Il mio fiore di prateria
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Boston, 1878
“In verità ho due nomi: Lauren, perché mia madre, nonostante tutto, era ancora molto legata alle sue origini. Fiore di Prateria, perché mio padre, uomo forte e coraggioso, era un indiano Cheyenne.”
Sono passati quasi dieci anni dalla terribile battaglia lungo le rive del fiume Washita, Lauren ora vive a Boston e cerca di andare avanti con la sua vita. Anche se non è facile per lei, viste le sue origini, vivere in una grande città. Ancora non si sente pronta per tornare nella terra dove è nata. Dove è stata amata e protetta, ma dove è stata anche piccola e indifesa spettatrice di tanta sofferenza.
Joseph Russel è un giovane ricco e ambito, perfetto nel suo ruolo che ricopre con maestria nei vari salotti di Boston. Ma in realtà è solo apparenza, il suo cuore sanguina copioso per quel passato che lo ha visto testimone di un terribile massacro. Ma quegli occhi, così neri e intensi, colmi di paura ma fieri, sono l’unico spiraglio di luce per quel tormento che si porta dentro. Quegli occhi che il destino, molti anni dopo, ha deciso di far incrociare di nuovo con i suoi…
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Anteprima del libro
Il mio fiore di prateria - Daniela Perelli Autrice
Sinossi: Boston, 1878
In verità ho due nomi: Lauren, perché mia madre, nonostante tutto, era ancora molto legata alle sue origini. Fiore di Prateria, perché mio padre, uomo forte e coraggioso, era un indiano Cheyenne.
Sono passati quasi dieci anni dalla terribile battaglia lungo le rive del fiume Washita, Lauren ora vive a Boston e cerca di andare avanti con la sua vita. Anche se non è facile per lei, viste le sue origini, vivere in una grande città. Ancora non si sente pronta per tornare nella terra dove è nata. Dove è stata amata e protetta, ma dove è stata anche piccola e indifesa spettatrice di tanta sofferenza.
Joseph Russel è un giovane ricco e ambito, perfetto nel suo ruolo che ricopre con maestria nei vari salotti di Boston. Ma in realtà è solo apparenza, il suo cuore sanguina copioso per quel passato che lo ha visto testimone di un terribile massacro. Ma quegli occhi, così neri e intensi, colmi di paura ma fieri, sono l’unico spiraglio di luce per quel tormento che si porta dentro. Quegli occhi che il destino, molti anni dopo, ha deciso di far incrociare di nuovo con i suoi…
L’acqua del fiume che io tocco chissà dove nel mondo qualcun altro l’ha già toccata. La stella che io vedo chissà dove nel mondo qualcuno la sta guardando. Il vento che io sento chissà dove nel mondo qualcuno lo sentirà. Quante sono le persone a cui sono unito senza saperlo?
(Fabrizio Caramagna)
Capitolo uno
Nei suoi pensieri più vivi
Boston,1878
Se glielo avessero detto non ci avrebbe creduto. Erano passati quasi dieci anni da quel giorno. Quello sguardo, quegli occhi sconvolti, impauriti, disperati…
Come poteva dimenticarli? Come non poteva di certo non ammettere, con se stesso, che la decisione di proseguire la sua vita di nobili origini, troncando di netto il suo passato sui campi di battaglia, fosse anche dipesa da lei. Era solo una bambina, che sembrava già donna. Lui era lì, presente a quel massacro. Non aveva imbracciato il fucile, non aveva potuto!
Era rimasto immobile, paralizzato.
Davanti a lui solo anziani, donne e bambini indifesi, non ribelli! Non aveva fatto nulla per impedirlo, e per quel motivo si sentiva terribilmente in colpa. Poi, quello sguardo lo aveva accompagnato nei suoi sogni più remoti, nei suoi pensieri più vivi.
E ancora oggi non lo abbandonava.
Di fronte a lui, ora, la sua cara zia. La dolcissima e vivacissima Audrey Pepper, alla quale voleva un gran bene. Era sempre stata come una madre per lui. Si confidava spesso.
«Tanti ricordi mi accompagnano, Joseph. Non potrò mai dimenticare quel viaggio così piacevole per far visita alla mia cara amica, fino in Colorado. Ho vissuto lì per soli sei mesi, i più belli e intensi della mia vita. Ho imparato così tanto dalle persone semplici che mi circondavano, dagli indiani.»
Joseph la guardò truce. «Zia, basta! Non voglio più sentir pronunciare la parola indiani
in questa casa. Sai benissimo come la penso.»
«Sì, lo so, certo che lo so! Ma lasciami dire un’ultima cosa, ragazzo: non tutti gli indiani sono assassini! Non tutti i bianchi sono assassini! E tu, nonostante il dolore che a suo tempo ti è stato inflitto, hai deciso di non esserlo.»
Aveva deciso di non esserlo…
Era vero, ma ciò non toglieva il fatto che un indiano, un cane sciolto
, aveva ucciso i suoi genitori, dopo averli derubati dei loro averi. Era solo un bambino indifeso, a quel tempo. E i suoi genitori non erano più tornati da quel viaggio maledetto.
Un bambino indifeso che, una volta adulto, aveva solo contemplato odio e vendetta. Era un nobile, che di nobile sentiva ben poco dentro di sé. E quando, molti anni dopo quell’immane tragedia, gli era stato detto che avrebbe potuto vendicarsi della morte dei suoi genitori, aveva accettato fiero.
«Sono dei ribelli, degli assassini a sangue freddo. Devono morire!» quei rozzi soldati ripetevano spesso.
Sì, si era detto. Devono morire.
Solo che non pensava che, sulle rive del fiume, le vittime di quelle atroci carneficine, erano solo degli innocenti e non belve assetate di sangue pronte a far lo scalpo ai nemici. Quei pensieri lo tormentavano, rendendolo ancor più sprezzante di quel che era in realtà.
«So che ti senti in colpa, so che in cuor tuo non provi odio, ma solo tanto dolore. Nipote mio, non avresti potuto fermare quel massacro. Eri solo un ragazzo di diciotto anni, troppo giovane e terrorizzato. Indifeso e che si era fidato di esseri immondi nella totale e assoluta consapevolezza portata dalla disperazione. Adesso però puoi fare qualcosa.
Ora quella dolce bambina è una donna, ha compiuto diciassette anni proprio pochi giorni fa, il dodici di febbraio, ed è sola al mondo.
Dopo che i suoi genitori hanno perso la vita lungo il fiume Washita è tornata con i nonni materni a Boston. Erano già piuttosto anziani allora e solo sei mesi fa sono morti entrambi. Ha solo me. La mia amicizia.
Il mio affetto.
Lavora in un orfanotrofio e nel frattempo legge e studia, è molto colta. Molto intelligente e caparbia.
Io non vivrò per sempre, se solo potessi… Se anche solo una volta avessi accettato di incontrarla…
Hai una casa così grande e bisogno di qualcuno che si occupi…»
Sua zia continuava a parlare, ma Joseph a un certo punto non la ascoltò più. Sapeva, lo sapeva benissimo chi era la creatura di cui stava parlando. Ma era il suo segreto. Non avrebbe rivelato che era proprio lei che piangeva la sua gente sulle rive gelide del fiume. E se l’avesse incontrata? Lei lo avrebbe riconosciuto? E se invece si fosse sbagliato per tutti quegli anni, e si fosse trattato di un’altra? No, non era possibile: Fiore di Prateria, ogni racconto della zia aveva combaciato alla perfezione. Quella bambina sopravvissuta al gelo, che a cavallo percorse intemperie per poter vedere un’ultima volta i suoi genitori… Era lei, ne