Fata morgana
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Anteprima del libro
Fata morgana - Andrea Franco
a cura di Franco Forte
Andrea Franco, Enrico Luceri
Fata morgana
Romanzo
Prima edizione febbraio 2015
ISBN 9788867756445
© 2015 Andrea Franco & Enrico Luceri
Edizione ebook © 2015 Delos Digital srl
Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano
Versione: 1.0
Font Fauna One by Eduardo Tunni, SIL Open Font Licence 1.1
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
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Indice
Il libro
Gli autori
Fata morgana
Prologo: settembre 1989, Zimbabwe
I. Oggi: aprile 2008, Milano
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
X.
XI.
XII.
XIII.
XIV.
XV.
XVI.
Delos Digital e il DRM
In questa collana
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Il libro
Un mistero in sospeso tra l’Africa e l’Italia. La verità è fragile come un’illusione.
Un indolente trentenne costretto a improvvisarsi investigatore per saldare un debito, una donna dal passato ambiguo e il fascino pericoloso, una vecchia e ricca signora che vive in compagnia dei fantasmi del suo passato in una casa lugubre e silenziosa. Al crepuscolo un assassino si aggira per i vicoli di Todi, ben deciso a nascondere per sempre un terribile segreto. La bella Nicole è davvero la bambina che scomparve anni prima durante un sanguinoso conflitto africano? In un'atmosfera inquietante dove nulla è ciò che appare, la verità cambia continuamente aspetto davanti agli occhi dell'improvvisato detective come le dune del deserto, e la soluzione del mistero forse è come quell'illusione che attira il viaggiatore in un'oasi inesistente per condurlo alla morte.
Gli autori
Andrea Franco ha vinto nel 2013 il Premio Tedeschi Mondadori, con il giallo storico L’odore del peccato. Sempre con Mondadori ha pubblicato numerosi articoli e racconti. Diverse pubblicazioni anche in formato digitale. Su tutte: Lo sguardo del diavolo, la vera storia del Serial Killer Jeffrey Dahmer e la serie Scrivere Fantasy (Delos Digital). L’ultimo romanzo è un thriller storico: 1849 – Guerra, delitti, passione (Delos Digital, 2014).
Enrico Luceri è un autore di gialli classici: ha scritto i romanzi Buio come una cantina chiusa (Il Giallo Mondadori, maggio 2013), Il mio volto è uno specchio (Il Giallo Mondadori, 2008, Premio Tedeschi) e Le strade di sera (Hobby&Work, 2012), la raccolta Le colpe vecchie fanno le ombre lunghe (Prospettiva, 2008), e numerosi racconti. Nella rivista SherlockMagazine (Delos Books) viene pubblicato a puntate un suo saggio sul cinema giallo thrilling all’italiana. Di prossima pubblicazione il saggio Pistole e pupe per i tipi dell’editore Profondo Rosso e in e-book il romanzo Uno, due, stringi le mie mani tra le tue.
Degli stessi autori
Andrea Franco, Lo sguardo del diavolo: Jeffrey Dahmer Serial Killer ISBN: 9788867750474 Andrea Franco, Lungo la via del pensiero Serial Killer ISBN: 9788867751563 Andrea Franco, Il grande protettore Fantasy Tales Il Canto delle Armi ISBN: 9788867752041 Andrea Franco, I segreti del Fantasy Scuola di scrittura Scrivere Fantasy ISBN: 9788867752010 Andrea Franco, Il canto nero Fantasy Tales Il Canto delle Armi ISBN: 9788867752126 Andrea Franco, Luca Di Gialleonardo, Di fame e d'amore The Tube Exposed ISBN: 9788867752119 Andrea Franco, I personaggi del Fantasy Scuola di scrittura Scrivere Fantasy ISBN: 9788867752300 Andrea Franco, I luoghi del fantasy Scuola di scrittura Scrivere Fantasy ISBN: 9788867752492 Andrea Franco, Dialoghi e descrizioni Scuola di scrittura Scrivere Fantasy ISBN: 9788867752720 Andrea Franco, La tecnica del fantasy Scuola di scrittura Scrivere Fantasy ISBN: 9788867752911 Andrea Franco, Lavorare sul testo Scuola di scrittura Scrivere Fantasy ISBN: 9788867753154 Andrea Franco, 1849 Odissea Digital ISBN: 9788867755189
Prologo: settembre 1989, Zimbabwe
– Domani posso tornare a giocare?
La voce limpida della piccola Nicole strappò un sorriso all’uomo. Il dottor Zani alzò gli occhi dalla medicazione, giusto il tempo per osservare il viso allegro della bambina, quindi annuì e si concentrò di nuovo sulla caviglia.
– Forse dovrai aspettare qualche giorno – buttò lì, alzando le spalle.
Per un breve istante immaginò il cipiglio serio della piccola, prima che questa parlasse. – Qualche giorno pochi o… qualche giorno tanti?
– Pochi… te lo prometto.
Mentre la risata di Nicole echeggiava sulle pareti di lamiera, la porta del piccolo ambulatorio si spalancò e un uomo entrò a passi pesanti nella stanza, lasciandosi alle spalle uno spicchio di tramonto denso e silenzioso.
Prima che Giulio Graffiedi potesse richiudere la porta Zani fece in tempo a sbirciare il cielo graffiato da nubi piccole e sfrangiate.
– Ciao papà! – esclamò Nicole, tirandosi sui gomiti.
Il medico trattenne con fermezza la caviglia, piegando la testa verso l’altro uomo, fermo ora a un passo dal lettino.
– Cosa mi combini, eh? – borbottò Giulio fissando con severità la bambina.
Nicole rispose con un sorriso. – Pochi giorni e torno a giocare… è solo un graffio!
I due uomini risero assieme nel sentire pronunciare quelle parole da adulto. Mentre Zani finiva di suturare la ferita alla caviglia, che la bambina si era procurata candendo su un ferro sporgente dal terreno, confermò: – Questa signorina sta benissimo… rimarrà solo un piccolo segno.
Giulio Graffiedi incrociò lo sguardo con la figlia e le sorrise.
– Però dovresti pensare lo stesso alla mia proposta, Giulio – mormorò Zani a mezza bocca.
– Non posso, Massimo. – Allargò le braccia, come a indicare la struttura fatiscente che li accoglieva. – Lo sai cosa rappresenta tutto questo? Tu forse sei l’unico che può capirlo!
Zani annuì, mesto. – Non ti sto chiedendo di abbandonare tutto… ma almeno vieni nella città. Bulawayo non è distante e da lì…
– Da lì non potrò aiutare queste povere persone, Massimo. Lo sai quante famiglie vivono nei pressi del fiume? E fra qualche settimana, con le prime piogge, il Matsheumhlope trasformerà questa zona in una palude e…
– La malaria mieterà centinaia di vite… e i bambini saranno a rischio. Tutti i bambini! Anche Nicole.
– Non puoi chiedermi di venire via, ne abbiamo già parlato – aggiunse Giulio, ammorbidendo il suo sguardo. – E poi, vedi? Neanche un giorno che mi vieni a trovare e pure tu sei costretto a darti da fare! Qui non si finisce mai.
– Posso andare? – protestò la piccola Nicole, quando Zani fissò l’ultima garza.
– Non ti allontanare – ammonì il padre. – Fra poco torniamo dalla mamma. – La bimba rise e uscì zoppicando dal piccolo ambulatorio. Quando la porta fu di nuovo chiusa, lasciando la notte africana di fuori, Giulio fissò l’amico, ma non trovò parole adatte. Si avvicinò a un armadietto e da un ripiano tirò fuori una bustina di macadamia, iniziando a sgranocchiarne qualcuna.
– Devi smettere di mangiare queste schifezze – scherzò Zani.
– È la cosa migliore che trovo da queste parti!
Solo un breve attimo di silenzio si frappose tra loro, prima che Massimo Zani parlasse ancora: – Veramente, Giulio…
– Va bene, non ne mangio più! – provò a ribattere l’altro scherzosamente, ma presto tornò cupo.
– Se tu e Terry volete rimanere, pensa almeno a Nicole.
– Ci penso ogni santo giorno! – sputò Giulio, amaro, ma senza rabbia.
– Potresti mandarla da tua madre, in Italia.
– Non lo so…
– Promettimi che ci penserai. Questa zona non è tranquilla, lo sai benissimo. Non correre rischi inutili.
– Ci penserò – convenne Giulio, incrociando il suo sguardo con decisione.
Massimo annuì. – Promettimelo.
– Su Nicole.
L’uomo sospirò e i due si scambiarono un cenno. Quando uscirono di fuori l’umidità incollò loro la camicia alla schiena. Nicole era seduta su un muretto di fango, qualche metro più in là e stava fissando gli ultimi colori del tramonto attraverso i rami di una grande marula. In lontananza, dove il fiume Matsheumhlope scorreva lento, si alzava un leggero tappeto di gracidii, la colonna sonora di una serata calda, ma tranquilla.
Massimo Zani osservava la notte dalla veranda della piccola casa dei Graffiedi, sprofondato sul dondolo. Gli altri erano andati già a riposare, ma lui amava rimanersene qualche ora da solo, ad ascoltare la notte.
C’era un tempo in cui non aveva saputo immaginare un silenzio così profondo. Anche scalfito da migliaia di suoni di vite invisibili, aveva l’impressione che tutto fosse avvolto da una patina di niente, come se il rumore della savana fosse così naturale da equivalere a un silenzio cosmico.
Socchiuse gli occhi, respirando l’aria fresca della notte, consapevole del caldo che si nascondeva dietro poche ore di buio. In lontananza un leone ruggì e sebbene il suono echeggiasse piuttosto distante sentì un brivido arrampicarsi sulla schiena, strappandogli un lieve sussulto.
Udì i passi un istante prima di cedere al sonno e si scosse come se un colpo di fucile fosse rimbombato nella sua testa. Fissò l’oscurità dinanzi a lui, cercando di capire se quello che aveva udito era semplicemente l’inizio di un sogno o qualcosa di reale.
Un rumore sommesso, seguito da un grido, gli tolse ogni dubbio prima che potesse alzarsi in piedi. Quando scattò, la consapevolezza di quello che stava accadendo lo afferrò come un artiglio alla gola, quasi soffocandolo. La porta della piccola casa era pochi passi alla sua destra. Con un balzo la spalancò e il grido echeggiò tra le pareti prima ancora che lui fosse entrato: – Giulio! Terry! Giù dal letto, presto!
Corse nel piccolo corridoio buio e spalancò la porta della camera di Nicole. Un raggio di luna che filtrava attraverso le imposte illuminò la sagoma immobile della bambina nel momento in cui si svegliava.
– Papà? – domandò, la voce impastata dal sonno.
Massimo si avvicinò al letto, frettolosamente. – Sono il dottor Zani, piccola. Vieni, dobbiamo uscire.
– Ma io ho sonno e…
– Dormirai dopo – tagliò corto l’uomo, afferrandola per le spalle. – Andiamo!
Aveva appena issato la bambina che Graffiedi comparve sulla soglia della piccola camera.
– Prendi le armi, Giulio – ordinò Massimo. – Io penso a Nicole… E avverti Terry. – Giulio Graffiedi scomparve nell’oscurità del corridoio e Massimo, con la bambina in braccio di nuovo avvolta dal sonno, uscì dalla stanza. Si voltò a destra, verso la camera da letto più grande. Terry era immobile e teneva stretta la maniglia della porta. Anche con quel buio Zani intuì i suoi occhi lucidi, i boccoli ramati che le cadevano morbidi attorno al viso.
– Dobbiamo andarcene, Terry.
– Ecco la pistola – disse Giulio emergendo dal tunnel di gradini che portavano in una piccola cantina. – Ma se ci nascondessimo e…
– Giulio, sai bene che l’unica possibilità di sopravvivere è allontanarsi il più in fretta possibile. Daranno fuoco a tutto! Dannazione! Andiamo.
Massimo Zani sistemò meglio il corpo assonnato della piccola Nicole e percorse i pochi passi fino alla porta principale. Quando furono tutti e tre sulla veranda indicò in direzione ovest. – Vengono da lì.
Non dovette aggiungere altro, girarono intorno alla casa e corsero nella direzione opposta alle grida che adesso si levavano da qualche parte nel buio della steppa.
– Ci ammazzeranno – gridò Terry.
Nessuno dei due uomini rispose, ma il marito l’afferrò per un braccio, sollecitandola a correre più velocemente. Alle loro spalle qualcosa illuminò la notte. Massimo, con la coda dell’occhio, vide lingue rosse correre verso il cielo mentre qualche edificio veniva avvolto dalle fiamme. Si levarono altre grida, ma si spensero subito.
– Ah! – Il grido della donna fu seguito da un tonfo sordo.
– Terry! – Giulio si fermò a soccorrere la moglie. La donna era caduta e adesso si teneva una caviglia, singhiozzando rumorosamente.
– Ehi, mammina… perché piangi? – mormorò Nicole, la voce ammorbidita dalla stanchezza.
– Non è niente, piccola… la mamma sta bene.
Giulio e Massimo si scambiarono un’occhiata rapida.
– È rotta – sussurrò Giulio, scuotendo la testa.
– Solleviamola – propose Massimo, ma l’altro fece segno di no.
– Nicole… ricordi quello che dicevamo ieri? È più importante. Portala in salvo.
– Non posso lasciarvi qui e…
– Salvala! – ordinò Terry, quasi gridando. – Te ne prego – addolcendo la voce.
– Buona fortuna – disse Massimo, rassegnato. Poi nessuno aggiunse nient’altro e l’uomo avvicinò la piccola ai genitori, che la salutarono con poche carezze e un pianto frenato a stento.
Quando Zani riprese a correre le grida della battaglia e le fiamme alle sue spalle erano pericolosamente più vicine. Corse senza concedersi tregua, anche quando pensava che il cuore potesse esplodergli nel petto. Rischiò più volte di cadere, ma ogni volta riuscì a mantenere l’equilibrio. Sperò che in quella parte della savana almeno gli animali fossero clementi con lui, ma purtroppo il più feroce di tutti, l’uomo, era alle sue spalle.
Il colpo lo stordì senza che potesse rendersene conto. Anche i deboli raggi argentanti della luna si chiusero in un velo di coltre scura e l’ultima immagine che la sua mente registrò fu quella del terreno su cui precipitava. Un dolore pulsante alla testa lo intontì, ma presto anche questo divenne parte dell’oblio e la notte scese a coprire gli ultimi brandelli di lucidità.
Furono le prime luci dell’alba a destarlo. Aprì gli occhi e una fitta lancinante gli esplose nel cervello. Annaspò per rimettersi in piedi, ma capì che doveva attendere ancora qualche momento.
Quando la nebbia dagli occhi svanì, si guardò attorno. Era caduto in una piccola depressione del terreno. Si passò una mano sulla fronte, dove sentiva ancora martellare un dolore intenso. Aveva una brutta ferita, ma in quel momento non ci badò.
Poi un pensiero lo colpì e scattò in piedi, barcollando.
Nicole!
In quel piccolo avvallamento non c’era.
Zani incrociò lo sguardo con un facocero che passava qualche metro alla sua sinistra, indeciso se fuggire o meno, poi cercò di capire da quale