Mardešić / Scripta Manent 12 (2018) 191 - 208
Sandra Mardešić
Università di Zagabria, Croazia
“INSEGNANTESE” – MICROLINGUA DEGLI
INSEGNANTI DI LINGUE STRANIERE
Sintesi
Ricerche ed osservazioni di studenti, tirocinanti ed insegnanti esperti dimostrano una certa riluttanza da parte degli
insegnanti di lingue straniere nell’uso della sola lingua straniera durante le lezioni. Infatti, contrariamente all’idea
della massimizzazione dell’input della lingua straniera in classe, si registra un frequente ricorso alla strategia di
code mixing con il croato nelle situazioni di incertezza. Questo è stato lo spunto da cui è partito il progetto “La base
terminologica glottodidattica del linguaggio in classe” condotto dalla Facoltà di Lettere e Filosofia di Zagabria che
include traduzioni del lessico utilizzato in classe (ing. classroom language) nelle quattro principali lingue straniere
nel sistema educativo croato: inglese, tedesco, francese e italiano allo scopo di offrire agli insegnanti una base
lessicale/terminologica a cui attingere durante le lezioni. Uno dei problemi principali riscontrati fin dall’inizio del
progetto erano le differenze dei sistemi educativi all’interno dell’UE. Il presente lavoro si propone di esporre tale
problematica e le rispettive soluzioni traduttive dal croato in italiano, nonché le soluzioni traduttive proposte dalle
scuole italiane in Croazia, essendo l’italiano l’unica tra le lingue comprese nel progetto ufficialmente utilizzata
in Croazia. I risultati indicano notevoli lacune e possibilità di fraintendimento tra i due sistemi linguistici ed
educativo–culturali.
Parole chiave: linguaggio in classe, lingua settoriale, competenza interculturale
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“TEACHERESE” – MICROLANGUAGE OF FOREIGN LANGUAGE
TEACHERS
Abstract
Research shows that students, novice teachers, and expert teachers in Croatian public schools exhibit a degree of
reluctance in exclusive use of the foreign language (FL) in their classrooms. Contrary to the idea of maximisation
of foreign language input during the lessons, teachers and students often practice code switching to Croatian
in situations in which there are terminological uncertainties. As a result, a project entitled “Glottodidactical
terminological base of classroom language” was started with the aim to provide teachers with an on-line dictionary
of classroom terminology by giving Croatian translations of classroom language examples from four main foreign
languages taught in Croatian public schools: English, German, French, and Italian. The preliminary results of this
analysis, which includes a database of 300 words, show that for many classroom language terms the translation
varies between educational systems and that for some terms there are no equivalents in respective foreign
languages. In this paper we report on results of this project and recommend that database examples be used as
material for the development of the socio-cultural and intercultural competence of foreign language students.
Key words: classroom language, language for specific purposes, intercultural competence
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1. Introduzione
I linguaggi settoriali (Beccaria, 1973), lingue speciali (Cortelazzo, 1994) o microlingue (Balboni,
2000) sono da lungo tempo oggetto di ricerche sociolinguistiche. L’uso di più termini dimostra
la discordanza degli studiosi riguardo la loro esatta definizione, il che risulta evidente dai
diversi esempi citati a seconda della definizione sostenuta: linguaggio giornalistico, politico,
televisivo, sportivo, della pubblicità (Beccaria, 1973); linguaggio giuridico, medico, burocratico,
della chimica (Serianni, 2003); la lingua dell’economia, della scienza (Sobrero, 1993).
Nel presente contributo ci si avvallerà delle definizioni fornite da Serianni (2003), dal dizionario
enciclopedico Treccani e da Balboni (2000):
1. “Linguaggio settoriale è una varietà di lingua naturale, dipendente da un settore di conoscenze
o da un ambito di attività professionali […]. A livello linguistico, un linguaggio settoriale si
caratterizza in primo luogo per le determinate scelte lessicali, tecnicismi specifici e tecnicismi
collaterali” (Serianni, 2003, p. 80);
2. “Microlingua è il termine usato da alcuni linguisti come sinon. di linguaggio settoriale, per
indicare cioè quei linguaggi tecnici o specialistici che, in uso in determinati settori, costituiscono
altrettante varietà in seno alla lingua comune, con caratteri tipici proprî sia sul piano lessicale,
sia sul piano morfosintattico” (Treccani);
3. “[…] useremo il termine microlingue scientifico-professionali per riferirci alle microlingue
usate nei settori scientifici (ricerca, università) e professionali (dall’operaio all’ingegnere,
dall’infermiere al medico, dallo studente di liceo al critico letterario) con gli scopi di comunicare
nella maniera meno ambigua possibile e di essere riconosciuti come appartenenti ad un settore
scientifico o professionale” (Balboni, 2000, p. 13).
La scelta di queste definizioni è basata su alcuni punti chiave che saranno trattati nell’ambito
di questa ricerca: l’appartenenza del linguaggio settoriale alla lingua comune, la sottolineata
presenza dell’uso lessicale particolare e dei tecnicismi collaterali e l’uso di tale varietà da
parte degli esperti di un certo settore professionale.1 Bisogna aggiungere che tra tutte le
definizioni analizzate, orientate soprattutto all’ambito tecnico-scientifico, solamente in quella
fornita da Balboni troviamo una prospettiva più ampia del concetto dell’uso professionale
che include anche l’uso scolastico, oggetto delle nostre analisi, come anche la necessità
dell’insegnamento delle microlingue (Balboni, 2000).
In merito al tema dell’insegnamento delle microlingue bisogna accentuare che l’inglese per
scopi specifici (ESP) è un campo ben definito e insegnato a vari gruppi di professionisti da anni,
mentre, l’italiano, come microlingua o linguaggio specialistico, acquisisce questa nozione a
pieno titolo solo di recente. Oltre agli ormai tradizionali manuali dedicati all’italiano d’affari e
all’italiano dell’industria di ristorazione e alberghiera, solo negli ultimi anni le case editrici hanno
cominciato a pubblicare manuali dedicati all’insegnamento dell’italiano anche ai professionisti
di altri settori (ad es. italiano per cantanti lirici, cuochi, italiano per storici d’arte, marketing ecc.)
1
Anche se la maggior parte degli studiosi indica altre componenti linguistiche che delineano la
settorialità di una delle varianti, come ad esempio particolari soluzioni morfologiche e sintattiche, generi testuali
ecc., esse non saranno oggetto della presente ricerca in quanto sono già state parzialmente analizzate nelle
descrizioni del ‘teacher talk’.
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In base alle definizioni sopra elencate, in questa ricerca si cercherà di esaminare il linguaggio
dell’insegnante di una lingua straniera ponendo particolare accento alla terminologia specifica
del ‘teacher talk’ e alla problematica delle espressioni non pienamente ‘corrispondenti’
tra le lingue in una prospettiva sociolinguistica, extralinguistica e interculturale. Inoltre, si
accentuerà la necessità dell’insegnamento di tali elementi nel percorso di formazione degli
insegnanti di lingue straniere (LS).
Il sapere di un insegnante si divide, ormai tradizionalmente, in due principali categorie: il
‘sapere pedagogico’ e il ‘sapere del contenuto’ (Shulman, 1987).
Nel caso dell’insegnamento di lingue straniere, la sua specificità riguarda il fatto che la LS è
allo stesso tempo sia l’obiettivo del processo educativo sia il mezzo di comunicazione per
raggiungerlo (Long, 1983). Infatti, nella sua definizione delle basi per la preparazione degli
insegnanti d’inglese Richards (1998) individua la “competenza comunicativa e la competenza
linguistica della lingua obiettivo” come una delle sei aree principali a cui bisogna prestare
attenzione durante il percorso della formazione.
Anche i documenti più recenti, stesi allo scopo di fornire un quadro delle competenze
principali degli insegnanti di lingue a livello europeo, sottolineano la necessità di assicurare
agli studenti, futuri insegnanti, corsi di lingua ad alto livello di competenza e la valutazione del
loro ‘sapere del contenuto’ (Kelly e Grenfell, 2004).
Nella descrizione della competenza comunicativa dell’insegnante bisogna senz’altro
aggiungere anche il documento europeo, ormai accettato a livello globale, il Quadro comune
europeo di riferimento per le lingue - QCER (2002). Nel documento si distinguono le seguenti
componenti: linguistica (comprendente l’attività di ricezione, produzione, interazione e di
mediazione, intesa come capacità di traduzione e interpretariato), sociolinguistica, pragmatica
e la loro spendibilità, ovvero, il loro uso nel dominio pubblico, personale, educativo e
professionale (QCER, 2002, pp. 16-17).
Nel contesto del ‘sapere del contenuto’ di un insegnante di LS, la sua competenza comunicativa,
nella rispettiva lingua, sembra essere un elemento che non si mette in discussione in quanto
è spesso sottintesa una conoscenza a livello di un parlante ideale e super competente al
momento dell’ottenimento della laurea. Infatti, esaminando i manuali di glottodidattica, si
può notare che tutti trattano il tema della competenza comunicativa dalla prospettiva degli
apprendenti, mentre nessuno di essi dedica spazio alla competenza dello stesso insegnante.2
A conferma di ciò vi è anche la mancanza di ricerche e/o di manuali specifici dedicati al tema
della competenza comunicativa degli insegnanti di LS, soprattutto non nativi, il che viene
confermato da Sešek (2005).
Al contrario, il parlato dell’insegnante o il ‘teacherese’ (ing. teacher talk) è ben analizzato
nell’ambito della linguistica acquisizionale e della glottodidattica, soprattutto dalla prospettiva
dell’analisi del linguaggio in classe (ing. classroom discourse), ovvero, l’analisi degli atti
comunicativi inclusi in questo tipo di interazione (tipologia di domande, feedback correttivo,
semplificazioni, tripletta pedagogica ecc.). Negli ultimi dieci anni sono stati pubblicati
numerosi articoli, riferiti alla ricerca del ‘teacher talk’ nelle classi d’inglese come LS o L2,
2
Nel sistema educativo croato la maggior parte degli insegnanti di lingue straniere è croatofona, parlanti
non nativi delle lingue che insegnano.
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anche se queste si riferiscono all’inglese per obiettivi generali, non specifici (Khany e Malmir,
2017). Nel contesto del sistema educativo croato maggiori ricerche nell’ambito dell’analisi del
linguaggio in classe sono state pubblicate da Vrhovac (2001)3 e Čurković Kalebić (2003).
Sono, invece, ancora rare ricerche focalizzate sul parlato del solo insegnante, ad eccezione
dei recenti articoli di Sešek (2005; 2007). A questo punto si può ipotizzare che una delle
possibili cause della mancanza delle indagini riferite al parlato del solo insegnante di una LS,
riportata da Sešek (2007), stia nel fatto che la lingua dell’insegnante di LS non viene ancora
sufficientemente considerata una microlingua, perché è vista in prospettiva di lingua comune,
conosciuta dagli insegnanti ad un alto livello di competenza. Una delle possibili cause va
ricercata anche nella scarsa professionalizzazione del mestiere in generale (Villegas Reimers,
2003).
A conferma di queste ultime affermazioni troviamo il fatto che in Croazia, dopo l’ottenimento
della laurea magistrale in una lingua moderna con l’indirizzo per l’insegnamento, non sono
previste ulteriori valutazioni della competenza comunicativa dell’insegnante di LS e la stessa
sembra essere immaginata ad un livello ideale dell’insegnante onnisciente. Infatti, i risultati
riportati da Sešek (2007), nella sua ricerca condotta con gli insegnanti d’inglese (ing. EFL) in
Slovenia, riportano l’esistenza di molte lacune nella competenza comunicativa degli insegnanti
d’inglese, particolarmente nella componente lessicale.
1.1. Uso della L1
Le ricerche preliminari condotte in Croazia da esperti di glottodidattica dell’italiano, del
tedesco e del francese (Lütze-Miculinić e Landsman Vinković, 2017) su un campione ristretto
comprendente sia studenti universitari iscritti all’indirizzo per l’insegnamento, sia tirocinanti
in processo di preparazione dell’esame statale di abilitazione, confermano le conclusioni
della Sešek (2007). Nel parlato osservato durante le lezioni sono stati registrati numerosi casi
di code switching e code mixing con la L1 nelle situazioni di mancata competenza lessicale in
LS, soprattutto nelle situazioni in cui bisognava tradurre termini settoriali legati strettamente
all’ambito scolastico (ad es. cro. imenik vs. registro, cro. ravnatelj vs. preside, cro. pedagog vs.
pedagogo ...).
Il caso dell’italiano, una delle lingue incluse nella ricerca, è specifico perché è l’unica delle
lingue insegnate all’interno del sistema educativo croato ad essere insegnato anche come
lingua madre della minoranza italiana, numerosa in Croazia.4 In queste scuole, in cui la lingua
d’insegnamento di tutte le materie, tranne il croato, è esclusivamente l’italiano standard,
spesso si registrano i casi di code mixing da parte degli insegnanti nei casi in cui manca
l’equivalente specialistico in lingua italiana. Ad esempio: “Domani scriviamo la zadaćnica” (ital.
‘tema in classe’), annuncia un’insegnante d’italiano alla sua classe in questo tipo di scuola e
spiega all’osservante che “l’equivalente italiano, tema in classe, corrisponde solo parzialmente al
concetto croato di un quaderno particolare che viene corretto e custodito nell’archivio della scuola
in quanto documento ufficiale”.
3
Vrhovac riporta esempi delle interazioni insegnante-allievi dalle lezioni di inglese, francese, tedesco e
italiano, e Čurković Kalebić solamente esempi dell'insegnamento dell’inglese.
4
17.807 secondo il censimento del 2011 (DZRH).
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1.2. L’esposizione all’input della LS
Prendendo in considerazione la politica linguistica della Repubblica di Croazia la prima LS
insegnata nelle scuole elementari è, nel maggior numero dei casi, l’inglese, la cui esposizione
fuori dall’ambito scolastico è anche intensa.5 Per quanto riguarda lingue come il tedesco,
il francese e l’italiano, queste possono essere considerate ‘vere e proprie’ LS perché
l’esposizione a queste lingue fuori dalla scuola è notevolmente minore rispetto all’inglese.
Dato che gli alunni sono esposti a queste LS quasi esclusivamente alle lezioni è opportuno
ipotizzare la necessità della massimizzazione dell’input in LS delle rispettive lingue. A tale
proposito in ambito accademico si nota la mancanza di tali riflessioni in quanto le ricerche
sopramenzionate di Vrhovac (2001) e Čurković Kalebić (2003), le principali in Croazia sul
tema, non problematizzano la frequenza del code mixing e code switching con L1 nel discorso
in classe.
Tuttavia, dalle interviste informali condotte con gli insegnanti di LS con lunga esperienza
lavorativa emerge, addirittura, un certo senso d’imbarazzo nell’ammettere di usare
frequentemente la L1 nel corso delle loro lezioni. Anche i tirocinanti spesso si interrogano in
merito a quando e quanto sia lecito usare la L1 durante le lezioni di LS.
1.3. L’aspetto interculturale
L’altro punto d’interesse nell’ambito della presente ricerca riguarda il tema dello sviluppo
della competenza interculturale nell’insegnamento di LS. Il Quadro comune europeo di
riferimento per le lingue sottolinea tra gli scopi dell’apprendimento di LS anche questa
componente, intesa come “la capacità di mettere in rapporto la cultura d’origine con quella
straniera, la capacità di fungere da intermediario tra la propria cultura e quella straniera e di
risolvere efficacemente fraintendimenti interculturali e situazioni conflittuali” (QCER, 2002, p.
129). Per farlo è necessaria anche una buona conoscenza socioculturale descritta come
“conoscenza della società e della cultura della o delle comunità in cui si parla una determinata
lingua […] è uno degli aspetti della conoscenza del mondo” (QCER, 2002, p. 128).
Per lo sviluppo della ‘conoscenza del mondo’, ovvero, della competenza socioculturale e
interculturale, i manuali di glottodidattica consigliano l’uso dei cosiddetti ‘materiali autentici’:
testi che non stati scritti per scopi didattici, fotografie, opere d’arte, video, film, vignette, fumetti
e simili (Diadori, 2011; Balboni, 2014). 6 Un’opinione differente la troviamo esposta nel già
citato QCER, che si oppone alla posizione della mancata autenticità dell’interazione didattica
e dei libri di testo usati nelle classi di LS (QCER, 2002, p. 20). In merito a questo atteggiamento
riguardante l’autenticità della situazione in una classe LS, si propone che proprio le lezioni
stesse, e particolarmente l’uso del linguaggio scolastico-professionale, possano essere
sfruttati come occasione per lo sviluppo della competenza socioculturale e interculturale.
5
In Croazia sono doppiati solamente i cartoni animati, fenomeno che risale soltanto agli ultimi 10 anni.
L’inglese è considerato una lingua di comunicazione globale.
6
Infatti, esaminando uno dei volumi dedicati specificatamente alla comunicazione interculturale
(Balboni, 2007) si nota una prospettiva dello studente adulto e dei suoi bisogni, e, pertanto, i temi trattati
riguardano le differenze culturali legate alla vestemica, agli oggetti status symbol, alla comunicazione con i
superiori, alla sfera religiosa ecc.
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Infatti, il Quadro ne cita alcuni esempi strettamente collegati all’ambito scolastico, come ad
es. gli orari, le consuetudini di lavoro e le categorie professionali (docenti, dirigenti).
2. Ricerca
2.1. Scopo della ricerca
Partendo dalle premesse esposte nella parte introduttiva questo saggio si propone di
rispondere alle seguenti domande di ricerca.
1. La microlingua dell’insegnante LS, come tutti gli altri linguaggi settoriali, contiene una
terminologia specifica e professionale, parte del linguaggio comune. Tuttavia, considerato
che molti termini non trovano una piena corrispondenza nelle rispettive LS a causa di
differenze socio-culturali, questa dovrebbe essere insegnata ai futuri insegnanti?
2. Queste differenze socioculturali e interculturali esaltano la natura professionale e
specialistica del linguaggio dell’insegnante LS e sono occasioni per lo sviluppo della
conoscenza socio-culturale e interculturale sia degli insegnanti che degli apprendenti?
2.2. Campione
Descrizione del progetto
Nel 2015 è stato avviato il progetto finanziato dai fondi ministeriali croati intitolato “La
base dei termini glottodidattici del linguaggio in classe” a cui collaborano quattro docenti
universitari-esperti di glottodidattica per l’area tedesca, francese, italiana e inglese. Scopo del
progetto è la compilazione di un dizionario plurilingue, accessibile anche in formato online,
a cui possono attingere gli insegnanti delle rispettive lingue per trovare le traduzioni dei
termini croati.
Per la raccolta della base terminologica è stato seguito un approccio lessicografico, basato sugli
esempi del linguaggio in classe registrati tramite le osservazioni delle lezioni degli studenti e
degli insegnanti tirocinanti delle rispettive lingue. Inoltre, sono stati aggiunti anche i termini
strettamente professionali, presi dalla documentazione scolastica e ministeriale, nell’ottica
di una possibile comunicazione ufficiale tra i docenti di LS dei vari paesi, ad esempio, in vista
di una comunicazione riguardante gli scambi tra le scuole, future collaborazioni e progetti
comuni.
Sono state individuate cinque aree tematiche contenenti in totale 2500 parole. La lingua di
partenza è il croato e per ogni vocabolo si forniscono fino a tre equivalenti nelle rispettive
LS e un esempio dell’uso del vocabolo contestualizzato (una frase prototipo del linguaggio
in classe e/o del suo uso amministrativo, tradotte dal croato nella rispettiva LS). La fonte
principale delle traduzioni italiane sono:
a)
il dizionario croato-italiano (Deanović e Jernej, 1994)
b)
il dizionario italiano-croato (Deanović e Jernej, 1994)
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c)
principali dizionari italiani (Treccani; Sabatini-Coletti; De Mauro, 2000)
con l’aggiunta, nei casi specifici, di:
d)
altre fonti: pagine web ministeriali e delle istituzioni europee, pagine ufficiali delle
scuole italiane in Croazia, informanti professionisti, Wikipedia.
Sono oggetto dell’analisi della presente ricerca 300 parole dell’area tematica: “Formule di
comunicazione in classe e forme di cortesia, come rivolgersi alle persone dell’ambito scolastico,
presentare se stesso e gli altri, il personale scolastico e gli organi amministrativi”, parole e atti
comunicativi scelti secondo il QCER (2002) alcuni dei quali previsti anche al livello A1, tra cui
anche la mediazione culturale.
Tra le lingue incluse nel progetto ai fini della presente ricerca è stato scelto l’italiano in quanto,
a differenza delle altre lingue, è l’unica lingua ufficialmente utilizzata all’interno del sistema
educativo croato come madrelingua della minoranza italiana, ovvero nelle ‘scuole italiane’7.
In effetti, sul territorio sono operanti 16 asili, 11 scuole elementari e quattro scuole superiori.
3. Analisi
La prima parte dell’analisi sarà dedicata all’esame degli equivalenti italiani di alcuni vocaboli,
parti del linguaggio specialistico, ma comunemente insegnati e usati nel discorso in classe, le
cui sfumature e differenze di significato devono essere precisate agli apprendenti croatofoni
da parte degli insegnanti nell’ottica di un’efficace comunicazione interculturale. Nella seconda
parte, si cercherà di approfondire la problematica della traduzione parziale, o non esistente,
dei termini professionali specifici, raccolti dalla documentazione scolastica, necessari
a insegnanti ed esperti per un uso corretto nel dominio della comunicazione educativa e
professionale.
Es. 1) Tipologia della scuola: cro. osnovna vs. srednja škola (ital. scuola elementare vs.
media vs. superiore)
Il primo esempio esaminato riguarda la competenza comunicativa degli apprendenti prevista
anche al livello A1 secondo il QCER (2002): “[…] è in grado di descrivere se stesso/stessa, che cosa
fa e dove vive”. Quindi le informazioni che l’apprendente dovrebbe saper fornire sono il nome,
l’età, la scuola e la classe che frequenta.
Nel caso dell’italiano se l’allievo croato si presenta con la frase: “Ho 14 anni e frequento l’ottava
delle elementari”, egli descrive fedelmente la realtà del sistema educativo croato, e spetta
all’insegnante avvertirlo della necessità di una mediazione culturale, perché potrebbe essere
frainteso da un madrelingua italiano, suo coetaneo. Nel sistema educativo italiano gli otto
anni della formazione scolastica obbligatoria sono divisi in due tipi di scuola, ‘l’elementare’
che dura 5 anni (dai 6 agli 11 anni) e ‘la media’ che dura tre anni (dagli 11 ai 14 anni)8.
7
In croato alla lettera: “talijanske škole”.
8
In francese il termine croato osnovna škola corrisponde a due equivalenti: ‘l'école élémentaire’ (6-11 anni)
e ‘collège’ (11-14 anni); in tedesco: ‘Grundschule’ o ‘Primarstufe’, ‘Volksschule’ in Austria, ‘Primarschule’ in Svizzera
(6-10 anni).
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L’iter scolastico croato prosegue con il termine srednja škola, della durata di 4 anni, per i
ragazzi dai 14 ai 18 anni e corrisponde al termine italiano di ‘scuola superiore’, ‘liceo’ o ‘istituto
tecnico’, per i ragazzi dai 14 ai 19 anni della durata dai 4 ai 5 anni. È interessante notare che
dai documenti ufficiali riguardanti le scuole italiane in Croazia risulta in uso anche il termine
‘scuola media superiore’, traduzione letterale del sistema educativo croato. A supportare la
problematica del linguaggio specifico settoriale si riportano anche esempi degli equivalenti
da altre lingue comprese dal progetto9.
Es. 2 ) Cro. učitelj vs. nastavnik (ital. maestro vs. insegnante vs. professore)
Il sistema educativo croato fa distinzione tra i termini učitelj razredne nastave e nastavnik. Il
primo insegna più materie dalla 1° alla 4° classe delle elementari e ha una laurea specialistica in
questo ambito. Il secondo insegna dalla 4° all’8° classe delle elementari, nei licei e negli istituti
professionali e si forma presso le facoltà di lettere e filosofia, di orientamento fortemente
filologico con l’indirizzo per l’insegnamento e con corsi specializzati.10 La traduzione italiana
del termine učitelj razredne nastave è ‘maestra’ per gli insegnanti delle elementari dal 1° al 4°
anno, mentre di nuovo, dalla documentazione delle scuole italiane in Croazia risulta in uso
anche il termine ‘insegnante di classe’ come traduzione fedele e letterale della realtà croata,
che nel caso di una comunicazione interculturale presenterebbe la necessità di ulteriori
spiegazioni.
Nastavnik, invece, si traduce in italiano con due termini, ‘insegnante’, dalla 4° all’8° classe delle
elementari, e con ‘insegnante’ o ‘professore’ nelle scuole superiori croate, in Italia termini
usati anche per i docenti delle medie.
Vale la pena menzionare che dalle osservazioni delle lezioni svolte durante il progetto si è
notato che gli allievi si rivolgono all’insegnante utilizzando la parola maestra anche dal 4°
all’8° anno delle elementari senza essere corretti.
Inoltre, bisogna anche prendere in considerazione che la parola italiana ‘docente’ ha il
significato generico di chi insegna, mentre in croato docent si riferisce esclusivamente al
ricercatore universitario e quindi tradurre la frase “In sala professori c’è una riunione di tutti
i docenti della nostra scuola” con “U zbornici se održava sastanak svih *docenata naše škole”
sarebbe sbagliata, mentre sarebbe corretto dire “U zbornici se održava sastanak svih nastavnika
naše škole“.
Es. 3) Cro. učenik (ital. allievo vs. studente)
In croato učenik è il termine il cui campo semantico comprende tutti i livelli scolastici fino al
livello universitario, quando diventa esclusivamente ‘studente’. In italiano ‘l’allievo’ può essere
usato come termine generico (‘allievo di scuola elementare, media, superiore’) ma si registra
anche il caso di polisemia, in quanto uno ‘studente’ indica sia uno studente universitario sia
uno studente liceale, di ginnasio ecc.
9
In francese il termine croato srednja škola corrisponde a ‘collège’ e ‘lycée’ (11-17 anni); in tedesco
‘Realschule’, ‘Gymnasium’.
10
La legge croata prevede 60 crediti CFU per gli insegnanti nelle scuole statali.
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Es. 4) Cro. domaća zadaća (ital. compito a casa, compito di casa, compito per casa)
Un altro esempio della parola comunemente usata in classe è quello del compito per casa.
Nelle scuole italiane in Croazia viene spesso usato il termine ‘compito domestico’, traduzione
letterale del sintagma croato domaća zadaća, mentre i principali dizionari italiani, nonché
altre fonti, forniscono il termine ‘compito di casa, oppure ‘compito a casa’, in opposizione al
‘compito in classe’, ovvero l’equivalente del già menzionato termine croato di zadaćnica.
Es. 5) Cro. razrednik (ital. insegnante incaricato di una sezione, coordinatore di classe/
capoclasse)
Il sistema croato conosce la figura professionale di razrednik, l’insegnante incaricato di una
sola sezione, ruolo riconosciuto anche nel suo monte ore lavorativo.11 Tale figura non trova
un equivalente amministrativo e corrispondente in italiano.12 Le fonti lessicografiche italiane
offrono due soluzioni traduttive - ‘responsabile di classe’ o ‘coordinatore di classe’, le quali,
però, non hanno la stessa funzione, riconosciuta a livello istituzionale nel sistema croato.
Infatti, il dizionario croato-italiano (Deanović e Jernej, 1994) suggerisce i vocaboli ‘direttore/
direttrice di classe’ o ‘professore/professoressa di una classe’, oppure, l’equivalente più vicino
al sistema italiano ‘insegnante coordinatore’.
Anche in questo caso si riscontra una soluzione traduttiva offerta dagli insegnanti delle scuole
italiane in Croazia, ovvero, nei documenti ufficiali si riscontra il vocabolo ‘capoclasse’ (in croato
predsjednik razreda), che in italiano corrisponde all’allievo o allo studente rappresentante degli
alunni di una sezione, con il diritto rappresentativo di partecipare agli organi amministrativi
scolastici, funzioni che in Croazia un predsjednik razreda non possiede. Nel caso della
comunicazione internazionale sia degli allievi o degli insegnanti croati con gli italiani l’uso del
termine ‘capoclasse’ provocherebbe delle situazioni di fraintendimento. La frase “I capoclasse
delle elementari hanno organizzato una gita a Verona” risulterebbe incomprensibile agli italiani
dal punto di vista extralinguistico. Tuttavia, la situazione è diversa nel caso della traduzione
in tedesco che ha l’esatto equivalente della parola razrednik, inteso nel senso croato (‘der
Klassenlehrer/die Klassenlehrerin’), dovuto ai fattori storico-politici dell’appartenenza della
Croazia all’Impero austro-ungarico, sistema dal quale questa figura trae le sue origini.
Es. 6) Cro. ocjene vs. ital. voti scolastici
La nozione dei voti scolastici presenta un altro esempio della specificità del linguaggio degli
insegnanti e di una potenziale incomprensione fra due parlanti nativi di madrelingua diverse,
in caso di una eventuale insufficiente competenza extralinguistica. I voti previsti dal sistema
educativo in Croazia sono: 1 – insufficiente, 2 - sufficiente, 3 – buono, 4 - molto buono e 5
– ottimo, applicati a tutti i livelli della formazione, dalla scuola elementare all’università. Il
sistema italiano, invece, prevede i voti dall’1 al 10 per le elementari, le medie e le superiori,
con 6 come limite di promozione, e i voti dall’1 al 30 a livello universitario, con 18 come livello
11
All’interno di una settimana è prevista un’ora dedicata all’incontro con gli alunni della classe presa
in incarico ovvero, la sezione (nelle scuole italiane in Croazia tradotto come ‘l’ora del capoclassato’ per sat
razredništva), durante la quale si discutono problemi quali la condotta, le ore di assenza, l’organizzazione delle
gite scolastiche ecc. Tale insegnante ha anche l’incarico del regolare lo svolgimento del ricevimento genitori,
in cui li informa in merito al progresso dell’allievo. In Italia il ricevimento genitori è previsto per ogni singolo
professore che insegna una data materia per tutte le sezioni e le classi.
12
Nel nostro campione nessuno degli insegnanti aveva riportato la conoscenza di questa differenza
socio-culturale e usavano code-mixing, la parola razrednik.
200
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di promozione. Così una frase prototipo, come ad esempio: “Sono stati bocciati con i 3 e i 4”
non risulterebbe comprensibile ad un apprendente croato e, viceversa, la frase: “Ho preso
tutti 5, sono il più bravo della classe” ad un madrelingua italiano.13
Es. 7) Cro. mali odmor, veliki odmor vs. ital. intervallo, ricreazione
Il sistema scolastico croato prevede lezioni della durata di 45 minuti e dopo ogni lezione
è previsto un mali odmor (trad. letterale ‘intervallo o ricreazione breve’) della durata di 5
minuti, in cui gli alunni escono dall’aula, usano i bagni, cambiano aula (per esempio: nelle
elementari dal 4° all’8° anno, per recarsi nel laboratorio di chimica o di lingue, in palestra
o simili). Dopo la terza ora della giornata è previsto il veliki odmor (trad. letterale ‘intervallo/
ricreazione lungo/a’) della durata di 15 minuti.
Il sistema italiano prevede la durata di una lezione compresa tra i 45 e i 60 minuti, con 5
minuti di pausa tra una e l’altra, prevista soprattutto per il cambio degli insegnanti e quindi
non esiste un esatto equivalente traduttivo di mali odmor.14 Tuttavia, esiste l’equivalente
di veliki odmor, ‘l’intervallo’ della durata di 15 minuti dopo la terza ora e in alcune scuole è
prevista anche la ‘pausa pranzo’ della durata di 90 minuti.
Es. 8) Cro. razred vs. ital. sezione, classe, aula
Dall’analisi risulta che anche la parola d’uso comune come razred può presentare occasioni
di una riflessione professionale e interculturale. In croato razred copre più campi semantici,
designando l’anno di studio (‘a scuola: prima classe’, Deanović e Jernej, 1994) o lo spazio in cui
si tengono le lezioni (Deanović e Jernej, 1994).
In italiano l’equivalente traduttivo corrispondente al significato croato è ‘classe’ nel senso di
“grado di curriculum di studi scolastici o medi (es.: che classe fai?), di aula scolastica (es.: entrare
in classe), di complesso degli alunni che frequentano una classe” (De Mauro, 2000; Treccani).
Tuttavia, il dizionario italiano sottolinea anche l’uso della parola ‘sezione’: “contesto di una
scolastica ripartizione, spec. distinta con una lettera dell’alfabeto, comprendente un intero ciclo
di classi: classe 5a, sezione A” (De Mauro, 2000) e l’autore lo classifica, appunto, come termine
tecnico - specialistico. Quindi la frase prototipo corretta in italiano sarebbe: “Delle quinte, due
sezioni non vanno in gita, la A e la B, mentre la C viaggerà con le B e C delle seconde”.
Es. 9) Cro. ravnatelj/ravnateljica vs. ital. direttore, preside, dirigente scolastico
La figura amministrativa centrale di una scuola nel sistema croato è ravnatelj o ravnateljica,
il ‘direttore/direttrice’ o il ‘preside’, nel dizionario italiano “direttore di un istituto di istruzione
secondaria: preside di scuola media, di liceo” (De Mauro, 2000), oppure “Nell’ordinamento
scolastico italiano, capo di un istituto di istruzione secondaria di primo o secondo grado, cui
spetta, oltre alla rappresentanza dell’istituto, di assicurare la promozione e il coordinamento delle
attività, la gestione unitaria dell’istituto, l’esecuzione delle deliberazioni degli organi collegiali e
13
Troviamo lo stesso problema anche in altre lingue comprese nel progetto, ad es. il sistema
anglosassone usa i voti espressi con le lettere da A a F.
14
Il sistema francese, invece, ha l’equivalente di mali odmor – ‘l’intercours’ solo nelle classi superiori delle
elementari previsto per il cambio delle aule. ‘La récréation’ invece corrisponde al termine croato di veliki odmor.
Negli Stati uniti si usa il termine ‘break’ o ‘recess’ per pause brevi e lunch break per ‘pausa pranzo’. In tedesco si
registra ‘große Pause’ o ‘die Hofpause’ per veliki odmor di 15-20 minuti e anche ‘die Mittagspause’, pausa pranzo
nelle scuole in cui gli alunni hanno la scuola di mattina e di pomeriggio.
201
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lo svolgimento di specifiche funzioni amministrative attribuitegli dalla legge: il p. di una scuola
media.” (Treccani), con la nota che il termine si riferisce anche al ‘preside di facoltà’, mentre
nel contesto croato a livello universitario si usa esclusivamente la parola dekan.
Gli incarichi descritti nei dizionari italiani in questo caso sono uguali sia nel sistema italiano
che in quello croato. In questo caso anche il dizionario croato-italiano (Deanović e Jernej, 1994)
fa notare la stessa distinzione, ‘direttore o direttrice della scuola elementare’ e ‘preside’ del
liceo. Comunque, dalle analisi sorte da questo progetto, basatesi anche sulle pagine ufficiali
e ministeriali, un equivalente amministrativo italiano sarebbe anche il ‘dirigente scolastico’
che sottintende tutti e due i campi semantici descritti in precedenza (direttore e preside).
In altre lingue comprese dal progetto la situazione sembra diversificarsi maggiormente,
il che sottolinea le premesse introduttive sull’interculturalità e specificità del linguaggio
dell’insegnante di LS.15
Es. 10) Cro. stručni suradnici vs. ital. psicologo, pedagogo, logopedista
Il sistema educativo croato prevede l’inserimento di certe figure professionali all’interno
di una scuola: psicologo scolastico, pedagogo scolastico e logopedista, denominati con il
termine comune di stručni suradnici, che in italiano devono essere tradotti separatamente
ed esplicitamente. Nel caso del sistema educativo italiano essi non fanno parte del
personale scolastico ma si tratta di liberi professionisti, esclusi dall’ambiente scolastico.
Nella documentazione ufficiale delle scuole italiane in Croazia troviamo un equivalente
corrispondente al campo semantico croato letterale ‘collaboratori professionali’,
incomprensibile ad un insegnante italiano e, anche in questo caso si registra una possibile
incomprensione anche per le traduzioni letterali in francese, tedesco e inglese e quindi
sarebbero opportuni scambi in merito alle informazioni sulle specificità dei sistemi educativi.
Es. 11) Cro. stručni aktiv
Il termine croato ‘stručni aktiv’ designa un’associazione specifica del sistema educativo croato.
Fanno parte di un ‘stručni aktiv’ tutti gli insegnanti di materie scolastiche affini a livello di una
scuola (ad. es. stručni aktiv delle lingue straniere, di materie scientifiche o simile) stabilito
all’inizio di ogni anno scolastico dal nastavničko vijeće (lett. ‘consiglio insegnanti’).16 Questa
tipologia di strutturazione, successivamente, si applica a livello regionale (ad es. županijsko
stručno vijeće (lett. ‘consiglio regionale professionale’) - tutti gli insegnanti di una determinata
lingua straniera che si raduna puntualmente nei termini previsti dalla legge sull’istruzione
e a livello statale quando viene organizzato un državni skup (lett. ‘comitato nazionale degli
insegnanti’ della stessa materia)). Questa organizzazione sembra essere stata ripresa dal
sistema tedesco, ovvero austro-ungarico, perché, dalle analisi nell’ambito del progetto il
sistema tedesco risulta essere l’unico che ha un’equivalente nel proprio sistema educativo
(‘die Fachschaft/ das Fachschaftskollegium’), mentre non si hanno equivalenti in altri sistemi
educativi inclusi nella ricerca. Anche in questo caso nelle scuole italiane in Croazia troviamo
una soluzione traduttiva letterale per stručni aktiv (‘attivo professionale’) calcata sul significato
della parola ‘attivo’ in italiano: “riunione dei membri attivi (cioè, in genere, degli iscritti) di
15
In tedesco la traduzione del vocabolo croato ravnatelj ha più equivalenti: ‘der Schulleiter, der Schulrektor,
der Direktor’ o il termine neutrale ‘die Schulleitung’, in base allo stato di appartenenza. Anche in inglese troviamo
due equivalenti corrispondenti al sistema statunitense ‘school principal’ o britannico – ‘head teacher’.
16
202
Ripreso dalle pagine ufficiali delle scuole italiane in Croazia.
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un’organizzazione politica o sindacale: a. di sezione; a. sindacale” (Treccani), il quale però non
avrebbe nessun valore comunicativo in un’ipotetica comunicazione tra insegnanti provenienti
da paesi diversi.17
Es. 12) Cro. pripravnik, mentor, nastavnik savjetnik
Come nell’esempio sopra citato derivano dalla tradizione tedesca anche altri esempi di
termini professionali utilizzati nel sistema educativo croato, quali pripravnik, mentor e
nastavnik savjetnik, con un campo semantico vuoto nel sistema educativo italiano. Nastavnik
pripravnik18 ha il significato di ‘tirocinante’, in italiano inteso nel senso più ampio. Il titolo
di nastavnik mentor, letteralmente ‘tutore o docente tutore’ in italiano copre il significato
pressappoco equivalente a quello croato: “nella scuola secondaria, docente (detto anche
docente tutore) nominato dal preside dell’istituto con l’incarico di aiutare l’insegnante vincitore di
concorso a orientarsi nell’attività scolastica durante il periodo di prova” (Treccani), ma nel caso
del sistema croato si può trattare anche del professore che ha soddisfatto certe condizioni
prescritte dal Regolamento sull’avanzamento degli insegnanti e professori nell’educazione
primaria e secondaria.19
Anche il termine nastavnik savjetnik, letteralmente ‘insegnante consulente’ non ha
corrispondenze nel sistema educativo italiano e si riferisce alle disposizioni dello stesso
Regolamento.20 Questo vuoto nel campo semantico risulta problematico nel caso della lingua
italiana in Croazia. A confermare questa tesi sono le traduzioni riprese dalla documentazione
delle scuole italiane in Croazia in cui troviamo le seguenti soluzioni traduttive per i termini
sopracitati: ‘mentore’, ‘professore consulente’ che non avrebbero lo stesso valore informativo
se presentate ad un insegnante madrelingua italiano fuori dal paese.
Quanto alle altre lingue incluse nel progetto solo in tedesco troviamo equivalenti per nastavnik
pripravnik ‘der Referendar/ der Lehreranwärter’, nastavnik mentor è ‘der Mentor/ der Fachleiter’, e
nastavnik savjetnik è ‘der Betreuungslehrer’, confermati dalla consultazione dei siti web ufficiali.
Anche in questo caso la spiegazione si ricollega all’origine storica della ripresa del sistema
tedesco. Comunque, in altre lingue si registrano solamente significati generici, citati anche
dalla Treccani.21
17
Nel caso delle altre lingue incluse nel progetto sono state fornite le traduzioni approssimative e
letterali, ad es. in ing. ‘professional section’; fr. ‘la section des enseignants’.
18
Nel sistema educativo croato un insegnante tirocinante deve seguire lezioni del tutore ed eseguire,
entro il periodo di un anno scolastico, un certo numero di lezioni autonomamente, in presenza del tutore e in
alcuni casi anche del preside e del pedagogo scolastico.
19
Cit. Regolamento, Art. 12: “Mentor può essere l’insegnante che ha almeno 6 anni di esperienza di lavoro
presso un’istituzione didattico-educativa, il cui lavoro è stato valutato con voti pari a molto buono o ottimo, che
ha ottenuto almeno 7 punti per il suo lavoro extrascolastico, di cui all’Art. 8 e 9, che ha seguito regolarmente gli
aggiornamenti, di cui all’Art. 10 e 11.”
20
Cit. Regolamento, Art. 13: “Nastavnik savjetnik può essere solo l’insegnante precedentemente nominato
mentor, 5 anni dopo tale nomina, il cui lavoro è stato valutato come ottimo più volte e che ha soddisfatto le
disposizioni di cui all’Art. 5, 6 e 13.”
21
In inglese, invece, troviamo equivalenti per nastavnik pripravnik -‘student teacher’ e per mentor - ‘teacher
tutor’ ma anche equivalenti parziali ‘mentor teacher’, ‘educational consultant’ o ‘school consultant’ con il significato
d’insegnante che consiglia gli allievi nel loro iter scolastico.
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Es. 13) Cro. razredna knjiga, imenik vs. ital. registro di classe, registro dell’insegnante,
e- registro
Anche un semplice oggetto, sempre presente in classe, quale razredna knjiga - ‘registro di
classe’ può presentare una fonte di possibili interferenze interculturali tra le varie tradizioni
della formazione scolastica.
Razredna knjiga (anche nelle sue varianti dell’e-imenik/razredna knjiga/‘e- registro’) in croato
è definito nel seguente modo: “documento ufficiale contenente dati su tutti gli allievi di una
determinata classe, sui loro insegnanti e sulle materie scolastiche, nonché su tutte le attività
educativo – pedagogiche e sulle altre attività scolastiche di quella sezione all’interno di un anno
scolastico”.22
All’interno del sistema educativo italiano lo stesso documento ha due equivalenti: ‘il registro
di classe’, l’elenco di tutti gli allievi di una sezione, con relative presenze e assenze (giustificate
e non giustificate) e ‘il registro dell’insegnante’, ovvero il documento personale di ogni
insegnante contenente i dati sui programmi e sulle valutazioni di ogni singola sezione e
classe in cui insegna.23 Anche in altre lingue non troviamo equivalenti esatti, ad esempio nei
paesi anglosassoni si usa solo la parola ‘school records’ inteso nel senso molto generico della
raccolta dei dati sull’allievo, mentre in tedesco troviamo ‘das Klassenbuch’, e in francese ‘le
cahier de présence’ con il solo significato di registro delle presenze, ovvero, registro di classe.
4. Conclusione
Da questa breve analisi, limitata solo alla presentazione di alcuni esempi scelti fra i molti
rilevati nel campione, risulta che la microlingua dell’insegnante LS include termini specifici e
tecnicismi collaterali appartenenti alla lingua comune ma con significati specifici e appartenenti
al settore, come citato nelle definizioni nella parte introduttiva (Serianni, 2003; Balboni, 2000).
Nel caso in cui essi non abbiano le loro piene corrispondenze nelle lingue straniere insegnate
si registrano fenomeni del code switching alla L1 o il ricorrere alla traduzione letterale del
termine il che dimostra lacune in questo ambito della formazione del ‘sapere del contenuto’
dell’insegnante LS. Nella prospettiva dell’aumento della professionalizzazione degli insegnanti
LS si propone l’introduzione di lezioni dedicate alla microlingua denominata ‘l’insegnantese’
accanto a quelle ormai tradizionali sul classroom language e teacher talk. Mentre queste ultime
sono dedicate ad un’ampia gamma di caratteristiche descritte in numerose pubblicazioni,
come ad esempio, semplificazioni, atti comunicativi specifici del linguaggio in classe, uso del
metalinguaggio, con la recente aggiunta di Borg (2006) dell’uso delle immagini e dei disegni,
nonché del linguaggio del corpo - mimica facciale e gestualità usati per fornire un feedback
correttivo non verbale e/o per evitare l’uso di L1, la parte lessicale e ‘la conoscenza del mondo’
sembrano essere date per scontate.
Dalle osservazioni delle lezioni delle lingue straniere incluse nel progetto e dalle conversazioni
con insegnanti con una pluriennale esperienza lavorativa emerge appunto un’ insufficiente
22
https://tesla.carnet.hr/mod/book/view.php?id=5584&chapterid=949
23
http://www.orizzontescuola.it/guida/che-differenza-intercorre-registro-classe-e-registro-personale-deldocente/
204
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conoscenza della specificità dei termini presi in esame, dovuta anche alla mancata conoscenza
dell’ambito educativo del paese la cui lingua insegnano.
Si sottintende, in effetti, che il solo raggiungimento di un alto livello di competenza
comunicativa sia sufficiente per comprendere anche l’uso corretto di questi tecnicismi,
mentre in altri settori scientifici (ad es. economia, giurisprudenza) la lingua per scopi specifici
viene insegnata come parte integrante dei corsi universitari.
I risultati della presente ricerca sottolineano la necessità di includere nei programmi di
formazione anche l’insegnamento della terminologia professionale, ovvero, della microlingua
‘scolastica’ con tutte le sue particolarità prestando attenzione a vari fattori culturali ed
extralinguistici.
La necessità degli approfondimenti lessicografici e socioculturali riguardanti l’uso specifico di
certi vocaboli è stata dimostrata sul caso dell’italiano usato nelle scuole italiane in Croazia. I
termini in uso sono soprattutto traduzioni letterali di termini settoriali croati e questo fatto
sottolinea la necessità di riempimento di vuoti semantici dei tecnicismi usati nell’ambito della
comunicazione professionale. Un dizionario plurilingue contenente note con spiegazioni delle
differenze socio-culturali e altre nozioni extralinguistiche riguardanti le rispettive LS e continui
aggiornamenti per gli insegnanti croati di LS possono aumentare la loro consapevolezza
interculturale, nonché di quelli di altre zone della ex Yugoslavia, dato che i sistemi educativi
sono tuttora molto simili in quanto ereditati dall’ex federazione
Per quanto riguarda il lavoro scientifico sul lessico di questa particolare microlingua è
necessario accentuare che oltre al tradizionale approccio della raccolta delle risorse primarie
(ing. primary resources, Čermák, 2003), intesi come archivi e/o corpora, bisogna assolutamente
includere anche le risorse secondarie (ing. secondary resources, Čermák, 2003): raccolta
dati sul campo dizionari vari, pagine web, siti ufficiali ministeriali e, soprattutto, di grande
importanza sono gli informanti – professionisti dello stesso campo. Per comprendere fino in
fondo un termine semplice come ‘l’intervallo’ o ‘la ricreazione’ solo un informante madrelingua
professionista del campo può darne una definizione completa.
Infatti, nell’ambito della presente ricerca si è scontrato frequentemente il problema di non
capire la definizione fornita dal dizionario tradizionale in quanto offre delle spiegazioni
generiche, sottintese per un madrelingua o per un abitante del corrispettivo paese, ma
difficilmente comprensibile agli appartenenti di altre tradizioni educative. Inoltre, dato che i
sistemi educativi sono oggetto di costanti riforme, non seguiti dai grandi dizionari o da altre
fonti enciclopediche, per un insegnante straniero solo un collega del campo sarebbe in grado
di spiegare fino in fondo il cambiamento di significato di un dato termine.
Per quanto riguarda la seconda domanda di ricerca in merito sul come sfruttare la lingua
dell’insegnante LS come occasione di sviluppo della competenza interculturale sia degli
insegnanti che degli apprendenti, possiamo concludere che la risposta è affermativa.
Come accennato in precedenza, i manuali di glottodidattica per lo sviluppo della competenza
interculturale consigliano soprattutto l’uso dei materiali autentici (visione dei film, video e
pubblicità, ascolto delle canzoni, testi autentici ecc.), mentre l’interazione in classe non è
menzionata espressamente come occasione di sviluppo di quella competenza. Infatti, nel
caso dell’insegnamento di LS, l’interazione in classe viene spesso apostrofata come una
205
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situazione artificiale e non autentica, in quanto si insiste spesso sulle domande referenziali,
ci si aspetta un feedback correttivo ecc.
Al contrario, l’inclusione dei termini specifici, quelli più vicini alla realtà scolastica di un allievo
delle scuole primarie e secondarie (tipologia di scuole, voti scolastici, varie denominazioni
per l’insegnante o per gli allievi ai corrispettivi livelli della formazione scolastica) sono temi
molto più vicini alla mente di un allievo delle elementari o delle superiori che alcuni temi
più tradizionali. Nel caso dell’italiano le lezioni dedicate alla cultura e alla società includono
quasi obbligatoriamente il Neorealismo, la migrazione, la mafia, grandi personaggi storici e
principali monumenti d’arte.
Con ciò non si vuole sostenere che questi temi debbano essere tolti dai programmi scolastici,
ma sottolineare soltanto l’insegnamento esplicito e implicito (una volta spiegati e usati
quotidianamente alle lezioni) degli elementi della competenza extralinguistica spendibile in
una comunicazione reale tra i coetanei, oggi più che mai possibile grazie alle nuove tecnologie.
L’introduzione esplicita di questo tipo di nozioni interculturali migliorerebbe la competenza
lessicale e interculturale degli allievi, soprattutto dei giovani.
Da questa ricerca è emerso anche che la competenza extralinguistica è di fatto ignorata
nell’insegnamento sia dai manuali sia dagli insegnanti, come afferma Balboni (2014).
Prendendo in considerazione i domini previsti dal QCER, ovvero, l’uso della lingua nel dominio
educativo, pubblico e personale (2002) è chiara la necessità di una maggiore inclusione di
questi temi e vocaboli nelle lezioni di LS.
Inoltre, si può supporre che ulteriori indagini nel campo dell’’insegnantese’ porteranno alla
maggiore consolidazione della nozione di questa microlingua e in fine anche ad una maggiore
professionalizzazione del mestiere degli insegnanti LS.
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