Aura, Rivista di Letteratura e Storia delle idee, 2/2022, ISSN 2723-9527
Note sulla fenomenologia delle nuove scritture digitali
Gesto e esperienza, materia e ambienti
CRISTINA COCCIMIGLIO
1. Esperienza estetica e sincretismo espressivo
La scrittura digitale oggi assume maggiore autonomia nella misura in cui opera come
immagine, come testo su un supporto. È doveroso rilevare che la scrittura in genere
«Da un punto di vista tecnico, è un’estensione del disegno o più in generale
dell’arte grafica, se con questo termine indichiamo tutta la gamma di varietà del
colorare, intagliare, incidere e imprimere superfici delle quali la scrittura fa uso1»
Cosa sono i quaderni compilati dagli studenti? Solo una dimensione della scrittura: la
scrittura alfabetica. Essa, se seguiamo Husserl, in L'origine della geometria, è la condizione
della realtà e del pensiero noetico2, vale a dire cioè la condizione per la scrittura. Il
filosofo tedesco – che, nel testo citato, contraddice gran parte delle sue tesi precedenti –
sostiene cioè che il pensiero noetico è condizionato dalla scrittura. Risulta evidente
dunque come la questione decisiva oggi non sia rappresentata dalla scrittura digitale in
sè, ma dai nuovi modi di pensare indotti da questa tecnologia.
Con il web interattivo si è diffusa una nuova forma espressiva praticabile da milioni di
persone, caratterizzata da un sincretismo di elementi espressivi diversi (suoni, immagini,
parole, sequenze di immagini) e che richiede la mobilitazione di un atteggiamento
creativo. Le forme di scrittura con le quali, i ragazzi oggi si confrontano soprattutto in
contesti extrascolastici sono già esempi di scrittura estesa3, intendendo con essa, appunto,
un nuovo tipo di scrittura suscettibile di apprendimento e interazione, legata a una
pratica quotidiana riferita all’ambiente del world wide web.
Roy Harris, L’origine della scrittura, Roma, Stampa Alternativa & Graffiti Ed.,1986, p.33.
Per questa riflessione su Husserl si ringrazia il filosofo francese Bernard Stiegler, intervistato per la mia tesi di
dottorato in Filosofia nel gennaio 2019.
3 Cfr. Pietro Montani, Emozioni dell’intelligenza, Meltemi, Milano, 2020.
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1
La scrittura estesa accoglie principalmente forme di scrittura che definiamo creative, in
senso lato. A partire dagli anni novanta, ricordiamo che l’espressione creative writing4
viene però anche diffusamente utilizzata – inizialmente in contesti anglofoni - per
indicare l’insieme delle tecniche che hanno lo scopo di formare alla professione dello
scrittore5. Ma qui si intende focalizzare l’attenzione innanzitutto su quel sincretismo
espressivo tutt’altro che nuovo che caratterizza la scrittura estesa
«È nuovo, invece il fatto che le sue condizioni di impiego si avvalgano della possibilità
di diffusione su scala globale garantita dalle infrastrutture del web e, insieme, del
supporto produttivo specifico costituito da un lato dalla natura archiviale della rete,
dall’altro dalla tecnologia digitale in quanto tale, cioè dalla grande plasticità del codice
binario che la contraddistingue e dai numerosi dispositivi in grado di interfacciarlo con
un display6.»
È possibile rinvenire storicamente esempi di sincretismo espressivo se pensiamo al
linguaggio del cinema. A questo proposito, Pier Paolo Pasolini scrive: esso «non è una
lingua nazionale, ma piuttosto quella che definirei transnazionale (non internazionale, ché questo
termine è ambiguo) e transclassista7».
Genericamente nella scrittura estesa nel web, la scrittura non è solo riscrittura perché non
è in gioco solo una immaginazione capace di presentare ciò che è assente
(immaginazione riproduttiva). Essa ripropone veri e propri “schemi” in senso kantiano8.
Si attiva cioè un immaginare regole di giudizio che, fino a quel momento, non erano date.
In questo processo il ruolo delle emozioni è decisivo9: esso è determinato dalla
generazione di atmosfere ma suscitato anche dalla lettura di testi e dall’interazione con
gli altri.
In particolare la scrittura digitale provoca l’immaginazione ad agire in modo
incorporato e interattivo con la materia semiotica che offre la rete o, se pensiamo ai
laboratori di scrittura, con il materiale messo a disposizione dai docenti in aula ad
esempio. Questa materia a sua volta suggerisce nuove regole di montaggio e
riorganizzazione e attiva un meccanismo affine a quello che coinvolge l’essere umano
alle prese con la costruzione di un oggetto artigianale. È qui che infatti ci si lascia
suggerire dalla materia la forma dell’artefatto finale.
L’arte, la realizzazione di brevi racconti, di poesie o di giochi linguistici, ci portano
dunque dentro l’officina entro la quale avviene l’integrazione tra immagine e parola.
4
Cfr. lo studio INDIRE sulla scrittura creativa nel volume di Raimonda Maria Morani, Cristina Coccimiglio,
Federico Longo, Immaginare, Scrivere, Narrare, Carocci, 2021. Per un approccio critico alla pratica della scrittura
creativa si vedano lo studio INDIRE citato e la puntualizzazione su scrittura creativa e scrittura letteraria in Simone
Giusti, Il piacere di leggere (dall’università alla scuola e ritorno), “La ricerca”, 7 maggio 2022
https://laricerca.loescher.it/il-piacere-di-scrivere-dalluniversita-alla-scuola-e-ritorno.
5
Essa include generi diversi che vanno dalla narrativa alla pubblicità e quindi anche l’orizzonte della comunicazione
per immagini.
6
Pietro Montani, Materialità del virtuale, Ágalma, Figure dell’inorganico n. 40, pp. 11-18
7 Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Halliday, introduzione di N.Naldini, Guanda, Parma, 1992.
8
Cfr. Nunzio Allocca, Dario Cecchi, Immaginazione, schematismo e prestazione estetica, “InCircolo. Rivista di Filosofie e
culture”, n.3, giugno 2017. https://www.incircolorivistafilosofica.it/wp-content/uploads/2017/06/Allocca-cecchiimmaginazione.pdf, last access, 13/05/2022.
9 Pietro Montani, Emozioni intelligenza. Un percorso nel sensorio digitale, Meltemi, Roma, 2020.
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2. Materialità della parola e del gesto
Per la costruzione di testo linguistico, coerenza e organizzazione sono principi operativi
imprescindibili. Questi si realizzano smontando e rimontando il testo o parti di esso
“riposizionando i confini dell’organizzabile”10. Il poeta, ad esempio, intrattiene con la
materia linguistica ciò che l’archeologo cognitivo Lambros Malafouris definisce Material
Engagement (MET11)
«dove finisce il linguaggio, comincia non l’indicibile ma la materia della parola. Chi
non ha mai raggiunto, come in un sogno, questa lignea sostanza della lingua, che gli
antichi chiamavano “selva”, è, anche se tace, prigioniero delle rappresentazioni12.»
Citando la materialità della parola, è utile rievocare l’espressionismo pasoliniano. Come
nota Vincenzo Cerami nel saggio Pasolini. Le ceneri di Gramsci13, Pasolini identifica il suo
impegno civile con la volontà di esprimere la vita, svuotando provocatoriamente le
parole di significato per ridurle a suono, un suono che diviene materia e traccia della
sostanza della lingua: l’azione è poesia, la poesia azione; le parole non solo raccontano
ma esprimono.
La MET propone proprio un modo innovativo di intendere il rapporto tra il pensare
nella mente e agire nel mondo. Gli umani pensano costruendo segni e lasciando tracce
mnestiche. Pensare e socializzare sono radicati in gesti elementari di significazione.
Potremmo ipotizzare che costruire un grafico excel o scrivere digitalmente una poesia o
una pagina di un racconto breve non sia esattamente definibile come un prodotto del
pensare, ma come un modo del pensare14. È qui in questione un’idea di mente che, sulla
scia delle teorizzazioni pragmatiste di Pierce, non è delimitata e limitata dalla pelle. La
MET cambia il modo in cui pensare la relazione tra cognizione e materialità.
Quest’ultima infatti è un divenire cognitivo. È situata all’interno ma non è confinata in
cervelli individuali, anche se è costituita dal mondo materiale. Malafouris intende il
pensare come thinging, non come causa del thinging.
I cosidetti oggetti digitali diventano la parte non-biologica della mente al pari di quelle
biologiche come corpi e neuroni. Lavorare con una tastiera o con un mouse è il
prodotto di un coinvolgimento creativo materiale in cui non c’è agente separato
dall’azione. Ma qual è l’aspetto realmente innovativo di questa teoria anche per l’analisi
dei processi di apprendimento nei quali è implicato l’utilizzo di strumenti digitali? Oggi
l’ideologia educativa dominante e l’organizzazione didattica più diffuse si fondano su un
dualismo marcato tra anima e corpo e tra corpo e psiche. A questo si lega una
concezione della trasmissione del sapere che vede i processi intellettuali e quelli di
scambio simbolico mettere in secondo piano il corpo vissuto (Leib). La MET consente
un superamento di questa visione. Lo scrivente o in particolare lo studente, scrivendo in
aula, risente delle condizioni legate all’ambiente reale e, in didattica a distanza, anche di
quelle del “paesaggio ambientale” virtuale, vissuto attraverso lo schermo cui accede: un
universo che si colora di suoni, immagini e parole scritte.
10
Pietro Montani, Materialità del virtuale, Ágalma, 40, p.16.
Lambros Malafouris, Mente e coinvolgimento materiale, in Marco Pavanini (a cura di) Tecnica. Figure e strutture dell’artificio,
Napoli, Kajak, 2020, pp.23-58.
12
Giorgio Agamben, Idea della prosa, Feltrinelli, Milano 1985, p.19.
13
Vincenzo Cerami, Pasolini. Le ceneri di Gramsci, in Letteratura italiana. Le opere, vol. IV, Torino, Einaudi, 1996, p.671.
14
Cfr. Raimonda Maria Morani, Cristina Coccimiglio, Federico Longo, Immaginare, Scrivere, Narrare, Roma, Carocci,
2021.
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Un'altra teoria estetica aiuta a completare l’analisi sui cambiamenti in atto con
la rivoluzione digitale. Essa prende avvio dalla seguente constatazione: esistono qualità
espressive inerenti a luoghi, persone e situazioni, in qualche modo “motivanti” (es.
atmosfere opprimenti, minacciose, inquietanti o rilassanti, favorevoli, familiari)15. Mi
riferisco all’approccio atmosferologico ben rielaborato dal filosofo Tonino Griffero.
L’estetica patica consente di rivalutare il ruolo centrale delle atmosfere come insiemi
espressivi, muovendo da un simile presupposto di negazione di un certo dualismo.
3. Educazione, cultura digitale e scrittura: spazi emozionali e atmosfere
Noi tutti - e dunque anche studenti e insegnanti in aula - siamo in rapporto con
atmosfere. Essere in aula o in casa in DAD, significa trovarsi in uno spazio ma anche
sentirsi ed essere emozionalmente intonati in un certo modo. La chiave di volta di
questa estetica che si fa prassi è la corporeità vissuta che ci si presenta come qualcosa di
cui siamo quotidianamente responsabili rispetto alla qualità della nostra intera
condizione esistenziale, soggetta all’azione di protesi e dispositivi tecnologici16. Si tratta
di un ripensamento dell’esperienza nella quale ciascuno, sentendo se stesso, percepisce
sensibilmente anche il mondo che lo circonda17.
Le atmosfere riorientano situazioni emotive. Sembra dunque chiaro che il
linguaggio diventa operativo solo se entra in relazione con competenze più arcaiche
dell’immaginazione, una “tecnica” che migliaia di anni fa aveva innanzitutto prodotto
artefatti e pratiche di apprendimento e insegnamento.
Due sono le considerazioni conclusive che proporrei, infine, a partire dalle
nuove dimensioni e dagli orizzonti aperti dalle nuove forme di scrittura e
sull’imprescindibilità di una riflessione che lavori ai margini di discipline diverse come
estetica, letteratura, pedagogia, archeologia cognitiva e cultura digitale.
A fronte delle numerose esperienze didattiche e di ricerca su lettura e scrittura e
della recente esperienza della pandemia che ha coinvolto l’intera popolazione mondiale,
è necessario ripensare in primo luogo le potenzialità e le modalità di condivisione delle
narrazioni digitali e, in secondo luogo, il valore d’uso della letteratura, il suo
insegnamento, il rapporto tra scrittura letteraria e apprendimento e, per quest’ultimo,
l’importanza della lettura18. Ragionare sulle mutate condizioni reali di possibilità di questi
fenomeni e su quelle auspicate si rivela un compito da ripensare individualmente e
collettivamente. Il lavoro internazionale sui saperi digitali avviato dal filosofo francese
Bernard Stiegler, ad esempio, con Digital Studies Network19, segue una linea di ricerca
condivisa volta a
Avviato nel 2015, lo studio “Atmospheres of Growing Up” (Barbara Wolf, Atmospheres of learning: How they affect
the development of our children , Milano-Udine, Mimesis, 2019) ha esaminato come i bambini vivono le atmosfere
nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Si tratta di uno studio che segna il primo passo a un approccio
completo alle atmosfere di apprendimento.
16
Cfr. Tonino Griffero, Il pensiero dei sensi. Atmosfere ed estetica patica, Milano, Guerini scientifica, 2017.
17 Le atmosfere sono dunque qualità specifiche emozionali della situazione in cui di imbattiamo e da cui siamo
pervasi, “nicchie sopravvenienti” espressivo-qualitative, che “prescrivono” un contegno emozionale, motorio e
cognitivo; le sentiamo, ne parliamo e sono collocate nello spazio.
18 E in particolare della lettura ad alta voce. Cfr. Federico Batini. Lettura ad alta voce. Ricerche e strumenti per educatori,
insegnanti e genitori., Faber, Roma, 2021.
19 https://digital-studies.org/wp/digital-studies-network/
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«rielaborare completamente l'epistemologia della telematica, della fisica,
della biologia, della storia, della geografia nell'era della scrittura digitale, che sta
modificando molto profondamente ad esempio il modo in cui concepiamo un
corpus testuale. Quindi oggi (…) pensiamo che il modo in cui queste discipline
umanistiche digitali pongono problemi sia generalmente negativo. Certo non
sempre... ma in generale lo troviamo piuttosto problematico perché molti
tendono a pensare al computer come a una lavagna, come una penna molto
potente. Ed è invece molto di più. Allo stesso modo il telescopio, ad esempio, in
fisica, non è solo un altro organo per osservare con un occhio artificiale ciò che si
osservava fino ad un certo punto a occhio nudo. Il telescopio cambia totalmente
le stesse regole della fisica. E per capire questo, ovviamente, dobbiamo aspettare
che Karl Popper e Gaston Bachelard – vale a dire quattro secoli – comprendano
l'importanza di questa trasformazione. Oggi non abbiamo quattro secoli davanti a
noi, dobbiamo andare molto velocemente20».
In secondo luogo, il digitale, pur con i suoi limiti, con le narrazioni che ospita,
consente di esplorare una pratica di contaminazione intersezionale e di dialogo
interculturale: risorse irrinunciabili per un esercizio di apertura dello sguardo al
differente e al possibile21.
20
È qui riportata una riflessione del filosofo Stiegler sul tema del ruolo della tecnica e delle tecnologie - e, qui in particolare,
un passaggio su educazione e cultura digitale - tratta da una intervista realizzata per la mia tesi di dottorato in Filosofia (ed.
dicembre 2021, Università di Roma Tre, Università di Tor Vergata).
21
Cfr. Patrizia Garista, Cristina Coccimiglio, Digital resilient narratives. Pedagogic gender frailties crossing time and space in emergency,
Form@re. Open Journal per la formazione in rete, 2022, n.1, pp.422-430.
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