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Breve introduzione alla Pittura Italiana del Settecento

BREVE INTRODUZIONE ALLA PITTURA ITALIANA DEL SETTECENTO Info tratte da Nel Settecento, diversi artisti italiani ebbero successo in tutta Europa, influenzando i pittori delle altre nazioni: basti citare Tiepolo, che lavorò nelle corti più importanti del tempo, il Canaletto, pittore vedutista, molto famoso all'estero, Rosalba Carriera che influenzò tutti i pastellisti francesi della prima metà del Settecento, Pietro Longhi, che ritrasse scene di vita nobiliare. Meno famosi, ma altrettanto importanti nella pittura del Settecento italiano furono Crespi e Ceruti detto "il Pitocchetto", che ritraeva contadini e lavandaie. 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 Nota di Lunaria: ricordiamo ai somaroni che ragliano il mantra del "le donne non hanno mai fatto niente per 2000 anni! eh eh! solo aristotele e tommaso d'aquino hanno fatto, eh eh!" che le donne dipingevano già nel Medioevo (e probabilmente pure prima del Medioevo). è soprattutto dal Rinascimento che iniziano a firmare i loro dipinti, mentre prima, per lo più, le miniature\affreschi erano lasciati anonimi (anche dagli stessi uomini). Metto qui una lista, non esaustiva, di celebri pittrici... Oh certo, per conoscerle uno deve aver letto i libri... LIBRI, queste cose sconosciute, per i somaroni allergici ai libri... che a malapena sanno leggere gli scontrini della spesa... eppure berciano su internet, spacciandosi come dotti e sapienti... sghignazzando sul fatto che "le donne non hanno mai fatto niente nella Storia! eh eh ehehehe!" 24 fino a che non trovano una Bibliomane Lunaria che sbatte certi libri sotto il grugno di questi somaroni... Alcune pittrici: Iaia di Cizico o Lala Cizicena, pittrice di Roma, nel 100 a.c Timarete nel Medioevo Catharina van Hemessen, pittrice del Cinquecento Sofonisba Anguissola, pittrice del Cinquecento Artemisia Gentileschi, pittrice del Seicento Judith Leyster, pittrice del Seicento Elisabetta Sirani, pittrice del Seicento Lavinia Fontana, pittrice del Seicento Maria van Oosterwijck, pittrice del Seicento Rachel Ruysch, pittrice del Settecento Rosalba Carriera, pittrice del Settecento Elisabeth Louise Vigée-Lebrun pittrice del Settecento Elisabeth Sophie Chéron pittrice del Settecento Adélaide Labille-Guiard, pittrice del Settecento Katherine Read, pittrice del Settecento Angelica Kauffmann, pittrice di fine Settecento Jeanne-Elisabeth Chaudet, pittrice dell'Ottocento Constance Marie Charpentier, pittrice dell'Ottocento Antoinette-Cécile-Hortense Haudebourt-Lescot, pittrice dell'Ottocento Marie-Guillemine Benoist, pittrice dell'Ottocento Marie-Denise Villers, pittrice dell'Ottocento Marie Ellenrieder, pittrice dell'Ottocento Lilly Martin Spencer, pittrice dell'Ottocento Jeannie Augusta Brownscombe, pittrice dell'Ottocento Fulvia Bisi, pittrice dell'Ottocento Luisa Silei, pittrice dell'Ottocento Rosa Bonheur, pittrice dell'Ottocento Berthe Morisot, pittrice dell'Ottocento Evelyn de Morgan, pittrice dell'Ottocento 25 Marie Spartali Stillman, pittrice dell'Ottocento Rosa Mezzera, pittrice dell'Ottocento: Lois Mailou Jones, pittrice del Novecento Natalija Gontcharova, pittrice del Novecento Benedetta Marinetti, pittrice del Novecento Marisa Mori, pittrice del Novecento Valentine de Saint-Point, pittrice del Novecento Kay Sage, pittrice del Novecento Tamara de Lempicka, pittrice del Novecento Frida Kahlo, pittrice del Novecento Alcune scultrici: Camille Claudel, Luisa Ignacia Roldàn, Harriet Hosmer, Malvina Hoffman, Marie-Anne Collot, Anne Damer, Elisabet Ney, Kathe Kollwitz, Edmonia Lewis, Emma Stebbins, Vinnie Ream Hoxie Qui di seguito, altri pittori del Settecento 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 APPROFONDIMENTO SULLA POESIA DEL SETTECENTO Info tratte da 66 Nota di Lunaria: avevo già trattato la Poesia del Settecento in diversi pdf sparsi; così, colgo occasione di "riunificare il tutto" aggiornandolo con un nuovo commento introduttivo 67 La poesia del Settecento è essenzialmente strumento della comunicazione sociale. Per tutto il Settecento, quale che sia il genere o lo strumento espressivo utilizzato (lirica, epistola, favola, satira, poema didascalico, versi dialettali) i componimenti poetici sono indirizzati ad un pubblico preciso, in precisi contesti sociali, con intenti quando non edonistici, gnomici, polemici, didattici, scientifici. Lungo tutto il secolo l'opera in versi, come quella pittorica o musicale cui essa è strettamente legata, concorre alla più generale funzione dell'attività artistica in una società aristocratica: quella di allietare ed adornare la vita quotidiana, fornendo alla sensibilità e all'immaginazione una descrizione piacevole di oggetti, scene di vita, eventi, situazioni, sentimenti. Poesia, musica e pittura: il Settecento contempla se stesso Si tratti di descrivere la leggiadra bellezza di una donna, l'eleganza del suo abbigliamento, la sontuosità di un convito, la freschezza di un bosco nell'ora più calda dell'estate, o si tratti di rievocare un addio e vagheggiare un incontro, di indagare uno stato d'animo, descrizione, vagheggiamento e analisi sono il risultato di un rispecchiamento. Nei versi dei suoi poeti, questa società contempla se stessa, i propri riti, piaceri, costumi: si compiace della propria rappresentazione; per usare un verso, si potrebbe citare Frugoni con "e l'arte dell'ornamento\pregio accrescendo va" 68 In questo atteggiamento contemplativo si collocano le innumerevoli scene di vita quotidiana, mondana o intima che il lettore di Poesia Settecentesca troverà e che riconoscerà per averle già vedute nelle scene dipinte del Guardi, del Canaletto, del Longhi o nelle musiche di Pergolesi, di Cimarosa, di Paisiello (a questi nomi aggiungo Vivaldi. Nota di Lunaria) 69 70 Questa poesia offre diletto e ornamento anche quando lo sguardo dell'autore diventa più critico e si muta in caricatura: la donna civetta, l'innamorato geloso, il cicisbeo, la saccente, il letterato dormiglione, il nuovo ricco: una galleria di tipi e figure (si potrebbero aggiungere anche i personaggi del teatro di Goldoni, specialmente "La locandiera". Nota di Lunaria) 71 Sono numerose le testimonianze della diffusione di testi lirici musicati: non solo alla corte di Londra, dove, a dire del Rolli, "le belle ninfe" inglesi, in gita sul Tamigi, "l'ariette cantano d'Italia bella \e in così dolci labbra, dolcissima\fassi la musica e la favella", ma anche i gondolieri di Venezia e le donne artigiane. Non vi è dubbio che la celebre accademia Arcadia, fondata a Roma nel 1690, abbia esercitato la maggiore influenza sul piano nazionale nella formazione di un gusto poetico unitario: essa operò come centro unificatore oltre che prepulsore dell'esercizio poetico, coordinò la diffusa abitudine a fare versi e a raccoglierli. 72 L'Arcadia romana seppe formulare un modello di poesia e un programma letterario, che, muovendo dal rifiuto e dalla severa condanna al gusto barocco, indicato come principale bersaglio polemico, gli contrappose principi di ordine, chiarezza, decoro sufficientemente indeterminati da soddisfare una diffusa esigenza di rinnovamento e insieme riassorbire l'articolata e composita eredità secentesca. Le ragioni più vere del successo della poetica arcadica, tuttavia, sono da ricercarsi, più che nei modelli poetici proposti, nel fatto che i suoi principi, per quanto generici, corrispondevano ad esigenze profonde di rinnovamento intellettuale e culturale prima ancora che artistico e letterario. Dalla seconda metà del Seicento il pensiero razionalistico, in tutta Europa, in modo particolare in Francia e in Italia attraverso l'influenza francese, aveva educato le menti a principi di metodo, di chiarezza, di non contraddizione, che non potevano non influire sul piano del gusto e della sensibilità estetica. Tuttavia, le immagini liriche dell'Arcadia rischieranno di diventare stereotipo: il paesaggio si trasforma in scenario, un prato, un rivo, un colle, un bosco popolato di ninfe, pastori, capri, pecorelle; le figure umane sono atteggiate al riposo all'ombra di alberi frondosi che le riparano dalla vampa del sole o intenti a gesti rituali suonano flauto, cetra o zampogna - si specchiano nella fonte, raccolgono o compongono serti di fiori, finché un temporale 73 improvviso turba tanta idilliaca serenità. Caratteri ripetitivi hanno anche situazioni emotive come la dichiarazione amorosa, il rifiuto d'amore, il dolore dell'addio al momento della separazione, la pena della lontananza e della solitudine, il rimpianto e il ricordo dei momenti lieti, la gioia del 74 ritorno. Una canzonetta del Crudeli registra una sorta di catalogo di oggetti arcadici. Ma il carattere ripetitivo di temi e situazioni non deve trarre in inganno: la campagna, la vita agreste, il sincero amore della natura si traduce in immagini di animata e vivida concretezza. A conferire autorità alla proposta arcadica concorse tutto il peso del suo prestigio l'esempio della tradizione bucolica greco-latina, offrendo insieme al lessico tecnico la conferma dei principi di semplicità, chiarezza, perspicuità. In età arcadica il modello grecolatino si impone soprattutto attraverso la costituzione di un codice lessicale: alle voci della lingua poetica italiana si accompagna un repertorio di nomi propri della tradizione bucolica: Clori, Corilo, Egle, Dori, Dafne, Dafni, Egeria, Ide, Galatea, Fille, Fillide, Fileno, Nerea, Nigella, Nice, Nisa, Tirsi, ma anche di toponimi classici: Acheronte, Stige, Ida, Parnaso, Latmo, Delo, Delfo, e di figure mitologiche: Venere con le Grazie, Cupido e gli Amorini, Bacco, Fauni, Satiri. Nota di Lunaria: si potrebbe far notare che in Italia è sempre mancato, tranne qualche eccezione (rinascimentale, barocca e ottocentesca) un gusto per il macabro, l'orrido e il cimiteriale. Anche nella poesia arcadica non c'è quasi mai un riferimento sepolcrale; riferimenti notturni e cimiteriali che invece si sviluppano in Inghilterra, prima con poeti come Parnell, Young, Gray, poi con gli autori e le autrici del romanzo gotico. Infine, non dimentichiamoci dell'enorme influenza che ebbero opere come "Il Visionario" di Schiller e "I canti di Ossian" di MacPherson. 75 Gli inglesi hanno sempre amato le atmosfere orride e sepolcrali, e i Cradle of Filth, specialmente nei primi cd, hanno scritto testi gotici e cimiteriali, e non a caso, sono una band inglese... 76 Però, non dimentichiamoci che una delle più belle e immortali celebrazioni di una donna sepolcrale, con capelli corvini, è proprio 77 "Fosca" dell'italiano Tarchetti. D'accordo, non è famoso come Poe, ma Tarchetti rientra in pieno nei cantori delle donne dai lunghi capelli corvini! E la sottoscritta, donna dai capelli corvini, ha sempre apprezzato più Tarchetti con la sua Fosca che non "le celebri eroine di Poe"... 78 ALTRO APPROFONDIMENTO Info tratte da 79 Paolo Rolli è stato il maggior esponente dell'Arcadia, quel movimento poetico italiano sorto nel '700. Il programma dell'Arcadia ha i suoi ideali precursori in alcuni poeti che già nel 80 Seicento disdegnavano il concettismo barocco, al quale rimproveravano la stravaganza nella scelta degli argomenti e le cadute di gusto. Essi si impegnarono a ridare dignità e vigore al modello petrarchesco e teorizzano una poesia piacevole, basata su temi sinceri, non convenzionali, e al tempo stesso di un'originalità non esasperata. Tra coloro che interpretano con particolare sensibilità i motivi ai quali si è accennato e che anticipano le istanze di rinnovamento degli Arcadi, occupano un posto di rilievo Gian Vincenzo Gravina e Francesco de Lemene (che, in maturità, tenderà a proporre argomenti dal tono moraleggiante e sentenzioso). La data di nascita del movimento si fa risalire al 5 ottobre 1690, quando un gruppo di intellettuali e scrittori in polemica con il "malgusto barocco", fonda a Roma l'Arcadia, un'Accademia Letteraria che costituisce per molti aspetti l'espressione più importante della poesia del '700. I fondatori dell'Arcadia sono quattordici: Gian Vincenzo Gravina, Giambattista Felice Zappi, Giovan Mario Crescimbeni, Lorenzo Magalatti, Vincenzo da Filicaia, Apostolo Zeno, Scipione Maffei, Ludovico Antonio Muratori, Giambattista Vico. L'Arcadia si propone un rigido cerimoniale e dichiara la sua fedeltà alla tradizione bucolica, rilevabile nel nome stesso, che è quello della mitica regione greca abitata da poeti-pastori; i soci assumono pseudonimi d'origine pastorale e il luogo di raduno viene chiamato Bosco Parrasio. L'Accademia ha come insegna la siringa di Pan coronata di alloro e pino e per protettore gesù bambino perché "secondo la tradizione, i pastori furono i primi ad adorarlo"; come patrona o basilissa, la Regina Cristina di Svezia, al cui salotto letterario erano appartenuti alcuni dei fondatori. Anche se i cerimoniali pastoriali dell'Arcadia suscitarono già all'epoca critiche e parodie (1), l'Arcadia ha una funzione importante nella storia della Letteratura Italiana: regolò in modo organico quell'orientamento verso la poesia bucolica promosso dal Sannazaro (2), la cui prima manifestazione si era avuta sul finire del '500 con i drammi pastorali "Aminta" del Tasso e "Pastor fido" del Guarini, e 81 inoltre l'Arcadia compie un'opera capillare di organizzazione della cultura, perché apre succursali ovunque e raggiunge zone rimaste ai margini del dibattito intellettuale o addirittura escluse da esso come l'Abruzzo, la Sardegna o il Trentino. Alla magniloquenza barocca l'Arcadia contrappone modi espressivi limpidi e scorrevoli, che valorizzano la chiarezza del lessico e della sintassi e tendono a dare eleganza e nitore ai versi; il motto degli Arcadi potrebbe essere "correttezza e leggiadria": per gli Arcadi la poesia deve essere uno strumento piacevole che abbia però il vero come oggetto e scopo. La produzione arcadica ha come primo modello Petrarca; seguono i poeti greci Pindaro, Anacreonte, Teocrito, Orazio e Virgilio. I temi fissi sono quelli idilliaco-pastorali, che si risolvono in immagini semplici e circoscritte, in piccole scene aggraziate, ma prive di un reale spessore e di scavo psicologico; anche i momenti di maggior tensione emotiva si alleggeriscono e si stemperano nel gusto sentimentale; del resto il difetto della poesia Arcadica era quello di vedere il tutto come un piacevole ornamento e un pretesto mondano e galante. Tuttavia, in seguito a differenti vedute, l'Arcadia si scinderà in due: un gruppo di fuoriusciti, guidati dal Gravina, fondano l'Accademia dei Quirini, che però avrà vita breve e sarà riassorbita nell'Arcadia alla morte del Gravina stesso (1718). Le maggiori personalità della poesia del tempo furono Pietro Metastasio e Paolo Rolli. Derivazioni arcadiche si avranno anche nel Leopardi, nel Manzoni e nel Carducci. Infine, parlando di Arcadia, si deve ricordare che anche in musica il tema delle stagioni e l'arte descrittiva ha innumerevoli riprese e basterà citare Vivaldi. 82 Qui di seguito riporto i versi più belli di Paolo Rolli 83 "Elegie alla primavera" O amica degli amanti, primavera, dolce principio de' miei puri affetti, cui forse oblio non porterà mai sera, teco una volta sola i miei diletti nacquero insieme con l'erbett'e i fiori: ahimè, chi sa che in vano io non t'aspetti! Dal verde bosco fra gli opachi orrori grato era il legger sulle prische carte le vaghe istorie degli antichi amori, già da i latini eterni ingegni sparte, e da quelli che dopo Italia ornaro con lo splendor della poetic'arte; sul margine d'un rio garrulo e chiaro, ove l'ombre cadean da un'elce annosa, quanto mai grato era il seder del paro, e quivi invèr la fresca aura odorosa volger il viso e tesser lieti insieme vari discorsi di piacevol cosa! [...] Ma se a te giunge e il tuo bel volto scorge e teco parla, sol poich'è partita, che tacque ciò che dir volea, s'accorge. E s'io la sgrido poi perché smarrita siasi dinanzi a te, ch'eran, risponde, i più cari momenti di sua vita. Altri così, che d'eloquenza abbonde, avanti a re cui preparò gran cose, vinto dal regio aspetto si confonde. Or che le vaghe impallidite rose del tuo viso riveston quel colore che sul verde degli anni d'Amor vi pose, deh fa' che sazio di lor vita il core parta da te sovente! In vano è nato, se vive chiuso in folta siepe un fiore. 84 "Nel partir dal patrio suolo" Nel partir dal patrio suolo con Amor pur meco viene la memoria del mio bene che m'è forza abbandonar; a Partenope men volo, indi solco il mar Tirreno; e afferrando il tosco seno, rendo grazie a' dei del mar. Varco i gelidi Appennini, Adria scorro e il suol lombardo, e dovunque o penso o guardo veggio e sento Amor con me; ma l'orror de' gioghi alpini lo sgomenta e lo ritiene: la memoria del mio bene vien, ma seco Amor non è. [...] Vaghe ninfe manierose veggo in riva a i galli fiumi, vive, allegre, nere i lumi, lusinghiere e tutte ardir: colorite, spiritose, movon l'animo a vaghezza; ma d'Amor non va la frezza dove nascon i sospir. [...] "Solitario bosco ombroso" Solitario bosco ombroso a te viene afflitto cor per trovar qualche riposo fra i silenzi in quest'orror. Ogni oggetto ch'altrui piace, per me lieto più non è: ho perduta la mia pace, 85 sono io stesso in odio a me. La mia Fille, il mio bel foco, dite, o piante, è forse qui? Ahi! la cerco in ogni loco; e pur so ch'ella partì. Qunte volte, o fronde grate, la vostr'ombra ne coprì! Corse d'ore sì beate quanto rapido fuggì! Dite almeno, amiche fronde, se il mio ben più rivedrò; ah!che l'eco mi risponde, e mi par che dica: "No". Sento un dolce mormorio; un sospir forse sarà: un sospir dell'idolo mio, che mi dice: "Tornerà". Ah, ch'è il suon del rio, che frange tra quei sassi il fresco umor; e non mormora, ma piange per pietà del mio dolor. Ma se torna, vano e tardo il ritorno, oh dei! sarà; ché pietoso il dolce sguardo sul mio cener piangerà. "Ruscelletto, a far soggiorno" Ruscelletto, a far soggiorno teco io torno, sai perché? A sfogar crudel tormento col lamento vengo a te. Sai che assiso in questa sponda presso all'onda meco un dì, Silvio al credulo mio core giurò amore, e dir s'udì: "Questo rio tornando al monte la sua fonte rivedrà 86 pria che manchi, o pastorella, la mia bella fedeltà" [...] Qui qualche altro autore In effetti, per essere oneste, il '700 italiano non brilla per la Poesia, tranne qualche eccezione (Monti, Alfieri, Foscolo...) in quanto al giorno d'oggi, specie per i "poeti minori", tutto suona "anacronistico" se non "ridicolo" (certi sonetti di atmosfere bucoliche e di ninfe e dee amoreggianti nei boschetti). Però, questi versi che ho trascritto, mi erano piaciuti perché in qualche modo erano abbastanza oscuri, quasi un preludio al Romanticismo Nero. Assolutamente fantastica la Poetessa Diodata Saluzzo Roero, con una Poesia che anticipa di molto le atmosfere gotiche del 1800 sui castelli in rovina! Giuseppe Parini "La caduta" "Quando Orion dal cielo declinando imperversa, e pioggia e nevi e gelo sopra la terra ottenebrata versa [...]" "Il Giorno: La Notte" Ma la notte segue sue leggi inviolabili e declina con tacit'ombra sopra l'emisfero; e il rugiadoso piè lenta movendo rimescola i colori vari infiniti, e via gli sgombra con l'immenso lembo di cosa in cosa; e suora de la morte, un aspetto indistinto, un solo volto al suolo ai vegetanti, agli animali, ai grandi ed a la plebe equa permette; e i nudi insieme e li dipinti vasi de le belle confonde, e i cenci e l'oro: né veder mi concede all'aere cieco qual de' cocchi si parta, o qual rimanga solo all'ombre segrete; e a me di mano tolto il pennello, il 87 mio Signore avvolge per entro al tenebroso umido velo. Ludovico Savioli Fontana "...Così velate e pallide, in neri manti avvolte, per l'aria bruna appaiono le afflitte ombre insepolte..." Diodata Saluzzo Roero "Rovine" Ombre degli avi per la notte tacita al raggio estivo di cadente luna, v'odo fra' sassi diroccati fremere, che il tempo aduna incerte l'ombre nella vasta ed arida strada segnata dall'età funesta, tremante, affretto che dei prischi secoli l'orror sol resta. Oh come brune l'alte cime incurvansi de' larghi muri, ove penetra appena di Luna un raggio, che la dubbia e pallida luce qui mena perchè ferrate le finestre altissime, ed è merlata la superba torre? [...] 88 Pensiero funesto, in me chi mai ridestasti? Fuggiam dalle fatali alte rovine. Raggio di notte, tu la via rischiarami fra sassi e spine. *** Luca Antonio Pagnini "L'Inverno ovvero Dafne" [...] Muse, mio dolce amore, i vitrei fonti abbandonate e voi, ninfe e silvani, ghirlande di cipresso a me recate, voi i lacrimosi amor d'idali mirti fat'ombra al rio, frangete gli archi al suolo, qual già in morte d'Adone, e su quel marmo sensibile al dolor con gli aurei dardi, inutil peso ormai scolpite un carme: "Natura cangi aspetto, e per dolore in tenebroso velo gemmano e terra e cielo ... Non v'ha riparo de' suoi vari incanti natura si spoglia in fosche nubi s'involve il sol, le desolate piante mostrano il gel, che i rami imperla e sparso di vizze fronde è il suo funereo letto." Note: (1) Giuseppe Baretti li definiva "fanfaluche" e "quegli amanti d'inutili notizie, che, non sapendo come adoperar bene il tempo, lo impiegano 89 a imparare delle corbellerie, e che bramano di essere informati di quella celebratissima letteraria fanciullaggine chiamata Arcadia" (2) Poeta del '400; ne riporto qualche verso Sovra una verde riva di chiare e lucide onde in un bel bosco di fioretti adorno, vidi di bianca oliva ornato e d'altre fronde un pastor, che 'n su l'alba appiè d'un orno cantava il terzo giorno del mese inanzi aprile: a cui li vaghi ucelli di sopra gli arboscelli con voce rispondean dolce e gentile: et ei rivolto al sole, dicea queste parole: - Apri l'uscio per tempo, leggiadro almo Pastore, e fa vermiglio il ciel col chiaro raggio, mostrane inanzi tempo con natural colore un bel fiorito e dilettoso maggio, tien più alto il viaggio, acciò che tua sorella (1) più che l'usato dorma, e poi per la sua orma se ne vegna pian pian ciascuna stella: (2) ché, se ben ti ramenti, guardasti i bianchi armenti. Valli vicine, e rupi, cipressi, almi et abeti, porgete orecchie a le mie basse rime; [...] Mentre per questi monti andran le fiere errando, 90 e gli alti pini aràn (3) pungenti foglie; mentre li vivi fonti correran murmurando ne l'alto mar che con amor li accoglie: mentre fra speme e doglie vivran gli amanti in terra [...] (1) riferito alla Luna (2) acciò che le stelle via via la seguano (3) avranno Come notturno ucel nemico al sole (1) lasso, vo io per luoghi oscuri e foschi, mentre scorgo il dì chiaro in su la terra; poi quando al mondo sopravien la sera, non com'altri animai (2) m'acqueta il sonno, ma allor mi desto a pianger per le piagge. Se mai quest'occhi tra boschetti o piagge, ove no splenda con suoi raggi il sole, stanchi di lacrimar mi chiude il sonno, vision crude et error (3) vani e foschi m'attristan sì, ch'io già pavento a sera, per tema di dormir, gittarmi a terra. (1) della luce solare (2) esseri viventi (3) fantasie, immaginazioni è questo il legno (1) che del sacro sangue resperso (2) fu. Nel benedetto giorno che fuggì vinto, con paura e scorno, quel falso, antico, alpestro e rigido angue (3). Qui il mio Signor lasciò la spoglia esangue tornando al suo celeste alto soggiorno, e scolorissi il santo viso adorno, come purpureo fior, che inciso, langue. 91 (1) la Croce (2) cosparso (3) il Serpente, ovvero il Diavolo Ecco che un'altravolta, o piagge apriche, (1) udrete il pianto e i gravi miei lamenti; udrete, selve, i dolorosi accenti e 'l tristo suon de le querele (2) antiche. Udrai tu, mar, le usate mie fatiche, e i pesci al mio lagnar staranno intenti; staran pietose a' miei sospiri ardenti quest'aure, che mi fur gran tempo amiche. E se di ver amor qualche scintilla vive fra questi sassi, avran mercede (3) del cor, che desiando arde e sfavilla. Ma, lasso, a me che val, se già nol crede, quella ch'i' sol vorrei, vèr me (4) tranquilla né le lacrime mie m'acquistan fede? (5) (1) spiagge soleggiate (2) lamentele (3) pietà (4) verso di me (5) fiducia APPROFONDIMENTO SU PIETRO METASTASIO tratto da 92 Fra gli obiettivi dell'Arcadia vi fu quello di procedere alla riforma dei generi letterari, ma mentre per la commedia e la tragedia il tentativo non approdò ad esiti concreti, restando una pura esercitazione teorica, un risultato di gran rilievo fu raggiunto con la riforma del melodramma, che diventa l'espressione più completa della cultura italiana settecentesca e l'unica di risonanza europea. Nel corso dei Seicento il melodramma si era snaturato, tradendo lo 93 spirito e le direttive della Camerata de' Bardi: il testo aveva perso autonomia rispetto alla scenografia e alla musica, l'atmosfera intima e delicata era scomparsa e il tema d'amore, che costituiva il nucleo centrale dei primi melodrammi, restava ormai in ombra, soprattutto dalle parti comiche e farsesche. Un primo passo per riportare il melodramma alle forme originarie fu compiuto da Apostolo Zeno, ma la riforma più articolata e organica, che segue al tentativo di Zeno, si deve a Pietro Metastasio. Pietro Trapassi, che adotterà poi il nome di Metastasio, nasce a Roma il 3 gennaio 1698; prende gli ordini nel 1714 e nel 1718 entra nell'Arcadia con il nome di Artino Corasio, ottenendo gran successo con la sua prima lirica, "La Primavera". Nel 1724 è già celebre in tutta Italia e nel 1730 in Europa. Si trasferisce a Vienna alla corte di Carlo VI con l'incarico di "poeta cesareo", al servizio dell'Imperatore. Muore a Vienna nel 1782. Le opere del Metastasio escono in 10 volumi, tra il 1780 e 1782 e la stagione viennese è segnata da alcuni capolavori come "La clemenza di Tito", "L'olimpiade", "Attilio Regolo". Accanto ai testi teatrali vanno ricordate le rime, i sonetti, le canzonette, le arie. In ogni figura dei suoi personaggi l'autore designa in modo esemplare una virtù: i suoi personaggi sono dominati dalle passioni o posti davanti a contraddizioni insanabili alle quali reagiscono con eroica dignità. Nel mondo psicologico descritto dal Metastasio, a ben vedere, tutti i personaggi si assomigliiano, perché rispondono ad un analogo schema di sentimenti e conflitti interiori. Il Metastasio fu interprete di un mondo che aspirava allo svago, al decoro e alla galanteria, e riteneva importante che l'opera arte si adeguasse al gusto del pubblico; tuttavia in lui è viva, seppur confusamente, la percezione che quel mondo è in declino (e infatti la Rivoluzione Francese è sul punto di spazzarlo via). I drammi e i conflitti sono volutamente fittizi e spettacolari; del resto il teatro ha la prerogativa di far sembrare le favole più vere del vero ed offre perciò una sede ideale per la rielaborazione fantastica dei sentimenti umani. 94 Applicando questi principi, il Metastasio riesce a creare un delicato equilibrio tra l'ispirazione eroica che gli deriva dalla formazione classica, il sobrio moralismo razionalistico dell'epoca e i motivi galanti, cari all'ambiente cortigiano. Il registro arcadico del Metastasio raggiunge il punto più di più alta ricercatezza nelle rime, nelle quali, ancora una volta, i caratteri distintivi dello stile sono l'armonia e il decoro del versi dolci e fluidi, che traducono in toni di sentita partecipazione motivi intimi e sentimentali. Qui di seguito vengono riportate alcune celebri ariette. Nella tradizione del melodramma settecentesco l'aria costituiva un intermezzo musicalmente libero che interrompeva il succedersi dei "recitativi" ossia delle parti cantate secondo una linea melodica convenzionale, a cui erano affidati il dialogo e lo sviluppo dell'azione scenica. L'aria aveva il compito di condensare in una sintesi il significato fondamentale della vicenda, di trarre una morale e indicare una verità universale; la sua forma quindi era sempre epigrammatica e sentenziosa. Da "Artaserse" Atto I, scena VI Sogna il guerrier le schiere, le selve il cacciator; e sogna il pescator le reti e l'amo. Sopito (1) in dolce obblio, sogno pur io così colei, che tutto il dì sospiro e chiamo. (1) addormentato Da "Catone in Utica" 95 è follia se nascondete, fidi amanti, il vostro foco: (1) a scoprir quel che tacete un pallor basta improvviso, un rossor che accenda il viso, uno sguardo ed un sospir. E se basta così poco a scoprir quel che si tace, perché perder la sua pace con ascondere il martìr? (2) (1) passione (2) nascondendo la pena Da "Semiramide" Il pastor, se torna in Aprile, non rammenta i giorni algenti; (1) dall'ovile all'ombre usate (2) riconduce i bianchi armenti e le avene (3) abbandonate fa di nuovo risonar. Il nocchier, placato il vento, più non teme o si scolara (4) ma contento in su la prora va cantando in faccia al mar. (1) gelidi (2) all'ombra consueta degli alberi (3) zampogne (4) impallidisce 96 Walter Binni, uno dei massimi specialisti di letteratura settecentesca, così commentava l'opera del Metastasio: "Tutte le qualità del poeta metastasiano sono da considerarsi in relazione alla poetica del melodramma, come nuovo genere teatrale che ripristinerebbe le condizioni della tragedia greca musicale e cantata. Il Metastasio intese che il melodramma corrispondeva a fondamentali termini del gusto e della sensibilità arcadica, e invece di rifiutarlo come facevano i teorici maggiori dell'Arcadia si preoccupò di configurarlo in modo che le esigenze espressive e teatrali del suo tempo non soffocassero lo sviluppo della essenziale vena poetica e melodica e che la stessa musicalità e melodia non sopraffacessero le esigenze espressive e poetiche." 97