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La storia ecclesiastica. Parte I (1867-1948)

2008

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Il fatto che il primo presidente Vincenzo Fortunato Marchese sia un religioso domenicano è dovuto alla necessità di scegliere una figura di indirizzo politico moderato per sopire i sospetti di umori antisabaudi che aleggiano intorno al nuovo consorzio, as, soluta primizia in Italia in quanto promosso da un gruppo di privati cittadi, ni e non da garantite iniziative istituzionali. Lo del primo presidente non ha dunque nessi con gli indirizzi di ricerca. Ma è innegabile che il setto, re storico,ecclesiastico sia già coltivato da alcuni aderenti; gli studi relativi sono da subito illustrati e discussi durante le riunioni della dinamica conso, ciazione, anche se i risultati definitivi possono essere pubblicati fuori dalle iniziative immediate del gruppo. Non a caso proprio Marchese nel discorso inaugurale, nel fare spazio agli orientamenti già operativi di alcuni soci, ri, corda come « saggio di storia ecclesiastica » l’illustrazione storica, epigrafica e monumentale della chiesa di S. Maria di Castello condotta da Amedeo Raimondo Vigna che pure verrà stampata come volume a sé, solo più tardi completata da ulteriori indagini accolte proprio negli « Atti ». Sulla medesi, ma linea sono altri membri del gruppo, come Iacopo D’Oria che nel 1859 dà lettura di un lavoro sulla chiesa di S. Matteo in Genova, stampato auto, nomamente e addirittura dedicato alla Società, e come Luigi Tommaso Bel, grano con una memoria sulla certosa di Rivarolo 1. ——————— 1 ( ASLi, I (1858), pp. LVII, LXXXI, LXXXV e ! " #$%%% & #$%%% ' !! ") ' " * #$%%% ' , ) ", I/4 (1862), p. 637: ma tutto il — 251 — Il fatto è che l’ambiente ligure dispone di una lunga e solida tradizione di studi storico,ecclesiastici, esercitata sia su temi circoscritti sia su ambiti allargati. Se le controversie innescate dai movimenti di Riforma del XVI se, colo hanno assunto anche una coloritura storica stimolando le relative ri, cerche poi sviluppate per impulsi e su progetti molteplici, Genova non è stata sorda alle iniziative ed esperienze che si incrociano in Europa e già nella prima metà del XVII secolo trasmette segnali e risultati non da poco; uno studio mirato potrebbe individuare le influenze salienti se già a colpo d’occhio è chiara la rapida conoscenza dell’opera di Cesare Baronio. Ad Agostino Schiaffino, nato tra il 1577 e il 1579 e morto nel 1649, è dovuta un’opera locale di rottura. Questo erudito carmelitano, sensibile ai fatti contemporanei, sviluppa un’attenzione costante per i temi storici e in parti, colare per quelli ecclesiastici; in un primo tempo si limita prudentemente alle vicende del proprio istituto per poi estendere la ricerca ad argomenti più larghi e ambiziosi sino a giungere alla stesura degli + . I 5 tomi dell’opera hanno prestato il fianco a molti rilievi per facile credulità e scarso rigore 2. Non si possono tuttavia trascurare l’ampiezza dell’impianto, esteso cronologicamente dal I secolo d. C. (esattamente dal, l’anno 45) al 1644, e l’individuazione di molteplici aspetti entro il tema ge, nerale; soprattutto non si deve ignorare la ricerca dei documenti, sovente accompagnata dalla relativa trascrizione: anche se questa può a volte suscita, re perplessità, dobbiamo all’impegno dell’erudito la trasmissione di alcuni testi nel frattempo scomparsi, mentre il tono farraginoso dell’insieme di, scende proprio dalla ricerca e dall’accumulo della maggior quantità di fonti possibile e dalla difficoltà di una elaborazione sofferta e non giunta a com, pimento. Le uniche opere di Schiaffino a sortire l’onore della stampa sono ——————— è quanto mai indicativo della vivacità intellettuale e operativa del consorzio, estesa ben al di là di ciò che è stato consegnato alla stampa sia pure tenendo conto delle pubblicazio, ni da esso non espresse direttamente. Per le origini della Società da ultimo D. PUNCUH, * , in " , * . Atti del convegno, Genova, 4,6 febbraio 2008, a cura di L. LO BASSO (ASLi, n.s., XLVIII/I, 2008), pp. 7,29. 2 Per il personaggio e i suoi lavori: + . /# " , 0 , a cura di C. CABELLA, in 1 , dall’edizione in « Quaderni di storia e letteratura », 3 (settembre 1996). Gli + sono un punto di arrivo preceduto da ricerche più circoscritte, dedicate ad esempio ai Santi e ai Beati liguri o agli enti regolari; i relativi manoscritti sono conservati in diverse biblioteche genovesi, in particolare degli + restano due copie, ri, spettivamente presso la Biblioteca universitaria e presso la Biblioteca civica Berio. — 252 — alcune poesie di argomento civile (direi poco entusiasmanti, almeno per il gusto attuale); nonostante ciò la grande sperimentazione di argomento ec, clesiastico affidata a copie manoscritte presenta, oltre che una miniera di dati certo sempre da verificare, un programma e anche un modello con cui confrontarsi. Maggior fortuna editoriale tocca ad Agostino Calcagnino, nato all’alba del Seicento e morto nel 1657; canonico penitenziere della cattedrale geno, vese di S. Lorenzo, collabora con Ferdinando Ughelli per il settore ligure della monumentale . Gli argomenti di studio prescelti, alquanto circoscritti, e forse anche la dimestichezza con il suo sperimentato corri, spondente stimolano ricerche acute, sorrette da finezza critica e destinate a una reiterata, anche postuma, diffusione a stampa 3. È facile intuire come nel secolo successivo gli studi crescano in quantità e soprattutto come lentamente evolvano per alcuni aspetti metodologici. Agostino Schiaffino costituisce un esempio locale; nel 1691 escono a Parigi i 20 volumi (estesi sino al 1414) della 2 3 4 di Claude Fleury, subito avviati a larga diffusione nonostante la condanna all’indice; dal 1693 sono stampati, sempre a Parigi, i #3" ! (. 3 4 5! " 6 di Louis,Sébastien de Tillemont. Una strada segnata da modelli autorevoli sarà percorsa da viandanti liguri alquanto intrapren, denti, di cui mi limito a rammentare singole figure, scelte per l’abbondanza della produzione e soprattutto per l’inserimento di qualche spunto meto, dologico nuovo. Nicolò Domenico Muzio è un laico, originario della Riviera di levante e notaio. Nel 1699 conclude la marcia di avvicinamento alla capi, tale con l’ascrizione al collegio notarile genovese, dei cui ricchissimi e gelosi archivi è nominato custode nel 1713; espleterà l’incarico per vent’anni, fino alla morte, e vi affiancherà analoga funzione presso gli archivi della Repub, blica. La qualità di tali cariche è consona al suo particolare « genio ... sempre stato di rintracciare le antichissime scritture », come egli stesso scrive; e gli consente di reperire una quantità incredibile di documenti, tra cui predilige ——————— 3 G.L. BRUZZONE, % + , in $ * ) , II, Genova 1994, p. 362. Calcagnino si cimenta con temi molto cari alla società locale per motivi non esclusivamente religiosi, come la presenza dell’immagine « edessena » (o « Santo Sudario » o « Santo Volto ») in S. Bartolomeo degli Armeni o l’accaparramento delle ceneri di s. Giovanni Battista da parte dei Genovesi; una complessiva storia ecclesiastica della città da lui progettata non pare sia stata compiuta. — 253 — tipologie in qualche modo affini al tipo di clientela che fa ricorso alla sua professionalità: egli tratta per lo più con esponenti di grandi famiglie, cui corrisponde l’attenzione per le genealogie, e con enti ecclesiastici, cui fa ri, scontro il gusto per la relativa storia, in particolare se si tratta di monasteri. Ben 15 sono le ricerche dedicate al campo ecclesiastico ligure, di cui 2 di ampio respiro, mentre le altre sono circoscritte a istituti singoli. Certo non si può parlare di taglio storico, ma la cura per la fonte e la relativa trascri, zione, nonché il gusto della ricerca spinto fino a soddisfare dubbi e quesiti, fanno di questo notaio qualcosa di più di un puro erudito. Non è un caso che Ludovico Antonio Muratori ricorra più volte al suo aiuto e che trovi ascolto e collaborazione in lui, unico in un mondo sospettoso e diffidente: « voi altri signori siete troppo pieni di misteri, e bisogna farvi servizio al vo, stro dispetto », rileva lo studioso modenese. La fitta corrispondenza inter, corsa tra 1725 e 1731 attesta rispetto, stima e amicizia 4. Se semplice erudizione è, si tratta di fenomeno fecondo, felicemente contagioso, come si osserva in altri infaticabili ricercatori e selezionatori di solide informazioni, non alieni dal maturare disposizioni sempre più criti, che e dall’aprirsi a settori innovativi. « ... certe cose, quando si può, bisogna riconoscerle in fonte, dissi quando si può, perché anch’io in diverse altre ho dovuto scrivere quello che ho trovato scritto da altri »: così ragiona Nicolò Perasso, modesto e operoso topo d’archivio con cui hanno qualche debito tutti coloro che si sono interessati e si interessano di storia ecclesiastica li, gure 5. Maggior respiro mostra Giacomo Giscardi, nato nel 1688, entrato a 24 anni nella comunità genovese di s. Filippo Neri dove resta attivo sino alla morte avvenuta nel 1765. Tra i numerosi impegni espletati per la congrega, ——————— 4 V. POLONIO, 7 * , " ) 8 9$ " # * , in « La Berio », VII/3 (1967), pp. 5,24. Le opere del Muzio sono tutte manoscritte e conservate presso la Biblioteca civica Berio di Genova. 5 Genova, Archivio di Stato, N. PERASSO, %. ! ! , / mss. sec. XVIII in 11 voll. segnati 836,846; la lezioncina di metodo e il relativo " ! sono nel ms. 839, c. 188 . Il nostro fa qualche appunto ad alcuni contemporanei tra cui un « Montaldo »: se questi è Bartolomeo Montaldi, autore di un’opera titolata /! . stampata a Genova nel 1732, il Perasso è nel giusto e il suo giudizio dovrebbe essere letto da quanti hanno preso e tuttora prendono per oro colato le notizie spesso fantasiose trasmesse da questo autore (magari senza citarlo); ma è comodo da consultare per, ché il suo è uno dei pochi lavori stampati ed è apparentemente autorevole perché rientra in quell’ambiente di attività complessivamente seria di cui cerco di trasmettere qualche spunto. — 254 — zione trova il tempo per gli studi dedicandosi ai consueti filoni genealogico e storico,ecclesiastico, a volte intrecciati tra loro nel caso di soggetti parti, colari, mai sordo di fronte alle implicanze politiche ed economiche (ad esempio non gli sfuggono i patrimoni mobiliari costruiti sulle compere della casa di S. Giorgio). Anche nel suo caso il primo interesse per il gruppo di appartenenza è un trampolino per argomenti più ampi: ritroviamo i perso, naggi illustri per santità, ma ora l’argomento si estende ad altre occasioni di venerazione, come tradizioni di apparizioni, immagini particolari, eventi mi, racolosi; di nuovo sono trattate le vicende di singoli enti ecclesiastici; alla fine giunge una che passa le 2700 pagine. La valutazione delle fonti è tale da suggerire una raccolta di * ! : costruita sull’esistente e su ciò che, andato smarrito, era reperibile presso altri scrittori, mentre nemmeno pitture e statue sfuggono a un occhio acu, tamente curioso. D’altra parte Domenico Piaggio ha da qualche decennio avviato una raccolta monumentale (raggiungerà i 7 tomi) di iscrizioni con, servate in istituti ecclesiastici locali 6. Francesco Maria Accinelli, nato nel 1700 e vissuto 77 anni, è un prete sensibile alle vicende della patria, pittore e cartografo anche per conto della Repubblica. Nella sua sensibilità per la storia genovese largo spazio è riservato agli argomenti ecclesiastici, in particolare alla chiesa metropolitana e alle serie cronologiche dei presuli (affiancati ai dogi), fino ad approdare ad una storia ecclesiastica di ampiezza regionale sviluppata sino all’età contemporanea; in, novativo in quanto a organizzazione e tipologia dei contenuti è l’impianto di un $ * dedicato alla maggior città, corredato da piante e di, segni dedicati a diversi istituti. Con l’eccezione di una porzione modestissima, tanto lavoro resta manoscritto; d’altra parte la prudenza sollecitava a tenersi alla larga da una maggior divulgazione: la stampa di un % "! , , compiuta fuori stato nel 1751, suscita le proteste del duca di Sa, voia e dello stesso governo locale tanto che il libro è condannato al rogo e l’autore ritiene opportuno espatriare almeno per un certo periodo 7. ——————— 6 C. PAOLOCCI, , " , ; % * (< , , in * = !! 8 ! * , Giornata di studio in occasione del quarto centenario della morte di S. Filippo Neri (Genova, 15 novembre 1995), a cura di C. PAOLOCCI (« Quaderni franzo, niani », X/2, 1997), pp. 169,218. 7 N. CALVINI, + = 1960, p. 98; G.L. BRUZZONE, + # = , in $ * ) # , in $ * — 255 — ) , 1, Roma , I, Interessi ed esperienze pregressi si incontrano nell’opera di Pietro Pa, ganetti, nato nella Riviera di levante agli inizi del Settecento, entrato tra i chierici regolari minori, morto nel 1784. Lunghissime, appassionate e nello stesso tempo lucide ricerche sboccano nell’opera $ , estesa dalle origini all’età contemporanea e organizzata in tre sezioni, una narrativa, una molto ampia di dissertazioni su argomenti diffi, cili e dibattuti, una di documenti in cui è fatto larghissimo posto alle iscri, zioni raccolte in base ai luoghi sacri di conservazione, tutti ordinatamente elencati entro il quadro dell’organizzazione ecclesiastica contemporanea. La coscienza del lavoro svolto spinge l’autore a non accontentarsi di affidare le proprie fatiche ai manoscritti, come è avvenuto per la grandissima parte dei lavori cui si è fatto cenno. Nel 1765 esce a Genova il primo tomo, esteso dalle origini al V secolo; può parere incredibile data l’antichità dei temi trattati, ma qualcosa in patria urta le suscettibilità del governo e l’autore preferisce recarsi a Roma dove, ben accolto presso la corte pontificia, nel 1766 vede uscire il secondo volume, che giunge sino al IX secolo. Poi un’inversione di tendenza: alla fine del febbraio 1767 a Roma sono seque, strate quasi tutte le copie del secondo tomo e nel 1774 i volumi editi sono inseriti nell’indice dei libri proibiti. Restano molti dubbi su quanto la vicenda sia interamente romana e su quanto possa essere stata influenzata da suscettibilità e timori del governo genovese. Intorno alla metà del secolo XIX Luigi Grillo, raccogliendo i giu, dizi del barnabita Giovanni Battista Spotorno, risolve tutta la faccenda in chiave ecclesiastica. Egli accusa Paganetti di « tratti audaci » contro la Chie, sa, per di più in età di fuochi giansenisti (e questa temperie potrebbe essere effettivamente una spiegazione almeno parziale per tante disavventure); gli rinfaccia scarsa deferenza verso papi e vescovi sino all’inaudita audacia di aver supposto che in tempi alti l’episcopato potesse avere fisionomia colle, giale (e ciò torna a tutto onore di Paganetti che dimostra fine capacità ana, litica, con buona pace dei suoi detrattori). A ben vedere le critiche, peraltro tardive e quindi non indicative per il momento e il merito della crisi, sfiora, no appena i criteri del lavoro per piuttosto condannare un atteggiamento giudicato poco sottomesso e ancor meno apologetico. Ma sui motivi di fondo che hanno perseguitato le fatiche di Paganetti fa luce una frase che ——————— Genova 1992, pp. 17,18. G. ASSERETO, ! " < , in cit., pp. 57,87, redistribuito in formato digitale in Reti medievali (http://centri.univr.it/RM/biblioteca/SCAFFALE/a.htm#GiovanniAssereto). — 256 — Giovanni Assereto toglie da una relazione sinora inedita: il governo è ostile perché il testo contiene « molti punti assai gravi e pregiudiciali alla sovranità della Repubblica, e lesivi ancora della sua giurisdizione temporale » 8. È facile che tali penose vicende, rovinose moralmente ed economica, mente (l’autore doveva aver messo del suo nell’edizione romana), per reazione abbiano contribuito in tempi successivi ad accendere intorno all’opera una fulgida aureola di criticità non del tutto calzante: per fare un esempio, nel campo agiografico in cui pure vorrebbe applicare massima cautela (una delle accuse mossegli tocca proprio lo scarso rispetto verso alcune tradizioni santorali, sulla scia degli illustri precedenti bollandisti) l’autore non si libera dall’inclinazione a recepire in pieno alcune discutibili narrazioni; ma forse tali osservazioni pretendono di anticipare troppo un metodo di indagine non ancora solidamente affermato. Effettivamente la fatica di Pietro Paga, netti marca un punto importante nella storiografia ecclesiastica ligure per il taglio dato all’enorme materiale studiato (fonti e bibliografia contemplano ambiti larghissimi, infinitamente più ampi del mondo locale) e per la dispo, sizione mentale a un vaglio attento, scevro di condizionamenti. Due secoli di studio e quest’ultima lezione non resteranno senza risul, tato, sia pure in tempi successivi. Le ricerche svolte, pur in gran parte relegate allo stato di manoscritti (alcuni replicati in più copie), saranno accessibili agli studiosi del settore, ma una ripresa si farà attendere: la vivacità intellet, tuale che distingue parte della società genovese tra Sette e Ottocento non tocca il settore ecclesiastico, coinvolto dalle vicende rivoluzionarie e napo, leoniche in questioni più immediate di quanto non siano gli studi storici; né gli anni della Restaurazione, molto cupi a Genova per un incrocio di motivi, sono più stimolanti. Per la verità Luigi Lambruschini, nel periodo in cui resse la sede arcivescovile genovese (1819,1829), aveva individuato l’interesse di una narrazione delle vicende della sua Chiesa e aveva tentato di coinvolgervi il barnabita Giovanni Battista Spotorno; tuttavia questi, pur già sperimentato negli studi storici e sensibile alle patrie glorie al limite del municipalismo, aveva rifiutato adducendo « la povertà e confusione degli archivi » 9. Ma con ——————— 8 L. GRILLO, , in $ * , Genova² 1846,1873 (ed. an. Bo, logna, 1972), Appendice, pp. 56,62; G. ROSSI, > ? " , in GSLL, VII (1906), pp. 428,439; G. ASSERETO, cit., p. 68. 9 Il fatto è esposto da Spotorno stesso in una sorta di recensione al primo lavoro di G.B. Semeria sulla storia ecclesiastica ligure (cui fra poco si accennerà): « Nuovo giornale ligustico — 257 — il quarto e il quinto decennio del XIX secolo si delinea quello che Edoardo Grendi definisce il periodo delle sintesi storiche; entro una fioritura di lavo, ri di vario livello dedicati a Genova e prodotti da autori anche estranei all’ambiente locale non manca la storiografia ecclesiastica, curiosamente sconosciuta proprio a Grendi 10. L’autore è Giovanni Battista Semeria, nato nel 1779 nella Riviera di po, nente, sacerdote tra i Missionari urbani della diocesi di Albenga, entrato in età matura nella congregazione dell’Oratorio a Torino, dove muore nel 1843. È probabile che nella capitale sabauda trovi incoraggiamento l’inclinazione agli studi di argomento religioso già manifestatasi con qualche lavoro a carattere agiografico: come è noto, Carlo Alberto dà il via ad una politica culturale in cui rientrano gli studi storici e nel 1833 fonda la Regia Deputazione sovra gli studi di storia patria che avrà anche una sia pure asfittica sezione genovese 11. Fatto sta che a Torino Semeria pubblica altri lavori di carattere biografico e ——————— di lettere, scienze, ed arti », s. II, II (1838), pp. 180,181. In quanto alla confusione degli archi, vi niente da dire; in quanto alla loro povertà probabilmente il giudizio si riferisce a settori ben identificati, mentre nel complesso, come si vedrà, è superficiale. 10 E. GRENDI, ( ! * 0 0, Venezia 1996, pp. 43,50; G. ASSERETO, cit. Pur nell’intento di delineare un quadro completo delle sintesi storiche che caratterizzano il periodo, Edoardo Grendi nemmeno no, mina Giovanni Battista Semeria, per quanto la sua opera ben corrisponda ai caratteri generali individuati: forse ne ignora l’esistenza. D’altra parte è evidente la pregiudiziale sordità di Grendi per la storiografia di argomento ecclesiastico: nel suo grande interesse per la storia topo, grafica inevitabilmente si trova davanti studi a soggetto ecclesiastico, ma li liquida come pura « tradizione annalistica », carattere innegabile ma che non costituisce l’unico volto di tali lavo, ri. Ancora, se Domenico Cambiaso afferma « ogni paese ha la sua storia » Grendi, lungi dal prendere in considerazione una posizione che non dovrebbe essergli estranea, sprezza quei la, vori perché « si tratta ancora delle memorie connesse con chiese, cappelle, feste sacre, parroci e curati »: la parrocchia lo interessa solo in quanto comunità territoriale o almeno luogo del territorio, aspetto per certo importante ma non esclusivo al punto da indurre a giudicare « selettiva enfasi » l’attenzione agli aspetti ecclesiali (p. 98). 11 G. SERGI, $ " * "! $! * ) ! ! ! " , in * . Atti del convegno (L’Aquila, 2,5 dicembre 1987), L’Aquila 1992, pp. 97,113, specialmente 97,99; G.P. ROMAGNANI, ! , " * , in ASLi , n.s., XLVII/II (2007), pp. 19,38, specialmente 19,22, 27,29 (segretario della sezione genovese è Giovanni Battista Spotorno); G.S. PENE VIDARI, $! * , in cit., pp. 127,168, redistribuito in formato digi, tale in Reti medievali (http://fermi.univr.it/RM/biblioteca/scaffale p.htm#GianSavinoPeneVidari). — 258 — agiografico per poi cimentarsi con opere più ampie: una, dedicata alla Chiesa metropolitana di Torino, esce nel 1840; ben due sono riservate alle vicende ecclesiastiche liguri dalle origini all’età contemporanea. Di queste la prima è pubblicata nel 1838 ed è un volume di agevole consultazione che organizza il materiale in modo che si susseguano una sintetica parte espositiva, le serie dei presuli, i santi locali, gli istituti regolari, le reliquie più venerate, i papi e cardinali liguri, i rapporti con la Sede romana. L’autore usa le grandi raccolte documentarie − prima di tutto quelle di Ughelli e di Muratori −, gli scrittori di storia locale in particolare se a stampa, non ignora Fleury; chiede collabo, razione ai lettori per emendare e ampliare i propri discorsi 12. La seconda opera, uscita nel 1843, è molto più ampia e anche più ambi, ziosa. Semeria, dopo avere ricordato il progetto dell’arcivescovo Lambru, schini e il rifiuto di Spotorno, sostiene la possibilità di redigere una storia ecclesiastica ligure anche senza ulteriori scavi archivistici e a dimostrazione della sua tesi presenta il nuovo lavoro in due volumi. Effettivamente in que, sta sede usa un largo ventaglio di lavori editi e pochi documenti inediti; rac, coglie una ricca messe di dati vagliati in base all’attendibilità del testo di provenienza sempre citato; li distribuisce per diocesi secondo un criterio non troppo dissimile da quello del libro precedente, coerentemente seguito in modo da rendere semplice il reperimento delle notizie. Scopo è costruire « un corpo di storia ... connesso e continuato, non troppo gigantesco nella sua mole, né troppo scarno di sue forme ... ». Ma a ben vedere c’è anche un altro scopo in qualche modo primario: oggetto dell’opera sono i fasti della Chiesa ligure giudicata eccelsa; quindi la relativa storia dimostrerà automati, camente « la continuata successione de’ sacri suoi pastori, la incorrotta loro fede e le gesta egregie che operarono » e illustrerà una Chiesa « mai eclissata dall’errore, non mai interrotta nella sua successione, nè mai annerita da vi, ziosi costumi, anzi sempre vigorosa nella sua stabilità, maestosa nel suo culto, in tutte le sue parti religiosissima » 13. Ecco il limite ai nostri occhi più grave delle fatiche di Semeria, quello di essere storia a tesi, come orgoglio, samente dichiara lo stesso autore, non certo esposto a sanzioni ecclesiasti, che e nemmeno civili, dato che l’ombrosa Repubblica è tramontata e che ——————— 12 G.B. SEMERIA, , "! ! ( @ , Torino 1838. Per le notizie biografiche: L. GRILLO, 7 cit., Appendice, pp. 50,51; il Semeria fu anche elemosiniere segreto della regina Maria Teresa. 13 G.B. SEMERIA, , Torino 1843, I, p. X. — 259 — egli intrattiene con i Savoia devoti rapporti; nella sua posizione apologetica rifiuta la lezione di Paganetti, senza sospetto per la debolezza metodologica che ciò comporta. Ma forse una critica del genere se applicata pregiudizial, mente può peccare per retrodatazione di nostri criteri maturati con lungo esercizio di critica e di conseguente associazione della storia ecclesiastica alla comunità delle discipline storiche e non teologiche. In ogni caso con queste pubblicazioni per la prima volta sono disponibili opere vagliate con cura e aperte ad angolature diverse; ancora oggi in qualche caso può far co, modo ricorrere ad esse. E ciò non è poco. 2. Ecco perché i fondatori della Società ligure di storia patria, in gran parte laici dediti ad attività professionali, trovano tanto naturale inserire la storia ecclesiastica nei settori di indagine di interesse comune. A ciò va ag, giunta una considerazione alquanto ovvia, utile per afferrare la discreta ri, correnza di tale filone di studio almeno per qualche decennio. Se scopo complessivo e primario è l’indagine sulla storia ligure, è scontato che, come avviene dovunque, molte delle fonti più importanti siano di carattere reli, gioso ed ecclesiastico, in particolare se si intende approfondire le conoscen, ze sui secoli medievali in cui da tempo è stata individuata una delle fasi più robuste e degne di orgoglio delle patrie vicende. A questo punto, per chiarire la forza degli studi di cui si parlerà, è indi, spensabile rammentare un fatto ben noto, ovvero che la novella organizza, zione alla sua origine si pone in città come precipuo coagulo e volano per gli studi storici. Il fatto è che a Genova al momento non esiste una cattedra di alto livello dedicata alla storia. Nel 1862, quando una legge ha diviso le uni, versità del recente regno d’Italia in due gruppi di diverso grado, l’ateneo lo, cale è rimasto compreso tra i minori e in particolare la facoltà di Filosofia e Lettere, caratterizzata da un modestissimo numero di studenti (nel 1872 nemmeno qualificati come tali bensì come « uditori liberi »), è priva di inse, gnamenti storici e di prospettive di sviluppo; solo nel 1864 compare un in, carico di Storia moderna, ma affidato al titolare di Letteratura italiana; nel medesimo anno un corso di Paleografia e diplomatica è tenuto da Agostino Olivieri, membro della Regia Deputazione sopra gli studi di storia patria di Torino e segretario della Società ligure, mentre la Genova colta ha perso, naggi di punta che guardano alla facoltà con interesse e intanto esplicano le capacità personali proprio entro la Società ligure di storia patria. Solo nel 1877 si delinea un nuovo riordino e un paio di anni più tardi è istituito un — 260 — corso di Storia antica e moderna; fatto veramente indicativo, è affidato a Luigi Tommaso Belgrano mentre nel 1880 anche Cornelio Desimoni è co, optato nell’università: si tratta dei due personaggi,guida della nostra asso, ciazione e l’aggancio con l’ateneo attraverso di loro dimostra da dove al momento venga la corrente culturale più forte. Si sarà notato tra l’altro che la Storia medievale non è mai nominata tra gli insegnamenti universitari; per un riferimento esplicito, ma ancora in associazione alla moderna, si dovrà attendere il 1935,36 14; di storia ecclesiastica come disciplina a sé non è nemmeno il caso di parlare. Tornando alle iniziative sociali, l’incontro tra un’antica consuetudine con la storia di oggetto religioso ed ecclesiastico e il peso delle fonti relative frutta in tempi brevi un importante esito per opera di Luigi Tommaso Bel, grano, sempre dinamico animatore della Società sia nella funzione di segre, tario sia come studioso 15. Egli ha da tempo compreso l’importanza dei due manoscritti noti come , , distinti in " e , eccezionali fonti che coprono molti aspetti medievali della Chiesa genovese, e non solo del suo vertice, a partire dal X secolo; ne ha fatto oggetto di relazione e discussione già nelle prime adunanze della novella Società tra l’approvazione generale. Risultato iniziale è l’edizione del 16, avventura paleografico,diplomatistica che non compete a " me valutare. Ma l’autore non si ferma qui: la fonte gli offre il destro per uno studio che evolve in vero trattato sugli aspetti istituzionali e organizzativi della cattedra e della compagine che vi fa capo in un razionale ordinamento del discorso, fluente dai presuli e dalla loro curia alle chiese del territorio e decime relative, agli aspetti temporali ed economici, alle persone a vario ti, tolo coinvolte. Le cadenze cronologiche della documentazione originaria ——————— 14 G. ASSERETO, + / */ !! = , ( " ! " 8 , in B ! ** C ) = = , Genova 2003 (Fonti e studi per la storia dell’Uni, versità di Genova, 5; ASLi, n.s., XLIII/II), pp. 48,58; per la Storia medievale: L. BALLETTO, " , ) ", p. 455, redistribuito in formato digitale in Reti medievali (http://fermi.univr.it/RM/biblioteca/scaffale/b.htm#Laura%20Balletto). (A 15 , in $ * ) , 7, Roma / * cit., pp. 57,58; D. PUNCUH, , in ASLi, n.s., XLVII/II (2007), pp. 8,9. 16 , G. BALBI, C B "" 1965, pp. 578,579; G. ASSERETO, + 4 ( parte seconda (1862,1864). — 261 — , a cura di L.T. BELGRANO, in ASLi, II, vengono meno di fronte all’esigenza di una ricerca che prende vita di per sé, alimentata da altri atti editi e inediti e da un’ampia e aggiornata conoscenza di fonti e di studi locali ed esterni. Per questa via quella che l’autore in ma, 17 diventa una niera riduttiva intitola * ricerca sulle molteplici facce dell’episcopio, svincolata dai limiti della fonte primaria per cronologia e per ricchezza di argomenti, con una sensibilità per gli aspetti economici che può far supporre avvertenze dettate dalla diffusio, ne delle dottrine basate sul materialismo storico. Naturalmente si possono notare debolezze, come l’incapacità di rilevare un’evoluzione cronologica dei contenuti dietro al conservatorismo di alcune formule documentarie, approdando così all’appiattimento del mutamento sociale e demografico. Ancora, una sorta di tardo,umanistica − o tardo, risorgimentale − ammirazione per le « belle e classiche reminiscenze » e di disprezzo per il « barbarissimo linguaggio » 18 della fonte spinge a trascurare il senso profondo e l’evoluzione di quel linguaggio tutt’altro che casuale; in parallelo lavora la tendenza alquanto forzata a voler individuare elementi romani qua e là disseminati e giunti pari pari attraverso i secoli quali sacre reliquie. A ben vedere anche queste ultime osservazioni rischiano di essere pre, tese anacronistiche, così come lo sarebbe la volontà di voler inseguire im, precisioni ed effettivi errori al tempo inevitabili in un testo innovativo, che tuttora si può consultare con profitto per uso acuto delle fonti, per respiro generale, per inquadramento degli argomenti, per limpidezza di linguaggio. Piuttosto è da osservare una persistente spaccatura tra il tema perseguito e svolto compiutamente e un altro, che d’altra parte sta alla base di una lunga tradizione storiografica locale e della stessa Società ligure di storia patria: la ricerca delle radici della storia genovese in genere, ricerca facilmente intro, dotta dai rapporti di famiglie e personaggi laici con l’episcopio sovente lumeg, giati nelle fonti. Questo aspetto fluisce come una corrente carsica, emer, gente qua e là anche con forzature, come la volontà di affermare l’estrazione locale di molti vescovi (ma non di Siro primo arcivescovo, cui giustamente il nostro non attribuisce il casato Porcello come altri faranno in base a letture ——————— 17 L.T. BELGRANO, * prima, II/III, Appendice (1871,1873). 18 ) , ", p. 530. — 262 — , in ASLi, II, parte superficiali 19); alla fine straripa nelle tavole genealogiche dell’appendice, poi per molti anni recepite come sacro testo, in parte rettificate e ampliate da ulteriori studi in particolare per i conti di Lavagna, ma che per altri aspetti attendono tuttora critiche e precisazioni. Meno esposti a divaricazioni del genere ma decisamente legati al peg, gior versante di posizioni tradizionali, per non dire obsolete, sono i lavori di Luigi Grassi, uno dei quali apre il filone storico,ecclesiastico almeno per ciò che riguarda la visibilità a stampa (esce nel 1867) 20, mentre gli studi di Bel, grano, come si è detto presto innervati nella vita della nuova organizzazione, a motivo della loro complessità richiedono tempo per la pubblicazione. La vi, cenda del primo lavoro di Grassi prospetta un buon esempio dell’anda, mento della vita sociale, animata da ricorrenti conferenze poi inserite, nei casi ritenuti più interessanti, negli « Atti », per il momento specchio dell’at, tività del gruppo senza carattere periodico. Grassi precisa appunto che il testo deriva da una lettura relativa a un Martirologio della chiesa di Ventimiglia, sollecitata dalla recente pubblicazione postuma di uno studio sul medesimo argomento condotto da Giovanni Battista Spotorno; lo completa con un ra, gionamento sul luogo del martirio di s. Secondo. Punto di partenza è un codice di cui è data una pura descrizione fisica priva di altri elementi di analisi; mancano riferimenti al tipo di scrittura, fatto singolare dato che già nel 1864, come si è accennato, ad Agostino Oli, vieri viene affidata una cattedra di Paleografia e diplomatica presso il locale ateneo. Al contrario Grassi individua la datazione esclusivamente in base a elementi contenutistici, senza riflettere sulla loro utilità parziale, valida solo nell’impedire una datazione troppo alta: se nel testo è ricordato un vescovo Martino noto alla fine del secolo XI è chiaro che almeno questa parte non può essere più antica; ma dovrebbe essere altrettanto chiaro che ciò non colloca necessariamente l’uso del manoscritto in tale periodo, come invece si tende a fare. Con criteri ancor meno rigorosi la matrice del testo è retro, datata al X secolo ed è agganciata al martirologio di Usuardo, di cui sarebbe addirittura il campione più antico. Il settore di studio prescelto è meritorio ——————— , 19 Sull’argomento mi permetto di rimandare a V. POLONIO, " , Roma 2002, p. 32, nota 38. 20 L. GRASSI, )) " " " ! * . %. & " " ' , in ASLi, IV/IV (1867), pp. 435,453, seguito da +!! , ) ", pp. 454,468. — 263 — nella sua originalità, ma andrebbe affrontato con ben altri strumenti e cau, tela: in realtà questa manca, come manca nelle osservazioni dedicate al luo, go del martirio di s. Secondo; gli spunti più penetranti si riscontrano nel contrastare le tesi di Spotorno, posizione tanto ricorrente da parere la vera molla del lavoro. L’atteggiamento intellettuale di Grassi non matura attraverso gli anni e i rapporti con un ambiente vario e aperto. I medesimi caratteri ricorrono nel lavoro sul primo arcivescovo genovese Siro 21 e quindi sull’istituzione del, l’arcidiocesi genovese, nel 1133 staccata dalla metropoli milanese cui era le, gata dalle origini. Troppo spesso lo spirito critico è messo a tacere dalla soggezione di fronte ad alcuni caratteri contemporanei della Chiesa cattoli, ca, recepiti con tanta granitica deferenza da retrodatarli di secoli, mentre la cecità (o forse l’ignoranza) per le vicende storiche generali rimpicciolisce tutto l’argomento a danno dello stesso evento che si vorrebbe esaltare. Tra l’altro, l’autore attribuisce al suo protagonista il casato vantando la lettura personale del manoscritto ampiamente studiato da Belgrano (la cui prudenza evidentemente non lo soddisfa), senza rendersi conto che il do, cumento non intende riferire quel nome alla persona dell’arcivescovo. Tutto ciò è espresso in una forma pesante e involuta, non tanto antiquata (né Pa, ganetti né Semeria l’hanno mai adottata) quanto di autocompiaciuta pom, posità; è persino possibile che la noia di un tale linguaggio abbia appesantito (ma di poco) le conclusioni negative di una stanca lettrice. Si è fatto tanto spazio a questi ultimi lavori perché essi sono spesso giubilati nella categoria ‘erudizione’ con automatica trasmissione di una certa sufficienza, associandovene altri usciti in un lasso di tempo non molto distante. In realtà corre molta differenza tra ciò di cui si è appena discorso e gli altri scritti, alcuni di ampia portata, altri di oggetto molto più modesto e pur sempre animati da qualcosa di innovativo. Fortissimo e quasi generale punto di attrazione è il documento, a volte presentato in ampie raccolte e altre volte addirittura in un solo pezzo; esso è per lo più trattato, in edizione e in commento, con attenzione al testo, al suo peso storico e all’inqua, dramento entro prospettive di ricerca sostenute da conoscenze bibliografi, che aggiornate. Tale orientamento si riconduce a molti fattori. Di sicuro sono accolte le correnti critico,filologiche diffuse soprattutto dal mondo ——————— 21 ID., pp. 707,728. " ! " — 264 — , , in ASLi, XVII/II (1886), germanico, recepite su di uno sfondo positivista teso a conoscenze certe cui l’appoggio di testimonianze solide garantisce sicurezza; proprio la valuta, zione delle fonti consente una continuità con l’antica tradizione di ricerca ma in stile più critico e raffinato. La Società non è una monade rinserrata nella contemplazione di trapassate glorie più o meno provinciali: i soci più attivi intrattengono e divulgano rapporti con studiosi europei in un reciproco scambio di informazioni, evidente anche dal nostro parziale punto di osser, vazione; un gruppo di soci corrispondenti, residenti fuori sede in Italia e in altre parti del continente, facilita aperture e aggiornamento bibliografico. Un caso esemplare risale al 1886, quando la Società pubblica sugli « Atti », in francese, uno studio del conte Paul Riant 22. Lo studioso è notissimo per i lavori sulle crociate e sui passaggi di oggetti sacri e di devozione tra Mediter, raneo orientale ed Europa occidentale per i quali ha reperito e reso accessibile una magnifica messe di documenti 23; non può tacere di fronte ad una sorta di mito radicato nell’erudizione (questa sì deteriore) del Ponente ligure che ha visto nella chiesa di S. Ambrogio di Varazze il centro di una piccola diocesi autonoma, sede dei vescovi di Betlemme tra XII e XV secolo. Le convin, zioni locali, rimbalzate a livello specialistico nazionale ad opera di Girolamo Rossi 24, offrono l’occasione per un formidabile 5 generale sulla chiesa di Betlemme dalla prima crociata sino all’età contemporanea e per cronologie vescovili dettagliate, sino a delineare la reale condizione dell’ente varazzino, semplice dipendenza del vescovado transmarino con caratteri ecclesiastici ed economici definiti. Inutile dire che l’ampio discorso si regge su fonti edite e inedite, le ultime in parte segnalate da Belgrano e Desimoni in quanto custodite nell’Archivio notarile, compreso nell’Archivio di Stato genovese; di questo vasto materiale di produzione e conservazione locale lo studioso francese traccia un complessivo apprezzamento entusiastico, con una valutazione che troverà seguito concreto solo decenni più tardi. All’attenzione per le fonti contribuisce anche l’intensa partecipazione vissuta entro la Società. Alcuni membri non si accontentano di recepire ciò ——————— 22 P. RIANT, 543,705. (3 C .3 " & ** , in ASLi, XVII/II (1886), pp. 23 Il riferimento primario è naturalmente a P. RIANT, 75 , Genevae MDCCCLXXVII. 24 G. ROSSI, & ** * co italiano », s. IV, XV (1885), pp. 55,61. C — 265 — "" ! @ , in « Archivio stori, che offrono i colleghi più attivi e capaci bensì ambiscono a contribuire in prima persona: la presentazione di singoli documenti, magari pochi ma an, cora sconosciuti e tangenti località diverse della Liguria, è fattibile anche da chi non può raggiungere mete più complesse e nello stesso tempo viene in, contro agli scopi sociali. Probabilmente l’abbondanza di contributi è uno dei motivi che sollecitano la fondazione di un vero e proprio periodico che con cadenza regolare affianchi gli « Atti ». Altra ragione si coglie nella cre, scita della Società stessa, potenzialmente impegnata su tutto il territorio li, gure, sia pure con partecipazione disuguale, in un interesse montante di cui essa stessa ha stimolato la nuova vivacità. Inoltre essa, sempre in assenza di un polo di attrazione e di ricerca nel locale ateneo, ha assunto anche la fun, zione di raccordo con altre iniziative. Fatto sta che nel 1874 Luigi Tommaso Belgrano e Achille Neri tengo, no a battesimo il « Giornale ligustico », definito « organo ufficiale della So, cietà Ligure di Storia Patria ». Esso pubblicherà specialmente le memorie che saranno lette nelle tornate del gruppo e inoltre darà notizie delle attività della Commissione consultiva di belle arti e della Scuola di paleografia ope, rante presso l’Archivio di Stato 25. Si faccia caso al titolo « Giornale »: esso è anche strumento di informazione culturale estesa su altri aspetti oltre a quelli storici, nel rispetto dei filoni di studio tracciati agli inizi dallo statuto societario; ha altresì la funzione di raccogliere notizie, corrispondenze, contatti con altri studiosi. Va da sé che contributi del genere possono frut, tare testi di piccolo e minimo respiro relativi ai diversi settori di interesse, dalla storia all’edizione di testi all’archeologia all’arte e relativa storia. L’evi, dente rischio di frammentarietà è affrontato, e non del tutto risolto, organiz, zando i fascicoli in sezioni, come Documenti illustrati, Memorie originali, Varietà, Rassegna bibliografica (novità interessante e ben curata), Spigolature e notizie. Il periodico garantisce uscite regolari mentre gli « Atti », meno ca, denzati, accolgono lavori più ampi e organici. Belgrano stesso usa le pagine del « Giornale ». Va detto che ora il suo impegno di ricerca si applica definitivamente alla storia genovese in senso lato e che le incursioni sulla banda ecclesiastica restano circoscritte, tanto più che i riconoscimenti delle sue capacità gli procurano impegni crescenti. Affida ad altri persino l’edizione del , riservata agli « Atti » come mole e rilievo della fonte richiedono e stam, ——————— 25 GL, I (1874), pp. 3,4. — 266 — pata nel 1887. Per questo testo, che pure è da tempo sua creatura, si riserva una succinta premessa che forse egli stesso percepisce modesta, limitata a una presentazione del materiale di cui offre in maniera episodica e persino superficiale pochi esempi 26. Al « Giornale » destina documenti esigui ma in, cisivi nel definire situazioni di rilievo. Così nel 1885 presenta un elenco di regesti derivati dagli Archivi Vaticani perché riguardano « la storia ecclesia, stica genovese » 27. Nel 1886 segnala elementi inediti che circoscrivono in tempi precisi (inizi del settimo decennio del XIII secolo) la lenta costru, zione della chiesa di S. Agostino di Genova 28; quattro anni più avanti tra, scrive e illustra con molto acume il verbale (datato 14 giugno 1816) della consegna all’autorità ecclesiastica genovese da parte dei rappresentanti del re di Sardegna del celebre Sacro Catino, amatissima preda bellica depositata in città agli inizi del XII secolo e divenuta anche oggetto di devozione, sot, tratta e trasferita a Parigi nel 1812, poco dopo restituita all’organismo sta, tale cui da poco Genova è stata sottoposta 29. D’altra parte la concisione caratterizza tutti i contributi accolti nel « Giornale », almeno per ciò che riguarda i nostri argomenti. L’impronta im, pressa dai due fondatori sopravvive a una parziale modifica nell’orientamento del periodico avvenuta nel 1882 e permane sino alla chiusura nel 1898; è anco, ra reperibile nella ripresa avviata nel 1900 con la nuova testata « Giornale storico e letterario della Liguria », destinata a operare per otto anni. Se un cambiamento vi è non lo si coglie nell’impostazione complessiva e nel criterio di lavoro prevalente nei diversi saggi, bensì nel settore geografico oggetto di attenzione, identificato con crescente insistenza nella maggior città e nel ter, ritorio orientale, Lunigiana compresa; nel frattempo ha preso vita la Società storica savonese e la stampa dei relativi « Atti e memorie », usciti dal 1888, ha definito una ripartizione di aree quasi sempre osservata 30. ——————— 26 È davvero curiosa la numerazione delle pagine della presentazione dovuta a Belgrano: ini, zia in numeri romani per proseguire di seguito in cifre arabe come se le fosse stato riservato uno spazio dimostratosi insufficiente: , , trascritto dal socio L. BERETTA e pubblicato dal socio L.T. BELGRANO, in ASLi, XVIII (1887), pp. IX,XVI e 1,9. 27 L.T. BELGRANO, ! 28 ID., $ 29 ID., + * ! ! , . % + '' , in GL, XII (1885), pp. 53,56. , in GL, XIII (1886), pp. 167,168. , in GL, XVII (1890), pp. 306,311. 30 Il titolo originario completo è « Giornale Ligustico di archeologia, storia e belle arti », nel 1882 modificato in « Giornale Ligustico di archeologia, storia e letteratura », con un aggiu, — 267 — Nel complesso l’andamento storiografico resta quello dell’indagine sa, piente sviluppata con occhio selettivo in rapporto all’importanza dei docu, menti e con scrupolo filologico in relazione ai documenti stessi; con apertura interdisciplinare il carattere di testimonianza può essere identificato anche in emergenze di solito collegate alla storia dell’arte. Dal primo numero (1874 come già detto) e in adempimento dei compiti di informazione rapida richiesti a un giornale, compaiono i segni dei contatti esterni intrattenuti dalla Società. Con un testo in forma di lettera datata da Rapallo è presente per la prima volta Paul Riant 31, i cui interessi per le questioni liguri frutte, ranno due anni più tardi il chiarificante studio su Varazze e la chiesa di Be, tlemme di cui si è detto: sulla base di riferimenti incrociati ora lo studioso sviluppa un ragionamento sull’arrivo a Genova delle ceneri del Battista; se la data indicata (1098 anziché 1099) può essere discussa è solo perché l’autore non dispone di dati emersi successivamente. Si tratta solo di una primizia. Quattro anni dopo Cornelio Desimoni trae occasione dallo studio di Leopold Janauschek 32 sulle origini dei mona, steri cistercensi, da poco uscito, per soffermarsi sulle situazioni liguri della medesima osservanza e per inserire precisazioni in base a rilevamenti topo, nomastici difficili. A disagio per la minuzia delle proprie note di fronte alla « erudizione tedesca insieme e benedettina » dello studioso transalpino, cer, ca giustificazione nello statuto della Società che stabilisce un’area di ricerca circoscritta; sarebbe stato per lui consolante leggere ciò che doveva essere scritto più di un secolo dopo: « ... guardare alle Chiese locali come alla trama di fondo di quasi venti secoli di Cristianesimo ... » 33. È il caso di notare la celerità con cui Desimoni ha avuto in mano il volume, celerità dovuta a un preesistente e sistematico rapporto in cui sono coinvolti anche Angelo e Marcello Remondini e in particolare il secondo dei due. Due lettere di pu, ——————— stamento di rotta che non tocca il nostro campo; il periodico ha vita sino al 1898. Nel 1900 e sino al 1908 esce il « Giornale storico e letterario della Liguria ». Si veda G. PISTARINO, ! . ; >, ? >, B ?, in # # , Napoli 1985, pp. 677,689. 31 P. RIANT, in GL, XI (1884), pp. 132,138. 32 C. DESIMONI, (1878), pp. 216,235. 5 ( 3 % ,D 4 ! )) 33 G. CRACCO, * , in %. cura di G. CRACCO con la collaborazione di A. PIAZZA, Roma 1998, p. XXX. — 268 — E * C ! , , in GL, V '& ,a gno di Janauschek, scritte a Marcello in un limpido e internazionale latino e datate dall’abbazia di Heiligenkreuz bei Baden il 2 marzo e il 12 aprile 1877, mettono in chiaro la gratitudine dello studioso austriaco per il supporto ri, cevuto anche con l’invio di libri, la volontà di donare una copia del proprio lavoro, la richiesta di una recensione su di un periodico genovese, l’aspettativa di altre due previste in Italia. Una lettera si chiude con l’illuminante saluto B ) / 5" " % $ " ! " " " ) ) / " " F e l’altra in maniera simile; ancora oggi il libro, custodito nella biblioteca della Società, è l’unico esistente a Genova 34. Si comprende come la Società sia informata sulla storiografia contemporanea, almeno finché sono attivi gli elementi più dinamici che alimentano i contatti anche con rapporti privati. Ancora, nel 1890 è proposta la traduzione di una piccola parte del lavo, ro di Adolf Gottlob sulla Camera apostolica nel XV secolo 35: il capitoletto relativo al papa sarzanese Niccolò V, limitato a illustrare un aspetto tecnico del modo di tenere i conti, trasmette a noi la persistenza delle aperture che animano almeno in parte la Società. Nel 1892 è la volta di Fedele Savio con un saggio di pesante critica a proposito del recente ponderoso lavoro di Ce, sare Prelini su s. Siro primo vescovo di Pavia 36: qui è sul tappeto la letteratu, ra agiografica, valutata con gli strumenti della critica testuale e del raffronto con altre fonti, tra cui quelle epigrafiche. Direi che questa atmosfera di largo respiro, con annesse lezioni di criti, ca e di metodo, produce i suoi frutti. Tra gli autori accolti nel « Giornale » ritroviamo subito Girolamo Rossi (colui che aveva provocato le esemplari rettifiche di Riant a proposito di Varazze): nel consueto interesse per il Po, nente, in questo caso ingauno, egli riesce a staccarsi dal puro localismo pro, ponendo un documento di papa Benedetto XII illuminante per il coinvol, ——————— 34 L. JANAUSCHEK, < "% " " ! " , Vindobonae MDCCCLXXVII. Le due lettere sono state rilegate tra le prime pagine del volume; quale tramite per la trasmis, sione del materiale è indicato il libraio Münster, Via Nuova Lastricata, Verona. Delle due re, censioni italiane una è a cura di A. REUMONT, in « Archivio storico italiano », s. III, XXV/III (1877), pp. 462,476; l’altra, prevista su « La civiltà cattolica », non figura nell’« Indice delle materie contenute nei dodici volumi che formano la decima serie della Civiltà cattolica », Fi, renze 1880. 35 A. GOTTLOB, " 36 F. SAVIO, , in GL, XIX (1892), pp. 401,423. 8 9 &, in GL, XVII (1890), pp. 296,302. — 269 — gimento di quelle popolazioni nelle vicende dello scisma che ha da poco in, teressato gran parte d’Europa 37. Dati gli scopi dichiarati, lo spazio della nuova iniziativa editoriale è aperto a tutti, autori già sperimentati e altri che proprio in queste pagine trovano la palestra per le prime prove. Compaiono direttamente Angelo e Marcello Remondini, con proposte degne di questa coppia di fratelli sacer, doti e studiosi, che tra il 1882 e il 1897 pubblicano – tra l’altro − un volume sulle parrocchie suburbane di Genova e ben 15 volumi su quelle dell’arci, diocesi: 8 * . nominano questa loro fatica; non ambi, scono alla storia, trasmettendo con il termine usato nel titolo un’apertura sul procedimento di lavoro, intessuto di certosina ricerca di testimonianze e a queste quasi sempre legato (in effetti quando se ne staccano può scappare l’errore), articolato intorno ai gangli ecclesiastici senza aspirare a quadri complessivi o interpretativi. E della loro corrispondenza con Janauschek si è fatto cenno. Alla Società e al suo « Giornale » riservano testi di alto livello per l’importanza delle fonti e per il relativo uso. Angelo nel 1879 pubblica una procura dettata nel 1311 dal clero diocesano in cui i singoli rettori sono identificati assieme alla rispettiva chiesa 38: a tutt’oggi si tratta della più anti, ca “fotografia” dell’organizzazione diocesana assestata in pievi e cappelle; anche se i suoi tentativi di identificazione di istituti scomparsi richiedono qualche rettifica, Remondini ha centrato un documento basilare. Il fratello Marcello nel 1886 si astiene dall’edizione; piuttosto in un limpido studio dal taglio critico tanto pacato quanto deciso usa il materiale inedito per rivolu, zionare radicate convinzioni a proposito di un culto mariano praticato in cattedrale; nel contempo trasmette un interessante principio di onestà in, tellettuale quando afferma che « la correzione di un errore qualsiasi è sem, pre un tanto di guadagnato » 39. Se le fonti restano sempre il primario oggetto di attenzione, è evidente che il relativo bacino di raccolta si è di molto allargato. Di sicuro l’Archivio di Stato, la Scuola di paleografia lì attiva e soprattutto alcuni funzionari hanno parte determinante nello stimolare la ricerca e nell’aprirle nuovi campi. Il ——————— 37 G. ROSSI, ! C in GL, I (1874), pp. 253,262. ' " ) +) @@ , 38 A. REMONDINI, G 39 M. REMONDINI, 7 " " ( 8 , , in GL, XIII (1886), pp. 241,273; la notazione critica è a p. 241. 7 E — 270 — @ , in GL, VI (1879), pp. 3,18. pensiero corre subito a Cornelio Desimoni, avvocato ma dal 1862 in servi, zio presso l’Archivio genovese di cui sarà direttore dal 1884 alla morte (1899), per di più sopraintendente per gli archivi liguri fino al 1891 40. Rico, nosciuto assieme a Belgrano come uno dei due pilastri della Società ligure di storia patria nei decenni più fecondi, è figura perfetta per nutrire con nuove scoperte la ricerca avviata sui binari indicati. In quanto studioso di storia è poco incline al nostro settore, ma la sua compresenza in Archivio e in So, cietà vi si riflette indirettamente; ciò tanto più in quanto esperti dell’Ar, chivio di Stato si occupano anche di archivi ecclesiastici. Ormai gli studiosi hanno affinato una capacità selettiva collegata con temi storici di spicco, re, sa possibile dallo spoglio di depositi e di settori diversi entro il ricchissimo Archivio di Stato. Si nota in particolare una crescente dimestichezza con l’Archivio notarile lì custodito, straordinario primato locale per antichità e continuità del materiale, tanto ricco di imprevedibili dati anche di natura re, ligiosa ed ecclesiastica (gli studiosi del Sei,Settecento lo avevano dimostra, to) quanto di consultazione lunga e difficile. L’abbondanza delle fonti con, sente sia la cernita di testi particolarmente importanti, sia la continuità di notizie su settori definiti. Non manca qualche residuo di meno felici impostazioni, ancora visibili nelle pagine dedicate da Paolo Accame nel 1898 al capitolo cattedrale di Al, benga 41, dove la buona conoscenza delle fonti e la tensione verso un’orga, nizzazione per argomenti non fanno aggio sul taglio compilativo e sull’at, teggiamento mentale municipalista e moraleggiante. Si tratta appunto di re, sidui; le nuove disposizioni si affermano nelle diverse testate di quello che è pur sempre un giornale espresso dalla stessa organizzazione, uscito con breve interruzione sino al 1908 42. Il progresso è visibile in due contributi di Girolamo Rossi usciti nel 1901 e nel 1906. Nel primo 43 l’autore, sulla base di materiale contenuto nel cartolario dell’abbazia di S. Ponzio presso Nizza curato da Eugenio Cais di Pierlas, rettifica la serie dei vescovi di Ventimiglia ——————— 40 ! ! + . , I (1861,1918), a cura di M. CASSETTI con saggio storico,archivistico di E. LODOLINI, Roma 2008, p. 265. 41 P. ACCAME, % pp. 434,457. 42 43 ! % +) , in GL, XXIII (1898), Si veda la nota 30. G. ROSSI, pp. 45,46. (+)) * — 271 — * ! 8 ** , in GSLL, II (1901), della seconda metà del XIII secolo e coglie il rilievo del capitolo cattedrale. Nel secondo 44 si occupa di Pietro Paganetti e della sua ; inquadra il personaggio nella cultura del tempo e segue le vi, cende dell’uomo e dell’opera con riferimenti di prima mano, in perfetta co, scienza dell’originalità del lavoro e dei pericoli che esso ha comportato in rapporto alle istituzioni, sia ecclesiastiche sia secolari. A questo punto il paventato rischio di finire in un puro elenco 45 può cer, care riscatto nella varietà degli argomenti e, con risultati di diverso livello, nel loro interesse. È subito chiaro il valore dello studio di Gaetano Cogo 46: cen, trato sulle relazioni tra Urbano VI e la repubblica di Genova, esso illumina passaggi oscuri del Grande scisma sulla base di una bibliografia aggiornata e di abbondante materiale inedito. Il nuovo atteggiamento è colto persino da Francesco M. Parodi, di professione ingegnere e felice esempio della persi, stente funzione della Società ligure di storia patria anche al di fuori degli spe, cialisti della ricerca. Questo socio ha centrato un pregevole codice dell’Ar, chivio municipale di Genova contenente gli statuti della « Compagnia del Mandiletto » fondata nel 1497 e lo descrive con attenzione alle successive ca, denze cronologiche del testo; ma la descrizione è in nota: lo studio, pur strettamente legato alla fonte, riesce a ricostruire scopi, attività, organizzazio, ne del sodalizio 47. Marcello Staglieno si interessa di un furto di reliquie com, piuto nel 1492 a danno della badia di S. Andrea di Sestri e finito all’attenzione del re di Francia 48. Il tema non è una modesta curiosità, inserito come è in un tipo di devozione molto diffuso e in qualche modo collegato all’analoga vi, cenda capitata al celebre Santo Volto conservato in S. Bartolomeo degli Ar, meni; e lo Staglieno, pur poco aduso a questo genere di studio, compie uno sforzo di contestualizzazione dell’episodio entro contorni più ampi. ——————— 44 G. ROSSI, cit. 45 Rischio sempre incombente trattando iniziative espresse da associazioni locali. Si veda ad esempio J.,C. MAIRE VIGUEUR, ! * ") , " , in A Atti del convegno celebrativo della Deputazione di storia patria per l’Umbria (Perugia, 19,20 ottobre 1996), Perugia 1998, p. 79. 46 G. COGO, $ pp. 442,457. 47 48 F.M. PARODI, * % "! M. STAGLIENO, A (1902), pp. 449,456. A) & # ! )) , 4 — 272 — , , in GL, XXII (1897), , in GSLL, II (1901), pp. 108,125. C H0, in GSLL, III La forte personalità di Giovanni Sforza imprime al meglio i positivi ca, ratteri di cui si è detto ai numerosi contributi dedicati alla Riviera di levante e alla Lunigiana. I suoi cinque brevi lavori, comparsi tra il 1888 e il 1904, conducono ad argomenti disparati, da dati sul vescovo di Luni Francesco di Pietrasanta 49 a un sinodo ignoto della medesima diocesi 50, da notizie su al, cune vicende papali 51 a spunti sulla presenza di elementi calvinisti a Lucca 52. Si tratta di brevi studi mossi dal rinvenimento di documenti sconosciuti (spesso appartenenti ai ricchi archivi lucchesi) ma sempre motivati dal rilievo delle figure e delle situazioni felicemente inquadrate nel contesto generale. Il prestigio di questo studioso è trascinante, non sempre con i medesimi esiti. Se utile (anche per la storia della stampa) è l’articolo di Luigi Staffetti sulla prima stampa delle costituzioni della chiesa di Luni e Sarzana solo in parte già nota 53, più dimesso è il contributo sulla morte di Benedetto An, drea D’Oria vescovo di Aiaccio avvenuta alla Spezia nel 1794 54: d’altra parte il suo autore ha coscienza della modestia del proprio testo, dato che si cala die, tro la semplice sigla G. B. d’I. Immersa negli umori contemporanei e in linea con la funzione del « Giornale » è la lettera stilata nel 1896 da Camillo Man, froni 55, in questo caso staccato dai prediletti e importanti studi di storia ma, rittima; egli si rivolge al presidente della Società nella speranza di ottenerne il supporto per le proteste della gente di Portovenere che, fiera della propria ge, novesità storica, punta i piedi di fronte all’aggregazione alla recentissima dio, cesi di Chiavari, recepita come organizzazione estranea e, direi, umiliante. Un cenno tutto suo merita Vittorio Poggi, persona dalla preparazione culturale e dal percorso professionale singolari, almeno ad occhi odierni, ma ——————— 49 G. SFORZA, = 50 ID., & , in GL, XIX (1892), pp. 32,56. A * H , in GSLL, V (1904), pp. 225,251. 51 ID., ( * ! ! + 52 ID., % pp. 439,442. & & 0, in GL, XV (1888), pp. 436,444; A ! &, in XVIII (1891), pp. 227,230 [in realtà si tratta di Adriano VI!]. % 53 L. STAFFETTI, ! " GSLL, I (1900), pp. 368,376. 54 G.B. d’I., $ in GSLL, VIII (1907), pp. 97,99. 55 C. MANFRONI, " '& , in GL, XXII (1897), "! " * %. " & C %. — 273 — * (< + , in , , in GL, XXI (1896), pp. 389,391. in linea con alcune prassi del tempo già in parte osservate tra i membri del nostro sodalizio. Laureato in giurisprudenza, avvocato e giornalista, si orienta poi sulla carriera militare e coniuga la condizione di ufficiale dell’esercito (passerà nella riserva nel 1890 da tenente colonnello) con studi personali e con compiti nel controllo dei beni culturali, muovendo da com, petenze di etruscologia estese in seguito ad altri campi 56. La Società è per lui ambiente ideale per esercitare su temi patri l’attitudine mentale dettata dai compiti lavorativi e mai dismessa nemmeno dopo il pensionamento, quando si ritira nei luoghi familiari del Savonese. I suoi contributi al « Giornale » sono segnati da un forte gusto per la storia alimentato in parte dalle fonti scritte e molto dalle emergenze storico,artistiche, godute di per se stesse ma soprattutto sentite come voci ancora parlanti di tempi andati; fatto insolito, Poggi in questo campo non si ferma alle espressioni per lunga tradizione ritenute maggiori e molto si interessa a oggetti già definiti a torto arti mino, ri e valorizzati solo in anni a noi molto prossimi. Ecco quindi una grande varietà nelle conferenze presentate verbal, mente e poi date alla stampa da questo insolito socio abituato a viaggiare per lavoro o per diletto con occhi bene aperti, a ragionare su ciò che vede e a ri, condurlo ad un contesto pazientemente ricostruito sulla base di informa, zioni incrociate. Tra il 1885 e il 1900 pubblica una serie di saggi di ampiezza varia e di altrettanto vario argomento. L’attenzione per la fonte scritta, sempre valutata con filologica precisione, si ferma sull’inedito: scorre da una narrazione scovata a Siena utile per precisare i rapporti intercorsi tra s. Caterina e Varazze 57, a una serie di schede lasciate da Giovanni Battista Spotorno contenenti lettere indirizzate all’arcivescovo di Genova Pileo de 59 rara testimonianza di 7 ) (A . Marini 58, a una dialetto savonese di metà Quattrocento. L’altro versante delle testimonian, ze prese in esame prospetta verso i « tesori » comprendendovi gli edifici (cui ——————— 56 Le notizie mi sono state gentilmente fornite dalle pronipoti Dede e Josepha Resta, gno. Si veda anche F. POGGI, 8 & , in ASLi, XLIX/I (1919), pp. 192,193. 57 % P. ( ), % & 58 V. POGGI, % 227, 241,261. & ** , in GL, XII (1885), pp. 464,467; + ** , in GL, XIII (1886), pp. 75,76. ) 59 ID., 7 '&, in GL, XXIII (1898), pp. 7,33. '&, in GL, XVIII (1891), pp. 206, ) (A . — 274 — " dedica qualche articolo), le « grandi opere di scoltura, pittura e mosaico » e il contenuto dei tesori veri e propri, intesi come depositi di sacrestie anche modeste, con un’apertura che non trascura i materiali, compresi avorio, gemme, pergamene miniate. Sempre a cavallo tra aspetto storico (in questo caso sull’uso degli oggetti) e storico,artistico, è prima di tutto zelante della conservazione fino a pubblicare un contributo a un catalogo generale dei monumenti e oggetti d’arte e d’antichità della Liguria 60. Certo si tratta di la, vori difformi, tuttavia al tempo basilari per prevenire dispersioni e tuttora interessanti per l’intelligente curiosità dell’autore, aperto con taglio interdi, sciplinare a molti aspetti altrimenti trascurati e nello stesso tempo alieno da superficiale dilettantismo. Su posizioni analoghe si muovono i due contributi di Ugo Assereto de, dicati alla primitiva cappella di S. Giorgio dei Genovesi a Palermo (anteriore all’omonima chiesa cinquecentesca) 61 e al duomo di S. Lorenzo a Trapani 62, in cui l’occhio lungo dell’appassionato ugualmente individua un originario luogo di culto dei Liguri. Anche in questo caso, e forse con maggior forza, gli aspetti storico,artistici attentamente indagati assieme alle iscrizioni e ad altri tipi di fonti si fanno testimonianze di un mondo devozionale perduto. Ho lasciato da ultimo l’autore di presenza tanto frequente nel « Gior, nale » da farne un luogo di esercizio e di crescita. Arturo Ferretto è un di, pendente dell’Archivio di Stato genovese, assunto come commesso nel 1897, poi aiutante e coadiutore destinato a una carriera non troppo alta probabil, mente a motivo dell’ scolastico fermatosi agli studi liceali. Al di là dei compiti lavorativi, egli è un vero patito degli archivi, tanto che si occupa anche di quello arcivescovile 63, e mette a frutto la propria inclinazione con gusto e ——————— 60 V. POGGI, !! . " , in GL, XVI (1889), pp. 414,428; XVII (1890), pp. 12,23, 164,277; XVIII (1891), pp. 348,381, 441,459 [la citazione è a p. 416]; ID., % ) " " ( ( . , in GL, XXI (1896), pp. 96,107, 401,415; XXII (1897), pp. 3,7. 61 U. ASSERETO, ( !! (, " , in GL, XXII (1897), pp. 153, 155. Ugo Assereto è in gioventù attivo pubblicista; lascia questa attività quando entra nell’esercito dove raggiunge il grado di tenente generale. Cessato il servizio attivo e tornato a Genova si dedica alle ricerche d’archivio e alle pubblicazioni storiche: F. PITTALUGA, + A , in $ * ) , I, Genova 1992, pp. 267,268. 62 ID., " (1897), pp. 204,217. 63 * La notizia è in G. COGO, $ B ! . * A) — 275 — * (, & ! )) , in GL, XXII , cit., preparazione crescente. Già nei due primi articoli, pubblicati nel 1896, mo, stra quella che resterà sua caratteristica di base, la capacità di selezionare un’ottima documentazione di prima mano per argomenti di rilievo, nel caso specifico la visita a Genova del cardinale Ugolino d’Ostia nel 1217 64 e lo scisma in città nei primi anni del Quattrocento 65. Se il versante delle fonti mostra già una vasta esperienza dei complessi documentari (compreso l’archivio notarile, tanto affascinante quanto dispersivo), molto più fragile è il taglio globale in cui la buona conoscenza dei temi generali (per il mo, mento priva di riferimenti bibliografici) si accompagna ad atteggiamenti moralistici e patriottici legati alle antiche glorie e ad una valutazione a dir poco antiquata dell’età di mezzo (nel secolo XIII l’Europa « sebbene non ancora uscita dalla barbarie, andavasi man mano ricomponendo sotto lo spi, rito della civiltà ... » 66), assieme ad un pregiudizio negativo per la storia ec, clesiastica, evidente nella ricerca di giustificazioni per gli argomenti trattati, inevitabili visto che la storia degli stati europei non può fare a meno di tene, re d’occhio il papato. Tuttavia certe rigidezze valutative e persino linguistiche in breve si at, tenuano e balza all’occhio la crescita dello studioso. Già nel 1897, dopo un breve lavoro su di un vescovo di Accia caratterizzato da poche e solide no, tizie inedite 67, la pubblicazione degli statuti dei canonici di Rapallo 68 mostra un buon inquadramento generale, con riferimenti ad altre esperienze di vita comune del clero. Ancora un anno e l’interesse si allarga alle rappresenta, zioni sacre nella Riviera di levante 69. Lo studio deriva da una conferenza te, nuta in Società e ciò si sente soprattutto all’inizio del testo, nell’ampollosità che gonfia lo stile marcato dai caratteri retorici di certo Ottocento provin, ——————— p. 454, nota 5, dove l’A. scrive « L’amico mio sig. Arturo Ferretto del R. Archivio di Stato in Genova ..... con altri sta riordinando le carte dell’archivio arcivescovile di S. Lorenzo »; scrive anche di esserne stato aiutato dato che non ha potuto accedere a questo archivio. 64 , A. FERRETTO, pp. 221,231. 65 ID., " 66 ID., , H (< , in GL, XXI (1896), H , in GL, XXI (1896), pp. 111,143. cit., p. 221. 67 ID., 68 ID., A + C ") , 69 ID., !! 234, 364,383, 462,475. + ! * H , in GL, XXII (1897), pp. 168,171. , in GL, XXII (1897), pp. 422,439. %. — 276 — ! , in GL, XXIII (1898), pp. 220, ciale; ciò è presto superato nello stretto interesse per la materia, inquadrata sul piano letterario generale e storico locale, perseguita con la consueta ade, sione alle fonti inedite nelle poche tracce medievali e più largamente nei se, coli successivi. Gli ultimi due articoli 70, usciti nel 1900 e nel 1902, portano nuovi tasselli a temi ereticali locali per il XVI secolo e per il XIV; confer, mano sia ciò che si è detto sotto il profilo documentario sia la cresciuta aspirazione ad un inquadramento generale e aggiornato. 3. La carrellata sulle pubblicazioni di mole e impegno contenuti ha il, luminato una situazione di lenta ma effettiva evoluzione, rilevabile in forma più accentuata nelle opere di maggior peso riservate agli « Atti ». La persistente attenzione per i documenti è valutabile in vario modo: può essere ritenuta primario compito del gruppo, come facilmente avviene nelle associazioni sorte per indagare la storia locale 71; può essere espressione di persistente atteggiamento positivista; può farsi causa di ritardo storiografico, come av, viene altrove e marcatamente a Torino. Per la verità proprio a Torino nel 1896 si manifesta una novità interessante, la fondazione della « Società sto, rica subalpina » ad opera di Ferdinando Gabotto 72. Come si diceva, la posi, zione storiografica non è molto lontana da quella vissuta in Liguria, tuttavia le pubblicazioni della novella organizzazione presto si allineano sul doppio binario del periodico « Bollettino storico,bibliografico », riservato per lo più agli studi, e della collana « Biblioteca storica », destinata ad accogliere pub, blicazioni di fonti. Un ordinamento di tale tipo non prende forma in Liguria, forse perché non si vuole accrescere la spartizione esistente tra « Giornale » ed « Atti »; o più probabilmente perché si ritiene di non disporre di materiale sufficiente per alimentare una collana, visto che importanti fonti genovesi sono già state edite negli 2 ! " " e che la serie dei no, tai alla luce delle coeve valutazioni (nonostante l’alto apprezzamento mani, festato da Paul Riant) può non essere ritenuta meritevole di stampa dopo l’uscita del più antico campione, anche questo comparso a Torino sia pure con criteri discutibili 73. Fatto sta che, se Belgrano si dedica a una nuova edi, ——————— 70 ID., ( A # - , in GSLL, I (1900), pp. 43,45; ' &, in GSLL, III (1902), pp. 140,142. , 71 J.,C. MAIRE VIGUEUR, 72 G. SERGI, $ " 73 Gli atti di Giovanni Scriba hanno avuto una prima edizione in %. ! * * ") cit., p. 80. cit., p. 100. — 277 — ", II, Torino zione degli + % ( su basi docu, mentarie migliori rispetto al passato, non le riserva destinazione locale 74; d’altra parte la collana subalpina prospetta un modello costituito in larga parte da documenti ecclesiastici in particolare monastici e questi non sono in Liguria tanto numerosi – per origine e per dispersione: il tema meritereb, be qualche riflessione – da poter alimentare un progetto di lunga durata. Tuttavia nuove fonti non mancano. Proprio Belgrano procede nella ri, cerca, anche se alla fine non è in grado di farsi carico delle scoperte e le pas, sa ad altri cui affida la relativa edizione, come avviene per il cui si è già accennato; a maggior ragione ciò capita per fonti di minor mole ma pur sempre di buon rilievo, con apertura su differenti aspetti della realtà. Ecco che nel 1876 Vincenzo Promis recepisce due manoscritti segnalatigli, ne cura la trascrizione e la presenta con note descrittive e attribuzioni cronologiche. Vedono così la luce testi desunti da un codice da poco acquisito nella Biblioteca reale di Torino e da un altro prodotto nel convento genovese di S. Francesco di Castelletto; si tratta da un lato di una e di quattro inni in onore di s. Siro vescovo di Ge, nova, tutti attribuiti con buoni elementi a Iacopo da Varazze 75; dall’altro di 76 in cui, come di consueto avviene, la redazione del un ) calendario tracciato mese per mese è accompagnata e seguita da annotazioni di reliquie ricevute in dono, di usi liturgici, di privilegi goduti, insomma da elementi determinanti per la vita dei frati, della loro chiesa e dei laici che ne condividono la devozione. Come si vede, se a Belgrano manca il tempo per esperire in persona i lavori, non gli è venuta meno l’acutezza nell’indivi, duare fonti ecclesiastiche pure – non necessariamente funzionali alla storia ——————— 1853 (Historiae Patriae Monumenta, VI); per l’edizione più recente: % , ) , a cura di M. CHIAUDANO,M. MORESCO, Torino 1935 (Documenti e Studi per la Storia del Commercio e del Diritto Commerciale Italiano, I,II). 74 + % ( , a cura di L.T. BELGRANO,C. IMPERIALE SANT’ANGELO, Roma 1890,1929 (Istituto storico italiano,Fonti per la storia d’Italia, 11,14 bis). È interessante la notazione di J.,C. MAIRE VIGUEUR ( ! * ") cit , p. 82) sulla predilezione delle associazioni locali per le fonti documentarie dato che lo spazio per le testimonianze narrative è occupato dal decollo dei nuovi " " ! . DI 75 V. PROMIS, 355,383. 76 ID., ) ASLi, X/IV (1876), pp. 385,453. , % — 278 — = , in ASLi, X/IV (1976), pp. % , , in genovese – e di tipologia alquanto varia. La scelta del collaboratore è attenta: in questo caso si tratta di un archivista, bibliotecario e anche numismatico piemontese, ben noto a corte e membro della torinese Accademia delle scienze; la trascrizione è posta in mani affidabili, ma manca qualunque ri, flessione di carattere storico. Belgrano sempre nel 1876 è più direttamente coinvolto nella pubblica, zione di due opuscoli, anche questi attribuiti al da Varazze 77. In una breve presentazione riesce a produrre un’attendibile datazione dei testi, a darne qualche elemento intrinseco assieme a suggerimenti sull’esistenza di un pos, sibile altro lavoro dell’arcivescovo domenicano. Questa volta lo scopritore dei manoscritti e loro editore è uno sperimentatissimo segugio di fonti, il dome, nicano Amedeo Raimondo Vigna, su cui merita soffermarsi un poco. Vigna, torinese di origine, era stato in gioventù parroco sull’estesis, simo territorio giurisdizionale della chiesa di S. Pietro di Galata vicino a Istanbul (sull’altra riva del Corno d’Oro), da secoli affidata ai Predicatori; al ritorno, malandato in salute, è destinato al convento di S. Maria di Castello di Genova e qui resta. Partecipe delle tornate sociali, condivide lo spirito di ricerca comune a tanti; mosso da un doppio senso di appartenenza − al proprio Ordine e alla patria di adozione − trova buon terreno nell’archivio conventuale per il primo filone e in quello di Stato per il secondo 78. La sua produzione di argomento ecclesiastico si allarga ben oltre il perimetro della Società, tuttavia i lavori recepiti negli « Atti » nel 1888 e ancora nel 1896 so, no più che esaurienti campioni di un’indefessa attività e del relativo metodo. Lo studioso opera prima di tutto nel ricco archivio del suo convento e direttamente sui documenti costruisce il lavoro. Non a caso il primo titolo 79: sono tali nel senso tradizional, reca come parole iniziali # " mente usato per le edizioni di fonti, qui trascritte e organizzate in tre sezioni. La prima contempla il ) dei figli del convento, ovvero l’elenco dei frati lì vissuti tra XV secolo e metà XIX, costruito su sei diverse redazioni analo, ghe, tradotto anche in schede arricchite di ulteriori notizie sui diversi con, ——————— 77 $ 78 Le notizie sono fornite da Vigna stesso nel primo dei due lavori qui ricordati. ! " 79 ! ! )) A. VIGNA, # XX/I (1888). E ! & , in ASLi, X/IV (1876), pp. 455,491. " % — 279 — # ! +" % & ! , , in ASLi, fratelli per un totale di 753 persone e corredate di indici. La seconda riporta fonti relative alla farmacia, alla biblioteca, all’archivio della comunità. La terza tratta di chiese del suburbio genovese governate per qualche tempo dai Domenicani, in una ricostruzione estesa a tutta la loro esistenza 80. An, che lo studio più tardo 81 porta un titolo esplicativo: la dicitura # % lascia scorgere un procedere annalistico costruito su di una successione di atti trascritti e cuciti l’uno all’altro con il corto filo di poche parole del ricercatore. Di fronte a lavori del genere, persistenti nei loro caratteri di base attraverso gli anni, è difficile parlare di storia; è corretto ricorrere di nuovo al termine erudizione, usan, dolo però nel senso positivo per la tenacia nella ricerca della documentazione più ampia possibile, per la capacità di individuazione degli atti importanti, per l’attenzione agli aspetti più diversi dell’esistenza comunitaria quali l’or, ganizzazione interna, le donazioni, gli acquisti, gli edifici, le cure per la far, macia, per i libri, per le testimonianze. A questa impostazione si lega nel 1889 un testo di Paolo Accame 82 che pubblica 10 frammenti di laudi sacre scritte in dialetto ligure antico recupe, rati su pergamene di reimpiego, interessanti sotto il profilo linguistico e per l’attribuzione a una confraternita di Disciplinati. In qualche modo, ma con minor rigore, vi si rapporta un nuovo contributo di Girolamo Rossi che, nel ricercare tracce di rito ambrosiano nelle chiese della Liguria di ponente suf, fraganee di Milano, ricorre in piccola parte a utili rilevamenti (come quelli sui colori liturgici) e molto più spesso a scarsi e dubbi resti archeologici su cui traccia conclusioni spericolate, in linea con il linguaggio usato (« Trarupate nell’italica penisola le feroci orde barbariche » 83). Più attento è l’ultimo saggio dello stesso autore , uscito ormai nel 1907, in cui il pur sem, pre fiorito linguaggio illustra un metodo di « sana critica che impone di dis, ——————— 80 ID., = " /C) + . ASLi, XX/II (1896), pp. 337,400; . ! . , " +! % 81 ID., % / ! % # # & , % % , , in %. +) , ) ", pp. 401,662. , , in ASLi, XXI (1899). 82 P. ACCAME, = "" (1889), pp. 547,572. , in ASLi, XIX/III 83 G. ROSSI, ") . (1889), pp. 521,546; la notazione critica è a p. 536. — 280 — , in ASLI, XIX/III setarsi alle fonti »84. In effetti solidi dati documentari ricercati in raccolte sparse, accostati a rilievi toponomastici, conducono a buone ipotesi sulla collocazione precisa dell’abbazia di Patrania, ridotta a puro nome senza ri, scontri topografici. Il luogo, individuato sull’Appennino ligure tra Monte, bruno e Torriglia in postazione atta ad appoggiare il transito tra costa ed entroterra, pare persuasivo; non sono determinanti alcune forzature e im, precisioni come l’ubicazione del monastero di S. Andrea 5 a Sestri Levante anziché a Sestri Ponente. Meno persuasivo è lo sforzo di agganciare situazioni medievali, riferibili al più presto al X secolo, a nessi antichi o tar, do,antichi, secondo un diffuso atteggiamento. C’è poco da dire, il documento resta riferimento di base; ciò che cam, bia sono il modo e l’intento nel proporlo. Di nuovo ci troviamo davanti Cornelio Desimoni e i suoi rapporti transalpini, facilitati dalla sua alta posi, zione nell’Archivio di Stato e coltivati con zelo. Questa volta l’interlocutore è Julius von Pflugk,Harttung, venuto a Genova per le proprie indagini e aiutato proprio da Desimoni. Questi nel 1883 ha presentato in Società l’ " da poco ricevuto in dono e ha fatto nominare socio corrispondente l’autore (decisione con cui i presenti vollero « onorare non tanto il Dottor Pflugk,Harttung quanto sè stessi ») 85. Successivamente ha spulciato all’osso gli + ! " " " , pubblicati dal medesimo studioso tra il 1881 e il 1886, riservando particolare attenzione alla Liguria e ripropo, nendo la situazione già presentatasi in rapporto al lavoro di Leopold Janau, schek, con la differenza che ora il campo di azione è ben più vasto. Il risultato è prevedibile, almeno da un punto di vista metodologico: il fondamentale e rigoroso strumento elaborato oltralpe spinge Desimoni a nuove ricerche fino a comporre un repertorio di regesti, corredati di indica, zioni documentarie e bibliografiche, in cui accoglie il materiale proposto da Pflugk,Harttung con eventuali rettifiche e completamenti per poi aggiungere una serie di reperimenti nuovi. Meno prevedibili sono gli esiti quantitativi, dato che vengono raccolti 301 regesti e 26 documenti pubblicati per esteso, di cui 20 inediti; l’autore non para a curare ripetute aggiunte già in coda alla pri, ——————— 84 ID., / ( 857,878; la notazione critica è a p. 861. ) * 85 Desimoni stesso racconta i fatti nella $ fa cenno. — 281 — " " , in ASLi, XXXIX (1907), pp. * con cui apre il lavoro di cui qui si ma raccolta, uscita nel 1888 86. È un sistema aggiornato di trattare le fonti, alimentato da un bacino di raccolta non provinciale (il nostro esprime alto apprezzamento per l’apertura degli Archivi segreti vaticani da parte di Leo, ne XIII) e inteso a costruire basi di ricerca comode (con notevole anticon, formismo per i tempi usa le più pratiche cifre arabe nella numerazione dei regesti, riservando le romane ai meno numerosi documenti dati per esteso); l’autore, convinto dell’utilità di un simile lavoro, esprime invidia nei riguardi di Pflugk,Harttung e di altri « Tedeschi » per il supporto morale e concreto di accademie e istituti: se l’invidia nei confronti dei dotti germanici è bona, ria, non lo è certo la frecciata di cui piacerebbe conoscere i destinatari. Assieme a tanta attenzione per i documenti in se stessi, si presenta un modo di studiare innovativo; l’iniziativa non può che venire da un giovane, per di più di estrazione e preparazione esterna. Michele Rosi è per nascita versiliese, per preparazione normalista a Pisa dove si forma con D’Ancona e Crivellucci; a Genova giunge ventottenne nel corso di un itinerario di inse, gnamento in istituti di grado diverso; alla didattica accompagna la ricerca, presto passata dal campo letterario a quello storico, e proprio nella città li, gure è libero docente di Storia moderna presso l’ateneo, prima affermazione di una carriera accademica destinata ad approdare a Roma con l’incarico di Storia del Risorgimento retto sino al 1932 87. L’ambiente genovese, tra la miniera documentaria dell’Archivio di Stato valorizzata dai relativi funzio, nari e il fervore della Società di storia patria, bene accoglie il giovane studioso, che subito trova spazio portando aria fresca. Michele Rosi pubblica negli « Atti » due corposi lavori nel 1892 e nel 1895; i titoli stessi annunciano un taglio nuovo: cade ogni riferimento im, mediato alle fonti a favore di vasti argomenti di studio, il primo centrato sulla riforma religiosa in Liguria nel XVI secolo 88, il secondo riservato alle ——————— 86 C. DESIMONI, ! !I . "! ( " * , in ASLi, XIX/I (1888), pp. 5,146; ID., + ! * , ) ", XIX/II (1888), pp. 463,485; ID., + ! * * , ) ", XIX/III (1889), pp. 573,582. 87 A.M. GHISALBERTI, / # . , in 7 ! , XXX, Roma 1949, p. 121; ID., in http://www.dizionariorosi.it/rosi.php; O. RAGGIO, " / H H, in B ! ** C ) cit., p. 533. 88 M. ROSI, " ( — 282 — ") C " C monache nella vita genovese dal secolo XV al XVII 89. Come si vede, il fuoco dell’attenzione si è spostato dal documento, sempre presente ma utilizzato quale mattone in una costruzione che si vorrebbe ampia ed esauriente, a un argomento complesso di indagine. Tuttavia, pur con tutto l’apprezzamento dovuto a una scossa metodologica indispensabile e alla scelta di argomenti intonsi, non si può dire che si tratti di opere riuscite. La debolezza sta proprio nella ricerca e nell’uso della documentazione. Il lavoro iniziale è diviso in due parti. La prima si occupa della condizione del cattolicesimo in Liguria in rapporto alla Riforma fino al 1567, argo, mento innovativo per l’ambiente locale attento in prevalenza alle glorie me, dievali e nello stesso tempo cautamente moderato davanti a temi religiosi dai risvolti imprevedibili. Tuttavia il lettore resta perplesso di fronte alle te, stimonianze citate, tutte di prima mano ma tutte monocolori e per di più ri, chiamate su più fronti. Esempio lampante viene dall’uso della visita aposto, lica condotta da Francesco Bossi vescovo di Novara, attivo nell’arcidiocesi genovese nel 1582: pur citando correttamente il titolo del manoscritto 90, Rosi non fa caso al fatto che esso contiene solo decreti, e quindi ingiunzioni di modifica di situazioni scorrette; al contrario lo utilizza come se si trattasse di un integrale verbale di visita, specchio di una condizione completa. Il meto, do, esteso a tutti gli altri documenti in assenza di qualsivoglia esegesi, frutta solo situazioni condannabili, trattate in maniera pittoresca con spiccata atten, zione ai costumi sessuali; è fuori discussione che le condizioni negative esista, no, ma gli sbandierati cinque figli di preti conteggiati in tutta la diocesi par, rebbero persino pochi e potrebbero essere più efficacemente inquadrati entro un puro elemento statistico relativo al numero complessivo dei chierici: ma un’idea del genere non sfiora nemmeno una mentalità alquanto episodica. Meno ambiziosa è la seconda parte, circoscritta agli anni 1567,1569 e centrata su possibili temi della Riforma presenti a Genova, indagati attraver, so i rapporti con il calvinista umbro Bartolomeo Bartoccio. Qui la ristret, ——————— . - . ( !! ( , in ASLi, XXIV/II, pp. 555,726. 89 ID., " ! " " . '& '& ( '& , in ASLi, XXVII (1895), pp. 5,206. 90 Genova, Archivio di Stato, # , " /J no 1584; edizione parziale in G , 547; $ 5 4 " $ " $ = C ! .., Genova 1833. — 283 — .., Mila, tezza dell’argomento impedisce imprudenze immediate, e tuttavia l’aspira, zione a trasmettere valutazioni complessive sui motivi dello scarso successo della Riforma in città approda a conclusioni secche, riassumibili nell’inca, pacità locale di esprimere un pensiero « profondo e vigoroso » 91 e in un esplicito giudizio di superficiale conformismo. Tutto ciò si accompagna all’indifferenza verso le componenti politiche, evidenti prima di tutto nel controllo governativo contro qualunque intromissione esterna (compresa l’inquisizione romana cui si vogliono evitare occasioni di ingerenza), e alla cecità davanti a realtà locali espresse da disposizioni interiori nuove e condi, vise (tra le altre, i persistenti e reiterati esiti generati dalla compagnia del Divino Amore). Si delinea una situazione analoga a quella di chi volesse far, si idea di un ambiente sociale sull’esclusiva base degli atti dei tribunali penali o, peggio, della cronaca nera e scandalistica dei giornali (non saprei a cosa altro accostare mormorazioni e delazioni utilizzate qui e ancor più nel testo cui ora si accennerà). I tre anni necessari per giungere alla stampa del lavoro sulle monache non fruttano differenze. Una cornice generale di tono vagamente socio, psicologico sulla decadenza degli antichi ideali religiosi presso le pie vergini (ideali dati per scontati una volta per tutte e doverosamente immutabili nella pratica di vita) e sul fenomeno delle monacazioni forzate è tracciata con l’aiuto di lavori che – l’autore stesso ammette – possono essere colorati da « una certa tinta romanzesca » 92; naturalmente vi ha larga parte la sventu, rata Virginia de Leyva, nella consueta elevazione all’ennesima potenza della sua qualità esemplare. In quanto a Genova, il taglio cronologico prescelto, davvero tardo ri, spetto alla realtà monastica femminile, è dettato unicamente dal fatto che solo nel Quattrocento compaiono segnali di trasgressioni (o almeno quelli che sono rilevati come tali da autorità ecclesiastica e laica, e in particolare da questa); nessun quesito nasce a proposito della scomparsa più o meno for, zata di alcuni Ordini e dell’affermazione di altri. In realtà la parte più compatta del lavoro è sorretta da una fonte parti, colare, ovvero dalle scritture raccolte dal Magistrato delle monache, ufficio sancito nel 1551 da Giulio III sulla base di una collaborazione tra istituzio, ——————— 91 M. ROSI, 92 ID., " " cit., p. 663. . cit., p. 11. — 284 — ne ecclesiastica e civile, presto scivolato non senza contrasti all’ombra di quest’ultima (faccenda questa da non sottovalutare) e avviato a perdere fun, zione alla fine del Seicento. Il fatto è che la magistratura, composta nel pe, riodo di maggiore attività da tre membri nominati dalla Repubblica, ha il compito di rilevare irregolarità e infrazioni incoraggiando un sistema di spionaggio e delazione; e tanto basta per indicare il valore non poco parziale della fonte, recepita invece quale informazione totale. Un solo campione tra i numerosi possibili e analoghi. Nel capitolo dal promettente titolo « Monache e musica » l’argomento si riduce alla denuncia del comporta, mento, tinto da qualche spunto un poco confidenziale, tenuto da parte di musici maschi. E si va avanti così scandalizzandosi, dato che la materia per qualche gustoso caso cui è riservato ampio spazio non manca. Tutto andrebbe bene a fronte di un titolo diverso, non " . bensì ! " . Ma non ca, drebbe nemmeno male qualche domanda di fondo a carattere generale o, di nuovo, anche solo un poco di statistica: quante sono le religiose a Genova nel periodo per cui sono segnalate le infrazioni? Quanto incidono tali situa, zioni sul totale? Se poi è indispensabile parlare di religiose in assoluto, per, ché tacere di Tommasina Fieschi o di Battistina Vernazza o di Maria Vitto, ria Fornari Strata, tanto per fare tre nomi ben noti, non certo scoperti solo da studi recenti? 93. A proposito di titoli, torna alla mente per contrapposi, zione il minimalismo di Belgrano, che aveva denominato * ciò che in realtà era uno studio sull’intero sistema. Mi rendo conto che ho dedicato ai testi di Michele Rosi spazio e ruvidità forse eccessivi e sproporzionati all’andamento generale; ma va detto che la novità dell’impostazione, l’originalità degli argomenti annunciati, la scorrevolezza dell’espressione hanno fatto sì che i due scritti siano rimasti per molti de, cenni riferimento esclusivo (e fuorviante) per le materie prescelte. Gli aspetti positivi della lezione non passano invano; e nemmeno quelli negativi, con effetto di correzione. La dimostrazione viene ad opera di ——————— 93 Solo per un cenno: M. COLPO, C K /" ! * ! !! , in % * "" ! " * '& '& . Atti della giornata di studio in occasione del quarto centenario delle Medee (Geno, va, 3 giugno 1994), a cura di C. PAOLOCCI (« Quaderni franzoniani », VIII/2, 1995), pp. 203,209; S. MOSTACCIO, < * * " B "" = . -@ , Firenze 1999; D. SOLFAROLI CAMILLOCCI, $ +" ( ! " % 4 , Napoli 2002. — 285 — quell’Arturo Ferretto che nelle prime uscite sul « Giornale » sentiva il biso, gno di giustificare l’attenzione prestata ad argomenti papali. Nel 1906, con forte precocità nel voler rendere accessibile la documentazione notarile, ha pubblicato uno dei cartolari redatti dal " Salmono 94: non spetta a me commentare l’edizione, ma devo osservare che la scelta entro un materiale molto abbondante è caduta su di un insieme costituito in gran parte da docu, menti ecclesiastici, redatti da un professionista che probabilmente esercita quale notaio della curia arcivescovile, anche se mai sono espresse mansioni ufficiali; lo stesso titolo di " denota particolare e insolita preparazio, ne. Nel 1907 giunge l’opera di più robusto impegno: Ferretto dà alle stampe uno studio monumentale (quasi 700 pagine) su ! " !! 95. % " ! , È un lavoro maturo e complesso, basato su di una formidabile cono, scenza documentaria, edita e in grandissima parte inedita, frutto di anni di lavoro minuto e intelligente. Questi sono solo strumenti; la generale padro, nanza storica del settore ha consentito di individuare i temi di fondo, di or, ganizzarne gli argomenti interni, di distribuirvi i contenuti con spirito acu, to: il vastissimo e anche minuto materiale è ordinato con razionalità in una visione complessiva del tema di base. Le questioni più ostiche stanno nei primi secoli, più volte trattati da altri (da Paganetti a Belgrano, tanto per dire) ed ora efficacemente affrontati in maniera critica, come avviene per i leggendari luoghi comuni sull’intro, duzione del Cristianesimo in tutta la Liguria o per la ricorrente questione dei primi vescovi genovesi, ancora oggi irrisolta. Ferretto inevitabilmente ri, sente di alcune convinzioni al momento consolidate e di lunga durata, come lo schema delle circoscrizioni ecclesiastiche foggiate su quelle civili, o il consueto appiattimento sulle origini tardo,antiche o addirittura romane di taluni impianti cristiani, da cui fluisce la teoria della continuità pievana dall’organizzazione pagense; con tutto ciò è pronto ad accogliere i suggeri, menti delle fonti anche di fronte ad autorevoli certezze e non si perita di porre in discussione a buon diritto alcune convinzioni di Savio e di Belgrano. La parte davvero solida è quella costruita sull’enorme massa di nuovi dati raccolti, frutto di spogli in archivi diversi e in particolare in quello nota, ——————— 94 ) " XXXVI (1906). 95 " ! 000 00 , a cura di A. FERRETTO, in ASLi, In ASLi, XXXIX (1907), pp.171,856. — 286 — rile. Con informazione più ampia e con criteri più ragionativi che elencativi ripercorre la via dei fratelli Remondini; ricostruisce lo sviluppo delle chiese diocesane nella loro sistemazione gerarchica incrociando la diffusione dei culti santorali; riserva spazio ai capitoli canonicali, agli ospedali, agli enti minori, alle emergenze artistiche. Ferretto ha coscienza del lavoro svolto e conclude con la fierezza di avere « ricostruita, al dire del conte B. Baudi di Vesme, la topografia d’un lembo di provincia romana » 96: estrema adesione a un mito più patriottico che altro (aveva partecipato alla guerra d’Africa del 1892,93), che non svilisce un lavoro originale e ancora oggi consultato con profitto. Romanità a parte, sul campo vi sarebbero abbondanti fattori per incontrare i gusti di Edoardo Grendi, che però lo relega in nota 97. 4. Poi cala il silenzio. Un motivo importante sta nella scomparsa degli uomini più dinamici che hanno saputo dare un’impronta alla Società, trai, nando e stimolando le capacità altrui (Belgrano muore alla fine del 1895, Desimoni nel 1899). Dopo di loro non si trovano personalità in grado di intraprendere e infondere direttrici non ripetitive. Ferdinando Gabotto nella sua lunga presenza presso l’ateneo genovese (insegna Storia moderna dal 1901 al 1918 e in alcuni di tali anni anche Storia antica) non è in grado di trasmette, re nuove impostazioni, dato il suo permanente rapporto con il documento; tanto meno può o vuole sostenere la ricerca di ambito ecclesiastico 98. È sem, pre presente il vischioso confronto con un metodo a base erudita superato solo in singole situazioni, mentre latitano altre proposte; e ciò è tanto più grave in un periodo in cui si stanno appannando le certezze positiviste. Si potrebbe anche pensare a una componente di cautela, cui poi si sal, dano gli anni della guerra. I primi quindici anni del Novecento sono stagio, ne ardua per la Chiesa genovese. Le difficoltà che già si intravedono durante il governo dell’arcivescovo Edoardo Pulciano (1902,1911) si fanno roventi dopo la sua morte. Ne sono segno esteriore e chiarissimo i successivi tre anni di sede vacante e il seguente anno di amministrazione apostolica; i re, ——————— 96 ) ", p. 848. 97 E. GRENDI, cit., p. 99, nota 10, dove cassa questo lavoro con un « Non si può tuttavia dire che ... abbia una carattere topografico ». 98 Per l’insegnamento a Genova: O. RAGGIO, " cit., pp. 534,536. In quanto alla simpatia di Gabotto per la storia ecclesiastica si vedano le sue micidiali frasi ri, portate da Cracco: * cit., pp. XXVII,XXVIII. — 287 — iterati riferimenti al modernismo paiono coprire situazioni di altro tipo, tuttora in attesa di chiarimento rispetto a un fase tanto contrastata quanto ricca di fermenti positivi destinati a fiorire più tardi 99. Se volessimo trovare qualche lume nell’ambiente della Società di storia patria resteremmo delusi: niente trapela di ciò che travaglia città e arcidiocesi; però sulle pagine sociali non compaiono studi di soggetto ecclesiastico nemmeno relativi ad altri te, mi e periodi. Non abbondano neanche gli spazi. Se durante la presidenza di Cesare Imperiale di Sant’Angelo (1896,1920) la Società ha momenti di intensa attività pubblica (compreso l’insegnamento della storia ligure nelle scuole civiche) e progetta importanti iniziative editoriali, niente sfiora la storia ecclesiastica. Lo stesso mi pare di poter dire per gli anni Venti e Trenta in cui le novità più vistose rimandano a una serie degli « Atti » dedicata alla storia del Risorgi, mento e alla collana riservata ai cartolari notarili più antichi 100. La storia ec, clesiastica si dibatte con due difficoltà: la prima, più immediata e scontata, contempla il come farla; la seconda − molto più ardua, generalizzata e con, dizionante la prima − tocca l’essenza stessa di questo particolare settore di indagine e la sua identità non ancora definita nell’oscillazione tra disciplina pienamente storica e richiami teologici, tra lo scarso interesse della stessa parte ecclesiastica e la diffidenza, forse sospettosa di apologia, di quella laica. Il risultato è una forte contrazione degli studi. Un mazzolino dei con, sueti brevi testi ritorna tra il 1926 e il 1933 con una singola estensione al 1942, in coincidenza con la nuova serie del « Giornale Storico e Letterario della Liguria ». Tra questi il lavoro di Pietro Nurra sul giansenismo ligure alla fine del Settecento 101 spicca come l’unico partecipe di una più vasta vi, sione. È accentrato sui primi risultati di una ricerca che, sappiamo, sarà im, portante; già si notano l’inquadramento della situazione locale entro il fe, nomeno generale, l’attenzione ai risvolti etici e politici e ai rapporti con fattori massonici, le differenze e le analogie con altri luoghi come le zone lombarde, toscane, veneziane. ——————— 99 G.B. VARNIER, % H - , in "" %. , a cura di D. PUNCUH, Genova 1999 (anche in ASLi, n.s., XXXIX/II), pp. 450,454. 100 D. PUNCUH, 101 P. NURRA, 4 ( cit., pp. 9,11. " '& — 288 — , in GSLL, n.s., II (1926), pp. 1,29. Gli altri contributi sono di argomento circoscritto, i più originali imper, niati su testimonianze inedite − a volte reperite in archivi lontani −, che sem, pre dettano l’oggetto dello studio. Adolfo Bassi tratteggia le vicende della dei forestieri a Genova dal XIV al XVII secolo 102, sulla traccia di un manoscritto già dato per perduto. Mario Battistini lavora su materiale custo, dito a Bruxelles nella Biblioteca reale: in un caso 103 trasmette notizie sul sog, giorno genovese dei bollandisti Henschen e Papebroch, nel 1662 in cerca di fonti per gli + "; in un altro 104 pone modestamente a disposizione degli studiosi « che meglio di me poranno valersene » 105 dati su Giovan Maria Lampredi, dotto prete fiorentino professore a Pisa, avverso al giansenismo e presente a Genova nel 1789. Renato Piattoli trae dell’Archivio Datini di Prato una lettera mercantile significativa per le ricadute economiche del grande sci, sma d’Occidente 106. Carlo Bornate si limita a trattare della tribolata restitu, zione del Santo Sudario di S. Bartolomeo degli Armeni, rubato nel 1507 e tor, nato a casa due anni dopo 107. Il medesimo autore, coinvolto in una bega locale a proposito dell’eventuale matrice benedettina della chiesa della Madonna del Canneto a Taggia 108, coglie l’occasione per una piccola lezione di metodo a proposito di veridicità storica, tutt’altro che inutile presso alcuni lettori del « Giornale» , appassionati di glorie patrie non sempre rigorose. Più avanti, nel 1942, Cassiano da Langasco esamina la vicenda dei funerali religiosi negati a Nicolò Paganini 109, questione controversa entro lo stesso mondo ecclesiastico alla luce di interpretazioni canoniche divergenti. ——————— 102 / A. BASSI, # % = @ @ , 8 $ # / ! H , in GSLL, n.s., IV (1928), pp. 17,45. 103 M. BATTISTINI, ! ) GSLL, n.s., VII (1931), pp. 43,45. 104 ID., , # IV (1928), pp. 234,238. 105 ) "! 2 . ! ) , . C ) , "! 62, in * , in GSLL, n.s., ", p. 234. 106 H R. PIATTOLI, in GSLL, n.s., V (1929), pp. 224,226. 107 C. BORNATE, !! ! GSLL, n.s., VII (1931), pp. 133,135. 108 ID., + pp. 241,243. L C L " M! # 109 C. DA LANGASCO, 8 " ! , in GSLL, [n.s.], XVIII (1942), pp. 76,82. — 289 — " * % L , M, in M, in GSLL, n.s., IX (1933), 8 9 Meno occasionali sono altri tre lavori usciti negli stessi anni. Ferruccio Sassi, studioso di temi lunigianesi attento ai risvolti giuridici, mette a con, fronto i vicedomini e i gastaldi dei vescovi indagando le origini, le specifici, tà, le conflittualità di tali compiti, con attenzione ai caratteri beneficiari e/o funzionariali, senza perdere di vista i possibili mutamenti attraverso i seco, li 110. Per la prima e unica volta incontriamo Ubaldo Formentini con due ar, ticoli che, nella loro brevità, lasciano scorgere gli indirizzi di base di questo studioso: nessuna ricerca dell’inedito, uso puntiglioso dell’edito, valorizza, zione degli elementi topografici e stradali e dei manufatti (derivata da una robusta formazione storico artistica 111). L’associazione di tali capacità frutta prospettive nuove, più complete e promettenti; può generare forzature nella valorizzazione dei documenti scritti e nella valutazione di fatti e vicende, in una posizione interpretativa piuttosto che espositiva allineata con le ten, denze storiografiche generali, a volte segnata da brillante intuizione, non sempre garantita dalle fonti. L’articolo sull’« abbazia » di S. Pietro in Portovenere 112 contiene un’esa, gerazione già nel titolo, dato che niente garantisce matrice abbaziale per quella chiesa. Il breve studio trae spunto dall’analisi stilistica dei manufatti, iniziando dalla chiesa attribuita al Duecento e procedendo a ritroso sino ai resti di una preesistente, qui riferita al VI secolo e automaticamente asso, ciata, senza garanzie di sorta, al monastero il cui abate è nominato in una lettera di Gregorio Magno; e dato che al nome dell’abate è attribuita un’eti, mologia semita, anche in questo caso senza riscontri, è trovata conferma per una tipologia cenobitica di alta datazione e di derivazione orientale. In pa, rallelo l’autore fa piazza pulita di una tradizione locale che voleva l’edificio eretto sulle fondamenta di un tempio di Venere Ericina: mentre distrugge vecchi miti non si perita di fondarne di nuovi, tra l’altro duri a morire. Il se, condo articolo, annunciato con un titolo più calzante 113, conferma la già nota collocazione geografica dell’ente (presso il passo del Lagastrello; l’Autore vi ——————— 110 F. SASSI, & " & , in GSLL, n.s., III (1927), pp. 155,160. 111 Dal 1929 è libero docente di Storia dell’arte medievale e moderna e due anni dopo è incaricato di tale insegnamento presso l’ateneo genovese: E. GAVAZZA,M. MIGLIORINI,F. SBORGI, ( " ( , in B ! ** C ) cit., pp. 130,131. 112 U. FORMENTINI, (1929), pp. 129,133. 113 ID., (+)) * & , in GSLL, n.s., V ( )) * , in GSLL, n.s., IX (1933), pp. 16,20. — 290 — ha compiuto rilevamenti archeologici), si sofferma sulla precisa identifica, zione (già oggetto di ipotesi diverse) di alcune dipendenze nel Parmense sottolineandone la disposizione strategica (non sappiamo se effettivamente sfruttata) su importanti itinerari dalla valle del Po alla Tuscia, al Parmense e, con meno evidenza, alla Lunigiana. Agli « Atti » sono riservati come di consueto gli studi più corposi e im, portanti. Va subito detto che questi sono davvero pochi nel lungo periodo intercorso tra il lavoro di Ferretto (1907) e la timida ripresa successiva al se, condo conflitto mondiale e antecedente la nuova serie (avviata nel 1960 e felicemente estranea ai miei compiti). Nel 1926 Luigi M. Levati batte un colpo con un testo sulle relazioni di s. Bernardino da Siena con Genova e la Liguria 114, condotto secondo il miglior schema della vecchia maniera, ovve, ro prendendo avvio dalla documentazione e restando al di fuori di questioni interpretative. L’autore tratta della presenza personale del Santo e del suo successo appoggiato dal governo, appunto senza troppi approfondimenti sui motivi di tali rapporti e sul tema delle Osservanze. Non mancano però interessanti risvolti connessi con il consenso incontrato dal Santo, estesi ai luoghi di culto a lui dedicati, alle opere d’arte e all’inserimento del mono, gramma IHS su alcune monete nel 1450 (anno della canonizzazione), mantenuto in tempi successivi al di là delle contingenze politiche. A parte ciò troviamo un solo altro studioso. Si tratta di Domenico Cambiaso, anch’egli legato al filone documentario nella sua espressione più critica e costruttiva per la capacità di individuare temi originali. Sacerdote e archivista della curia, in questa mansione trova alimento al gusto per il passato della Chiesa locale, tradotto in gran numero di contributi, sovente alquanto circoscritti in quanto dettati da occasioni particolari, sempre originali per novità delle fonti, mai superficiali. Nella lunga esperienza accumula dati e nello stesso tempo preparazione e aggiornamento, alimentati a Genova dall’amicizia con i più attenti studiosi di storia e storia dell’arte, fuori dall’ambito locale dai frequenti rapporti, sostenuti da reciproca stima e atte, stati dall’epistolario, con studiosi come Placido Lugano, Ursmer Berlière e Michel Bocksruth per l’ambito benedettino o come il cardinale Giovanni Mercati e suo fratello Angelo, prefetto della Biblioteca Vaticana 115. ——————— 114 L. LEVATI, * C (ASLi, LIII, 1926), pp. 221,238. 115 C. PAOLOCCI, $ " % ") , ; — 291 — , in # , in « La Berio », XXIII/2 (mag, I suoi studi più importanti sono riservati agli « Atti ». Nel 1917,1918 esce un lavoro 116 dedicato all’anno ecclesiastico e alle feste dei Santi nel, l’arcidiocesi di Genova considerati nel loro svolgimento storico: Cambiaso è il primo e unico studioso che abbia intrapreso una ricerca del genere, for, temente connessa agli aspetti liturgici. L’interesse è mosso da manoscritti dell’Archivio capitolare della cattedrale di S. Lorenzo, tra cui spicca un col, lettario o sacramentario articolato in più parti, dall’autore attribuito al se, condo decennio del Trecento ma comprensivo di elementi precedenti. La parte più corposa del manoscritto, un calendario,obituario, dà occa, sione a un complesso lavoro che prende avvio dall’inquadramento generale delle festività liturgiche. Successivamente sono prese in esame le figure santorali e la diffusione del loro culto nelle diverse aree del mondo cristiano e quindi in ambito ligure; tutto si dipana sulla base di larghe conoscenze bi, bliografiche per le notizie generali e di numerosi dati puntigliosamente ri, cercati, senza omettere quelli sui relativi luoghi di culto, per i settori locali. L’elaborazione personale è seguita dall’edizione della fonte principale, come tutte le memorie analoghe prodiga di informazioni nelle annotazioni obi, tuarie, e da altre fonti insolite, tra cui spiccano un altro calendario apparte, nente alla chiesa genovese di S. Maria delle Vigne caratterizzato da elementi singolarmente arcaici, un elenco delle chiese della diocesi di Genova risalente al 1360 con novità nell’identificazione di alcuni enti, il più antico inventario degli oggetti custoditi nella sacrestia della cattedrale di S. Lorenzo e alcuni atti di età moderna, tutti strettamente pertinenti al culto e alla liturgia. Passeranno molti anni prima che altre opere di Cambiaso vedano la lu, ce nelle pubblicazioni sociali. Nel 1939 117 esce un lavoro sui sinodi genovesi antichi, importante per il quadro generale di tali eventi esteso dalle prime notizie degli inizi del XII secolo sino al XV. La parte più sostanziosa è ri, ——————— gio,agosto 1983), pp. 44,50; G.L. BRUZZONE, % ") $ " , in $ * cit., II, pp. 411,414. Cambiaso nasce nel 1872 e muore nel 1951. 116 D. CAMBIASO, ( , in ASLi, XLVIII (1917, Appendice,1918). , ) " 117 ID., . , in ASLi, LXVIII/I (1939). Nel 1935 la Società ha dovuto accettare il passaggio a Regia Deputazione, di impronta governativa (D. PUNCUH, 4 ( cit., p. 12) e, per la precisione, Cambiaso si trova a pubblicare sul IV volume degli « Atti della Regia Deputazione di storia patria per la Liguria », dove però non si rinuncia alla precisazione « LXVIII della raccolta ». — 292 — servata al sinodo provinciale voluto dall’arcivescovo Andrea Della Torre nel 1375, di cui lo studioso ha reperito i decreti quasi completi; il testo è affian, cato da un commento (come egli stesso modestamente lo definisce) irrobu, stito da riferimenti al diritto canonico generale e allargato all’ottima cono, scenza delle chiese del territorio; bisogna dire che qua e là non mancano moralistiche valutazioni innestate sulla base degli schemi contemporanei a detrimento della prospettiva storica. Pionieristico è lo studio pubblicato nel 1948 sul movimento confrater, nale in Liguria nel medioevo 118. Cambiaso lo intraprende proprio per fare luce su di un fenomeno tanto rilevante quanto inesplorato, colpito dal fatto che Gennario Maria Monti nel volume del 1927 relativo alle associazioni re, ligiose dell’Italia centro,settentrionale non abbia censito altro che tre miseri sodalizi in tutta la Liguria. Il nostro autore si muove sul consueto binario dello scavo documentario, ora mirato a un settore arduo da cogliere nelle origini, e sull’altro binario delle differenze tra i vari gruppi e tra i diversi settori delle loro attività. Ne risulta un quadro originale, mai più ripreso nella sua tipologia storica a dispetto delle auspicabili novità di metodo. Se altri studi ci sono stati riguardano singole associazioni oppure, molto di più, il campo storico,artistico; anche in questo ambito Cambiaso è stato un pre, cursore con riferimenti all’arte sacra e alla anticipatrice mostra delle casacce organizzata nel 1939 nella chiesa di S. Agostino 119. Qui il mio impegno giunge al capolinea. In corso d’opera mi sono più volte chiesta se l’ambiente della Società ligure abbia prodotto qualcosa di defi, nibile come storia ecclesiastica. La perplessità nasceva da una duplice riflessio, ne. Da un lato pareva che − a parte qualche studio addirittura germogliato dal settore specifico, come i lavori di Rosi e soprattutto di Cambiaso − sovente alcuni autori, mossi dall’intento di indagare le vicende e le glorie patrie, fi, nissero su temi ecclesiastici trascinati dall’importanza e dal primato delle relative fonti. Dall’altro lato a volte mi sembrava arbitrario, in particolare per le opere uscite negli anni di maggior fervore, tracciare un confine tra ——————— 118 ID., % " , , in ASLi, LXXI (1948), pp. 79,111. 119 Nella nuova serie uscirà postumo un articolo basato su di un studio ancora incom, pleto: , , a cura di G.M. CARPANETO, in ASLi, n.s., XII/I (1972), p. 11,70. — 293 — storia secolare e storia di altro tipo. Tuttavia ho concluso con il darmi ri, sposta positiva. I lavori che mi sono stati proposti e che ho esaminato (a volte con qualche insofferenza) alla fin fine mi paiono coerenti con un’identità storico,ecclesiastica, elaborati non come un corridoio di passag, gio per arrivare ad altra meta o come un aspetto parziale di un mondo più ampio. Ciò si manifesta sia negli studi minori, quasi sempre piccoli mattoni originali dotati di senso proprio nella possibile costruzione futura di un complesso più vasto, sia nelle opere maggiori, sempre allineate su di un tracciato che guarda all’ . Del resto, come ho detto all’inizio, i padri fondatori della Società avevano previsto un definito settore ecclesiastico: hanno avuto ragione. — 294 — ! ! ! "#$ $%#& '( "#&)*%+**'( "#$ $%#& '( ! "#&)*%+**'( $# ##& # & #$ ++' ! ! "#& $%+**'( "#$)'%#& $( + # , +& ! -+- "#& $%+**'( , , . . --# - & / 0 ! 12 % &'$%$$%&'*&&%**%* 3 1 2 4 / 5 1 ! 0 11 5 % )#* #& # % #)#) 5 % +*-'%'##&)- %!