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martedì 26 maggio 2020

Porticato

Abbiamo parlato delle città con i portici e dei vantaggi che questo genere di architettura recano ai cittadini che vivono e passeggiano per le strade.
Anche le case private possono essere dotate di porticati e anch'esse ne traggono benefici, non solo estetici, ma anche funzionali.
Il portico solitamente ha la funzione di delimitare l'ingresso della casa, creando una specie di anticamera all'aperto, spazio che può essere usato per varie funzioni: come salotto, sala da pranzo, angolo lettura, o finestra contemplativa sul giardino. E' il posto ideale dove rifugiarsi dall'afa in estate e dalla pioggia nelle mezze stagioni, quando magari si sta ancora meglio fuori, che in casa.
Un altro vantaggio di avere un portico è quello di ombreggiare l'interno della casa, rendendolo più piacevolmente vivibile quando il sole picchia forte.



Da https://www.pineca.it/blog/consigli-preziosi-per-rendere-piu-bello-il-portico-di-casa.html


Il porticato è una delle immagini tipiche delle case coloniali. Siamo abituati a vederlo nei film in costume che ritraggono scene di vita quotidiana negli Stati Uniti. Spogli e scarni come quelli dei saloon o riccamente e variamente decorati come nelle case dei coloni statunitensi del Sud.





 Eppure questo elemento architettonico rappresenta una tradizione fortemente radicata anche nel nostro paese. Infatti rappresenta l’elemento principe che completa le case d’epoca che ancora fanno parte del paesaggio delle nostre zone rurali.
Qui si lasciava arrampicare l’uva, da pergolato appunto. La sua chioma verde e rigogliosa ha sempre rappresentato l’elemento decorativo per eccellenza nella realizzazione di coperture nelle case padronali.
La possibilità di contare su questa soluzione che si arrampica rapida su semplici tralicci di legno consente di ottenere il duplice beneficio dell’ombra durante la stagione più calda che diventa foriera di ricchi grappoli d’uva da tavola alle porte dell’autunno. Spogliandosi del tutto in inverno, la vite non rappresenta una limitazione al passaggio del sole nei mesi più freddi.






























domenica 24 maggio 2020

I portici e le città

Il portico (dal latino porticus, da porta) è una galleria aperta, collocata per lo più all'esterno e al piano terreno di un edificio; può avere funzione di riparo o anche solo decorativa.
Già noto all'architettura pre-greca, conobbe un grande sviluppo e utilizzo nella civiltà greca (stoà) e romana, nelle quali fu un elemento architettonico importante sia per edifici religiosi che civili; fu molto utilizzato anche nelle epoche successive, particolarmente nell'architettura rinascimentale  e nell'architettura neoclassica.


Leggo che i portici sono una caratteristica principalmente delle città italiane e la cosa mi stupisce un po', dato che l'utilità di poter passeggiare al coperto dovrebbe essere sentita sia nei paesi nordici, dove c'è più freddo e dove piove più spesso, che nei paesi mediterranei, dove in estate un riparo dal sole cocente dovrebbe essere gradito.


Con i suoi 62 chilometri di portici (42 solo in centro storico), Bologna è la città più porticata d’Italia. E proprio i portici di Bologna sono stati scelti come candidatura italiana alla lista del patrimonio mondiale UNESCO per il 2020.
L’origine dei portici a Bologna va fatta risalire al Medioevo, negli anni intorno al 1100, quando Bologna si costituì Comune e nacque l’università (la prima del mondo occidentale), attirando nuovi residenti dal contado, e studenti e professori da tutta Europa. La necessità di creare nuovi spazi residenziali e commerciali portò i bolognesi a trovare una soluzione ingegnosa: creare spazio aggiuntivo a partire dal primo piano delle abitazioni estendendo gli edifici verso l’esterno. La sporgenza che si veniva a creare era sostenuta da pilastri, ed ecco che una serie di pilastri in successione creava un portico
Se in origine questo fu un abuso edilizio, a partire dal 1288 uno statuto del Comune di Bologna stabilì che tutte le nuove case dovessero essere costruite con il portico e che quelle già esistenti dovessero dotarsene; e che il portico, seppur costruito da privati su suolo privato, dovesse rimanere di uso pubblico. Questo perché il Comune ne riconobbe l’utilità: la facilità di camminare protetti dalla pioggia o dal caldo eccessivo, l’opportunità per gli artigiani di lavorare all’esterno e di esporre i loro prodotti anziché essere confinati negli ambienti oscuri e umidi del piano terra delle abitazioni, la possibilità per gli studenti rimasti senza alloggio di trascorrere la notte al riparo dei portici.






Al secondo posto tra le città più porticate d’Italia c’è Torino che vanta ben 18 chilometri di portici, di cui 12 continui. Come a Bologna, anche a Torino i primi portici furono costruiti nel Medioevo. Quelli monumentali che danno alla città il suo aspetto elegante risalgono al 1600, realizzati soprattutto per la nobiltà che così poteva passeggiare protetta da pioggia o caldo eccessivo. Persino i Savoia vollero la costruzione di portici: Vittorio Emanuele I ordinò la costruzione del tratto di due chilometri che collega Palazzo Reale a Piazza Vittorio, in modo da poter raggiungere agevolmente, insieme alla famiglia reale, la Chiesa della Gran Madre. I portici accolgono chi arriva a Torino in treno poiché le due stazioni di Porta Nuova e Porta Susa sono collegate attraverso un percorso porticato.





Con riferimento all’estensione dei portici di Padova, diverse guide riportano la cifra di 12 chilometri, ma altre fonti parlano addirittura di 25! Quale sia la reale estensione, Padova può certamente essere considerata una delle città più porticate d’Italia, e con caratteristiche assolutamente uniche. Per esempio, solo a Padova si trovano i cosiddetti “spioncini zenitali“, cioè dei fori nel pavimento del primo piano posizionati sulla verticale dei portoni che consentivano di vedere chi bussava: ce ne sono circa 170 disseminati per i portici della città. Inoltre, molti dei portici di Padova contengono affreschi, fregi e iscrizioni, spesso a tema religioso, realizzati dagli abitanti come forma di devozione privata. Il portico forse più famoso di Padova è quello del Palazzo della Ragione, l’edificio che separa le due grandi piazze delle Erbe e della Frutta, antiche sedi di mercati. Fu fra’ Giovanni degli Eremitani a far aggiungere all’inizio del 1300 il porticato, le cui grandi arcate sono alte ben otto metri.










Anche a Cuneo i portici sono nati per esigenze di protezione dal clima. Quando la popolazione della città, racchiusa entro fortificazioni, iniziò a crescere, si decise di costruire su entrambi i lati della via principale, oggi Via Roma, dei portici in muratura, e sopra di essi nuovi alloggi. Questi portici sono stati recentemente oggetto di un intervento di riqualificazione volto a riportare l’intero tratto porticato alle origini, attraverso il recupero dei caratteri architettonici e l’applicazione di colori unitari. Via Roma e Corso Nizza sono le arterie principali della città, affiancate da otto chilometri di portici. Da non perdere anche i portici di Contrada Mondovì, con i loro negozi che vendono oggetti di antiquariato.







Via dei Portici a Bolzano è la via più antica della città, oggi come in passato centro delle attività commerciali. Il nucleo urbano di Bolzano sorse nel tardo XII° secolo proprio a partire da questa via, lunga circa 300 metri, che fu orientata in direzione est-ovest a protezione dei venti gelidi che spiravano da nord. Le case furono costruite con portico in modo che i commercianti potessero esporre la loro merce al riparo dalle intemperie. Quelle che si ammirano oggi, ancora addossate le une alle altre, risalgono ai secoli XVII° e XVIII° pur conservando l’originaria struttura medievale. Da ammirare i bei colori pastello delle case, le decorazioni a stucco, e i famosi erker, finestre sporgenti che rappresentano una tipica forma architettonica medievale.






A Genova, la Via di Sottoripa è considerata la strada pedonale porticata con i più antichi portici pubblici d’Italia. Si trovano nell’area del porto antico, chiamata Ripa, nel centro storico medievale della città, e furono edificati tra il 1125 e il 1133, quando il mare arrivava a lambire le fondazioni delle case. L’area porticata nacque per favorire i commerci; comprendeva i fondaci, magazzini nascosti dalle volte dei portici, dove si riponevano le merci appena sbarcate o in procinto di partire, e gli scagni, cioè uffici. Oggi i portici di Sottoripa, cantati anche da De André, ospitano tradizionali pescherie e friggitorie, e moderni take-away gestiti da comunità di immigrati. Da Sottoripa si diramano numerosi caruggi, i caratteristici e pittoreschi vicoli del centro storico genovese.





In provincia di Salerno, circondata dai monti ma vicina anche al mare, Cava de’ Tirreni si sviluppò in seguito alla fondazione di un’abbazia ad opera di un gruppo di monaci benedettini, che nel tempo attirarono intorno a sé una comunità che diede vita al borgo. I portici si trovano nella parte della città conosciuta come Borgo Scacciaventi, dal nome di una delle famiglie che vi abitò per prima. Sorsero nel Medioevo insieme alle prime botteghe, anche in questo caso per poter proteggere le merci dalle intemperie. Ancora oggi ospitano negozi e locali. I portici si snodano su entrambi i lati della strada del borgo per più di 500 metri e i pilastri che li sorreggono variano a seconda dell’epoca in cui furono costruiti, più bassi in epoca medievale, più alti nel XIX° secolo. Da non perdere dunque, prima di un tuffo nel mare, una passeggiata sotto questi portici, un unicum nel Sud Italia.




Queste sono le città con i portici più lunghi in Italia, ma non sono certo le uniche ad averli. Qui da noi anche moltissimi paesi, pur piccoli, hanno la piazza principale o le vie più antiche affiancate da portici che ombreggiano e proteggono i cittadini.
Anche Bergamo ha il suo porticato, di fianco al Sentierone, luogo di passeggio e di incontro per noi bergamaschi e devo dire che, dopo Città Alta, è uno degli angoli più amati della città.





venerdì 10 aprile 2020

Un'abbazia davvero speciale

A una trentina di chilometri da Siena, in direzione della costa, si trovano gli spettacolari resti dell'Abbazia di San Galgano, un tempo sede di uno dei più importanti monasteri toscani.

Il complesso è costituito dall'eremo, detto Rotonda di Montesiepi, e da una grande abbazia, completamente in rovina e ridotta alle sole mura.





Il nobile cavaliere Galgano Guidotti, dopo aver preso l'abito cistercense, aveva fatto erigere sul Monte Siepi una cappella nel 1180, dove scelse di praticare la penitenza per una giovinezza piuttosto dissoluta, e di morire eremita. I monaci cistercensi ottennero  successivamente il permesso di costruire lì un oratorio e un edificio in onore del monaco, divenuto santo. 






Ed ecco l'abbazia: la mancanza del tetto fa subito venire in mente analoghi edifici della Scozia, dell'Irlanda e del Galles , ma sarà solo questo il collegamento con quelle terre?






La conversione di Galgano era avvenuta proprio nel giorno di Natale , quando il cavaliere, giunto sul colle di Montesiepi, infisse la sua spada nel terreno, trasformando l'arma in una croce.




Nella Rotonda si può vedere ancora oggi un masso da cui spuntano l'elsa di una spada e un tratto di lama, ormai arrugginite: inevitabile cercare un suggestivo collegamento con il mito arturiano e la saga della Tavola Rotonda....E' pur vero che Galgano, conficcando la spada nella roccia, aveva compiuto un gesto contrario a quello attribuito ad Artù, che la spada, dalla roccia,  l'aveva estratta...

Sta di fatto che le numerose e puntigliose ricerche in tal senso, a parte qualche labile traccia, non portarono a risultati concreti.


Nel luogo della morte di San Gargano,   per volontà del Vescovo di Volterra, fu eretta comunque una cappella, terminata già nel 1185,  cui fece seguito la costruzione di un vero e proprio monastero, dove  i frati cistercensi  fondarono la prima comunità di monaci di quell'ordine, mentre nel 1218 iniziarono i lavori dell'abbazia nella piana sottostante.




L'abbazia fu consacrata nel 1288. Dopo un periodo di grande ricchezza ed importanza economica, con acquisizioni di  generose donazioni e lasciti, a partire dal XIV secolo, a seguito del succedersi di carestie, peste e saccheggi da parte delle Compagnie di Ventura, il complesso iniziò un lento e progressivo periodo di decadenza e impoverimento, tanto che nel 1789 la chiesa fu definitivamente sconsacrata e abbandonata.






Verso la fine dell'Ottocento però si riaccese l'interesse per il monumento e per un suo eventuale restauro. Nel 1924 iniziò infatti un restauro di tipo conservativo che non comportava ricostruzioni arbitrarie o integrazioni, ma la conservazione di ciò che era rimasto.
Il risultato è uno splendido edificio, considerato oggi uno dei più prestigiosi esempi di architettura gotico- cistercense italiana.