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Peticionem iustam et consonam rationi maxime

Aevum, 86 (2012), fasc. 2 CARLA VETERE q 2012 Vita e Pensiero / Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore PETICIONEM IUSTAM ET CONSONAM RATIONI MAXIME: UNA CONTESA TRA IL FUTURO PAPA URBANO VI E IL MONASTERO NAPOLETANO DI SAN GREGORIO ARMENO SUMMARY: A notarial deed, preserved in two later copies (both in the State Archives of Naples), and a papal letter, preserved in the original (in the same archival collection), report a dispute between the Neapolitan monasteries of S. Gregorio Armeno and S. Patrizia with the vicar of the archbishop of Naples, Bartolomeo Prignano, himself a Neapolitan of a merchant family and future pope Urban VI. Prignano imposed a tax on both monasteries, but the abbesses refused to pay it as an injust burden. The notarial deed (1360 October 23) is the submission to the vicar of a copy of the appeal presented by the abbesses to the papal Curia in Avignon. The papal letter (1361 March 1) tells the bishops of Nola, Pozzuoli and Caiazzo to examine and settle the controversy, with regard only to S. Gregorio Armeno. Il primo marzo 1361 papa Innocenzo VI inviò da Avignone una lettera cum filo canapis 1 ai vescovi di Nola, Pozzuoli e Caiazzo affidando loro il compito di dirimere una contesa sorta tra Bartolomeo Prignano, futuro papa Urbano VI 2, e le monache di uno dei più antichi e nobili monasteri napoletani: San Gregorio Armeno 3. Il documento è attualmente custodito nell’Archivio di Stato di Napoli, Diplomatico, Corporazioni Religiose Soppresse – San Gregorio Armeno, nº 436. La controversia si svolse in un periodo decisamente complicato, di cui il documento 1 Sulle litterae cum filo canapis: P. RABIKAUSKAS, Diplomatica Pontificia (Praelectionum lineamenta), Romae 19945, 49-50; F. DE LASALA S.I. - P. RABISKAUSKAS S.I., Il documento medievale e moderno, Roma 2003, 201-02. 2 I. AIT, Urbano IV, in Enciclopedia dei papi, II, Roma 2000, 561-68. 3 P. DE STEFANO, Descrittione dei luoghi sacri della città di Napoli con li fondatori di essi, reliquie, sepolture ed epitaphii scelti che in quelli si ritrovano, Napoli, Raymondo Amato, 1560, 174; C. D’ENGENIO CARACCIOLO, Napoli Sacra, Napoli, Ottavio Feltrano ad instantia de Stefano Monteleviero, 1624, 341-46; G.A. GALANTE, Guida sacra della città di Napoli, Napoli 1872, 200-04. Il maggior numero di informazioni si desumono però da F. CARACCIOLO, Breve compendio della fondazione del monistero di S.to Gregorio Armeno detto S.to Ligoro di Napoli con li discorsi dell’antica vita, costumi e regole che le moniche di quello osservavano, e d’altri fatti degni di memoria successi in tempo dell’autrice, a c. di R.M. ZITO, Napoli 1851. Per la struttura architettonica e le opere d’arte presenti nel monastero: R. PANE, Il Monastero napoletano di S. Gregorio Armeno, Napoli 1957. Sui documenti del monastero: C. VETERE, Le pergamene del monastero di San Gregorio Armeno di Napoli, II (1168-1306), Salerno 2000, 421-25. p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 759 760 C. VETERE ritrovato fornisce un tassello interessante perché richiama l’attività di grandi protagonisti della storia del Regno di Napoli e della Chiesa. Prignano agiva in quell’epoca nella veste di vicario generale dell’arcivescovo di Napoli Bertrando de Meychones 4 («canonicus Neapolitanus vicarius generalis venerabilis fratris nostri... archiepiscopi Neapolitani») e pretendeva che le monache versassero alla Curia napoletana una imprecisata somma di denaro («quandam pecunie summam»). Il provvedimento era stato notificato alle monache tramite un documento («suas litteras»), che purtroppo è deperdito, in cui si dava un termine perentorio per il pagamento del denaro e si minacciava la scomunica in caso di inottemperanza («ut infra certum terminum... pecunie summam solverent antedictam alioquin... in eandem abbatissam et singulas moniales dicti monasterii excommunicationis sententiam promulgabat»). Il documento non dice a che titolo la somma fosse pretesa, perché questo doveva essere contenuto nella corrispondenza diretta tra il Prignano e le monache («ex causa etiam tunc expressa legitima»). In ogni caso le monache, guidate dalla loro battagliera badessa Maria Latro 5, avevano protestato di fronte al Prignano nei termini previsti («coram eodem vicario infra dictum terminum»): pur dichiarandosi pronte a rispettare le norme («que parate erant... legitime stare iuri»), ritenevano di non dover versare alcunché in quanto non esisteva alcuna motivazione a questa richiesta di pagamento («cum ea non essent notoria neque vera») e non potevano essere obbligate in base al diritto («et ad id compelli de iure non poterant nec debebant»); pertanto avevano chiesto di ritirare la pretesa ed il provvedimento conseguente («ab eodem vicario humiliter postulatum ut monitionem huiusmodi... revocaret»). Il Prignano non cedette («abbatissam et conventum super hoc audire contra iustitiam recusavit»), ragion per cui la badessa si rivolse direttamente al papa ad Avignone. Il papa allora diede incarico ai predetti vescovi di Nola, Pozzuoli e Caiazzo di mettere fine alla contesa, imponendo che venissero convocati i testimoni («vocatis qui fuerint evocandi et auditis hincinde propositis») e che si ristabilisse la verità dei fatti. Il documento custodito dalle monache presenta numerosi spunti di riflessione. Innanzitutto è immediatamente evidente la presenza di numerosi spazi vuoti colmati da segni convenzionali e, soprattutto, di alcune espressioni scritte su rasura e con inchiostro differente e grafia evidentemente diversa da quella del resto del documento. Le espressioni in questione sono: «ut infra certum terminum tunc expresse eidem procuratori», «Eodem vicario infra dictum terminum», «(Sedem) Apostolicam appe(llatum)». Nei registri avignonesi superstiti non sono riuscita a reperire alcuna traccia di questo documento, dunque non è possibile il raffronto, però appare 4 I. WALTER, Bertrando de Meychones (Meissenier), in DBI, IX, Roma 1967, 644-45. Quanto al nome sono note diverse grafie: seguirò quella indicata dal Walter, che usa «Meychones» mettendo tra parentesi «Meissenier», ma c’è pure la variante «Meyschones» usata da B. CHIOCCARELLI, Antistitum praeclarissimae Neapolitanae Ecclesiae Catalogus ab Apostolorum temporibus ad hanc usque nostram aetatem et ad annum MDCXLIII, Neapoli, Typ. Francisci Savii expensis Petri Agnelli Perrini, 1643, 231-32: «Bertrandus de Meyschonesio Archiepiscopus Neapolitanus prefuit Ludovico et Iohanna regibus. In libro solutionum Camerae Apostolicae sub Innocentio sexto appellatur Ynardus Archiepiscopus Neapolitanus iam consecratus die primo iunii 1359 sed forte corrupto vocabulo sic vocabatur, vel ex scriptoris vitio id processit». D. AMBRASI, La vita religiosa, in Storia di Napoli, III, Napoli 1969, 460, usa il nome Meissonnier. 5 Il nome della badessa si desume dal doc. Appendice nº 1. p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 760 PETICIONEM IUSTAM 761 improbabile che le correzioni siano state operate ad Avignone nella cancelleria di partenza. Lo scriptor papae Arnaldo de Fabrica 6, che sigla il documento, difficilmente ne sarà stato l’autore. È interessante il dato che le parole riscritte riguardino in sostanza l’ottemperanza dei termini prescritti. Certamente il documento pontificio riprendeva in parte il testo della petizione rivolta al papa dalle monache, nondimeno però teneva conto dell’ingiunzione di pagamento di Bartolomeo Prignano, ove è facile immaginare che ci fosse un preciso richiamo alla negligenza dimostrata dalle monache nel rispetto dei termini imposti: una mancanza che poteva essere punita con la scomunica. Il provvedimento si sarebbe inserito benissimo nell’azione più generale della Sede Apostolica volta a rivendicare il controllo del Regno di Napoli. Salvatore Fodale nel 1973 osservò che: «Le ripetute insolvenze napoletane nel pagamento del censo fornirono alla Sede Apostolica un’altrettanto solida base giuridica di intromissione, con una continua pressione attraverso la minaccia o l’applicazione delle maggiori sanzioni ecclesiastiche» 7. Questo elemento lascia spazio al sospetto che le monache volessero rimarcare, al contrario, la loro diligenza e pertanto abbiano fatto intervenire qualcuno a falsificare parte del documento. Chi possa essere stato non è facile dire, ma le monache di San Gregorio Armeno avevano contatti strettissimi coi curiali napoletani, molti dei quali probabilmente esercitavano anche l’attività di notai 8, e ne custodivano gelosamente la documentazione. Potrebbe essere stato uno di loro a mettere mano al documento per ‘sistemarlo’ a favore delle monache. Di fatto il documento era conservato nell’Archivio del monastero di San Gregorio Armeno e non sappiamo se sia arrivato nelle mani dei destinatari né come le monache lo abbiano intercettato per custodirlo. Bartolomeo Prignano conosceva molto bene la situazione di Napoli perché era napoletano, figlio di un mercante forse pisano e di Margherita Brancaccio. Aveva studiato diritto canonico all’Università di Napoli ed al momento della controversia oltre che decretorum doctor e vicario generale in spiritualibus dell’arcivescovo di Napoli, era anche Studii Neapolitani rector et canonicus Neapolitanus: di questo informa Antonio Chiarito 9 che riporta parte di un documento del 23 ottobre 1360 «segn. n. 3, fasc. 23, nell’Arch. del detto Monist. di San Gregor.». Il documento 6 Canonicus Auriensis (di Orense città della Spagna) scriptor papae attivo almeno dal 1353 al 1361; proprio nel 1361 è presente a Napoli: Die Einnahmen der Apostolischen Kammer unter Innozenz VI., II: Die Servitienquittungen des päpstlischen Kamerars, hrsg. v. H. HOBERG, München-Paderborn-Wien 1972, 58 nº 213, 142 nº 505, 215 nº 837. Non si può escludere che sia stato lui a recapitare il documento. 7 S. FODALE, La politica napoletana di Urbano VI, Caltanissetta-Roma 1973, 14. 8 Si conosce un documento del 15 marzo 1289 in cui il notaio Roberto Pulderico riscrive in legibilem formam puplicam un documento in curialesca, in ossequio alle costituzioni melfitane. La famiglia Pulderico annoverava tra i suoi membri sia curiali che notai; e Nicola Abucefalo, primario dei curiali, si ritrova come arbitro di una lite in un documento del 1286 vergato in minuscola notarile: C. VETERE, Le pergamene di San Gregorio Armeno, III (1267-1306), Salerno 2006, 10. I curiali erano perfettamente capaci di usare anche la minuscola notarile, come provano le note tergali di alcuni documenti del secolo XIII, per le quali VETERE, Le pergamene, II, XXVII-XXVIII. 9 A. CHIARITO, Comento istorico-critico-diplomatico sulla costituzione De instrumentis conficiendis per curiales dell’imperador Federigo II, Napoli, a spese di Vincenzo Orsino, 1772, 56. Il documento è edito in Appendice nº 1. p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 761 762 C. VETERE conteneva la protesta indirizzata dal procuratore dei monasteri di San Gregorio Armeno e Santa Patrizia all’auditor litterarum contradictarum del papa contro un decreto emanato da Bartolomeo Prignano nella sua veste di vicario generale. Nella stessa veste appare in un altro documento, segnalato dal Santamaria 10, conservato tra le carte afferenti ai monasteri soppressi e trovato da Enrico Della Gatta (Uffizio Finanza, nº 3, fascicolo 23, fascio 3419) che era un pubblico instrumento tra le monache di San Gregorio Armeno e di Santa Patrizia rogato nel 1362 («In altero documento nondum edito inter chartas ad suppressa Monasteria pertinentes, invento ab Henrico Della Gatta (Uffizio Finanza, nº 3, fascicolo 23, fascio 3419) quod est publicum instrumentum inter moniales S. Gregorii Armeni et S. Patritiae an. 1362 rogatum»). Questo atto poteva costituire un epilogo alla vicenda ma Santamaria indica una segnatura archivistica molto simile a quella fornita dal Chiarito per il documento del 1360. Però del documento del 1362 non c’è traccia nei volumi del fondo Corporazioni Religiose Soppresse e neppure nel Registro dell’Instrumenti in Pergameno che si conservano nel nostro monasterio. 1690 11, opera di un’anonima monaca che si propose di riordinare i documenti del monastero fornendone sintetici regesti e poi redigendone un cabreo. Potrebbe anche darsi, come verificatosi in altre occorrenze, che il Santamaria riporti una notizia parzialmente inesatta, attribuendo data erronea allo stesso documento citato e copiato dal Chiarito. Il Registro riporta invece il regesto del documento del 1360 indicato dal Chiarito con la stessa indicazione archivistica: fasc. 23, doc. nº 3. Il testo del regesto è il seguente (f. 48v): «A 23 d’ottobre 1360 il nostro monastero fece una protesta per atto pubblico nella Corte Arcivescovile di Napoli per notar Francesco Fontanola». Il documento originale è deperdito, ma nel fondo Corporazioni Religiose Soppresse, fascio 3419 bis, ne ho ritrovato due copie con la stessa indicazione fasc. 23 nº 3. La prima è stata fatta da un copista del notaio Antonio Averaimo di Napoli nel secolo XVII, il quale appone la sottoscrizione e la corrobora col suo tipico signum 12; la seconda copia invece è di mano di Antonio Chiarito che la sottoscrive il 28 luglio 1756 13. Colpisce il fatto che il Registro compilato dalle monache nel 1690 e le copie contenute nel fascio 3419 bis corroborate dal notaio siano pressochè della stessa epoca. Forse le monache, per timore di perdere gli originali, non si limitarono a riordinarli, a predisporre un Registro ed un cabreo, ma commissionarono pure le copie autentiche dei documenti del loro archivio. La copia del Chiarito non si discosta da quella del notaio Averaimo. Il documento è il fedele resoconto di quanto avvenuto il 23 ottobre 1360, e contiene in inserto la copia di parte della petizione presentata a Bartolomeo Prignano. 10 P. SANTAMARIA, Historia Collegii Patrum Canonicorum metrop. Ecclesiae Neapolitanae ab ultima ejus origine ad haec usque tempora, Napoli 1900, 284. 11 Archivio di Stato di Napoli, Corporazioni Religiose Soppresse – San Gregorio Armeno, vol. 3422. Uno studio su questo Registro: C. VETERE, La perduta Platea del monastero di San Gregorio Armeno: un tentativo di ricostruzione, in Sit liber gratus, quem servulus est operatus. Studi in onore di Alessandro Pratesi per il suo 90º compleanno, a c. di P. CHERUBINI - G. NICOLAJ, II, Città del Vaticano 2012 (Littera Antiqua, 19), 1165-87. 12 Appendice, doc. nº 1. 13 La scrittura della copia sembra una versione corsiva di quella adottata nella sottoscrizione, ove si adotta una scrittura decisamente posata; l’inchiostro è il medesimo. p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 762 PETICIONEM IUSTAM 763 In presenza del giudice ai contratti Nicola Marmorario, del pubblico notaio Francesco de Fontanula e di altri testimoni (l’abate Cicco Scondito di Napoli, Francesco Capecelatro di Napoli, Lucio Ravignano di Napoli e Venancio Ogerii di Napoli), il notaio Nicola Capacio, procuratore di Maria Latro, badessa di San Gregorio Armeno, e di Gatrima Caracciolo, badessa di Santa Patrizia, asserisce di voler presentare una petizione di protesta per iscritto a Bartolomeo Prignano, decretorum doctor, rettore dello Studio di Napoli, canonico napoletano e vicario generale in spiritualibus dell’arcivescovo di Napoli («quandam peticionem et protestacionem in scriptis venerabili domino Bartolomeo Pirignano de Neapoli, decretorum doctori, Studii Neapolitani rectori, canonico Neapolitano, ac reverendi in Christo patris et domini domini Bertrandi Dei gratia archiepiscopi Neapolitani in spiritualibus vicario generali»). Il procuratore si era presentato al notaio Francesco de Fontanula, al giudice ed ai testimoni chiedendo loro di intervenire alla consegna della protesta a Bartolomeo Prignano. Il notaio, il giudice ed i testimoni, vedendo che la petizione era giusta e sommamente consona alla ragione poiché conteneva giuste richieste («videntes peticionem ipsius fore iustam et consonam rationi maxime, quia iusta petebat»), ed affermando che l’esercizio del loro ruolo, in quanto pubblico, non può essere negato a nessuno («officium nostrum, cum sit publicum, nemini possumus denegare»), si recano insieme a Nicola Capacio il 23 ottobre 1360 dal Prignano nella dimora arcivescovile sita a Napoli vicino all’arcivescovato («ad archiepiscopale hospicium situm in dicta civitate Neapoli, iuxta archiepiscopatum dicte civitatis Neapolis») 14. In quella sede incontrano il vicario generale seduto in tribunale ad amministrare la giustizia («pro tribunali sedentem et regentem Curiam supradictam») e gli consegnano la petizione. In essa il Capacio, nella sua qualità di procuratore, comunica al Prignano di aver presentato una appellacio dei monasteri di San Gregorio Armeno e Santa Patrizia all’auditor litterarum contradictarum del papa («coram auditore contradictarum domini nostri Pape et coram eodem facta protestacio»), nella quale si chiedeva che i tempi ammessi per la presentazione del ricorso non potessero essere compromessi da eventuali ferie introdotte per provvedimento speciale del papa. Insieme alla lettera viene chiaramente espressa la volontà di dar seguito all’appello in Curia pontificia («dictam appellacionem prosequi... in Curia domini nostri Pape vel coram illo cui dominus noster Papa causam ipsam duxerit commictendam dumtaxat et non alibi... et in ipsa sperant et confidunt»). Di tutta questa vicenda il procuratore chiede al notaio che venga redatto un instrumento pubblico a cautela di entrambi i monasteri («publicum instrumentum... ad eius procuratorio nomine quo supra et dictorum monasteriorum cautelam»), cosa che di 14 L’indicazione è interessante perché i documenti vescovili coevi sono tutti dati «in archiepiscopali palatio». Non si ha altrove notizia del fatto che a metà del XIV secolo il tribunale della Curia si tenesse in un luogo differente dal palazzo vescovile. L’hospitium archiepiscopale si ritrova solo in due atti del 1390 all’epoca dell’arcivescovo Guglielmo Bozzuto. In entrambi si legge: «in hospitio habitationis praefati domini archiepiscopi sitae in civitate Neapolis, in platea Nidi, in qua idem dominus archiepiscopus propter necessitatem et defectum sui palatii archiepiscopali ad praesens habitat» (L. PARASCANDOLO, Memorie storiche-critiche-diplomatiche della Chiesa di Napoli, IV, Napoli 1851, 184 e 187). La platea di Nido confinava con quella di Capuana ove era sito il palazzo vescovile. Faccio però notare che ancora in un documento del 1378 si legge: «actum in nostro archiepiscopali palatio» (PARASCANDOLO, Memorie, III, Napoli 1849, 216). p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 763 764 C. VETERE fatto è avvenuta. Appare interessante che nel documento del 1360 la badessa di San Gregorio Armeno agisca insieme a quella di Santa Patrizia. I due monasteri avevano legami molti stretti, tanto da essere spesso confusi perché le reliquie di Santa Patrizia si trovavano e ancora si trovano in una cappella all’interno della chiesa di San Gregorio Armeno, ma le due comunità erano indipendenti l’una dall’altra 15. Però ad un certo momento Gatrima Caracciolo, badessa di Santa Patrizia, dovette essersi tirata indietro, perché il documento pontificio del 1361 parla di una vertenza tra il vicario episcopale ed il solo monastero di San Gregorio Armeno. In realtà le monache non avevano molte speranze in merito agli effetti della protesta presentata all’arcivescovato e avevano pensato bene di far precedere quest’atto da un’appellacio indirizzata direttamente al papa nella Sede Apostolica; tra l’altro sapevano che l’arcivescovo di Napoli, Bertrando di Meychones, in quel momento era ad Avignone e probabilmente speravano che venisse informato della vicenda e prendesse provvedimenti. Bertrando di Meychones era nato a Cahors all’inizio del sec. XIV ed era nipote del cardinale Bertrand du Poujet. La sua carriera fu davvero molto veloce, se ancora suddiacono fu nominato vescovo di Apt, in Provenza, da papa Clemente VI. Lı̀ conobbe la giovane Giovanna, futura regina di Napoli, e fu proprio lei a concedergli nel 1354 il feudo della Vaucluse, rendendolo cosı̀ suo vassallo. Nel 1358 Bertrando fu eletto arcivescovo di Napoli. L’incarico che gli fu affidato era dei più spinosi tenendo conto che solo un anno prima, nel 1357, l’inviato papale Renaud de Lupchaco, accompagnato dall’arcivescovo di Benevento, Pietro Dupin, era venuto a Napoli per ottenere la restituzione dei gioielli e degli oggetti preziosi del defunto arcivescovo Giovanni Orsini, morto l’8 novembre 1357, e si era trovato di fronte uno stuolo di canonici che avevano fatto a pezzi le bolle pontificie e si erano accaniti sui due prelati. Allora Clemente VI minacciò la scomunica ed inviò come arcivescovo, per l’appunto, Bertrando con poteri estremamente ampi. Questo non era l’unico problema da affrontare: il Regno di Napoli, almeno formalmente, era sottomesso al Papato, ma le tensioni erano forti da una parte per la questione dell’insolvenza degli angioini, dall’altra per l’ingerenza del Papato negli affari di stato. L’opera del Meychones fu efficace e le richieste economiche del pontefice furono soddisfatte: egli era davvero «l’uomo di fiducia sia del papa che della corte» 16. Preso da numerosi incarichi diplomatici, lasciò l’effettiva cura della diocesi al suo energico vicario Bartolomeo Prignano. Nel 1360 era ad Avignone, di lı̀ si spostò in Provenza, proprio ad Apt, ove si tenne l’assemblea degli stati di Provenza. Poi rientrò in Italia, e si dovette trattenere qualche giorno a Firenze, come attesta una lette- 15 Sul monastero di Santa Patrizia: A. FACCHIANO, Monasteri femminili e nobiltà a Napoli tra Medioevo ed età moderna: il necrologio di S. Patrizia (secc. 12-16), pres. di G. VITOLO, Altavilla Silentina 1992, 13-48 e la bibliografia citata. Dall’elenco delle badesse risulta che Gatrima Caracciolo fu in carica dal 1360 al 1369. A p. 162 si cita l’episodio del 1360 in cui il monastero di Santa Patrizia agı̀ di concerto con San Gregorio Armeno; le fonti citate per questa particolare vicenda sono sempre SANTAMARIA, Historia Collegii, 284 e il documento Corporazioni Religiose Soppresse, vol. 3419, nº 3, mentre per l’ampia biografia della badessa la fonte è il ms. Napoli, Società Napoletana di Storia Patria, Fondo Cuomo, 1.4.31. 16 AMBRASI, La vita religiosa, 459-60. p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 764 PETICIONEM IUSTAM 765 ra di Francesco Buondelmonti, inviata da Ancona il 13 luglio 1360 17 ed indirizzata allo zio, il Gran Siniscalco Niccolò Acciaiuoli. Il Buondelmonti chiede all’illustre zio di fargli riavere «il libro de le novelle di messer Giovanni Boccaci», che gli apparteneva, per il tramite dell’arcivescovo di Napoli «se l’arcivescovo di Napoli non è partito», oppure per il tramite di Cenni Bardella, un agente dell’Acciaiuoli che «già aveva fatto da intermediario per i delicati affari connessi con la costruzione della Certosa fiorentina» 18. Il Buondelmonti era infatti in partenza per Napoli ove sperava di incontrare il Meychones o il Bardella. Non sappiamo se l’arcivescovo rientrò a Napoli, però, se cosı̀ fu, ben presto se ne dovette allontanare poiché lo troviamo a Pisa il 6 luglio 1361 a negoziare la pace tra Pisa e Firenze. La sua abilità lo portò ad essere indicato da papa Innocenzo VI come intermediario nella contesa tra Luigi di Taranto e Luigi di Durazzo insieme all’arcivescovo di Benevento Geraldo, anch’egli francese, proveniente dalla diocesi di Limoges 19. Sono note epistole di Innocenzo VI a Luigi di Taranto, in cui il papa chiede di prorogare i termini per raggiungere un compromesso accettabile con Luigi di Durazzo ed indica i vescovi di Napoli Bertrando e di Benevento Geraldo come mediatori 20. Ma c’è ancora un’altra circostanza in cui l’arcivescovo di Napoli intervenne: la congiura dei Baroni. Il Chioccarelli informa che Bertrando intervenne al Parlamento generale che si tenne a Napoli il 5 aprile 1362 in presenza dei sovrani e dei baroni e tenne un discorso al clero ed ai prelati 21. Si comprende bene come l’arcivescovo, preso da incarichi diplomatici di notevole importanza, non avesse l’opportunità di occuparsi di tutte le incombenze che la cura pastorale comportava. Proprio in quest’epoca di conflitti incandescenti si colloca la lite tra uno dei maggiori monasteri napoletani e il futuro papa Urbano VI. Pur17 Questa circostanza, non segnalata nel Dizionario Biografico degli Italiani, si ricostruisce da V. BRANCA, Tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio, II, Un secondo elenco di manoscritti e studi sul testo del «Decameron» con due appendici, Roma 1991, 163-69. 18 BRANCA, Tradizione, 166. 19 Curiosamente F. UGHELLI, Italia Sacra, sive de episcopis Italiae et insularum adiacentium rebusque ab iis praeclare gestis, VIII, Venetiis 1721, 150-51, non segnala Geraldo, ma dice che dopo Petrus (Pierre Dupin) morto nel 1360 divenne vescovo di Benevento Guillelmus (Bourgeois) per pochissimo tempo, dopo il quale fu eletto Hugo De Bruxeo («crediderim electum fuisse post obitum Petri anno 1360 cui successit frater Hugo nec quicquam aliud de Guillelmo assequi potuimus»). Di questo personaggio forniscono qualche informazione K. EUBEL, Hierarchia Catholica Medii Aevi, I, Monasterii 1913, 133; E. MARTÈNE - U. DURAND, Thesaurus Novus Anecdotorum, II, Lutetiae Parisiorum, Fl. Delaulne etc., 1717, 914-18, 956-58. 20 MARTÈNE - DURAND, Thesaurus, II, 915: «venerabilibus fratribus nostris Bertrando Neapolitano et Geraldo Beneventano archiepiscopis, utique zelatoribus tui honoris et status, damus per nostras litteras in mandatis, ut ipsi... circumspectione ac prudentia interponant». Il documento e pure i mandati inviati ai due vescovi, riportati nel Thesaurus, II, 915-16, sono datati Avignone 30 marzo 1361. A proposito di Geraldus, il papa scrive: «venerabili fratri nostro Geraldo archiepiscopo Beneventano iuxta tenorem praesentium dedimus similiter in mandatis, ut cum ad suam Beneventanam ecclesiam se conferret, secundum datam sibi a Deo prudentiam suum modo simili adhibeat studium in praedictis». 21 CHIOCCARELLI, Antistitum praeclarissimae Neapolitanae Ecclesiae Catalogus, 232: «Eo etiam presule magnum et generale consilium, quod parlamentum vocatur, pro imminentibus Regni periculis ac necessitatibus Neapoli celebratum est die 5 Aprelis 1362, ind.15 cui iidem Reges regali in solio sedentes ac totius Regni proceres et barones interfuerunt et in tanto procerum consessu // a Neapolione Ursino ad barones, solemnis habita concio, a Bertrando vero hoc nostro archiepiscopo habita est ad clerum et prelatos». p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 765 766 C. VETERE troppo non sappiamo come la vicenda si concluse. Tra l’altro la documentazione superstite del monastero di San Gregorio Armeno in quest’epoca si dirada. Tuttavia è apparso degno di nota riportare alla luce un documento che apporta un tassello, ancorché piccolo, alla storia napoletana di questo complesso periodo storico. APPENDICE 1 Napoli, 1360 ottobre 23 Il notaio Nicola Capacio di Napoli, procuratore di Maria Latra, badessa del monastero di San Gregorio Armeno, e di Gaitelgrima Caracciolo, badessa del monastero di Santa Patrizia, agendo a nome delle badesse e delle rispettive comunità monastiche, chiede al giudice ai contratti Nicola Marmorario, al pubblico notaio Francesco de Fontanula ed ai testimoni Cicco Scondito, Francesco Capecelatro, Lucio Ravignano e Venancio Ogerii di intervenire alla presentazione di quandam peticionem et protestacionem in scriptis rivolta a Bartolomeo Prignano, Decretorum Doctor, rettore dello Studio napoletano, canonico napoletano, e vicario generale in spiritualibus dell’arcivescovo di Napoli Bertrand de Meychones. Il giudice, il notaio ed i testimoni constatando che la petizione era giusta, in quanto faceva richieste giuste, accompagnano Nicola Capacio e presenziano, nella curia archiepiscopale di Napoli, alla consegna a Bartolomeo Prignano della petizione di cui viene riportato il testo. Le comunità monastiche di San Gregorio Armeno e di Santa Patrizia dichiarano di aver presentato all’auditor litterarum contradictarum del papa una appellacio, già precedentemente presentata al Prignano, e protestano affinchè non scadano i tempi tecnici per la presentazione e la pubblicazione della loro protesta, cosa che non dipende dalle badesse e dalle loro comunità; chiedono inoltre che tali tempi non siano pregiudicati dalle ferie introducte de mandato domini nostri Pape, come è esplicitamente dichiarato in una lettera con sigillo dell’auditor che viene contestualmente presentata. Si dichiara infine la volontà delle badesse di dar corso alla loro appellacio nella curia pontificia o davanti a persona a ciò specificamente delegata dal papa. Copia (B) ASNa, Corporazioni Religiose Soppresse, fascio 3419, fascicolo 23, nº 3, fogli non numerati. La copia è stata eseguita nel sec. XVII per mano di un copista del notaio Antonio Averaimo che verga la seguente sottoscrizione: «Extracta est presens copia a suo originali pergameno signato fasciculo 23, numero 3, quae conservatur in Archivo supradicti venerabilis monasterii S. Ligorii et facta collatione concordat meliori revisione semper salva. Et in fide ego notarius Antonius Averaimo de Neapoli signavi (SN) A. Averaimus»; un’altra copia è stata eseguita il 28 luglio 1756 per mano di Antonio Chiarito, Regio Archivario del Regno di Sicilia, che cosı̀ sottoscrive: «Exemplata est presens copia cum nonnullis cassaturis a suo originali pergameno quod conservatur in Archivo eiusdem venerabilis monasterii fasciculo 23, numero 3, et facta collatione concordat, revisione semper salva. Et ad fidem datum Neapoli hac die 28 iulii 1756. Ego Antonius Chiarito Regius Archivarius Regalis Archivii magnae Curiae Regiae Siclae (sic) (S)». p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 766 PETICIONEM IUSTAM * * * *I* *n 767 nomine domini nostri Iesu Christi. Amen. Anno a nativitate eiusdem millesimo trecentesimo sexagesimo. Regnantibus serenissimis dominis nostris domino Ludovico rege, et domina Iohanna Dei gratia Ierusalem et Sicilie regina, ducatus Apulie et principatus Capue, Provincie et Forcalquerii ac Pedimontis comitibus, regnorum vero dicti domini nostri regis anno terciodecimo, et predicte domine nostre regine anno octavodecimo, feliciter, amen. Die vicesimotertio mensis octobris quartedecime inditionis, Neapoli. Nos Nicolaus Marmorarius iudex per Provinciam Terre Laboris et Comitatus Molisii ad contractus, Franciscus de Fontanula de Neapoli puplicus ubilibet per totum Regnum Sicilie regia auctoritate notarius, et testes subscripti ad hoc specialiter vocati et rogati, presenti scripto puplico notumfacimus et testamur quod predicto die veniens ad presenciam nostram discretus vir notarius Nicolaus Capacius de Neapoli procurator legitimus venerabilium et religiosarum mulierum domine Marie Latre abbatisse monasterii Sancti Ligorii Maioris de Neapoli et domine Gatelgrime Caraczule abbatisse Sancte Patricie de Neapoli, et conventuum monasteriorum predictorum procuratorio nomine et pro parte ipsorum, de cuius procuracione nobis predictis iudici, notario et testibus constitit per puplicum instrumentum inde confectum, sponte asseruit coram nobis ipsum procuratorem, procuratorio nomine quo supra, velle offerre et dare quamdam peticionem et protestacionem in scriptis venerabili viro domino Bartholomeo Pirignano de Neapoli Decretorum doctori, Studii Neapolitani rectore, canonico Neapolitano, ac reverendi in Christo patris, et domini domini Bertrandi Dei gratia archiepiscopi Neapolitani in spiritualibus vicario generali pro cautela monasteriorum predictorum, et propterea velle accedere ad presenciam ........(a) supradicti et dare et offerre in testimonio puplico petitionem et protestationem predictam. Idcirco nos prefatos iudicem, notarium et testes dictus procurator, procuratorio nomine quo supra, rogavit et requisivit actente nostrum super hoc officium implorando ut una cum eo per eum accedere deberemus ad presenciam domini vicarii ...........(a) interesse presentacioni, peticioni et protestacioni predicte. Nosque videntes peticionem ipsius fore iustam et consonam rationi maxime, quia iusta petebat, et iuste petentibus non est denegandus assensus, et officium nostrum, cum sit puplicum, nemini possumus denegare, predicto die personaliter nos contulimus una cum dicto procuratore ad archiepiscopale hospicium situm in dicta civitate Neapolis, iuxta archiepiscopatum dicte civitatis Neapolis. Quem dominum vicarium personaliter invenimus pro tribunali sedentem et regentem curiam supradictam in dicto hospicio in loco consueto. Dictus notarius Nicolaus procurator, procuratorio nomine quo supra, coram dicto domino vicario constitutus legit, obtulit et presentavit in scriptis dicto domino vicario pro tribunali sedenti et regenti curiam supradictam, presenti et recipienti coram nobis quandam peticionem seu protestacionem tenoris et continentie subsequentis: «Coram vobis venerabili viro domino Bartholomeo Pirignano de Neapoli decretorum doctore, Studii Neapolitani rectore, canonico Neapolitano ac reverendi in Christo patris et domini domini Bertrandi Dei gratia archiepiscopi Neapolitani in spiritualibus vicario generali, protestatur et dicit notarius Nicolaus Capacius de Neapoli procurator venerabilium et religiosarum mulierum domine Marie Latre abbatisse monasterii Sancti Ligorii Maioris de Napoli et domine Gatrimme Caraczule p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 767 768 C. VETERE abbatisse monasterii Sancte Patricie de Neapoli et conventuum monasteriorum predictorum nomine et pro parte ipsorum, quod pro parte ipsarum abbatissarum et conventuum presentata est appellacio, olim interposita coram vobis pro parte predictarum abbatissarum et conventuum, coram auditore contradictarum domini nostri Pape et coram eodem facta est protestacio ad hoc ut non currant tempora(b) ipsis abbatissis et conventibus, quod per ipsos abbatissas et conventus non stetit neque stat quin dicta appellacio presentetur et publicetur et quod ipsis non preiudicent ferie introducte de speciali mandato domini nostri Pape, prout in lictera sigillata sigillo dicti domini auditoris plenius continetur. Quam litteram dictus procurator quo supra nomine presentat vobis domino vicario et curie archiepiscopalis Neapolitane, declarans idem procurator nomine quo supra et voluntatem partis sue aperiens quod prefate abbatisse et conventus seu alius pro parte ipsorum dictam appellacionem prosequi intendunt in curia domini nostri Pape vel coram illo cui dominus noster Papa causam ipsam duxerit commictendam dumtaxat et non alibi, et quod dictam appellacionem prosequi intendunt, et in ipsa sperant et confidunt». Petente itaque predicto procuratore, procuratorio nomine quo supra, ad eius procuratorio nomine quo supra et dictorum monasteriorum cautelam ac omnium aliorum certitudinem per nos de premissis fieri debere publicum instrumentum, cuius precibus et requisicione exinde factum est hoc presens publicum instrumentum per manus mei notarii supradicti signo meo signatum, subscriptione mei predicti iudicis et nostrorum subscriptorum testium subscriptionibus roboratum. Quod scripsi ego predictus Franciscus publicus ut supra notarius, qui predictis omnibus rogatus interfui, ipsumque meo consueto signo signavi(c). + + + + + Ego Ego Ego Ego Ego Nicolaus Marmorarius qui supra iudex ad contractus subscripsi. abbas Ciccus Sconditus de Neapoli clericus testis subscripsi. Franciscus Capice dictus Latro de Neapoli testis subscripsi. Lucius Ravignanus de Neapoli testis subscripsi. Venancius Ogerii de Neapoli testis subscripsi. (a) puntini nel testo; (b) tempora Chiarito; ipsa Averaimo; (c) segue l’espressione locus signi. 2 Avignone, 1361 marzo 1 Litterae cum filo canapis Papa Innocenzo VI scrive ai vescovi di Nola, Pozzuoli e Caiazzo affinché investighino sulla contesa sorta tra le monache di San Gregorio Armeno e il vicario episcopale Bartolomeo Prignano. Originale (A) Archivio di Stato di Napoli, Corporazioni Religiose Soppresse-San Gregorio Armeno, perg. nº 436, mm 435 x 320. Stato di conservazione: buono. Sono evidenti alcune tracce di umidità; grosso foro in corrispondenza del sigillo deperdito. In calce al documento, all’interno della plica, si legge una A seguita da un punto: è l’iniziale di Arnaldus p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 768 PETICIONEM IUSTAM 769 de Fabrica, canonicus Auriensis (di Orense città della Spagna) scriptor papae attivo almeno dal 1353 al 1361; proprio nel 1361 è presente a Napoli (HOBERG, Die Einnahmen, II, 58 nº 213, 142 nº 505, 215 nº 837. A tergo, sull’esterno della plica, sul margine destro, si legge il nome del grossator: Io(hannes) de Sancto Maximo. A tergo, in posizione rovesciata rispetto a quella del grossator, sul margine inferiore si legge il nome del procurator: Riccardus de Fractis. Di lui HOBERG, Die Einnahmen, II, 83 nº 691 e 208 nº 811, riporta che lavorò come procuratore dei vescovi di Lucera e di Aquino. Sotto la sottoscrizione di Riccardo de Fractis si legge: R/ Bull. M. de Ferraria per cameram. M. de Ferraria presumibilmente era il bullator. Per l’identificazione delle funzioni degli ufficiali che sottoscrivono: TH. FRENZ, I documenti pontifici nel medioevo e nell’età moderna, ed. it. a c. di S. PAGANO, Città del Vaticano 1989, 86-89. Innocentius episcopus servus servorum Dei venerabilibus fratribus .. Nolano 22 et .. Puteolano 23 ac .. Caiaciensi 24 episcopis salutem et apostolicam benedictionem. Sua nobis dilecte in Christo filie .. abbatisse et conventus | monasterii Sancti Ligorii Maioris Neapolitani ordinis Sancti Benedicti petitione monstrarunt quod olim Bartholomeus Pirumanus canonicus Neapolitanus vicarius generalis venerabilis | fratris nostri .. archiepiscopi Neapolitani 25, minus veraciter pretendens quod predicta abbatissa et conventus procuratori dicti archiepiscopi, quem aliter minime exprimebat, quandam pecunie | summam tunc espressam ex causa etiam tunc expressa legitima dare et solvere tenebantur, exarrupto prefatas abbatissam et conventum per suas litteras moneri mandavit | et fecit ut infra certum terminum tunc expressum eidem procuratori(a) pecunie summam solverent antedictam, alioquin, ut dicebat, in eandem abbatissam et(b) singulas moniales dicti monasterii excommu|nicationis sententiam promulgabat. Ex parte vero dictarum abbatisse et conventus fuit coram eodem vicario infra dictum terminum(c) excipiendo propositum quod, cum sibi de suggestis huiusmodi | aliquatenus non constaret, prout nec constare poterat cum ea non essent notoria neque vera, idem vicarius ad monitionem(d) huiusmodi processerat(e) minus iuste dicteque | abbatissa et convenventus (sic), que parate erant super hiis legitime stare iuri, eidem monitioni(f) parere minime tenebantur et ad id compelli de iure(g) non poterant | nec debebant, et ab eodem vicario humiliter postulatum ut monitionem(h) huiusmodi, quatenus ad illa processerat, revocaret; et quia prefatus vicarius easdem abba|tissam et conventum super hoc audire contra iustitiam recusavit, pro parte dictarum abbatisse et conventus, sentientium exinde indebite se gravari, fuit ad Sedem Apostolicam appellatum(i). | Quocirca fraternitati vestre per apostolica scripta mandamus quatinus, vocatis qui fuerint evocandi et 22 Francesco Rufolo (1349-1370), canonico Napoletano e Decretorum doctor, nonché suddiacono cappellano del Santo Padre: EUBEL, Hierarchia, I, 370. 23 Landolfo (1344-1373), cimeliarca della Chiesa di Napoli: EUBEL, Hierarchia, I, 409. Invece secondo P.B. GAMS, Series Episcoporum Ecclesiae Catholicae quotquot innotuerunt a Petro apostolo, Leipzig 1931, 914, tra 1344 e 1380 si avvicendarono più vescovi: Landulfus, Ludovicus, Franciscus III. 24 EUBEL, Hierarchia, I, 155, indica Johannes Mottula tra 1333 e 1356, poi Rogerius Valentis O. Min. dal 27 giugno 1362 al 3 marzo 1375; invece GAMS, Series Episcoporum, 863, riporta: Joannes Motola (1333 - morto il 21 aprile 1356); Rogerius O.S.Francisci (1360 - morto il 3 marzo 1375). 25 Bertrandus de Meischonesio, vescovo di Apt (1358, giugno 4-1362, ottobre 30): EUBEL, Hierarchia, I, 360. p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 769 770 C. VETERE auditis hincinde propositis, quod iustum fuerit appellatione re|mota(j) debito fine decidatis, facientes quod decreveritis per censuram ecclesiasticam firmiter observari. Testes autem qui fuerint nominati, si se gratia, | odio vel timore subtraxerint, censura simili appellatione cessante compellatis veritati testimonium perhibere. Quod si non omnes hiis exequendis potueritis | interesse duo vestrum ea nichilominus exequantur. Datum Avinione kalendis Martii pontificatus nostri anno nono. (a) ut infra ... eidem procuratori: su rasura, di altra mano e in inchiostro differente; (b) abbatissam et: segue rasura annullata da segno convenzionale; (c) eodem vicario infra dictum terminum: su rasura, di altra mano e in inchiostro differente; (d) ad monitionem: segue rasura annullata da segno convenzionale; (e) huiusmodi processerat: su rasura, della stessa mano; (f) eidem monitioni: segue rasura annullata da segno convenzionale; (g) de iure: segue rasura annullata da segno convenzionale; (h) ut monitionem: segue rasura annullata da segno convenzionale; (i) apostolicam appe[llatum]: su rasura, di altra mano e in inchiostro differente; (j) remota: segue rasura annullata da segno convenzionale. p:/3b2_job/vita-pensiero/Aevum/Aevum-2012-02/14-Carla Vetere.3d – 3/10/12 – 770