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Finding Dandelion: Edizione italiana
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E-book359 pagine5 ore

Finding Dandelion: Edizione italiana

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Info su questo ebook

Quando la star del calcio Jax Avery si imbatte in Dani Hart nel giorno del suo ventunesimo compleanno, la loro connessione è istantanea ed esplosiva. Per la prima volta dopo anni, Jax non è interessato al solito approccio da “una botta e via”.

Ma Dani lo sa bene. Concedersi una notte spensierata e sentire l’intensità della loro attrazione non cambierà nulla, quando si tratta di avere a che fare con un giocatore. Quindi, quando Jax non la riconosce nel rivederla, non dovrebbe essere un totale shock. Il fatto che sia il fratello della sua nuova coinquilina? Quello sì, che è uno shock. Dani non rimpiange la notte con Jax, solo la necessità di mentire al riguardo, visto che la sua compagna di stanza ha chiarito cosa pensa del “tipo” di ragazze che frequenta suo fratello.

Jax sa che sta camminando sul filo del rasoio nella squadra di calcio. Un altro passo falso ed è fuori dalla rosa, i suoi piani per diventare professionista andranno a rotoli. Solo che non sembra preoccuparsene. Niente sembra importargli... tranne l’unica ragazza che continua a invadere i suoi sogni.

Nonostante il ricordo confuso che Jax ha del suo incontro hot con l’amica della sorella, non riesce a stare lontano da lei, anche se questo significa infrangere le sue stesse regole. Ma ci sono forze più grandi in azione: realtà che possono porre fine alla carriera universitaria di Dani, e bugie che possono farli a pezzi. Jax si rende conto di cosa perderà se Dani se ne va, ma sacrificherà il suo futuro per stare con lei? E lei glielo permetterà?
LinguaItaliano
Data di uscita12 nov 2024
ISBN9791220709927
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    Anteprima del libro

    Finding Dandelion - Lex Martin

    1

    DANI

    (Tre settimane dopo)

    Seguo con la punta del dito le linee sulla spalla dove si trova il tatuaggio, la memoria muscolare porta la mano sull’asse principale, dove Nord e Sud si intersecano e dove spero di trovare l’equilibrio. Un ormeggio. Un po’ di stabilità.

    La sento nelle ossa. La speranza. Incurvo le labbra in un sorriso mentre comincio a convincermi del mio discorso di incoraggiamento.

    Il sorriso si allarga… fino a quando la mia nuova collega non mi lascia cadere davanti una pila di lavoro.

    Laura mi fa un sorriso vacuo. «Ho già dei programmi per questo fine settimana, quindi lo lascio a te. Come laureanda in Economia, dovrebbe essere pane per i tuoi denti.»

    Il nostro primo anno di specializzazione non è ancora iniziato, e lei mi sta già abbandonando. Mi mordo la guancia e allungo la mano per impilare di nuovo i documenti.

    Io e Laura siamo le nuove assistenti del professor Zinzer. Coordineremo tutti gli altri studenti del laboratorio d’Arte questo autunno e prepareremo il materiale per le sue lezioni. Assume sempre uno studente d’Arte e uno di Economia per gestire l’ufficio. Dato che il mio migliore amico Travis ha frequentato il corso di Zinzer lo scorso semestre, ho avuto una corsia preferenziale e ho battuto dozzine di altri candidati di Economia.

    Infilo la pila di documenti nella borsa a tracolla, senza preoccuparmi di sorridere.

    «A Zin servono entro lunedì,» cinguetta lei.

    In altre parole, ne ha bisogno il lunedì del fine settimana del Labor Day. Serro la mascella.

    Laura non sembra sentirsi neanche lontanamente in colpa per avermi scaricato il lavoro. Mentre si getta i capelli sulla spalla, dice: «Grazie, Dani.» La sua valutazione non così subdola di me mi fa contorcere lo stomaco. «Sei così… gentile.»

    Se fossi un cartone animato, mi uscirebbe il fumo dalle orecchie. Non ho mai odiato tanto quella parola in vita mia. Se un’altra persona mi dice che sono gentile, darò di matto.

    Gentile mi fa sentire sottovalutata. Comandata a bacchetta. Ignorata.

    Quando ero piccola, pensavo solo di avere delle buone maniere. Cosa diavolo c’è di sbagliato nell’essere educati? Ma ora vedo che questa caratteristica non è adatta a Boston, dove tutti sono molto più spigolosi. Il Midwest è un posto più amichevole. A Chicago, quando qualcuno ti urta, ti dice: «Mi scusi.» Qui, vengo insultata o spinta. Mi sono abituata a questo ritmo di vita più frenetico, ma questo non sminuisce il fatto che posso essere un facile bersaglio.

    Mia madre mi direbbe di fottermene. Rido tra me e me. Il suo linguaggio è peggio di quello di buona parte dei ragazzi della confraternita di questa scuola.

    Immagino che sia ciò che accade quando si rischia di morire di angiosarcoma.

    La risata mi si spegne sulle labbra e sbatto le palpebre per ricacciare indietro l’improvviso assalto di emozioni che mi travolge ogni volta che penso a mia madre. Ha lottato come un demonio per sopravvivere, anche dopo aver perso tutti i capelli ed entrambi i seni. E l’ha sconfitto. Almeno per ora.

    Quando arrivo nella mia camera del dormitorio, sto ancora lottando con ciò che avrei voluto dire a Laura. Perché non riesco a trovare le parole quando sono nel momento? Mentre fisso la pila di documenti vicino al bordo della mia scrivania, sento le budella che si aggrovigliano in una morsa di frustrazione. Me ne starò rintanata per tutto il fine settimana a preparare gli opuscoli del professore, invece di disfare le valigie.

    Sposto gli occhi sul muro di scatoloni nella piccola stanza che condivido con una ragazza che ho conosciuto lo scorso semestre. Jenna è uno spasso. Abbiamo seguito un corso di Sociologia insieme. Era una tale noia che, per intrattenerci, ci scrivevamo bigliettini scabrosi per vedere chi riusciva a far ridere l’altra. Vinceva sempre lei. E, sì, il professore mi odiava. Ma, dai, quando Jenna ha scritto: Voglio soffocare sulla tua molla magica, non ho potuto fare a meno di scoppiare a ridere.

    Il suo accento strascicato del sud e i suoi perfetti capelli biondi possono confondere. All’inizio sembra una rigida stronza, ma poi ti mette un braccio sulle spalle e si comporta come se ti conoscesse da una vita. Non so come faccia a essere la migliore amica dell’altra nostra coinquilina, però. Ho incontrato Clem solo una volta, ma la ragazza è un ghiacciaio. Cioè, ha alzato gli occhi al cielo quando le ho chiesto se le piaceva The Vampire Diaries.

    Mentre esco dalla porta per sbrigare alcune commissioni, mi fermo davanti a uno specchio per lisciarmi i lunghi capelli. Il mio riflesso mi ricorda mia madre.

    Tutti mi dicono che sono identica a lei quando era giovane. Ho grandi occhi verdi, la pelle pallida e capelli castano scuro, tranne che per le ciocche rosa che ho tinto il mese scorso e, grazie a Victoria’s Secret, ho alcune curve ben enfatizzate.

    Decido di non truccarmi, prendo la giacca ed esco.

    Il viaggio in treno è veloce e, quando esco nel sole del pomeriggio, devo proteggermi gli occhi. Mentre aspetto che il semaforo scatti per poter attraversare la strada, mi ritrovo a fissare un ragazzo che cerca di oltrepassare la porta di un ristorante a pochi metri di distanza con quelli che devono essere dieci cartoni di pizza. Mi avvicino e afferro la maniglia per tenergli aperta la porta. Con la coda dell’occhio, vedo una striscia di capelli biondi dall’altra parte del ristorante, un secondo prima di sentire la ragazza ridacchiare.

    «Spero che tu e i tuoi amici riusciate a gestire tutta questa pizza,» dice lei, tutta ansimante. Non so se stia cercando di essere sexy o se le manca il fiato per aver fatto una corsa di pochi metri per parlargli.

    Alzo gli occhi al cielo mentre sto lì, sempre a tenere la porta aperta. La spalla del ragazzo preme contro la lastra di vetro e lui ride.

    «Sono sicuro che possiamo farcela. Grazie comunque, ehm…»

    «Tamara.»

    «Grazie, Tamara.»

    Attraverso il vetro, la vedo sventolare un pezzo di carta. «Ecco, chiamami se hai bisogno di una bocca in più per tutto questo… cibo.» Il modo in cui dice bocca mi fa capire che non sta parlando della pizza. Bleah.

    La sua sagoma scompare un attimo dietro di lui. Il ragazzo tiene le mani sulla torre di pizze, e non lo vedo allungarne una verso il foglio, ma poi inarca la schiena, come se fosse sorpreso.

    Quando lei fa un passo indietro, ha le mani vuote. Okay, credo che gli abbia appena infilato il suo numero nella tasca dei jeans.

    Giusto.

    Lui si schiarisce la gola. «Sì, grazie, bambola,» dice alla bionda.

    Quando esce sul marciapiede, riesco a vederlo bene per la prima volta. Indossa un paio di occhiali modello aviatore, quindi non scorgo gli occhi, ma il resto di lui è sexy. Alto e magro. Pelle color caramello chiaro, come se fosse stato al sole. Capelli castano chiaro, arruffati in modo noncurante. I bicipiti muscolosi tendono la maglietta, e non posso fare a meno di fissarlo.

    Un SUV si ferma dietro di me e un tizio grida: «Sbrigati, Jax. Non ho intenzione di fare di nuovo il giro dell’isolato.»

    Jax ride e si gira appena. Finalmente mi vede e inclina la testa. Si schiarisce di nuovo la gola.

    «Mi dispiace. Sono un idiota, sto bloccando la porta.»

    Sbatto le palpebre.

    Mi sorride, e penso che il cielo si separi perché è così maledettamente bello che fa male guardarlo ma, prima che possa trovare il coraggio di dire qualcosa, qualsiasi cosa, il suo amico suona il clacson. Jax guarda il SUV e poi ancora me, sorride di nuovo e si allontana.

    Ah! La prossima volta che un gran bel pezzo d’uomo mi parlerà, sarebbe bello riuscire a usare la voce.

    2

    JAX

    La musica risuona ad alto volume nello stereo dietro di me, ma sono troppo stanco per l’allenamento di questo pomeriggio per chinarmi e abbassarlo. Guardo dall’altra parte della stanza e ridacchio. «Amico, tua sorella è ubriaca.»

    Sammy è stravaccata sulla sedia con la sua Magic 8 Ball, fissandola come se avesse tutte le risposte. Suo fratello Nick, il mio compagno di stanza, guarda a malapena verso di lei prima di tornare alle sue carte. «Non pensare nemmeno di scoparti mia sorella, Jax.»

    Gli do un pugno sul braccio. «Sei uno stronzo. Sai che ci sono due tipi di ragazze che non tocco mai: le sorelline e le coinquiline.»

    Nick inarca le sopracciglia. «Ho visto quelle di tua sorella. Non sei mai stato con nessuna di loro?»

    «Stai scherzando? Mi taglierebbe le palle e me le infilerebbe in gola, se mi avvicinassi a una di loro. È un po’ protettiva.» Se non altro, la mia gemella è agguerrita.

    Per non parlare del disastro durante il suo anno da matricola.

    Sammy ride in modo isterico per niente in particolare e scuote la sua Magic 8 Ball. «C’è un ragazzo là fuori che mi amerà per sempre?» Scruta il triangolo nero nella parte inferiore della palla. Il suo viso si illumina mentre legge: Decisamente sì.

    Alzo gli occhi al cielo, bevo un lungo sorso di birra e scorro i messaggi sul telefono. Kelly, Jamie, Emma. Ragazze sexy. Katie. Lanie. Anche di più.

    La mia mente vaga alla ragazza fuori dalla pizzeria, quella che mi ha tenuto la porta questo pomeriggio. Non so perché sto pensando a lei. Era bellissima, ma sembrava giovane, senza trucco. Un po’ innocente e con gli occhi spalancati.

    Non è il mio tipo.

    Nella mia testa sto dibattendo questioni molto importanti, come le dimensioni del seno, ma lo sbatacchiare di quella stupida palla mi distrae dal pianificare il mio fine settimana. Punto il collo della bottiglia verso il giocattolo.

    «Sam, mi dispiace dirtelo, ma è tutta una cazzata. Spero che tu lo sappia, perché mi piaci troppo per farti pensare che ci sia un ragazzo perfetto là fuori.» La sorella minore di Nick è all’ultimo anno di liceo, ed è carina, ma deve diventare meno ingenua, o qualche stronzo come me le spezzerà il cuore. Solo che non sarò io.

    Ignora il mio commento e scuote la palla. «C’è una ragazza perfetta là fuori per Jax Avery, che lo aiuterà a superare i suoi modi da puttaniere?» Socchiude gli occhi mentre legge il messaggio che fluttua verso l’alto. Decisamente sì.

    Nick scoppia a ridere. «Quanto hai bevuto? Papà mi prenderà a calci in culo se domani torni a casa con i postumi di una sbornia.» Torna alla sua mano di carte e mormora: «Perché devi essere ubriaca, se pensi che una cosa del genere accadrà per Jax.»

    Sammy singhiozza e poi geme come se facesse male. Si gira verso di me. «Non ti sembra tutto vuoto? Non vuoi qualcosa che abbia un significato?»

    Questa ragazza deve smetterla di guardare tanti film romantici.

    Bevo un altro sorso. «Ce l’ha un significato. Significa che mi lascio scopare senza legami. È una cosa bellissima.»

    Lei fa una smorfia, come se avessi appena messo una schifezza nella sua cena. Non ho l’energia per spiegarle perché le relazioni sono una pessima idea, ma se avesse visto per due minuti i miei genitori, starebbe dalla mia parte.

    Prendo una fetta di pizza e ignoro il vuoto che sento nel petto. «A che ora è la riunione della squadra, domani?»

    Nick strizza gli occhi verso di me. «Alle tre, ma dovresti arrivare presto. Ho sentito dire che l’allenatore Patterson è un osso duro.»

    «Posso farcela.» Continuo a scorrere il telefono, pensando a come trascorrere le prossime ventiquattr’ore, prima che il calcio consumi completamente la mia vita. Sto pensando a Katie per stasera e forse a Lanie per domani pomeriggio.

    Mentre sto per cercare il numero di Katie, il display si illumina. Natasha. Ancora meglio. Siamo amici con benefici. Meno la parte degli amici.

    Che fai stasera?

    Sorridendo, rispondo: Ti faccio urlare il mio nome mentre ti scopo fino a perdere i sensi.

    Mi risponde dopo neanche un minuto. Perfetto. Sarò lì tra venti minuti.

    Sammy sospira dall’altra parte del tavolo come se sapesse cosa sto organizzando.

    «Un giorno o l’altro, una ragazza ti prenderà a calci in culo, Jax. Spero di esserci per vederlo.»

    Perché un’adolescente mi fa la predica sulla mia vita sessuale? «Nei tuoi sogni, ragazza. Io non mi affeziono.»

    Ho imparato questa lezione molto tempo fa. Le ragazze sono come la birra. Per iniziare e concludere le cose importanti.

    Premo il pulsante sul telefono e lo schermo si illumina. Mancano solo quarantacinque minuti all’allenamento. Merda. L’avvertimento di Nick di arrivare presto mi irrita. Perché gli allenamenti sono a metà pomeriggio? Mi alleno molto meglio di mattina presto.

    Sono incazzato da ieri sera. Io e Natasha non avevamo il nostro solito ritmo. Sì, siamo venuti entrambi, ma sembrava un lavoro.

    Natasha è una modella russa di quasi un metro e ottanta, e di solito sa cosa mi piace. Ci siamo frequentati nell’ultimo anno. Il nostro accordo funziona. Ci incontriamo, beviamo un drink o due, ci facciamo qualche risata, scopiamo e andiamo per la nostra strada. Non è appiccicosa, ed è anche ricca, quindi so che non mira al mio fondo fiduciario. Non capisco proprio perché in questo momento non sono euforico.

    Il mio umore cupo peggiora man mano che il risucchio diventa più rumoroso. Abbasso gli occhi e cerco di non guardarla in cagnesco.

    «Bambola? Dobbiamo concludere.» Non sono bravo con i nomi. Bambola è semplicemente più facile. Un soprannome valido per tutte.

    Tara o Tammy o Tamara alza lo sguardo con la bocca piena di me e cerca di sorridere.

    Cristo, sono uno stronzo.

    Tiro fuori il cazzo dalla sua bocca, evitando accuratamente la fila di denti scintillanti, e me lo rinfilo nei jeans.

    «Mi dispiace, Jax.» Fa guizzare gli occhi per la stanza. Le metto le mani sulle spalle e la aiuto ad alzarsi. Non tutte le ragazze sono brave a fare pompini, ma è qualcosa che dovrebbero insegnare a scuola, insieme alla preparazione dei pancake. Due competenze molto importanti.

    «Non preoccuparti. Non mi ero reso conto che fosse così tardi. Magari ci possiamo rivedere un’altra volta.» Oppure no.

    I suoi occhi si illuminano. Mi devo sforzare per sorriderle e abbracciarla prima di prendere le chiavi dal tavolinetto.

    Quando raggiungo la porta, lo vedo nei suoi occhi. Vuole un bacio. Già, ma non succederà. E non per il motivo che pensate. Non ha nulla a che fare con il fatto che abbia avuto il mio cazzo nella sua gola, ma tutto a che fare con il modo in cui ha sbavato per la mia BMW M-5 Hurricane. Riuscivo quasi a vedere il simbolo del dollaro nei suoi occhi. Non ho bisogno di quella merda. Sarò anche uno studente di Giurisprudenza, ma ho un master nell’evitare le cacciatrici d’oro.

    Mi chino per darle un rapido bacio sulla guancia e ringrazio le mie cazzo di stelle fortunate che siamo a casa sua, prima di scappare.

    Quando sono al sicuro nella mia oasi di solitudine, metto la musica a tutto volume e sgommo. Il motore fa le fusa e io mi godo il mio acquisto. Quest’auto è stata un affare, per trecentomila. Mia madre non la pensava così, ma chi diavolo se ne frega? Me lo deve, il suo è il tipo di debito che non si estingue mai.

    La mia piccola può raggiungere i trecentocinquantotto chilometri orari in un batter d’occhio. Non riesco a spingerla tanto quando giro per Chestnut Hill, ma riesco comunque ad arrivare al campus a tempo di record. Il Boston College è a soli due chilometri da casa mia, ma è nel bel mezzo dell’inferno suburbano. Strade tranquille. Prati curatissimi. Genitori che giocano a pallone. Passeggini e merda. Non capisco perché il BC non possa essere vicino alla Fenway, come la scuola di mia sorella.

    Quando arrivo al campo da calcio, vorrei essermi fatto una doccia. Il profumo di quella ragazza mi sta facendo venire la nausea, soprattutto con questo caldo.

    Il coach Patterson è in piedi di fronte agli spalti, dove è seduto il resto della squadra, con le braccia incrociate sul petto come se fosse il nostro padrone. Per i prossimi mesi, immagino che lo sarà. Il nostro vecchio assistente allenatore ha gestito la pre-stagione, fino a quando l’università non ha finalizzato il contratto di Patterson, la settimana scorsa.

    «Jax Avery, grazie per esserti degnato di arrivare.»

    Sono puntuale, quindi non so quale sia il suo problema, cazzo.

    Come se potesse leggermi nel pensiero, abbaia: «Se non sei qui dieci minuti prima dell’inizio dell’allenamento, sei in ritardo.»

    Reprimo l’impulso di alzare gli occhi al cielo e scivolo accanto a Nick, che sogghigna.

    «Ti avevo detto di arrivare in anticipo, stronzo,» sussurra.

    «Mi stavano facendo un pompino. È ciò che mi dà la mia forza sovrumana.» Sollevo il braccio per mettere in evidenza il muscolo, quando l’allenatore fischia.

    «Sentite. Il motivo per cui la scuola mi ha assunto non è un segreto. Voi ragazzi eravate a un soffio dal vincere il campionato, l’anno scorso. Solo che, cos’è successo? Metà di voi ha deciso di devastarsi, la sera prima.»

    Non io. Non mi sono ubriacato. Non sono un idiota.

    «E l’altra metà è stata sorpresa alle due del mattino in un dormitorio per sole ragazze. La maggior parte di quelle giovani donne è finita in libertà vigilata accademica.»

    Okay, colpevole di questa accusa. Chi lo sapeva che i dormitori femminili avessero politiche così rigide?

    «Mi piacerebbe che smetteste di pensare con quello che avete tra le gambe e consideraste le persone che coinvolgete. I giocatori anziani devono farsi avanti ed essere leader. Quando vi laureerete, il prossimo maggio, spero di vedere degli uomini sul palco, e non ragazzini troppo egocentrici per ragionare.»

    Sospirando, aggiunge: «Come sono sicuro che tutti sanno, ora che la stagione è stata prolungata, i play off sono dopo la pausa del Ringraziamento, il che significa che tutti voi dovete stare tranquilli, durante quei giorni liberi. Volate basso, a livello di un lombrico, perché se sento che avete distrutto una camera d’albergo in qualche resort, siete fuori dalla squadra, chiaro e semplice.»

    Tutti tacciono, ma so che i ragazzi stanno solo aspettando che l’allenatore si allontani per abbassare la guardia. Parleranno di come questo sia uno scherzo del cazzo tra sessanta secondi netti.

    Patterson cammina per un minuto, si ferma davanti a me e aspetta che ci guardiamo negli occhi. «Basta cazzate. È ora di tirare fuori le palle ed essere responsabili. Se pensi che io non ti caccerò perché sono nuovo, ti sbagli di grosso. Mettiti in forma o sei fuori.» Ride, ma so che non sta scherzando. «Non ho intenzione di tenerti per mano, di farti fare il ruttino e ripulire la tua merda. Quello lo lascio fare alle vostre mamme.»

    Non conosce mia madre.

    Patterson si batte la mano con il blocchetto per appunti. «So che la maggior parte di voi vuole giocare a calcio da professionista, e abbiamo il potenziale per essere in grado di arrivare alle finali quest’anno, se rimarrete concentrati su ciò che conta.»

    È questo il punto, non è vero? Cosa conta? Vorrei saperlo.

    3

    DANI

    Per quanto io stia cercando di distrarmi uscendo con Travis questo pomeriggio, la verità è che mi dovrò fare il culo fino a lunedì mattina.

    Vorrei dare un calcio negli stinchi a Laura. Non lo farò, ovviamente, ma devo imparare a difendermi, o lei si approfitterà di me tutto l’anno. In modo empirico, lo so. La parte difficile è trovare il coraggio di non tirarsi indietro.

    E il modo in cui ieri non sono riuscita a parlare con quel ragazzo stupendo! Lui mi ha sorriso, mi ha sorriso in modo pazzesco, e io sono rimasta lì come un blocco di cemento. Sono al primo anno di specializzazione in una grande università, con una media del tre virgola cinque. Si potrebbe pensare che io abbia delle capacità linguistiche.

    Travis è accigliato da quando abbiamo lasciato lo studio di tatuaggi.

    Mi viene da ridere per tutta questa situazione. Quando mi sono fatta il tatuaggio qualche settimana fa, Travis ha deciso che ne voleva uno. Solo che oggi si è tirato indietro, e io invece sono uscita con dei piercing. Gli do una spinta con il fianco, facendolo scendere dal marciapiede. «Stai ancora sbavando per Brady, vero?»

    Si gira verso di me, con i capelli neri che gli svolazzano in faccia. «Da cosa lo hai capito?»

    «Solo un’intuizione. Peccato che Brady non giochi nella tua squadra.»

    «Quelli buoni non lo fanno mai. Sembrava piuttosto interessato a te, però.» Travis sfoggia quel caratteristico sorriso sghembo, e scuoto il capo. Secondo Travis, io piaccio a tutti.

    «Brady è, tipo, un uomo. Deve avere venticinque o ventisei anni. Almeno. Io ne ho appena compiuti venti. Ed è tutto muscoloso, duro e sexy. Non è possibile che sia interessato a me.»

    È il turno di Travis di scuotere la testa e guardarmi come se fossi pazza.

    Ma c’è qualcos’altro. Anche se Brady è carino, non riesco a smettere di pensare al ragazzo del ristorante. Jax. Maledizione. Anche il suo nome è sexy. Un suo sorriso, e mi sono quasi strappata le mutandine. Questa è la mia punizione per essere stata così critica nei confronti di quella ragazza che cercava di dargli il numero.

    Travis mi urta con il gomito. «Quindi eri tutta eccitata mentre Brady ti teneva le mani addosso?»

    «Sì, fino a quando non mi ha punzecchiato con un ago. Due volte.» Mi sistemo la spallina del reggiseno. «Pensi che… Ti sembra che mi stiano bene?» Non posso parlare dei piercing senza che la mia faccia diventi cremisi.

    Travis gira intorno a un’anziana signora che cammina nella direzione opposta, poi posa gli occhi su di me, abbassandoli un attimo sul mio petto. «Sono sexy, e tu sei bellissima.»

    «Non credi che mi facciano sembrare un po’ una facile?» Le parole mi sono uscite di bocca prima di riuscire a filtrarle, ma è una domanda sincera.

    «Cavolo, no.» Adoro il fatto che la sua risposta sia fulminea. «Se vuoi modificare un po’ il tuo corpo, chi te lo vieta? Ti sta tutto benissimo.»

    Sorrido. Travis mi fa sempre sentire bellissima. Viveva in uno degli appartamenti sul mio piano, il primo anno, e siamo andati subito d’accordo. Negli ultimi due anni siamo stati quasi inseparabili. È bellissimo, con i capelli neri e gli occhi color cioccolato fondente. Il mio migliore amico è alto e allampanato e un po’ chioccia. Tutti i ragazzi lo amano. E anch’io. È stato la spalla su cui piangere quando io e Reid ci siamo lasciati, la scorsa primavera.

    «E poi, se c’è qualcuno che è facile in questa relazione, sono io, ricordi?» Mi dà un’altra gomitata. «Sei troppo pura per essere una facile.»

    Forse è questo il mio problema. I ragazzi mi vedono come la brava ragazza. Quella simpatica.

    Traggo un respiro profondo. «Pensi che sia per questo che Reid ha perso interesse?»

    «Reid ha perso interesse perché è un canoista stronzo. Il fatto che si sia fatto la tua coinquilina poche ore dopo che avevate rotto è l’unica prova di cui hai bisogno. E tu non eri vergine. Semplicemente non fai sesso con tutti i ragazzi del pianeta.»

    So di non essere brutta e non sono una che va a caccia di complimenti, ma le mie qualità da ragazza della porta accanto non attraggono esattamente i ragazzi che mi fanno arricciare le dita dei piedi a letto. Una più adatta a una sveltina, in pratica. E Reid non ha fatto eccezione. È il motivo per cui sono rimasta così scioccata nel vederlo uscire dalla stanza di Ashley, un’ora dopo l’inizio dei suoni osceni, la scorsa primavera. Certo, ci eravamo lasciati qualche giorno prima, ma comunque… Ho la nausea pensando a come ha urlato per tutto il tempo: «Più forte! Oh, Dio, sì, scopami più forte!»

    Pensavo che si fosse messa con un altro ragazzo per cui aveva una cotta. Da idiota quale sono, facevo il tifo per lei, felice che avesse trovato qualcuno che era una tigre a letto. Solo che, quando la porta si era aperta, ne era uscito il mio ex-fidanzato a torso nudo, con i jeans sbottonati che gli pendevano bassi sui fianchi e l’uccello che ancora faceva il saluto a mezz’asta attraverso i pantaloni. Non aveva avuto nemmeno la decenza di essere imbarazzato. Invece, mi aveva lanciato un’occhiata che suggeriva che il problema ero io, non lui. Io!

    Dio, spero che stesse fingendo.

    Quando vedi momenti come quello nei film, l’amante disprezzata ha sempre cose intelligenti da dire, per ferire il ragazzo e dimostrargli che in qualche modo è lui ad aver perso qualcosa. Solo che io non l’ho fatto. Ero rimasta senza parole. Non ero riuscita a dire nulla. Vorrei ancora prendermi a calci per essere rimasta ammutolita.

    Sono riuscita a malapena a rivolgere la parola alla coppia felice la mezza dozzina di volte che li ho visti. Potrei essere stata distratta, però, dal momento che Reid stava cercando di massaggiarle le tonsille con la lingua. Certo, Ashley è alta e bellissima. Io sono un pigmeo al confronto, quindi non lo biasimo del tutto per essere preso da lei. Ma dovevano farlo proprio di fronte a me? Io e lui ci siamo frequentati per quasi un anno.

    #CheSpreco

    Quando li ho incontrati la settimana scorsa, ho pensato di averla superata. Ma poi lei mi ha accusato di averle rubato la collana quando mi sono trasferita, lo scorso semestre. Sono riuscita solo a balbettare e a digrignare i denti, mentre fantasticavo di darle

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