Locomotiva FS 851

locomotiva a vapore

Le locomotive del gruppo 851 sono state un gruppo di locomotive a vapore delle Ferrovie dello Stato (FS) italiane.

FS 851
già RA 270
Locomotiva a vapore
La locomotiva FS 851.186 esposta nei giardini pubblici di Como, maggio 2013
Anni di progettazione 1898
Anni di costruzione 1898-1911
Anni di esercizio 1898-1971
Quantità prodotta 207
Costruttore Ansaldo, Breda, Maffei, Costruzioni Meccaniche di Saronno, Officine Meccaniche
Lunghezza 9 000 mm
Larghezza dato ignoto
Altezza 4 225 mm
Passo rigido 4 000 mm (tra le sale estreme)
Massa in servizio 43 / 44 t
Massa aderente 43 / 44 t
Massa vuoto 32,6 / 34,5 t
Tipo di motore a vapore saturo a semplice espansione
Alimentazione carbone (vedi il testo)
Velocità massima omologata 65 km/h
Rodiggio C
Diametro ruote motrici 1 510 mm
Distribuzione Walschaerts
Tipo di trasmissione bielle
Numero di cilindri 2 esterni
Diametro dei cilindri 430 mm
Corsa dei cilindri 580 mm
Superficie griglia 1,53 
Superficie riscaldamento 83,3 / 94,16 m²
Pressione in caldaia 11,76 bar
Potenza continuativa 294 kW (a 30 km/h)
Forza di trazione massima 6 950 kg
Dati tratti da:
Ferrovie dello Stato, Album, vol. II, tavv. 157 e 158; Ferrovie dello Stato, Album, Appendice II, prospetti; Accomazzi, quadro B; Kalla-Bishop, pp. 86–87; Cornolò, pp. 489-491.

«Queste loco-tender furono tra le meglio riuscite di ogni tempo [...]»

Furono progettate e fatte costruire dalla Rete Adriatica (RA) quali macchine per il servizio di linea. Nel 1905, insieme alle locomotive dei gruppi poi FS 290, 600 e 870 anch'esse ex RA, vennero inserite tra quelle che le FS reputarono meritevoli di ulteriori commesse nell'attesa del completamento dei progetti dei nuovi gruppi idonei a fronteggiare lo sviluppo del traffico viaggiatori e merci conseguente alla statalizzazione[Nota 1].

L'avvento delle locomotive del gruppo 940 le relegò al ruolo di locomotive da manovra. Con una distribuzione geografica complementare a quella del gruppo 835, queste "interessanti macchine"[2] prestarono servizio fino al termine dell'era della trazione a vapore in Italia negli anni settanta.

Premesse

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Alla fine dell'Ottocento il completamento delle linee Sulmona–Isernia e Candela–Potenza e l'aumento delle composizioni dei treni e delle masse delle carrozze viaggiatori determinarono la dirigenza della Rete Adriatica al progetto di un nuovo gruppo di locomotive a vapore destinato a sostenere, collocandosi in testa o in coda ai convogli, lo sforzo di trazione[Nota 2] delle macchine titolari specialmente sulle acclivi linee di valico. Perciò furono studiate locomotive-tender[3] dotate di buone massa aderente, potenza e velocità e di autonomia sufficiente per quei tipi di servizi[4][5][6][7][Nota 3].

Inserite nel nuovo gruppo RA 270 e consegnate nel 1898 in un primo sottogruppo di 18 unità, esse furono destinate alle citate linee Sulmona–Isernia e Candela–Potenza e ai tronchi Terni–Ancona della Roma–Ancona e Pescara–Avezzano della Roma–Pescara[4][5][6][7][8].

I buoni risultati d'esercizio indussero a costruire un secondo sottogruppo in due distinti lotti di 18 e 24 unità, che furono consegnati fra il 1900-01 e nel 1904[4][9][10][11].

Le FS, subentrate nel 1905 alle precedenti società private, dovettero impostare rapidamente i piani di sviluppo e di rinnovo del loro parco[Nota 4]. Mentre l'Ufficio Studi e Collaudi del Servizio Trazione progettava nuovi tipi costruttivi riprendendo anche studi precedenti, si decise di commissionare altre unità dei tipi preesistenti eventualmente con le modifiche suggerite dalla pratica dell'esercizio (gruppi FS 290, 320, 600, 630, 670, 750, 830, 851, 870, 904 e 910; inoltre si vollero saggiare le tecniche costruttive statunitensi ordinando le 20 macchine dei gruppi 666 e 720)[12][13]. Tra essi furono scelte le ex RA 270, che costituirono il gruppo 851 FS[Nota 5][10][14]. La costruzione continuò fino al 1911 per complessive 207 unità, che dal 1917 vennero numerate 851.001-207[4][11][15][16].

Progetto

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Il progetto delle RA 270 fu sviluppato dall'Ufficio Studi di Firenze della Rete Adriatica e in alcuni particolari dimostra un rapporto col coevo gruppo 350 bis RA, poi FS 290[4][9]

Come tipico della "scuola fiorentina"[Nota 6][17] fu privilegiata la semplicità di progetto, specialmente del motore e del meccanismo della distribuzione. Tale scelta generò una significativa economicità dell'esercizio, che ebbe tra le sue conseguenze anche un marcato apprezzamento da parte del personale di macchina e di officina[18][19].

Secondo l'ingegner Bruno Bonazzelli le RA 270, poi FS 851, si possono considerare la versione migliorata delle locomotive del gruppo RA 250, poi FS 827[20]. Il parere è condiviso da Giovanni Cornolò[21] e da Gian Guido Turchi[6], che fanno notare la comune destinazione al servizio di rinforzo, in testa o in coda ai treni, sulle rampe più acclivi delle linee transappenniniche[6][21].

Caratteristiche

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Per i servizi che si prevedeva dovessero espletare su linee di montagna con pendenze fino al 28 per mille e numerosi tronchi armati con rotaie della massa di 27 kg per metro[22] fu scelto un rodiggio (UIC) C con ruote di 1 510 mm di diametro, interasse fra le sale estreme di 4 000 mm, massa tutta aderente e un modesto carico per sala (14,3 e 14,4 t nel primo sottogruppo e 14,6 e 14,7 t nel secondo sottogruppo)[6][8][11][23].

Nelle macchine del secondo sottogruppo la considerazione della possibilità di frequenti soste per il rifornimento spinse a ridurre le scorte d'acqua da 5 700 L a 5 000 L e quelle di carbone da 1,4 a 1,2 t (l'aumento della massa complessiva fu dovuto all'irrobustimento del telaio)[8][11][15][16].

Il generatore di vapore era del tipo normale in uso all'epoca della progettazione. Il forno aveva una graticola[Nota 7] con una superficie di 1,53 m². Il corpo cilindrico della caldaia era lungo (compresa la camera a fumo) 4,41 m e conteneva 213 tubi bollitori lunghi 3,2 m tra la piastra del forno e quella della camera a fumo[24].

La caldaia, che conteneva 2,9 m³ d'acqua, aveva una superficie di riscaldamento[Nota 8] di 94,16 m², di cui 87,8 m² dei tubi bollitori e 6,36 m² della parte del forno sopra la graticola ("cielo del forno"). Generava vapore saturo con una produzione di 4 700 kg all'ora[24].

Il motore era a semplice espansione[Nota 9], con due cilindri esterni gemelli, aventi alesaggio di 430 mm e corsa dello stantuffo di 580 mm, meccanismo Walschaerts e distributori a cassetto[24][Nota 10].

Come le locomotive poi FS 290 tutte le 851 erano dotate di uno scappamento variabile, però del tipo "a pera"[24][Nota 11].

La potenza normale era di 294 kW a 30 km/h (ciò spiega il successivo impiego nella manovre: nella trazione a vapore la potenza, e quindi il carico trainabile, è massima nell'intervallo centrale delle velocità sviluppabili)[8][10][11].

Il primo sottogruppo fu dotato del freno a vuoto. Successivamente, in ottemperanza agli obblighi legislativi, dapprima le macchine di nuova costruzione e poi le altre furono dotate del freno ad aria compressa automatico e moderabile del tipo Westinghouse[Nota 12], con installazione del compressore (monostadio) sul lato destro[4][25][Nota 13][6].

Tutte le macchine erano predisposte per erogare il vapore per il riscaldamento delle carrozze viaggiatori[24][Nota 14].

Le macchine della prima fornitura avevano una cabina aperta sul lato posteriore, poi chiusa con una parete dotata di tre ampi finestrini di cui quello centrale era apribile per aumentare la ventilazione in cabina[6][25][26].

Gli schemi di verniciatura adottati furono quelli utilizzati normalmente prima della RA e poi delle FS[27]. Ad alcune fu applicato lo schema, in grigio, utilizzato provvisoriamente per le riprese fotografiche a fini di documentazione dell'attività delle industrie costruttrici[28].

Prestazioni

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Le prestazioni assegnate dal Servizio Materiale e Trazione FS e pubblicate nelle Prefazioni generali all'orario di servizio (PGOS) erano le stesse per i gruppi 851 e 981 (fonte:[29]):

Categorie di velocità Gradi di prestazione delle linee
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
I Speciale - - - - - - - - 120 120 110 110 110 110 100 100 90 80 80 70 70 70 70 70 60 60 60 50 50 50 50
I - - - 140 140 140 140 140 130 130 120 120 120 120 120 110 110 100 90 80 80 80 80 80 70 60 60 50 50 50 50
II - - - 150 150 150 150 150 140 140 130 130 130 130 130 120 120 110 100 90 90 90 90 90 80 70 70 60 60 60 60
III 230 210 200 180 180 170 170 170 160 160 150 150 150 150 140 130 130 120 110 100 100 100 100 100 90 80 80 70 70 70 60
IV 260 250 250 230 220 210 200 190 180 180 170 160 160 160 150 140 140 130 120 110 110 110 110 110 100 90 80 70 70 70 60
V 330 310 290 260 250 230 230 220 210 200 190 180 180 170 160 150 150 140 140 130 120 120 120 120 110 100 90 80 80 70 60
VI 390 380 360 330 290 270 260 250 240 230 210 200 190 190 180 170 160 150 140 130 120 120 120 120 110 100 90 80 80 70 60
VII 490 440 410 380 350 320 300 290 280 270 240 220 210 200 200 190 170 160 150 140 140 140 130 130 120 110 100 90 80 70 60
VIII 530 500 450 420 390 360 340 330 310 290 280 260 230 220 210 200 190 180 170 150 150 150 150 140 130 120 110 100 90 80 70
IX 620 590 540 500 460 440 400 390 360 330 310 300 280 260 250 240 220 200 190 180 170 160 160 150 140 130 120 110 100 90 80
X 750 680 630 590 550 510 480 450 420 380 360 340 320 300 270 260 240 220 200 200 190 170 160 150 140 130 120 110 100 90 80
La tabella contiene i carichi massimi ammessi per le diverse categorie di velocità dei treni in funzione dei gradi di prestazione delle linee ferroviarie.
I valori sono espressi in tonnellate.

Costruzione

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Le locomotive furono costruite dal 1898 al 1911 in complessive 207 unità. Numerate dapprima RA 2701-2760[30], poi FS 8511-8699 e 85290-86307[30], dal 1917 assunsero la numerazione definitiva FS 851.001-207, applicata praticamente nel 1919 (le ex RA 2732-2755 diventarono le FS 851.001-024; le ex RA 2701-2712, 2718-2731, 2713-2717 e 2756-2760, seguendo l'ordine di consegna, diventarono le FS 851.079-114)[4][11][15][30][31].

Altre quattro macchine corrispondenti al gruppo 851 furono costruite nel 1924 dall'Ansaldo per la ferrovia Siena–Buonconvento–Monte Antico che fu riscattata dalle FS nel 1956. Le tre macchine rilevate (l'unità 02 era stata danneggiata durante il conflitto mondiale e fu demolita nel 1947[32][33]) avevano la numerazione 851.01 e 03–04 e la mantennero fino alla loro radiazione che avvenne tra il 1958 e il 1961 (Peter Michael Kalla-Bishop accenna alla possibilità, non attuatasi, della loro rinumerazione come FS 851.208-210)[30][31][33][34].

Inoltre la Società Anonima Strade Ferrate Sovvenzionate (SFS), esercente la Ferrovia della valle Caudina (linea Benevento–Cancello), nel 1911 fece costruire dalle Officine Meccaniche sei locomotive identiche alle 851 FS[35][36].

Le FS suddivisero le proprie 851 in due sottogruppi: il primo comprendeva quelle costruite nel 1898 che, nel 1917, ricevettero la nuova numerazione 851.079-090 e 105-109[8] e il secondo tutte le altre[11][31].

La ripartizione delle unità fra i costruttori e la successione delle numerazioni è nella seguente tabella[37][38]. La numerazione delle ex RA 2701-2772 fu mantenuta dalle ricostituite Strade Ferrate Meridionali (SFM), che tra il 1903 e il 1906 assunsero l'esercizio della Rete Adriatica in attesa della sua statalizzazione, avvenuta nel 1906.

Numeri di matricola RA Numeri di matricola FS (1905) Numeri di matricola FS (1919) Costruttori Date di consegna
2732-2734 8511-8513 851.001-003 Ansaldo 1901
2735-2740 8514-8519 851.004-009 Costruzioni Meccaniche di Saronno 1904
2741-2750 8520-8529 851.010-019 Breda 1904
2751-2755 8530-8534 851.020-024 Breda 1904
2761-2772, SFM stessi numeri 8535-8546 851.025-036 Officine Meccaniche, Milano 1905
8547-8572 851.037-062 Officine Meccaniche, Milano 1907
8573-8588 851.063-078 Krauss-Maffei 1906
2701-2712, SFM stessi numeri 8589-8600 851.079-090 Breda 1898
2713-2718, SFM stessi numeri 8601-8606 851.091-096 Ansaldo 1898
2719-2730, SFM stessi numeri 8607-8618 851.097-108 Ansaldo 1900
2731, SFM stesso numero 8619 851.109 Ansaldo 1901
2756-2760, SFM stessi numeri 8620-8624 851.110-114 Breda 1904
8625-8648 851.025-036 Costruzioni Meccaniche di Saronno 1908
8649-8668 851.139-158 Officine Meccaniche, Napoli 1909
8669-8698 851.159-188 Costruzioni Meccaniche di Saronno 1908
8699, 85290-85307 851.189-207 Costruzioni Meccaniche di Saronno 1910

Le unità 851.139-158 furono costruite dalle Officine Meccaniche nel loro stabilimento di Napoli[Nota 15].

Secondo il Briano nel 1906 erano in servizio 72 unità su un totale di 409 locomotive-tender presenti nel parco FS[39]. Gian Guido Turchi, invece, scrive che nel 1906 le unità in esercizio erano 88, più altre 26 in costruzione[10].

Modifiche

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La locomotiva FS 851.186 esposta nei giardini pubblici di Como, agosto 2006. A destra, davanti alla cassa dell'acqua, è visibile il compressore monostadio di alimentazione del freno pneumatico (Westinghouse).

Diversamente dalle altre locomotive di rodiggio C pervenute alle FS nel 1905-1906[Nota 16][40]) le 851, progettate per servizi di rinforzo sulle linee di valico, si dimostrarono sufficientemente potenti, veloci e versatili da potere espletare anche servizi di linea con treni viaggiatori diretti. Perciò le FS stabilirono che, in occasione delle grandi riparazioni, le loro caldaie fossero sostituite con quelle del gruppo 875, progettato nel 1911 per il traino di treni merci e viaggiatori su linee secondarie a scarso traffico[6][8][11][41][42].

Il montaggio sull'851.181 di una caldaia di 870, eseguito nell'Officina Grandi Riparazioni di Pietrarsa nel marzo 1930, fu probabilmente dovuto a necessità contingenti piuttosto che di sperimentazione[43].

Oltre alla sostituzione del freno a vuoto con quello ad aria compressa e a quella della caldaia, la modifica più importante subita da alcune 851 fu quella della predisposizione per la combustione mista (nafta e carbone). Ispirata dalla pratica d'esercizio con le locomotive del gruppo 736 lasciate in Italia dall'United States Transportation Corps, alimentate a nafta, essa fu studiata per ridurre il consumo di carbone[Nota 17] (la nafta veniva usata per il servizio normale e il carbone per l'accensione e per il fuoco di stazionamento). Tra il 1947 e il 1948 almeno 122 locomotive di vari gruppi (835, R.302[44] e 27 unità del gruppo 851[Nota 18]) furono così modificate a cura dell'OGR di Verona Porta Vescovo e dell'Officina Grandi Riparazioni di Rimini. Furono dislocate principalmente negli impianti di smistamento di Napoli, Bologna, Reggio di Calabria, Bari, Roma e Parma, e arrivarono quasi tutte con questa modifica fino alla radiazione[45][Nota 19].

Esercizio

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Servizi

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Le 851 espletarono i servizi per cui erano state progettate fino agli anni venti[36]. Poi l'aumento delle composizioni dei treni e l'introduzione nel parco d'un numero crescente di carrozze a cassa metallica, insieme a quella delle locomotive del gruppo 940, suddivise fra i depositi di Sulmona e Campobasso, permise di ritirare le 851 da molti servizi di linea (in alcuni dei quali avevano dovuto essere impegnate in doppia e in tripla trazione a causa dell'aumento delle masse da trainare[36]) e di assegnarle a quelli di manovra[Nota 20], specialmente nell'Italia centrale e meridionale. In essi ebbero modo di fare apprezzare le loro buone caratteristiche di potenza e di velocità massima, che grazie alla massa tutta aderente permettevano l'erogazione di prestazioni significative, migliori di quelle delle 835, anche nel regime di funzionamento tipico delle manovre[46][47][48].

Tra gli ultimi servizi di linea si cita quello al traino di treni passeggeri locali svolto sulla Rovigo-Chioggia fino al 1969 circa[49][50].

Le locomotive 851.011, 040, 121 furono noleggiate al Ministero della Marina dal 1939 fino a una data ignota[51].

Furono vendute le locomotive: 851.006 al Ministero della Marina nel 1935, 037 alla Breda nel 1939, 181 e 187 alla Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali nel 1930[52]. Gian Guido Turchi aggiunge alle precedenti unità la 150, venduta ai Raccordi Ferroviari di Marghera nel 1943[36].

Depositi

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Due locomotive del gruppo 851 a Pescara
  • Assegnazioni nel 1906: Antrodoco (11), Avellino (13), Salerno (4), Sulmona (22) e Tivoli (35). 3 erano in officina per grandi riparazioni o riparazioni speciali e 26 erano in costruzione[23].
  • Assegnazioni nel 1910: Antrodoco (15), Avellino (38), Benevento (1), Catanzaro (16), Cosenza (10), Foggia (12) Roma Tuscolana (2), Salerno (9), Sulmona (49), Tivoli (39). 14 erano in officina e 1 in costruzione[23].
  • Assegnazioni nel 1918: Brescia (19), Catanzaro (17), Cosenza (9), Foggia (16), Livorno (2), Roma San Lorenzo (15), Salerno (14), Sulmona (33), Taranto (11), Terni (24), Tivoli (29). 19 erano in officina[23].
  • Assegnazioni nel 1929: Ancona (1), Bari (7), Barletta (4), Cassino (4), Catania (14), Catanzaro (5), Civitavecchia (9), Crotone (2), Fabriano (2), Foggia (41), Foligno (3), Lecce (3), Messina (11), Mestre (1), Orte (4), Palermo (12), Paola (6), Pescara (5), Reggio Calabria (7), Rimini (6), Siena (4), Sulmona (41), Taranto (6), Terni (5)[52].
  • Assegnazioni nel 1934: Ancona (7), Bari (18), Bologna (8), Cassino (18), Catania (6), Catanzaro (3), Civitavecchia (3), Cosenza (2), Fabriano (1), Firenze (1), Foggia (20), Foligno (6), La Spezia (2), Lecco (1), Livorno (1), Messina (7), Mestre (23), Milano Centrale (13), Milano Smistamento (2), Orte (4), Palermo (13), Paola (3), Pescara (1), Pisa (4), Reggio di Calabria (7), Sulmona (20), Taranto (9)[52].
  • Assegnazioni nel 1940: Ancona (12), Bari (15), Bologna (25), Cagliari (3), Caltanissetta (1), Catania (4), Catanzaro (2), Civitavecchia (1), Cosenza (1), Firenze (8), Foggia (10), Foligno (7), Lecco (8), Livorno (5), Mantova (2), Messina (7), Mestre (7), Milano Centrale (1), Napoli (8), Palermo (7), Paola (1), Pescara (6), Pisa (7), Reggio di Calabria (6), Rimini (3), Sassari (3), Savona (7), Sulmona (14), Taranto (1), Trieste (1), Udine (9), Venezia (2), Verona (5)[52].
  • Assegnazioni nel 1951: Ancona (12), Bari (17), Bologna Centrale (22), Brescia (4), Cagliari (2), Caltanissetta (5), Castelvetrano (2), Catanzaro (4), Catania (1), Fabriano (2), Foggia (12), Foligno (6), Mestre (7), Napoli (10), Padova (13), Palermo (13), Paola (5), Pescara (5), Pistoia (4), Reggio di Calabria (7), Sassari (4), Savona (3), Udine (7), Verona (1), Voghera (1)[53].
  • Assegnazioni nel 1959: Ancona (8), Bologna San Donato (16), Caltanissetta (7), Castelvetrano (3), Catanzaro (3), Cosenza (4), Foligno (10), Padova (10), Palermo (11), Paola (5), Pescara (3), Reggio di Calabria (8), Rimini (4), Siracusa (3)[54][Nota 21].
  • Assegnazioni nel 1969: Bologna (6), Padova (1)[55][Nota 22]
  • Assegnazioni nel 1971: Alessandria (1), di cui 1 accantonata; Bologna Centrale (1), di cui 1 accantonata; Bologna San Donato (3), di cui 1 accantonata; Caltanissetta (1); Genova Rivarolo (1), di cui 1 accantonata; Lecco (1), di cui 1 accantonata; Paola (1), di cui 1 accantonata; Verona (1), di cui 1 accantonata[56].

Conservazione museale

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La locomotiva FS 851.110 conservata nel Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa, 2 agosto 2012

La longevità del gruppo, dovuta alle sue qualità[Nota 23], favorì i sostenitori della conservazione di alcune sue unità.

La locomotiva 851.110, restaurata dall'officina del deposito locomotive di Bologna Centrale, è conservata nel Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa[57]. Altre sono conservate presso privati o in giardini pubblici.

Nel 1992 la situazione era la seguente[58]:
851.043 in consegna al Centro per la storia delle ferrovie e tramvie, Bologna; 057 monumento a Osnago; 066 presso l'Impresa Furlanis, Fossalta di Portogruaro; 074 di proprietà dell'Associazione Treni Storici Emilia-Romagna-Adriavapore a Rimini; 103 monumento nel Museo Bersano di Nizza Monferrato; 105 monumento a Faenza; 112 monumento a Mestre, sede del Gruppo Fermodellistico Mestrino; 113 monumento a Bitonto; 130 monumento a Rapallo; 186 monumento a Como; 203 a Bologna Centrale in attesa di trasferimento a Guastalla per monumentazione[Nota 24].

Nel 2013 la situazione era la seguente[59]:
851.036 monumento a Laghi di Sibari; 043 di proprietà dell'associazione Amici della Ferrovia Suzzara-Ferrara a San Benedetto Po; 851.057 di proprietà dell'associazione Gruppo ALe 883 a Tirano[Nota 25]; 066 di proprietà dell'Impresa Furlanis a Fossalta di Portogruaro; 074 di proprietà dell'Associazione Treni Storici Emilia-Romagna-Adriavapore a Rimini; 097 monumento a Ponton di Domegliara; 103 monumento a Nizza Monferrato; 105 monumento a Faenza; 112 monumento a Mestre; 113 monumento a Palagianello; 130 monumento a Rapallo; 186 monumento a Como; 203 monumento a Novafeltria.

Nel 2016 la situazione era invariata, con l'eccezione delle unità 036, demolita al principio del 2015, e 203, spostata a Perticara[50].

Riproduzioni modellistiche

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Modelli delle locomotive 851 FS sono stati prodotti da diverse ditte specializzate tra cui la Rivarossi a partire dal 1964[60][61]. Modelli completamente nuovi, in scala H0, sono stati immessi sul mercato nel 2016 da parte delle ditte LE Models[62][63][64][65], Hornby (sotto il marchio Lima)[66][67][68] e OsKar[69][70][71].

  1. ^ Nel periodo delle "seconde Convenzioni", tra il 1885 e il 1905, il traffico viaggiatori sulla rete poi confluita nelle FS passò da 1 782 000 a 4 575 000 viaggiatorikm. Nello stesso ventennio il traffico merci aumentò da 1 695 000 a 4 997 000 tonnellatekm. Nel decennio fino al 1915 il traffico viaggiatori aumentò fino a raggiungere i 5 028 000 viaggiatorikm e quello merci fino a 8 874 000 tonnellatekm. Cfr. Gennaro Trotta, Alcuni elementi statistici di attività ferroviaria italiana, in Ingegneria ferroviaria, 16 (1961), n. 7-8, p. 775.
  2. ^ Si tratta di una forza misurata alla periferia delle ruote motrici o al gancio di trazione dei veicoli. Con altri elementi permette di determinare il carico trainabile.
  3. ^ Per il servizio sulle linee secondarie a scarso traffico il tipo delle locomotive-tender di rodiggio C all'epoca era quello preferito dagli ingegneri responsabili delle reti "di tutta Europa". Cfr. Renzo Pocaterra, Treni, Novara, De Agostini Libri, 2011, p. 72.
  4. ^ "Bisogna riconoscere che le tre grandi reti private, dopo 20 anni di gestione, alla cessazione delle Convenzioni restituirono allo Stato una organizzazione in pieno fervore di rinnovamento, ma con mezzi scarsi e, tecnicamente, non più rispondenti alle esigenze del traffico che invece aveva assunto uno sviluppo non previsto." Cfr. Corbellini, p. 341.
  5. ^ Nel 1906 le FS disponevano di 287 locomotive-tender di rodiggio C, delle quali alcune (gruppo 815 FS) costruite nel 1853-1854. Tutte, a eccezione delle 898, erano state progettate per i servizi di linea. Cfr. Briano, p. 138.
  6. ^ Superata la prima fase dello sviluppo del sistema ferroviario italiano, durante la quale le locomotive venivano acquistate dalle industrie produttrici italiane e straniere che avevano eseguito i relativi progetti, le due maggiori società ferroviarie iniziarono la progettazione in autonomia dei propri veicoli. In particolare la Società Italiana per le Strade Ferrate Meridionali nel 1880 istituì a Firenze un proprio Ufficio Studi che fu ereditato dalla Rete Adriatica e divenne la sede centrale del Servizio Materiale e Trazione delle Ferrovie dello Stato aggregando a sé il personale e le competenze del corrispondente Ufficio istituito a Torino dalla Società per le Strade Ferrate dell'Alta Italia nel 1872, acquisito poi dalla Rete Mediterranea. Cfr. Piro e Vicuna, p. 28.
  7. ^ O "griglia". Insieme di profilati metallici ("barrotti") su cui viene poggiato il combustibile da bruciare. I barrotti sono distanziati fra loro per premettere alla cenere di cadere nel ceneratoio e all'aria di entrare nel forno e mantenere acceso il fuoco.
  8. ^ Attraverso la quale il calore veniva trasmesso all'acqua da vaporizzare.
  9. ^ In un motore a semplice espansione il vapore che aziona i cilindri viene introdotto in essi una sola volta e poi viene espulso direttamente nell'atmosfera o in un condensatore. La fase di espansione fa abbassare la temperatura del vapore, con conseguente raffreddamento del cilindro a ogni corsa e scarsa efficienza del ciclo termodinamico (Rankine).
  10. ^ Nelle distribuzioni a cassetto un organo a forma di cassetto, comandato dal biellismo, apre e chiude i canali di introduzione e di scarico del vapore nel cilindro motore.
  11. ^ Lo scappamento variabile permetteva al macchinista di modificare il tiraggio forzato adeguandolo alle condizioni di funzionamento e fu tipico delle locomotive destinate a percorrere linee dal profilo accidentato. Il tipo "a pera" o "a cono" ricevette il nome dalla forma dell'organo, in ghisa, che aumentava o riduceva il diametro della colonna dello scappamento. Cfr. Abate, pp. 89-91, Carpignano, p. 58.
  12. ^ Introdotto in Italia a partire dal 1887. Cfr. Damen et al., p. 10.
  13. ^ La Rete Adriatica aveva mantenuto ed esteso l'uso del freno a vuoto Smith-Hardy già utilizzato dalle Strade Ferrate Alta Italia e dalle Strade Ferrate Romane. Dal 1891 in poi l'Ispettorato generale delle strade ferrate, organo del Ministero dei Lavori Pubblici cui competeva la vigilanza sull'operato delle società ferroviarie, dapprima suggerì e quindi statuì la sua sostituzione col freno Westinghouse, il cui impiego fu generalizzato dal 1905 dalle FS. Cfr. Maurizio Panconesi, Il freno Westinghouse. A 100 anni dalla scomparsa del suo inventore (1846-1914), in La tecnica professionale, n.s. 21 (2014), n. 1, pp. 38-46.
  14. ^ Il riscaldamento a vapore fu adottato dalle aziende ferroviarie italiane dalla fine dell'Ottocento. Utilizzava una condotta alimentata dal vapore generato dalla locomotiva o da un apposito veicolo (denominato "carro riscaldatore"), che circolava in radiatori disposti nei compartimenti viaggiatori e nei corridoi. Scomparve a partire dagli anni trenta, sostituito dal riscaldamento elettrico (con energia fornita dalla locomotiva o da un veicolo motogeneratore). Cfr. Gian Guido Turchi, Caldo sui treni, in I treni 15 (1994), n. 146, pp. 17-25, con una nota di Erminio Mascherpa, I non facili primi passi del REC, ibidem, p. 23, P. Franchetto, M. Cerutti, I carri riscaldatori, in Tutto treno, 7 (1994), n. 66, pp. 12-17, con una nota di Angelo Nascimbene, L'esperienza di un capodeposito istruttore del DL di Torino Smistamento dagli anni cinquanta fino agli ultimi servizi e ai carri "Vir", ibidem, pp. 16-17.
  15. ^ Intorno al 1906, in seguito alla legge speciale per Napoli la società milanese Officine Meccaniche (già Miani, Silvestri, Grondona), con il concorso del Credito italiano, rilevò gli impianti della Società Industriale Napoletana Hawthorn-Guppy. Cfr. Luigi De Rosa, Iniziativa e capitale straniero nell'industria metalmeccanica del Mezzogiorno 1840-1904, Napoli, Giannini, 1968, pp. 219-221.
  16. ^ Nel 1906 esistevano 1 257 locomotive con tender separato di rodiggio C (gruppi 185, 190, 200, 206, 215, 255, 260, 265, 268, 269, 270, 290, 310, 320, 380, 390, 391, 394, 395, 396 e 397, costruite fra il 1857 e il 1913 [consegne in corso completate dopo quella data]); e 287 locomotive-tender di rodiggio C (gruppi 812, 813, 815, 816, 817, 821, 825, 827, 828, 829, 830, 848, 849, 850, 851, 870, 885, 898 e 899, costruite fra il 1853 e il 1922 [consegne in corso completate dopo quella data]). Nel 1915 dei gruppi con tender separato di rodiggio C costruiti prima del 1906 erano rimasti solo i gruppi 120, 140, 155, 164, 170, 185, 190, 200, 206, 215, 255, 260, 265, 268, 269, 270, 290, 310, 320, 380 e 391. Dei gruppi di locomotive-tender erano in via di eliminazione le unità di rodiggio C costruite prima del 1885. Cfr. Briano, pp. 137-138.
  17. ^ Nell'immediato dopoguerra la distruzione per bombardamenti, atti dinamitardi, vandalismi e furti degli impianti idroelettrici e della rete elettrica causò una grave crisi energetica, con conseguenze anche sull'esercizio ferroviario. Cfr. Nascimbene e Riccardi, 1995, p. 14.
  18. ^ Trenta secondo un'altra fonte. Cfr. Turchi, p. 25.
  19. ^ Alla fine degli anni cinquanta il costo della ritrasformazione fu ritenuto ingiustificato essendo già cominciata la radiazione del gruppo in conseguenza della dieselizzazione anche dei servizi di manovra. Cfr. Riccardi, 2008, p. 31.
  20. ^ Così come avvenuto anche per altri gruppi. Cfr. Molino, pp. 21-25.
  21. ^ Nel 1958 la dotazione inventariale era di 131 unità. Fonte: Carpignano, p. 265.
  22. ^ Secondo Vicuna, p. 348, alla data del 1º gennaio 1968 la dotazione inventariale comprendeva 44 unità. Tale cifra comprendeva, come sempre, anche le macchine non più utilizzabili ma teoricamente ancora a disposizione e in attesa di alienazione.
  23. ^ Attestata concordemente dai documenti e dalle testimonianze: nell'esercizio si dimostrarono "molto affidabili". Cfr. Riccardi, 2008, p. 29.
  24. ^ Nel 1986 un elenco presentato nell'articolo Sulle locomotive monumento, in I treni oggi, 7 (1986), n. 59, pp. 28-29, citava anche le unità 851.013, già esposta a Palermo in un giardino pubblico e poi demolita a causa del vandalismo e dell'incuria, 036 a Fossalta di Portogruaro e 097 a Ponton di Domegliara.
  25. ^ Dal 1997. Cfr. Luca Catasta, I treni dell'ALe 883, in I treni, 25 (2004), n. 256, pp. 22-28.

Riferimenti

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Bibliografia

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Fonti a stampa

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Storiografia e complementi

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