli armatori. La concorrenza impazzava sulle linee in partenza da Genova, ove finalmente operavano (dal 1864) i veloci clipper a elica costruiti dal capitano Giobatta Lavarello nei cantieri navali di Sestri Ponente. In due settimane, con le correnti a favore, savvistava il Pan di Zucchero; qualche giorno in pi per vedere le prime torri di Manhattan. LEldorado non era pi cos lontano. Nel 1869 Banfi torn a New York da solo per correr dietro al suo sogno: fare il cantante. La prima ricevuta, del dicembre dello stesso anno, registra modici 25$ per un mese di funzioni alla St.James Church. Nel frattempo, mise su un giro di clienti cui smerciare prodotti alimentari e articoli di lusso provenienti dallEuropa. 42 Cominci a rimettere alla famiglia cifre pi consistenti, insieme ai ritagli di giornale su cui era stampato il suo nome nei cartelloni dei teatri di Boston, Cincinnati, St.Luis, Chicago. Era uscito dal coro: gli venivano affidati secondi ruoli di basso, con diritto al nome completo in locandina, paga e spese rimborsate. Tanto fece che al ritorno in patria, nel 1875, acquist ad Acqui Terme una pensione (lAlbergo Fiorito) e vi si trasfer con la famiglia. Non doveva pi allontanarsene. Nascite, lutti ed altre partenze marcano la sua maturit. I due figli maggiori morirono prematuramente, nel 1896; mentre il figlio diciottenne Cesare nello stesso anno emigr in Germania. Giuseppe Banfi mor ad Acqui il
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Tra due sponde. L'emigrazione ligure tra evento e racconto, Sagep, Genova 1989 Ricevuta di spedizione del 26.11.1869 di un pacco di seta da Le Havre a New York, per Banfi.

9 gennaio 1904. Il necrologio lo descrive come un uomo onesto, stimato ed apprezzato da quanti lo conoscevano per il suo carattere franco e leale (Gazzetta dAcqui, 10.1.1904). Lasci la casa alla moglie ed i beni suddivisi tra i due figli sopravvissuti (Adele e Cesare), i nipoti e un ospizio per poveri. Il suo spirito davventura e lintraprendenza li ereditarono quasi tutti i discendenti: chi emigr in Argentina, chi a New York, chi anche solo a Genova. A molte generazioni di Banfi il fuori sembr pi promettente, per quanto selvaggio e oscuro, della tranquilla familiarit del qui. Poter levarsi dal morire dinvidia in questa citt un destino fortunato agli occhi del secondogenito Enrico che, da Acqui, scrive il 17.5.1896 al fratello Cesare partito da pochi mesi:
Qui molti mi domandano di te e fanno la faccia lunga quando sentono che sei sempre in Germania, ti assicuro che questi diventano sempre pi annoiati, a tutti dico che siamo fortunati di poter levarsi dal morire dinvidia in questa citt. Sai, fuori ci saranno peripezie, lavoro, attivit, tutto quello che vuoi, ma c il buio, si conosce almeno dessere al mondo, qui invece conoscono di essere in mezzo a quattro colline e che non cambia mai

Selvaggio Eldorado Abbiamo appreso dai documenti che Banfi decise di partire per linterno del Brasile dopo esser stato derubato di tutti i suoi risparmi. Con lamico italiano Buzzone conosciuto nella fabbrica del vetro e una cassetta piena di gioielli doro savventur per mare fino ad Antonina e poi a cavallo per 200 leghe passando per Curitiba nellattuale stato del Paran, attraversando le lussureggianti foreste della Ribeira ed i pantani della serra di Paranapiacaba. Da l, rientrarono a Rio de Janeiro attraverso lo Stato di So Paulo, tre mesi e mezzo pi tardi. Le fatiche soferte in detto viaggio sono molto estese, rammenta nellepigrafica Memoria scritta dopo il ritorno. Aveva conosciuto un selvaggio Eldorado. Quanto laveva affaticato e talvolta terrorizzato lavventura tra cespugli giganteschi, piogge torrenziali, nebbiosi sottoboschi e vallate fangose, tanto ora lo seduceva il resoconto del suo viaggio tra la pi insolita, varia e difforme umanit. Brasileri veementi, apatici indigeni, donne procaci, frati perduti nella selva e i soliti italiani allarrembaggio: la memoria gli restituiva un susseguirsi di colpi di scena, rivelazioni e apparizioni quasi magiche in quegli infernali panorami. Insomma, nellisolamento del viaggio al cuore del paese, molto pi che nella sua cosmopolita capitale, lincontro tra culture produceva un bagaglio di sorprese, equivoci, reciproche diffidenze, grate scoperte ed invenzioni comunicative che sarebbero andate sprecate se il viaggiatore non se ne fosse fatto testimone. Cos, come sera improvvisato cantante e gioielliere, Banfi simprovvis cronista ed inaugur, retrodatandolo al 3 dicembre 1857 (giorno in cui decise

dintraprendere il viaggio e di fatto part) un diario che si estende per tre quaderni numerati, sul primo dei quali verg in bella grafia il titolo: Storia ed avventura di Giuseppe Banfi. Tra storia ed avventura i registri narrativi sincrociano, ostentando fin dal titolo la scelta di una dimensione pubblica che si conferma, pi avanti, negli inviti al dialogo rivolti alleventuale lettore e nella definizione di unincipiente organizzazione interna per capitoli. Strutturando ricordi e riflessioni di viaggio in una versione pubblica, la memoria riaggiusta i frammenti di vissuto in racconto autobiografico: ne emerge una regia, una visione del mondo, un progetto didentit morale senza il quale il senso dellesperienza rischia di andar perduto. Luso del passato remoto e la totale assenza di disturbi grafici (quali macchie o pieghe nel manoscritto) conferma che il luogo della scrittura successivo al rientro, forse addirittura gi in Italia quando, da un punto di vista stabile e distante dal luogo narrato, plausibile che il viaggiatore si metta a redigere in bella copia appunti raccolti durante il viaggio. La distanza nel tempo e nello spazio tra questo punto di vista stabile del narratore e lo spazio nomade delle vicende narrate produce una rappresentazione della memoria molto riflessiva e quasi ritualistica. Le emozioni emergenti ed i margini frastagliati dellesperienza sono come raffreddati e smussati, nel tentativo di tradurli in tappe culturali e luoghi di stile riconoscibili. Nel corso del racconto, il narratore Banfi sembra condurre il viaggiatore Banfi da un Mondo totalmente sconosciuto ed incomprensibile ad un Mondo che si fa via via pi familiare, consentendo di applicare termini comparativi (anche se ibridi e talvolta paradossali) e di creare miraggi di prossimit con il luogo in cui avviene la scrittura. sintomatico che i pochi disegni conservati (peraltro non databili) illustrino il viaggio attraverso tratti nientaffatto esotici: un cavallo che trascina un carretto, una montagen (ovvero disegno inventato) con torri e castelli assai consoni al panorama del basso Piemonte, un fiore, un viso di donna, un viso duomo con cappello da gaucho, un caprone e finalmente un panorama tropicale di cui lautore non rammenta il nome (Baragua o Maragoa); oltre ad altri soggetti certamente ascrivibili al periodo trascorso negli Stati Uniti. Il tutto riassunto dal titolo vergato su una pagina di carta velina: Reminescenze americane. Allinizio del racconto, il primo impatto con la dimensione altra delle foreste del Paran (un luogo identificato sulle mappe dellepoca da rilievi approssimativi e poco rassicuranti grovigli di fiumi) produce una strana sorpresa che per giorni d i brividi a Banfi. Tuttavia, riflette il narratore eroico in procinto di tuffarsi in quella nuova cariera, era duopo di superar tutto e di armarsi di quel coraggio che tante volte ognuno non sa daverlo. Gi la prima notte alladdiaccio sottopone i due viandanti ad un crescendo di eventi ambigui ed inquietanti rumori fino al climax di un colpo di pistola che poi si scopre sparato per errore dalla guida; gi la prima alba simpone con

una densit letteraria quasi da manuale di stile romantico: una Vista che maraviliava l'occhio e nel fratempo includeva Spavento. Il canone avventuroso del viaggio di scoperta simpone da subito sullobiettivit della cronaca: allocchio dello straniero, immaginario e reale si sovrappongono nelleccitante ignoranza dellentit del pericolo e qualsiasi evento richiede al protagonista decisioni eroiche; ogni situazione impregnata di destino. Come suggerisce Walter Benjamin, il codice estetico simpossessa della geografia ed i luoghi del viaggio si convertono in spettacolo, sempre orrido o sublime o pittoresco o meraviglioso, per il viaggiatore-narratore: il percorso geografico ospita un inventario di emozioni. 43 Il gusto del narrare gli eventi come vicissitudini enfatizza col tocco del fantastico situazioni descritte come ineluttabili e poi risolte dai pi imprevedibili colpi di scena, dallintervento di personaggi alleati e dalla pronta audacia del protagonista che smaschera a tempo i possibili antagonisti. Vediamo. Lospitalit pelosa di un patetico vecchio, tormentato dalla prepotenza e dalle scappatelle della gi matura moglie, non finisce in una tragedia di gelosia grazie alla provvidenziale soffiata di un timido schiavo. La partenza turbata dalle bizze del cavallo, barattato per un pugno di gioie dallindomabile matrona. La bestia si rivela altrettanto infedele; ma ecco che il nuovo padrone subito lo doma facendogli sentire due grossi speroni nella pancia cosiche linteligente Cavallo comprese che il suo unico mezzo era lubidienza. Lincontro con un iracondo italiano, un po sordo e sedicente dottore svergognato dai pessimi risultati delle sue cure e dal sarcasmo della giovane moglie, mostra lassurda pretesa di superiorit della cosiddetta civilt nella selva, dove i suoi valori sono screditati proprio da coloro che dovrebbero esaltarli. Il racconta prende un piglio comico:
[] rispondeva [il dottore], di questa matteria non sono molto cognitus in verus, io nel sentire questo latino mi cominciava a venire da ridere, ma lintrepido Dottore rivolgendosi a me diceva: e voi? io, li rispondeva, canto ll Basso Baritono. ha? ha? facceva con riso piutosto stupido, voi un Maritimo [?] imposibile [!] di questo poi mintendo, che voi non potete mai essere stato maritimo. chiedo scusa, ma io non dissi Maritimo; come? rippeteva lindomabile Dottore rizzandosi in piedi, in Casa mia smentire quello che avete detto [?] e con chi credete di parlare [?], io stava per rispondergli: con un imbecille, ma mi arestai nel vedere accomparire una bella fanciulla dicendo: non gritate cosi, Rondello, sembrate un pazzo. a tale vista, lo sposo di fresco cerc di comporsi la bocca e si vedde chegli credeva di fare un sorisetto e si atteggiava le gambe in modo singolare, il bello che non si accorgeva che nella rabbia li era sortito due bave dalla bocca e quindi li sciendevano penzoloni uniti al soriso, e tutto in strana caricatura si mise a camminare in contro a piccoli passi e dicendogli: Angelo mio, ha? quando ti vedo mi sento tutto il sangue a correre per le vene. io nel vedere questo nuovo Apollo mi diedi a ridere e il mio Compagno in tanto non faccieva altro che mettere prese di tabacco nel naso, di quando in quando rideva pure; la ragazza volgeva lo sguardo verso noi, nel mentre essa rideva pure, quando fu vicino prese la fanciulla per la mano e rivolgendosi a noi sempre con le bave alla bocca, disse: vedete la mia sposa solo pu calmare il mio furrore, lei tiene il mio talismano. la Ragazza rideva sempre ed io mi teneva la pancia fra le mani, il mio Compagno mi stava faccenda segni di far silenzio ma tutto era vano, io rideva sempre pi
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Angelus novus, Einaudi, Torino 1962

forte, cessai soltanto quando vidi la Ragazza che per sbarazzarsi delle mani del Marito gli diede una spinta talmente forte che poco li manc al povero Marito di andare a battere sotto alla Tavola; hi? come forte, diceva il vecchio ribambito, in tanto che noi si ajutava ad alzarlo da terra, egli brontolava, [] ha, miei cari, io so bene quello che ci vuole al Mondo...

In questo Mondo equivoco ed eccessivo, per comportamenti parole gesti e colori, non tanto lignoranza quanto la civilt che si fa comica. Assurde esibizioni detichetta (lombrello in piena selva; le posate dargento a pranzo in un paese dove neanche la chiesa sopravvive alle erbacce; il latinorum del dottore fanfarone) e preconcetta superiorit per titoli di merito (il dottore) o di provenienza (italiano) son patacche che subito mostrano il loro fondo falso. con sottile ironia che Banfi descrive la supponenza del giovane che diceva essere il Console Italiano e non sapeva dirci di qual parte d'Italia ne fusse il rapresentante. Ugualmente affronta con civile understatement la volgarit del maestro di musica napoletano che millanta una improbabile ricchezza e disprezza levidente generosit del suo ospite indigeno:
Non ci voglio pi stare a istruire questi selvaggi, un signore della mia cualit. ma non sai, continu a dire che a Napoli, a casa mia, il governo mi confischi per due miglioni di beni ma con tutto ci mama mia tiene due altri miglioni sul Banco d'Inghilterra cosich come vedi questa gente non posono comprendere laltezza della mia famiglia. allora li feci conoscere in atto amichevole che gli abbitanti di quel paese erano in pi altezza di Napoli. ha? mio caro tu prendi la cosa in ridere ma io ti posso dire che passa una grande deferenza da noi signori a questi mamaluchi. risposi: in quanto a me ti posso dire di non avere nemeno numero della porta di casa al Mondo e tutto quanto poseggo sta in questa piccola Cassetta di Biggiotteria in societt con il mio amico.

Ladozione dellio narrante e, quindi, la presa di distanza letteraria fa emergere, nel viaggio di scoperta dellaltro, un percorso di conoscenza di s stesso; e nellincontro con la cultura altra, la riscoperta della propria. Lampliamento dello sguardo alla confluenza delle culture illumina aporie ed audaci inversioni di valori in una visione ancor pi europea, in quanto capace di giudicarsi come europea. proprio allontanandosi dalla civilt ed avanzando nel selvaggio matto (ovvero nella foresta intrecciata di migliaja o si potrebbe anche dire Milioni dalberi di gran dimensione fino a la Gran Montagna) che lo sguardo di Banfi si fa pi cosmopolita. Il suo sentirsi cittadino del mondo si traduce nella sensazione dessere ovunque straniero: losservatore si osserva in quella situazione ed acquisisce una distanza criticA che gli permette di smontare schemi comportamentali e giudizi inibitori dettati dallappartenenza ad una civilt. Sa di non appartenere definitivamente al luogo che visita giacch il suo nomadismo esclude una sosta definitiva ma al tempo stesso di non appartenere pi completamente a luogo alcuno. A rischio di smarrire la strada del ritorno, trasforma le sue ansie in un fuoco di resistenza e cerca complici, anche se istintivamente sente di non esser daccordo con niente e con nessuno. un viaggiatore spaesato cio, secondo la definizione di

Todorov, uno straniero che sente di non appartenere pi a territorio alcuno 44 e per questo vive ladattamento in modo particolarmente intenso. Essere straniero, intuisce Georg Simmel, 45 una forma specifica di interazione, determinata dalle speciali condizioni clima, percorso, incontri dettati dalla fortuna o dallistinto, cibi, bevande e contagi contratti o evitati, denaro che rendono concreto e quotidiano il viaggio. Il viaggiatore romantico che veleggiava solitario verso lontane colonie pativa le tremende fatiche ed i pericoli delle traversate ma godeva, nellincontro con laltro, dei privilegiati effetti del colonialismo imperialista. Il suo essere straniero poggiava su una visione etnocentrica del mondo conosciuto e misurato su valori e comportamenti referenziali allidentit culturale dellosservatore: ovvero valori da lui considerati normali, familiari ed accettabili, mentre quelli dellosservato gli parevano appunto strani, primitivi o esotici. Per quanto curioso ed adattabile fosse, il viaggiatore europeo godeva comunque del vantaggio di appartenere allunica civilt che poteva permettersi di viaggiare;46 mentre laltro era quasi sempre recluso nei confini storici e geografici di una civilt locale e limitato ai contatti stabiliti dai viaggiatori stranieri. Non rara, nei diari di viaggiatori illustri e borghesi fino a tutto lOttocento47 la rappresentazione di s e della propria cultura come modello sovrano di identit e civilt che tende ad oggettivare laltro e la cultura dellaltro: a vederla e descriverla dal proprio punto di vista privilegiato e implicitamente superiore. Analizzando qualche altro resoconto di viaggio in Sud America, anche pi tardo del nostro, come LEuropa alla conquista dellAmerica Latina di NOME Macola (Venezia 1897), si ha limpressione che il disgusto ispirato dal destino degli emigranti in Brasile sia misurato su una scala di valori in cui gli italiani sono definiti discendenti dai dominatori del mondo. 48 Dallansia per la condizione miserabile degli emigranti si passa alla sorpresa per i risultati ottenuti con il lavoro, di modo che linterferenza della civilt viene esaltata in modo iperbolico (LArgentina

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Lhomme dpays, Ed. du Seuil , Paris 1996 Excursus sullo straniero in Sociologia, Comunit, Torino 1998, p. 580. 46 La nozione che definisce certe categorie di persone cosmopolite (nomadi) mentre tutte le altre sono locali (nativi) sembra essere prodotto ideologico di una potente cultura viaggiatrice. James Clifford, Roots. Travel and translation in the late twentieth century, Harvard University Press, London 1997 (trad. it. Bollati Boringhieri, Torino 1999) 47 I tre relati di viaggio pi vicini a Banfi per data sono femminili e di classe elevata (viaggiatrici al seguito del marito): Baronesa E. Langsdorff, Journal relatant son voyage au Brsil loccasion du mariage de S.A.R. le prince e Joinville (1842), Les amis de Muse de la Marine, Paris 1954; Virginie Leontine, Lettres inedite sur Rio de Janeiro et diverses esquisses litteraires, Imprimerie de Monnier, Evreux 1872 (il viaggio risale al 1856-57) ed Elizabeth C.Agassiz, Viagem ao Brasil (1865-66), Companhia Editora Nacional, Rio de Janeiro 1938. 48 Vanni Blengino, La Babele nella pampa. Lemigrante italiano nellimmaginario argentino, Diabasis, Reggio Emilia 2005. Analizza anche tre diari di viaggio al Paran: Alberto Manzi, Quello che ho veduto al Paran, Bellini, Milano 1899; Giuseppe Bove, Note di viaggio nelle missioni ed Alto Paran, Istituto Sordo-Muti, Genova 1885 e Adriano Lucchesi, Nel Sud America. Alto Paran e Chaco, Bemporad, Firenze 1936.

senza lemigrazione, specialmente italiana, sarebbe ancora incolta pampa alla balia degli indii) 49 e produce euforiche profezie di terre promesse (Che diventerebbe questo paese in mano di centomila italiani, pensavo dallalto del mio osservatorio. Chi lo riconoscerebbe da qui a cinquantanni! I villaggi si toccherebbero, nei fianchi delle colline ora sepolte da una impenetrabile boscaglia crescerebbero i filari di vigneti [], le aspre vallate sarebbero rallegrate dagli ulivi, gli estuari dei fiumi irrigherebbero le immense risaie). 50 LOttocento anche il secolo delle grandi migrazioni, quando il viaggio transatlantico diventa un gigantesco business di trasporto di manodopera a basso costo che gli agenti delle compagnie di navigazione pubblicizzano come sogno di consumo. Lavventura romantica ormai alla portata di tutti. Eppure vero, come nota Vanni Blengino, che ci che scarseggia in questi diari proprio la dimensione dellavventura. Eppure a scriverli sono esploratori, naturalisti, sacerdoti, ingegneri che affrontano esperienze insolite e paesaggi suggestivi con cornice di indios, deserti e foreste [] I coloni che questi viaggiatori ritrovano nella pampa, per il solo fatto di essersi stabiliti in quei luoghi deserti circondati da una natura esuberante, sono gi di per s protagonisti di una storia che, vista dallEuropa, offre aspetti avventurosi. 51 Non manca lo strumento (sono alfabetizzati e spesso colti) n i modelli di stile, invocati ma poi non raccolti: Robinson, Cook, Saint Pierre e altri capolavori della letteratura amena che sostituiscono i classici e decidono dellavvenire.52 Forse, suggerisce Blengino (ibidem), proprio lesigenza analitica di quelle intelligenze istruite al positivismo che impedisce maggiori risultati sul piano narrativo: si privilegia il fatto, lavvenimento come dato sociologico, la ricerca dellobiettivit con un metodo che sispira a quello scientifico piuttosto che a quello letterario. Inoltre, lingannevole propaganda dellEldorado non realizza le sue promesse dintegrazione e successo se non per pochissimi; i ceti pi bassi, di per s meno predisposti allacquisizione di una nuova lingua e di nuovi costumi, spesso non possiedono neanche gli strumenti indispensabili allinserimento, quali la geografia del paese in cui sbarca ed il funzionamento della burocrazia locale. A differenza di altri popoli del tedesco grande migratore per ogni italiano un paese [straniero] sempre unincognita: egli deve rifare col il noviziato. E la ragione di ci da ricercare nella trascuratezza del Governo verso i sudditi lontani e nella indolenza propria degli italiani e nel balordo funzionamento dei Consolati e nella mancanza di diffusione di notizie riferentesi ai
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G. Boschi, Dalluno allaltro mondo, Fratelli Bianco, Pinerolo 1872, p. 5, apud Blengino, op. cit. Bove, op. cit., p. 37 51 Blengino, La Babele nella pampa, cit., p. 108 52 Lucchesi, op. cit., p. I, apud Blengino, p. 108

commerci ed alle emigrazioni.53 Le condizioni di vita molto spesso insostenibili degli emigranti sono descritte con indignato stupore da viaggiatori istruiti che, denunciando lo scandalo dellanalfabetismo e della miseria che riguarda gli italiani allestero, tendono a rimuovere la realt altrettanto desolata del proprio paese. 54 Per altro verso, chi emigrato nelle peggiori condizioni e sopravvive alla deriva catastrofica del sogno americano difficilmente dispone degli strumenti (listruzione o i modelli letterari) necessari ad ottenere visibilit e testimoniare la propria storia. Di questo sguardo minore restano, in molti casi, solo indizi precari e testimonianze involontarie. Lo sguardo di Banfi un emigrante senza mezzi economici ma minimamente istruito, che decide di amplificare i suoi appunti di viaggio in una versione pubblica pu aprire una prospettiva antropologica interessante: uno sguardo minore che si fa testimonianza volontaria. La sua storia ed avventura il racconto autobiografico del viaggio tra due mondi di un emigrante viaggiatore che si fa volontariamente cronista. Raccontata come un romanzo, la spedizione al Paran diventa un viaggio diniziazione. Ne emerge un messaggio a sfondo morale diretto al lettore europeo. Lo sguardo minore di Banfi illumina le fratture tra il business post-coloniale del sogno americano allettante come una nuova Conquista ed il dramma dellemigrazione ma, a sorpresa, inverte i termini della retorica etnocentrica e spiazza il moralismo dellelite istruita. Nel suo racconto, che sembra una favola per gli europei se non per quelli che hanno viaggiato nellinterno dellAfrica e delle Americhe, i quali per certo non troverebbero alcun punto di esagerazione, prende corpo un libello di tolleranza in cui lautore mostra lincontro tra i barbari europei (avventurieri quasi sempre brutali) e gli ospitali, leali e civili (bench spesso ingenui) indigeni. Limmaginario esotico del viaggiatore romantico si colora cos con i toni violenti delloccupazione a scopo di lucro di una landa primitiva ma nientaffatto vergine; ove, al contrario, prosperano vizi e miserie piantate dallarroganza dei pi sbrindellati e famelici conquistatori spintisi allestremo margine del Mondo conosciuto. Affondando in questa selva selvaggia dove lumanit sembra smarrita, Banfi percorre una specifica forma dinterazione, in quanto straniero dotato di uno sguardo minore. Stabilizza il suo vagare in tappe di un romanzo di formazione, determinate da incontri significativi e sintomatici riti di ospitalit; definisce il suo ruolo tra alleati ed antagonisti; rimodella la propria identit morale

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Manzi, op.cit .p. 6 Per esempio, nota ancora Blengino, lunanime condanna, da parte dei viaggiatori istruiti, del regionalismo e della persistenza dei dialetti a discapito dellitaliano ribadisce la preoccupazione per il decoro dellItalia, un valore che accomuna tutti, soprattutto dopo lUnit: per si tratta pur sempre di un valore elitario. Il regionalismo ed il dialetto non sono deviazioni, fanno parte della cultura popolare (p. 102)

e stilistica. Affranca le sue opinioni dal consenso della sua classe, istruzione ed origine quando, al di l dellesotico, riconosce valori positivi nel margine estremo e quasi nel rovescio della civilt, dove lessere umano sembra esser tanto pi gentile quanto pi differente e barbaro. Trova irriguardoso il comportamento dellamico Buzzone che respinge il rancio a base di fagioli a colazione e pappagalli a cena, giacch il rifiuto offende i generosi mulattieri che lo preparano, invece, con enorme riguardo. Ha unimpressione strana quando assiste alla Messa insieme agli indigeni seduti per terra in uno stanzone buio che gli pare un covo di scimmiotti accovacciati, ma inverte subito i termini della metafora quando afferma che a suo parere veri scimmiotti sono i cittadini della Capitale:
che, non sapete come me che questi Cittadini Brasileri quando un Europeo si presenta senza titolo di nobilt viene in pochi giorni considerato come un Nero schiavo overosia credono che nei nostri paesi siano come tanti Orsi affamati e vestiamo male e speccialmente noi Italiani ci dicono accatoni e pi come ben sapete ci chiamano col nome di calcamano. il mio compagno volle sostenere che ci veniva dalla bassa plebbe di Citta come pure quelli della campagna. ho no, li dissi: voi ne siete in errore. la prova che questa gente del Campo ci parlano materialmente, se volete, ma con franchezza e i suoi visi esprimono sincerit e un non so che di allegrezza nel udire la nostra Conversazione. il Cittadino poi della Capitale ci guarda con indiferenza osia disprezzo con quel soghigno beffardo da veri scimiotti come lo sono e questo il mio parere.

Come il binomio citt / campagna, allo stesso modo i termini geografici Europa / America sono metonimici di due mondi e modi di vivere la cui gerarchia valoriale pu essere capovolta. Le grandi distanze fanno emergere prospettive alternative, ravvisabili solo da chi esce dal proprio guscio di abitudini e preconcetti che non sempre il caso del viaggiatore e sofferma la sua attenzione su particolari a prima vista banali, che si caricano di significato solo quando enfatizzati dalla luce del vissuto individuale. Il maestro napoletano che si dice laureato (e che Banfi conosce fin da Rio de Janeiro) dimostra desser assai pi ignorante del suo ospite, leale e cortese, bench indigeno e analfabeta. A salvare i due viandanti dallatroce insensibilit del Dottore Francese che non li ospita pur avendone lo spazio ed il conforto, in una notte buia e tempestosa in cui la foresta sembra ululare in balia delle fiere un umile boscaiolo:
bisogna che vi accomodate uno in questa Panca e l'altro in Terra perche nella Camera ove vi sono due letti ocupata da altri ospiti che sono venuti qui avanti notte, che quel maledetto Dottore Francese non gli a voluto dare Ospitalit, non importa [] alla mattina, doppo aver mangiato, durai gran fattica per fare prendere qualche moneta al padrone de serviggi prestati, ma tutto fu invano. egli rispondeva continuamente che di dovere il soccorrere in caso d bisogno quindi nula poteva accettare, io non potevo a meno di pensare quanta diferenza che passa dal Civilizzato Europeo, al si suol dire Selvaggio Americano, ossia Brasilero.

Questo sguardo minore di viaggiatore non privilegiato mette in crisi lo sguardo autoaffermativo del viaggiatore romantico. Banfi coglie il caratteristico dei luoghi senza affidarsi a

oggettivazioni semplicistiche, quale potrebbe essere una percezione primitivista di aspetti evidenti della cultura che visita. Ridurre gli indigeni a scimmie spensierate (negando la profonda civilt di quellessere ospitali, bench oppressi) convaliderebbe un principio di modello unico molto confortevole per il viaggiatore: ovvero, tradurrebbe la distanza spaziale in una distanza temporale. La civilt inferiore ed oppressa non sarebbe altro che una tappa nel nostro passato: una tappa pi infantile, arretrata, sottosviluppata e quindi bisognosa di unevoluzione guidata che le permetta di raggiungere i migliori risultati del modello occidentale. Cos giustificato, loppressore farebbe il bene delloppresso imponendogli i propri paradigmi culturali. Al contrario Banfi, straniero spaesato e narratore autobiografico, esalta ladattamento alla cultura altra come prima necessit del viaggio e arte di sopravvivenza (non solo materiale) del viaggiatore nellera moderna. Che volete, ammette nella prima facciata del diario, ora incomincia il doversi adattare a tutto. Non a caso, il valore che pi lo radica al territorio lonesta disponibilit al lavoro, come gi a Rio de Janeiro quando, sbarcato apprendista muratore, sera improvvisato corista. Onesto in quanto limitato dalla consapevolezza delle proprie reali competenze, Banfi nondimeno sempre adattabile e disposto al compromesso: come nel caso esilarante dellorgano rotto, che prima rifiuta di riparare perch non il nostro mestiere e poi promette il contrario, per evitar le conseguenze della cocente delusione del proprietario:
come? rispose foribondo il proprietario, ricusate[?] io so per avere inteso a dire che voialtri Europei sapete far tutto, io li tornai a dire: imposibile, sappiate che ognuno di noi sa che un sol mestiere, e per ci questo non nostro affare. Ed io vi dico di rangiarlo in qualche modo; allora vedendo quest'uomo che li cominciava a sortirci gli'occhi dalla testa, comincia a dirgli: veramente lo potrei accomodare un poco ma ci manca i ferri, fra due mesi noi saremo di ritorno ed allora porteremo con noi tutto loccorente per accomodarlo come meglio potremo, in questo modo ne fu in parte sodisfatto.

Quando, giunto a met del percorso senza risorse per avanzare n per ritirarsi, costretto a privarsi del suo fedele orologio un po guasto si fa scrupolo di spiegarne per bene il funzionamento e leventuale riparazione allacquirente, che non ne ha mai visto uno. Non fa diversamente altrove, dopo aver cenato con ospiti che portano devozione ad una statua in gesso di Napoleone che scambiano per San Pietro perch la port l uno che viene dal Paese del S.Padre. Commenta Banfi: compresi di dovere pure noi fare altrettanto, pasiensa, e ci voleva anche questa; e singinocchia davanti al santo ammiraglio calzato di stivaloni. La curiosit e latteggiamento dialogico (proprio dellemigrante) lo predispongono positivamente ad equivoci interculturali che non sono altro che effetti collaterali di un incontro avvenuto, sintomi di una crescita. Cos, tormentoni da repertorio narrativo inizialmente portati ad enfasi della distanza tra il luogo da cui si

proviene e laltro sconosciuto, come poli opposti (la citt e la selva, labitato e linabitabile, lo spazio civilizzato e quello incommensurabile), vengono poi anche usati in senso auto-ironico: vedasi il terrore delle tigri, che ripete con ossessione scaramantica si diceva infestassero le paludi del Paran. Terrore che fa tremare il nostro eroe dalla testa ai piedi per un pomeriggio, al crescente rumore di frasche smosse: non saprei dire se quel fremito fusse stato per paura che un Tigre avesse mangiato il mio Compagno o pure che temese dessere mangiato io. Alle ore di panico segue la scoperta desser stato oggetto dei dispetti damore di un essere feminile che tenendo con ambo le mani il grembiale al viso, pi si avicinava e pi crescieva un ridere stupido. La bellissima Negretta con la ridarella talmente contenta di incontrare uno straniero che insiste per ospitarlo, cosa che a Banfi fa passar allistante la paura:
montai a Cavallo e partii alla gran Carriera che in meno di mezz'ora ebbi ragionto il Compagno [] or bene, li dissi mestier di far Correre un poco i Cavalli che qui a pochi passi vi una Casa onde potremo ricoverarsi dal temporale, ma come voi potete sapere che qui vicino vi sia una Casa, mi diceva il Compagno, intanto cominciava a saltelare sul Cavallo ch'io perquotteva di dietro e li dicevo: coraggio Buzzone non abbiate paura ch'io sono qui vicino, ma il povero uomo saltava d'un palmo sulla Sella e si mise a gritare: per lamor del cielo? mi volete fare amazzare[?] ferma ferma

Il cavallo del compagno diventa qui, come pi avanti il proprio, un mezzo magico capace di attraversare in un salto la frontiera tra la dimensione dello sconosciuto (bosco senza varco, temporale, notte che avanza e tigri) ed il familiare (rifugio, focolare ed una ragazza calda, disponibile ed allegra). La paura della frontiera vista come un luogo di non ritorno si dissolve nellistante in cui appaiono queste figure ibride tra realt e immaginario (la donna velata o, altrove, una madre che allatta o un canto femminile) che vengono riconosciute e normalizzate dal desiderio del viaggiatore di trovarsi a proprio agio e come in casa. Ci significa che, per quanto attraversi la frontiera e penetri nello spaventoso altro mondo, il viaggiatore non disarticola completamente il legame con il proprio mondo dorigine. Come nelle favole, il percorso disseminato di segnali di riconoscimento della via e da tappe di radicamento domestico in cui il viaggiatore riflette: io qui mi ci conosco. In generale, se vero che gli emigranti rimpatriati sembrano scrollarsi di dosso la vita vissuta nellaltro luogo e fanno una vita simile ai compaesani che non si sono mai mossi da casa (come poi Banfi che torner a fare il pizzicagnolo a Busalla); pur vero che quelli che invece non tornano sembrano radicalizzare la nostalgia e fanno di tutto per ricostruire una parvenza di paese dallaltra parte del mondo, come mostra magistralmente Emilio Franzina ne Limmaginario degli emigranti.55

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Miti e raffigurazioni dellesperienza italiana allestero tra i due secoli, Pagus, Treviso 1992

Il Frate genovese, ultimo e pi emozionante ospite di cui Banfi racconta, si fa portare dallItalia un vino rosso che tien pi caro dellolio santo. Ha vissuto avventure inenarrabili che lhanno portato al cuore della selva, ove (come Kurz di Cuore di tenebra) regna da malato qual su una piccola comunit indigena perduta tra pantani inguadabili e tartassata da diluvi perpetui; eppure spera ancora, se il Ciel vorr, di vedere la mia bella Genova. La necessit di riconoscersi, seppur a stento, in un luogo estraneo potrebbe esser collegato al termine freudiano che definisce la tensione racchiusa nellarte come unheimlich, cio perturbante: quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci noto da lungo tempo, a ci che ci familiare. 56 La parola tedesca ha la sua radice nellantitetico heimlich (da heim, casa) che indica ci che ci pi familiare ed abituale, lo spazio-tempo al quale si appartiene, il luogo popolato da persone amate, dove ci si sente protetti e verso il quale tornare, il vissuto cui si partecipa pienamente. perturbante (unheimlich) un luogo oppure unesperienza percettiva che somiglia oppure avviene nel nostro ambiente domestico ma cela in s langosciosa minaccia dellignoto. La partenza dellemigrante, giacch comporta lo sradicamento dallambiente dorigine e ladattamento obbligato alla nuova realt, pu produrre un trauma perturbante: una ferita insanabile, una dissociazione della memoria che esplode lidentit biografica in versioni inconciliabili. Scrisse Prezzolini che, pi che la somma di due interi, la psiche dei trapiantati risultato di due sottrazioni. 57 Strappata alla radice, lidentit galleggia e si ancora con disperazione a qualsiasi dettaglio familiare del nuovo territorio. Spaesato, chi partito senza ritorno si aggrappa ad un pezzettino qualsiasi del suo paese per esser se stesso dallaltra parte del mondo. Neanche il rimpatrio annulla il conto dellespatrio, perch nel frattempo la vita trascorre e ridisegna lidentit del viaggiatore. La nostalgia estremizza lentit della perdita e produce spostamenti patologici di significati: il mal di paese per chi non fa mai pi ritorno ed il disadattamento per chi invece torna e non si sente mai pi a casa. Essere stato un tano, un gringo, un carcamano significa essere per sempre lamericano. Pur nella pi estrema e favolosa avventura oltreoceano, il valore delle radici si rivela nella profonda impossibilit di sradicarsi e si trasmette, magari in modo involontario, nel racconto ai posteri. Il trauma trasferisce la sua patologia: quella rottura che lemigrato rientrato vuole dimenticare, il figlio la vuole nonostante tutto conoscere. Sai, fuori ci saranno peripezie, lavoro, attivit, tutto quello che vuoi, ma c il buio, per si conosce almeno dessere al mondo: linquieta riflessione che il figlio secondogenito di Banfi indirizza al
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Siegmunt Freud, Il perturbante in Saggi sullarte, la letteratura e il linguaggio, Bollati Boringhieri, Torino 1980 (vol.1) 57 Sulle cause e conseguenze del trauma dellemigrazione vedi Piero Brunello, Pionieri. Gli italiani al Brasile e il mito della frontiera, Donzelli, Roma 1994 e Augusta Molinari, Le navi di Lazzaro, ed. Franco Angeli, Milano 1988

fratello minore quando questi emigra in Germania, forse perch lui (gi prossimo alla morte) che legge in quella partenza un destino vero e diverso. Il padre Giuseppe invece morir anziano, a casa e forse sereno: a settantaquattro anni, godendosi gli agi accumulati in tre decenni di tranquillo trantran dalbergatore ad Acqui. Le sue due vite sembrano separate dallOceano come due vicende esistenziali e due identit lucidamente scisse: in America artista ed intrepido avventuriero; in Italia piccolo-borghese e quieto padre di famiglia. Il suo trauma, se ci fu, si manifest con altri sintomi: forse spesso accade a coloro che subiscono dislocamenti violenti, come lemigrazione o la deportazione proprio nellansia di raccontare e lasciare registri della memoria, per se stesso e per altri (i parenti, i compaesani, i futuri lettori). proprio nel racconto che Banfi trova il suo rimedio. Sorgendo in una dimensione essenzialmente privata, la narrazione autobiografica ricompone i frammenti di vita vissuta in un nuovo progetto di vita ed perci passaggio essenziale allo sviluppo della capacit progettuale. Nel nostro caso, la disponibilit alla rielaborazione creativa della memoria in opera di finzione (storia ed avventura di Giuseppe Banfi) proietta lidentit ricostruita dellemigrante in una dimensione pubblica, quasi una versione per la fama. Nel baule che torna al paese ha conservato le prove di un destino compiuto altrove e che non sarebbe altrimenti condivisibile se non attraverso il racconto. Per questo, gli oggetti si caricano di significato simbolico ed il baule coincide con larchivio dei testimoni che danno valore ad una vita. Conservare lintensit morale e leccezionale significato della sua irripetibile esperienza che la scrittura sintetizza in una serie di epifanie fugaci ed apparizioni simboliche ci che stimola lemigrante Banfi a farsi narratore. Cercando di trarre un senso da ogni incontro e da ogni passaggio traumatico, Banfi fa della quotidiana lotta contro lannichilimento morale e fisico, in un panorama sempre primitivo e minaccioso, un percorso di formazione e crescita dellio dal punto di vista (posteriore) del narratore. La perdita di s e lesercizio di ritrovarsi allaltro mondo, di fronte o forse gi dentro la morte, sono temi classici dei viaggi diniziazione: lanima, temprata a resistere alla paura attraverso successive prove, compie unascesi spirituale. Il canone della Commedia come abbiamo visto, un solido riferimento nella memoria enciclopedica di Banfi ispira a Banfi la progressiva caratterizzazione del viaggio in Paran come un viaggio al cuore delle tenebre. Il timore di sparire nella selva selvaggia senza lasciar traccia della straordinaria esperienza vissuta fa emergere, in questo racconto a met tra diario di un viaggiatore romantico e registro precario della sopravvivenza di un povero cristo perduto nella foresta brasiliana, una preoccupazione simbolica che trascende la cronaca: una pulsione poetica. Ci che mette in tensione la scrittura, pur mascherata

dallironico trattamento degli equivoci che il dialogo interculturale produce, lo sconforto della solitudine al di l di ogni comunicazione possibile. Lo sguardo delluomo smarrito nella selva colmo di destino: riconosce la valenza simbolica delle vicende come gestae di unanima, il pericolo di una metaforica morte in ogni tremito, crisi o fallimento e lepifania mistica della Provvidenza in ogni incontro salvifico spesso, non a caso, con una figura femminile. Insomma, nel viaggio del viaggiatore si cela laltro viaggio: quello dellanima intrepida al centro del mistero ineffabile.
Io devo pure confessare la mia paura che pi volte pensava l essere imposibile di sortire da quello orrbile luogo. ma per non osava osia temeva il manifestarlo, e in me sentiva forza e Coraggio, non saprei come svolgere questo tema davere paura e coraggio nel medesimo tempo, gi non cera molto tempo di fare riflessioni perche bisognava continuatamente curvarsi e sdraiarsi sul Cavallo per potere passare sotto i rami e folti Cespugli e di sofrire continue graffiature [] e pure vi era un non so che di Ente Supremo [che] trasformava la cruda posizione in liberi e grandiosi pensieri e sentiva una gioja in me veramente insolita il che non sapeva a cosa ne doveva atribuire.

Visto in questa luce vagamente dantesca, carico di derive filosofiche anche il finale del diario, sospeso dallinterruzione improvvisa della scrittura. Lasciando il compagno sulla riva di un pantano, Banfi si avventura da solo, affonda per due volte e si salva solo grazie alla premonizione del magico cavallo che si rifiuta di proseguire e poi, distinto, trova il passaggio in terra ferma. Avanzando ancora nel girone infernale, il pantano si fa pi infido e si presenta con apparenza di prato su cui il leale cavallo ancora una volta rifiuta di poggiar lo zoccolo. Senza intravedere altra uscita, il cavaliere decide di spingercelo a forza, invocando come estremo alleato il destino; ed ecco che
sentendo che li mancava il tereno di sotto io guardava la foresta ed il cielo con animo costernato e nel mio pensiero balenavasi un pensiero che diceva: posibile che io abbia di morire in queste foreste? ma in questo istante sentii una voce che sembrava di donna. oh quale consolazione che provai in quel momento [!] mi sembrata una voce del cielo che venisse in nostro socorso e fermo come una statua stava fermo sul mio cavallo in aspettativa, ed ecco di nuovo la voce che diceva: fermi fermi [!] ed in pochi minuti ho potuto distinguere una donna che ci diceva: venite qui in questa parte, daltronde vi somergerete nel fango, quando fummo vicini ad essa, e che ci diceva: questo il solo luogo di passare, quantunque che il passo non fusse che di pochi metri, i nostri cavalli sono entrati nel fango che li arivava pi alto dello stomaco ma siamo pasati

Alessandra Vannucci Genova, gennaio 2007

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