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CO2 n2 Disonora il Padre. David Micheletti

2011, La maledizione dell'Aleph, in Disonora il padre, «CO2 n. 2», Roma

Frammenti da una lettera di Gershom Scholem a Franz Rosenzweig. A proposito della nostra lingua. Una confessione. In occasione del 26 dicembre 1926. Note tecniche f.1 Ma c’è un’altra minaccia di fronte a noi più inquietante del popolo arabo, che chiama in causa necessariamente l’impresa sionista: che ne è della «attualizzazione» della lingua ebraica? Questo abisso di una lingua sacra, nel quale i nostri figli vengono calati, dovrà ancora una volta spalancarsi? Certo non si sa quello che si fa. Si crede di aver secolarizzato la lingua; ma non è vero affatto, la secolarizzazione della lingua non è che un modo di dire, una frase fatta. 2) Il risultato dell’operazione corrisponde alla composizione di due testi esistenti e un intervento grafico dell’operatore: - il primo, correlato all’immagine di due svastiche speculari (a sinistra), corrisponde ad una voce di dizionario (- Croce Uncinata, comprensiva di illustrazione) tratta dal milon chadash (Dizionario Nuovo) del 1955, curato da Avraham Even-Shushan; - il secondo corrisponde ad una discussione rabbinica del IV sec. a. C. tratta da un Commentario rabbinico al Libro della Genesi (bereshit rabbah I, 10) - quest’ultimo testo è stato spezzato (non interrotto) da un intervento grafico (da destra a sinistra) che mostra il processo di mutazione della prima lettera dell’alfabeto ebraico (’alef) in svastica (secondo l’orientamento scelto dai nazisti) f.2 Ma se tramandiamo ai nostri figli la lingua che ci è stata tramandata, se noi, generazione di passaggio, vivifichiamo per loro il linguaggio degli antichi libri, perché possa nuovamente rivelarglisi - allora un giorno non potrà la potenza di questa lingua prorompere? E tale irruzione quale generazione incontrerà? f.3 Viviamo in questa lingua quasi tutti con la sicurezza del cieco sospeso su un abisso, ma quando torneremo a vedere, noi o chi verrà dopo di noi, non vi precipiteremo? E nessuno sa se il sacrificio del singolo che perirà cadendo in questo abisso sarà sufficiente a chiuderlo. f.4 I creatori del nuovo movimento linguistico credevano sino alla ostinazione nella virtù miracolosa della lingua, e questa era la loro fortuna. Nessun vedente avrebbe trovato il coraggio demoniaco di far resuscitare una lingua là dove solo poteva nascere un esperanto. Quelli andavano e vanno tutt’oggi come stregati sopra l’abisso, che tace, e l’hanno tramandato alla gioventù insieme con i nomi e i sigilli. Adesso ci sentiamo talora inorriditi, quando, sentendo una parola religiosa nell’ambito di un discorso irriflessivo, essa ci spaventa. Nefasto è questo ebraico: nel suo attuale stato non può e non potrà permanere. f.5 Viviamo in questa lingua quasi tutti con la sicurezza del cieco sospeso su un abisso, ma quando torneremo a vedere, noi o chi verrà dopo di noi, non vi precipiteremo? E nessuno sa se il sacrificio del singolo che perirà cadendo in questo abisso sarà sufficiente a chiuderlo. f.6 Se la lingua si rivolterà contro i suoi parlanti – e in alcuni momenti lo fa già nella nostra vita, e questi sono momenti difficilmente dimenticabili, nei quali si rivela la temerarietà delle nostre audaci imprese - avremo allora una gioventù capace di far fronte alla rivolta di una lingua sacra? f.7 Voglia il cielo che la noncuranza che ci ha trascinati su questa strada apocalittica non ci conduca alla perdizione. 1) La lingua ebraica va letta da destra a sinistra. Traduzione dei testi: - Croce Uncinata, 1) simbolo primordiale che le popolazioni indoeuropee usavano nel loro culto come contrassegno cosmico. La forma è quella di una croce le cui estremità sono tutte piegate nel medesimo verso; 2) la croce uncinata fece da simbolo alla Germania nazista antisemita. Durante un’importante discussione sull’Opera della Creazione (ma‘aseh bereshit), i saggi dibattevano fra loro: Perché il mondo ha ricevuto principio nella seconda lettera dell’alfabeto, la bet di be-reshit (In principio)? Per farci capire che non uno ma due sono i mondi: questo mondo e il mondo avvenire. Altra questione: Perché in bet e non in’alef, che è la prima lettera dell’alfabeto? Perché in bet riceve principio l’espressione berakhah (benedizione) mentre in ’alef riceve principio l’espressione ’arirah (maledizione). Altra questione: perché non in’alef se non affinché non aprano la bocca i blasfemi e dicano: come può sussistere un mondo principiato nel contrassegno della maledizione? Allora il Santo-sia-Egli-Benedetto disse: io do principio al mondo nel segno della benedizione, forse in questo modo c’è speranza che sussista. Indicazioni per un commento a) Il primo testo costituisce un esempio degli effetti estetici e concettuali della secolarizzazione della lingua sacra. L’uso profano dei segni, delle lettere e delle parole di questa lingua, nella redazione di un moderno dizionario, non solo giustifica lo spazio che i grafemi e le parole della lingua ebraica possono condividere con l’immagine della svastica, ma anche la loro sottomissione e il loro servizio nell’esprimerne l’antico significato pagano e, insieme, il moderno significato antisemita. b) Il secondo testo rintraccia nella tradizione ebraica le diciture relative allo statuto sacro e potente della lingua ebraica in quanto lingua con cui il Dio degli Ebrei crea il mondo e promette un’escatologia, nei confronti della quale egli stesso deve avere un’osservanza ossequiosa affinché non compia le sue operazioni nel contrassegno di una maledizione piuttosto che nel segno della benedizione. Tale testo sottende una domanda: quale è la maledizione della ’alef (’arirat ’alef)? c) L’intervento grafico con cui viene scandita la mutazione della ’alef in svastica costituisce una libera operazione estetica e concettuale sui vincoli stabiliti dalla grafia alfabetica per: rispondere che la maledizione della ’alef è la svastica. contrapporre al moderno convenzionalismo del linguaggio (espresso dal primo testo) che sottomette la lingua ebraica al servizio descrittivo della svastica (primato dell’immagine sulla scrittura), una teologia del linguaggio che riconduce l’origine di tutte le immagini di questo mondo e di quello avvenire, al primato dell’alfabeto ebraico (primato della scrittura sull’immagine) comporre in una sintesi estetica i concetti espressi dai due testi: la moderna libertà dalla trascendenza e l’osservanza bigotta della trascendenza vengono a comporsi insieme in un gesto e in un’operazione estetica che riconduce la ragion d’essere della svastica e dei suoi significati antichi e moderni, pagani e antisemiti, alla sacralità e alla potenza dei segni che compongono l’alfabeto della lingua ebraica. d) Nella secolarizzazione opera un moderno principio dissacrante che libera la maledizione della ’alef, nel bigotto ossequio del sacro opera un antico principio che benedice la svastica. Antichi e moderni conflagrano nel medesiomo principio: la maledizione della ’alef è la benedizione della svastica; la benedizione della svastica è la maledizione della ’alef.