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provided by UnissResearch
Collana del Dipartimento di Storia
dell’Università degli Studi di Sassari
Nuova serie fondata da Mario Da Passano, Attilio Mastino,
Antonello Mattone, Giuseppe Meloni
Pubblicazioni del Centro di Studi Interdisciplinari
sulle Province Romane
dell’Università degli Studi di Sassari
I lettori che desiderano
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pubblicati dalla casa editrice
possono rivolgersi direttamente a:
Carocci editore
via Sardegna ,
Roma,
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Epigrafia romana in Sardegna
Atti del I Convegno di studio
Sant’Antioco, - luglio
(= Incontri insulari, )
A cura di Francesca Cenerini e Paola Ruggeri
Con la collaborazione di Alberto Gavini
Carocci editore
In copertina: Iscrizione bilingue punico-latina, Sant’Antioco, Museo archeologico comunale
“Ferruccio Barreca”.
Convegno organizzato con il contributo finanziario di
Regione autonoma della Sardegna
Assessorato agli Affari generali
Scuola di dottorato di ricerca
Storia, letterature e culture
del Mediterraneo
Comune di Sant’Antioco
I lavori congressuali si sono svolti in collaborazione
con l’Amministrazione comunale di Sant’Antioco
e la Società Cooperativa Archeotur
La redazione è stata curata da Alberto Gavini e Maria Bastiana Cocco
a edizione,
© copyright by
Carocci editore S.p.A., Roma
Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari
Finito di stampare nel
dalla Litografia Varo (Pisa)
ISBN
----
Riproduzione vietata ai sensi di legge
(art. della legge aprile , n. )
Senza regolare autorizzazione,
è vietato riprodurre questo volume
anche parzialmente e con qualsiasi mezzo,
compresa la fotocopia, anche per uso interno
o didattico.
EPIGRAFIA ROMANA IN SARDEGNA
I Convegno di studio
Sant’Antioco, - luglio
Sala consiliare del Palazzo comunale, Corso Vittorio Emanuele
(= Incontri insulari, )
Sotto il patronato dell’Association Internationale d’Épigraphie
Grecque et Latine (AIEGL),
del Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Sassari,
del Dipartimento di Storia Antica dell’Alma Mater Studiorum di Bologna
Un graffito greco arcaico
da Olbia
di Rubens D’Oriano e Giovanni Marginesu *
Olbia arcaica
di Rubens D’Oriano
Una delle più stimolanti acquisizioni degli ultimi anni sull’età preromana in Sardegna è certamente il progressivo chiarirsi del problema delle fasi più arcaiche
della città di Olbia. In questo ambito spicca ora, quale evidenza ricca di importanti – e per certi aspetti decisive – implicazioni, un graffito greco su una kotyle
di produzione corinzia rinvenuta in quello che è ad oggi l’unico contesto archeologico non disturbato dell’intera fase arcaica della città.
Questa rilevanza del documento epigrafico ha consigliato la sua celere edizione – anticipandola a quella dello scavo –, che necessita però di un’adeguata
contestualizzazione per gli studiosi di epigrafia che, per occuparsi di questo
aspetto peculiare degli studi di antichistica, possono non essere aggiornati sullo
stato delle conoscenze attorno a Olbia greca. Poiché nelle pagine che seguono,
concepite a questo unico scopo, per ovvi motivi di opportunità e di brevità è possibile solo sunteggiare il panorama della questione, è giocoforza rimandare a
quanto finora edito, quando non a scavi ancora in studio, per gli aspetti di dettaglio e per i documenti materiali .
Fino a quindici anni or sono, la notizia tramandata dalle fonti letterarie circa la “fondazione” di Olbia da parte di Tespiesi e Ateniesi guidati da Iolao (classica fra tutte Pausania, X, , ) era priva di riscontro archeologico, conoscendosi solo la colonia punica di seconda metà IV secolo a.C.
Dalla metà degli anni Novanta, invece, il ritrovamento di materiali seriori e
la loro individuazione tra i reperti di scavi precedenti iniziano a profilare un quadro che si può così riassumere.
* Foto di Enrico Grixoni, disegno di Giovanni Sedda. Il difficoltoso restauro della kotyle è stato condotto da Gonaria Demontis. Si ringrazia Giovanna Pietra, che ha diretto sul campo lo scavo
da cui proviene il reperto oggetto di questo lavoro, per avere messo a disposizione le sue scoperte.
. La quasi totalità dei dati qui riassunti compare in R. D’ORIANO, I. OGGIANO, Iolao ecista di
Olbia: le evidenze archeologiche tra VIII e VI sec. a.C., in P. BERNARDINI, R. ZUCCA (a cura di), L’Isola
di Herakles. Atti del Convegno, Roma , pp. -, o deriva da successive ricerche ancora inedite e dalle loro valutazioni. Cfr. anche R. D’ORIANO, Elementi di urbanistica di Olbia fenicia, greca
e punica, in Atti del Convegno «Phönizisches und punisches Stadtwesen», Roma - febbraio , in
corso di stampa e ID., Indigeni, Fenici e Greci a Olbia e nella Sardegna nord-orientale, in Atti del Convegno «I Nuragici e gli Altri», Villanovaforru - dicembre , in corso di stampa.
RUBENS D ’ ORIANO
/
GIOVANNI MARGINESU
Tra la seconda metà dell’VIII e il terzo quarto del VII secolo sono presenti nell’area che diverrà l’abitato punico (e due documenti provengono dal territorio)
solo materiali fenici, dispersi in uno spazio di circa ettari (la città punica ne
occuperà ) e provenienti tutti da contesti recenziori in qualità di residui. A
causa del quotidiano magmatico succedersi dei ritrovamenti, determinato dalla
totale sovrapposizione della città moderna su quella antica, che comporta un’intensa attività di scavi di salvataggio, è stato finora possibile pubblicare solo i materiali acquisiti fino al ; degli abbondanti rinvenimenti dell’area dell’ex
mercato – uno dei più vasti lavori pubblici mai effettuati a Olbia e perciò una
delle più ampie aree mai indagate – si è fornito un primo quadro riassuntivo a
scavo iniziato , ma il dato finale sui reperti fenici ammonta a più del doppio di
quanto lì elencato.
Circa l’articolazione dell’insediamento, si è proposta l’ubicazione dell’approdo, di un santuario di Melqart sulla bassa acropoli, di un sacello di Ashtart
presso l’approdo e di una connessione “viaria” tra questi ultimi due ; per i due
templi non esistono ancora evidenze archeologiche e la proposta della loro esistenza si basa su quanto noto per le fasi greca, punica e romana e per quello di
Melqart in particolare anche sulla connessione con questa divinità del mitico
ecista Iolao.
Non ci si sofferma qui sul problema della natura di questo insediamento fenicio (urbano, emporico, semplice scalo ecc.) né sullo sfondo storico-culturale
sul quale la sua nascita si proietta e si giustifica, vista la funzione specifica di questo contributo come sopra enunciata .
Si datano invece dal a.C. circa i materiali greci più antichi, che da subito sostituiscono completamente quelli fenici fino alla fine del VI secolo a.C. Anche per essi si tratta di residui in strati recenziori, la superficie di dispersione è
analoga a quella dei reperti fenici fin dal e anche in questo caso quelli provenienti dallo scavo dell’ex mercato sono ben più abbondanti di quanto a suo
tempo indicato a inizio scavo .
Pure l’articolazione dell’insediamento ricalca quella di fase fenicia, e ai due
luoghi di culto, che ora dovremmo denominare di Afrodite ed Eracle (per il quale è pleonastico richiamare la ancora più stretta contiguità con Iolao), si possono ascrivere documenti materiali .
. Visualizzazione comparata di queste superfici in D’ORIANO, Elementi di urbanistica, cit.
. Cfr. supra, nota .
. Cfr. supra, nota e R. D’ORIANO, I Serdaioi da Olbia?, «PP», CCCXL, , pp. ss.
. Approfondimenti su questi aspetti (rispetto a quanto edito in D’ORIANO, OGGIANO, Iolao
ecista, cit.) in D’ORIANO, Elementi di urbanistica, cit. Per il sacello della divinità femminile cfr. ID.,
Euploia. Su due luoghi di culto del porto di Olbia, «Sardinia, Corsica et Baleares Antiquae», II, ,
pp. -; in quel lavoro l’esistenza di un luogo di culto di Ashtart-Afrodite-Venere sul porto prevedeva la presenza, forse solo dall’età romana, di un antistante tempio gemello, le cui evidenti tracce
sono state rinvenute nell’ottobre , contribuendo così a dare corpo al complesso della proposta.
. Per approfondimento cfr. D’ORIANO, Indigeni, Fenici e Greci, cit.
. Cfr. supra, nota .
. D’ORIANO, OGGIANO, Iolao ecista, cit., pp. , note -, , nota , ; D’ORIANO, Euploia,
cit., pp. e ; ID., Chiesa di San Paolo. Il santuario urbano, «Bollettino di Archeologia», XLVIXLVII, , p. ; ID., Elementi di urbanistica, cit.
UN GRAFFITO GRECO ARCAICO DA OLBIA
Le differenze dell’insediamento greco rispetto al precedente riguardano allo stato la dimensione quantitativa dei documenti: il materiale è di certo più abbondante e più fittamente ricorrente nella trama spaziale. Se questo dato non dipende dalla causalità delle scoperte e sarà quindi confermato da quelle future,
se ne potrebbe inferire una presenza greca più consistente di quella fenicia.
In forza anche del poleonimo di chiara e comunemente accettata origine ionica, si è già proposto a suo tempo di inquadrare questo avvicendamento dei
Greci rispetto ai Fenici a Olbia nell’ambito di una precoce proiezione focese nel
Mediterraneo occidentale circa un trentennio prima della fondazione della stessa Massalía. La destabilizzazione che l’espansionismo assiro determinò per le
città fenicie di madrepatria potrebbe aver avuto ripercussioni negative in un insediamento come Olbia – il più decentrato rispetto al mondo coloniale d’Occidente, quasi un anello debole della catena – e di queste difficoltà (note nell’Egeo da mercanti adusi al Tirreno) possono avere approfittato i Focei, sottoposti
a loro volta alla pressione lidia, per una prima attestazione in un’area di tanto
strategica “cerniera” al punto di tangenza tra le sfere dell’universo fenicio occidentale a sud-ovest, quello etrusco a nord-est e quello greco coloniale già consolidato a sud-est, e che si rivelò in breve torno di tempo ideale punto di passaggio e chiave di volta per l’accesso al Nord-Est celtico, da qui meglio conoscibile . Questo approccio interpretativo potrebbe tra l’altro motivare quella che
per ora appare come la maggiore incidenza della presenza greca a Olbia rispetto a quella fenicia – e quindi magari le notizie delle fonti sulla “fondazione” greca – quale risultato di un’attestazione di tipo più “coloniale” rispetto a un insediamento precedente di carattere maggiormente “emporico”, con tutte le cautele del caso nell’uso di entrambi questi aggettivi e sempre sottolineando la natura indiziaria e provvisoria di questa interpretazione.
Sempre nella direzione di una connotazione etnico-culturale ionica e focese dell’Olbia greca andrebbe altresì la possibilità che i suoi abitanti siano i Serdaîoi della celebre iscrizione di Olimpia, prospettata in altre sedi .
E siamo giunti così al rinvenimento del quale fa parte la coppa con il graffito oggetto di questo contributo: il ° marzo è stato finalmente individuato il primo contesto olbiese di fase arcaica, consistente nel riempimento
di una fossa sulla roccia vergine, in un’area centrale dell’insediamento (via
Cavour-angolo via Regina Elena), che vide successive presenze abitative puniche e romane d’età repubblicana. In esso sono stati raccolti: a) reperti non
identificabili perché non significativi e/o troppo frammentari ; b) otto frammenti di ceramica d’impasto non tornita o a tornio lento (probabilmente in. Cfr. supra, nota .
. Sull’ipotesi in generale cfr. D’ORIANO, I Serdaioi, cit.; sulle implicazioni “ioniche” di questa proposta cfr. D’ORIANO, OGGIANO, Iolao ecista, cit., p. .
. Frammento di parete d’anfora commerciale a leggero ingobbio crema, frammento di ansa
verticale a nastro di piccolo contenitore non identificabile, frammento di ansa orizzontale a bastoncello di contenitore non identificabile, frammenti di parete di contenitore chiuso acromo (anfora
commerciale?), vari frammenti di parete di contenitori acromi non identificabili, un grumo sferoidale di ossido di ferro, sei piccoli frammenti di bronzo, uno dei quali pertinente forse a un chiodo,
pochissimi frammenti di ossi forse di piccolo/i animale/i.
RUBENS D ’ ORIANO
/
GIOVANNI MARGINESU
digena) ; c) frammenti di difficile identificazione e/o ancora in studio ma di
produzione greca ; d) produzioni greche consistenti in numerosi frammenti di
un’anfora corinzia A, ampio frammento di un bacino corinzio, frammenti di orlo e vasca di una imitazione forse locale in ceramica acroma di una kotyle, una
porzione di coppa ionica B di accurata fattura decorata a filetti sulle superfici
interna ed esterna dell’orlo, un frammento di piede e vasca di una forma chiusa
corinzia con canonico decoro a raggi e infine i numerosi frammenti pertinenti la
kotyle di produzione corinzia in questione, la cui decorazione con teoria di stambecchi e civette con rosette la accosta a prodotti vicini a quelli del Polyteleia
Painter indicandone una cronologia di a.C. circa .
Naturalmente la kotyle è l’elemento datante del contesto perché quello di
più stretta cronologia, e la sua frantumazione in svariate piccole porzioni garantisce che ben difficilmente possa trattarsi di un residuo, sospetto che peraltro
non sussiste per nessuno degli altri reperti.
Alcuni dei materiali riconosciuti sono pertinenti all’ambito simposiaco e
perciò a un contesto sociale aristocratico, vista anche la qualità della kotyle, che
sembra essere ad oggi l’oggetto corinzio più prestigioso della Sardegna. In funzione dell’esegesi del graffito, va sottolineato che in ogni caso non sussistono elementi nella direzione di una pertinenza votiva dei reperti.
Questo contesto di via Cavour anzitutto fuga ogni dubbio, qualora ancora ve
ne fossero, circa la connotazione greca di Olbia attorno al a.C., che diviene
così inequivocabile perché i documenti in esso raccolti sono di tale ambito culturale, mentre sono assenti materiali fenici. A questo proposito è significativo che
gli unici pezzi non riconducibili ad ambito greco siano pochi frammenti di ceramica probabilmente indigena i quali, a prescindere dal significato che possono rivestire sull’esistenza di rapporti tra i Greci dell’insediamento e il mondo locale e
che saranno trattati in altra sede , ben mostrano come, qualora fosse esistita nell’Olbia del a.C. anche una componente fenicia non irrisoria, pure di essa
avremmo dovuto trovare traccia in questo contesto. Esso quindi si pone a con. Cinque frammenti di parete, un fondo indistinto, un orlo svasato a labbro indistinto (coppa?) e un orlo verticale forse di olletta.
. Frammenti della parte inferiore di una probabile olpe con fascia di vernice rosso-bruna (probabilmente ionica), due frammenti di parete di anfora commerciale con scialbatura di vernice bruna sottile diluita e la porzione inferiore di una banda di vernice nera con filetto rosso (SOS?), due
frammenti di parete d’anfora (forse commerciale) con sottile fascia di vernice nera, piccolo frammento di parete d’anfora commerciale con superficie (ingobbio? vernice opaca?) grigio scuro, due
frammenti di parete a spessore sottile di forma aperta con parte di ampia banda esterna a vernice
nera opaca (“black kotyle” corinzia?).
. Per il pittore cfr. H. PAYNE, Necrocorinthia, Oxford , tav. ; discussione in D. A. AMYX,
P. LAWRENCE, Archaic Corinthian Pottery and the Anaploga Well. Corinth VII, Part II, Princeton ,
pp. -, nota e in D. A. AMYX, Corinthian Vase-Painting of the Archaic Period, Berkeley . In
particolare si vedano opere vicine al pittore stesso quali A. NEWHALL STILLWELL, J. L. BENSON, The
Potters Quarter. Corinth XV, III, Princeton , tav. , nota ; cfr. anche AMYX, Corinthian VasePainting, cit., p. , con altri confronti. Devo queste indicazioni per la classificazione della kotyle all’amicizia di Mario Iozzo, principiata durante le primissime comuni esperienze di scavo a Olbia durante le quali, con Gianni De Tomaso e Francesca Galli e sotto l’egida di Roberto Caprara, sognavamo il ritrovamento, prima o poi, di documenti dell’allora ancora “mitica” Olbia greca.
. D’ORIANO, Indigeni, Fenici e Greci, cit.
UN GRAFFITO GRECO ARCAICO DA OLBIA
ferma, importante in quanto derivante da un’evidenza stratigrafica, del quadro
fornito in precedenza dai reperti decontestualizzati, e non pare illegittimo in forza di ciò dilatare questa conferma a tutta quella che è stata indicata coma le fase
greca dell’insediamento, cioè da circa il alla fine del VI secolo.
Giunti a questo punto, è ben comprensibile la straordinaria importanza dei
dati epigrafici del graffito che è occasione di questo lavoro.
Anzitutto, l’esclusione della pertinenza dell’alfabeto ad ambito corinzio mostra che l’attuale preponderanza a Olbia di reperti corinzi (soprattutto anfore
commerciali Koheler A) nella fase più antica dell’insediamento tra -inizi VI
secolo (ma sono attestate anche anfore chiote e attiche SOS e ora i materiali ionici di via Cavour) non implica di necessità la loro dipendenza, e quindi quella
del centro greco di Olbia, da una compagine etnico-culturale della stessa estrazione, trattandosi inoltre per lo più di prodotti di ampia circolazione mediterranea veicolati da molti diversificati vettori.
Passando poi al tentativo di individuare il tipo di alfabeto, il collega epigrafista propone un ventaglio di possibilità che va da Siracusa all’Attica e alla Ionia,
concludendo con l’avvertenza che «circostanziare il dato non è tuttavia cauto».
Ebbene, sottolineando la distinzione delle rispettive competenze specialistiche e
quindi delle derivanti responsabilità scientifiche, l’archeologo ritiene invece che si
possa fare un passo in più, considerando il contesto storico e geografico del rinvenimento: dei tre ambiti suggeriti, quello siracusano e quello attico non sono certo candidati ideali per immaginarne un coinvolgimento in un insediamento greco
in questa area geografica e in questa fase cronologica, mentre il mondo ionico era
stato proposto per tale ruolo già prima del rinvenimento della kotyle iscritta .
Sarà invece da attribuire probabilmente al caso se anche le aree di diffusione degli antroponimi correlabili a quello attestato sulla nostra coppa, che sarebbe l’attestazione più antica del gruppo ascrivendosi gli altri al V-IV secolo, non
propongono elementi in contraddizione con quanto ora osservato e anzi, trattandosi dell’Attica, Siracusa, Melo, Samo e la Doride, paiono riproporre sostanzialmente le opzioni già discusse.
Enormi implicazioni avrebbe poi l’eventualità che l’antroponimo del possessore della kotyle possa ispirarsi in qualche modo a quello dell’ecista di Olbia
Iolao, ma è bene ricordare che questa lettura non ha i caratteri dell’evidenza filologica, ma è solo una delle possibilità.
In ogni caso, va sottolineato come tutti i dati che il contesto di via Cavour restituisce vadano nella direzione già tracciata prima del suo rinvenimento, ponen-
. Sulla base della preponderanza del materiale corinzio nella fase più antica di Olbia greca, recentemente M. RENDELI, Gli Etruschi tra Oriente e Occidente, in M. GIANGIULIO (a cura di), Storia
d’Europa e del Mediterraneo. Il mondo antico. II. La Grecia. III. Grecia e Mediterraneo dall’VIII sec. a.C.
all’Età delle guerre persiane, Roma , pp. -, in particolare p. , nota ha proposto che l’arrivo di Demarato in Etruria possa essere stato preceduto da «una breve ma intensa tappa a Olbia»,
precisando che «questo passaggio da Olbia, o da quel centro che poi avrà nome Olbia, potrebbe essere decisivo per risolvere le presunte aporie fra la data di abbandono di Corinto da parte di Demarato e quella di arrivo in Etruria». A prescindere dall’osservazione che la vicenda di Demarato e il
contesto nel quale si iscrive non paiono consoni con la nascita di un insediamento proprio, le osservazioni esposte nel testo derivanti dall’analisi del graffito – ovviamente ignoto allo studioso – escludono tale eventualità. Ulteriori valutazioni in D’ORIANO, Indigeni, Fenici e Greci, cit.
RUBENS D ’ ORIANO
/
GIOVANNI MARGINESU
dosi quindi come un riscontro positivo anche sul piano del percorso metodologico
ed epistemologico che l’interpretazione dei dati su Olbia arcaica va percorrendo.
Un’ultima precisazione è doverosa. Come si vedrà nel prossimo paragrafo,
l’epigrafista ha ritenuto di introdurre, contestualizzando il dato epigrafico nel
complesso della documentazione archeologica di Olbia arcaica, alcune cautele
circa questioni che per chi scrive sono invece assodate, con particolare e rilevante riguardo alla pertinenza greca dell’insediamento tra e fine VI secolo. Il
disaccordo tra le due posizioni è sensibile, ma è corretto e sano che così sia, perché il processo e il progresso scientifico sono esito, come è ben noto, del confronto dialettico anche frontale sull’interpretazione dei dati disponibili; parafrasando il celeberrimo finale di Deadline USA di R. Brooks (), affidato alle
parole di Ed Utcheson-Humphrey Bogart: «That’s the science (press) baby, and
there’s nothing you can do about it».
Olbia. Via Cavour. Kotyle corinzia con graffito.
FIGURA
UN GRAFFITO GRECO ARCAICO DA OLBIA
Olbia, iscrizione vascolare (circa a.C.)
di Giovanni Marginesu
Iscrizione redatta in direzione progressiva, graffita sulla parete esterna di una kotyle corinzia con tratto pedestre e poco profondo. Si leggono sei lettere. La prima è theta, con
la croce iscritta in tratti interni obliqui. Seguono epsilon, con sporgenza in basso del primo tratto e resa obliqua delle aste orizzontali; omicron graffito con circonferenza irregolare. La quarta lettera si presenta come lambda, con spigolo in alto. La quinta lettera è
omicron, la cui resa, assai irregolare, è forse condizionata dall’incisione pedestre. Lo scritto termina con un sigma triskeles:
Il marcato arcaismo della scrittura è evidente, specie nella redazione dell’epsilon
con l’asta verticale prolungata verso il basso e i tratti orizzontali obliqui e nel theta con croce iscritta. La mano del redattore tradisce imperizia, e ciò traspare dall’incertezza dei tratti circolari del theta e dalla difformità dei due omicron , nonché dall’ordinamento delle lettere, specie per ciò che concerne l’affollamento dei
primi tre segni. La direzione scrittoria è già progressiva. La datazione, posta intorno al , in ragione del supporto ceramico, si accorda con la caratterizzazione paleografica dello scritto.
La scrittura locale non è certo corinzia: è adoperato, fra l’altro, il sigma a tre
tratti , perciò la kotyle non dovette essere graffita nel luogo in cui fu prodotta,
ma altrove. A sua volta, il lambda con lo spigolo in alto rende difficile l’identificazione di un alfabeto calcidese . Le possibili attribuzioni restano tuttavia molteplici. Il secondo alfabeto siracusano, affermatosi a partire dal terzo decennio
del VII secolo, potrebbe essere compatibile con i segni della kotyle, anche se il
sigma a quattro tratti è forma più comune di quello triskeles . L’Attica potrebbe fornire un punto di riferimento, nonostante il lambda con il tratto in alto non
sia diffusissimo . In Ionia il lambda con il tratto in alto compare più di frequente
e non mancano anche gli altri segni qui presenti . Dunque, escluse, anzitutto,
le località in cui fosse adottato il san, non poche potrebbero essere quelle il cui
alfabeto locale è riprodotto nel cimelio olbiense.
. Un caso simile di difforme resa della stessa lettera, all’interno di un medesimo scritto, è attestato in un’epigrafe magnogreca da Pontecagnano (- circa). Cfr. M. L. LAZZARINI, Un’iscrizione greca di Pontecagnano, «Rivista italiana di Filologia classica», CXII, , pp. - e M. GUARDUCCI, L’epigrafia greca dalle origini al tardo Impero, Roma , pp. -.
. A Corinto è adottato il san. Cfr. M. GUARDUCCI, Epigrafia greca, vol. I, Roma , pp. -.
. EAD., L’epigrafia greca dalle origini, cit., pp. -.
. L. H. JEFFERY, The Local Scripts of Archaic Greece, revised edition with a supplement by A.
W. Johnston, Oxford , p. ; GUARDUCCI, Epigrafia greca, vol. I, cit., pp. -; L. DUBOIS, Inscriptions grecques dialectales de Sicile, Roma , pp. -.
. H. R. IMMERWAHR, Attic Script. A Survey, Oxford , pp. -.
. GUARDUCCI, Epigrafia greca, vol. I, cit., pp. -.
RUBENS D ’ ORIANO
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GIOVANNI MARGINESU
La sequenza riproduce il nome di persona maschile Yeolow, non altrimenti noto. In alternativa, il nome potrebbe presentarsi con una comune aplografia della geminata ed essere letto Yéol(l)ow . Esiste anche la possibilità che si tratti di una
scrittura abbreviata, sul modello di quelle studiate da R. Wachter, da trascrivere
Yeól(a)ow . Gli ultimi due antroponimi sono ben attestati. In Attica, Yéollow è
segretario dei tesorieri di Atena nell’anno / ; il nome compare inoltre in una
base rinvenuta al Ceramico di Atene (IV secolo a.C.) e in un epitafio da Salamina . Esiste poi un Yéollow siracusano (IV secolo a.C.) . Si conosce anche la variante con terminazione patronimica Yeollídhw, portata da un ateniese dedicante
a Demetra e Kore nel IV secolo a.C. . Yeólaow è cleruco e buleuta a Samo (IV secolo a.C.) ; lo stesso nome è attestato in Doride a Erineos . Proprio in Yeólaow
è trasparente la composizione da yeów e láow; entrambi elementi di frequente impiego nell’onomastica . Non è perspicuo se Yéollow abbia la stessa etimologia; la
questione è controversa: alla convinzione di A. Fick , seguirono le riserve di F. Bechtel («ohne erkennbare Beziehung») . La diffusione di entrambi gli antroponimi
è notevole e la presente attestazione risulta la più antica sinora documentata.
L’aspetto onomastico merita una riflessione. A ben vedere, l’antroponimo in
esame potrebbe risultare composto da theos e laos. Come è noto dalle fonti, la fondazione della Olbia greca in Sardegna sarebbe da attribuirsi all’ecista Iolao (Pausania X, , ) . È risaputo come, specie nelle realtà coloniali, l’onomastica possa es. Per l’aplografia della geminata cfr. C. D. BUCK, The Greek Dialects, Chicago , p. .
. R. WACHTER, Abbreviated Writing, «Kadmos», XXX, , pp. -. I casi nei quali dopo il
lambda non siano annotati degli alpha sono elencati alle pp. -.
. IG I .; .; .; .; .; .; .. Cfr. M. J. OSBORNE, S. G. BYRNE (eds.),
A Lexicon of Greek Personal Names, vol. II, Attica, Oxford , p. .
. F. WILLEMSEN, Grab- und Weihinschriften, «AM», LXXXV, , pp. -, in particolare
pp. -; OSBORNE, BYRNE (eds.), A Lexicon of Greek Personal Names, vol. II, cit., p. .
. I. DEKOULAKOU, «Archaiologhikon Deltion», XLI, , p. ; SEG XL, , ; J. S. TRAILL,
Persons of Ancient Athens, vol. IX, Toronto , p. . Il documento è datato all’età ellenistica da
Osborne e Byrne; al - da Stroud in SEG XL, , seguito da Traill.
. G. MANGANARO, Nuove tavolette di piombo inscritte siceliote, «PP», LII, , pp. -, in
particolare p. ; P. M. FRASER, E. MATTHEWS (eds.), A Lexicon of Greek Personal Names, vol. III.A,
The Peloponnese, Western Greece, Sicily and Magna Graecia, Oxford , p. .
. TRAILL, Persons of Ancient Athens, vol. IX, cit., p. ; OSBORNE, BYRNE (eds.), A Lexicon of
Greek Personal Names, vol. II, cit., p. .
. TRAILL, Persons of Ancient Athens, vol. IX, cit., p. ; OSBORNE, BYRNE (eds.), A Lexicon of
Greek Personal Names, vol. II, cit., p. .
. D. ROUSSET, Les Doriens de la Métropole. Nouveaux documents épigraphiques et prosopographie, «BCH», CXIV, , pp. -, in particolare p. , nota ; P. M. FRASER, E. MATTHEWS (eds.),
A Lexicon of Greek Personal Names, vol. III.B, Central Greece: From the Megarid to Thessaly, Oxford
, p. .
. Per i nomi desinenti in -laos cfr. F. BECHTEL, Die historischen Personennamen des Griechischen bis zur Kaiserzeit, Halle , pp. -; per quelli con il primo elemento Theo- cfr. ivi, pp. . Ancora sulla frequenza di -laos nei composti onomastici cfr. P. CHANTRAINE, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, Paris , pp. -.
. A. FICK, Die Griechischen Personennamen, Göttingen , p. .
. BECHTEL, Die historischen Personennamen, cit., p. . Potrebbe avere una relazione con gli
antroponimi anche Yeólaw (noto a Melo), cfr. IG XII, , . P. M. FRASER, E. MATTHEWS (eds.), A
Lexicon of Greek Personal Names, vol. I, The Aegean Islands, Cyprus, Cyrenaica, Oxford , p. .
. Le fonti relative a Olbia sono raccolte e discusse da A. MASTINO, Olbia in età antica, in A.
MASTINO, P. RUGGERI (a cura di), Da Olbìa ad Olbia. anni di storia di una città mediterranea. Atti del Convegno internazionale di studi. Olbia, - maggio , Sassari , pp. -.
UN GRAFFITO GRECO ARCAICO DA OLBIA
sere talora ispirata alle tradizioni ecistiche e ai miti di fondazione. Tutto ciò sarebbe
certo allettante; tuttavia, esistono troppe difficoltà, a prescindere dalla improbabile
esistenza di un centro greco in terra sarda e dalle congetture sul momento in cui le
tradizioni su Iolao si siano andate formando . Le aporie d’ordine onomastico riguardano Theollos, ma anche per Theolaos sussisterebbero dei dubbi, considerata
la frequenza di -laos nei composti onomastici e la diffusione dell’antroponimo.
Uno dei problemi maggiori che riguardano l’interpretazione del documento
verte sopra l’uso che della scrittura dovette fare l’autore del graffito, un individuo
apparentemente in possesso di una padronanza elementare dello strumento grafico e della capacità di produrre brevi scritti . La questione determinante è anzitutto quella formulare. L’epigrafe, riproducendo un antroponimo al nominativo,
può esprimere o la dedica dell’oggetto o la dichiarazione di possesso, dovendosi
in via preliminare escludere la notazione commerciale e la firma dell’artefice . Dediche espresse con la formula stringata del solo nome dell’offerente non sono rare e si trovano anche sui vasi rinvenuti a Perachora (DVA , VI secolo); Epidauro (DVA , V secolo); Olimpia (DVA , V secolo); Cabirio di Tebe (DVA ,
V secolo) . Nel caso delle epigrafi possessorie, il nome del proprietario poteva essere reso o al genitivo, seguito da e†mí con la nota formula dell’oggetto parlante ,
oppure, più raramente, al nominativo . Il nominativo era anche usato, in testi più
complessi, a indicare l’originario possessore del vaso, nel momento in cui faceva
dono dello stesso a un terzo, indicato al dativo ; oppure poteva essere seguito da
una forma del verbo gráfein, a sottolineare l’orgoglioso uso della scrittura .
Considerata la cornice di riferimento, è solo più probabile si tratti di una
scrittura possessoria piuttosto che votiva, non essendovi certezza sulla destinazione dell’oggetto, sull’impiego all’interno di situazioni e/o rituali particolari.
Per di più, alla generale problematica della definizione funzionale dello scritto,
spesso laconico e passibile di una esegesi controvertibile , nel caso specifico se
ne aggiunge un’altra. S’ignora la storia arcaica del sito, venuto alla luce dagli
. L. BREGLIA PULCI DORIA, La Sardegna arcaica e la presenza greca: nuove riflessioni sulla tradizione letteraria, in P. BERNARDINI, R. ZUCCA (a cura di), Il Mediterraneo di Herakles. Studi e ricerche, Roma , pp. -, con bibliografia precedente.
. Sui diversi livelli di alfabetizzazione cfr. lo studio generale di R. THOMAS, Literacy and Orality in Ancient Greece, Cambridge .
. Essa ovviamente sarebbe stata dipinta prima della cottura. F. VILLARD, L’apparition de la signature des peintres sur les vases grecs, «REG», CXV, , pp. -. Si deve anche escludere la possibilità che il coccio sia stato iscritto dopo la rottura del vaso, insistendo l’epigrafe nel mezzo di una
frattura del vaso stesso.
. M. L. LAZZARINI, Le formule delle dediche votive nella Grecia arcaica, «Memorie dell’Accademia nazionale dei Lincei», XIX, , pp. -; EAD., Iscrizioni votive greche, in Anathema, pp. -.
. M. BURZACHECHI, Oggetti parlanti nelle epigrafi greche, «Epigraphica», XXIV, , pp. -;
J. SVENBRO, Phrasikleia. Anthropologie de la lecture en Grèce ancienne, Paris , pp. -.
. M. GUARDUCCI, Epigrafia greca, vol. III, Roma , pp. -. Come utile confronto si veda il materiale dell’agora di Atene raccolto da M. LANG, Graffiti and Dipinti, Princeton , p. ,
dove fra gli owner’s marks su casi al genitivo se ne registrano in nominativo.
. GUARDUCCI, Epigrafia greca, vol. III, cit., pp. -.
. Ad esempio EAD., Epigrafia greca, vol. I, cit., p. .
. È un problema che si incontra anche altrove, cfr. ad esempio F. CORDANO, L’uso della scrittura in Italia meridionale ed in Sicilia nei secoli VIII e VII a.C., «Opus», III, , pp. -.
RUBENS D ’ ORIANO
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GIOVANNI MARGINESU
scavi urbani nella moderna Olbia. In generale, la scarsa consistenza delle evidenze fenicie nel sito all’epoca della produzione del graffito, stando all’opinione di Rubens D’Oriano, mette in dubbio la continuità dell’insediamento fenicio, e nella vasta zona d’ombra può, sempre nell’opinione dello studioso, porsi una parentesi in cui la presenza greca si facesse più consistente . Le difficoltà
poste da una simile linea interpretativa, legate essenzialmente alla natura delle
attestazioni ceramiche, di per sé rare e certamente talora non decisive nella determinazione etnica, non consentono di accogliere le «novità» relative alla forma istituzionale dell’abitato, alla sua popolazione, alla matrice culturale delle
esperienze politiche lì vissute.
L’incertezza formulare impone un’interpretazione del documento tanto
cauta quanto aperta alle diverse ipotesi. Parlare di una dedica votiva, ancorché
di uno scritto che appartenga al mondo del simposio, non significa solo porre
due «alternative formulari». L’impiego rituale di una kotyle greca in un abitato
fenicio assume un significato diverso dal suo uso in ambito greco, così come l’espressione della commensalità è sottoposta a varianti che devono essere necessariamente comprese; ne consegue che la matrice funzionale del graffito compartecipa della stessa ambiguità.
Del resto, lasciare aperte tutte le possibilità esegetiche significa ritornare a
un ambito interpretativo, forse più modesto, ma almeno plausibile, che fa riferimento al ruolo della Sardegna nord-orientale quale snodo di rotte ben note che
portano tra l’altro alla Francia meridionale e alla Spagna. Un debole frammento di quelle frequentazioni potrebbe rintracciarsi nella nesonomia greca attribuita a località dell’area studiata . Tutto ciò significherebbe comunque postulare la permeabilità dell’insediamento fenicio arcaico di Olbia rispetto a processi di mobilità arcaica già ben illustrati. Nello stesso senso, il documento in esame potrebbe sortire da un contesto di scambi e relazioni, rubricabile sotto il concetto di “commercio arcaico”, quale espressione di contatti fra membri di grup-
. R. D’ORIANO, I. OGGIANO, Iolao ecista di Olbia: le evidenze archeologiche tra VIII e VI secolo a.C., in BERNARDINI, ZUCCA (a cura di), Il Mediterraneo di Herakles, cit., pp. -.
. M. LOMBARDO, Pratiche di commensalità e forme di organizzazione sociale nel mondo greco: symposia e syssitia, «ASNP», XVIII, , pp. -. Per la complessità del rapporto fra scrittura e simposio cfr. ad esempio L. BAURAIN-REBILLARD, Les vases «communicants» à Athènes, des
offrandes de l’Acropole aux premiers banquet sur l’Agora, «Ktema», XXIII, , pp. -. Cfr. anche F. DE POLIGNAC, Usages de l’écriture dans les sanctuaires du haut archaïsme, in V. DASEN, M.
PIÉRART (a cura di), Idia kai demosia. Les cadres «privés» et «publics» de la religion grecque antique, Liège , pp. -. Un caso interessante al proposito può essere quello di Kommos: E. CSAPO, An International Community of Traders in Late th-th c. BC. Kommos in Southern Crete, «ZPE»,
LXXXVIII, , pp. -; ID., A Postscript to «An International Community of Traders in Late th-th
c. BC», «ZPE», XCVI, , pp. -.
. R. ZUCCA, I Greci e la Sardegna in età arcaica, in Etruria e Sardegna centro-settentrionale tra
l’età del bronzo e l’arcaismo. Atti del XXI Convegno di studi etruschi e italici, Sassari , Pisa-Roma
, pp. -; P. RUGGERI, L’isola di Fintone. Marineria, commercio greco e naufragi nello stretto di
Taphros tra Sardegna e Corsica, in EAD., Africa ipsa parens illa Sardiniae. Studi di storia antica ed epigrafia, Sassari , pp. -, con bibliografia precedente. A ragione BREGLIA PULCI DORIA, La Sardegna arcaica, cit., p. , ribadisce che la toponimia potrebbe essere il retaggio di «una buona conoscenza delle rotte» che passavano per l’area, ovviamente da parte dei Greci, piuttosto che la prova
di una qualche forma di colonizzazione.
UN GRAFFITO GRECO ARCAICO DA OLBIA
pi diversi che, ancora al di là di una concezione stricto sensu economica della
transazione, avviano una circolazione di beni e di idee .
A ragione, nell’ambito dell’imponente vettore è stata inserita anche la scrittura, non necessariamente esprimente transazioni commerciali, ma più plausibilmente connessa a pratiche di comunicazione e di ostentazione dello strumento alfabetico . La ricchezza dei commerci marittimi, emersa specie dai carichi affondati in naufragi, rappresenta il migliore paradigma delle espressioni
multiformi del commercio arcaico, ed è per la stessa ragione che neanche la nostra kotyle, con la presenza di un antroponimo su un vaso corinzio intorno al
in un luogo periferico nel Mediterraneo arcaico, deve indurre a conclusioni sui
vettori del commercio: si ricordi l’esempio più celebre, quello della coppa di Nestore, scrittura calcidese graffita sopra una coppa rodia .
Le indagini sul ruolo di Olbia nel commercio arcaico e il potenziale documentale del graffito devono fare i conti con una più ampia verifica contestuale:
le lacune sono tuttavia più forti delle suggestioni che emergono dalla riflessione
sull’evidenza epigrafica, ad esempio relativamente alle modalità acquisitive del
bene, che possono aver coinvolto esperienze diverse, dallo scambio puro e semplice ad altre attività come quelle che interessano il prelievo di beni in luoghi di
sosta o in spazi nodali della navigazione, non necessariamente controllati da
Greci, ma anche possibilmente da genti indigene .
Se ciò fosse vero, si determinerebbe l’incidenza del documento in un quadro notevole, anche se poco frequentato. Per ovvie ragioni, legate essenzialmente alla trasmissione in Grecia del sillabario fenicio, è stata studiata in maniera puntuale la presenza di scritture fenicie in centri greci, sin dalle fasi più alte cui risale la documentazione . Ben diverso è il caso contrario, quello della dif. A. MELE, Il commercio greco arcaico. Prexis ed emporie, Napoli . Recente rivisitazione
di M. GIANGIULIO, Avventurieri, mercanti coloni mercenari. Mobilità umana e circolazione di risorse
nel Mediterraneo arcaico, in S. SETTIS (a cura di), I Greci, vol. II, Una storia greca, tomo , Formazione, Torino , pp. -. Fondamentali sotto il profilo metodologico, per comprendere la strutturazione spaziale ed economica dei centri coinvolti nel commercio arcaico, restano C. AMPOLO, Tra
empòria ed emporìa: note sul commercio greco in età arcaica e classica, in Apoikia. Scritti in onore di
Giorgio Buchner, Napoli , pp. -; E. GRECO, Pithekoussai: emporion o apoikia?, ivi, pp. -.
. M. LOMBARDO, Mercanti, transazioni economiche, scrittura, in M. DETIENNE, Sapere e scrittura in Grecia, Roma-Bari , pp. -. Cfr. anche A. W. JOHNSTON, The Extent and Use of Literacy: The Archaeological Evidence, in R. HÄGG (ed.), The Greek Reinassance of the Eighth Century
BC: Tradition and Innovation, Stockholm , pp. -; M. FARAGUNA, Commercio, scrittura, pratiche
giuridiche. Recenti studi sull’emporìa greca, «Dike», V, , pp. -.
. R. MEIGGS, D. LEWIS, A Selection of Greek Historical Inscriptions to the End of the Fifth
Century BC, Oxford , n. .
. Un caso molto complesso dei rapporti commerciali fra Greci e indigeni è restituito dal rinvenimento di Pech-Maho: Nomima II, n. . Cfr. H. RODRÍGUEZ SOMOLINOS, The Commercial Transaction of the Pech-Maho Lead. A New Interpretation, «ZPE», CXI, , pp. -; CH. PÉBARTHE, F. DERIEUX, La transaction du plomb de Pech-Maho, «ZPE», CXXVI, , pp. -; J.-C. DECOURT, Le plomb
de Pech Maho. Etat de la recherche , «Archéologie en Languedoc», XXIV, , pp. -; R. A.
SANTIAGO ALVÁRES, M. GARDEÑES SANTIAGO, Interacción de poblaciones en la antigua Grecia: algunos
ejemplos de especial interés para el derecho internacional privato, «Faventia», XXIV, , pp. -. Soprattutto cfr. C. AMPOLO, T. CARUSO, I Greci e gli altri nel Mediterraneo occidentale. Le iscrizioni greca ed etrusca di Pech-Maho: circolazione di beni, di uomini, di istituti, «Opus», XI-X, -, pp. -.
. A. M. BISI, Les plus anciens objets inscrits en phénicien et en araméen retrouvés en Grèce: leur
typologie et leur rôle, in C. BAURAIN, C. BONNET, V. KRINGS (éds.), Phoinikeia grammata. Lire et écri-
RUBENS D ’ ORIANO
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GIOVANNI MARGINESU
fusione della scrittura greca in ambito fenicio e punico. Un elemento che ha aggiunto nuovi interrogativi è dipeso dal rinvenimento a Mozia di un alfabetario
greco, inciso su un ostrakon e databile al V secolo . Si tratta, ovviamente, di una
situazione peculiare. In primo luogo, per le relazioni che Mozia intrattenne con
il mondo greco, certamente meglio documentate e più intense rispetto al caso di
Olbia, e anche per il fatto che la presenza di un alfabetario è traccia di acculturazione alfabetica , processo che un semplice graffito non dimostra. Ad ogni
modo, la circolazione di scrittura greca in ambito fenicio non sarebbe un hapax
né tanto meno sarebbe improbabile in un quadro di vivacità anche culturale.
La peculiarità del documento può essere evidenziata, anzitutto, rilevandone la caratteristica di unicum assoluto nel panorama epigrafico isolano, dove non
si registravano graffiti greci su supporto vascolare risalenti a età arcaica . Il materiale epigrafico in lingua greca sinora restituito, fatta eccezione per qualche caso dubbio , andava concentrandosi fra III e II secolo e poteva essere interpretato come un riverbero di fenomeni correlati e intrinseci alla romanizzazione, evidente specie nei centri portuali e in quelli esposti alla circolazione di individui
coinvolti in attività di commercio e a contatti di forte incidenza culturale .
La novità del rinvenimento, rispetto al pur variegato panorama epigrafico
isolano, è notevole, perché esso introduce il centro olbiense entro un circuito più
ampio. Mancano gli elementi che consentano di fornire una spiegazione circostanziata del graffito: esso riproduce un antroponimo greco redatto in una scrittura arcaica che potrebbe appartenere ad ambiti diversi, dall’Attica alla Ionia,
per non dire anche dell’Occidente greco. Il graffito non scioglie alcun dubbio:
si è tuttavia obbligati a prendere atto, sinora, dell’unicità di un documento epigrafico che attesta come il sito arcaico di Olbia ebbe la capacità di attrarre intorno al un oggetto iscritto in greco, e ora si deve registrare un piccolo segnale dei contatti, forse episodici e casuali, forse meglio radicati e motivati, del
centro sardo con quello che, molto latamente, potrebbe definirsi il mondo dell’emporie mediterranea, lasciando infine da parte i Serdaioi, che con Olbia niente ebbero a che vedere, come dimostra una consolidata e nutrita bibliografia.
re en Méditerranée, Namur , pp. -; M. L. LAZZARINI, Iscrizioni greche e mondo arcaico, in XI
Congresso internazionale di epigrafia greca e latina (Roma - settembre ), Roma , pp. ; EAD., Questioni relative all’origine dell’alfabeto greco, in F. CORDANO, G. BAGNASCO GIANNI (a
cura di), Scritture mediterranee tra il IX e il VII sec. a.C., Milano , pp. -.
. G. FALSONE, A. G. CALASCIBETTA, Un abecedario greco su un ostrakon di Mozia, in BAURAIN,
BONNET, KRINGS (éds.), Phoinikeia grammata, cit., pp. -.
. In generale, sulla questione cfr. G. BOFFA, La genesi dell’alfabeto greco come rapporto fra
maestro ed allievo, «Studi di Antichità», X, , pp. -.
. G. MARGINESU, Le iscrizioni greche della Sardegna: iscrizioni lapidarie e bronzee, in M. KHANOUSSI, P. RUGGERI, C. VISMARA (a cura di), L’Africa romana, XIV, Roma , pp. -.
. Il riferimento è all’epigrafe arcaica di Oristano, datata al VI secolo, cfr. SEG XXXVIII, ,
; MARGINESU, Le iscrizioni greche, cit., pp. -, con bibliografia precedente. È più plausibile
che l’iscrizione sia etrusca.
. A. MASTINO, Analfabetismo e resistenza: geografia epigrafica della Sardegna, in A. CALBI, A.
DONATI, A. POMA (a cura di), L’epigrafia del villaggio, Faenza , pp. -.