Politica e Educazione

Da sempre l'uomo costruisce la propria identità personale sviluppando il proprio processo di socializzazione: quanto meglio saprà interagire con gli altri, tanto più solidamente potrà costruirla. La vita associata è quindi una condizione fondamentale dell'esistenza affinché l'uomo possa realizzare il progetto della propria identità 1 . L'esistenza umana, tuttavia, prende forma grazie ai più diversi elementi: psichici, fisici e sociali, appartenenti all'ambiente naturale e al tipo di relazione che s'instaura con le altre persone, elementi che, raccolti insieme in una unità vivente, si affermano e si sviluppano dando vita all'identità di ogni essere umano 2 . Nel rapporto educativo, d'altronde, la relazione comunicativa è un elemento fondamentale del lavoro dell'insegnante, indispensabile per promuovere la trasmissione di conoscenze e lo sviluppo di competenze 3 . È chiaro però che molto dipende dalla qualità della relazione educativa, che deve possedere al suo interno le seguenti caratteristiche: la capacità di ascolto da parte dell'insegnante, ovvero la sua capacità di comprendere gli alunni e di far sentire ognuno di loro una persona unica con le sue caratteristiche particolari; la cura dell'insegnante a mettere al centro della propria azione educativa gli alunni prima ancora della materia insegnata; l'utilizzo di una metodologia didattica che preveda la partecipazione attiva degli alunni 4 . L'educatore deve quindi riuscire a far sentire ciascun allievo profondamente accettato come persona nella sua diversità e unicità. Accoglienza significa, infatti, valorizzazione dell'originalità e della dignità di ogni educando durante il percorso formativo che compie insieme all'educatore 5 .

Parlare e riflettere oggi sulla concezione educativa che emerge dal pensiero politico-filosofico di Hannah Arendt -anche se nei suoi scritti non appare quasi nulla di specifico a riguardo -oltre a significare un ritornare a riflettere su un pensiero che già di per sé ancora richiede e stimola una sua continua rimessa in discussione perché si prospetta come un 'arsenale di idee' sempre precorritrici di nuove e diverse visioni del mondo, è anche un modo per andare proprio nella direzione indicata dalla Arendt stessa quando, ragionando e argomentando in The Human Condition della funzione più specifica della politica 1 , al fondo del suo pensiero traspare appunto una visione educativa dell'uomo sì piuttosto 'desueta' o 'antica', ma, proprio per questo, ancora in grado di metterlo nelle condizioni di poter 'salvare il mondo', quel mondo che «Bisogna sempre daccapo riscoprire tentando di rimetterlo in sesto, lasciando alle spalle la cura del proprio piccolo orto o giardino» 2 .

È ormai passato oltre un quindicennio da quando, con la Legge sull’Autonomia scolastica (1998), ha cominciato a prender forma un nuovo tipo di scuola. Non tutto, per la verità, è andato incontro a quelle trasformazioni necessarie per far sì che nascesse questa ‘nuova scuola’, ma ad un sguardo di carattere generale appare evidente come si sia gradualmente passati da un modello di scuola razionale, centralizzato e burocratico a un modello di scuola che si propone sempre più come 'comunità'. 
Da quel primo modello, infatti, basato su un’organizzazione caratterizzata da una divisione formale del lavoro e su interazioni sociali regolamentate da norme 'affettivamente' neutre e con limitata libertà di scelta individuale, si è passati ad un modello di scuola-comunità che si fonda su un insieme di valori e di ideali condivisi e capaci di far assumere a questa istituzione degli scopi precisi, di trasformare i docenti in professionisti dell’educazione e a far maturare una più ampia democraticità al suo interno, grazie alla quale tutte le persone che in ogni grado vi partecipano possono apprendere e crescere con efficacia.

Abbiamo intervistato diciotto insegnanti del Movimento di Cooperazione Educativa attivi dagli anni ’60 in poi, per ricostruire la visione dell’Associazione affrontando alcuni temi: la pedagogia dell’ascolto, il libro di testo, l’organizzazione di spazio e tempo, la documentazione e la valutazione, le tecnologie, la scuola come laboratorio di democrazia. L’analisi dei racconti ha restituito i limiti del discorso sulla scuola attuale che ricodifica i riferimenti pedagogici delle loro esperienze, orientate alla costruzione della democrazia dopo il Fascismo, in modo funzionale alla conservazione di un eterno presente neoliberista.

We interviewed eighteen teachers who were active in the Movimento di Cooperazione Educativa, a teachers’ independent association founded after the fall of the Italian Fascist dictatorship. We asked them about their practice of the pedagogy of the association: the “pedagogia dell’ascolto”, the critic about school textbook, the organization of space and time, the use of documentation, evaluation, technology in didactics, the school as a laboratory for democracy. Their stories contribute to a critical prospective on the present discussion about school innovation in Italy.