Papers by Mario Ajazzi Mancini
Littérature, 1992
Ajazzi Mancini Mario, Tramuta Marie-José. Aperçus sur la critique psychanalytique en Italie. In: ... more Ajazzi Mancini Mario, Tramuta Marie-José. Aperçus sur la critique psychanalytique en Italie. In: Littérature, n°88, 1992. Formes et mouvement - Proust éditions et lectures. pp. 107-114
Questo lavoro indaga la figura del silenzio, come si sviluppa in alcuni poemi di Paul Celan. In p... more Questo lavoro indaga la figura del silenzio, come si sviluppa in alcuni poemi di Paul Celan. In particolare, analizza l'argumentum e silentio, un'inferenza vera basata sul tacere o sulla mancanza di risposta. In questo silenzio è in gioco la morte della lingua. La lingua tedesca, che è la lingua materna del poeta. Violentata dai nazionalsocialisti e annientata nei forni crematori. La domanda riguarda come sia possibile continuare a scrivere poesia in questa lingua, e come la poesia possa sostenere ancora il mandato etico che le impone di sottrarsi a quella violenza e all'imbarbarimento. Non solo, ma anche come sia possibile, attraverso la poesia stessa, riappropriarsi di quella lingua come lingua materna. A tale proposito, Celan propone un erschwiegene Wort, una parola che sia vinta, conquistata, strappata al silenzio dell'annientamento, e allo stesso tempo una parola silenziata: la parola silenzio. Una parola detta in silenzio che riconduca il più vicino possibile a...
La storia che racconto in queste pagine è quella che scandisce i tempi di una comprensione differ... more La storia che racconto in queste pagine è quella che scandisce i tempi di una comprensione differita: concerne persone, parole e libri, e delinea la figura di quella tonalità umana che nominiamo amicizia, familiare e perturbante, perché per essere tale non può che fare i conti con la perdita, con la morte e con un lutto che, in fondo, si rivela per lo più impossibile. Tutto questo mi si è mostrato solo post factum, quando le parole erano già dette, le persone ormai lontane ed i libri letti e pubblicati. Ma nomi, discorsi e titoli richiamano tuttora la presenza, ripropongono la lettura, la traduzione, ed il confronto con quanto si è dato a vedere, indimenticabile, eppure condizione di una memoria che si sposta sempre altrove, che sposta altrove l'attenzione perché si possa essere rassicurati rispetto a ciò che si è compreso ed anche, forse, a quanto non desideriamo davvero comprendere. Il libro quindi, e chi mi ha introdotto alla sua lettura, a quelle che l'hanno seguita. Due autori, compagni nella vita e nella ricerca, ebrei ungheresi emigrati in Francia, Nicolas Abraham e Maria Torok. Un loro nipote, professore di letteratura francese negli Stati Uniti, Nicholas Rand, conosciuto in circostanze fortuite, e poi caro amico durante una permanenza di studio in America-e adesso "perduto". Nessuno dunque nel proprio luogo di appartenenza, a casa nella lingua che parla, e però tutti nel transito fluviale di uno spostamento, le cui anse definiscono l'area di una lingua franca, e comune, per cui è possibile trovarsi, e parlare. La lingua della psicanalisi, certo, insieme a quella della letteratura e della filosofia, ma anche la lingua costruita del libro-Le Verbier de l'Homme aux Loups 1-che intreccia, per assonanza e contaminazione, le altre lingue del famoso paziente di Freud, che il tedesco dell'analisi aveva relegato al silenzio-ad un silenzio, lo vedremo, popolato di voci, scene e fantasmi. Lingue che abitano l'anfratto di una cripta intrapsichica, ancora un ansa nel cuore dell'Io, e che offrono l'occasione per un altro ascolto, sostenuto da una riconsiderazione della metapsicologia freudiana-innanzitutto come ricognizione dei luoghi. Luoghi fisici e del cuore, dovrei dire, soprattutto luoghi della memoria, cripte dove si è depositato il senso di un'esperienza, di cui qui tento di costruire, successivamente, l'evento. Era il 1983 e mi trovavo negli Stati Uniti per delle ricerche sulla decostruzione, in particolare sull'influenza del pensiero di Derrida nella critica letteraria americana: de Man, Hartmann, Hillis Miller, insomma la cosiddetta Scuola di Yale. L'università che mi ospitava, vantava di quella scuola un valido esponente, Nicholas Rand, allievo di de Man e, come detto, nipote di Nicolas Abraham. Durante le nostre discussioni, nel freddo del Wisconsin, mi mostrò, come un oggetto prezioso, questo libro, del quale stava preparando l'edizione in lingua inglese. Mi disse che de Man, solitamente sospettoso nei confronti della psicanalisi, vi aveva colto
Al modo di un esergo, un'indicazione di lettura:
Celan traduttore di Ungaretti
ritt die Nacht, er war zu sich gekommen, der Waisenkittel war die Fahn, C 2 ha disperso. Il chias... more ritt die Nacht, er war zu sich gekommen, der Waisenkittel war die Fahn, C 2 ha disperso. Il chiasso insensato del modo l'ha coperto di parole, attese, speranze, e sopra tutto di chiacchiere variopinte.
Drafts by Mario Ajazzi Mancini
Questo volume riprende e rilancia la questione della lettura lungo i tragitti segnati dalle rispo... more Questo volume riprende e rilancia la questione della lettura lungo i tragitti segnati dalle risposte tentate che hanno assunto le figure tematiche del «perdono», della «speranza», dell’«attesa» e dell’«incontro» – così come si sono depositate nella letteratura relativa, tanto critico/letteraria quanto filosofica. E cerca di farlo a tempo scaduto, quando i frutti sono maturati, per raccoglierne l’eredità e risalire al momento inaugurale, a quella fonte che il tempo della cultura e della storia non è ancora riuscito a esaurire.
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