PARTE I
I M ONFERRATO
I Monferrato e l’Oriente
La terra di Monferrato e i suoi signori – gli Aleramici e successivamente i Paleologi – rappresentano due entità così strettamente legate che evocarne una richiama alla mente l’altra. E tuttavia rimane pur sempre difficile, e per alcuni aspetti oscuro,
comprendere cosa il marchesato monferrino fosse in realtà.
Fluttuanti e indefiniti furono infatti i confini di questa terra di
Lombardia, pronti a mutare, contraendosi o espandendosi quasi
in un perenne e oscillante movimento geo-politico, secondo le
travagliate e complesse vicende dei discendenti di Aleramo1.
Non a caso tale assetto territoriale fu caratterizzato da un’«indistinta confusione», da «un curioso complesso patrimoniale tra
allodio e feudo», da un incoerente «aggregato di terre, di castelli,
di ville, e di borghi» 2.
Se a partire dal diploma di Ottone I del 967, con cui furono
concessi ad Aleramo quindici corti3, si può parlare di una stretta
connessione tra i marchesi e il Monferrato, è pur vero tuttavia
che la configurazione di detto territorio rimase incerta fino ai
primi decenni del secolo XII4, così che non è del tutto chiaro
quando «l’ampiezza del potere giurisdizionale aleramico» corrispose anche «all’ampiezza del loro potere economico patrimoniale»5.
1
Sui problemi riguardanti la struttura geo-poltica del Monferrato cfr. SETTIA
1983, pp. 55-59 [= S ETTIA 1975, pp. 493-545].
2
PISTARINO 1970, p. 39.
3
M.G.H., Diplomata regum, I, doc. 339, pp. 462-464, (967, marzo 23,
Ravenna). Su questo documento M ERLONE 1983, p. 479, n. 56. Per le vicende di
Aleramo cfr. da ultimo ibid., pp. 466-484.
4
SETTIA 1983, p. 73 sgg.
5
MERLONE 1983, p. 458.
19
I MONFERRATO
E L’ORIENTE
In quel periodo appunto l’area tra Casale Monferrato e
Moncalvo, il luogo di Occimiano e una zona dell’acrocoro monferrino tra il Tanaro e Po, dovevano rappresentare la maggior
parte del patrimonio agnatizio aleramico, cui si aggiungevano
altri beni di minor importanza6 . Proprio allora il marchese
Guglielmo il Vecchio cercò di dare ordine a queste terre di tradizione famigliare, nel tentativo di costituire un insieme politico
quanto più geograficamente omogeneo destinato a durare nel
tempo7. A tal fine l’Aleramico non esitò a utilizzare con abilità
l’espediente giuridico del feudo oblato allo scopo di unire a sé
con saldi vincoli i signori locali. E con pari abilità seppe trarre
vantaggio dai legami parentali variamente contratti, ma in particolare con quelli con gli Staufen8, e dai programmi politici di
Federico Barbarossa, volti a far convergere le autonomie signorili intorno a un impero messo in crisi dai comuni cittadini 9.
Ai progetti di riorganizzazione territoriale e istituzionale,
Guglielmo il Vecchio affiancò la capacità di trarre partito dalle
tensioni ideologiche tra Occidente e Oriente10, dai legami con
Genova e dai suoi mercati in Levante11, dal movimento crociato12, così da fare emergere il proprio lignaggio dall’ambito di un
ristretto regionalismo locale a quello tanto più vasto, quanto
spregiudicato e pericoloso, della politica internazionale. La sua
partecipazione alla seconda crociata del 114713 non fu soltanto
un atto di devozione religiosa, ma un momento preparatorio per
intessere un piano ben più ambizioso. Usando a proprio favore
una molteplicità di soluzioni politiche che via via si presentavano il marchese seppe sviluppare le proprie ambizioni dinastiche
in alternativa tra Gerusalemme e Costantinopoli e, nel contempo, assicurarsi una certa indipendenza nell’area filo-imperiale. La
6
SETTIA 1983, p. 73.
7
Cfr. quivi, Parte I, cap. II, p. 43 sgg.
8
MERLONE 1983, pp. 611, n. 35; 604, n. 7.
9
TABACCO 1979, pp. 262-263.
10
ORIGONE 1987, pp. 99; 105-106, n. 1 ove aggiornata bibliografia.
DAY 1988, pp. 47-64. Per i rapporti tra Genova e i marchesi di Monferrato in
Levante cfr. O RIGONE 1992, passim.
13
E L’ORIENTE
permanenza di Guglielmo il Vecchio in Outremer e a Bisanzio
permise all’Aleramico sia di conoscere direttamente i problemi
politico-istituzionali dell’Oriente greco e latino, sia di essere
annoverato tra i filoi del basileús Manuele I Comneno, pur continuando a restare un ligio dell’imperatore svevo 14.
Con Guglielmo il Vecchio gli Aleramici si trovarono in presenza di una svolta decisiva che orienterà tutta la loro politica
futura. E veramente egli fu, per usare le parole di Ottone di
Frisinga, il «solus ex baronis Italiae qui effugere potuit imperium
civitatum»15, ma anche – e stavolta sono le parole di uno storico
greco, «l’uomo di nobile lignaggio, con bella prole, che godeva
di gran prestigio», indotto dal basileús ad «allearsi con i Romani
sia con copiosi doni, sia con un’alleanza matrimoniale»16. E ciò
proprio in un momento in cui ovunque in Italia l’imperatore
greco cercava «fedeli alleati»17 come anche ricorda un anonimo
cronista latino quando afferma che «Manuel (...) cum iam fere
omnes civitates Ytaliae sibi pecunia adtraxisset, Lombardos,
etiam contra dominum suum imperatorem Fridericum concitasset, obiit»18. E questo tuttavia senza mai rompere del tutto i rapporti con gli Svevi, poiché i marchesi furono sempre ben consapevoli di dipendere, in qualche misura, dai potenti e vicini
imperatori tedeschi.
Dalla seconda metà del secolo XII fin dopo la quarta crociata, l’attività politica degli Aleramici verso l’Oriente sembrò seguire uno schema costante, preciso e ben prestabilito. Con abilità e
opportunismo i marchesi riuscirono a cogliere, man mano che si
presentavano, i momenti di crisi istituzionale, i momenti di
incertezze nella successione al trono, di lotte tra le opposte
fazioni, di tensioni interne che si prospettavano a Bisanzio e in
Outremer19. In presenza di una situazione favorevole, grazie ad
alcune alleanze politico-matrimoniali – e in coerenza con ciò
che George Duby definisce l’orientamento endogamico proprio
14
11
12
I MONFERRATO
Sull’ambiguità semantica del termine filia cfr. K AZDAN 1983, p. 115.
15
OTTONIS
16
NICETA CONIATE 1975, p. 200, rr. 83-87.
EPISCOPI
FRISINGENSIS
ET
RAHEWINI Gesta 1965, p. 312, rr. 24-26.
17
Ibid., p. 201, r. 26.
ALPHANDERY, DUPRONT 1974, p. 174 sgg.
18
Continuatio Zwentlensis Altera 1851, p. 541, rr. 41-43.
USSEGLIO 1926, II, pp. 37-51.
19
ORIGONE 1987, p. 101.
20
21
I MONFERRATO
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E L’ORIENTE
dei lignaggi di quell’epoca20 – sapevano agevolmente inserirsi
nelle dinastie regnanti a Costantinopoli e a Gerusalemme. Fu
così che i figli di Guglielmo il Vecchio non esitarono a legare le
proprie sorti a quelle di un ceppo orientale ogni qualvolta intravedessero la possibilità di ottenere, direttamente o tramite la
propria discendenza, il retaggio di un regno. Le nozze di
Ranieri21 e di Corrado a Bisanzio, quelle del Lungaspada22 e
ancora di Corrado in Outremer23, e infine quelle di Bonifacio re
di Tessalonica24 – tutte avvenute nel giro di pochi decenni –
testimoniano il crescere degli interessi aleramici in Oriente. Più
ancora: esse sono il segno di una vasta e complessa dinamica di
alleanze matrimoniali, tra i casati d’Occidente e di Oriente, che
evidenzia un sempre più stretto rapporto tra le due aree del
Mediterraneo25. La vocazione per l’Oltremare dei marchesi monferrini contribuì infine, e non è un fatto trascurabile, all’affermazione degli ideali cavallereschi, tipici della società cortese nei
secoli XII e XIII, quando, alla consapevolezza delle proprie origini e all’orgoglio per gli antenati potenti e ben conosciuti, si legarono strettamente, secondo l’intuizione di Karl Bosl, la costantia, la liberalitas e soprattutto la virtus, fede salvifica consona all’ideale crociato 26.
In effetti con tenace e costante assiduità i marchesi di
Monferrato dedicarono gran parte delle loro energie all’Oriente,
ma a tale inflessibile ostinazione non corrispose una sorte benigna, anzi le alterne vicende della fortuna parvero accanirsi fatalmente contro di loro: quasi tutti gli Aleramici e i Paleologi monferrini, giunti alle soglie di un regno, tragicamente quanto repen-
E L’ORIENTE
tinamente persero la vita. Tale fu il destino del Lungaspada27, di
Ranieri28, di Amedea Paleologhina29, quasi certamente uccisi con
il veleno; tale anche quello di Corrado, caduto sotto i pugnali di
sicari assoldati da Riccardo I Plantageneto re d’Inghilterra30, di
Bonifacio perito in un’imboscata dei Bulgari31, di Guglielmo32, di
Agnese33 e di Alice, regina di Cipro34, morti di malattia proprio
nel momento in cui stavano per cogliere i frutti dei loro progetti.
Sopraffatti, ma non vinti dalle avversità, i marchesi non persero di vista l’orizzonte oltremarino anche se, a partire dai primi
decenni del secolo XIII, affidarono le loro speranze a personaggi
esclusivamente femminili35, con un mutamento di indirizzo che
testimonia senza dubbio una sorta di contrazione nelle aspirazioni aleramiche. Vanificati i progetti in Terrasanta e perso il regno
di Salonicco, i marchesi, infatti, si limitarono a una pratica di
politica matrimoniale con i lignaggi d’Oriente che potremmo
definire di routine e da cui null’altro si proponevano, forse, se
non di ricavare meri vantaggi diplomatici.
A ciò non fu estraneo, senza dubbio, l’enorme dispendio di
denari, mezzi e uomini necessari per le loro imprese che compromise le finanze del marchesato, al punto che viene da chiedersi se
la frammentarietà geopolitica propria delle terre aleramiche non
sia dipesa, in qualche misura, anche dalle loro costosissime imprese oltremarine. Significativa a tale proposito è la carta di mutuo del
1224 con cui il marchese Guglielmo VI riconosce di aver ricevuto
dall’imperatore Federico II 9.000 marchi d’argento (per finanziare
una spedizione volta alla riconquista di Tessalonica) vincolando
tutti i suoi beni immobili36. Segno delle difficoltà economiche, il
27
Cfr. supra.
20
DUBY 1981, p. 29.
28
NICETA CONIATE 1975, pp. 259, r. 37; 260, r. 46.
21
Cfr. quivi, Parte I, cap. II, pp. 43-76.
29
Cfr.quivi, Parte I, cap. VII, p. 129 sgg.
22
Cfr. quivi, Parte I, cap. II, pp. 31-42; L
30
Cfr. supra.
31
Cfr. supra.
32
GALLINA 1985, p. 80.
33
LAMMA 1960, p. 437.
25 Cfr. p. es. R UNCIMAN 19664, II, tavv. 1a, 1b; pp. 1135-1136; tavv. 7a-7e, pp.
1143-1147.
34
Cfr. quivi, Parte I, cap. VII, pp. 123-129.
35
ORIGONE 1987, p. 104.
26
36
IGATO
1993, pp. 153-185.
23
ILGEN 1890; WILLIAMS 1970, pp. 381-389; QUELLER 1977, pp. 23, 25-27, 32, 171172, n. 10; R ILEY SMITH 1983, pp. 381-389; JACOBY 1993, pp. 187-238.
24
Su Bonifacio I di Monferrato cfr. USSEGLIO 1926, I, pp. 155-156; II, p. 169 sgg.;
GORIA 1970, pp. 118-124; QUELLER 1977, passim; LONGNON 1978, pp. 227-234.
BOSL 1979, pp. 117-118; BARBERO 1983, pp. 652-655; R UIZ DOMENEC 1993, pp.
55-63.
CANCIAN 1983, pp. 729-749 = HABERSTUMPF 1989 pp. 71-72, n. 141 (1224,
marzo s.d., Catania); S ETTIA 1993, pp. 29-51.
22
23
I MONFERRATO
documento, con il suo dettagliato elenco di terre e dei diritti a
diverso titolo posseduti dal marchese, è al contempo spia dell’estrema frammentazione dei possedimenti aleramici.
Non stupisce dunque se con Bonifacio II, erede di Guglielmo
VI, gli interessi dei marchesi sembrano concentrarsi solo più in
Lombardia37. La stessa complessa trama diplomatica, intessuta in
quegli anni a Cipro e nel regno gerosolimitano, formalmente
finalizzata al recupero del titolo regio di Salonicco, in realtà serviva soprattutto a rinsaldare i legami di parentela con i potenti
imperatori Svevi38 il cui appoggio era indispensabile in patria. E
se per oltre due secoli i marchesi continuarono a esprimere figure di altissima capacità politica in Occidente e a godere di enorme prestigio, certo derivante dall’eredità di un illustre passato e
dalla memoria di una gloria troppo fugacemente trascorsa, non
riuscirono più tuttavia a ritrovare, se non di riflesso, le vie della
storia in Oriente.
Durante i secoli XIII-XV la dinamica dei rapporti tra i Monferrato e l’Oriente subì una netta inversione di tendenza: non più
imprese audaci e ambiziose, destinate a costituire il presupposto
per la conquista di un regno in Grecia o in Terrasanta, ma utilizzo della memoria di quelle esperienze al fine di sorreggere le
precarie sorti del marchesato sempre più minacciato da vicini
potenti e dinamici.
È pur vero che dopo un breve periodo di stasi, nel 1284, l’oscillante movimento a pendolo tra Aleramici e Bisanzio sembrò
prendere nuovo vigore dal matrimonio tra Iolanda, figlia di
Guglielmo VII, e il basileús Andronico II Paleologo39, ma in questo caso l’alleanza matrimoniale, utile all’imperatore greco per il
chiaro senso antiangioino in essa implicito, servì al marchese per
ottenere denari e uomini indispensabili per il proseguimento delle
guerre intraprese in Lombardia40. Unico, inatteso esito – solo
37
GALLINA 1985, pp. 81-82; cfr. quivi, Parte I, cap. VII, pp. 119-122.
38
Sul regno aleramico di Tessalonica e le rivendicazioni dei marchesi su di
esso nel secolo XIII cfr. L ONGNON, 1950, pp. 141-146; RUNCIMAN 1959, pp. 27-34;
FERJANČIC 1964, pp. 101-116; G ALLINA 1985, passim; cfr. quivi, Parte I, cap. IV, pp.
89-96.
39
Cfr. quivi, Parte I, cap. V, pp. 98-99 ove aggiornata bibliografia; su Iolanda di
Monferrato cfr. C ONSTANTINIDI BIBICOU 1950, pp. 425-442.
40
HABERSTUMPF 1989, p. 78, n. 169 (1284).
24
I MONFERRATO
E L’ORIENTE
E L’ORIENTE
esempio conosciuto in Occidente – fu il passaggio del marchesato
come eredità a Teodoro Paleologo, che da quella unione appunto
nacque: un principe greco destinato a rinnovare la morente dinastia aleramica41. Ma la stessa presenza in Monferrato di un principe bizantino e il suo matrimonio con la figlia di Opicino Spinola,
se servirono a suscitare una fruttuosa alleanza tra Genova e il
basileús, che ne ricavò preziosi aiuti economici e militari42, non
riuscirono a mutare la sostanza della politica monferrina. Ormai
nel Trecento, le alleanze politico-matrimoniali servivano più che
altro a puntellare le sorti delle terre marchionali 43.
Teodoro I e il suo erede Giovanni II, dopo aver cercato inutilmente di far valere i propri diritti sul trono di Costantinopoli44,
si dedicarono con rinnovata energia al rafforzamento del marchesato, facendo proprie le precedenti tendenze egemoniche
degli Aleramici. Fu un ultimo periodo di illusoria grandezza in
cui i Paleologi di Monferrato non esitarono a utilizzare auliche
titolature, a revocare illustri e onorati antenati, a ribadire importanti ma ormai remoti legami di parentela, con l’intento di
proiettare questo orgoglioso passato in un presente incerto e in
un futuro oscuro. La vocazione aleramica verso l’Oriente andava
sempre più cristallizandosi in una vuota cornice priva di concreti
significati politici e in un pretesto araldico utile solo in formali
dispute diplomatiche 45.
Mentre i marchesi di Monferrato lentamente e inesorabilmente dovevano rinunciare alle pretese in Oriente, i Savoia sembravano subentrare loro nella vocazione oltremarina. Dopo le
nozze tra Filippo di Savoia e Isabella di Villehardouin, principessa d’Acaia46, i successivi sponsali tra il basileús Andronico III e
Giovanna di Savoia47 decretarono l’instaurarsi di una nuova,
41 Per Teodoro I Paleologo v. COGNASSO 1927, pp. 39-47; Z AKYTHINOS 1935, pp.
16-18; LAIOU 1968, pp. 386-410; cfr. quivi, Parte I, cap. V, pp. 97-108; cap. VI, pp.
109-117.
42
HABERSTUMPF 1989, p. 81, n. 182 (1306 c.).
43
Cfr. infra.
44
IMHAUS, L OENERTZ 1977, pp. 155-158; cfr. quivi, Parte I, cap. V, passim .
45
Cfr. quivi, Parte I, cap. VIII.
46
Cfr. quivi, Parte II, cap. I, p. 305 sgg.
47
MURATORE 1906a.
25
I MONFERRATO
I MONFERRATO
E L’ORIENTE
quanto tardiva, politica dei conti di Moriana nell’area mediterranea. È assai probabile che tale alleanza sia stata progettata da
Teodoro I Paleologo, come proverebbe la fitta corrispondenza
che in quegli anni intercorreva tra Andronico III, lo zio del marchese di Monferrato e il cognato conte Aimone48. I Savoia, inizialmente guidati e invogliati nel complesso gioco di alleanze
con i lignaggi orientali dai cugini Paleologi, ben presto attuarono
una loro politica indipendente sia con il declinante impero
greco, sia con Genova e con Venezia 49.
All’accresciuto prestigio internazionale dei discendenti del
Biancamano50 faceva riscontro nel corso del secolo XV una sempre più evanescente presenza in area greca dei Paleologi di
Monferrato. Ben radicati ormai in Occidente e completamente
latinizzati, essi di null’altro si preoccuparono se non di conservare e di accrescere le terre aleramiche51, tanto che agli inizi del
Quattrocento «nonostante i rovesci subiti, l’assetto territoriale
dello stato» monferrino poté «dirsi pressoché definito» 52.
Il venire meno di interessi per l’Oriente sembrò per un
momento aver termine in seguito alle nozze tra il basileús Giovanni VIII Paleologo con Sofia di Monferrato, figlia del marchese
Teodoro II53: in realtà, oltre al prestigio derivante da tale unione,
nessun vantaggio concreto ci fu per i marchesi monferrini non
solo, come ovvio, in Oriente, ma neppure, ciò che era ben più
grave, nelle terre di Lombardia. Parimenti neppure le effimere
nozze tra Amedea Paleologhina e Giovanni II di Lusignano, re di
Cipro54, riuscirono a invertire questa tendenza, anzi questa alleanza, voluta e forse imposta da Amedeo VIII, giovò solo al du48 I b i d., p. 75, n. 2 = DÖLGER 1 9 6 4, IV, p. 146, n. 2770; cfr. anche GABOTTO
1903a, p. 48.
ca di Savoia per legare e vincolare ulteriormente a sé il debole
cognato Gian Giacomo Paleologo, bisognoso di aiuti indispensabili per combattere i potenti signori di Milano55. Nulla più che
il ricordo di un indirizzo politico inaugurato due secoli prima,
insieme con il rispetto della tradizione e al senso di legittimismo
dinastico, sembrarono caratterizzare infine le nozze tra Maria di
Serbia e Bonifacio III Paleologo: un matrimonio che lungi dal
presupporre ambiziose imprese in Oriente servì solo alla continuità dell’ormai esangue stirpe dei Paleologi monferrini 56.
I rapporti tra i signori di Monferrato e l’Oriente, definitivamente esauritisi, si cristallizzarono in una vuota tradizione formale, e
in un immaginario mentale, più che altro utilizzato dai cronisti di
corte57, come sostegno al disgregarsi e al decadere del marchesato. Con l’estinzione dei Paleologi, e con la conseguente scomparsa della loro signoria, ci si può chiedere cosa sia durevolmente
rimasto nelle terre pedemontane di quasi tre secoli di vocazione
oltremarina e di assidua frequentazione dell’area mediterranea.
Occorre riconoscere che, nonostante la singolarità dell’avventura vissuta dai figli di Guglielmo il Vecchio, gli esiti complessivi
furono modesti, certo in Oriente, ma anche in Occidente, pur se
bisogna ammettere che l’esperienza in Grecia e in Outremer
diede prestigio a una dinastia locale e contribuì, in una certa
misura, a consolidarne il dominio in patria. Chi per altro volesse
trovare in Monferrato tracce visibili di questa esperienza, non
potrà che rimanerne deluso: scarsi e in sequenze non continuative i documenti58, incerte e insicure alle volte le fonti narrative59.
Sarà anche vero che alcuni «giochi fanciulleschi monferrini», come
afferma uno studioso locale, sono d’origine greca 60 o che, nel
castello di Trino, alcune arcate in stile moresco si possono mettere in relazione con le crociate in Terra Santa61 o con la presenza
49
Per una prima lettura circa i rapporti tra i Savoia e l’Oriente nei secoli XIVXV cfr. DATTA 1826; BOLLATI DI SAINT PIERRE 1900; M URATORE 1906a; C ESSI 1919, pp.
5-64; D I TUCCI 1935, pp. 79-93; DÖLGER 1938, pp. 193-196; A VONTO 1974, pp. 5978; O RIGONE 1993, pp. 451-454; cfr. quivi, Parte II, capp. I-III, pp. 205-232.
50
51
52
Cfr. quivi, Parte II, p. 191 sgg.
TONNARELLI 1900, passim.
PISTARINO 1970, pp. 56-57; cfr. anche I D. 1960, p. 5 sgg.
53
BARKER 1969, pp. 348-349 ove ampia e articolata analisi delle fonti greche e
latine.
54
Cfr. quivi, Parte I, cap. VI, p. 129.
26
E L’ORIENTE
55
Cfr. quivi, Parte I, cap. VII, pp. 128-131.
56
Cfr. quivi, Parte I, cap. VIII, p. 140 sgg.
57
HABERSTUMPF 1989, p. 8 sgg.
58
Ibid., pp. 85-88.
59
Cfr. p. es. F UMAGALLI, 1978, passim.
60
FERRARO 1977, pp. 5-6; 10; 12-13.
61
BORLA 1979, p. 15 sgg.
27
I MONFERRATO
E L’ORIENTE
nel marchesato del principe greco Teodoro I Paleologo62, ma di
fronte a circa tre secoli di intensi rapporti con l’Oriente è pur
sempre poco. Così come è una labile traccia il fatto che il nome
di Teodoro, secondo la tradizione della cancelleria bizantina, sia
scritto in rosso negli obituari63 e che siano ancora visibili nelle
monete e negli stemmi dei Paleologi di Monferrato le quattro b
dell’avita impresa64. Poco più che una curiosità è il fatto che in
una tarda cronaca greca un nobile casato di Cefalonia, in qualità
di erede dell’estinta dinastia marchionale, porti ancora orgogliosamente il titolo di Monferrato"65. E null’altro che una rarità erudita è la presenza, ben documentata nel secolo XVII, di un Giovanni Battista Paleologo e di suo figlio Francesco Antonio quali
governatori, in nome del re di Francia, della fortezza di Exilles 66.
Frammenti sparsi, lacerti di notizie di una storia ancora in
gran parte da studiare soprattutto se ricollegata a quella dell’area
pedemontana. Mentre gli Aleramici infatti cercavano, con alterni
risultati, di inserirsi nei regni di Bisanzio o di Gerusalemme, gli
abitanti del piccolo borgo di Melazzo intrattenevano abituali
relazioni commerciali con Costantinopoli 67, quasi un anticipo
degli scambi e delle transazioni economiche che con ben maggiore intensità prosperavano, nei secoli XIII e XIV, tra gli abitanti
di Asti e Alessandria e quelli di Caffa68. E ancora: sul finire del
secolo XIV troviamo un alto prelato di Costantinopoli69 al seguito di quell’Amedeo di Savoia, principe d’Acaia, i cui buoni rapporti con la raffinata corte di Mistrà sono noti tramite la redazione latina di una lettera autografa di Teodoro Paleologo. In essa il
despotes bizantino ringrazia Amedeo per avergli inviato, quale
62
I MONFERRATO
E L’ORIENTE
ambasciatore, Pietro Rocchetta, non solo esperto nell’arte diplomatica ma anche scientem grecum70.
Riscattata in tale modo dai suoi connotati puramente eruditi e
proiettata, come è giusto, in ambito europeo, o per meglio dire
mediterraneo, l’avventura dei Monferrato in Oriente acquista,
ben al di là dei suoi aspetti più direttamente evenemenziali, i
toni di un’esperienza straordinaria e irripetibile che a pieno titolo merita di essere collocata all’interno di quel vasto movimento
che a partire dalle crociate segnò per alcuni secoli l’espansionismo latino in Oltremare.
AVONTO 1980a, p. 240.
63
CERUTI 1881, p. 374. Sull’uso dell’inchiostro rosso nella cancelleria imperiale
e sul suo valore simbolico cfr. D ÖLGER, K ARAYANNOPOULOS 1958, p. 28 e passim .
64
PROMIS 1858, tavv. IV-VII; N EUBECKER, B ROOKE LITTLE, T OBLER 1976, p. 106.
65
STURDZA 1983, p. 353.
66
BOREL
67
GASPAROLO 1930, III, doc. XXI, p. 296; doc. XXI, pp. 297-298.
68
BALLETTO 1971-72, pp. 171-184.
69
SARACENO 1882, p. 186, n. 116.
DU
BEZ 1937, coll. 81-86; P ATRIA 1975, p. 111.
28
70 «Magnam gratiam fecistis nobis mittendo ad nos dominum Petrum Rocheta,
scientem grecum et hominem providum et multum dexstrum ad faciendum abassiatam et adhuc nobis notum», ed. in CESSI 1 9 1 9, pp. 18-19 (1389, ottobre 21,
Mistrà).
29