ricerche
series maior 10
Le forme dell’acqua
Approvvigionamento, raccolta e smaltimento
nella città antica
Atti delle Giornate Gregoriane XII Edizione (Agrigento 1-2 dicembre 2018)
a cura di
Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello, Maria Serena Rizzo
ESTRATTO
Con il contributo di
© 2020 Ante Quem
Ante Quem
Via Senzanome 10, 40123 Bologna
tel. / fax 051 4211109
www.antequem.it
ISBN 978-88-7849-146-5
Finito di stampare nel mese di maggio 2020
da Grafiche Stella s.r.l., San Pietro di Legnago (Vr)
INDICE
Introduzione
Roberto Sciarratta
7
L’ACQUA E LA CITTÀ
Acqua e polis: riflessioni tra mitografia, storia e iconografia monetale
Elena Santagati
9
En lìmnais: note sulla gestione e sui miti delle “città d’acqua” del mondo antico
Giuseppe Lepore
19
L’approvvigionamento idrico di Atene in età arcaica: ancora sull’acquedotto di Pisistrato
Maria Chiara Monaco
27
I sistemi di regimentazione delle acque a Cuma in epoca arcaica: dalla pianificazione urbana
all’intervento di Aristodemo
Matteo D’Acunto
39
Le cisterne di Taormina in età ellenistico-romana
Francesco Muscolino
51
L’eau au Promunturium Mercurii punique: approvisionnement, utilisation et évacuation
Mounir Fantar
63
Mediolanum e l’acqua: alle origini di una millenaria convivenza. Studi e nuove scoperte
Anna Maria Fedeli, Ilaria Frontori
73
La Cloaca Massima e il complesso sistema fognario dei Fori Imperiali
Elisabetta Bianchi, Roberto Meneghini
85
Il ninfeo monumentale di Domiziano e l’approvvigionamento idrico del Campidoglio.
Analisi e ipotesi ricostruttive
Elisabetta Bianchi, Elettra Santucci
97
Le terme e l’acqua della città: osservazioni a partire dal caso di Ostia Antica
Maura Medri
111
La Casa di Obellio Firmo a Pompei (IX, 14, 2-4). Sistemi di raccolta e smaltimento dell’acqua (campagne 2016-2018)
Alessandro Campedelli, Michele Scalici, Michele Silani
123
La gestione dell’acqua nella Salerno normanna: l’acquedotto di via Arce
Colette Manciero
133
ARCHEOLOGIA DELL’ACQUA AD AKRAGAS/AGRIGENTUM
Le infrastrutture idrauliche nella Valle dei Templi: per una rilettura delle opere di Feace
Giovanni Luca Furcas
141
Considerazioni sull’approvvigionamento e smaltimento idrico dell’area centro-occidentale della Collina
dei Templi di Agrigento in età classica
Monica de Cesare, Giovanni Luca Furcas, Anna Lucia Lionetti, Elisa Chiara Portale
157
Luxury in the Gymnasium of Agrigento
Monika Trümper
171
Hic corpus reparans mentemque relaxans (Anth., 119R). Le Terme dell’insula IV del Quartiere
Ellenistico-Romano di Agrigento
Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello, Maria Serena Rizzo
185
Sistemi di raccolta e smaltimento dell’acqua nella III insula del Quartiere Ellenistico-Romano di Agrigento
Michele Scalici, Michele Silani
199
Contributo alla conoscenza del sistema di approvvigionamento idrico connesso all’ipogeo dell’Acqua Amara
nel centro storico di Agrigento
Giuseppe Lombardo, Giovanni Noto, Marco Interlandi, Elisabetta Agnello, Elvira Capraro, Eugenio Vecchio
205
LE FORME DELL’ACQUA
Edifici termali e viabilità nella Sicilia romana
Gioacchino Francesco La Torre
211
Prime considerazioni sul sistema di approvvigionamento idrico e di drenaggio nell’antica Alesa
Gabriella Tigano, Rocco Burgio
219
L’acqua a Monte Adranone: approvvigionamento idrico e uso cultuale
Caterina Trombi
231
Gli acquedotti di Tauromenion: approvvigionamento e gestione delle risorse idriche
Dino Alberto Rapisarda
245
Dalle terre etnee a Catania. Digitalizzazione a basso costo dei tratti dell’acquedotto romano tra
S. Maria di Licodia e Paternò
Barbara Cavallaro, Giulio Doria
255
Complessi termali: il ruolo della committenza. Il caso Centuripe
Rosario P.A. Patané
263
Le forme dell’acqua: i pozzi di piazza Bologni a Palermo
Carla Aleo Nero, Monica Chiovaro
269
I qanāt di Palermo: problematiche di studi e di ricerca
Giuseppina Battaglia, Silvia Sammataro
279
Le cisterne di Contrada Fontana di Paolo (Casteltermini, Ag)
Dario Giuliano
293
Evidenze di un sistema idraulico alternativo in Sicilia e in Grecia
Giovanni Polizzi, Vincent Ollivier, Olivier Bellier, Edwige Pons-Branchu, Michel Fontugne
305
Approvvigionamento e uso dell’acqua a Reggio e Locri in età greca e romana
Francesca Martorano
317
«Venit vilissima rerum hic aqua.» L’uso dell’acqua a Herdonia e nel territorio della valle del Carapelle
Danilo Leone, Maria Turchiano, Giuliano Volpe
331
L’approvvigionamento idrico del suburbio meridionale di Roma: cisterne e sistemi idraulici
nella valle dell’Almone
Marina Marcelli
353
L’Aqua Alsietina e la Naumachia di Augusto: un problema ancora irrisolto
Maria Grazia Cinti
367
Rifornimento e conservazione dell’acqua nelle città ellenistiche tra Illiria meridionale ed Epiro:
uno sguardo d’insieme
Roberta Belli Pasqua, Paolo Baronio
373
L’acquedotto romano di Burnum (Croazia): un esempio di strategia e logistica militare per il rifornimento
idrico di un castrum legionario
Alessandro Campedelli
385
The role of water in urban (and periurban) productive activities in Roman times, reflections
from the Iberian Peninsula
Elena H. Sànchez Lòpez
393
Produzione di fistulae aquariae e apporto femminile: le plumbariae testimoniate nella collezione del
museo epigrafico alle terme di Diocleziano
Amanda Rampichini
405
A proposito di alcune strutture idrauliche nel territorio agrigentino, per un primo inventario dei dati.
Temi e prospettive per la ricostruzione della viabilità nell’agrigentino
Luca Zambito
417
Conclusioni
Matteo D’Acunto
425
LE FORME DELL’ACQUA: I POZZI DI PIAZZA BOLOGNI A PALERMO
Carla Aleo Nero, Monica Chiovaro
Nell’ambito di lavori realizzati dal Comune di Palermo nell’area del Centro Storico, è stato eseguito
un intervento di scavo archeologico preventivo a Piazza Bologni, situata nella parte mediana dell’odierno
Corso Vittorio Emanuele II, l’asse stradale che sin dall’antichità ha caratterizzato l’impianto urbanistico
della città. La piazza si trova, inoltre, nel cuore della Madīnat Balarm islamica, che coincideva con il nucleo della città antica.
Il settore nel quale si è operato è situato nella parte occidentale della piazza, in una trincea lunga in
totale 80 m ca. e larga in media 2,50 m (Fig. 1), compresa tra il Corso Vittorio Emanuele II a nord e
il vicolo Panormita a sud. Lo scavo dell’area, fortemente condizionato dalle esigenze di cantiere, è stato
realizzato in due momenti diversi, il primo nei mesi di ottobre-novembre del 2011, il secondo tra luglio
e agosto del 2012.
Per esigenze di scavo, la metà nord dell’area è stata indagata nel 2011, mentre la parte più meridionale
è stata esplorata nel 2012.
Si sono così individuate evidenze archeologiche comprese tra l’Età Ellenistica1 e il Medioevo, tra cui
contesti di Età Bizantina2 e varie strutture databili all’Età Islamica3.
Inoltre, sono stati messi in luce ben otto pozzi, di diverse tipologie e posti a varia distanza l’uno
dall’altro (Fig. 2). È opportuno precisare che solo il pozzo 8, situato nella parte più a nord della trincea
e indagato all’inizio dello scavo, è stato esplorato fino al fondo, le altre cavità, invece, per motivi dettati
dalle priorità di cantiere, sono state scavate solo
parzialmente, così che i livelli più profondi non
sono stati raggiunti. Realizzate in un’epoca non
facilmente precisabile, tutte sono state obliterate
tra l’età medievale e quella moderna, quando –
alla fine del XVI secolo – fu realizzata la piazza
monumentale in un’area che, in precedenza, era
densamente urbanizzata.
Tutti i pozzi sono stati troncati superiormente e mancano i livelli d’uso esterni, non si conosce, quindi, né la loro profondità originaria, né la
struttura abitativa a cui erano pertinenti. Tuttavia, le cavità dovevano essere inserite in un’organizzazione spaziale precisa ed essere relative a case
e cortili.
Le radicali trasformazioni dell’aspetto originario dell’area, dovute alla realizzazione della piazza,
hanno causato la distruzione di gran parte dei livelli tardomedievali, che dovevano trovarsi a quote
più rilevate in relazione all’odierno piano di calpe1. Piazza Bologni. In evidenza la trincea di scavo vista
da nord
stio della piazza4. Pertanto, solo per i due pozzi che
1
2
3
4
ALEO NERO, CHIOVARO 2017; ALEO NERO et alii 2018; DI BELLA et alii 2018.
ALEO NERO, CHIOVARO 2016, pp. 207-210.
ALEO NERO, CHIOVARO, DE LUCA 2014.
Una conferma degli abbassamenti di quota effettuati nel Cinquecento per la rettifica del Cassaro si è avuta nel corso di un
intervento di scavo all’interno del palazzo Belmonte Riso - prospiciente la piazza Bologni -, cfr. VASSALLO et alii 2016, pp.
14-15.
269
Le forme dell’acqua. Approvvigionamento, raccolta e smaltimento nella città antica
270
2. In alto, pianta della trincea di scavo con indicazione, in nero, dei pozzi. In basso, schizzo della sezione della trincea con indicazione, in grigio, del livello di roccia e numerazione
dei pozzi (rielaborazioni da rilievo di R. Catalano, C. Failla, F. Scirè)
Le forme dell’acqua: i pozzi di piazza Bologni a Palermo
3. a) Pozzo 1; b) pozzo 2
si trovano nella parte più meridionale dello scavo, dove l’interramento è maggiore, si è conservata anche una
porzione della parte costruita; di solito, invece, rimane solo la parte scavata nel banco di roccia5.
Le cavità sono di vari tipi: a sezione quadrangolare o circolare, a doppia imboccatura o con allargamento laterale; per comodità di esposizione, sono state numerate, da sud a nord, da 1 a 8.
Il pozzo 1 (Fig. 3a) è situato nella parte sud della trincea, dove è maggiore la complessità stratigrafica. Per la sua collocazione al limite dello scavo, è stato indagato solo in parte. Presenta sul lato nord
una struttura costruita, realizzata con blocchetti di calcare biancastro (di cui si conservano sette filari),
allettati con malta di terra rossa. L’imbocco è grossomodo circolare (larghezza max 60 cm ca.), realizzato
con pietrame sommariamente sbozzato. Lo strato di terra scura che riempiva la cavità non è stato scavato.
Il pozzo 2 (Fig. 3b) è realizzato con una tecnica molto simile al precedente; presenta un imbocco quadrato (73 x 86 cm), formato da quattro muri costituiti da blocchetti di calcare bianco messi in opera con
malta di terra rossastra. Il pozzo tagliava strati e strutture precedenti, databili all’età antica. Del muro
che delimita sul lato N la cavità rimangono sette filari costituiti da blocchetti sfalsati. Nella parte più
alta rimane un foro quadrangolare, forse funzionale all’inserimento di un congegno per il sollevamento dell’acqua. Anche il lato sud del pozzo è costruito e si distinguono quattro filari di piccoli blocchi.
Sull’elemento superiore vicino all’angolo sud-est della struttura, tracce di usura, probabilmente relative
allo sfregamento della corda o della catena a cui era legato il secchio usato per attingere l’acqua. Del
muretto est rimangono quattro filari; di quello ovest, sei. Nella parte più profonda, il pozzo è scavato nel
banco roccioso, dove sono anche ricavate alcune grossolane “pedarole” asimmetriche su due lati, accorgimento che consentiva di raggiungere agevolmente il fondo senza l’uso di scala. Lo strato di riempimento
del pozzo si presentava di colore marrone chiaro; al suo interno, il materiale ceramico recuperato nella sua
parte più profonda (a 2,70 m ca. dall’imboccatura6 del pozzo) comprendeva frammenti di “spiral ware”,
di monocroma verde, di “Brindisi ware”, di forme da zucchero, di anfore sovraddipinte in bruno e a superfici corrugate, di ceramica a superfici schiarite, di tegole con paglia o alghe; a una prima valutazione
e in attesa di uno studio analitico dei reperti rinvenuti, lo strato sembra databile in età tardo-medievale,
probabilmente il periodo in cui il pozzo andò in disuso.
Un taglio di forma quadrangolare (67 x 75 cm ca.) definisce il pozzo 3 (Fig. 4a), il cui riempimento
di terra di colore grigio (scavato per 2,50 m ca. dal piano roccioso7) presenta frammenti di ceramica
monocroma verde, di anfore sovraddipinte in bruno e in rosso, di mattoni e di tegole con tracce di alghe
nell’impasto, materiali che sembrano indicare, anche in questo caso, che il pozzo non fu più utilizzato
dall’età tardo-medievale.
5
6
7
LOFRANO et alii 2015, p. 301.
Fino alla quota di 12,90 m s.l.m.
Fino alla quota di 12,83 m s.l.m.
271
Le forme dell’acqua. Approvvigionamento, raccolta e smaltimento nella città antica
4. a) Pozzo 3; b) pozzo 4
Il pozzo 4 (Fig. 4b) presenta una doppia imboccatura di forma quadrata sfalsata (misure max 1,76
x 0,98 m) (pozzo doppio?). Lo strato di riempimento, scavato fino alla profondità di poco più di 2 m
dalla superficie del banco roccioso8, era costituito da terra marrone, pietrame e materiale da costruzione
relativo all’obliterazione del pozzo – ormai in disuso – e conteneva frammenti di intonaco, di tegole, di
mattoni, di mattonelle e di ceramica rinascimentale. In questo caso, il pozzo sembra essere stato in uso
fino alla prima età moderna, forse fino al momento della realizzazione della piazza.
Lungo il limite ovest della trincea si trovava il pozzo 5 (Fig. 5a), che presentava un andamento grossomodo quadrangolare (largh max 1,10 m ca.). La cavità aveva un’imboccatura costituita da blocchetti
ed era riempita da uno strato di terra friabile, di colore marroncino, con elementi fittili, tra cui un frammento di ceramica policroma smaltata. Il riempimento, per la ristrettezza dell’area nella quale si trovava,
è stato indagato solo superficialmente; tuttavia, è probabile che il pozzo sia stato in uso fino a poco prima
della nuova sistemazione della Piazza e sia stato obliterato proprio in quella occasione.
Il pozzo 6 (Fig. 5b) era scavato alla stessa quota del successivo pozzo 7 e sullo stesso piano di roccia spianata. La cavità, a sezione quadrangolare, misurava in senso nord-sud, 0,86 m, ma – nella parte nord – era
presente un “allargamento” di 0,50 m ca., di forma grossomodo rettangolare, con piano di posa irregolare,
incassato rispetto al piano di roccia di 0,65 m ca. Sulla parete settentrionale e meridionale del pozzo vero e
proprio si notavano “pedarole” asimmetriche scavate non profondamente. L’ampliamento settentrionale poteva essere un accorgimento funzionale all’uso della cavità, forse uno spazio utile ad accogliere un congegno
per la risalita dell’acqua, ma non si può escludere che sia il risultato di un pentimento in corso d’opera. Il
pozzo era riempito da uno strato di terra che presentava molti mattoni in terracotta, qualche grumo di calcarenite, pietrame di piccole e medie dimensioni, qualche ciottolo, anche sbozzato, rari frammenti di intonaco
biancastro e pochi di ceramica smaltata bianca. Anche in questo caso lo scavo non si è potuto condurre in
profondità (fino a 2,38 m dalla superficie del banco roccioso); tuttavia, sembra che il riempimento possa
essere stato realizzato nella prima età moderna.
8
Fino alla quota di 13,16 m s.l.m.
272
Le forme dell’acqua: i pozzi di piazza Bologni a Palermo
5. a) Pozzo 5; b) pozzo 6
L’ampio pozzo 7 (Fig. 6a) presentava una sezione circolare e misurava 95 cm ca. di diametro9; sulle
pareti cilindriche si trovavano “pedarole” sfalsate, a est e a ovest. La cavità era riempita da uno strato di
terra grigiastra e pietrame, probabilmente relativo all’uso del pozzo – ormai abbandonato – come discarica. Più in profondità si trovava uno strato di terra di colore marrone misto a carboncini, frammenti di
intonaco e di pietrame di piccole e medie dimensioni. Tra i materiali che si sono recuperati, pochissimi
frammenti residuali di età medievale (tra cui uno di catino islamico) e frammenti di ceramica smaltata
bianca. Nella parte inferiore del pozzo, la terra diventava più rossastra, argillosa e con tracce di bruciato,
i frammenti ceramici più rari; il pozzo è stato scavato fino alla profondità di 2,38 m dalla superficie del
banco roccioso. Gli strati scavati del riempimento del pozzo sembrerebbero cronologicamente di poco
precedenti alla sistemazione monumentale della piazza e probabilmente anche questa cavità è stata riempita poco prima della sua obliterazione.
A sezione circolare (diametro 80 cm ca.) è anche il pozzo 8 (Fig. 6b) che ha anche un imbocco quadrangolare in parte costruito (largh. 1 m ca.). La cavità era posta nella parte più settentrionale della trincea e
la sua imboccatura si trovava immediatamente al di sotto del lastricato moderno della piazza. Il pozzo è
stato indagato fino alla profondità di 2,77 m dal piano di roccia spianato nel quale è stato scavato. Il suo
riempimento comprendeva materiali di età medievale (tra gli altri, un frammento decorato in cobalto e
manganese e uno di lucerna a vasca aperta). La ceramica al fondo del pozzo sembra invece databile intorno alla prima metà dell’XI secolo (invetriata con orlo bifido, anfore a superfici corrugate, frammenti di
tegole con paglia). Alla luce di questi elementi, pare che il pozzo sia utilizzato in età tardo islamica e che
sia stato obliterato già nel periodo tardo medievale10.
9
10
Anche se l’elemento significativo per la portata di un pozzo non è il suo diametro ma la permeabilità del terreno in cui è
scavato, cfr. VIGONI 2009, p. 140.
ALEO NERO, BECHTOLD, CHIOVARO 2018, p. 6.
273
Le forme dell’acqua. Approvvigionamento, raccolta e smaltimento nella città antica
6. a) Pozzo 7; b) pozzo 8
Per contestualizzare il rinvenimento dei pozzi di piazza Bologni, è opportuno premettere qualche
considerazione sulla natura geologica del sottosuolo di Palermo e sulle tecniche di captazione dell’acqua
mediante lo scavo di pozzi verticali.
Rispetto alla possibilità di attingere a vasche destinate alla raccolta dell’acqua meteorica, il pozzo offre
una costante capacità di approvvigionamento, poiché si autoalimenta, e l’acqua è sempre pura, poiché
naturalmente filtrata dal terreno11.
A Palermo la scarsità di sorgenti e la presenza abbondante di acque sotterranee fece sì che gli abitanti
utilizzassero l’acqua del sottosuolo sia per l’irrigazione, sia per l’uso domestico12; tale sfruttamento fu
favorito dalla presenza «di formazioni sedimentarie molto permeabili, grazie alla loro alta porosità (le
calcareniti), e per l’elevato grado di fessurazioni (i calcari), proprietà che hanno consentito (e consentono)
di immagazzinare al loro interno cospicui volumi d’acqua raccolti sotto forma di falda freatica durante i
periodi di pioggia che vengono ceduti lentamente nel tempo attraverso le sorgenti e le captazioni (pozzi,
senie, qanat). Queste acque infatti non si disperdono in profondità grazie alla presenza di un vasto e generale basamento impermeabile del Terziario, costituito da una potente formazione di argille dure (Flysch
Numidico)»13.
La ricchezza di risorse idriche sotterranee è stata sfruttata grazie all’impiego di pozzi verticali e orizzontali14; inoltre, la frequenza di pozzi nell’area urbana suggerisce che le acque dei fiumi Papireto, Kemonia (oggi incanalati) e Oreto - che ancora scorre a sud dell’insediamento urbano - non devono avere
costituito la principale fonte di approvvigionamento idrico per la città, data la forte discontinuità del loro
regime15. L’utilizzazione delle falde acquifere, invece, meno soggetta alla incostante piovosità stagionale,
poteva garantire un rifornimento continuo tutto l’anno16.
Evidentemente a Palermo, vista la quantità di pozzi scoperti a Piazza Bologni, il terreno calcarenitico
era relativamente facile da lavorare e contemporaneamente stabile; inoltre, la falda doveva essere situata
a una distanza abbastanza accessibile dalla superficie. Di solito queste cavità erano realizzate da operai
specializzati, le cui conoscenze spaziavano dalle competenze relative alla meccanica dei terreni17 alle caratteristiche idrogeologiche del sottosuolo.
11
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13
14
15
16
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274
VIGONI 2009, p. 133.
LOFRANO et alii 2015, p. 298.
TODARO 2006, p. 2.
LOFRANO et alii 2014, p. 27.
TODARO 2006, p. 3.
ID. 2006, p. 3.
VIGONI 2011, p. 22.
Le forme dell’acqua: i pozzi di piazza Bologni a Palermo
Un pozzo in genere è composto da una base, detta anche fondo, un (eventuale) rivestimento e un apprestamento fuori terra; a piazza Bologni solo in un caso (pozzo 8) si è giunti alla base. Inoltre, nessuna
delle cavità rinvenute presenta un rivestimento, poiché la roccia in cui sono scavate è molto compatta.
Solo i pozzi 1 e 2 (situati nella parte della trincea dove maggiore è l’interramento) presentano ancora,
superiormente, un rivestimento litico costituito da blocchetti di calcare biancastro, materiale differente
per colore e consistenza dalla calcarenite porosa e giallastra nella quale sono scavati i condotti dei pozzi
della piazza.
Accade quasi sempre che la parte superficiale del pozzo non sia conservata, a causa delle spoliazioni
– successive all’uso – per recuperare parti della struttura. Nel caso più semplice la bocca si trovava a diretto contatto con la superficie, altre volte era presente una vera puteale che di rado si conserva in situ18.
A piazza Bologni, per quanto riguarda gli apprestamenti fuori terra, è difficile fare delle valutazioni, in
mancanza dei piani d’uso relativi alle cavità rinvenute; forse solo per il pozzo 2 si può supporre di essere
in presenza anche della sua parte in elevato. Inoltre, le operazioni di prelievo dell’acqua potevano essere
facilitate da un sistema di carrucole per i movimenti dei secchi19; a piazza Bologni solo per la cavità 2 si
sono osservati degli elementi che presentano segni di usura e si è pertanto ipotizzato che questi possano
essere relativi alla parte superficiale e più logorata del pozzo, dove dovevano essere presenti strutture per
il prelievo dell’acqua.
Solo due pozzi (il 7 e l’8) presentano una sezione circolare (Fig. 6)20; imboccatura subcircolare presenta
anche il pozzo 1, il cui condotto, però, non è stato scavato. Le altre cinque cavità hanno sezione quadrangolare21.
Al fine della valutazione dell’evidenza palermitana, forse è opportuno premettere anche qualche osservazione relativa al funzionamento e alle dinamiche di obliterazione dei pozzi.
In genere, i livelli d’uso delle cavità sono quelli più vicini al fondo e sono contraddistinti da un terreno che contiene soprattutto ceramica comune quasi integra, di solito relativa all’impiego e al consumo
dell’acqua. I vasi probabilmente sono caduti sul fondo durante le azioni di attingimento dell’acqua o a
causa della rottura dell’ansa o della corda alla quale erano legati o perché ridotti in frantumi dall’urto
contro la parte interna del pozzo. Invece, nei livelli di obliterazione – di solito realizzati in un’unica fase
– i frammenti ceramici sono più differenziati e molto frammentari22 e sono presenti anche materiali che
derivano da spoliazioni di costruzioni nelle vicinanze del pozzo, come spesso nei nostri casi.
Nei riempimenti dei pozzi della piazza i frammenti ceramici di età antica sono pochi e residuali;
inoltre, anche se l’analisi dei reperti è a uno stato preliminare, appare evidente che la maggior parte dei
materiali archeologici rinvenuti sono relativi a ceramica di età moderna e a demolizioni, pertanto l’obliterazione delle cavità si può datare, in genere, all’inizio di questa epoca, quando fu realizzata la piazza.
Piazza Bologni è situata all’interno del circuito murario dell’antica Panormos e al centro dell’area abitativa della città occupata in età islamica; pertanto, la presenza ravvicinata degli otto pozzi nella stretta
e lunga trincea di scavo (di 200 mq ca.) indica la densità media di un pozzo ogni 25 mq ca. e suggerisce
che la maggior parte delle abitazioni presenti nell’area prima della sua monumentalizzazione possedeva
una propria fonte di approvvigionamento idrico23.
Il dato, pur nell’assenza di elementi cronologicamente certi24, ci riporta alle consuetudini abitative di
età islamica. Durante la dominazione araba Palermo si sviluppò con le caratteristiche di una grande città
mediorientale che ospitava più di 250.000 abitanti. L’abbondanza di acqua sotterranea rispetto al numero
esiguo di sorgenti presenti nella Piana di Palermo spinse gli abitanti della città a sfruttare questa risorsa
per mezzo dell’articolato «patrimonio di tecniche idrauliche di origine araba»25. Le fonti letterarie e le
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ID. 2011, pp. 22-23.
ID. 2011, pp. 23-24.
Si tratta della forma più facile da realizzare e, forse, la più antica.
Un’immagine di alcuni pozzi urbani a pianta quadrangolare in TODARO 2006, fig. 9.
Cfr. ANZALONE 2009, pp. 17-18, con bibliografia precedente.
Una situazione simile è stata notata in un’area a sud-ovest del Cassaro, tra via Mongitore e via Porta di Castro, dove sono
stati messi in luce numerosi pozzi, cfr. TODARO 1996, p. 117. Caratterizzata dalla presenza di numerosi pozzi e cavità era
anche l’area archeologica di via Imera, cfr. SPATAFORA et alii 2012.
Per l’età antica, considerazioni sulle fonti di approvvigionamento dell’acqua nella città di Himera in VASSALLO 2013, pp.
273-275. Da notare che all’interno del vasto abitato della colonia greca, esplorato in estensione, si conoscono solo cinque
pozzi.
LOFRANO et alii 2014, p. 23.
275
Le forme dell’acqua. Approvvigionamento, raccolta e smaltimento nella città antica
cronache islamiche registrano l’abbondanza delle acque sotterranee, risorse che erano sfruttate con sistemi
complessi di pozzi e canali sviluppatisi dalla tradizione tecnologica e culturale dell’islam medievale26.
Durante il Medioevo, pozzi verticali (chiamati in arabo bir, hassi)27 si trovavano ovunque nella Piana di
Palermo e anche all’interno delle mura urbiche erano diffusissimi28. I pozzi destinati all’irrigazione accoglievano in genere senie ed erano a pianta rettangolare29; quelli per gli usi domestici erano invece di solito
a sezione quadrata, con lati che misuravano tre palmi, corrispondenti a 80-90 cm30.
Alla luce di questi elementi, i dati archeologici di Piazza Bologni sembrano vicini alle osservazioni di
Ibn-Hawqal - il diarista iracheno di Bagdad che fu a Palermo in età fatimita (X secolo) - che osservò che
«gli abitanti della città vecchia (al-Qasr) (il Cassaro, il nucleo più antico di Palermo) (…) dissetansi con
l’acqua dei pozzi delle proprie case; la quale, leggera o greve che sia, piace loro più che molte acque dolci
che scorrono in quei luoghi»31.
BIBLIOGRAFIA
ALEO NERO, BECHTOLD, CHIOVARO 2018 = C. ALEO NERO, B. BECHTOLD, M. CHIOVARO, Palermo. Piazza
Bologni: le anfore di età antica e i contesti di riferimento, in «Notiziario Archeologico della Soprintendenza
di Palermo» 34, 2018, pp. 1-45.
ALEO NERO, CHIOVARO 2016 = C. ALEO NERO, M. CHIOVARO, Palermo: nuovi dati da alcuni contesti urbani
altomedievali, in M.C. PARELLO, M.S. RIZZO (a c.), Paesaggi urbani tardoantichi. Casi a confronto. Atti delle
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