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Faust nel pensiero e nell'opera di A. Lunacarskij

2013

INTRODUZIONE FAUST NEL PENSIERO E NELL’OPERA DI ANATOLIJ V. LUNAČARSKIJ di Donatella Di Leo Nell’orizzonte letterario russo l’interesse per il Faust di J. W. Goethe (17491831) rinasce a cavallo dei secoli XIX e XX. Questo fenomeno non può essere pienamente inteso senza considerare il nuovo clima culturale, influenzato dalle grandi trasformazioni politiche e sociali1: il progresso economico favorito dall’industrializzazione, la formazione della coscienza della classe operaia, il risveglio dei contadini che reclamano il diritto di possedere la terra, costituiscono lo sfondo sul quale si innesta, in particolare, il socialismo rivoluzionario. La ragione della rivalutazione del Faust nel Novecento russo non si può comprendere, inoltre, se si rinuncia a tener conto della critica socialista introdotta da K. Marx e F. Engels che stabilisce un nuovo parametro di lettura delle opere2. Per la critica marxista il poema goethiano è suscettibile di una doppia interpretazione: da un lato riassume simbolicamente la storia della borghesia a partire dal Medioevo fino all’epoca moderna e crea nella sua azione finale ____________________________________ 1 Nel XIX secolo il Faust suscita una grande eco negli ambienti letterari, specialmente la prima parte dell’opera, tradotta in versi da E. Guber (1838), M. Vrončenko (1844) e A. Strugovščikov (1856), traduzioni per la verità intrise di modifiche a versi o a singole parole dell’originale che potevano risultare ostili all’ideologia imperiale. Queste traduzioni contengono soltanto una sintesi della seconda parte dell’opera, considerata estranea al gusto dell’epoca e piuttosto ostica per via dell’eccessivo simbolismo. Già all’inizio dell’Ottocento, tuttavia, sulle riviste letterarie russe erano apparse traduzioni di singole scene del Faust I, tra le quali è doveroso menzionare Posvjaščenie (Dedica) di V. A. Žukovskij (1783-1852), resa in versi tra il 1808 e il 1820, Prolog v teatre (Prologo in teatro, 1825) rielaborato da A. S. Griboedov (1795-1829) e Elena, klassiko-romantičeskaja fantasmagorija (Elena, fantasmagoria classicoromantica, 1827), tradotta dal tedesco da S. P. Ševyrëv (1806-1864). La censura nicolina vietò la pubblicazione del Faust nell’Impero russo, perché l’eroe, concepito essenzialmente in senso prometeico come colui che si ribella contro ogni tipo di dogmatismo e contro ogni principio di autorità, poteva risultare pericoloso e scandaloso in una società ancora sostanzialmente feudale. Se nella prima metà dell’Ottocento a destare l’attenzione del mondo letterario sono soprattutto quelle parti dell’opera che soddisfano il gusto romantico, nella seconda metà del secolo la critica di scuola realista, rappresentata da V. Belinskij (1810-1848), condanna l’individualismo faustiano esaltato dai romantici, perché non rispondente all’esigenza di denuncia delle misere condizioni sociali del paese. I realisti non potevano accettare un’opera che trascurava il problema sociale e con un eroe considerato solipsistico che sembrava non mostrare alcun interesse per la realizzazione del bene comune. Per questo, verso la fine del secolo, l’opera viene quasi completamente rifiutata, specialmente a motivo della seconda parte della tragedia, intessuta di incomprensibile e sterile allegoria. 2 A tal proposito è interessante notare che il 1878 accomuna la pubblicazione della traduzione russa del Capitale (1867) di K. Marx e della raccolta delle opere goethiane tradotte in russo, Sobranie sočinenij v perevodach russkich pisatelej (Raccolta delle opere nella traduzione di scrittori russi), redatta da N. Gerbel’, che comprende, per la prima volta, anche il Faust II nella versione di N. Cholodkovskij (cfr. I. V. GETE, Sobranie sočinenij v perevodach russkich pisatelej, 10 vv., a cura di N. GERBEL’, Tip. M. Stasjuleviča, Sankt-Peterburg 1878-1880). La concomitanza di queste due uscite non deve essere stata certo priva di conseguenze, visto che, emblematicamente, la riabilitazione della seconda parte della tragedia avviene appunto nell’ottica marxista-socialista, secondo la quale un prodotto artistico va valutato in base al suo significato ideologico, quale riflesso del momento storico, in rapporto alla dialettica materialistica di stampo hegeliano che vede nella storia lo sviluppo progressivo dell’umanità. 7 l’icona del capitalismo ottocentesco in pieno sviluppo, dall’altro forgia l’immagine di un eroe ideale, di un tipo umano che porta a compimento un processo storico – il passaggio dalla società borghese capitalista a quella operaia e socialista – preconizzando una società ideale basata sul lavoro collettivo3. Anche la critica marxista russa riflette essenzialmente su questi due aspetti, sottolineando per un verso l’attivismo quale prerogativa del carattere faustiano che racchiude una valenza progressiva e rivoluzionaria, per un altro verso sviluppando la presunta profezia socialista del “sogno di Faust”. La giustificazione della riabilitazione del Faust II risiede, infatti, proprio nell’ultimo atto dell’opera, laddove Faust ha la visione di uno stato regolato sulla base di una libera cooperazione di uomini operosi, la conclusione ideale del processo storico che prevede il passaggio dal capitalismo al socialismo. La fortuna del Faust nella Russia del Novecento è stata certamente favorita da questa interpretazione che tende a valorizzare gli aspetti rivoluzionari del poema goethiano. Plechanov, Gor’kij, Lenin, Lunačarskij, per esempio, sottolineavano l’idea della vita fondata nell’azione, idea espressa nella traduzione, fatta da Faust, del primo verso del prologo di San Giovanni: «In principio era l’Azione» (v. 1237). Sulla base di questa visione riabilitativa o revisionistica, Lunačarskij compone il suo “Faust III” che avvia un nuovo modo di recepire e rielaborare il motivo faustiano: il dramma Faust e la Città (Faust i Gorod, 1918), infatti, annuncia l’utopia dello stato socialista, paradossalmente creato dal duca Faust, un Superuomo che alla fine si converte alle istanze della collettività. Lo sviluppo novecentesco del cammino faustiano per Lunačarskij sfocia in un epilogo socialista del mito germanico che vede l’entelechia dell’eroe realizzata nella socialità, nella fusione con il popolo che diventa, a sua volta, un corpo faustiano anelante alla libertà. L’ottenimento della forma di governo repubblicana costituisce “l’attimo supremo” vissuto dalla Città-Faust, il cui attivismo rivoluzionario sconfigge definitivamente l’istanza malefica personificata dal barone Mefisto e dal suo entourage reazionario e monarchico. A tal proposito R. Schröder osserva: Il dramma per la lettura Faust e la Città di Lunačarskij è il primo tentativo di creare un nuovo modello faustiano socialista sulla base delle esperienze rivoluzionarie del movimento dei lavoratori russi nel periodo della rivoluzione borghese-democratica e della preparazione della rivoluzione socialista4. ____________________________________ 3 A. DABEZIES, Visages de Faust au XX siècle. Littérature, Idéologie et Mythe, Presses Universitaires de France, Paris 1967, p. 436. 4 R. SCHRÖDER, Vorbemerkung, in A. W. LUNATSCHARSKI, Faust und die Stadt. Ein Lesedrama mit Essays zur Faustproblematik, a cura di R. SCHRÖDER, Verlag Philipp Reclam jun, Leipzig 1973, p. 7. Traduzione mia. 8 La rivisitazione del Faust goethiano da parte di Lunačarskij è, nel suo complesso, in linea con le idee social-democratiche che contrastavano l’autocrazia zarista e che avrebbero condotto, di lì a poco, al ribaltamento dell’assetto del governo. A Lunačarskij va attribuito anche il merito di aver reso l’opera molto popolare sia prima che dopo la rivoluzione d’Ottobre5. Egli è non soltanto, come sottolinea D. Angres, il primo critico letterario marxista che si dedica allo studio di Goethe, ma anche uno dei più prolifici nell’offrire al mondo letterario giudizi e scritti che mostrano un’originale esegesi marxista-nietzschiana del tema faustiano6. L’esito estremo di questa sua dedizione doveva essere, nell’intenzione del critico, un imponente volume intitolato Faust, nel quale avrebbe cercato di “riassumere la passione, l’etica e, soprattutto, l’estetica della nostra visione del mondo”7. La morte prematura gli impedisce di realizzare questo progetto, ma la sua dichiarazione è sufficiente per darci un’idea dell’enorme interesse rivolto al poema goethiano. Prima di affrontare il discorso sul ruolo del Faust nel pensiero e nell’opera di Lunačarskij giova ricordare i principali avvenimenti biografici che concorrono a delineare l’immagine di questa figura poliedrica di uomo politico, critico letterario, pubblicista e drammaturgo. A. V. Lunačarskij (Poltava 1875 – Menton 1933) si forma in un ambiente familiare favorevole alle idee rivoluzionarie e già dagli anni del liceo si considera un marxista. Studia filosofia e scienze sociali all’università di Zurigo, dove segue i corsi di G. Plechanov, L. Aksel’rod e R. Avenarius, conosce Rosa Luxembourg e stringe amicizia con A. Bogdanov. Tornato in patria, si dedica all’attività rivoluzionaria clandestina, è catturato ed esiliato a Vologda. Durante l’esilio, insieme a Bogdanov, approfondisce lo studio del marxismo e traduce “opere tedesche di primaria importanza”, concentrandosi sulla lotta all’idealismo8. Nei primi anni del Novecento si dedica alla critica teatrale e si unisce alla frazione bolscevica del Partito Socialdemocratico, partecipando attivamente alla rivoluzione del 1905. Esiliato nuovamente, organizza in Europa, sempre con Bogdanov, il gruppo politico Avanti (Vperëd), distinto dal movi____________________________________ 5 Si pensi ai contributi che Lunačarskij pubblica nell’anno della celebrazione del centenario della morte di Goethe (1932), in particolare l’articolo Gete i ego vremja (Goethe e il suo tempo) apparso su “Literaturnoe nasledstvo” (L’eredità letteraria), 1932, 4-6, pp. 5-20 (trad. it. in A. LUNACIARSKIJ, Sull’arte e la letteratura: scritti scelti, Progress, Mosca 1980, pp. 269-288) e Vol’fgang Gete (Wolfgang Goethe), introduzione alla raccolta delle opere goethiane del 1932 (cfr. I. V. GETE., Sobranie sočinenij v trinadcati tomach. Jubilejnoe izdanie, a cura di L. B. Kamenev, A. V. Lunačarskij i M. N. Rozanov, Chudožestvennaja literatura, Moskva-Leningrad 1932, I, pp. IX-LXXIX). 6 Cfr. D. ANGRES, Die Beziehungen Lunačarskijs zur deutschen Literatur, Akademie-Verlag, Berlin 1976, p. 15. 7 Cfr. lettera al figlio del 11 maggio 1932 (Cit. da Z. LIBINZON, Faust v interpretacij A. V. Lunačarskogo, “Naučnye doklady vysšej školy. Filologičeskie nauki”, III, 1982, p. 10). 8 A. V. LUNAČARSKIJ, Sull’arte e la letteratura: scritti scelti, Progress, Mosca 1980, p. XIX. Questa autobiografia fu redatta dall’autore nel 1924. 9 mento bolscevico, con proprie scuole di partito a Capri e a Bologna. Rientrato in Russia nel 1917, aderisce definitivamente al bolscevismo e, nonostante la sua visione divergente in campo filosofico, culturale e politico, nell’ottobre dello stesso anno Lenin non esita ad affidargli la direzione del primo Commissariato Popolare per l’Istruzione (Narkompros)9. Lunačarskij adotta una linea culturale di estrema apertura, si adopera per la libertà d’espressione di ciascun raggruppamento artistico e letterario propenso alla creazione di un’arte nuova e rivoluzionaria scevra del disprezzo del retaggio borghese10, posizione che dopo il 1924 deve ridimensionare, soprattutto dopo che Stalin diventa presidente del Soviet Supremo. Lunačarskij dedica grande attenzione alla letteratura europea e la sua produzione letteraria rivela questo interesse11. Basta menzionare, tra le sue opere teatrali, Il barbiere del re (Korolevskij bradobrej, 1906), Faust e la Città (Faust i Gorod, 1918), Oliver Cromwell (Oliver Kromvel’, 1920), la trilogia su Tommaso Campanella (Foma Campanella, 1920-1922) e Don Chisciotte liberato (Osvoboždennyj Don Kichot, 1922), drammi storico-filosofici nei quali l’autore focalizza l’attenzione non tanto sugli avvenimenti quanto sulle cause dei comportamenti delle personalità storiche rappresentate e sul significato simbolico delle azioni evocate. Ed è proprio ad un poeta tedesco considerato, dalla critica democratica, borghese, che Lunačarskij consacra la sua stima durante tutta la vita: A nome della sua generazione che si autodefinì generazione di genii, Goethe, autentico genio, pose davanti a sé e agli altri un compito gigantesco, un compito non politico ma puramente individuale: sviluppare tutte le potenzialità riposte nell’individuo12. Nel considerare le opere di Goethe, e il Faust in particolare, il punto di ____________________________________ 9 In Materializm i empiriokriticizm (Materialismo ed empiriocriticismo, 1909) Lenin attacca duramente la concezione filosofica espressa, tra gli altri, da Bogdanov e Lunačarskij nei saggi sulla filosofia marxista. Lenin accusa quei pensatori che si ritengono marxisti ma che in realtà, con le loro idee, colpiscono il materialismo dialettico. In particolare si scaglia contro Lunačarskij il quale approderebbe ad un cieco fideismo, ad un ateismo religioso. 10 Nella parte finale del saggio Teatr i revoljucija (Teatro e rivoluzione), scritto nel 1921 per una rivista tedesca e pubblicato in Unione Sovietica nel 1924 in una raccolta dal titolo omonimo, Lunačarskij sottolinea l’importanza del recupero delle opere borghesi come valido patrimonio per il proletariato, che della borghesia è l’erede, e promette: “Finché rimarrò Commissario del popolo all’Istruzione, mia prima cura sarà questo processo d’inserimento del proletariato nell’insieme della cultura umana, e nessun genere di comunismo primitivo e dogmatico potrà sviarmi da questo compito”. A. V. LUNAČARSKIJ, Teatro e Rivoluzione, Samonà e Savelli, Roma 1968, p. 105 sg. 11 Oltre a una serie di articoli apparsi sulle riviste dell’epoca, negli anni 1923-1924 Lunačarskij tenne un ciclo di lezioni, all’università comunista Sverdlov, sulla storia della letteratura dell’Europa occidentale. Cfr. LUNAČARSKIJ, Istorija zapadno-evropejskoj literatury v eë važnejšich momentach, in A. V. LUNAČARSKIJ, Sobranie sočinenij v 8 tomach, Chudožestvennaja Literatura, Moskva 1963-1967, v. IV, pp. 7-366. 12 A. V. LUNAČARSKIJ, Sull’arte e la letteratura: scritti scelti, Progress, Mosca 1980, p. 277. 10 vista di Lunačarskij è dislocato lungo la linea che congiunge gli ideali rivoluzionari e la filosofia nietzschiana. Nei primi saggi sul Faust – Il Faust russo (Russkij Faust, 1902) e Il Dottor Faust (Doktor Faust, 1903), Lunačarskij definisce l’eroe goethiano “un gigante”, “un Superuomo” che, da solo, combatte e sconfigge il male, sicché l’agire, il vitalismo, si configura come elemento fondante dell’uomo, realizzazione della volontà di creazione, di quella brama di potenza che risale alla filosofia di Nietzsche e che Lunačarskij collega con il marxismo rivoluzionario. Se Faust è espressione di quell’attivismo che continuamente “spinge avanti”, Mefistofele impersona la necessaria contraddizione, la forza negativa e statica che ostacola il cammino progressivo dell’umanità ma che viene superata dalla volontà di potenza. Una prima interpretazione del Faust da parte di Lunačarskij è contenuta nell’articolo Il Faust russo, con il quale il critico interviene nel dibattito innescato da S. Bulgakov sulla questione di Ivan Karamazov – protagonista del romanzo I fratelli Karamazov (Brat’ja Karamazovy, 1880) di F. Dostoevskij – quale “Faust russo” considerato “eticamente superiore a quello tedesco”. In polemica con S. Bulgakov, Lunačarskij pronuncia il suo atto d’accusa contro la visione decadente del filosofo e difende il Faust di Goethe da un punto di vista nietzschiano. Restituendo al Faust tedesco il proprio valore, Lunačarskij conclude: “Il Faust russo” per l’entità e il per valore autentico del suo dramma interiore è di gran lunga inferiore a quello tedesco; il moralista russo avrebbe potuto imparare molto dall’amoralista tedesco; e noi dobbiamo esaminare a fondo, riflettere su quanto leggiamo e, se vogliamo esaltare il “nostro“, stare attenti a non travisare lo “straniero”13. Sullo sfondo del discorso riportato si riconosce una miscela costituita dal determinismo economico di Marx, dall’empiriocriticismo di Avenarius e dal concetto nietzschiano del Superuomo14. Sulla base della filosofia di Nietzsche, alla quale fa costantemente riferimento, Lunačarskij spiega il carattere faustiano come espressione del tipo di Superuomo che sperimenta su di sé la tragedia della vita umana nella sua interezza15. Questa idea è ripresa e sviluppata nel più ampio e importante Dottor Faust, apparso per la prima volta nel 1903 ____________________________________ A. V. LUNAČARSKIJ, Russkij Faust, in ID., Etjudy kritičeskie i polemičeskie, Izdanie žurnala “Pravda”, Moskva 1905, p. 190. A. Tait illustra in modo sintetico ma incisivo questa compresenza di influenze nel pensiero filosofico di Lunačarskij. Cfr. A. L. TAIT, Lunacharsky: A “Nietschean Marxist”?, in Nietzsche in Russia, a cura di B. Glaser Rosenthal, Princeton University Press, Princeton 1988, pp. 275-292. 15 Cfr. A. V. LUNAČARSKIJ, Russkij Faust, op. cit., pp. 184 sgg. 13 14 11 sulla rivista “Obrazovanie” (L’istruzione) e riveduto, nel 1928, per la pubblicazione come introduzione alla traduzione del Faust fatta da V. Brjusov16. Questo articolo costituisce il IV capitolo del più ampio Di fronte al fato. Sulla filosofia del tragico (Pered licom roka. O filosofii tragizma), nel quale l’autore, nella sua riflessione sull’essenza del tragico, prende in esame l’Amleto di Shakespeare, La campana sommersa di Hauptmann e il Faust di Goethe, osservando la differente reazione degli eroi “di fronte al fato”. Così, il principe Amleto, uomo riflessivo, vive la tragedia della ragione, l’emozionale Heinrich vive una tragedia del cuore, Faust coniuga nella sua persona entrambi i caratteri (le due anime) e rappresenta la secolare ricerca dell’umanità ed il suo continuo progresso17. Faust, dunque, rappresenta la forza dell’individuo che affronta e sconfigge il fato. La grandezza dell’opera, secondo Lunačarskij, risiede nel suo senso e significato eterno con implicazioni che si adattano all’individualità di ciascuno: La tragedia di Goethe è talmente ricca di contenuti, come uno straordinario scrigno di saggezza, che, alla dozzina di commentari esistenti sicuramente se ne aggiungeranno altri cento e ciascuno troverà in questo meraviglioso microcosmo qualcosa di nuovo, secondo la propria individualità18. L’idea fondamentale del saggio si traduce nella visione di Faust-creatore, un genio animato dall’impeto sfrenato per la creazione, da quella “sete di potenza, di volontà e di vita” che allinea Lunačarskij al pensiero nietzschiano per il quale il Superuomo, che è un uomo d’azione, soffre per il crescente desiderio di sperimentare la pienezza della vita: “Il desiderio passionale e l’eterna insoddisfazione sono i tratti principali del carattere di Faust”19. Il principio faustiano, per Lunačarskij, non consiste nell’impulso metafisico alla ricerca della verità suprema, ma nella ribollente aspirazione alla pienezza di vita che Faust conquista soltanto alla fine della sua esistenza, quando le “due anime che abitano il suo petto” si uniscono nell’unico sentimento dell’amore per la vita20. Per inquadrare e dare forza alla sua interpretazione, l’autore rimanda continuamente ai versi goethiani, talvolta traducendo egli stesso dal tedesco e con____________________________________ Cfr. A. V. LUNAČARSKIJ, Doktor Faust, in ID., Etjudy kritičeskie…, op. cit., pp. 86-110. Ivi, p. 86 sg. 18 Ivi, p. 87. 19 Ibidem. 20 “L’idealismo romantico nasce dalla malattia infantile di Faust, così come era stata la malattia infantile di Goethe”. Ivi, p. 88. 16 17 12 centrando il suo ragionamento intorno al famigerato verso tratto dal monologo della scena Studierzimmer, allorché Faust, intento a tradurre il Vangelo di Giovanni, riflette: Sta scritto: “In principio era la Parola”. E eccomi già fermo. Chi m’aiuta a procedere? M’è impossibile dare a “Parola” Tanto valore. Devo tradurre altrimenti, se mi darà giusto lume lo Spirito. Sta scritto: “In principio era il Pensiero”. Medita bene il primo rigo, ché non ti corra troppo la penna. Quel che tutto crea e opera, è il pensiero? Dovrebb’essere: “In principio era l’Energia”. Pure, mentre trascrivo questa parola, qualcosa Già mi dice che non qui potrò fermarmi. Mi dà aiuto lo Spirito! Ecco che vedo chiaro E, ormai sicuro, scrivo: “In principio era l’Azione!” (vv. 1224-1237). Lunačarskij precisa: “In principio era l’azione! Der Tat21 – l’agire, l’atto, il fatto – è questa la sostanza dell’essere; per Faust l’essenza dell’essere è la volontà”22. Se il concetto di volontà sostanziata nel tipo faustiano è di derivazione nietzschiana, l’idea dell’azione come motore della vita e come capacità creativa richiama la visione marxista. Il Superuomo raggiunge lo stato di assoluta pienezza solo se è un soggetto che interferisce attivamente sul suo vivere, senza arrendersi al proprio destino, né accontentandosi di ciò che già possiede o che gli viene imposto. Ne consegue che l’uomo volitivo, attraverso il proprio agire, può cambiare il mondo, conclusione che, crediamo, rappresenta un velato inneggiamento alla rivoluzione. Mefistofele, contraltare di Faust, rappresenterebbe la “piena negazione della vita, l’oscuro nichilismo”23, incarnando quella forza che tenta di distruggere ogni sogno creativo. Egli è, nella visione del critico, la negazione dell’azione, dell’essere, il nulla dunque24. Il carattere più autenticamente positivo è sicuramente impersonato da Margherita che, come sostiene Lunačarskij, ____________________________________ 21 In tedesco nel testo. Lunačarskij erroneamente usa l’articolo di genere maschile der anziché die per il sostantivo femminile Tat. 22 A. V. LUNAČARSKIJ, Doktor Faust, op. cit., p. 89. 23 Ivi, p. 91. 24 Ivi, pp. 92 sgg. 13 aspira a redimere, attraverso l’amore, l’anima di Faust sul piano sublime dell’essere, mediante uno slancio che non è più metafisico, ma tutto terreno25. Ed è proprio la sofferenza amorosa ad indurre Faust a desiderare la vita creativa, manifestazione suprema delle potenzialità umane, come avviene dopo l’incontro con il mondo estetico di cui Elena è la personificazione26. Ne risulterà che Faust diventerà egli stesso un artista, un genio-creatore capace di mettere in campo le sue forze titaniche nell’azione concreta, nell’operare, anche se rimarrà pur sempre un egoista, un individualista che si compiace di se stesso e del proprio lavoro. Infine, Lunačarskij reagisce ai commenti di coloro che vedevano nell’azione sociale di Faust l’esplosione dell’altruismo e della filantropia e conclude: Faust è un creatore. Ditemi, cosa ha un artista in comune con l’altruismo? È un altruista colui che dal marmo scolpisce la statua di una dea e si compiace del suo lavoro? Egli lavora solo perché è consapevole della propria forza, per la libertà del suo ingegno creativo. E perché non dovrebbe poter lavorare in questo modo una personalità pubblica? Il popolo, la società è per lui un blocco di marmo, dal quale crea una splendida umanità secondo il proprio ideale. E questi sarebbe un altruista? Egli non fa nulla per la vostra felicità, lettore, e per la vostra felicità egli, forse, non sacrificherebbe neanche un’unghia, anzi se intralciaste il suo cammino, vi annienterebbe […]27. L’atteggiamento del creatore titanico che, nella sua volontà di azione creatrice e progressiva, non si lascia sopraffare dalla forza del male, pare al critico l’unico possibile e sembra poter rappresentare l’essenza dell’eroe tragico28. Questa interpretazione faustiana è di notevole importanza per ben comprendere il dramma Faust e la Città, che può essere in parte concepito come una sintesi artistica delle idee espresse ne Il Dottor Faust. Durante l’esilio in Europa, contemporaneamente alla stesura di questo saggio, Lunačarskij si dedica alla traduzione del Faust (1835) di N. Lenau29. Nella prefazione alla traduzione, apparsa nel 1904, Lunačarskij si sofferma sulla superiorità del Faust goethiano rispetto al poema “scettico-panteistico” del poeta ____________________________________ Ivi, pp. 98 sgg. Ivi, p. 101 sg. 27 Ivi, p. 104 sg. 28 Ivi, p. 110. 29 Composto da scene epico-liriche e drammatiche inquadrate sullo sfondo del disorientamento culturale prodotto dalla Restaurazione, nel suo Faust Lenau racconta l’angoscia esistenziale del protagonista che fallisce nel suo tentativo di ricostituire l’unità armonica dell’io e del tutto e per questo si suicida. 25 26 14 austriaco30. Lo scritto è un’apologia del Faust goethiano e, in effetti, mostra l’incomparabilità delle due opere. È attraversato da un continuo inneggiare alla grandezza della tragedia di Goethe. Si leggano, ad esempio, le seguenti righe: […] Se si guarda al poema di Goethe da un punto di vista etico-psicologico, esso apparirà come la mirabile storia dell’anima umana, di quell’anima che nelle sue ricerche presenta la sua vera grandezza, il suo compito reale e alla fine trova il suo posto nell’universo. […] In tal senso il poema di Goethe è armonico al massimo grado […]. Il Faust di Goethe è un tempio dall’impianto coerente, perfetto in sé, sul quale si apre un cielo senza fondo [...]31. La riflessione sul (e la venerazione del) Faust accompagna Lunačarskij per tutta la vita. Nel 1921 egli scrive un commento all’opera di H. Berlioz La damnation de Faust (1846), nel quale sostiene che il compositore, pur avendo filtrato l’intero soggetto in senso romantico, abbia ottenuto un risultato eccezionale. Tuttavia ribadisce: La leggenda faustiana nella rielaborazione goethiana è da annoverarsi tra i libri eterni. Accanto alle pagine migliori della Bibbia, accanto alle migliori tragedie di Sofocle, accanto a quelle due o tre opere maggiori di Shakespeare il Faust è da considerarsi il miglior frutto del genio tedesco32. Nel ciclo di lezioni tenuto all’università Sverdlov nell’anno accademico 1923-1924, Lunačarskij passa in rassegna i fenomeni letterari più importanti della letteratura europea. Nella nona lezione, dedicata alla letteratura classica tedesca, egli ritorna sul Faust e, accennando alla fine della tragedia, osserva: Si tratta di una fraterna repubblica del lavoro su un suolo strappato alle forze della natura. E Faust dice: ora sono giunto alla comprensione dello scopo dell’uomo. L’uomo deve vivere per una società libera e una società simile ha il diritto di esistere, una società che ogni giorno deve conquistare la sua libertà e la vita. […] La morte di Faust non è una morte. La morte di Faust è l’apoteosi di una nuova vita. Egli muore perché ha fatto tutto ciò che poteva fare e alla fine si riversa nella vita eterna dell’umanità33. ____________________________________ N. LENAU, Faust. Poema, trad. dal tedesco di A. ANJUTIN (pseudonimo di A.V. Lunačarskij), Izdanie žurnala “Obrazovanie”, San Pietroburgo 1904. 31 A. V. LUNAČARSKIJ, N. Lenau i ego filosofskie poemy, in ID., Sobranie Sočineij, op. cit., v. V, p. 11 sg. 32 A. V. LUNAČARSKIJ, “Gibel’ Fausta” Berlioza, in ID., V mire muzyki. Stat’i i reči, Sovetskij kompositor, Moskva 1971, p. 85. 33 A. V. LUNAČARSKIJ, Sobranie sočinenij…, op. cit., v. IV, p. 230. 30 15 Gli ultimi interventi sul tema faustiano e sul significato della tragedia mostrano una lettura più tendenzialmente rivoluzionaria ed ideologicamente schierata rispetto alle prime interpretazioni, quando Lunačarskij poneva l’accento sulla natura titanica, nietzscheanamente superomistica, di Faust. Evidentemente il critico deve prevedere una mediazione tra le linee imposte dal regime e il suo personale punto di vista, pertanto per riabilitare Goethe è costretto a ridimensionare i suoi giudizi e ad evidenziare con sicurezza quegli elementi che rafforzano gli aspetti rivoluzionari del poema faustiano. Nella visione matura, poi, Lunačarskij lascia emergere Faust come un uomo che, in sostanza, lavora per l’ottenimento del bene generale, osservando che “il Noi collettivo mette fine all’Io individualista, che era il centro del mondo nella prima parte del Faust, e la collettività umana diventa il nucleo di tutta l’esistenza”34. Questo giudizio implica il suo totale allineamento alla critica marxista ortodossa, soluzione adottata anche in seguito alle pressioni e alle redarguizioni dei compagni del Partito e dello stesso Lenin per le sue teorie di provenienza nietzschiana. Gli ultimi interventi di Lunačarskij sul Faust risalgono al 1932, anno della celebrazione del centenario della morte di Goethe, quando egli pubblica articoli e saggi che mettono in luce e ribadiscono gli aspetti rivoluzionari delle opere del poeta di Weimar35. Illuminanti, a tale riguardo, sono le osservazioni sul Faust contenute nel saggio introduttivo alla Raccolta delle opere di Goethe (Sobranie sočinenij Gete, 1932), della quale Lunačarskij cura la redazione: Faust è caro, in particolare, a tutti coloro che sono consapevoli dell’importanza del movimento progressivo, ai nemici della stasi e dell’immobilismo, e proprio a coloro che in esso per la prima volta hanno visto annunciato, con straordinaria potenza e in modo decisivo, il diritto a dubitare, a ricercare, a commettere errori e fallimenti fin quasi al delitto, in una parola, a mettere in opera nuovi percorsi, il diritto alla libera passione, accanto al coraggio di affermare che nonostante la sofferenza e la colpa, che nascono nel cammino, egli è unicamente un salvatore, che veramente manda l’uomo avanti. Con ciò Faust, specialmente con la sua nuova concezione, ha dato un colpo al feudalesimo ormai appartenente al passato, alla comodità borghese, al regime di vita conservativo36. ____________________________________ 34 Ibidem. Tra gli altri si segnalano Gete-dramaturg (Goethe drammaturgo), apparso sulla rivista “Sovetskij teatr” (Il teatro sovietico), IV, 1932; Gete i my (Goethe e noi), apparso su “Večernjaja Moskva” (Mosca di sera), LXI (15/03/1932); Gete i ego vremja (Goethe e il suo tempo), “Literaturnoe nasledstvo”, 1931, 4-6, e l’ampia prefazione alla raccolta delle opere di Goethe (cfr. I. V. GETE, Sobranie sočinenij..., op. cit., v. I, p. LXIII. 36 A. V. LUNAČARSKIJ, Predislovie, in I. V. GETE, Sobranie sočinenij, op. cit., v. I, p. LXIII. 35 16 Particolare interesse il redattore accorda alla figura di Mefistofele, la cui funzione sarebbe quella di denunciare le immoralità del mondo a Goethe contemporaneo: Mefistofele è lo spirito puro della negazione. Creando questo personaggio, Goethe intendeva dire ai filistei, ai pedanti, ai reazionari, ai preti con la tonaca e ai preti senza tonaca che quando essi definiscono diabolico il recente spirito d’inquietudine, che ha spiegato le sue ali a partire dalla fine del XVIII secolo, quando chiamano diabolica – anche se grandiosa – la più dura e cinica critica, essi comunque non centrano il segno. Anche la critica di ciò che è santo, portata fino al cinismo, fino all’esasperazione, come accade in Mefistofele, in realtà costituisce un principio progressivo37. Nell’epoca del realismo socialista, della letteratura proletaria, dell’ostilità verso l’arte del passato considerata borghese, la rivalutazione di Goethe messa in campo da Lunačarskij è tutta a vantaggio della memoria del poeta tedesco al quale la Casa Editrice di Stato (Gosizdat) dedica un’edizione speciale di tutte le sue opere. L’obiettivo di Lunačarskij rimane, in definitiva, quello di evidenziare la modernità del pensiero goethiano e la presunta profezia del socialismo, una concezione politica che Goethe probabilmente non avrebbe mai immaginato: Per Goethe il punto culminante apparve essere quella socialità che egli tuttavia non accettò. A Goethe sembrò meraviglioso che un popolo libero smettesse di cercare Dio in cielo, che restasse fortemente legato alla terra, che attraverso il lavoro ogni giorno si conquistasse la propria esistenza, cioè fosse una libera collettività operativa nella lotta per il dominio sulla natura. Nella sua età avanzata egli intuì che questo futuro sperato si sarebbe un giorno profilato da qualche parte. Questa soluzione conduce Goethe oltre i limiti del suo tempo o, perlomeno, lo pone al livello delle menti più avanzate della sua epoca38. Lunačarskij, dunque, può affermare con certezza che Goethe, nella parte conclusiva del Faust, prefigura l’avvento del socialismo come approdo naturale del cammino dell’umanità che, nella ricerca della felicità, supera la fase metafisica e rivolge i suoi sforzi alla dimensione terrestre, nella quale soltanto, attraverso il lavoro collettivo, può gustare la vita in pienezza e realizzare il bene della comunità. L’idea di fondo è che solo lo stato socialista può permettere all’Uomo Nuovo di raggiungere l’entelechia, di liberarsi del vecchio e di ____________________________________ 37 38 Ivi, p. LXIV. Ibidem. 17 protendersi verso nuove, sublimi realtà. Su questa nozione si fonda lo scioglimento dell’azione nel dramma che Lunačarskij compone come continuazione del Faust di Goethe e che può essere considerato una sorta di Faust III, il Faust socialista. Sulla genesi del Faust e la Città è lo stesso autore a dare chiarimenti nell’introduzione alla prima edizione del dramma (1918): Ho rielaborato la trama in maniera definitiva nel 1906. Tutta la pièce è stata scritta nel 1908, nel giro di un mese, nel magnifico scenario di Antrodoco, in Abruzzo, per rimanere poi a lungo abbandonata. Solo nel 1916, nella splendida cornice di Saint-Legier, sul lago di Ginevra, ho ripreso il lavoro, realizzandone la versione definitiva, che presenta tagli significativi rispetto alla prima39. Il periodo di composizione è di fondamentale importanza non solo per le vicende storiche che lo interessano, ma soprattutto per l’atmosfera intellettuale che caratterizza il Paese. Come molti membri del partito, anche Lunačarskij vive lo sconforto del fallimento della rivoluzione borghese-democratica del 1905 e, probabilmente, questo costituisce il motivo del suo volgersi alla filosofia di stampo decadente. In questi anni si diffonde il bogostroitel’stvo, una corrente di pensiero che pone l’umanità al posto di Dio e concepisce l’agire umano come un atto creativo della potenza divina. Questa singolare situazione rappresenta la causa del dissidio fra il Lunačarskij uomo politico, alle prese con le speranze rivoluzionarie del momento, e il Lunačarskij filosofo e artista che deve dare sfogo alle istanze poetico-riflessive del suo essere. Nella “faustiana russa”40 Faust e la Città si colloca in un posto d’eccellenza per lo straordinario rimaneggiamento del tema faustiano in chiave socialista e per l’attualizzazione che questo dramma conferisce alla tradizione letteraria del Faust ottocentesco. Nella prefazione al dramma, infatti, l’autore avverte: Il lettore che conosce il grande Faust di Goethe si accorgerà che il mio Faust e la Città si riallaccia a quelle scene della seconda parte del Faust dove l’eroe goethiano crea una città libera41. Le scene concernenti la creazione di uno stato libero sul lembo di terra strappato alle forze della natura si estendono su tutto il V Atto del Faust II e ____________________________________ A. V. LUNAČARSKIJ, Faust i Gorod, in ID., Pes’y, Iskusstvo, Moskva 1963, p. 133. L’espressione è di G. Išimbaeva (Cfr. G. G. IŠIMBAEVA, Russkaja faustiana XX veka, Flinta-Nauka, Moskva 2002). 41 A. V. LUNAČARSKIJ, Faust i Gorod, op. cit., p. 133. 39 40 18 presentano il vegliardo Faust nelle vesti del governatore del feudo ricevuto in omaggio dall’Imperatore42. La pièce di Lunačarskij sviluppa la storia del Faust goethiano dopo la visione dell’eroe che, in punto di morte, gode del momento di suprema felicità, immaginando uno stato libero di liberi cittadini: Faust: Una palude sotto il monte si distende E ammorba quanto s’è già conquistato. Che anche quell’acque putride scompaiano, questa sarebbe l’ultima e più alta conquista. Aprirei spazi a milioni e milioni D’uomini che vi abitino Sicuri no e invece attivi e liberi. Verdi campi, fecondi! Uomini e armenti Subito accolti dalla terra appena emersa Avranno sede subito sotto il colle potente Che avrà eretto una gente audace e laboriosa. Qui, all’interno, un paese di paradiso; Là, fuori, l’onda fino al limite; E quando eroda a irrompere violenta, corra unanime un impeto a colmare la breccia. Sì, mi sono dato tutto a questa idea, qui la sapienza suprema conclude: la libertà come la vita si merita soltanto chi ogni giorno la dovrà conquistare. E così, circondati dal pericolo, vivano Qui il bimbo, l’uomo, il vecchio, la loro età operosa. Tanto folto fervore, lo potessi vedere! In una terra libera fra un popolo libero esistere! Potrei dire a quell’attimo: “Fermati dunque, sei così bello! Non potrà mai, l’orma dei giorni miei terreni, per volgersi di eoni scomparire”. ____________________________________ Nel IV Atto Faust, abbandonata ormai l’esperienza estetica ed amorosa con Elena, si lancia in una nuova avventura, nella vita attiva, nella politica. Sogna di ottenere una terra su cui poter dispiegare la sua forza creatrice, desidera il possesso e il dominio su qualcosa. Mefistofele coglie al volo il desiderio di Faust e lo invita a combattere al servizio dell’Imperatore nella guerra contro l’antimperatore. Con l’aiuto delle arti magiche di Mefistofele la guerra è vinta e Faust, per i meriti mostrati in battaglia, si aggiudica un feudo nel regno. 42 19 Presentendo in me quella Felicità tanto alta, ora godo L’attimo mio più alto. (vv. 11559-11586) In questo caso Lunačarskij estende alla realtà l’utopia del vegliardo e presenta Faust come sovrano della Città che egli stesso ha fondato, Trotzburg, racchiusa nel ducato di Wellentrotz e abitata da un popolo libero ed operoso43. L’autore riferisce anche il motivo per il quale è stato indotto a comporre quest’opera: La questione della reciprocità di questo figlio del genio con il genio stesso, la soluzione in forma drammatica del problema del genio con la sua tendenza all’assolutismo illuminato da un lato, e alla democrazia dall’altro, mi ha fatto speculare a lungo, spingendomi a scrivere quest’opera44. In questo dramma, dunque, Lunačarskij, che è anche una personalità politica, riflette artisticamente sul rapporto conflittuale tra il creatore e il creato, tra il genitore e il figlio lato sensu, tra il sovrano “illuminato” e il popolo che rivendica la propria autonomia, tra “Faust e la Città” appunto. Nell’opera occorre un confronto tra due grandi sistemi sociali, il feudalesimo e la democrazia, che Lunačarskij ritiene in opposizione dialettica e che nel dramma tenta di risolvere in una prospettiva socio-storica attraverso l’immagine della Repubblica Socialista fondata sul lavoro e sulla fratellanza universale45. Sempre nell’introduzione, l’autore, prevedendo che la critica potesse interpretare Faust e la Città come direttamente legata agli avvenimenti rivoluzionari contemporanei, precisa che “dopo dicembre 1916 il testo non ha subito nessuna modifica” 46. Se la trama non si riferisce alle vicende rivoluzionare del 1917 e se è stata concepita più di dieci anni prima della sua pubblicazione, risulta chiaro che l’opera è di genere utopico ed ha come sfondo i moti rivoluzionari del 19051907. Nel Faust e la Città Lunačarskij offre una rielaborazione artistica della ____________________________________ 43 Si potrebbe accogliere l’ipotesi che Faust sia il riflesso di Pietro il Grande, fondatore di San Pietroburgo, il cui suolo pure è stato sottratto alle forze della natura, visto che è stata costruita su una zona paludosa e bonificata. 44 A. V. LUNAČARSKIJ, Faust i Gorod, op. cit., p. 133. 45 A. Dabezies e M. Bullitt ritengono probabile che Lunačarskij, per questa idea, abbia attinto all’opera del francese L. Blum, il quale, nel 1901, aveva pubblicato sulla “Revue Blanche” un articolo non firmato dal titolo Nouvelles Conversations de Goethe avec Eckermann. In una di queste conversazioni (chiaramente fittizie) il segretario di Goethe avrebbe affermato: “Stamattina Goethe, con una certa solennità, mi ha rivelato un grande progetto concepito in questi ultimi anni: vuole scrivere un terzo Faust […]. Nell’era moderna Faust sarà un agitatore socialista” (Cfr. A. DABEZIES, op. cit., pp. 62 sgg., traduzione mia; M. BULLITT, A Socialist Faust?, “Comparative Literature”, XXXII, 1980, pp. 184-195). Per quanto tale riferimento possa essere avvincente, non vi è alcuna certezza che Lunačarskij fosse a conoscenza di questo articolo. 46 A. V. LUNAČARSKIJ, Faust i Gorod, op. cit., p. 133. 20 problematica faustiana che riveste di significato politico, costruendo un modello ideale della società che avrebbe dovuto avere origine dalla Rivoluzione del 1905, individuando il percorso che, in maniera graduale, si sarebbe dovuto percorrere per passare da una forma di cooperazione tra regnante e popolo all’instaurazione della dittatura del proletariato nella Repubblica Democratica. Tenendo presente questa osservazione, viene subito da chiedersi come mai l’autore scelga il tema faustiano per esprimere un’utopia sociale, e poi, quali espedienti letterari abbia adoperato per esprimere la sua concezione politica. Cominciamo da quest’ultimo aspetto. In primo luogo, infatti, bisogna notare che Faust e la Città è ricchissimo di simbologie, di figure allegoriche e di personificazioni che stilisticamente lo riallacciano al Faust II. Il Prologo si presenta come una sezione a sé e si apre con un monologo di Mefistofele: Io sono guidato dalla più santa cattiveria, ne sono uno strumento e voglio dimostrarlo. Mi adopero in nome della ragione che è la mia sostanza. Come è stata generata la pazzia, così anch’io sono stato generato, io che sono la ragione, la protesta, la coscienza dell’errore, la nostalgia della quiete. Non posso fare altro, devo dare dimostrazione della ragione, sono stato chiamato per rimetterla in piedi. Mi rode la fredda fiamma della rabbia quando vedo sofferenze che si compiacciono di esistere… Non avrò pace, né liberazione, finché divampa la luce e comincia il movimento permettendo che la vita, soffrendo, continui a generare pensieri.47 In prima istanza, quindi, Mefistofele si qualifica come uno spirito negatore, nemico della vita e del movimento, desideroso di una condizione di stasi. Mentre gli elementi naturali, i lavoratori, la Città, allo spuntar del sole tessono le lodi della luce, della vita e del lavoro con cori che creano “un’insensata sinfonia”, le battute di Mefistofele costituiscono una sorta di cornice al prologo che si configura come un quadro idilliaco e surreale del mondo descritto. Formalmente è molto simile al Prologo in Cielo del Faust goethiano ed è uno dei due unici momenti nel dramma in cui Mefistofele è rappresentato nella funzione tradizionale del diavolo48. Dal punto di vista della logica temporale interna, Faust e la Città, l’abbiamo già detto, è in continuità con il Faust goethiano: il processo di colonizzazione avviato nel V Atto è stato portato a termine ed ora, apparentemente, ____________________________________ Ivi, p. 136. Nel quinto quadro, mentre nel palazzo vescovile è in corso una riunione con il vescovo, il giudice e Faustul, irrompono i rivoltosi che dichiarano lo stato di rivoluzione. Mefisto si defila volando via dalla finestra. 47 48 21 un “popolo libero vive su un libero suolo”. Il duca Heinrich Faust è sovrano della città di Trotzburg nel ducato di Wellentrotz, governa il regno come un despota illuminato (lavora per il bene del suo stato, ascolta le richieste e le lamentele dei suoi cittadini, è affiancato da un tribuno del popolo) e si compiace della sua creazione, la Città49. Sebbene gli anni lo abbiano reso un uomo sensibilmente mite e saggio, il duca non si concede tregue e, conformemente all’istinto faustiano, impiega i suoi giorni per migliorare la sua colonia. Il barone Mefisto non ha esplicitamente poteri magici, ma rappresenta comunque la negazione. La sua essenza si chiarisce nel dialogo in cui egli informa Faust circa la rivolta che sta per travolgere il ducato: Faust: Di chi e di che cosa stai parlando, spirito malvagio, che non mi dai mai pace? Mefisto (con solennità): Faust, Faust, quanto mi piacerebbe darti la pace. Faust: Ho sete d’azione e per questo ho bisogno di serenità. Voglio essere incessantemente operoso50. Non possiamo fare a meno di notare il chiaro equivoco intercorso tra quanto afferma Mefisto e ciò che Faust intende: questi lamenta di sentirsi tormentato dal barone, invece la risposta di Mefisto lascia trasparire la sua avversione per ogni azione rivoluzionaria e il disappunto per l’atteggiamento ‘troppo democratico’ di Faust. Il barone Mefisto, qui, rappresenta non tanto lo spirito che negando, cioè operando il male, agisce a fin di bene, quanto il garante dello status quo. Egli obbedisce ad un principio di conservazione, la sua è una sostanziale negazione del cambiamento. Il barone, che è un uomo politico, si adopera per il mantenimento dell’assetto feudale e per questo stringe un patto non con Faust, ma con il figlio di quest’ultimo, Faustul, al quale promette il regno che sottrarrà alla “follia irrazionale” del popolo. Il barone Mefisto mostra tutte le caratteristiche del nemico politico, disapprova la premura di Faust per i suoi “figli”, per i cittadini cioè, e sin dall’inizio capisce che non potrà mai trovare un accordo con il sovrano di Trotzburg. A testimonianza di questa percezione serve la scena in cui Rivolta (nome parlante) viene condotto a corte per presentare le richieste di riforma sociale da parte del po____________________________________ 49 A ragione Jakuševa sottolinea il significato etimologico dei toponimi tedeschi che accentuano la consistenza allegorica del dramma: Troztburg, ‘città alternativa’ nel ducato Wellentrotz, edificato ‘nonostante le onde’. Cfr. G. V. JAKUŠEVA, Faust v iskušenijach XX veka, Nauka, Moskva 2002, p. 66. L’etimologia di trotz, comunque, non indica solo un’alternativa, ma anche resistenza, difesa, dal termine die Trutz. L’antico vocabolo Trutzburg indica una fortezza difensiva, mentre l’espressione jemandem Trotz bieten significa ‘affrontare, sfidare qualcuno’. Ne consegue un rafforzamento del significato simbolico del nome della Città, che viene dunque concepita non solo come paese alternativo, ma anche come comunità ribelle, che resiste ai tentativi di dominio assoluto del duca Faust. 50 A. V. LUNAČARSKIJ, Faust i Gorod, op. cit., p. 151. 22 polo sofferente. Egli sta per morire, ma trova la forza per accusare Faust di essere “un assassino, come tutti i [suoi] simili!”. Oppresso interiormente, il duca si difende: Non sono un assassino, né un tiranno. Posso essere buono. Io sono il benefattore ed il creatore di questo paese, il suo primo lavoratore. […] Figli miei, io lavoro molto, forse più di ciascuno di voi, e mi adopero per voi, per la città che tanto amo51. In questa occasione il barone Mefisto non esita a porre l’accento sul carattere del duca che devia dal suo modo di concepire l’essenza di un monarca: In certa misura questo vecchietto è il tuo autentico riflesso, come se fosse un tuo ritratto distorto in senso plebeo52. Sin dalle prime scene si profila, dunque, l’immagine di un sovrano molto ambiguo, dai tratti al contempo paternalistici ed autoritari, un uomo votato alla realizzazione del bene comune ma attaccato al potere, auto-compiaciuto della Città, ma sofferente per la generale incomprensione da parte dei cittadini. Basti considerare quanto frequentemente il duca legittimi il suo ruolo con simili parole: Io sono il sovrano che ha creato questa terra, posso dire, dal nulla. Voi siete venuti per viverci e per lavorare, sottomettendovi al mio scettro53. Il punto chiave, rappresentato da Rivolta, che impersona la ribellione del popolo che reclama la libertà, appare qui fondamentale per l’identificazione da un lato del carattere della Città, personificazione del popolo come un unico corpo, dall’altro lato della tendenza “plebea” e nascostamente democratica di Faust, che si rivelerà nel corso dell’azione scenica. Faustul e il barone Mefisto, al contrario, restano i depositari delle istanze dell’autoritarismo assolutista e dell’istituto monarchico che, ancora per poco, sarà garantito da Faust. Per questo, per difendere l’ordinamento aristocratico, oltre a commettere delitti, conducono una battaglia armata contro la Città in rivolta. Le lamentele e le proteste dei cittadini preludono a grandi cambiamenti: abilmente guidati dai “tribuni”, essi lentamente prendono coscienza di sé, dei propri diritti e del pro____________________________________ Ivi, p. 153 e p. 155. Ivi, p. 153. 53 Ivi, p. 160. 51 52 23 prio valore e, non volendo tollerare oltre le ingiustizie sociali perpetrate nello stato – favoritismi, corruzione, soprusi – si prepara ad insorgere. La rivolta ha luogo nel terzo quadro che si chiude con un solenne annuncio dell’alba del nuovo ordine, della nascita della “città sovrana”: Una città-sovrana s’è destata, un maestoso gigante: al mattino tra gli eguali Trotzburg regnante di colpo con un corpo s’è alzata. […] Egli dirà al duca: vieni, mio primo cittadino, resta primo tra gli eguali, poiché il re sono io solo!54 Si raccoglie, attraverso questi versi, l’idea di Lunačarskij sul rapporto tra la Città e il genio-creatore: una volta formato, il creato andrà a sostituire il suo creatore, pertanto il popolo, nuovo titano, prenderà il posto del suo sovrano. Per questo, animato dallo spirito di rivolta, non resta passivo di fronte ad un ordine in cui non intravede alcun disegno umanitario. Sebbene Faust abbia promesso pace, libertà e benessere, nella Città domina la corruzione e persistono i privilegi dei ricchi. La classe operaia si vuole ormai partecipe del potere statale: in questa società, nella quale Faust stesso ha sognato la realizzazione della “libertà su libero suolo”, non può esservi più spazio per l’autorità costituita che infrange le istanze democratiche. Faustul, dal canto suo, in quanto erede al trono, sostenuto dal diabolico barone Mefisto e avido del comando assoluto, non può consentire ai “tribuni del popolo” Gabriel e Scott di patteggiare con suo padre il potere sulla Città. La vera essenza di Faustul si comprende, tuttavia, nel quarto quadro, quando Faust scopre il delitto commesso da suo figlio ai danni di Ortruda, l’omicidio del padre e del fratello. Quest’ultimo caso – che ricorda la vicenda di Gretchen e l’uccisione del fratello Valentin da parte di Mefistofele – scatena la furia dei rivoltosi. Gabriel van der Bond e William Scott, in qualità di rappresentanti del popolo, prima di passare alla controffensiva, propongono al duca il triumvirato come soluzione di governo, una sorta di compromesso politico che prevede l’intervento del popolo nella gestione democratica del potere. La primissima reazione del duca è violenta: ____________________________________ 54 Ivi, p. 180. 24 Imbecilli, io vi distruggo, distruggo tutta la città, come un formicaio, e ne creo un’altra55. Faust sembra convinto di essere un Creatore onnipotente, un Superuomo che può impiegare dovunque la sua forza nella creazione. A ben vedere, egli si caratterizza come un dio terribile, che distrugge come crea. Alla fermezza di Scott, che annuncia “O Trotzburg sarà libera o verrà distrutta!”, il duca reagisce: (si allontana, resta in piedi pensoso): Devo rifletterci un po’. Il sangue mi ripugna. (Preme la mano sulla fronte) Si deve fare questa esperienza?... Si renderanno conto da soli! Poi rimedierò io ai loro errori. Dopotutto devo investire tutte le mie forze nell’uomo di ferro. (Si riavvicina a loro e parla ad alta voce) Tribuni della plebe! Dunque: io non voglio né posso governare insieme a voi. Scegliete: o io resto l’unico sovrano di Wellentrotz e Trotzburg, oppure governate voi senza di me. Io mi trasferirò in un altro luogo per creare una nuova vita. Non mi impoverisco se perdo il ducato. State solo attenti a non diventare voi miseri perdendomi56. Tutto sommato, però, Faust lancia un’idea di governo che gli si ritorce contro. I tribuni, infatti, forti dell’appoggio dell’intero popolo, accettano di governare da soli, ricevendo il potere direttamente dalle mani del sovrano, il quale non può fare altro che abdicare per riparare l’onta cagionata da Faustul: Faust: Giovane scozzese, sei sicuro che il popolo sia d’accordo con te? Scott: In questo momento sì. Se in seguito il popolo si pentirà allora implorerà il vostro benevolo ritorno e vi farà dono delle nostre teste. […] Faust: Prendete il potere57. Questa scena è di fondamentale importanza per comprendere il senso ideologico del dramma. Nell’atteggiamento di Faust si potrebbe scorgere un riflesso dell’imperatore Nicola II, ostile alla possibilità di accordare ai rappresentanti del popolo un margine di collaborazione alla gestione dello stato attraverso la concessione della Duma e dell’assemblea costituente nei mesi che precedono la rivoluzione del 1905. A differenza dei fatti storici, però, l’impetuoso ma saggio Faust accetta di trasferire il potere nelle mani del po____________________________________ Ivi, p. 186. Ibidem. 57 Ibidem. 55 56 25 polo, affinché non si commettano crimini (storicamente, invece, si fa memoria della “domenica di sangue” del gennaio 1905) e pensa semmai di creare qualcosa da mettere al servizio del bene comune. Per questo egli si fa inventore dell’uomo di ferro, la macchina a vapore, un congegno meccanico che potrà alleggerire le fatiche del suo popolo. In questo modo Lunačarskij rivela l’utopia degli insorti nella rivoluzione borghese-democratica del 1905, allorché Nicola II avrebbe dovuto o cercare un accordo con i rivoltosi o rinunciare al trono in favore del nuovo governo. Ma Nicola II, evidentemente, non era un sovrano del calibro del duca Faust, colmo di pietà per le sofferenze di coloro che considera i suoi figli e che “ama ardentemente”, tanto da rinunciare, persino contro la sua volontà, al suo ruolo di sovrano. Faust: Avete scelto. Dall’alto della “Torre dei Falchi” osserverò una commedia delittuosa58. L’obiettivo di Faust rimane quello di indurre il popolo a prendere coscienza di quanto sia indispensabile ripristinare il potere del trono ducale, forte della convinzione che la Città nulla possa compiere da sola e ponendosi sempre in una prospettiva di perfetta e superiore autosufficienza, come un dio che si diverte a guardare “dall’alto […] la commedia delittuosa” delle sue creature. Certo di dover ritornare al potere per “riparare agli errori del popolo” e malgrado le proteste di Faustul e Mefisto, Faust si ritira con la figlia Faustina, la quale pure lo abbandona per unirsi all’amato Gabriel e servire la causa rivoluzionaria. L’esilio segna il tempo della conversione di Faust, il cui paternalismo autoritario progressivamente si tramuta in compassione per le sofferenze dei cittadini e per la durezza del lavoro e sfocia nella liberazione dell’amore assoluto ed incondizionato per il popolo, sua creatura. Faust non desidera altro che ritrovare i “suoi figli”, ai quali intende donare la macchina a vapore, un meccanismo in grado di compiere le fatiche dell’uomo. Così i cittadini avrebbero a disposizione maggiore tempo libero da dedicare all’accrescimento della conoscenza e ai piaceri della vita. Nell’attenzione alla ricerca scientifica si riconosce il peculiare tratto faustiano della tendenza ad indagare i sentieri inesplorati del sapere. Il confronto drammatico tra Faust e sua figlia Faustina, sostenitrice della rivoluzione, si acuisce a partire dal sesto quadro. Il dualismo che caratterizza il dramma – e Faust stesso – è esemplarmente rappresentato dai suoi due figli che perseguono obiettivi politici divergenti: Faustul protende verso l’assolu____________________________________ 58 Ivi, p. 190. 26 tismo, Faustina verso la democrazia. Nel frattempo, Faust, assalito da un profondo dissidio spirituale, prende coscienza del suo essere un anacronismo, un morto in un corpo vivente che, tuttavia, è animato dall’intenso desiderio di realizzare la sua macchina a vapore e di ricongiungersi ai suoi cittadini. Il popolo, intanto, proclama la nascita della Repubblica Democratica che non è scevra dai tentativi di corruzione da parte del barone Mefisto, l’istanza diabolica che corrompe il tribuno William Scott per sovvertire lo stato appena sorto. Nell’ultimo quadro l’azione si colloca nella piazza della città sulla quale è radunato il popolo per accogliere il ritorno di Faust ed inaugurare il tempio in suo onore costruito dall’architetto Dellabella. In esso vi è un altare e un busto marmoreo recante l’epigrafe Urbi Faustae Faustoque urbans. Il ‘nuovo Faust’, ormai convertito, dalla balaustra della Torre dei Falchi in cui si era rinchiuso, si affaccia sulla piazza e, visibilmente commosso, si rivolge ai cittadini con un discorso oltremodo patetico: (spalancando le braccia al popolo) Figli, miei cari figli saggi e coraggiosi! Vi porgo il mio saluto! Ecco, anch’io sono con voi, tra di voi, a viso aperto, ho risposto al vostro invito ad essere un cittadino vostro pari della libera Trotzburg. Voi mi avete insegnato ad apprezzare il genio popolare. Da tempo vi osservavo dall’alto della torre, e nel mio cuore vigeva incertezza e confusione, mutatasi poi in appassionato amore. Figli miei, fratelli, accoglietemi. Ho visto e ascoltato con quanta saggezza e rettitudine avete preso le vostre magnifiche decisioni. Ho guardato questa creatura, una folla numerosa, di colore chiaro, potente, ineffabile, ho visto i suoi rumori, i movimenti e le voci, le sue masse che assomigliano all’acqua del mare, razionale e tutta viva nei suoi slanci spontanei. Figli, fratelli, credo, sì credo in voi: moltiplicatevi, crescete, illuminate il mondo, comprendetelo, costruite, apprendete, create e sarete come gli dèi. Dopotutto gli dèi sono il sogno dell’umana potenza59. Faust esprime, così, la sua conversione alla collettività, alla democrazia, riconoscendosi cittadino-fratello della società fondata sul lavoro e sull’amore: Io sono tutti voi… Io sono tutti gli altri… Io sono molti, io l’infinito. Io tutti, tutti sono me! Di nuovo sento ciò che una volta ho provato, ma non così forte da farmi girare la testa, e nemmeno così implacabile e dolce… Ah! Cielo, sole, terra e noi, noi. Amici, noi siamo un unico corpo60! ____________________________________ 59 60 Ivi, p. 240. Ivi, p. 242. 27 Cadendo nelle braccia di Gabriel, per l’impeto di gioia – sente nel suo cuore gli stessi sentimenti degli altri – Faust muore gustando il momento di suprema felicità: Faust (aprendo le braccia in un grande abbraccio): O vita! Noi! Fermati, attimo di felicità! Medico: Faust è morto. Gabriel: Faust è vivo in tutti! È vivo con noi, è vivo per sempre61. Il duca Faust muore tra i rintocchi lontani delle campane, simili ad un coro celeste. L’altare permetterà all’umanità di venerarlo nei secoli come una divinità, cosicché se prima il popolo voleva liberarsi di un sovrano assolutista, ora ossequia questo stesso che, trasfigurato, è un Uomo Nuovo, un membro del grande Noi. La fusione dell’io con il noi, dell’individuo con la collettività, predispone Faust a guadagnarsi l’immortalità terrena. G. Zimmermann, giustamente, nota che “paradossalmente l’abbandono del potere simil-divino gli assicura un altare esclusivo nel Pantheon della città, di modo che egli possa essere venerato dalla gente che egli stesso ha creato”62. Come commenta M. Bullitt, il Faust di Lunačarskij, a differenza di quello goethiano, trova una soluzione al suo travaglio spirituale non nel mondo metafisico, ma in quello materiale, nella socialità: il personaggio faustiano vive, infatti, un’evoluzione interiore e da genio egoista si converte progressivamente al socialismo, diventando primus inter pares63. In questo modo le istanze faustiane passano integralmente alla collettività e si risolvono su un piano essenzialmente sociale. Il nuovo Faust è la Città, caratterizzata dall’impulso all’avanzamento, dall’anelito al progresso, al miglioramento delle condizioni di vita sociale. L’istinto faustiano è incarnato, in particolare, dalla classe dei lavoratori dello stato proletario e democratico. La tematizzazione del motivo faustiano operata da Lunačarskij in questa pièce va letta in relazione al contesto socio-politico e culturale nel quale l’autore si forma. Alla base della sua visione, infatti, vi è quella forma sincretica di religione e socialismo che va sotto il nome di bogostroitel’stvo (costruzione di dio), sorta dopo la rivoluzione del 1905 nell’ala sinistra del partito bolscevico in contrapposizione alle nuove correnti religiose riunite sotto il nome di bogoiskatel’stvo (ricerca di dio) il cui maggiore esponente era Merežkov____________________________________ 61 Ibidem. G. ZIMMERMANN, The Revolutionary and the Superfluous Man: Soviet Russian Images of Faust, Dissertation, University of Kansas, Kansas 1992, p. 79. Traduzione mia. 63 M. BULLITT, op. cit., p. 194. 62 28 skij64. Il bogostroitel’stvo si configura come una corrente di pensiero vicina all’idea del ‘Gesù socialista’ del movimento operaio italiano dei primi anni del Novecento e prospetta una valenza religiosa della tradizione ideologica materialista retta dalla lotta di classe. Nell’ampio saggio Religione e socialismo (Religija i socializm, 1908-1911) che, insieme al romanzo Confessione (Ispoved’, 1908) di M. Gor’kij, rappresenta un testo emblematico di questo pensiero, Lunačarskij enuclea i risultati dell’incontro tra il pensiero di ispirazione marxista e l’empiriocriticismo di R. Avenarius65. Sulla linea di Feuerbach – filosofo tendente alla trasformazione della teologia in antropologia – e affascinato dall’Anticristo (1888) di F. Nietzsche, Lunačarskij propone una religione senza Dio, una religione del lavoro, il cui senso sintetizza, secondo il programma di Marx, le eterne aspirazioni di ogni religione: giustizia, libertà, felicità66. Questa concezione è presente, in definitiva, nel Faust e la Città: Faust, presentato come un Superuomo per la sua natura bramosa, si divinizza attraverso l’agire, attraverso il lavoro che gli permette di riformulare l’esistente sulle premesse etiche di giustizia, di libertà e di felicità a vantaggio della collettività. Il finale del Faust II suggerisce senza dubbio nuove questioni da risolvere sul piano sociale e Lunačarskij coglie una delle questioni fondamentali, quella del rapporto tra il potere e la sua gestione, tra cittadini e governanti, tra la ricerca del bene comune e il perseguimento dei propri interessi, in un concetto, tra democrazia e monarchia. Che Goethe, “poeta costruttore di utopie sociali”67 – come manifesta la prospettiva storica del Wilhelm Meister – abbia davvero pensato ad uno stato socialista nel futuro della società creata dal suo genio, non ci è dato saperlo. Ma certamente l’ultimo Atto del suo Faust mostra una visione politica che in nuce contiene l’idea di un’evoluzione della società in senso comunitario e collettivistico68. ____________________________________ Per un quadro sintetico del confronto ideologico di inizio secolo in Russia cfr. C. DE MICHELIS, Il confronto ideologico, in Storia della civiltà letteraria russa, a cura di M. COLUCCI E R. PICCHIO, UTET, Torino 1997, v. II, pp. 18-32. 65 All’università di Zurigo, dove studia dal 1892 al 1896, Lunačarskij segue i corsi di Plechanov, Avenarius e Axel’rod. Le teorie empiriocritiche esposte da Avenarius devono aver lasciato una traccia profonda sulla sua formazione intellettuale, tale da indurlo a costruire un proprio sistema filosofico. Avenarius affermava che alla base della conoscenza vi sono gli “elementi”, le percezioni, che conducono all’agnosticismo, alla certezza che al di là delle sensazioni non vi è nulla di attendibile. Il suo scritto principale, Die Kritik der reinen Erfahrung (La critica dell’esperienza pura, 1888-1890) manifesta la volontà di costruire una filosofia come se fosse una scienza rigorosa, come le scienze positive della natura, che escluda ogni metafisica e si limiti a riconoscere ed elaborare l’esperienza pura. L’empiriocriticismo, infatti, critica radicalmente il valore teoretico della scienza. Cfr. N. ABBAGNANO-G. FORNERO, Protagonisti e testi della filosofia, Paravia, Torino 1996, v. III, pp. 677-678. 66 Cfr. A. V. LUNAČARSKIJ, Religija i socializm, Šipovnik, Sankt-Peterburg 1908-1911. 67 G. BAIONI, Classicismo e Rivoluzione, Guida, Napoli 1969, p. 340. 68 Ricordiamo, a questo proposito, il prezioso contributo del critico marxista G. LUKACS, Goethe und seine Zeit (Francke Verlag, Bern 1947), che propone la rilettura della tragedia sotto l’aspetto sociale. Lukacs sostiene che nel Faust II sia rappresentato il passaggio dal feudalesimo al capitalismo e lascia intendere che l’utopia, il sogno visionario di Faust, sia una previsione dell’instaurazione del socialismo. Di particolare interesse, per i risultati cui conduce, è il sopraccitato studio di G. Baioni, che ci rivela un Goethe intimamente consacrato al progresso, propenso alla realizzazione dell’ideale umanitario nella società attraverso una lenta e graduale evoluzione che escluda ogni rivoluzione, per sua natura violenta, principio che ben si coniuga con i suoi ideali classicisti. 64 29 In realtà, l’approdo finale del duca Faust è un punto molto dibattuto tra i critici. Per R. Ilgner la rivoluzione finisce per uccidere Faust, sminuendone la grandezza da Superuomo, la cui unica possibilità di resurrezione resta nel doversi fondere con la massa: “Le realtà storiche hanno dato una prova schiacciante della situazione inversa, dovunque. I Faust sono stati sottomessi ad un processo di parificazione, la loro statura è stata diminuita per facilitare la loro eventuale scomparsa nella Massa”69. Per R. Pascal la conciliazione finale nel dramma snatura la peculiarità del personaggio faustiano e appiattisce il motivo della perdurante insoddisfazione che, invece, è centrale per il Faust goethiano. La società ideale creata da Lunačarskij, a suo vedere, non porrebbe più “nuovi problemi da risolvere”, quindi metterebbe fine ad un mito letterario. Se è vero che Lunačarskij nel Faust e la Città risolve la dialettica storica della lotta di classe – rappresentata da un lato dai conservatori Faustul e Mefisto, dall’altro dalla classe progressista del proletariato urbano – nella sintesi del socialismo e scioglie il conflitto dialettico del personaggio faustiano, è vero anche che questa soluzione, inserita in un contesto di genere quale il dramma filosofico, prospetta un finale ideale. La società utopica realizzata nella Città ora apparentemente felice non è scevra di problemi che restano irrisolti. Le incalzanti richieste dei mercanti, avidi di ricchezze, rischiano di sovvertire il nuovo sistema sociale; i nuovi governanti devono ancora essere nominati e non si sa quali saranno le effettive modalità di governo. Per giunta, William Scott, uno dei tribuni che ha guidato il popolo verso la libertà, si lascia sedurre dalla proposta di Mefisto di prendere il potere, e infatti, quando Gabriel annuncia pubblicamente il ritiro dei tribuni del popolo dalla scena politica, egli protesta: Scott (pallido e tremante, a bassa voce): Non c’è stato alcun accordo tra di noi, Gabriel. Gabriel (sottovoce): Osi protestare adesso, Scott? Scott: Mi hai imbrogliato71! Il tentativo di conciliazione finale, dunque, è condotto sul piano puramente ideale e pertanto si può affermare che la conclusione del dramma esprime soltanto l’utopia di una società senza classi come sintesi del dualismo faustiano ____________________________________ R. ILGNER, Goethe’s “Geist, der stets verneint”, “Germano-Slavica”, II, 1977, n. 3, pp. 177. Traduzione mia. R. PASCAL, Lunatscharski: “Faust und die Stadt”. Zur Deutung des “Faust”, in Gestaltung, Umgestaltung. Festschrift zum 75. Geburtstag von Hermann August Korff, a cura di J. MÜLLER, Koehler & Amelang, Leipzig 1957, p. 137 sg. 71 A. V. LUNAČARSKIJ, Faust i Gorod, op. cit., p. 238. 69 70 30 politicamente inteso, punto di convergenza delle due opposte tendenze di Faust (alla monarchia e alla democrazia). Lunačarskij, in questa pièce dal finale aperto, tenta di risolvere un problema che in realtà è insolubile. Non si tratta soltanto di delineare la Città dell’avvenire secondo l’ideale umanitario tratteggiato dal poeta di Weimar, ma anche e in modo particolare di sintetizzare il materialismo storico di stampo evoluzionistico che sta alla base del suo pensiero filosofico72. Il dramma, infatti, sembra confermare la teoria dell’evoluzione sociologica di H. Spencer (1820-1903), secondo il quale nella storia si è passati da una fase di cooperazione umana coatta (regime militare), in cui il potere statale prevale sugli individui che governa, ad una fase più libera e spontanea (regime industriale), nella quale gli individui sono attestati su un livello di piena coscienza dei propri diritti che permette loro di resistere al controllo statale. Spencer prospetta, poi, una terza tipologia sociale, basata sulla libera cooperazione di individui, che sostituisca l’egoismo con l’altruismo. Ne consegue che l’essenza del nuovo organismo politico è sostanzialmente morale e prevede uno stato in cui l’uomo avverte la premura del prossimo come atto spontaneo e volontario. La palingenesi di Trotzburg, rappresentata dalla conversione del suo primo cittadino, sintetizzerebbe, in tal modo, il conseguimento del terzo stadio di sviluppo della società di Spencer73. Molti socialisti dell’epoca vedevano in Faust l’incarnazione dello slancio dell’uomo che, a lungo intrappolato nel proprio individualismo e nei suoi fantasmi religiosi, trova il suo compimento nella cura dell’umanità74 e l’eroe di Lunačarskij vive una vera e propria trasfigurazione etica dai risvolti politici in vista di una futura – utopica – società dell’amore. Il dramma è integralmente costruito sulla sovrapposizione del piano reale e di quello fantastico: oltre alle questioni politiche, percorrono il testo scenari autenticamente irreali (il canto delle Campane e il rumore della Città nel prologo, il Cavaliere misterioso nel settimo quadro, i personaggi allegorici…). Tutto ciò, insomma, testimonia quanto poco l’autore abbia sacrificato il linguaggio poetico del discorso drammatico alle esigenze della propaganda ideologica di massa. Questa rivisitazione del mito faustiano alla luce dell’ideale socialista è concepita da R. Schröder come una tappa fondamentale nella promozione di un ____________________________________ V. Sudakov, nella sua dissertazione, esamina l’evoluzione delle concezioni filosofiche di Lunačarskij, evidenziando in particolare le contraddizioni insite nelle sue idee sociologiche che sono il risultato di due tendenze diverse: il marxismo e il positivismo di H. Spencer e R. Avenarius. Da esse Lunačarskij avrebbe dedotto la convinzione che la società sia un organismo che nasce dal processo evolutivo naturale, la cui spiegazione viene data dalla formula evolutiva di Spencer, a suo parere la migliore fra tutte. Cfr. V. SUDAKOV, Evoljucija filosofskich vzgljadov A. V. Lunačarskogo, Gosudarstvennyj Institut Imeni Gor’kogo, Sverdlovsk 1973. 73 Tra i contributi filosofici più importanti di H. Spencer ricordiamo Social Statics (1850), Principles of Psicology (1850) e Principles of Sociology (1868). 74 Cfr. A. DABEZIES, op. cit., p. 65. 72 31 rinnovamento della problematica faustiana75. A questo punto si può concludere, quasi con completa certezza, che Lunačarskij con la sua pièce abbia voluto davvero realizzare il terzo Faust, quel Faust socialista che rappresenta la sintesi storica del percorso di un eroe che, attraversata la fase del feudalesimo nel piccolo mondo (Faust I) e quella del capitalismo nel gran mondo (Faust II), presagisce il socialismo e lo realizza. Faust e la Città, dunque, assume il compito di continuare e concludere il poema goethiano. ____________________________________ Cfr. SCHRÖDER, Lunatscharskis “Faust und die Stadt“ und die sozialistische Erneuerung der Fausttradition, in A. W. LUNATSCHARSKI, Faust und die Stadt. Ein Lesedrama mit Essays zur Faustproblematik, a cura di R. SCHRÖDER, Verlag Philipp Reclam jun., Leipzig 1973, pp. 211-247. 75 32