Academia.eduAcademia.edu

LE GEOMETRIE DEL DISFACIMENTO UMANO NEL BELLUM CIVILE DI LUCANO

2021, Eos

https://doi.org/10.3461/e.2021.55.79

Lucan describes the naval battle of Massilia in Bellum Civile III 538-762 through sequences which only apparently seem to have no structure: indeed, the poet combines scenes where the soldiers (or groups of soldiers) are either transfixed or amputee or drown into the sea (and more than one situation sometimes occurs to a single victim or group), and every sequence reworks this pattern in a terrifying crescendo of gruesome pictures. In doing so, this poet who has such a contentious relationship with Stoic philosophy identifies the bodies' dismemberment with Rome's general fall, corresponding to the crush of the universal logos from which all the calamities derive. Moreover, the destruction of both bodies and Roman civilisation is expressed through the intelligent use of rhetorical figures such as hyperbaton, enjambment, and chiasmus (or better, chiastic nuance). Separating the words and modifying the logical train of thought underscore that the world and the word undergo the same law of crumbling.

Eos CVIII 2021 ISSN 0012-7825 DOI: 10.3461/e.2021.55.79 LE GEOMETRIE DEL DISFACIMENTO UMANO NEL BELLUM CIVILE DI LUCANO: PER UNA LETTURA DELLA BATTAGLIA DI MARSIGLIA di GIUSEPPE BOCCHI A B S T R A C T: Lucan describes the naval battle of Massilia in Bellum Civile III 538–762 through sequences which only apparently seem to have no structure: indeed, the poet combines scenes where the soldiers (or groups of soldiers) are either transfixed or amputee or drown into the sea (and more than one situation sometimes occurs to a single victim or group), and every sequence reworks this pattern in a terrifying crescendo of gruesome pictures. In doing so, this poet who has such a contentious relationship with Stoic philosophy identifies the bodies’ dismemberment with Rome’s general fall, corresponding to the crush of the universal logos from which all the calamities derive. Moreover, the destruction of both bodies and Roman civilisation is expressed through the intelligent use of rhetorical figures such as hyperbaton, enjambment, and chiasmus (or better, chiastic nuance). Separating the words and modifying the logical train of thought underscore that the world and the word undergo the same law of crumbling. Il Bellum civile lucaneo si presta, tra le molteplici interpretazioni, ad essere considerato come un saggio ‘plastico’ della rottura dei foedera mundi che il poeta vede attuarsi nella sciagurata lotta tra Cesare e Pompeo1. Tale conflitto trascende la semplice contingenza storica per farsi segno tangibile di una sovversione, fisica e soprattutto etica, dell’ordine cosmico, perfettamente ipostatizzata nello sgretolamento della civiltà romana e dei valori del mos maiorum che Cesare in Cfr. Phars. I 4–6: «et rupto foedere regni / certatum totis concussi viribus orbis / in commune nefas»; vv. 79–80: «totaque discors / machina divolsi turbabit foedera mundi». Analogamente all’inizio del secondo libro leggiamo dello sconvolgimento dei foedera rerum (v. 2). Non è questa la sede per effettuare una puntuale indagine sull’influsso esercitato in proposito su Lucano dalle tragedie di Seneca. La complessità del tema nel filosofo di Cordova è ben illustrata nello status quaestionis proposto da Schmitz (1993: 4–13). Stadelmaier (2013) rileva una certa identità tematica tra i primi due libri del poema e il secondo e terzo coro della Medea: a proposito del viaggio della nave Argo come violazione dell’ordine naturale, leggiamo in Seneca «Bene dissaepti foedera mundi / traxit in unum Thessala pinus» (vv. 335–336), cui si ricollega l’invito dei vv. 605–606: «rumpe nec sacro violente sancta / foedera mundi». Per occorrenze simili di questo concetto cfr. Schmitz (1993: 55, n. 139). Cfr. anche Canobbio (2013) sul rapporto tra il proemio lucaneo e le Phoenissae. Sull’ipotesi che tra Seneca prosatore e Lucano vi siano state influenze reciproche circa il giudizio sulle guerre civili, cfr. Zehnacker 1988 (in particolare pp. 462 ss.). 1 56 GIUSEPPE BOCCHI tutto il poema calpesta con arroganza per affermare la propria tirannica volontà di potenza2. Attorno allo scontro tra i due condottieri, pertanto, vediamo svolgersi scenari di disfacimento che, considerati in una prospettiva stoica (con tutte le cautele da impiegare a proposito di Lucano, cfr. infra), sono ‘simpatetici’ con le linee di distruzione che sembrano interessare tutto l’universo3: nel macro- come nel micro- cosmo nulla riesce a mantenere più alcuna saldezza4, i legami tra e dentro le cose si spezzano5. Se quindi ci si concentra sulle grandi battaglie del poema (o su singoli episodi di violenza efferata), si nota che le descrizioni lucanee abbondano in misura decisamente maggiore rispetto ai predecessori di dettagli inerenti alle mutilazioni dei corpi6. La qual cosa, oltre a spiegarsi con la ben nota, sebbene un po’ frusta, categoria interpretativa del ‘barocco’ imperiale7, caratterizzato dal gusto del macabro e dell’orrido, ben si accorda coll’idea che anche un singolo corpo umano, nell’essere fatto a pezzi, riproduce in piccolo l’auto-mutilazione che Roma si sta infliggendo con le guerre civili8. 2 Tra gli ultimi contributi dedicati al Cesare lucaneo, cfr. almeno Leigh 2010. Cfr. Lapidge 1979, p. 359: «Lucan alludes at once to the universal aspect of the disaster: when the bound of government has been shattered, the entire world is involved in the impact [...]. The destruction of Rome [...] is tantamount to the destruction of the world»; Salemme 2002: 13: «[I]l poema stesso si apre con immagini di distruzione, e la guerra civile viene inserita, in una lunga comparazione, in un contesto di rovina universale». Da ultimo, Day (2013: 193) osserva che gli episodi marsigliesi offrono «a literal illustration of the idea of civil war as suicide». 3 Cfr. Bartsch 1997: 17. Sui debiti di Lucano con la cosmologia stoica, rinvio almeno a Lapidge 1979 e Narducci 2002: 42 ss. Chiaramente l’idea che scelleratezze umane e catastrofi cosmiche siano interrelate fornisce al poeta neroniano la base per giustificare l’abbondanza quasi grottesca di un terzo elemento di dissoluzione, ovvero il disfacimento dei corpi dei soldati. Segnalo inoltre un’interessante lettura del poema lucaneo come opera letteraria ‘post-traumatica’ in Walde 2011 (in particolare pp. 293 ss.). 4 5 In termini stoici, dovremmo dire che il lovgo” perde la propria forza coesiva. Le dottrine stoiche sul pneu’ma come elemento strutturante e coesivo del cosmo sono rintracciabili, tra gli altri, in SVF I 135–138, 151, 521, 523; II 368, 439–441, 543, 550–553, 719. 6 Si pensi, giusto per citare i casi più noti, al supplizio inflitto a Mario Gratidiano (cfr. Phars. II 177–193), al corpo orribilmente ferito di Sceva (VI 138 ss.) o alla morte di Pompeo stesso (VIII 671–673). 7 Cui fa riferimento Utard 2016: 186. Su questo tema, cfr. almeno Henderson 1987, in particolare pp. 140–141; Masters 1992: 34 ss.; Quint 1993: 140 ss.; Bartsch 1997 (in particolare pp. 10 ss.); Dinter 2012: 9 ss.; Mebane 2016: 191–193. Emblematica è evidentemente la metafora dei vv. 2–3 del proemio («populumque potentem / in sua victrici conversum viscera dextra») che anticipa i fattivi orrori che il lettore troverà descritti nel poema, tutti ipostasi della disgregazione della romanità stessa (cfr. Bartsch 1997 16: «The state in civil war becomes a mutilated body parallel to those of its citizens»; Dinter 2012: 9: «...Lucan forms an epic body with disturbingly many parts that from the moment of its birth confronts the reader with its (self)destruction» [grassetti miei]). L’ipotesi è confortata anche da alcuni dati statistici: Most (1992: 398 ss.), confrontando i poemi di Omero, Virgilio, 8