punti cardinali
Duhem e le origini
cristiane della scienza
introduzione
Alessandro
Giostra
stanley jaki
society.
insegnante
di filosofia e
storia presso il
liceo scientifico
“a. orsini” di
ascoli piceno.
Nella cultura contemporanea è presente un diffuso pregiudizio concernente una presunta opposizione
tra scienza e teologia cristiana. Tra i fattori che hanno
contribuito ad alimentare questo preconcetto vi è, per
esempio, il richiamo alla cautela nelle applicazioni tecnologiche, continuamente espresso dal mondo cattolico. A ciò si aggiungano alcuni episodi storici, spesso
male interpretati, come la condanna di Galileo Galilei
(1564-1642). Altri eventi hanno incentivato tale errata
interpretazione, come le critiche mosse al darwinismo
dai teologi creazionisti e alcune forzate, e non scientifiche, interpretazioni della teoria di Darwin (1809-1882)
che ignorano il carattere storico, e pertanto non contrario all’idea di evoluzione, del rapporto tra Creatore e
creatura nella teologia cristiana1. La realtà storica, invece, presenta un quadro del tutto diverso della situazione.
Nonostante vi sia una diversità nel metodo e nei contenuti di queste due discipline, un’attenta lettura dei testi
dei protagonisti della Rivoluzione scientifica rivela il ruolo essenziale del principio cristiano di creazione dal nulla
per l’emergere delle scienze esatte. L’idea di un universo
modellato secondo archetipi matematici di origine divina e l’idea di un uomo, fatto ad immagine e somiglianza
di Dio, che con la sua ricerca si rende partecipe del progetto del Creatore sono state al centro della concezione
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di quegli autori che hanno avviato la scienza moderna, intesa come disciplina volta alla quantificazione della realtà. La nascita della storia della scienza
come disciplina specifica, inoltre, avvenuta a partire dagli inizi del secolo
passato, ha dimostrato che il pensiero scientifico non ha avuto origine dal
nulla. L’affermazione delle scienze esatte è consistita nel graduale distacco
dalla visione finalistica e qualitativa della realtà naturale, tipica dell’impostazione aristotelica, e nel progressivo raggiungimento della concezione quantitativa dell’universo. Tale percorso è iniziato nella tarda scolastica, quando
la filosofia della natura ha intrapreso quel cammino verso la quantificazione
dei fenomeni che è culminato, dopo circa tre secoli e mezzo, nell’opera di
Isaac Newton (1642-1727).
In tale ambito della ricerca si colloca l’opera di Pierre Duhem (18611916). Famoso scienziato nel campo fisico-chimico, Duhem è passato alla
storia per la sua visione epistemologica e per essere riuscito a stabilire il
collegamento tra la filosofia naturale della scolastica cristiana e la scienza moderna. In occasione del primo centenario della sua morte si è voluto
ricordare questo personaggio, come una pietra miliare dell’epistemologia
contemporanea.
un conflitto insanabile?
L’opinione sostenente l’inconciliabilità tra scienza e dottrina cristiana ha
origine nel pensiero illuminista, secondo cui la ragione scientifica sarebbe
in grado di liberare la mente dal dogmatismo religioso e di concepire, eventualmente, la presenza di Dio solo come un “orologiaio” del mondo. Alcuni
autori di questa corrente sono approdati a un meccanicismo radicale, proprio per negare l’esistenza stessa di Dio. In tale ottica, la Rivoluzione scientifica rappresenterebbe uno stadio essenziale del cammino di liberazione
dell’umanità dal presunto oscurantismo teologico. Il dominio della dimensione teologica e la conseguente mancanza di una visione empirica avrebbero impedito nel Medioevo la nascita della scienza2.
Questa linea di pensiero si è poi rafforzata nel XIX secolo, a causa soprattutto della crescente specializzazione della ricerca scientifica che ha
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alimentato la convinzione di una sua indipendenza da ogni altra forma di
sapere3. Il Positivismo ha giocato un ruolo essenziale in tale processo. Al
suo interno, nella varietà delle posizioni espresse, possono essere rinvenute
alcune visioni comuni, come lo sviluppo lineare della scienza e la dipendenza del progresso dall’adozione del metodo scientifico. La legge dei tre stadi
di Comte (1798-1857) che definisce la storia dell’umanità come il passaggio
da uno stadio teologico a uno scientifico, attraverso quello metafisico, è una
di quelle concezioni che hanno acuito l’idea di un distacco totale tra scienza
e teologia. Secondo questa teoria, i protagonisti della Rivoluzione scientifica
sarebbero stati gli iniziatori di quel percorso che avrebbe poi condotto alla
fase positiva, nella quale il trionfo della scienza avrebbe avviato il genere
umano verso la sua piena realizzazione. Il culmine della scienza, pertanto,
comporterebbe la piena separazione da ogni prospettiva teologica. L’unico
merito che Comte riconosce alla cultura medievale è quello di aver dato vita
a un clima di vivace fermento culturale, che avrebbe creato il contesto adatto per lo sviluppo successivo della Rivoluzione scientifica stessa4.
La prospettiva empirico-strumentale è stata tipica anche dell’impostazione marxista che ha rapportato lo sviluppo scientifico ai modelli della produzione nelle varie epoche. Marx (1818-1883) ha precisato che la cultura
medievale, la cui tipologia di produzione è simboleggiata dal mulino, è quella dei filosofi scolastici che hanno legittimato la posizione dei signori feudali
e delle gerarchie ecclesiastiche:
I rapporti sociali sono intimamente connessi alle forze produttive.
Impadronendosi di nuove forze produttive, gli uomini cambiano il
loro modo di produzione e, cambiando il modo di produzione, la
maniera di guadagnarsi la vita, cambiano tutti i loro rapporti sociali.
Il mulino a braccia vi darà la società col signore feudale, e il mulino
a vapore la società col capitalista industriale5.
La stessa impostazione si ritrova in Engels (1820-1895), secondo cui
un’esigenza tecnologica della società aiuta la scienza più di quanto riesca a
fare il mondo accademico:
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Se è vero, come Lei dice, che la tecnica dipende in massima parte
dallo stato della scienza, a maggior ragione questa dipende dallo stato e dalle esigenze della tecnica. Quando la società ha un’esigenza di natura tecnica, ciò favorisce lo sviluppo della scienza più
di dieci università6.
filosofia naturale e scienza del movimento
La tesi della frattura tra scienza e teologia entra in crisi con le ricerche
del XX secolo, durante il quale si pone attenzione al dogma cristiano della
creazione dal nulla come un fondamento essenziale per l’avvio dell’impresa scientifica. Per il filosofo inglese A.N. Whitehead (1861-1947), la scienza
moderna è fondata sul principio, di origine medievale, di un universo ordinato, in quanto opera di una volontà divina razionale7. Durante il Medioevo è
maturato quel contesto, adatto all’inizio di una svolta scientifica, caratterizzato dalla traduzione in latino dei testi greci ed arabi. A ciò si aggiungano lo
sviluppo delle università e la conseguente fioritura di molti grandi pensatori.
In seguito alla riscoperta e alla traduzione delle opere di Aristotele, di Tolomeo e degli altri classici della scienza greca, infatti, nel periodo medievale i corsi accademici di filosofia naturale sono stati incrementati. In tale
contesto, mentre la generale concezione aristotelica dell’universo è rimasta
quella dominante, la ricerca naturale ha iniziato a proporre alcune modifiche
essenziali.
Nel periodo medievale, dunque, le prime novità relative al moto dei corpi
sono state escogitate a partire da argomenti teologici. Nella distinctio 17 del
libro I delle Sentenze8, Pietro Lombardo (ca. 1100-1160) affronta un aspetto
propriamente teologico, chiedendosi se lo Spirito Santo possa accrescere
la propria presenza in una persona. Secondo la teologia cristiana, non può
certo dirsi che lo Spirito divino sia soggetto a una variazione di quantità, ma
l’uomo può possederne più o meno in base all’intensità della sua partecipazione ad esso. L’argomentazione delle Sentenze è stata poi ripresa da Duns
Scoto (1266-1308), secondo cui ogni qualità in una persona può aumentare
o diminuire, introducendo così il concetto di intensione e remissione del-
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le qualità (forme)9. Da questa posizione scotista si è sviluppata l’attenzione nei confronti degli aspetti matematici del cambiamento qualitativo che
porterà, nei primi decenni del XIV secolo, i famosi calculatores del Merton
College di Oxford ad applicare il concetto di intensione e remissione delle
forme alla teoria del moto locale che, nel pensiero di Aristotele, è presentata
in maniera qualitativa.
Come si supponeva che una successione di forme di diversa intensità spiegasse l’aumento continuo o la continua diminuzione
dell’intensità di una qualità, così il succedersi delle nuove posizioni
assunte da un corpo in movimento fu vista come una successione
di forme che rappresentavano nuovi gradi di intensità di quel movimento […]. Nei successivi trecento anni, dal XIV al XVI secolo,
l’analogia tra qualità variabili e velocità diventò una caratteristica
permanente dei trattati sull’intensione e remissione delle forme e
delle qualità10.
I successivi risultati ottenuti nel XIV secolo hanno avuto un impatto notevole per la nascita del pensiero scientifico. Tra queste acquisizioni vi sono
i concetti di velocità uniforme e movimento uniformemente accelerato, «definizioni che più tardi Galileo impiegò senza apportarvi alcun miglioramento»11. I filosofi naturali del tempo, pur usando lunghi ragionamenti al posto
delle formule matematiche moderne, sono riusciti a escogitare teorie della
massima rilevanza. Thomas Bradwardine (ca. 1290-1349) e Alberto di Sassonia (ca. 1316-1390), per esempio, hanno conseguito importanti risultati in
merito alla velocità dei corpi in caduta libera. Secondo questi pensatori, due
corpi dello stesso materiale, ma di diverso peso, cadono nel vuoto con la
stessa velocità e questa teoria si oppone a quella aristotelica che sostiene la
diretta proporzionalità tra il peso di un corpo e la sua velocità di caduta, poiché, secondo lo stagirita, la finalità in esso insita coinciderebbe proprio con
il peso12. Anche se non si sa con certezza se Galilei abbia conosciuto queste
teorie13, questi studi medievali attestano che alcune conquiste fondamentali
della fisica moderna sono partite dalle riflessioni di alcuni studiosi che hanno operato alla fine della Scolastica.
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la svolta decisiva
Nel campo della storia della scienza, l’attività di Duhem si è concretizzata con diverse opere, tra le quali spicca Le système du monde14 . Si tratta di un
lavoro straordinario, basato su un accurato studio delle fonti. Le sopracitate
e altre innovazioni dell’era medievale, infatti, sono contenute in dettaglio
proprio in questa magistrale ricerca. Duhem non nega gli elementi di novità
presenti nelle opere di Galilei e degli altri scienziati moderni, ma dimostra
che i princìpi e le scoperte che hanno caratterizzato la Rivoluzione scientifica hanno avuto degli antecedenti nel periodo della tarda Scolastica:
Il pisano è arrivato al momento opportuno […] antiche idee hanno atteso un genio matematico che mettesse in piena luce le verità
presenti in esse e lanciasse la scienza della meccanica dei tempi
moderni. Galileo è stato quel matematico15.
Ciò che Duhem individua è una linea evolutiva nel percorso storico della
scienza. Il passo che segue esplicita la posizione duhemiana ed è possibile
rinvenire in queste parole una notevole affinità con i concetti di adattamento
del paradigma, cumulo delle anomalie e incompatibilità del nuovo paradigma con quello precedente, tipici del pensiero di Thomas Kuhn (1922-1996)16.
Per quanto riguarda la demolizione della fisica aristotelica non si
è trattato di un processo improvviso; la costruzione della fisica
moderna non è avvenuta su un terreno nel quale nulla è rimasto in
piedi. Il passaggio da una visione all’altra è avvenuto grazie a una
lunga sequenza di trasformazioni parziali […] senza cambiare nulla dell’insieme. Ma quando tutte queste modificazioni nei dettagli
sono state apportate, la mente umana ha colto […] che nulla è rimasto dell’edificio precedente e che al suo posto un altro edificio
è stato eretto17.
Fin dai primi secoli del cristianesimo, inoltre, i pensatori cristiani hanno
respinto alcuni presupposti del pensiero di origine greca, creando così le
condizioni per la nascita della scienza:
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In nome della dottrina cristiana, i Padri della Chiesa hanno attaccato i filosofi pagani su princìpi che oggi crediamo appartengano più
alla metafisica che alla fisica […] come la teoria dell’eternità della
materia prima, il dominio degli astri sulle cose sublunari, la vita ciclica dell’universo legata al ritmo del Grande Anno. Distruggendo con
questi attacchi le cosmologie di Peripatetici, Stoici e Neoplatonici, i
Padri della Chiesa hanno spianato il terreno alla scienza moderna18.
Oltre agli aspetti sopra esposti, secondo Duhem l’istanza più evidente della continuità tra Medioevo ed epoca moderna consiste nella teoria
dell’impetus di Buridano (XIV sec.), cioè la prima formulazione del principio
di inerzia. Tra le diverse formulazioni dell’impetus, la più significativa è quella
del commento al De coelo di Aristotele:
Uno perciò potrebbe immaginarsi che non è necessario ammettere le intelligenze motrici dei corpi celesti, anche perché nella Sacra
Scrittura non è detto che vadano ammesse. Infatti si potrebbe dire
che quando Dio creò le sfere celesti, egli iniziò a muovere a piacimento ciascuna di esse; pertanto esse sono mosse ancora dallo
slancio che Dio diede loro, dato che quello slancio non si distrugge,
né diminuisce, poiché le sfere non hanno resistenza19.
La teoria dell’impetus (slancio) ancora riflette qualcosa della filosofia tradizionale; per esempio, il principio di un moto eterno come conseguenza
dell’assenza di attrito nella zona celeste, legato al presupposto aristotelico
della sua perfezione. Anche il riferimento all’inclinazione dei corpi in moto,
dipendente dalla loro finalità, evidenzia un legame con i princìpi del pensiero aristotelico. La teoria dell’impetus, inoltre, afferma la natura inerziale del
moto circolare; Buridano non ha avuto a disposizione cognizioni adeguate
per evitare questo tipo di errore. Ma l’impetus contiene anche importanti
spunti di innovazione. La natura, dopo aver ricevuto la sua esistenza da Dio,
non ha bisogno di ulteriore supporto divino, a parte quel legame fondante tra Dio e le creature, con cui la persona divina mantiene in esistenza le
creature. Viene così ammessa la presenza di una natura governata da leggi
autonome, stabilite da Dio al momento della creazione, in opposizione alla
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visione di un universo animato da forze divine. Buridano esclude anche che
il moto dei cieli sia dovuto alle intelligenze celesti, una soluzione spesso accettata per conciliare il cosmo aristotelico con la dottrina cristiana. La teoria
dell’impetus, pertanto, rivela il suo chiaro fondamento teologico poiché implica il dogma della creazione dal nulla, contro le visioni incentrate sulla divinità e sull’eternità dei cieli. Si tratta di quei capisaldi della cosmologia aristotelico-averroista che, insieme ad altri princìpi dell’aristotelismo, sono stati
condannati a Parigi nel 1277. Queste sono le motivazioni che hanno indotto
Duhem a vedere quella condanna come un evento essenziale per la svolta
scientifica, tanto che uno degli scopi principali del suo lavoro «è quello di
giustificare tale asserzione»20. In quell’occasione il vescovo di Parigi, Etienne
Tempier (+ 1279), ha condannato 219 proposizioni provenienti dalla filosofia
aristotelico-averroista e contrastanti con i princìpi del cristianesimo.
Questo avvenimento storico, pertanto, per Duhem ha provocato un
cambiamento di indirizzo nella concezione della filosofia della natura. Anche se in questa sede è stata riportata soltanto la formulazione più nota della teoria dell’impetus, nel pensiero di Buridano l’impetus stesso è il principio
alla base di ogni tipo di movimento nell’universo, sia nei cieli che nella zona
elementare. In altre parole, anche i corpi in caduta libera e quelli che Aristotele aveva definito come moti violenti, vengono spiegati dal filosofo francese
con il concetto di impetus. Inizia, in questo modo, il cammino verso la definitiva unificazione dei fenomeni terrestri e celesti, che culminerà con l’opera
di Newton, con la quale la divisione tra terra e cielo, tipica dell’impostazione
aristotelica, è stata del tutto abbandonata. Duhem ha evidenziato come i
modelli della meccanica medievale, passando poi attraverso il lavoro di studiosi successivi, siano confluiti negli studi condotti da Galilei. Ecco come, in
una lettera al filosofo Bulliot (1817-1902), Duhem illustra apertamente la sua
idea relativa all’origine cristiana della scienza:
Dalla sua nascita la scienza ellenica è tutta impregnata di teologia,
ma di una teologia pagana che insegna che i cieli e gli astri sono
degli dei, che non possono avere altri movimenti all’infuori del moto
circolare e uniforme che è il movimento perfetto [...]. Ora, questi
ostacoli, chi li ha spezzati? Il Cristianesimo. Chi ha, in primo luogo,
profittato della libertà così conquistata per lanciarsi alla scoperta
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di una scienza nuova? La Scolastica. Chi dunque, nel mezzo del XIV
secolo, ha osato dichiarare che i cieli non erano per nulla mossi da
intelligenze divine o angeliche, ma da un impulso indistruttibile ricevuto da Dio al momento della creazione, nello stesso modo in cui
si muove una palla lanciata dal giocatore? Un maestro delle arti di
Parigi: Giovanni Buridano. […] Se dunque questa scienza, di cui noi
siamo così legittimamente fieri, ha potuto vedere la luce, è perché
la Chiesa Cattolica ne è stata la levatrice21.
In un altro brano significativo, Duhem identifica l’opera di Buridano come
il primo passo verso il traguardo della fisica newtoniana:
Buridano ha l’incredibile audacia di dire: i movimenti dei cieli sono
soggetti alle stesse leggi dei corpi sulla terra [...] c’è una sola meccanica con la quale sono regolate tutte le cose create; […] forse non
c’è mai stata nell’intero dominio della scienza fisica una rivoluzione
così profonda e fruttuosa. Un giorno Newton scriverà nell’ultima
pagina dei suoi Principia: «con la forza di gravità ho dato una descrizione di tutti i fenomeni che i cieli offrono e che i nostri mari
presentano». In quel giorno Newton annuncerà il pieno sbocciare
di un fiore del quale Buridano ha gettato il seme. Il giorno nel quale
quel seme è stato seminato è, per così dire, il giorno in cui è nata la
scienza moderna22.
conclusioni
L’opera di Duhem è essenziale per comprendere le origini della scienza.
Il suo pensiero ha annullato le concezioni relative al cristianesimo come un
ostacolo allo sviluppo dell’impresa scientifica. Idee come la continuità tra
filosofia naturale del Medioevo e scienza moderna, o la centralità delle istituzioni e delle concezioni cristiane per lo sviluppo della cultura scientifica
hanno rigettato le tesi positiviste, marxiste o dello scientismo contemporaneo. Tutti questi orientamenti filosofici, anche se ognuno in modo peculiare,
hanno affermato un netto distacco tra la razionalità scientifica e la cultura
religiosa, nonché il ruolo negativo della teologia cristiana per il sorgere della
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scienza. In verità, si è visto come elementi dottrinali del cristianesimo, come
la differenza tra Creatore e creatura, abbiano avuto un impatto decisivo per
l’avvento delle scienze esatte.
Qualche idea di Duhem ha suscitato delle perplessità da parte di alcuni
autori successivi. Dei ricercatori, per esempio, hanno riconosciuto il contributo della cultura cristiana per il progresso della scienza, senza aver assegnato la stessa importanza alla condanna del 1277. In ogni caso, Duhem ha
stabilito che il passaggio fondamentale verso la scienza esatta è avvenuto
nel contesto cristiano.
Lo scienziato francese ha lasciato, tuttavia, una questione insoluta: perché la scienza moderna è nata all’interno del contesto cristiano e non in
quello islamico o ebraico? Queste due religioni, infatti, in quanto fondate sul
monoteismo, affermano la dottrina della creazione dal nulla e rigettano ogni
forma di panteismo o vitalismo naturale. La cultura islamica, da parte sua,
ha preceduto quella cristiana nello sviluppo della filosofia naturale, poiché
ha avuto a disposizione i testi greci prima del mondo cristiano. La risposta a questo interrogativo è stata fornita dal sacerdote e filosofo ungherese
Stanley L. Jaki (1924-2009) che ha individuato nella specificità della cristologia la ragione della nascita della scienza nel pensiero occidentale23.
In definitiva, Duhem ha intravisto nello sviluppo progressivo della scienza le tracce di una Provvidenza superiore, che denotano l’impresa scientifica come dono di Dio all’umanità:
Attraverso i fatti complessi che compongono questo sviluppo, cogliamo l’azione continua di una Sapienza, che presagisce la forma
ideale verso cui la scienza deve tendere, e di un Potere che fa convergere verso quell’obiettivo gli sforzi dei ricercatori. In altre parole,
vediamo in tale sviluppo l’opera di una Provvidenza24.
1
Il fatto che la Chiesa non abbia preso una posizione nei confronti della teoria
di Darwin è stato dimostrato nel volume di M. Artigas - T.F. Glick - R.A. Martinez,
Negotiating Darwin. The Vatican confronts evolution 1877-1902, John Hopkins University Press, Baltimore 2006.
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Cf. E. Cassirer, La filosofia dell’Illuminismo, La Nuova Italia, Firenze 1973, pp.
63-136.
3
Una valida sintesi delle varie posizioni espresse su questo argomento può essere reperita in: W.E. Burns, Warfare of science and theology, in W. Applebaum (ed.),
Encyclopedia of the scientific revolution, Garland Publishing, New York 2000, pp. 679682.
4
Cf. A. Negri, Introduzione a Comte, Laterza, Bari 1983, pp. 44-100.
5
K. Marx, Miseria della filosofia (1847), reperibile su http://www.ousia.it/content/Sezioni/Testi/MarxMiseriaFilosofia.pdf, p. 27.
6
F. Engels, Lettera a Walther Borgius, 25 gennaio 1894, reperibile su http://xoomer.virgilio.it/primomaggiointernazionalista/testi/engels/formazione0012engels1.htm.
7
Cf. A.N. Whitehead, La scienza e il mondo moderno, Bompiani, Milano 1945.
8
P. Lombardus, Libri Quattuor Sententiarum, liber I, d. 17, p. 2, c. 5.
9
Per questo particolare del pensiero di Duns Scoto, trattato all’interno degli
aspetti generali della sua filosofia, cf. P. King, Scotus on Metaphysics, in The Cambridge companion to Duns Scotus, Cambridge University Press, Cambridge 2003, pp.
15-68.
10
E. Grant, Le origini medievali della scienza moderna, Einaudi, Torino 2001, pp.
151-152.
11
Ibid., p. 152.
12
Cf. Aristotele, De coelo, III, 2, 301b.
13
«È possibile che Galileo venisse a conoscenza di questa celebre prova attraverso le edizioni a stampa della fine del XV e dell’inizio del XVI secolo». E. Grant, Le
origini medievali della scienza moderna, cit., p. 156.
14
P. Duhem, Le système du monde: histoire des doctrines cosmologiques de Platon à
Copernic, 10 voll., Hermann, Paris 1913-1959. Per brevità i passi citati da quest’opera
sono stati riportati direttamente nella traduzione italiana.
15
Questa affermazione, tratta dagli Études sur Léonard de Vinci, è ripresa da S.L.
Jaki, Uneasy genius: the life and work of Pierre Duhem, Martinus Nijhoff Publishers,
The Hague 1984, p. 395.
16
Cf. T. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 1999.
17
P. Duhem, Le système du monde, cit., VII, p. 3.
18
Ibid., II, p. 408.
19
G. Buridano, Il cielo e il mondo. Commento al Trattato «Del Cielo» di Aristotele (a
cura di A. Ghisalberti), Rusconi, Milano 1983, p. 327.
20
P. Duhem, Le système du monde, cit., VI, p. 66.
21
Francisco Javier López Ruiz, Pierre Duhem, in Dizionario interdisciplinare di
scienza e fede, http://disf.org/pierre-duhem.
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P. Duhem, Le systéme du monde, cit., VIII, p. 340.
Cf. A. Giostra, Fede, filosofia e scienza in Stanley Jaki, in «Prospettiva Persona»,
n. 92, Rubbettino, Soveria Mannelli 2015, pp. 13-16; A. Giostra, Jaki e la nascita della
scienza. Il ruolo centrale del cristianesimo, in «Emmeciquadro», n. 26, Euresis, Milano
2006, pp. 55-62.
24
Questo passo, tratto dall’opera di Duhem Les origins de la statique (Hermann,
Paris 1903), è stato ripreso da S.L. Jaki, Uneasy genius: the life and work of Pierre
Duhem, cit., p. 390.
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