Nel buio
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Durante un viaggio di lavoro a bordo di un volo internazionale Daniele, un consulente finanziario senza scrupoli, farà la conoscenza di uno strano uomo incaricato dalla società per cui lavora di consegnare un raro pezzo d'antiquariato a un cliente misterioso.
In una gioielleria, il noioso pomeriggio di due commesse viene movimentato dall'ingresso di un giovane estremamente affascinante, che vuole comprare un anello per la sua futura sposa.
Un uomo si risveglia imprigionato in un luogo buio e angusto, incapace di ricordare qualcosa di sè o di come sia finito in quel posto.
Una guardia giurata si appresta ad iniziare un turno di notte nella vecchia sede di un ente previdenziale, i cui arredi dovranno essere traslocati il giorno seguente. Il luogo è tranquillo e il compito che gli è stato assegnato è semplice, ma la notte si rivelerà molto più lunga del previsto.
Mentre sta facendo ritorno alla rimessa, alla fine del turno serale, l'autista di un autobus s'imbatte in una strana ragazza dall'aspetto vagamente familiare, che sembra aver bisogno del suo aiuto.
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Anteprima del libro
Nel buio - Fabio Venosini
Fabio Venosini
NEL BUIO
Immagine di copertina: Elaborazione grafica di Alessio Venosini
Prefazione
Esattamente cinque anni fa, a seguito di lunghe riflessioni, decisi di pubblicare la prima edizione di questo libro, cedendo alle insistenze di alcuni amici e amiche che dopo aver letto i miei racconti mi convinsero che fosse giusto permettere anche ad altre persone di poterli apprezzare.
Scrivo storie da quando ero bambino ma per me farlo ha sempre avuto una connotazione intima
, qualcosa che in sostanza faccio perché fa stare bene me. Per tale ragione, l’idea di condividere i miei scritti con persone al di fuori della sfera delle mie conoscenze sulle prime non mi aveva allettato, ma alla fine mi lasciai contagiare dal loro entusiasmo e nel gennaio del 2017, facendo tutto da solo e utilizzando gli strumenti che la rete internet mi metteva a disposizione, pubblicai questa raccolta di racconti.
Benché in quel momento fossi molto soddisfatto del risultato, - lo sono ancora, per dirla tutta -, il tempo mi ha gradualmente messo davanti al naso tutti i difetti di quel libro e i limiti legati all’auto pubblicazione di un’opera.
Per quanto riguarda la sua realizzazione, oggi posso dire che quello che più ha penalizzato il risultato finale della prima edizione è stata l’assenza di un editor, che durante le fasi di sviluppo mi indicasse ciò che non funzionava nei miei testi e mi suggerisse come correggerli nel modo più efficace. Creare una storia ben strutturata e che scorra in modo piacevole per il lettore è un risultato cui si può giungere con studio, pratica ed esperienza, ma che in ogni caso necessita dell’aiuto imprescindibile di un paio d’occhi diversi dai propri, che siano in grado d’individuare quei difetti nell’opera che l’autore non riuscirà mai a vedere da sé, nemmeno rileggendola decine di volte.
Il secondo grande problema che ho dovuto affrontare dopo la pubblicazione è stato quello della mancanza di visibilità.
La regola generale che ho imparato è che, per quanto possa essere valido e intrigante ciò che si è scritto, nessun lettore leggerà mai un libro di cui ignora l’esistenza ma, d’altro canto, un autore che muove autonomamente i suoi primi passi non è in grado di organizzare e gestire un’adeguata campagna promozionale.
Per quel che mi riguarda, dopo un’esperienza disastrosa con gli strumenti messi a disposizione da un noto social network, i cui risultati sono stati praticamente pari a zero, nel corso del 2020 ho trovato la soluzione avvalendomi di uno strumento di cui fino a quel momento avevo ignorato l’esistenza: i concorsi letterari.
Questi, oltre ad essere un ottimo mezzo per far conoscere alla gente i due libri che avevo pubblicato autonomamente e che, come già accennato, non avevano beneficiato di alcuna attività promozionale, sono stati anche una fonte di crescita e divertimento, dandomi l’occasione di misurarmi con altri autori e di ottenere dei riconoscimenti, anche per qualcuno dei racconti contenuti in questa raccolta.
Il giovane innamorato
ad esempio ha avuto un buon riscontro, selezionato tra le opere vincitrici nell’ambito della VIII edizione del Premio Nazionale Letteratura Contemporanea e ottenendo addirittura il secondo posto nella XVIII edizione del Premio Letterario Le nuvole – Peter Russell
, ma anche Turno di notte
è stato motivo di soddisfazione, valutato tra le opere finaliste nella II edizione del Premio Agitazione Letterarie
, nella III edizione del Premio P. Fiano
e ricevendo una Menzione d’Encomio nell’ambito della VI edizione del Premio letterario Internazionale Michelangelo Buonarroti
.
Prima di partecipare a tali eventi, la parte perfezionista della mia personalità mi ha imposto una revisione della versione originale di questi racconti, dai quali ho tentato di eliminare alcune imperfezioni stilistiche che col tempo avevo notato e che li penalizzavano. Da tale lavoro è nata questa nuova edizione nella quale, alle quattro novelle originali, ho aggiunto un quinto racconto inedito che spero gradirete, intitolato Ho scelto te
, il quale proprio quest’anno è stato selezionato tra le opere finaliste in due diversi premi letterari.
Ribadendo il concetto già espresso nella mia introduzione del 2017, anche dopo il restyling cui li ho sottoposti questi racconti sono ancora lungi dall’essere perfetti ma, per lo meno, ritengo che la loro lettura ora risulti più piacevole.
O almeno, così mi piace pensare.
Roma, novembre 2021
Introduzione
Un racconto è per sua natura una creatura imperfetta, che non ti sembrerà mai pronta per poter affrontare un pubblico.
Puoi leggerlo e rileggerlo e aggiustarlo mille volte ma ancora, ogni volta che tornerai a controllarlo, ci sarà qualcosa che non ti convincerà fino in fondo.
Diversi autori, prima di me, hanno cristallizzato questa sensazione frustrante, parlando delle loro opere.
John Dann MacDonald, ad esempio, una volta ha scritto: "…mandi i tuoi libri in giro per il mondo e ti è difficilissimo scrollarteli via dallo spirito. Sono creature imbranate, cercano di farsi strada nonostante gli handicap che tu gli hai imposto. Non so cosa darei per riaverli tutti a casa e dare un’ultima buona spinta a ciascuno di essi. Pagina per pagina. Scavando e sfoltendo, spazzolando e lustrando. Dando una ripulita".
Perfino Stephen King, autore estremamente prolifico che si fatica ad associare a questo genere di incertezze, si è più volte pronunciato in proposito, come ad esempio di recente, nell’introduzione del suo libro Il bazar dei brutti sogni
, dove ha dichiarato: "…in passato ho lottato con il senso di inadeguatezza, con il cieco terrore di non colmare il divario tra un’ottima idea e la piena realizzazione del suo potenziale. Insomma, in parole povere, il problema è che il prodotto finito sembra sempre meno valido della fulgida intuizione scaturita un giorno dal subconscio…".
Per me, che scrivo per hobby e che per la prima volta sottopongo il frutto del mio lavoro al giudizio delle altre persone, con uno spirito analogo a quello del genitore che lascia per la prima volta la mano del proprio figlio al suo primo giorno di scuola, il sapere che anche autori così importanti e affermati hanno vissuto e vivono ancora oggi il debutto delle proprie opere con lo stesso tipo di trepidazione, mi è stato in qualche modo di conforto.
È stato così che, dopo anni passati a fare e disfare periodicamente questi racconti come la tela di Penelope, alla costante ricerca di un risultato finale che somigliasse non tanto alla perfezione quanto piuttosto a qualcosa di accettabile, alla fine mi sono rassegnato all’idea di convivere con quell’odioso senso di incompiuto e lasciar libere queste storie di muovere i loro passi.
Spero siano di vostro gradimento.
Roma, 05 gennaio 2017
Il destino può mutare, la nostra natura mai.
(Arthur Schopenhauer)
Il puzzle
Con gli occhi chiusi, sentiva il sangue scorrergli dolorosamente nelle vene e le arterie delle tempie, denso come cemento, provocandogli quel senso di oppressione alla testa che ogni tanto si condensava in due punti precisi, appena dietro ai bulbi oculari, come se qualcuno stesse affondando i pollici nelle sue orbite, spingendoli a fondo.
Ormai era tardi per farlo lì, ma una volta arrivato a destinazione Daniele doveva assolutamente trovare una farmacia o un medico che gli prescrivesse qualcosa in grado di alleviare il dolore del peggior mal di testa di cui avesse memoria.
Passò la sua carta d’imbarco sul lettore ottico del gate B24 e le porte di plexiglass davanti alle sue gambe si schiusero con uno sbuffo sordo, consentendogli di passare oltre.
Negli ultimi quindici anni la sua professione l’aveva portato a superare decine di varchi come quello, ogni settimana, in Italia e in Europa.
All’inizio quel genere di vita gli era sembrata perfino divertente, ma ben presto si era trasformata in una noiosa e pesante routine.
Gli estranei che incontrava occasionalmente durante i suoi viaggi e con i quali si trovava a scambiare qualche parola non mancavano mai di confessargli, con la consueta aria sognante, di quanto lo invidiassero per quel lavoro che gli permetteva di girare il mondo e lui, puntualmente, si stupiva di come nessuno di loro capisse che non c’era nulla di affascinante nel passare gran parte delle proprie giornate vagando da un aeroporto all’altro, alla stregua di un nomade.
Quella mattina, ad esempio, era partito presto da Milano per raggiungere Bruxelles dove, una volta atterrato, era saltato sul primo taxi disponibile che, dall’aeroporto, lo aveva condotto fino alla sede della multinazionale che lo aveva ingaggiato per una consulenza. Terminata la riunione con i vertici di quella società, aveva gentilmente declinato il loro invito a pranzo per far ritorno in aeroporto, dove aveva consumato senza troppa voglia un pessimo caffè e un pasticcino dall’aspetto artefatto per poi ritrovarsi lì, in attesa del volo diretto a Londra, dov’era atteso nel primo pomeriggio per una seconda consulenza presso un’altra grande società del posto.
Se tutto fosse filato secondo i suoi programmi avrebbe fatto rientro a Milano in tarda serata, altrimenti sarebbe stato costretto a pernottare in un hotel inglese e non sapeva dire quale delle due opzioni gli fosse meno congeniale.
A volte i ricordi di tutti i posti dov’era stato in quegli anni gli si accavallavano nella testa, mescolandosi e confondendosi tra loro in una cacofonia di immagini di aeroporti, strade ed edifici che finivano per assomigliarsi un po' tutte e che gli provocavano un senso di vertigine.
Non di rado, soprattutto negli ultimi tempi, gli era capitato di svegliarsi in un letto d’albergo al mattino senza sapere dove si trovasse il che, scremato l’aspetto comico della cosa, era inquietante.
S’era scelto lui quella professione, gli piaceva ed era abituato a lavorare a quei ritmi ma certe volte, come quel giorno, se ne sentiva logorato.
Probabilmente, pensò, stava solo invecchiando e questo lo rendeva meno tollerante verso gli aspetti scomodi del lavoro; in fondo quella giornata non era diversa da tutte le altre che l’avevano preceduta, fatta eccezione per quell’emicrania, che era andata crescendo d’intensità fino a diventare insopportabile.
Superato il varco d’accesso del gate s’incamminò apaticamente lungo il tunnel che portava all’ingresso dell’aereo, tirandosi dietro il trolley come un cagnolino pigro,