Sommario: 1. Premessa.- 2. Gentili e il diritto canonico.- 3. Gentili e il diritto civile.- 4. Da interpres iuris Iustiniani a simpliciter interpres iuris.- Alberico Gentili (San Ginesio, 1552 – Londra, 1608), uno dei maggiori giuristi...
moreSommario: 1. Premessa.- 2. Gentili e il diritto canonico.- 3. Gentili e il diritto civile.- 4. Da interpres iuris Iustiniani a simpliciter interpres iuris.-
Alberico Gentili (San Ginesio, 1552 – Londra, 1608), uno dei maggiori giuristi della prima Età Moderna, è ritenuto uno dei padri fondatori del diritto internazionale moderno. Perseguitato in patria per la sua adesione alle dottrine riformate, esule in Inghilterra dove ottiene la nomina a regius professor di civil law presso l’Università di Oxford (1587-1608), il Gentili dedica la sua riflessione al ruolo del giurista, in un momento di passaggio fra la tradizione del Diritto Comune e l’affermarsi degli Stati nazionali, in un ambiente, quello dell’Inghilterra elisabettiana, dalla peculiare tradizione giuridica.
L’individuazione di una linea di demarcazione fra lo spirituale e il temporale, e delle corrispondenti rispettive competenze del teologo e del giurista cui dedica il I LIbro de De nuptiis (1601) intitolato "Qui est de interprete"; il ricorso, attraverso un continuo sforzo interpretativo, ai principii del diritto naturale inteso come complesso di regole di giustizia e di valori etico-sociali universali, ora fondati sulla razionalità umana; lo studio e l’illustrazione del Corpus iuris civilis e del Corpus iuris canonici (1605) anche sotto il profilo filologico, unito alla lettura delle fonti letterarie, storiche, filosofiche, teologiche e patristiche: sono queste le basi che inducono Alberico Gentili a contrapporre il metodo da lui utilizzato per la redazione dei “De iuris interpretibus Dialogi sex” (1582) ad un nuovo metodo ormai acquisito (“...Et de iuris Iustinianici interprete illic egi, non simpliciter de interprete iuris”... “Nostra non est ars, recitare quid in libris Iustiniani est constitutum, sed definire explicate, quid in quaque quaestione est iuris...”).
Ancora strenuo difensore della funzione insostituibile dell’interprete del diritto identificato nell’autentico precetto normativo – e questo lo caratterizza, pur nelle mutate condizioni politiche, come appartenente alla vecchia scuola – allo stesso tempo egli è attento e sensibilissimo protagonista della nuova metodologia umanistica protesa alla storicizzazione del diritto in quanto espressione nel tempo e nello spazio della razionalità che determina l’intelligente comprensione e applicazione delle norme e dell’intero ordinamento.