Tempesta
Di Nina Levine
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Info su questo ebook
Ora, però, la sua famiglia vuole che ritorni a casa.
Il club ha ricevuto delle minacce e ha inviato un membro per farla tornare a casa sana e salva; e quell’uomo è l’unica persona in grado di distruggere tutto ciò per cui Madison ha lavorato così duramente.
Jason Reilly ha rinunciato a molto per il club di motociclisti che considera la sua famiglia. Due anni prima, ha fatto il sacrificio più grande di sempre: per loro, ha lasciato andare la donna che amava. Ora gli è stato ordinato di riportarla a casa ed è combattuto; pensava di averla dimenticata, ma, non appena la vede, scopre invece che la loro connessione è più forte che mai. Il loro amore struggente, passionale, ardente, è stato anche la loro rovina. Jason non sa se saranno forti abbastanza da combattere i demoni del loro passato, per riscoprire di nuovo l’amore.
Madison e Jason, costretti di nuovo insieme a causa di un evento che non possono controllare, saranno spinti fino a un punto di rottura.
Riusciranno a superare il loro passato e a riscoprire un amore per cui vale la pena lottare o, alla fine, la dura realtà del loro mondo distruggerà entrambi?
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Anteprima del libro
Tempesta - Nina Levine
Nina Levine
USA Today Bestselling Author
Tempesta
Storm MC Serie Vol. 1
1Titolo: Tempesta - Storm MC Serie Vol. 1
Autrice: Nina Levine
Copyright © 2019 Hope Edizioni
Copyright © 2013 Nina Levine
ISBN: 9788855310611
www.hopeedizioni.it
Progetto grafico di copertina: FranLu
Immagini su licenza Bigstock.com
Immagini su licenza Bigstockphoto.com
Fotografo: VIntn | Cod. immagine: 15081701
Fotografo: Svyatoslava Vladzimirska | Cod. immagine: 116165990
Fotografo: Goodmoments | Cod. immagine: 189820279
Traduttrice: Natascia Gandini
Editing: Antonella Albano
Impaginazione digitale: Cristina Ciani
Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, istituzioni, luoghi e avvenimenti sono frutto dell’immaginazione dell’autrice e non sono da considerarsi reali. Qualsiasi somiglianza con fatti, scenari, organizzazioni o persone, viventi o defunte, veri o immaginari è del tutto casuale.
Nessuna parte della presente pubblicazione può essere riprodotta, archiviata o introdotta in un sistema di ricerca, o trasmessa in qualunque forma e con qualunque mezzo (elettronico, meccanico, fotocopia, registrazione o altro) senza previa autorizzazione scritta dal detentore del copyright del presente libro.
Questo libro è riservato a un pubblico adulto. Contiene linguaggio e scene di sesso espliciti. Non è adatto a lettori di età inferiore ai 18 anni. Ci si rimette alla discrezionalità del lettore.
Tutti i diritti riservati.
Indice
Prologo
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Ringraziamenti
Biografia
Hope edizioni
Questo libro è dedicato a mia figlia.
Mi hai guardato provare molte cose nella vita, e quello che voglio tu tragga da questo è che non importa se nella vita segui la strada sicura o se ti allontani dalla via prefissata per provare vari percorsi, purché tu continui a credere in te stessa seguendo la TUA strada.
Non tutti gli erranti si sono persi.
J. R. R. Tolkien
Prologo
1Cazzo.
Come ero arrivata a questo punto della mia vita?
Il mio cuore pulsava nel petto e le vertigini minacciavano di consumarmi mentre con lo sguardo fissavo la ghiaia del parcheggio del bar dove ero seduta al buio, osservando il corpo senza vita di Rob e le mie mutandine strappate. Fui colpita da un forte tremore e, nonostante fosse una serata calda, un brivido mi corse lungo il corpo. Mi circondai il petto con le braccia, cercando disperatamente di scacciare i brutti pensieri che mi assalivano la mente.
Il mio vestito strappato.
I miei capelli strattonati.
Le sue mani sul mio corpo.
Il suo coltello che mi feriva il braccio.
La bile mi risalì in gola e balzai in avanti. Le mie mani toccarono la ghiaia mentre cercavo di fermarmi dal cadere di faccia sul terreno. Deglutendo a fatica, sollevai lo sguardo su J che camminava avanti e indietro, al telefono. Le sue narici erano dilatate mentre aggrediva qualcuno al cellulare e agitava le braccia, gesticolando selvaggiamente per tutta la conversazione. Quando terminò la chiamata si passò le dita tra i capelli e respirò a fondo.
Accovacciandosi davanti a me, disse: «Scott sarà qui tra poco». I suoi occhi ispezionarono i miei, alla ricerca di non so cosa. Ma erano così duri. Non come quelli che aveva il J che conoscevo e amavo.
Sbattendo le palpebre, cercai di asciugarmi le lacrime che mi scendevano sul viso. E poi lo sguardo mi cadde sul corpo di Rob, disteso e morto, lì per terra.
Figlio di puttana. Perché hai dovuto fare quello che hai fatto?
Non sapevo da quanto tempo fossi seduta in quel modo, a fissarlo con sguardo assente, ma un movimento a sinistra catturò la mia attenzione e mi voltai a vedere cosa fosse.
Scott si avvicinò a grandi passi, le spalle indietro, le sopracciglia corrucciate e le labbra serrate. Quando mi raggiunse, si accucciò e mi toccò dolcemente il braccio. «Madison, dobbiamo andare» sussurrò.
Fissai i suoi occhi, incerta su quello che ci avrei trovato, ma tutto quello che vidi fu tenerezza. Insolito. Scott non era premuroso. Non molto spesso.
J mi si inginocchiò accanto, ma dall’altro lato. «Andiamo, tesoro» disse dandomi una mano ad alzarmi.
Quando mi raddrizzai fui colpita da una scarica di dolore in tutto il corpo. Feci una smorfia, ma non permisi che il male mi rallentasse. J mi avvolse le braccia intorno e mi guidò fino al Dodge Charger di Scott. Guardai di nuovo Rob, i miei occhi fissarono il suo corpo insanguinato e poi scansionarono l’area, fino a notare la mia biancheria sulla ghiaia: un ricordo dell’attacco che era avvenuto.
J mi sistemò sui sedili posteriori dell’auto di Scott e mi avvolse un asciugamano sul braccio, coprendo il sangue. I suoi occhi azzurri carichi di preoccupazione incontrarono i miei. «Starai bene qui, mentre io e Scott ci occupiamo del corpo?» chiese.
Annuii e lui se ne andò; mi lasciò per andare a occuparsi di un corpo, come se fosse una delle tante cose da fare in una giornata. Be’, immaginavo che talvolta lo fosse. Tutto parte integrante dell’essere un membro dello Storm MC. Il club di mio padre. Il club in cui ero cresciuta.
Cazzo.
Me lo chiesi di nuovo.
Come ero arrivata a questo punto della mia vita?
Capitolo 1
1MADISON
«Gesù, tesoro, sai bene come succhiarlo, eh?» disse il tizio con il cazzo attualmente nella mia bocca.
La sua mano, posata sulla mia testa, cercava di darmi una direzione, ma non ne avevo bisogno. Come aveva detto, avevo del talento. Continuai a succhiarlo mentre abbassavo le mani per massaggiargli i testicoli, e lui grugnì di piacere.
Eravamo nella sua stanza da letto, lui appoggiato alla parete e io a terra, sulle ginocchia. Due ore prima non ci eravamo mai nemmeno incontrati e tra meno di due ore sarebbe stata l’ultima volta che mi avrebbe visto. Forse era un peccato perché era un ragazzo attraente; tutto muscoli che gridavano di essere toccati, inchiostro che supplicava di essere accarezzato e un viso che qualsiasi donna avrebbe ucciso per baciare. Ma io non ero fatta per le relazioni, non più.
Smisi di succhiargli il membro e spostai la bocca per posare dei baci sul suo stomaco, leccando e mordicchiando mentre risalivo. Era nudo e desideravo davvero divorare il suo corpo – era bellissimo. Arrivai fino alla bocca e rimasi faccia a faccia con lui, fissando il suo ghigno e gli occhi danzanti.
Mi avvolse le braccia attorno al corpo, afferrandomi il sedere. «Devo toglierti quei vestiti di dosso e infilare il mio uccello nella tua passera bagnata.»
Passandogli un dito sulle labbra, annuii. «Sì, fallo.».
Non servirono altri incoraggiamenti, mi sollevò il top oltre la testa e lo gettò via. Fece lo stesso con il mio reggiseno, i jeans e le mutandine finché non fui anche io nuda. I suoi occhi vagarono sul mio corpo lentamente, godendoselo, finché non si fermarono sul mio viso, e poi mi sorrise ancora.
«Cazzo, quante ore dedichi al tuo corpo per essere così bella?»
Allungando una mano per posargli un dito sotto al mento così da portare la sua bocca sulla mia, risposi: «Con questo corpo mi piace superare i limiti, quindi direi non abbastanza. Mi piacerebbe dedicarci più tempo, decisamente.»
È l’unica cosa che tiene lontani i pensieri da tutto ciò a cui ho rinunciato anni fa.
È l’unica cosa che mi fa sentire viva.
Le nostre bocche si incontrarono e venni attraversata da un’esplosione di sensazioni mentre le lingue e le labbra erano aggrovigliate. Mi tirò più vicino così che la sua erezione fosse premuta contro il mio inguine.
Sì.
Mi aggrappai a lui in modo che il suo uccello venisse a contatto con il mio clitoride. Avevo bisogno di più frizione, così allungai una mano e mi strusciai contro il suo membro mentre con l’altra mano gli afferravo le palle, rigirandole avanti e indietro.
Oh, Dio, non voglio che finisca mai.
Il suo bisogno di me. Il mio bisogno di lui. Così bello, cazzo.
Quei momenti erano ciò che bramavo.
Era in quegli attimi in cui mi sentivo bene che la speranza divampava in profondità nella mia anima, quella sensazione a lungo abbandonata che forse – forse – la mia vita potesse essere bella di nuovo, e che potessi avere dell’amore, della passione e un futuro con qualcuno.
«Talentuosa anche con le mani, vedo» mormorò tra un bacio e l’altro.
Gli morsi piano il labbro, e poi un po’ più forte. «Sono una donna dai mille talenti.»
Mi passò la lingua lungo il collo e sul petto, fino a prendere un capezzolo in bocca e succhiarlo, mentre con una mano mi afferrava il seno. Gettai la testa all’indietro e mi godetti il piacere di quel viaggio sulla mia pelle. Ero davvero sensibile sul seno, e non ne avevo mai abbastanza.
«Ti piace, bellezza?»
Il gemito che mi sfuggì rispose al mio posto.
Intrecciai le dita nei suoi capelli e applicai una piccola pressione per tenergli la testa e la bocca al loro posto, sul mio seno. Il suo dividere le attenzioni su entrambi i seni, succhiando, e il mio premergli l’uccello contro il mio clitoride era la personale versione di paradiso.
Alla fine si fermò e spostò la bocca sul mio orecchio, mordicchiandolo, poi sospirò: «Adesso ti scoperò. Va bene?»
Il piacere avvolse il mio corpo al punto da essere più che pronta per quello che voleva, più che pronta a ciò che mi avrebbe dato. La fuga di cui avevo bisogno. «Mi va più che bene».
Invertì le posizioni così che fossi io adesso quella contro il muro, e allungò una mano verso la mia passera. Gemetti rumorosamente quando inserì due dita e massaggiò le pareti.
«Non prenderla male, è bello, ma ho bisogno del tuo cazzo» quasi lo supplicai.
Fece un sorrisetto e tirò via le dita. «Aspetta, devo prendere un preservativo.» Mi lasciò per qualche secondo mentre ne cercava uno. Sospirai di sollievo quando sentii il pacchetto in stagnola e lo vidi infilarsi il preservativo.
Sì.
Tornato da me, si inginocchiò così che il suo viso fosse all’altezza del mio inguine, e urlai quando mi leccò, seppellendo la lingua dentro il mio corpo.
Santo cielo, cazzo, era così bello. Ruotando la lingua all’interno, mi afferrò il sedere e mi massaggiò le natiche.
La mia mente duellò contro se stessa; da una parte volevo che continuasse a scoparmi con la lingua, ma dall’altra bramavo davvero il suo uccello. Alla fine vinse il desiderio per il suo membro e mi allungai per allontanargli la bocca dalla mia intimità. Sapeva quello che volevo, per cui si alzò, sollevandomi con lui. Gli avvolsi le gambe attorno alla vita e le serrai fremendo per l’attesa.
L’uccello colpì la mia entrata e si spinse dentro, con forza e intensità. Proprio come mi piaceva. Le mie braccia lo avvolgevano e mi aggrappai a lui mentre affondava dentro e fuori, dentro e fuori. Dentro di me il piacere crebbe come se stessimo facendo una scalata. Il silenzio ci circondava, fatta eccezione per i grugniti e i gemiti mentre lottavamo per lasciarci andare, il che era perfetto – meno si parlava meglio era.
Avevo solo bisogno del suo corpo e del suo tempo, niente di più. Il suo uccello mi riempiva, la frizione era divina e, quando il suo dito mi colpì il clitoride per massaggiarlo, superai il limite. Quando venni, urlai e lui grugnì in approvazione. Un momento dopo il suo corpo rabbrividì mentre si liberava dentro di me. Poi restammo aggrappati uno all’altra mentre le onde di piacere ci attraversavano.
Sollevò la testa per guardarmi. «Hai finito, tesoro?» Annuii e sorrisi.
«Sì.»
Mi fece scendere e mi diressi nel suo bagno per ripulirmi, recuperando i vestiti lungo il tragitto. Nessuno dei due disse una parola, ma davvero, cosa c’era da dire? Avevamo ottenuto entrambi quello che volevamo.
Mi chiusi a chiave nel bagno e mi spruzzai dell’acqua sul viso, godendomi quella sensazione di freschezza e di pulito. Chiudendo il rubinetto, mi fissai nello specchio. Avevo la faccia arrossata e i capelli lunghi e scuri erano un ammasso aggrovigliato. Il rossetto che avevo applicato prima di recarmi nel locale era ormai sparito da tempo e il sudore aveva sbavato il trucco. Ma la cosa che spiccava maggiormente era la noia che vidi nei miei occhi; l’indifferenza che provavo nei confronti della vita.
L’unica cosa che mi dava entusiasmo era il sesso, e anche quello stava iniziando a perdere la sua magia.
Capitolo 2
1MADISON
Quindici minuti più tardi, mentre stavo tornando verso casa, il telefono squillò. Recuperandolo dalla borsa, controllai chi mi stesse chiamando. Numero privato, niente da fare, amico.
Ignorai la chiamata e lo rigettai nella borsa. Ciononostante, l’idiota era perseverante e il cellulare suonò di nuovo. Lo ignorai, ma dopo altre tre chiamate mi infuriai.
Afferrai il telefono per rispondere e sbottai: «Spera che sia importante.»
«Madison, sono Griff. Ho alcune notizie che non ti piaceranno molto.»
Cazzo. Griff era un membro dello Storm, il club motociclistico di cui mio padre era il presidente e mio fratello Scott il vicepresidente. Io ero cresciuta nel club; era la mia famiglia. Tuttavia, due anni prima mi ero allontanata da quella vita, trasferendomi da Brisbane a Coff Harbour per porre della distanza tra noi. Ora trascorrevo il mio tempo cercando di non mettere il naso negli affari del club. La mia famiglia aveva supportato la mia decisione di trasferirmi due anni prima, ma volevano che tornassi a casa. Scott chiamava spesso e mi veniva a trovare, cercando di convincermi, ma non avevo mai ceduto. Quando me ne sono andata ero un disastro a pezzi, e stavo ancora cercando di rimettermi in sesto. Per quanto mi riguardava, tornare a casa significava fare dei passi indietro.
Sospirai. «Che succede, Griff?»
«Scott vuole che torni qui. Ci sono un po’ di problemi coi Black Deeds e non ti vuole da sola nel caso vogliano vendicarsi dandoti la caccia.»
Black Deeds MC era un club rivale con cui lo Storm aveva avuto dei problemi, quindi non capivo come questo caso potesse essere diverso.
«Griff, sto bene, e puoi dire a Scott che non tornerò.»
«È una bella merda. Meglio se torni a casa.»
«La risposta è no. Non succederà.» Mi passai le dita tra i capelli e sbuffai, sperando che accettasse la mia risposta e mi lasciasse libera la notte.
Ci fu una lunga pausa mentre assimilava ciò che avevo detto. Probabilmente odiava questa parte del suo lavoro; l’avere a che fare con me. Io l’avrei odiata.
«Va bene. Lo riferisco a Scott» rispose, e poi riattaccò.
Fissai il telefono. Aveva ceduto decisamente troppo in fretta e la cosa mi insospettì. Dovevano avere un secondo fine e mi chiedevo quale sarebbe stato il passo successivo ora che avevo rifiutato. Lo Storm non accettava un no
come risposta. Mai. E tendevano a non farsi coinvolgere per troppo tempo con delle situazioni spiacevoli. Si fiondavano su tutto ciò che poteva mettere loro i bastoni tra le ruote. Avevano la reputazione di essere un club forte e spietato, quindi avevo solo una domanda in testa. Che cosa cazzo avevano fatto per sentirsi così minacciati?
«Ehi, tesoro, sono a casa» urlai non appena varcai la porta d’ingresso.
«Sono in cucina, chica» ottenni come risposta, e mi diressi verso quella voce.
La scena che mi accolse